stendevano lungo la Dalmazia orientale, ed occu-
pavano una porzione della Bosnia, avevano lasciato
agl'imperatori greci soltanto alcune città di costa,
come a dire Zara, Traù, Spalato, Ragusa, e le
isole non per anco occupate, che però venivano
sempre più strette e minacciate. Queste medesime
città perfino ^ secondo Porfirogenito, pagavano agli
Slavi e tributo, e prezzo di pace, che altre volte
percepivano i pretori, acconsentendovi l'imperatore
Basilio il Macedone, al quale avevano fatti presenti
i loro bisogni (circa l'anno 867). Più tardi forma-
ronsi pure in qualche luogo delle comunità croate
più grandi, come Zaravecchia e Nona. Procurava-
no le città romane di sostenersi più a lungo col
commercio e colla navigazione; sotto l'ombra del
potere imperiale, più appariscente che altro, gode-
vano tal quale sicurezza contro gli assalti degli
Slavi, ma scemando sempre più l'influsso dei po-
tere dei dominatori di Costantinopoli sull' interna
loro amministrazione, ciò portava di necessità, che il
politico reggimento loro da se si sviluppasse. Vuoisi
che già dell' 827 le città dalmatiche si siano dichia-
chiarate affatto indipendenti dagli imperatori, greci,
per non aver potuto essi porger loro protezione non
che ajuto; difficile però si è il determinare, quan-
to abbia durata una tale indipendenza. Una lega du-
revole tra di sè non potevano stringere, ma invece
individualmente andavansi sviluppando nel reggi-
mento proprio e nella legislazione; e tra le altre
città più decisamente Ragusa. I Croati intanto co-
minciavano a divenir padroni di alcune isole come
a dire della Brazza, di Lesina, di Curzola, di Me-
leda e di qualche scoglio; il celebre stato slavo
dei pirati Narentini (1) cominciava ad infestare
sempre più i mari: il tributo a cui le città verso
que' pirati s? adattarono colla mediazione dell' impe-
ratore Basilio, non era bastevole a procurar loro
pace, e la vigorosa interposizione di Venezia, e
l'ajuto che prestò in una guerra marittima, la qua-
le umiliò i pirati (887), fu 1' origine che i primi
vincoli si stringnessero fra le città litorali dalmati-
che e Venezia, sebbene nissuna dominazione imme-
diata da quest' ultima fosse stata esercitata sulle
medesime. Si furono i Veneti, che difesero anche
Zara contro il principe Slavo Cressimiro (1018).
Almìssanì ed i Cacichì continuavano
ad esercitare la 'pirateria molto tempo dopo la ces-
sazione dello stato narentino. La posizione era fa-
vorevolissima alla pirateria: era quivi facilitata e
ai Saraceni, e agli Uscocchi.
Tace poi la storia, per quali circostanze le Cit-
tà dalmate passassero di nuovo sotto il dominio gre-
co (circa il 1030) e magistrati greci vi s'incon-
trassero, parlando i documenti nel 1042 d'un priore
della città di Zara; nel 1064 d'un priore di Traù,
d'un proconsole, d'un protospatario e stratigo della
Dalmazia (1). Per essere stato soggetto il territorio
nella massima parte alla signoria degli Slavi, sì
comprende la ragione del potere che vi avevano i
re croati^ specialmente nelle investiture e nelle do-
nazioni, che facevano ai conventi. Cressimiro, il
quale riunite alcune zupanie aveva assunto il titolo
di re di Dalmazia, cercava d'indurre i Zaratini
a riconoscere la sua sovranità (1050) ciò però
diede a'Veneti l'occasione d'intraprendere una spe-
dizione guerresca, in seguito alla quale il doge
s'acquistò il titolo di protospatario dell'impero gre-
co. Fra la fine del XI. secolo, ed il principio del
XII. tutta la Dalmazia, e di mano in mano le città
litorali e le isole passarono sotto il dominio ungari-
co, che ne confermò i diritti ed i privilegi. Per tal
modo adunque la costituzione politica andava acqui-
stando basi sempre più salde, e perfezionossi per
le guerre quasi incessanti fra Venezia ed Ungheria,
nelle quali stavano le città or dall'una parte, or
dall'altra» A questo tempo Ragusa conseguì piena
indipendenza. Viemmaggiormente contribuiva allo svi-
luppo della conformazione politica delle città il do-
minio dei bani e dei conti in Dalmazia, in Bosnia,
ecc. i quali spesso mantenevansi indipendenti e dal
re ungheri, bosnesi e serviani. Consolidavasi l'or-
dine politico nell' interno, e guadagnava un carat-
tere più determinato in faccia al potere sovrano del
principe in conseguenza delle guerre intestine e del-
(1) Poche notizie, e queste in oltre oscure si
ponno ricavare da G.Lucio sull'antica conformazione
politica delle città al tempo del dominio bisantino. Il
priore, sembra sia stato il preside del governo con
giunta di alcuni tribuni o giudici. Il priore di Zara
era anche proconsole della Dalmazia. Il priore, il ve-
scovo ed i magistrati inferiori disponeveno delle ren-
dite municipali. 8embraf che in tutti gli affari civili|
ed ecclesiastici vi prendessero parte eguale il clero, i
Aobili ed il popolo, al qual ultimo appartenevano anche
gli schiavi restituiti a libertà. Il reggimento perciò
aveva in sul principio maggior numero di elementi
democratici, di quel che s' incontra più tardi. Il
priore fu creato Comes, e sotto i veneti, quello che
scegUevasi tra i grandi appellavasi rettore o conte.
Non è noto il tempo, in cui la nominazione a questa
carica dal supremo potere è passata a qnello della
elezione Ubera.
277 «Es-
porti difesi da ogni vento amplissimi, e capaci del-
la maggior flotta; che era intersecato in tutte le di-
rezioni da ripide montagne vestite di ogni maniera
di alberi d'alto fusto; che ha frequenti fiumi i quali
mettono in mare; le cui isole, tutte o la massima
parte erano e sono popolate di abitatori numerosi,
che qui pure, come da per tutto, dovevano colla
industria della navigazione procacciarsi, quanto la
scarsità del terreno coltivabile loro negava; un pae-
se, dico, aiutato da simili circostanze doveva occu-
parsi sommamente della navigazione, la quale fino
dai tempi remotissimi fu la fonte principalissinia
delle ricchezze e dell'incivilimento delle nazioni.S'ag-
giunga che la Dalmazia era allora composta di una
parte dell'attuale Albania, dell'Erzegovina tutta,
della Bosnia, di una porzione della Croazia, le quali
Provincie siccome fertili in ogni sorta derrate, sic-
come abbondanti in legnami, in metalli di ogni qua-
lità, siccome doviziosissime di animali, e non aventi
alle marine altro luogo di facile communicazione,
dove recare le loro merci per lo spaccio, dovevano
di necessità calare al mare, ed approfittar di quelle
comodità che offrivano continui porti, e città ampie
ed opulenti, se pur non amavano meglio di affidarsi
ai malagevoli e disastrosi viaggi di terra, che nean-
co lasciavano concepire al trafficante tutte quelle
speranze di lucro, che avevansi dal commercio di
mare.
Tutte queste circostanze contribuivano a far
della Dalmazia una provincia navigatrice, sopra
qualunque altra che si giaceva alle sponde dell'Adria-
tico, essendo che le coste dell' Italia opposte a que-
sta nostra terra erano nella maggior parte prive di
porti, inaccessibili, direi quasi, per rupi continove,
senza difesa di scogli o di vicine isole, salvo il
gruppo delle isolette di Diomede, con pochi seni,
esposte al pieno golfo. Infatti scarsi porti avevano
l'Umbria, il Piceno, la Daunia, la Peucezia che ci
stavano rimpetto, e se si eccettuino, Ancona, Ater-
no, Siponto, Brindisi, pochi porti contavansi in quel-
la vasta estensione.
Gli è quindi, che mentre l'Italia mal prove-
deva alla navigazione per la poco avvantaggiata
sua situazione, e perchè ricca de' propri prodotti ed
occupata continuamente delle guerre, parte intesti-
ne, parte colle altre nazioni; la Dalmazia favorita
dalla natura di felici combinazioni, e che vedeva
nell'arte del navigare ogni propria fortnna, ogni
agiatezza; sì studiò a tutto potere di riuscir ottima,
in quella, come in fatti n'era riuscita, rispetto«
que'tempi. Anzi da epoche primissime ella si di-
stinse mirabilmente. Discacciati dalla Dalmazia i Gre-
ci Pelasgi, vi si condussero dall'Asia i Liburni,
1184 anni anzi Cristo nato, i quali oltre che la Dal-
mazia, che allora per testimonianza di Tommaso ar-
cidiacono promiscuamente anche Liburnia si do-
mandava, occuparono Corlu, Durazzo e molta par-
te delle coste marittime dell'Italia, stringendosi in
amicizia cogli Etruschi, gente fin d'allora per sa-
pere, per arti, per civili istituzioni, per ricchezze
fiorente. Ebbesi quindi unitamente a quella nazione
il dominio del mare Adriatico.
Ma circa l'anno 406 avanti Cristo, Dioni-
sio tiranno di Siracusa, superati (ciocche gli era
facile a conseguire, perchè già prima estrema-
mente indeboliti dai Galli Senoni) gli Etruschi ed i
Liburni, ritolse loro tutto il litorale dell'Italia, ed
occupò Lissa, donde con ingente flotta si rese pa-
drone del mare Adriatico. Quivi stabili una colonia
Siciliana, fabbricando la città collo stesso nome,
e poco stante eresse altra colonia nel dalmatico
continente alla sponda manca del Drilone, costruendo
la forte città di Lisso, ora Alessio, cinta di mura,
con ampio porto, cui soprastava sul monte una roc-
ca, Akrolissos (Tedi Polibio lib. 10 del re Filippo).
Quasi 'contemporaneamente altra colonia, veni-
va fondata dagli abitatori greci di Paro nell'Isola
di Faria, Lesina, aiutati dallo stesso Dionisio sira-
cusano contro agi' indigeni, per la vista di ottenerne
più tranquillo il dominio del mare.
E clie dovessero i Dalmati, e specialmente le
colonie fondate conoscersi molto addentro della co-
struzione navale e della navigazione, che in que-
st'arte fossero progrediti oltre ogni altra nazione,
più de'Macedoni, de'Greci, de'Romani, degli Egi-
zii, ci è arra sicurissima, elite i Dalmati del conti-
nente approntarono una flotta per trasportar 10,000
soldati contro la crescente colonia di Faria, la quale
però valorosamente difendendosi, animata da Deme-
trio Fario prefetto, li fece da quell'isola svignare.
Ora una nazione che può metter in piedi una flotta
da capir 10000 uomini, óltre le flotte che ebbersi
di conseguenza le colonie di Faria, <li Lissa, e della
città di Lissa, le quali dovevano essere numerosis-
sime, viene di conseguenza ch'era d'assai progre-,
dita nell'arte del navigare, e che oltre le navi sud-»
dette, doveva averne buon dato ancora per il com-
mercio, per la piratica, doveva essere ricchissima
di piccoli bastimenti per tragittare da uno in altro
•luogo.-Sappiamo poi che duccnto treat'anni anzi Cri-
287 c^o
articoli nella gazzetta botanica di Ratisbona; Bia-
soletto: viaggio di S. M. il Re di Sassonia; Visiani;
flora dalmatica.
Intanto dunque che parecchi rivolgono i loro
studii alla flora dalmatica, non manca neppur la
fauna di zelanti cultori e dilettanti, in ispecialità in
questi ultimi tempi ; e P amore che vi pongono, Io
zelo, con cui trattano o l'una o 1' altra parte della
medesima; sono coronati dai più felici risultati.
SulP entomologia abbiamo: Vitalian Donati:
Saggio sulla storia naturale marina dell'adriatico;
Germar: Viaggio in Dalmazia nelP anno 1811, Dar.
Dajean, catalogue de Coleoptéres 1831, e G. Dahl,
coleoptera 1824; tutti e quattro perlustrarono
questa nostra provincia ad oggetto de' loro studii.
Meriti segnalati s'acquistò nell' ornitologia, il
barone di Feldeck, che soggiornando in Dalmazia,
formò colle specie di uccelli dalmati, per l'innanzi
non conosciuti, una collezione, che si meritò poi a
buon diritto celebrità europea. Valenti ed instan-
cabili suoi seguaci erano i signori Reinisch e di
Dahlstein, per opera, dei quali molte nuove specie^
e peculiari della provincia nostra furono e raccolte
e diffuse. Occupavansi. dell' ittiologia e dell'entomo-
logia oltre al sullodato di Dahlstein i signori Neu-
mayer, Kratter, ora fisico circolare in Galizia,
Breuer, contabile all' intendenza di finanza qui, G.
B. Sandri del magistrato sanitario; Vidovich depu-
tato sanitario a Capocesto e St. Botteri a Lessìna
e non tenue è il numero delle sperienze e scoper-
te, che la scienza deve alla loro attività. La morte
rapì Feldeck, Dahlstein e Neumayer; alcune loro
scoperte furono rese di publica ragione colle stam-
pe, altre soltanto ad amici partecipate. - Tutto quello
però, che dagli altri venne raccolto, classificato ed
illustrato, meriterebbe che in un modo od altro fos-r
se publicator per dar principio con siffatti elementi
ad una storia naturale della Dalmazia. Nè riguardi
abbiansi a certe difficoltà, che in pratica poi spau-
riscono; nè tema di errare trattenga i nostri dal far
note le loro scoperte, rammentando, non esservi
opera umana, che vada esente di difetti.
La conchiliologia è presentemente il ramo di
storia naturale, che più d'ogni altro chiama a sè
l'attenzione degli studiosi, e che viene in Dalma-
zia da parecchi coltivato. Si e perciò, che non pos-
siamo astenerci di rivolgervi l' attenzione nell'inte-
resse della scienza, ben sicuri, che ogni nostro rag-
guaglio sarebbe forse non indifferentemente accolto
dai naturalisti e domestici e stranieri. Mercè le re-
centi scoperte si ebbe il conviucimento, che la no-
stra provincia è in modo particolare ricca di con-
chiglie terrestri, o vogliasi, che tale ricchezza sia
assoluta e propria alla provincia, o che* la-medesi-
ma in questo riguardo sia stata più delle altre re-
gioni visitata e perlustrata: si potrebbe però av-
venturare l'asserzione, che nissun'altra provincia-
fuor della Dalmazia, considerata la piccola sua su-
perficie, novera tante conosciute varietà di generi e
di specie di molluschi terrestri. In conchiglie d'a-
qua dolce si trovano delle specie interessantissime
o non comuni, o altrove - mancanti affatto, ma le
indagini non offersero risultati tanto considerevoli
come nelle conchiglia |terrestri. E che cosa direb-
besi della grande quantità e di tante specie di con-
chiglie petrefatte per es. al Promina , al Dinara*
al Biocovo ed altrove?.
Primo, che destasse l'attenzione dei natura-
listi sulle conchiglie terrestri dalmate, er& il sig.
Paolo Partsch, che nel 1834 in compagnia del*
professore Ruppi venne mandato in-Dalmazia per
esaminare il fenomeno delle detonazioni di Meleda.
In tale congiuntura, percorrendo varie parti dei cir-
coli meridionali della Dalmazia, ebbe campo di scuo-
prire varie specie e belle, e del tutto nuove, e ne
fece parola. La quale scoperta indusse quindi molti
illustri forestieri a visitare 1 a Dalmazia'; vedemmo
tra noi a suo tempo i signori Ziegler, e Par-
reyss di Vienna; Stentz di JVeusiedl; Kùster di Er-
langen, Giinzing di Muhlhausen ec.
Neumayer intanto e de Dahlstein, quegli a Ra-
gusa, questi, a Cattaro, avevano raccolto diverse
specie-di conchiglie terrestri e fluviali, eon cui ar-
ricchivano* i gabinetti di storia naturale; publici e
privati, e della monarchia e dell' esterno.. Altri per-
sonaggi continuavano a dedicare i momenti di tempo
libero con lodevole profitto allo stuijjo di questa se-
zione della storia naturale, e perchè < a cagione delle
loro prestazioni sono abbastanza noti ai cultori
della storia naturale, ed i loro nomi perpetuati nella
denominazione delle speccie da loro scoperte, non
esitiamo a nominare i signori C.Kutschig, C. Sv...k,
G. B. Sandri, tutti e tre presentemente a Zara, e
fervidi coltivatori della conchiliologia terrestre, e di
altri rami della storia naturale. Non minor lode de-
vesi tribuire ai signori Vidovich di , Capocesto, Bot-
teri é L. Stalio di Lesina.
Se questi studii ed altri alla storia naturale
appartenenti non trovano in Dalmazia quel numero
di cultori, che ragionevolmente si £otx$||p atten-
Il DALMAZIA
INTESO AGL' INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si pubtìca ogni Giovedì. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
; di porto fiorini Ò, per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dal
proprietario} fuori da tutti gl'iL rr. uffidi postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche diposta
e con recapito alla estensione del giornale in. stamperia Demarchi-Rougier.
M 3 i> Clio vedi 2 7 Novembre* f ftfó*
SOMMARIO.
Degli effetti dei moderni romanzi (continuazione e
fine) — Opinioni del S. Tommaseo — Navigazione
. in Dalmazia a' tempi di Augusto (continuazione e
fine) — Biografia di Pma Giovanni IV. (continua-
zione e fine) — Combattimento navale nel 1750 —
Economia rurale—'Notizie marittime.
• DECLI EFFETTI 1MBI MOBEBM ROMANZI PER
CIÒ' CHE RIGUARDA LA LETTERATURA. \
('Continuazione e fine").
In quanto poi allo stile, l'ignobilità proviene
dall'abuso della lingua1 chè Ohfamasi parlata (a):
•• - r, i*r-i 1— :
a} Dice abuso, e dice bene-Perchè se è vero,
com' io penso, e come sarebbe facile dì provare, che la
lingua parlata dev' esser tipo e forma della lingua
scritta (senza di che la scrittura non ha nè forza
nativa, nè grazia, nè carettere proprio); è pur vero
altresì che i modi della lingua parlata sono differenti
secondo la condizione, le occasioni, lo stato d'animo
di chi parla. Altro è il linguaggio del popolo inculto,
altro quello delle persone civili: altrimenti si parla
in una ragguardevole assemblea, che in una intima
brigata ; unapersona tranquilla o allegra, non parla
come una agitata da passioni o addolorata. La lin-
gua nativa ha maniere e sfumature per tutti questi
casi diversi: e chi non le studia, chi non conosce se
non che i solecismi del dialogo domestico, sa ben po-
co; e adoperando ar mal tempo questo linguaggio tri-
viale, cade in un abuso opposto a quello di coloro che
credono poter essi a tavolino inventare la lingua, o
raccoglierla a frantumi da questo e da quel dialetto.-
Bisogna adunque studiar molto la lingua dove sitar-
la: studiar molto la lingua scritta da coloro che la
parlano; e questa lingua sì ricca, sì pieghevole, sì
soprattutto com' è parlata da certi» vili personaggi
introdotti- in alcuni moderni romanzi. E qui io non
parlerò di quel gergo- di convezione e di mo-
da, che fra' popolani di Parigi si cambia og-
ni sei mesi ( 1 ), comè le fatturi dei pan~
taloni e forme dei cappelli; nè tampoco recherò ad
esame quella lingua, furbesca proscritta» nei crocchi
dell' oneste persone, e pure scritta e commentata in
alcuni romanzi francesi; cioè quel parlare in cifra
e sotto cappa condito d'improperi, d' oscenità e di
bestemmie. Nemmeno intendo di contrappormi a co-
loro che credono lo stile dover, ritrarre un po' dalla
lingua parlata, ond' aver evidenza e' vivezza. Dirò
soltanto in genere ohe L'uso* comune é continuo delle
snella saper appropriare al subietto e allò stile; sai-
perla comporre a quella dignità che dee sempre ser-
bare chi scrive per il publico. - Allora non si corre ri*
schio di porre in bocca <f un filòsofo o d\ un eroe gli
strambottoli delle ciane: il che giustamente biasima
qui il mio pregiato dmico. ft. Lambruschini.
fi} Durante un mio viaggio a Parigi, un pic-
colo Dizionario a penna di queste voci faceva parte
del mio bagaglio, e conteneva le frasi di moda eh'
entravano allora in tutti i discorsi, e anche nei
romanzi e nei drammi, come canulant, cancan, chic,
chicard, chicocandard, chicnosof, cràne, cranement,
excentrique, s'exècuter, lion, lion-monstre, lion à
toute crinière, lovelace, mirobolan, monumentai, py-
ramidal, rococò,, e altri simili vocabili, i quali u-
diti o letti cosi fuori de' confini dì Francia, pa-
jono spauracchi; si direbbe un gergo rivoluzionario,
capace di dar ombra agli uffizj di polizia della
frontiera.
ia fermata. Tengono i danzatori intrecciate le brac-
ria or in uno or in un altro modo, ed ora sciolte e
pendenti. Si uniscono frammisti uomini e donne, giovani
e vecchi, terrieri e forestieri. Incominciano la salta-
zione a passi misurati camminando con grave e di-
gnitoso andamento, e poscia con giuoco uniforme e
concorde dei piedi conducono la danza colle pre-
scritte norme, cantando al suono di popolari istro-
menti a due a due alternativamente con moderata
letizia mista di religioso senso questi due versi co-
stantemente :
Skoèi Kolo da skocimo.
Da se Bogu pomolimo;
ai quali rispondono in coro tutti i ballerini: skoci
kolo. E perchè la casa a senso dei dettami della
religione di Cristo è asilo della pace e come tale
benedetta e sacrata dai ministri dell'altare, alle
volte, in luogo di quei due versi cantano questi:
Skoci Kolo da skoèimo
Da se K' àomu poteximo.
e risponde il coro : skoèi kolo.
Pietro Nisiteo. (sarà continuato').
• •j
ALCUNE CIFRE PER SERVIRE
ALLA STATISTICA DELLA DALMAZIA.
L'amor di patria cresce a misura che si ven-
gono a conoscere più minutamente e la patria stessa, e
le sue forze produttive, lo stato suo presente, i di-
fetti, i vantaggi, e quello che potrebbe col concorso
d' ogni aiuto umano divenire in seguito. È nostro
debito di riportare in quella estensione, che i limiti
del giornale permettono, possibilmente tutto quello
che altrove si pubblica intorno alla nostra provincia,
e diamo mano perciò ad un articolo del sig.M. tanto
benemerito della statistica della Dalmazia, inserito
nei nri. 135 e 136 dal giornale tedesco del Lloyd
Austriaco, a rettificazione e compimento dell' opera
del sig. Tegoborsky sulle finanze dell'Impero au-
striaco, in cui M. limita le sue osservazioni alla sola
Dalmazia. Ciò in relazione alle tabelle statistiche
della provincia publicate nei primi numeri del nostro
giornale. La misura delle superficie è in miglia i-
taliane.
Tegoborsky aveva publicato il suo lavoro in
francese a Parigi; a Vienn^ se ne fece la versione
tedesca con considerevoli correzioni e giunte, che
arrivano sino all' anno 1844. Contiene ragguagli
sopra moltissimi rami finanziarii, e sulle circostanza
che li reggono; a lettori intelligenti però dispiace
non poco il trovarvi frammisti varii dati, che T.
attinse a sorgenti men pure, ed il sig. M. li retti-
fica come segue:
La tabella statistica alla pag. 123 volume I.
sfigura la Dalmazia, assegnandole soli 52 p. cento
della superficie di tèrreno produttivo, quindi la metà,
per così dire di terreno sterne; laddove dietro le
misurazioni catastrali e 1' estimazione dei fondi, co-
me si mostrò nel n. 5 della Dalmazia, in 3717 mi-
glia geografiche quadrate italiane di estensione ri-
sultano improduttive solo 100 miglia all'incirca.
Nella stessa tabella le rendite della provincia
sono espresse con fui. 921,000; quando in ve(fe
le sole contribuzioni dirette, i dazii, ed il monopolio
del sale rendono oltre un milione, e tutta là rendita
supera 1 milione di fior.
Rettificata la superficie della Dalmazia, espri-
mendola con 3718 miglia quadrate, e presa la po-
polazione del 1844 di 406,000 anime, risulta la
popolazione per miglio quadrato di 100 anime, e la
rendita di 404 fni., ciò che dà 3 fai. e 42 ear.
per testa.
Dove Tegoborsky dice, che la Dalmazia, oc-
cupando la 52.a parte della superficie dello stato,
e la 91.a della popolazione, comparisce nel budget
delle rendite dello stato soltanto coni {146 dovrebbe
leggersi, che il budget giunse ad 1[90, essendo in
tal modo proporzionato alla popolazione.
Il prospetto tabellare a pag. 135 dovrebbe
esprimere il terreno arativo con jugeri 238,500 ;
il vignato ed olivato con 153,000; i prati e gli orti
con 23,400 ; terreno da pascoli con J,290,200;
boschivo con 461,600; quindi la somma del terreno
produttivo con 2,165,700 jugeri, i quali divisi fra
la popolazione di sopra espressa, danno 533 jugeri
per testa. • 1
E in quanto ai cereali, i prodotti dovrebbero
essere espresi così: frumento metzen 165,000,se-
gala e frumentone 351,000, orzo 500,000, avena,
spelta e miglio 232,000, totale 1,348,000 metzen.
La superficie del terreno arativo importa 400 mi-
glia quadrate; il prodotto del frumento per miglia
quadrato è di 3370 metzeni ossia staja 2490, e
verrebbero per testa sulla popolazione come sopra
3,32 metzeni, ossia jn circa 2 Ij2 staja., Il prodotto
di frumento, di segala e di frumentone è di 516,000
307
i). 320). Questo riputato scrittore discorre in seric
di lutti gli usi e costumi deila naziune slava autica
e nominando il kolo, lo dice ballo degli antichi Uli- j
rici, non conosciuto dagli Slavi, ma adottato all'e-
poca della Ioro venuta fra noi, e lo giudica la corea
dci Greci. Fra i passatempi della nazione slava de-
scrive anche il ballo, osservando che lo amavano
con trasporto, ma che era sorprendentemente sel-
vaggio. Die' egli: il volteggiare, lo strepitoso cal-
pestar de' piedi, losaltare stravagante, 1' alteggiarsi
in guisa stranamente selvaggia e il earattere della
danza slava. Xella Carniola si vedono queste forme
di molto moderate. Quivi il ballo e vivissimo ed ar-
tiüzioso. Sembra che 1' uomo e la donna a vicenda
si fuggano. Ella gira or innanzi or di dietro al suo
compagno con una celeri tä da destar meraviglia. L'
uomo la siegue, calpesta coi piedi, grida di gioja
salta in alto, dimena il corpo e nel momento ch' es-
so la vuole attrappare, ella gli scappa con una in-
nattesa girata. Masovente la piglia e l'alza in tri-
onfo, gridando con gioja. Questo ballo lo si puö
credere una allegorica rappresentazione dell' antico
slavo costume del ratto delle donzelle. La vivissima
descrizione che ne fa il riputato scrittore, la quäle
io dovetti nell'italiano idioma riportare, forse avra
dlscapitator. Ma posso assicurare che tal e la dan-
za carniolina usata comunemente in quelle couitrade,
e dagli Slavi dell'alto Friuli, ove io la vidi ballare
parecchie volte. Ognuno accorderä, che questa danza
quantunque alquanto dirozzata, conserva evidenti
traccie deirindole della nazione slava dei passati tem-
pi; ed ognuno accorderä altresi massimaladifferenza
essere tra questo ballo ed il nostro kolo; e a me-
glio dire, essere queste due danze tutto aflfatto di-
verse fra loro e per le forme e pel significato e per
1' indole del popolo. Lo si deve dire il primo da a
conescere un ballo, un passatempo di gente se non
selvaggia assai poco digrossata; e nel sccondo
vediamo una danza da poter esser usata senza ver-
gognarsene da una nazione la meglio ineivilita. II
primo offre 1' allegria del ratto delle fanciulle, ed il
.secondo ricorda il culto religioso dci tempi i piii
vetusti, il quäle culto abolito dalla Divina grazia
per la nostra redenzione, seppero gli odierni nopoti
usarlo nei loro onesti passatempi senza offendere i
dettami della religione del nostro Salvatore, e poi-
Che e tale, fu loro perniesso ed approvato dai mi-
nistri del santuario.
Una circostanza valevolissima per la storia
del nostro balio kolo ella e il sapere, che esso e N
usato dai popoli dell' alta Albania, i quali certamentj
non sono ne mai furouo Slavi. Devo questa notizia
a Monsignor iVlbertini fu vescovo di Scuttari, ra-
pito intempestivamente dalla morte, a danno delle
scienze e delle lettere. Un' altra circostanza vali-
dissima del pari ella e il poter dire, che il nostro
kolo quantunque noto ai nuovi abitanti Slavi della
Croazia, della Carniola e di altre contrade slave
coutermini e vicine alla Dalmazia, non fu introdotto
ne aggradito da quei popoli, perche possiamo dirlo,
contrario all' indole loro.
Dietro questo esame a me sembra a poter cou-
chiudere, che il nostro ballo kolo non sia di ori-
gine slava, ne che gli Slavi 1' abbiano portato nelle
nostre contrade quando vennero a desolarle, e che
sia circonscritto fra i confmi della Dalmazia e del-
1'Albania. Questa asserzione non la posso esibire
come assolutamente provata; cioe'che questa danza non
sia usata fuori dei coniini or da me accennati. Sono
incerto se sia in costumanza come si dovrebbe pre-
sumere nell' Epiro, nella Grecia, nella Macedonia
nelle due Mesie, nella Tracia, in generale nelle
contrade che sapiamo abitate da remotissimo tempo
dai popoli giunti dall' Oriente e segnatamente dall'
Asia minore; donde i culti religiosi pervennero ad
in^pirare ai nostri vetusti padri gli elementi della
sociale coltura. Ignaro io di questa importante na-
zione, prego i nostri eruditi, se hanno tracce op-
portune allo scopo di aggiungerle a questo mio la-
voro qualunquesiasi anche rettificando il da me giä
detto, e l'avrö in grado; giacche io amo piii il vero
e 1' utile della storia nostra antica, di quello che la
mia lcttcraria riputazione.
Pictro Xüileo.
Del pittore Vita, e di alcuni altri interem
Dalmati
AI sig. Dottore PAOLO BIOXI. .
Nel visitare la villa del Catajo mi venne ve-
duto un affresco portante questa iscrizione: Joseph de
Vita Valmata feeit 1782: dipinto da non pochi a-
vuto in pregio, e che certamente per il tempo in-
felice dell' arte, nella qual fu condotto, merita d'es-
sere riguardato. Gli e un' adorazione de' Magi;
tema diletto agli artisti del tempo migliore, perche
rappresenta le potesta della materia clie s' inchinano
d'inanzi allo spirito; rappresenta la debolezza e
1'ulmita levate sovra la forza e 1'orgoglio monda-
no. Accenaa una graude speranza adempita, ed. un
1A DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì, II prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
dì porto fiorini 5, per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dal
proprietario, fuori da tutti gVii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta
e con recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier.
M 34- Giovedì is Decembre. 184&»
SOMMARIO.
Documenti inediti di G. B. Giustiniani. — Gli
Andreis.—Musica sacra. — Alcune utili pratiche
da introdursi da' medici Dalmati.
DOCUMENTI INEDITI
di
GIO. BAT. GIUSTINIAN
riportanti
Il prospetto politico - economico - statistico - geo-
grafico delle comunità dalmatiche nelV anno 1553.
Dando opera nel rinvenire documenti risguar-
danti la patria storia per istudiarne sopra, non ha
guari mi venne fatto di ritrovare nella ricchissima
biblioteca del chiarissimo sig. P. Nisiteo un vetu-
sto manoscritto contenente la relazione di Dalmazia
delli Eccelentissimi signori Sindici Giov. Bat. Giu-
stirdan et Anjolo Diedo „ scritta delio stesso Giov.
Bat. Giustinian (i). Riporta essa relazione la data
del 1553. epoca alquanto remota e di non poca im-
portanza ne' fasti di questa provincia. La cortesia
fi) Fa di mestieri qui <favvertire il lettore
che la Relazione sulla Dalmazia di Antonio Giusti-
nian nell'anno1575, fattadipublica ragione dal sig.
Solitro alla pag. 75 dei suoi Documenti storici, è
del tutto diversa da questa, che anzi la nostra è di
22 anni anteriore a quella. Quanto poi V importanza
della Relazione di Giov. Bat. Giustinian sia mag-
giore di quella della relazione di Ant. Giustinian
per la copia delle notizie, èfacil cosa il comprenderlo,
rileggendo entrambe ed instituendone un confronto.
dell' egregio possessore mi permise di trarne fuori
da cotesto manoscritto alcuni brani, che mi sembra-
rono i più interessanti, e che risguardaao la Dal-
mazia nostra, per farli quindi col mezzo di questo
giornale a giovamento comune di publico diritto,
imperciocché le cose manoscritte e spesse fiate sono
di pochi od a moltiplici pericoli esposte, e perciò se
alla luce non si danno a tempo, vanno smarite. Sali'
utilità, che potrà arrecare la publicazione di co-
testi documenti m' astengo dal farne parola. Il dotto
amatore della patria storia la comprenderà di leg-
geri. Nel publicarli però ho cercato di schivare lo
scoglio, in cui urtano coloro, che volendo ridurre
a fcuona lezione le cronache antiche, raddrizzane
done com' essi dicono lo stile, tolgono loro 1' origi-
nalità. Io dunque seguirò piuttosto il consiglio del
celebre Lod. Ant. Muratori, il quale nella sua 40.a
dissertazione suH' antichità italiane cosi facevasi a
'dire: Credo io essere le regole della vera critica le
seguenti. Cioè nel publicare le memorie antiche
massimamente se tratte da qualche singoiar codice,
meglio essere non discostarsi dalla lezione del ma-
noscritto, eccettochè negli errori grossolani de1 co-
pisti, che ognuno può discernere. Se crede bene V
editore di mutare, cancellare e supplire qualche co-
sa più grave, non deve mai farlo di nascosto ma ne
ha da avvisare il lettore. S. Gliubich.
DOCUMENTO I.
Liesina.
Ali dieciotto di luglio partissimo da Neresi, e
venuti a cavallo al porto (li s. Piero, montassimo
«nde per provedere a così enorme misfatto del 1514
fu mandato a Liesina della Serenissima Signoria il
Clarissimo M. Sebastian Giustiniano, che fu poi pro-
curatore di S. Marco con autorità suprema, il qual
fece morir molti di quei scelerati sediziosi, abbrac-
ciandoli le case, et ponendo gli assenti in esiglio,
non mancando punto di quanto conveniva alla giu-
stizia veneziana et ai demeriti dei si perversi uo-
mini, li quali anco ebbero ardire di far furore nella
propria persona di quel Gentiluomo, la pazzia e la
rabbia dei quali fu poscia conculcata dal valore e dalla
prudenza sua. Ma perchè questo morbo di sedizioni
aveva fondate le radici in fondo del cuor dei su-
detti plebei, alcuni giorni doppo pululò di nuovo
questo morbo, onde fu mandato non molto dopo il
clarissimo M. Vincenzo Capello Capitanio general
da mare con tutta l'armata, il quale usò medesima-
mente severa giustizia contro quei sediziosi casti-
gando molti di coloro con la forca. Ma tutto ciò pa-
re ch'oggidì resti quella mala impressione di sedi-
zione negli animi, di questi popolari, li quali oltra
che portano odio ai nobili, movono spesse fiatte con-
troversie per interomper et intacar la giurisdizione
del consiglio, la quale essi cittadini confessano a-
verla non manco cara, che la propria vita et gli stessi
figliuoli, et che vi spenderiano per difenderla la
robba et il sangue. N' è da dubitar perchè in tutta
la Dalmazia fiorisce un elevata superbia et altez-
za di nobiltà la qual è posta in mezzo dell' igno-
ranza et della povertà, che sono i due estremi di
questa nobiltà Dalmatina (IJl I costumi di questi
orridito dal miracolo e agitato da un' insopportabile
inquietezza per V orror della congiura, che gli stava
tenacemente radicatanelVanimo e nelV intelletto, re-
sto soprapreso da grave delirio, da cui non avendo
potuto sollevarsi per lenitivi apprestatigli o per al-
cun deviamento, la mattina del decimo giorno se ne
morì. Un anno dopo mentre la nobiltà poco avveduta
dei propri pericoli ostentava i suoi privilegi e si op-
poneva alle pretese della plebe per non dar ai faci-
norosi d'innalzar il loro orgoglio contro la pretesa
convocazione di un generale consiglio da intervenirvi
ognuno, andarono altri tramando stragi e semi-
nando sedizioni. Cosi restò dai congiurati per otto
giorni assediata la città ed uniti venti dei nobili, co-
me si rileva dalla loro scrittura in risposta di quella
dei popolari, salvatisi gli altri dal pericolo e dalla
morte con la fuga nelle città circonvicine „. V. Far-
lati tom. 4 pag. 267-270.
(1) Che se in siffatta guisa andavano le cose in
Dalmazia, che mai si dirà de'nobili Veneziani cosi
detti Bernabotti?
Lesegnani sono assai simili agli Italiani, e di gran
lunga più che non sono quelli dell' altre città della
Dalmazia, perchè oltre che mólti degli uomini et
delle donne massimamente le nobili vestono abiti
italiani, gli uomini universalmente parlano lingua
franca speditamente e dimostrano, il che credo a-
venghi dalla continua pratica de' forestieri, lì quaj
fanno scala coni loro navigli, con li quali navigano
in Levante et in Ponente; il perchè quasi tutto il
tempo dell' anno vi fa scala in questo luogo I' ar-
mata Veneziana, non v' è meraviglia se praticandovi
Capitani generali, Proveditori, Capitani di golfo, So-
pracomiti et tanta nobiltà Veneziana, soldati di di-
verse nazioni che sono sopra le galie et altri. Que-
sta città si è fatta civile. Sono in questa città ani-
me 7100 (1) et uomini da fatto 1410, molti de!
quali si danno al traffico, il quale consiste in di-
verse cose, che ponno importar all' anno più di du-
cati 70,000. Il principal è quello delle sardelle,
del quale si cava ducati da 14,000, et si spedisce
questa mercanzia per Levante come per Pónente
gli ogli, formaggi, formenti, carnami, pani et sali.
Di botte e barili tragono più di ducati 6000 ali'
anno (2}, il legname del quale vien tutto da Fiu-
me luogo della Croazia, et con questi bottami et
sardelle sono arrichiti i plebei, I formenti, risi, ogli
vengono da Puglia, i carnami dalla Murlachia. I
vini poi che si vendono oltre le bevise di tutta P
isola passano ducati 15,000 all' anno. Sono poi
altri traffichetti di diversa sorte, che danno utilità
a tutta la terra et massicamente le lane et calze,
le quali sono le mercanzie delle donne. Si compren-
de tutto ciò dalla vendita di diversi dazi della Co-
munità, li quali gli danno di entrada ordinaria ogni
(1) Qui è incorso Un errore di copista. L' au-
tore intende dire, che in tutta la comunità dì Lesina
vi sono anime 7100, ernie l'afferma eziandio An-
giolo Diedoy collega d'esso Giustiniani questo Sin-
dacato nella Dalmazia, mentre nella sua relazione
innedita si fa a dire „ nei quali luoghi tutti ideila
comunità J sono anime 7100, et uomini da fatto
1310 (1410 secondo il Giustiniani)
(2) Casi pure riporta il Diedo scrivendo di
Lesina. "Si fanno nell' isola gran facende di botta-
mi et barilli per V aumento di ducati 6000 all' an-
no per conservar i vini et per saliar le sardelle, che
in gran quantità pigliano per la valuta di ducati
15000 ogni anno, principal sowenimento dei Lese-
gnani, li quali con tutto ciò sono poveri, perchè l'li-
sola non dà biave per un mese dell' anno, ma vini
ottimi in gran coppia, nei quali sono ripospe quelle
poche facoltà che hanno».