Anflo 1 - N. 4.
LA JUGOSLAVIA E NOI
Zara, 18 novembre 1918,
Abbonamenti per ora non »i
ricevono.
Un numero cent. 20.
Redazione ed Amministrazione
prevvisoriamente nellaTipografia
E. de SchOnfeld.
Non abbiamo i' intenzione di
attizzare passioni che potrebbero
sinistramente divampare ne dì
sbrigarci con pochi cenni del pro-
blema jugoslavo così intralciato
e complesso ; ma pensiamo di
lumeggialo specialmente in quelle
facce che hanno stretta attinenza
con la questione adriatica.
Secondo 1' Obzor il Comitato
nazionale jugoslavo avrebbe spe-
dito nota al generalissimo
' oh Ci n la preghiera dì solle-
citare i'n-v.o di truppe dell'Intesa
uella jugo^ìavia, per difendere
questo p < se dall' invasione di
fidati persi e affamati, già
«p^sartenuli all' esercito austro-
ungarico sfasciato ; avrebbe poi
inviato un' altra nota a Wilson,
„pregandolo di intervenire presso
il governo italiano, che aveva
ordinato 1' occupazione di Spalato
Zara, Fiume e Trieste".
Il giornale di Zagabria non può
esimersi dal rilevare che queste
due note sono fra loro contrad-
ditorie e sì industria di architet-
tarne una spiegazione, che sem-
bra più sottile che naturale e
convincente. Invece è indubbio
che simili propositi divergenti si
hanno piuttosto da ascrivere al-
l' incertezza di governi novi, i
quali — riprova palmare ne è la
Russia — oscillano tra i più di-
sparati disegni, non essendo an-
cora in grado di tracciarsi una
vis da battere con sicurezza di
intenti per iì rapido incalzare dei
fatti politici e per la mancanza
di energie disciplinate. In questi
governi — se così possono essere
denominati nella fase di germi-
nazione — c' è di solito da prin-
cipio più entusiasmo e attività
verbosa che logicità di pensiero
e di azione. Tale fenomeno do-
veva avverarsi particolarmente
nella Jugoslavia neonata senza
esercito, senza finanze anche ap-
parentemente solide, fornita d'una
flotta che aveva accettato con
spensieratezza dall' Austria ago-
nizzante per doverla poi restituire
ad altri padroni legalmente desi-
gnati. Onde spontanea derivò la
conseguenza che si sospettasse
da noi e nei paesi dell' Intesa,
non forse con questo dono del-
l' armata a uno stato non ancora
costituìtó 'avesse voluto 1' Austria
fare una birbonata, 1' ultima delle
sue, all' Italia, sperandone rfocon-
diti vantaggi; anzi non ìuahct-
chi ne inferisse sperìs iKj a
torto — che la Jugoslavia, cccì
come s' era formata quasi él sor-
presa, non ancore assenzienti l'I-
talia e ^iì aucaLj, dovesse essere
un' emanazione austriaca, pròdot-
ta da un calcolo folle del governo
viennese votato al dissolvimento
e dall' improvvida cupidigia di
fondare ad ogni costo, in tutta
fretta un organismo statale e di
presentare un fatto compiuto, che
avesse invaso i circoli dirigenti
jugoslavi.
Quindi il modo come fu ten-
tato e effettuato il famoso colpo
di stato in alcuni luoghi ci lasciò
pensierosi e diffidenti. Nè soltanto
noi italiani di Dalmazia ; ma anzi
questo sospetto fu affermato più
redsamente nei giornali della pe-
nìsola. Arnaldo Fraccaroli, in uno
smagliante alticofo sulla presa di
Zara, scrive nel Corriere della
Sera dell' 8 corr: „Bisogna tenere
a mente che l'Austria-Ungheria
neir imminenza del crollo suo
colossale, nell'evidente speranza
di salvare qualche cosa, ha ce-
duto r amministrazione statale del-
la Dalmazia e della costa ai ju-
goslavi. Nei giorni scorsi il Co-
mitato ha mandato nelle città del
litorale migliaia di persone del
contado dai posti dove nelle
campagne dell' interno la maggio-
ranza è croata. Costoro sono ve-
nuti con moltissime bandiere o-
vunque per ipotecare le città".
Queste impressioni e questi
giudizi sulla genesi dello stato
jugoslavo ci porgono l'addentel-
lato a riprendere la discussione
da un punto di vista più elevato
e nello stesso tempo più pratico.
Si tratta di vedere su quali basi
poggi il nostro diritto secolare
sulla costa dalmata, da noi ener-
gicamente asserito già nel pro-
gramma del giornale.
Gli Slavi, prospettando la que-
stione in modo del tutto unilate-
rale, affermano e scrivono che la
Dalmazia è ora in buona parte
slava e che perciò, restando in
vigore r autodeterminazione dei
popoli, proclamata dalle demo-
crazie russa e americana, la Dal-
mazia deve spettare alla Jugo-
slavia. Questo è il loro argomento
ptiiìCipe di d^i'esa e dì propa-
ganda.
Proviamoci a esaminarlo un po'
più da vicino. Una delle affer-
mazioni più indiscusse, sorte e
promosse dalle idee agitate du-
rante la guerra, fu quella della
riforma nazionale del mondo, ba-
sata sul concetto della giustìzia
e della riparazione delle ingiustì-
zie, inflitte ai popoli dalla pre-
potenza armata dei deminatori.
Uno degli esempi poi più tipici
di soluzioni pratiche della tesi è
l'Alsazia-Lorena. Nel fervore della
discussione di allargò e si superò
il corollario iniziale, riconoscendo
che il mondo non poteva essere
stabilmente rinnovato col proces-
so di un'autodeterminazione mec-
canica e formalistica, ma di un
plebiscito ideale che fosse l'e-
spressione e l'esponente delle
aspirazioni, da cui furono diretti
quei generosi sommovitori d'idee,
insoiama alla concezione materia-
iUuca subentrò la concezione
etica o etico-politica. E così, nel
caso caratteristico dell' Alsazia-
Lorena, si parlò dì riparazione,
H t>'i}stizia, non già di autode-
terminazione.
La Dalmazia, lunga e poco
^ profonda striscia di terra che sì
estende da Zara alle Bocche di
Cattaro, fu da epoca immemora-
bile latina, per unanime consenso
dì tutti gli storici antichi e mo-
derni, specialmente nella linea
costiera, che è la sua parte più
importante e tanto economica-
mente che intellettualmente più
vitale e produttiva. Tale rimase
per secoli e porta tutt'oggi im-
pronte che nessuno può confutare
o rinnegare. Ma dopo il 1866
il governo austrìaco, inteso a fa-
voreggiare gli slavi a danno del-
l'elemento italiano, per mire di
mteres?i imoeri^i^stici, ostacolò e
cercò ai scriyca^e la libera vita
nazionale degl'Itr^Hanl, causando
quel moviy-ieiitc d urbanesimo
slavo, che atlirè dal settore mon-
tano alla costa una falange di
gente nova Cos si voleva can-
cellare coì\ la V lenza e coi so-
prusi l'opt - J secoli. Ma ciò
non ostante -o^-h x ugaarl gruppi
nazionali al .on ^ l fiaccola
dell'amor j »ire iUSiaa^' si man-
tennero, fat< ^ ^-'Ic-truaì ed eco-
nomici di prM> o dine, nelle città
costiere e ? ' isole, dove tut-
tora vivono ' »-osi e compatti,
benché siai ' di scuole, di
rappresenta Ui . olici, di libertà
civili. L'eie. » ' ^ italiano affrontò
anche que invasione,
voluta e or f ? ata dall'Austria
e dai suoi tt?) ^att^Iliti e nella
lotta die p di tena;ìa e dì
dignità ver ' -Mi'^m'^nFf. Scopo
dell'Austrie ^ | ?'e quasi
superfluo r ct» ai'o - di crea-
re un ime .AC atti da-
vanti al m » shp;^' »'jiù sul-
r esempio ^ cedi 3( iti usati
dalla Gern " > cL'/' ^zia Lo-
rena e nes ? . or?»» i quello
Stando stesso mon ^
cosi le cc^K.
zìone, conc ^
riale e mect.b
sere una u^e
lerebbe i
r aborrito
contro il c
toriose le .
da sentlme ^ '
a cancellarc . v i i ' L/io ogni
traccia di ii . m.
A torto ^f^ 1 ? 'Suiscono
all' Italia \ ià ' alla na-
zione jugc ^ I rcaha invece,
la quale fu c..ua picpugnatrice
dì libertà per tuttè le genti — e
la storia della sua ricostituzione
nazionale lo prova all'evidenza
at< i termina-
-.^'ì.o mate-
'^r che es-
't c suggel-
- liti dal-
tedesco,
f. fono vit-
"i. ariimate
< 5 . risolute
— saluta con gioia verace e sin-
cera il nuovo stato vicino e al-
leato, purché questo non leda i
suoi diritti e i suoi interessi vi-
tali neir Adriatico, garantiti da
ragioni storiche, geografiche ed
etniche, sanciti dai principi di
giustizia e di libertà.
Però a tutti questi motivi se
ne aggiunge un ^Itro, secondario
bensì, ma non meno rilevante e
rimarcabile, cioè quello della si-
curezza nazionale. La guerra, alla
cui fine oggi assistiamo, ha pro-
vato che senza la costa dalmata
l'Italia non può essere militar-
mente integrata. Né" qui vale la
solita obiezione che le democrazie
affratellate non vorranno più dis-
sanguarsi col flagello della guer-
ra : chi potrebbe oggi asserirlo ?
ehi prevedere quali nuovi po-
stulati nazionali, sociali, econo-
mici si andranno delineando tra
i popoli, quali fomiti dì conflitti
ci saranno nell' avvenire al di so-
pra d' ogni volontà, al di sopra
di ogni formola e di ogni spe-
ranza? La religione, l'incivili-
mento, le arti non valsero finora
a smorzare nell' uomo l'istinto
naturalmente guerriero : „in noi
serpe un natio delirar di batta-
glie", proclamava solennemente il
Foscolo, all' alba del secolo pas-
sato. L'Italia ha dunque il di-
ritto di premunirsi per ogni con-
giuntura e di arrotondare le sue
frontiere talmente da rendere la
sua cornpaoiDje--statai^
forte, tanto più che nel caso con-
creto questa necessità suprema di
difesa non è in antitesi con le
ragioni della sua storia e con le
esigenze della sua civiltà. Questo
diritto rimane pure incontestato
al nuovo stato zeco-slovacco, de-
stinato ad assorbire tre milioni
dì tedeschi, alla Francia, all'In-
ghilterra e all'America stessa;
perchè mai dunque l'Italia, che
ha spenta per sempre la tiran-
nide austriaca, dovrebbe tollerare
un' ingiusta eccezione ed essere
esclusa dai benefizi assicurati agli
altri?
II popolo italiano fu certamente,
a giudizio di tutti i suoi alleati,
uno dei più efficaci cooperatori
della vittoria finale dell'Intesa,
che fu la vittoria del diritto con-
trù ii .^flnarit, giu;H.uia con-
tro la forza cieca. L'Austria nei.l' '
sua fotta ingenerosa fi punte!- '
lata, purtropp'o, da parecchi «le-
menti nazionali, aizzati allora con-
tro r ilaUa, contro la Serbia e
gli altri popoli liberi : questi èie-
menti se non riuscirono a ren-
der vane, almeno ritardarono ìe
aspirazioni nòstre e quelle del
mondo intero ; si potrebbe perfino
sostenere che essi, forse con non
minore persistenza e accanimento
nella loro parte più illuminata e
responsabile che negli strati
più numerosi e meno evoluti, fu-
rono sconfitti insieme coli' Austria.
Ma ritalia e l'Intesa, rigenera-
trici dell'umanità, vogliono tut-
tavia che anche a questi elementi
nazionali sorrìda il sole della giu-
stizia e del libero lavoro.
Non ci dilunghiamo più oltre
in questa discussione, evitando di .
dare ansa a polemiche, le quali
sono da nnì consid-'^r^te come
generi inferiori di attività gior-
nalistica. Dsl resto ci tenianio a
... prc di-
scusso e :nh .superato e sarà tra
breve det-nitivamente risolto dai *
d'-'^ratì oazionali autonzjrati a
determinarlo; che le proteste, i
sofismi, le polemiche giornalisti-
che locali o regionali non var-
ranno a frustrare le deliberazioni
prese col consenso recìproco dai
rappresentanti del mondo civile.
oQ^a Enrico Millo.
Quando un telegramma al Comando
militare venerdì sera annunziò la visita
dell'ammirag-iio Mflo a Zara, tutta la
cittadinanza fu colta conie da un sus-
sulto di gioia e di gratitudine per 1' e-
gregio uomo, che, appena assunti i
supremi poteri militari sulla Dalmazia,
voleva onorare con la sua presenza la
città fedele che T aspettava 'ansiosa.
Non c'eran che ventiquattr'ore. Ma
l'amor di patria non conosce limiti di
tempo; tutti al lavoro, ognuno al suo
posto. E si videro mani industri di
donne gentili, di giorno e nella veglia,
moltiplicare i drappi tricolori o spo-
gliare i giardini degli ultimi crisantemi,
delle gaggie e dei pochi altri fiori
autunnali sfuggiti alle ricerche delle
prime dimostrazioni d'ebbrezza patriot-
tica; si videro mani callose d'operai
afferrare il piccone e la sega per riz-
zare i sostegni alla decorazione di
Riva Vecchia; e mani d'artefici dise-
gnare gli stemmi delle province re-
dente ; e studenti e operai sfrondare
allori e abeti perchè le piazze e le vie
fossero tutte inghirlandate di festoni.
Fu un lavoro compiuto nel silenzio,
quasi con un senso di religioso do-
vere, al quale nessuno mancò, perchè
tutti si sentivano fieri di dare la loro
opera all' omaggio collettivo che do-
veva e voleva essere degno di Zara
redenta.
Il manifesto del Sindaco.
Il nostro Sindaco pubblicava intanto
questo manifesto :
„Concittadini ! Oggi Zara avrà 1' al-
tissimo onore di accogliere S. E. il
vice-ammiraglio Eoncc Millo» il valo-
roso che primo forzò i Dardanelli serrati
nella guerradi Libia.
Egli, che ha assunto il comando mi-
litare marittimo nella Dalmazia, viene
a noi circonfuso di quella stessa luce
radiosa che bacia i vessilli d'Italia
nella vittoria e nella redenzione.
Zara, nella gioia immensa della sua
redenzione, esprima all' Eroe del Mare
venuto dal Mare in nome del Re tutta
la sua ammirazione entusiastica, tutta
la riconoscenza del suo animo invitto.
E la festa d'oggi, in nome e per
r amore di Enrico Millo, primo reggi-
tore delle nostre terre liberate, abWa
significanza imperitura su tutti gli e-
venti meravigliosi, che vi resero citta-
dini d'Italia.
Zara, 17 novembre" 1918.
Il Sindaco Ziliotto."
L' attesa.
Ieri mattina, sin dalle prime ore, in
città si notava per le vie e le piazze
l'animazione delle grandi occasioni. II
tempo metteva un po' - di malumore ;
tirava da tramontana una brezza fri-
gida e il cielo imbronciato pareva non
volesse sorridere a tanta esultanza cit-
tadina. Ma verso le 9 qualche timido
raggio di sole squarciò la nuvolaglia,
dando sprazzi di fiamme ai vessilli sven-
tolanti da tutte le case, su tutte le
piazze. Alle 10 s'udirono i primi rin-
tocchi gravi, solenni dal campanile ; il
popolo a gruppi si riversa a Riva Vec-
chia ; sbucano da Porta marina le pri-
me bandiere ; altre ne vengono, a die-
cine, a centinaia — ormai non si con-
tano pili. Arrivano un plotone di ma-
rinai ed uno di fanteria, che dispon-
gono su due lati, presso la banchina
per rendere gli onori militari: sono
agli ordini del nostro concittadino mag-
giore Perlini. Ed ecco una teoria di
signorine, vestite di bianco, con mazzi
di fiori farsi largo. tra la folla ; cam-
peggia in prima fila infissa a un'asta
una grandiosa stella d'Italia, paziente-
mente contesta di bianchi crisantemi,
con nel mezzo la scritta augurale:
Viva Millo, r eroe dei Dardanelli: un
altro gentile pensiero avea suggerito
alle nostre donne '' . pprontare ; 0.1
fiori screziati un magnii'ico stemm i di
Savoia, che 01 «t -^-ìcndeva vicino 3Ì
bianco emblema steìl-rlo.
E la folla cresceva, cresceva ancofft
Giunge la nostra br^^va Banda cifta-
dina, che prende pósto accanto al plo-
tone dei marinai,; giungono le autorità
'militari e il Sindaco. Tutte le banchi-
ne, la piazza, il viale e i giardini sulle
Mura sono gremiti di gente, sono una
selva di tricolori. Zara è tutta alla
Riva perchè a tutti tpda di vedere
da vicino l'uomo che" onorò l'Italia
col sn.o eroismo di soldato e onora
oggi Zara come rappresentante d'I-
H:alia e delle gran3i potenze che com-
batt«iono per la libertà dei popoli.
Il bacSo di Millo.
Alle dieci e mezzo, perfettamente in
orario, spunta a riva Derna il caccia-
torpedine „Ascaro", che in pochi mi-
nuti con manovra elegante s'ormeggia
alla banchina. Squilla 1' „attenti" ; la
truppa presenta le armi, le autorità
muovotio verso lo sbarco, cominciano
le prime acclamazioni e la banda in-^
tona I« Marcia reale. L'ammiraglio.
DALMATICA Abbonamenti per ora non si ricevono. Un numero cent. 20. Redazione ed Ammfnistrazione provvisoriam ente n ellaTipograf ia E. de SchOnfeld.
PENSIAMO ALLE SCUOLE.
Da tre settimane, da quando
una modesta torpediniera con a
poppa il tricolore ormegsriaKidosi
alla nostra riva riaffermava i àacri
diritti d'Italia su questa sponda,
è un vibrante fervore di patriot-
I tiche dimostrazioni. Il fremitó
^ di gioia che erompe libero e
I spontaneo e assunie forme v cla-
I morose è una manifestazione
schiettamente umana e civile del-
l' anima collettiva del popolo
troppo duramente e troppo a
lungo provato alla scuola del do-
lore e della repressione d'ogni
più nobile idealità patriottica. Gli
affetti si possono comprimere con
male arti di governo, cancellare
mai.
Ma conviene tuttavia rilevare
che anche in questo periodo di
assestamento e di preparazione
a un ordine definitivo di cose,
anzi-appunto in esso, è neces-
sario raccogliere gli spiriti e l'e-
nergie su quel cumulo di pro-
blemi nuovi o rinnovati, che si
affacciano piiì urgenti per Zara
e la Dalmazia e per i quali oc-
corre la fede fervida, la vigile e
previdente operosità e 1' aiuto di-
sinteressato di tutti ì cittadini.
Non bastano i cauti e i cortei:
chi ama veramente e fortemente
la patria ha da agire, da purificare
sè stesso e l'ambiente; bisogna,
ora che l'Italia finalmente s'è
compiuta, rifare la coscienza e la
vita degl'Italiani di queste terre
redente.
Compito complesso e irto dei
più gravi problemi, tra i quali ci
piace oggi accennare a quello
4ella scuola, che è dei più vitali
4 urgenti e, nell'imminenza del-
l' apertura degl' istituti cittadini,
ha anche tutto l'interesse dell'at-
tualità. Non c' è fattore di ci-
vismo, di progresso, di grandezza,
di benessere più nobile e im-
portante della scuola, che forma
e tempra i caratteri, dà la co-
scienza del valore individuale, dei
propri diritti e de' propri doveri,
eleva il cittadino a fattore e coo-
peratore della grandezza dello
Stato. Ma perchè la scuola non
venga meno al suo compito e
possa dare questi frutti, occorre
anzi tutto che sia improntata a
un indirizzo schiettamente nazio-
nale nei programmi e conti sul-
r opera di fervido patriottismo
dei maestri.
L'Austria, per alta ragion di
Stato e per tradizioni ormai se-
colari, avvelenava le istituzioni
scolastiche colla peste dei sistemi
burocratici, polizieschi e milita-
reschi e mirava a snazionalizzare
tutti i popoli non tedeschi, ap-
poggiandosi in cotesto program-
ma ai dissidi fra nazione e na-
zione fomentati con tutte le arti
d'una raffinata organizzazione.
Dalla scuola dovevano uscire dei
buoni, docili e fedeli sudditi
austriaci: ecco tutto.
In Dalmazia le condizioni della
scuola italiana primaria e secon-
daria erano poi aggravate dalla
dipendenza da autorità provin-
ciali esclusivamente o prevalente-
mente croate, cui spettavano le
nomine dei docenti e il controllo
degli istituti. Onde maestri e pro-
fessori privi d'ogni cultura ita-
liana, ignari sin della lingua e
biascicanti un ibrido gergo, con!ie
quelli che dì solito eran usciti da
istituti croati ; e il lento, ma con-
tinuo regresso delle scuole ita-
liane nel numero degli alunni e
nella qualità degli insegnanti ; e
la lotta contro le scuole della
„Lega Nazionale", che con gravi
sacrifizi s'industriava di supplire
ai bisogni della cultura e dell'a-
nima italiana di queste terre ; e
il prevalere, in certe coscienze
deboli e vacillanti, di considera-
zioni di gretto interesse materiale
o di basso opportunismo sul ci-
vile dovere d'educare i figli alla
patria.
In cotesto clima storico e po-
litico anche i fiori più belli del-
l' intelligenza e della volontà eran
costretti a intristire ; la necessità
di comprimere i più nobili senti-
menti e le più sacre idealità per
sfuggire all' occhiuta vigilanza del-
le autorità politiche e scolastiche
falsava con gli anni il carattere
dei nostri giovani e favoriva il
germogliare di coscienze dubbie;
sì che di giorno in giorno sce-
mavano le forze vive e fattive
per la lotta immane che un pu-
gno d'uomini conduceva contro
le arti raffinate del governo au-
striaco e la selvaggia invadenza
dei croati. Le migliori intelligen-
ze, insofferenti delle strettoie di
simili sistemi, cercavano sull'altra
sponda quella libera estrinseca-
zione delle loro doti e idealità,
eh' era un sentito bisogno del-
l' anima.
Urge dunque che il problema
scolastico abbia le cure intelli-
genti e sollecite del governo ita-
liano. I programmi, anche se per
ovvie ragioni non si possono di
punto in bianco radicalmente mu-
tare e pareggiare a quelli, della
penisola, possono tuttavia con
moderati.e sapienti ritocchi so-
disfare i più sentiti bisogni del
momento e preparare le trasfor-
mazioni future; l'eliminazione de-
gli elementi meno adatti o addi-
rittura anacronistici darà moda ad
altre forze più idonee di rinsal-
dare e rinvigorire la compagine
dégl'insegnanti, assicurando alla
scuola una salda base di cultura,
d'ordine, d'efficienza nazionale
e al paese i benefici della par-
tecipazione alla grande e pura
corrente del pensiero e della vita
italiana.
Sappiamo che V ammiraglio
Millo, animato da affetto profon-
do per Zara e la Dalmazia affi-
date alla sua amministrazione.
divide con noi V alto concetto dei
doveri dello stato verso la scuola^
conscio dell' importanza della fun-
zione sociale che spetta particolar-
mente ai nostri istituti d'educazione;
e sappiamo pure che s'è già pen-
sato a togliere dalle dipendenze
degli organi croati la direzione e
la sorveglianza delle scuole ine-
die. Un primo passo è fatto : at-
tendiamo che si continui sulla
buona via.
Ma intanto non ci possiamo
esimere dal ripetere a tutti gli
spiriti fiacchi, a tutti i padri ten-
tennanti dell' era dell' obbrobriosa
oppressione austro-croata: ricor-
datevi il vostro dovere. Crescete
i vostri figlioli italiani, italiani di
coltura, di spiriti, di sentimento;
non uno diserti il suo posto alla
scuola nazionale. La Patria vi
sarà più grata che di tutte le
acclamazioni e gli sbandieramenti.
Nostre corrispondesize.
Da Spalato.
Un banchetto e disordini. Domeni-
ca sera nel Caffè Troccoli la Vlada
diede un banchetto ai sig-nori ufficiali
americani che presero possesso delle
corazzate „Zriny" e „Radetzky". Gli
americani si impossessarono domenica
scorsa alle 11 di notte delle navi, im-
posero all' equipaggio di abbandonarle
e partirono di mattina alle 6. Su que-
sto argomento il „N. Doba" non fa
neppur cenno ; ma se, invece degli a-
mericani, si fosse trattato di italiani —
apriti cielo! — chi potrebbe resistere
alle ingiurie? Ritorniamo al banchetto.
Quando gli americani sedevano in
caffè, vi sopraggiunsero dei socialisti e
dei contadini — questi ultimi passivi
a tutte le dimostrazioni croate — ed
emisero le grida di „Abbasso il Re
Pietro, Evviva la Repubblica, Abbasso
gli strozzini !" ed a tre piià gravi an-
cora. Gli astanti intervennero per cal-
marli, ma^ usciti fuori del caffè, le di-
mostrazioni si rinnovarono più clamo-
rose. Su questo fatto il „N. Doba"
non ha una parola, per non far cono-
scere al di fuori che qui regna un
vivo malcontento.
Aggressione. 11 ben noto Ivan K.
Benzon impiegato comunale ag-gredi un
benemerito cittadino, perchè questi,
durante la guerra, scoperse delle gravi
irregolarità al Comune. Si chiede che
senza scrupoli il nuovo Consiglio pro-
ceda, pev dare esempio di giustizia.
Terribile disgrazia. Venerdì scorso
si ormeggiò al molo il vapore trasporto
„B. Kemeni" con a bordo 2500 uo-
mini di truppa ungheresi e tedeschi,
che, dopo tante fatiche, ritornavano
alle lor case. Ma durante il viaggio
scoppiò un grave incendio nei depo-
siti di carbone. Nellgi catastrx>fe peri-
rono 74 uomini, e non già 200 com2
il „N. Doba" partecipò. La città è
costernata. Domenica seguirono i funerali
di due ufficiali francesi, del capitano
e del macchinista del piroscafo. Un
lungo stuolo di cittadini accompagnò
all' ultima dimora i quattro graduati,
mentre gli altri 70 asfissiati furono po-
sti nelle maone e così portati a sep-
pellire. Fra le vittime si scoperse anche
un maggiore tedesco; ma non si potè
identificarlo.
Di male in peggio. Finché durava
la guerra si viveva male, ma ora, con
la „Vlada", è impossibile il vivere. La
carne è a 26 C., le maride a C. 10,
il pesce pili grande a C. 24-30. Ben-
ché si fossero trovati molti vagoni di
farina, il prezzo della farina fu alzato.
La verdura pure è a prezzi esorbitanti.
Le patate a C. 6, un uovo a C. 3.20.
Di tutto questo il „N. Doba" non dice
sillaba, mentre durante la guerra gri-
dava conjtro ogni più piccolo strozzi-
naggio.
Un eroe. L'ardivo dei caccia-torpe-
diniere francesi attrasse alla banchina
molta gente. In un gruppo di signori-
ne, che discorrevan tra loro cheta-
mente, era pur la giovane Albina Bu-
kowsky, vostra concittadina. All' im-
provviso il prof. Virgilio Meneghello
Dincic — fabbricatore dei numerosi
diplomi di benemerenza civica assegnati
all'jex luogotenente conte Attems —
si scagliò sulla signorina Bukowsky e
le somministrò due sonorissimì schiaffi.
„Brutto mascalzone — le gridò indi-
gnata la signorina — perchè mi per-
cuote ? — „Perchè ? Perché lei è di
Zara." OccOrron commenti?
La Cronaca
li saluto di Roma a Zara nostra.
Il nostro Sindaco ricevette, in risposta
a quello da lui inviato al Sindaco di
Roma, questo bellissimo telegramima :
„A Zara italianissima, che mai smentì
il suo affetto per la gran madre, Roma
esultante ricambia il fervente saluto,
oggi che il lungo martiriq della figlia
diletta è intangibilmente consacrato
dalla gloria del trionfo. Il Sindaco
Colonna".
Una lettera di S. E. Rava. Il nostro
Sindaco ricevette dall' on. Rava, vice-
presidente della Camera dei deputati,
questa bella lettera : „Illustre signore.
Con antico affetto, con reverenza, con
devozione un saluto a Zara italiana di
diritto, come fu sempre italianissima,
nobilissima e carissima nell' opera che
tutti ammirammo ed onorammo, se-
gnalandola sempre come insuperabile e-
sempio di patriottisiho. Evviva Zara !
Aff.mo L. Rava".
Associazione daimata „Arturo Co-
lautti" a Milano. A Milano vi è un'as-
sociazione di comprovinciali, che si
fregia col nome del nostro illustre e
compianto concittadino, Arturo Colautti.
11 4 novembre, raccolti in assemblea
plenaria, votarono unanimi questo no-
bilissimo ordine del giorno :
Gli Italiani di Dalmazia residenti a
Milano, mentre uniscono il loro palpito
d' esultanza a quello della Nazione :
Confidano in una pace di giustizia
che non sancisca il cinquantennio di
sopraffazioni dalla Dalmazia subito ;
Ricordano il mistico gesto della po-
polazione di Zara la fedele, inginoc-
chiata quasi per un rito dinanzi alla
bandiera della Patria così come un
giorno dinanzi a quella di S. Marco ;
Fanno appello allo squisito senso
umanitario deiritalia tutta perchè anche
gli Italiani di quella parte della Dal-
mazia sulla quale non sventola ancora
il tricolore non vengano abbandonati
allo strazio della fame e della violenza.
E inviarono in pari tempo i seguenti
telegrammi :
A S. M. il Re: „Nel giorno in cui
10 sbarco a Zara, la fedele, inizia la
realizzazione del voto secolare, i Dal-
mati fuorusciti nel Regno manifestano
alla M. V. l'espressione di una gioia
che non avrà l'uguale nella vita".
A S. E. Sonnino : „A Voi, nel Vo-
stro austero silenzio, eloquentissimo,
magnifico assertore degli italici diritti,
si volgono in questo difficile momento
gli sguardi ansiosi dei figli di Dalma-
zia fuorusciti nel regno, ed, imitando
11 mistico gesto della popolazione di
Zara la fedele, da Voi attendono il
compimento delle loro aspirazioni".
; ' :
primi a provocare gli eccessi con le
Joro gfnda offensive,, con le loro sban-
dierate e il loro affannarsi per far
apparire Zara italiana in ' maschera
croata. ' /
La festa da ballò al „Casino''.
In onore degli oppiti fu tosto alle-
stita una festa da ballo al „Casino".
Sabato' a sera le sale di questa fio-
rente società ospitarono gli ufficiali
della marina g-iapponese, numerosis-
simi ufficiali nostri di terra e di mare
e il fior fiore della società. Notammo
tra i presenti gli ufficiali di marina
giapponesi signori Imokaia, Josikaia,
Stikaia, Lukai e Mujazaki, poi il te-
nente generale medico Rhò con uh
numeroso gruppo d' ufficiali di marina ;
c' eran anche alcuni ufficiali di terra,
tra i quali notammo qualcuno dei no-
stri concittadini, che, disertati dalle
linee austriache, corsero ad arruolarsi
per combattere per la -nostra libera-
zione. Tra un giro di walzer ed uno
di one steep venne servito agli ospiti un
maraschino d' onore.
Gli ospiti giapponesi presero parte
alle danze, e, cedendo alle insistenti
richieste, riempirono dei loro nomi
molte carte da visita e cartoline illu-
strate.
Le danze si protrassero animatissime
fino alla mezzanotte.
La partenza.
Ieri domenica, fu un continuo accor-
rere di gente alla Riva vecchia per
visitare le navi giapponesi, mentre i
marinai a frotte visitarono la nostra
città.
Verso sera si raccolse molta gente
alla Riva per assistere alla preghiera
della sera. Sei trombettieri suonavano
una toccante melodia, mentre le ban-
diere venivano lentamente ammaii^ate
e tutti prendevano la posizione d at-
tenti.
Questa mane poco dopo le sette i
due caccia mollarono gli ormeggi.
La Cronaca
Altri ringraziamenti del Re. Il Co-
mune e la locale Camera di Commer-
cio e d'Industria, in risposta alle espres-
sioni di devotissimo omaggio inviate
al Re nel giorno del Suo genetliaco,
ricevettero questo telegramma, a mezzo
del Comandante in capo di Sebenico.
„Sua Maestà il Re mi incarica di
trasmettere, a mezzo della S. V. al
Comune e alla Camera di Commercio
di Zara i Suoi sentimenti di gratitudine
pel patriottico omaggio giuntogli oltre-
modo accetto. Orlando."
Un altro telegramma di Orlando.
Il presidente del Consigli, on. Orlando,
ha inviato a S. E. il governatore della
Dalmazia, ammiraglio Millo, questo te-
legramma ;
„Pregola di far pervenire al Sindaco
di Zara la espressione della mia più
viva gratitudine pel patriottico tele-
gramma, inviatomi in occasione della
visita di V. E. a quella città. Con pari
animo le ricambio il saluto cordiale e
augurale. — Orlando".
Segretario generale per gli affari
civili. Sabato sera il cav. Umberto
Ricci, neonominato segretario generale
ger gli affari civili della Dalmazia
presso S. E. il governatore vice-ammi-
raglio Millo, ha assunto il suo ufficio
alla Luogotenenza di Zara.
In iin colloquio subito avuto coi rap-
presentanti del governo iugoslavo,
questi gli dichiararono di non po-
tere ulteriormente continuare a di-
rigere la luogotenenza, e che quindi
si dimettevano dal loro ufficio. In se-
guito a ciò la dirigenza per gU affari
correnti del dicastero venne affidata
al funzionario anziano, consigliere Golf.
In sostituzione delle bandiere iugo-
slave, al pogginolo del palazzo luogo-
tenenziale sventola da ieri la bandiera
provinciale, a sinistra della bandiera
dello Stato.
Ospiti graditissimi. Ieri alle 14 ap-
prodò nel nostro porto il caccia „Giu-
seppe Sirtori". V'erano a bordo il
colonnello Buckey, qttachè militare al-
l'ambasciata d[egli Stati Uniti d'Ame-
rica a Roma, il tenente colonnello in-
glese Cyril Rocke, addetto militare a
Roma, il capitano di fregata coman-
dante Ornati, capo gabinetto al Ministero
della Marina, e gli ufficiali di collega-
mento tenente Dotti e sottotenente
Topesco, addetti il primo all' ambasciata
inglese, il secondo all'ambascfata ame-
ricana. Golia gentile ^sresta^ione del
sign. Tamih(0, che mise a lóro dispo-
sizione la sua automobile, gli ospiti
illustri visitarono la città, ammirandone
le schiette impronte venete e il fervore
patriottico vivo e intenso. Vollero vi-
sitare in compagnia del comandante
de Boccard, liberatore di Zara, e del
maggiore Perlini, tanto caro a tutti i
concittadini per la sua attività intelli-
gente e proficua, anche il Museo ar-
cheologico, accompagnati da quella
guida solerte e sapiente che è il prof.
Smirich : gli ospiti s' accorsero subito
che quel museo è la piià chiara docu-
mentazione del nostro glorioso passato,
atto ad avvalorare la nostra afferma-
zione di secolare italianità.
La sera fu imbandit| al „Grand
Hotel" dalle regie autorità un banchetto
in onore degli ospiti, al quale presero
parte insieme con loro il dott. Umberto
cav. Ricci, segretario generale degli
affari civili per la Dalmazia, i coman-
danti giapponesi Morita e Egud^i, il
comandante de Boccard, il maggiore
Perlini, il prosindaco Ascanio Persicalli,
il consigliere di luogotenenza Francesco
Simonelli, 1' on. Krekich, parecchi con-
siglieri comunali, i rappresentanti delle
autorità e della stampa, tra i quali
c' era anche il nostro concittadino Ric-
cardo Forster, redattore del „Mattino".
La sala era stata addobbata dà al-
cune nostre gentili signore di drappi,
di bandiere italiane e alleate e di fiori.
Allo spumante il prosindaco Per-
sicalli disse parole d' omaggio per gli
ospiti illustri. Gli rispose — in lingua
italiana — il col. Buckey, ringraziando
e chiudendo il suo brindisi con un ev-
viva a Zara. '
n trattenimento al „Casino". An-
che ieri a sera la società del „Casino"
allestì una festa da ballo in onore de-
gli ospiti e degli ufficiali del 16.o fan-
teria.
Le numerosissime coppie stavano
appunto danzando la quadriglia, quan-
do gli ospiti giunsero. Vennero accolti
al suono del nostro bel „Si" e da
fragorosi applausi di tutti i presenti,
Gli addetti militari, i comandanti giap-
ponesi e gli ufficiali nostri fecero il
giro della sala, stringendo la mano
a tutte le signore e signorine. Poi pre-
sero parte alle danze, che si pròtras-
sera, con insolita animazione, fino alla
mezzanotte.
1 cari ospiti ripartirono stamane, ac-
centuando la loro sodisfazione per
r accoglienza festosa fatta loro dai cit-
tadini di questa nobile Zara italiana.
Risveglio. Apprendiamo con vivis-
simo piacere che a Curzola, a Lesina,
a Cittavecchia e in altre località Hai-
nori gli Italiani sono in pieno e pro-
mettente risveglio. Si costituiscono
ovunque dei „Fasci nazionali", e, con
le scuole della Lega, si fanno risorgere
le nostre istituzioni, brutalmente di-
sciolte dall'Austria. Raccomandiamo a
tutti di scriverci dettagliamente in pro-
posito.
Un*intervista. Il „Giornale d'Italia"
pubblica un' interessantissima intervista
con r on. Ghiglianovich. L'illustre no-
stro ' concittadino vi narra la sue im-
pressioni nel ritornare a Zara, descrive
le feste magnifiche tributate da Zara
all' ammiraglio Millo ed esamina a lun-
go, con commenti efficacissimi, il colpo
di mano, assenziente l'Austria, del-
l'insediamento alla luogotenenza dal-
mata di due funzionari croati, nominati
dal cosidetto governo iugoslavo di
Spalato. Nel accennare al groviglio
della situazione amministrativa in Dal-
mazia, e neir esigere utili provvedi-
menti, rileva con compiacenza come
nelle nostre terre liberate sia stata
istituita una sezione civile con a capo
un valoroso funzionario del Ministero
dall'interno — il cav. RÌQCÌ — che
per , la sua intelligenza e per la sua
energia, congiunta ad un fine tatto
politico, e purché gli vengano messi a
disposizione i mezzi necessari, è vera-
mente la persona atta al posto confe-
ritogli dal Supremo Comando.
Il Narodni List vorrebbe entrare in
polemica con noi; ma noi non abbia-
mo il proposito di secondarlo, scen-
dendo al livello suo. Daremo soltanto
alcune dilucidazioni ai nostri lettori,
se per avventura qualcuno non fosse
bene informato sulle questioni che ora
sono di attualità.
1). Per la questione del „dono del-
la flotta" rimandiamo agli articoli ap-
parsi in quasi tutti i giornali italiani
ed esteri sul trucco austro-croato e al
documento di consegna, firmato dai
Jugoslavi. L'ammutinamento poi della
flotta fu facilmente represso dall'Au-
stria, nè ebbe conseguenze politiche di
sorta. 11 Trumbić in fine non è testi-
mone attendibile, perchè parte in causa.
2). A difesa del nostro argomento
sulla „sicurezza nazionale" s'è discusso
e scritto tanto che è certo opera su-
perflua illuminare i lettori sulla que-
stione: un recente articolo poi del'
„Resto del Carlino" ribatte trionfal-
mente le schiccherature puerili degli
avversari.
3). Riguardo all' analogia tra la que-
stione dalmatica e quella dell'Alsazia
Lorena possiamo aggiungere ancora
questi cenni.
Geograficamente l'Alsazia non fa
parte della Francia, ove a questa non
voglia attribuirsi tutta intera la valle
del Reno, ciò che risulta manifesta-
mente assurdo alla prima occhiata che
si getti sulla carta. La Dalmazia fa
parte della Balcania, ma ne è nello
stesso tempo nettamente staccata dalle
Alpi Dinariche, che, continuando le
Giulie, la rendono quasi un appendice
d'Italia. E' risaputo che i fiumi e i
mari uniscono, i monti separano. Cosi
è, e così era specialmente prima che
le vie ferrate infrangessero le barriere
naturali.
Storicamente 1' Alsazia era occupata
da tribìi germaniche già ai tempi di
Cesarei Dalla formazione delle nazioni
moderne non appartenne durevolmente
alla Francia se non per due secoli
prima del 1870. Ma questo relativa-
mente breve lasso di tempo bastò per
rendere francesi di lingua le classi piìi
alte della popolazione, mentre le piìi
basse, pur restando di lingua tedesche,
divennero francesi di sentimento a me-
rito delle libertà loro arrecate dalla
rivoluzione francese. Tale era la situa-
zione nel 1870, e però è incontestabile
che r annessione alla Germania seguita
allora violò il principio di autodeci-
sione dei popoli, in quanto non è da
dubitarsi che gli Alsaziani volevano
restare uniti alla Francia. Dal 1870 in
poi successe un grande cambiamento
in Alsazia. Vi fu una forte emigrazio-
ne in Francia dell' elemento francofilo;
vi fu al contrario una forte immigra-
zione di tedeschi, richiamativi dallo
sviluppo industriale. Le pressioni go-
vernative ad uso austriaco fecero il
resto. Nei primi tempi 1' Alsazia-Lore-
na inviava al Parlamento germanico
soltanto deputati appartenenti al par-
tito della Protesta contro l'annessione
alla Germania. Il loro numero in pro-
gresso di tempo diminuì sempre, finché
si ridusse, se non erramo, ad uno
solo, mentre gli altri collegi venivano
conquistati dall'internazionale nera o
rossa. Il „Narodni List" rappresenta
falsamente le cose, quando sostiene
che anche ora la volontà della popo-
lazione alsaziana è di unirsi alla Fran-
cia. Così era nel 1870, non lo sarebbe
pili oggi. Tanto è vero che la Francia
nel far valere le sue rivendicazioni non
accetta plebisciti che sanzionerebbero
per il violatore del diritto delle genti
il profitto del suo male fatto, ma vuole
co consenso di tutto il mondo civile
la riparazione del reato puro e sem-
plice. Le accoglienze festose e deliranti
alle truppe francesi sono fatte questi
'giorni in gran parte dalla minoranza
francese: i tedeschi, sconfitti e moral-
mente depressi sono consci dell'inanità
di un eventuale opposizione e stanno
come appartati, acconciandosi al nuovo
stato di cose.
Facciamo ora un confrontò cotv la
Dalmazia, e dovremo rilevare che essa;
ebbe non due brevi secoli, ma due
lunghi millenni di storia italiana. 1 nu-
clei cittadini italici, che la storia ci
attesta sorvissuti all'inondazione bar-
barica, furono rinforzati dal lungo do-
minio veneziano, così che nel 1870 In
Dalmazia, come nell' Alsazia, le classi
più alte della popolazione erano di
lingua italiane, ed anche le più basse
nella loro stragrande maggioranza av-
versavano l'annessione alla Croazia,
come le alsaziane avversavano 1' annes-
sione alla Germania. Da allora le cose
in gran parte della provincia cangiarono.
E noi non negheremo che si sono mu-
tate, e diremo anzi che in ogni caso
si sarebbero dovute mutare per 1' av-
vento irres stibile delle forze più de»
mocratiche. Ma hanno torto i croati
quando non si avvedono, o addirittura |
quando, non sappiamo con quanta sin- |
cerità, negano che il rivolgimento non i
sia soltanto 1' effetto dello spontaneo
progredire della loro coscienza nazio-
naie, ma anche della sopraffazione go- ;
vernativa, dalla quale il loro movimento
fu bensì accelerato e intensificato, ma
rimase anche inquinato, snaturato. Noi
sosteniamo che in quanto il rivolgi-1
mento è dovuto a questa violenza del'
nostro oppressore, esso non può ve-
nire riconosciuto come sussisteiste in
diritto, e che è dovuta a noi pure una
riparazione come alla Francia in Al-
sazia. i
Crediamo che queste argomentazionii
siano oggi sufficenti per ogni lettore
che abbia seguito attentamente le va-!
rie fasi della discussione ; se i Croati
non vogliono intendere le ragioni del
nostro diritto e sì ostinano di addurre
obiezioni assurde, peggio per loro. Noi
scriviamo soltanto per quelli che vo-
gliono riconoscere la logicità dell' ope-
ra nostra e del nostro pensiero, per
quelli, cioè,, che sono uomini politici
pensanti e possono quindi essere va-
lori reali nella vita politica: cogito,
ergo sum !
Anche a Bencovaz una banda ar-
mata assalì e devastò la casa del'po-
destà Novaković e di altri croati, che
lianno dovuto cercar rifugio a Zara ed
invocare l'intervento delle truppe ita-
liane. Gli atti di terrorismo, commessi
dalla banda, pare siano nello stesso
tempo atti di vendetta, esercitati dai
serbi, che, allo scoppiar della guerra
subirono mille sopraffazioni da part^
croata.
Per r approvigionamento di Zara.
Il piroscafo „Cariddi" sbarcò a Zara
ventun vagone di riso, di fagiuoli e di
farina. Oggi — proveniente da Anco-
na e dopo aver sbarcate a Sebenico
abbondanti provviste — è arrivato qui,
per r approvigionamento di Zara, uf;
grande piroscafo, già ungherese ed orž
italiano, con oltre 60 vagoni di gener,
alimentari diversi: zucchero, caffè, olio
strutto, fagiuoli, riso, farina, vino, ecq
Direttore responsabile: Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia : E. de Schonfeld & C»
!
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UFFICIO CAMBIO
Emissione vaglia M Banco ili Hapc
————_— '
^ ! Agenzia della Società di Navigazioj
Servizi marittimi italiani.
SS
DalFalpi al mar.
La sera del 7 dicembre 1862,
alla nostra Filarmonica, fra gli
altri pezzi, si eseguiva il coro
/ negri d Haiti, musica di Gio-
' vanni Salghetti da Zara, parole
del Dall' Ongaro da Oderzo. La
Voce dalmatica (n.ro 1, 1863),
« nel darne relazione, si soffermava
solo sul coro, e diceva: „Come
mai sia venuto in pensiero al
Dall' Ongaro di celebrare coi suoi
versi quella vecchia storia o me-
glio, come c'entri quella v cchia
storia nei versi del Dall'Ongaro,
noi non sappiamo. Certo è che
i versi sono di squisita fattura, e
di.rara bellezza; certo che piìi
che mai nobili e caldissimi sono
i concetti e gli affetti che espri-
mono ; certo che innalzano l'a-
nimo con r aspirazione e la spe-
ranza di quella libertà, che è il
desiderio invitto d'ogni animo
che non sìa abietto. E questo
affetto il Salghetti risentì possen-
temente, e seppe con le sue am-
mirabili armonie riprodurre cosi
da trarre all' entusiasmo ognuno
che le ascolta. La musica segue
e seconda la parola, s'avvia,
cresce e s'innalza con essa per
modo, che quando il coro esce
in quei versi dell' ultima strofa :
O libertà, per te fiorisce e vive
Quanto consola e quanto innalza il cor -I
V armonia prorompe grandiosa
come un torrente di luce improv-
visa, così da scuotere le più in-
time fibre del cuore, e da strap-
pare l' applauso ai piìi freddi".
Però tutti sapevano, e il Du-
plancich meglio degli altri, che
per i negri d'Haiti s'intendevano
gì' Italiéfiii ancora soggetti allo
straniero, e tanto più in quanto
era noto che la Polizia aveva mu-
tato il ritornello Dall' alpi al mar
in Dai monti al mar. E così, se
i poveri negri servirono al poeta
di copertina al suo patriottismo,
questi medesimi negri giustifica-
rono dinanzi alla i. r. censura
r entusiasmo del giornalista per
la libertà. I negri d' Haiti poi,
per r ardore con cui avevano ten-
tato, nella prima metà del secolo
scorso, di spezzare le loro catene,
erano divenuti di moda. Il Man-
zoni p. e., che aveva nominato
nelle sue Pentecoste X irta'Haiti,
in un' altra redazione dell' inno
medesimo, dà lijV lasciata inedita,
aveva detto : i '
Te salvator l'armìgero
Coltivator d'Haiti, i
Fido agli eterni riti^ ;
Canta disciolto il pie. -
Comunque, i bei versi del poeta
veneto è le dolci armonie del
mp^^sta zaratino, l'anno dopo,
corselo tutta r Italia, e ottennero
r applauso anche del Mercadante,
in casa del quale, già cieco, il
coro fu cantato. Volle l'illustre
maestro che lo spartito fosse po-
sto, gentile onoranza, nell'/archivio
del Constr\imné.'^40s$ervatore
daln^ato SiTi. 1863; W. 76/
Ma già neir edizione milanese
di F. Lucca (nr. 15406) il testo
della poesia pigliava anche nelle
parole la libera espressione, che
prima stava nascosta sotto il mo-
desto cartellino degli schiavi d'Hai-
ti. Intanto portava il suo verp
titolo: Dall'alpi al mar ; e non
più diceva Liberi tutti siam di
Cristo figli, mdi Liberi tutti d^una
patria figli; non più Del nostro
suolo di sudor cosparso, ma Del
nostro suolo depredato/ed arso;
non più Nostra è la terra ove moviamo il pied^,
Polve de' schiavi che su lei straziar —
ma Polve c/e' forti che per lei pugnar',
non pili Regni /' amore ove odio solo or regna,
Libero il riero e il povero del par,
E nostra hgge sia di Cristo degna —
ma Regni la legge ove regnò la spada.
Libero il irono e liberò V aitar.
Libera ed una Pitala contrada.
Dopo quella prima audizione
del '62, il coro non fu più in-
teso nè alla filarmonica, nè al
teatro. Riprodurlo con le parole
d'allora, non si poteva, perchè
c' era stata non solo T edizione
milanese del Lucca, ma anche la
fiorentina del Le Monnier (Fan-
tasie drammatiche e liriche di
Frane. Dall'Ongaro, 1866). Sa-
rebbe stata bassa pusillanimità
ritornare agli Schiavi di Haiti,
e cantarlo col testo nuovo la po-
lizia non l'avrebbe permesso, o
avrebbe fatto, il viso dell' arme.
Ma adesso le cose sono wm-
tate : Zara è redenta, Zara è parte
d'Italia.
Quindi, tra gl'inni patriottici,
che s'odono per le vie, ci dev'es-
sere anche il nostro Dall' alpi al
mar. Perciò, a faine rivivere le
note gentili e i versi elettri^zzanli,
verrà esso cantato nel prossimo
grande concerto, che si darà alla
Filarmonica. Una stampa popo-
lare poi lo diffonderà per la cit-
tà tutta, ad onore del Salghetti
e del Dall'Ongaro, e a riprova
che r italianità nostra e le perse-
cuzioni . poliziesche dell' Austria
defunta non datano da ieri.
Gli Émii mlfìald ìH'itaiiii.
Il nobilissimo discorso dell' on* Gavina
' alla Camera.
L\on. Gavina, svolgendo giorni fa
alla Camera il suo ordine del giorno
per la rivendicazione deg-li interessi
adriatici dell'Italia, pronunz ò uno splen-
dido ^scorso, dal quale ci piace qui
riprodurre la parte che i piìi diretta- '
mente riguarda la Dalmazia e ne lu-
megfgia magistralmente il vero carat-
tere morale e la, missione storica di
civiltà.'
L' on. Gavina, dopo aver rilevata la
nobile protesta dell' illustre deputato
dalmata on. Roberto Ghig-lianovich
contro r illegale, arbitrario e oppres-
sivo governo austro-slavo di Spalatq,
he fa risaltare tutte le anomalie giu-
ridi;che e amministrative, lé-' gravi
ripércussion,i economiche, e la condi-
zione di iVera anarchia che sono attual-
mente lè 'conseguenze dello stato di
cose instaurato nella Dalmazia centrale
e meridionale dalla libertà ' d'azione
lasciata agli avvénturieri dell' ex Mo-
narchia. Unico rimedio, afierroà fra le
approvazioni l'on. Gavina, a questa
situazione disastrosa per l'intera po-
polazione dalmata, è T occupazione to-
tale della Dalmazia da parte dell' Intesa.
L' oratore afferma essere sopra tutto
necessario che non venga falsato o
misconosciuto dalle mene degli agita-
tori austro-slavi e dei loro troppi amici
occidentali, a danno della Dalmazia, a
dan o dell'Italia, il diritto italiano, na-
turale e storico, sulla Dalmazia stessa.
Diritto, che, egli dice, si fonda su quel
principio di nazionalità che è stato la
grande forza morale animatrice dell' In-
tesa in tutta r immane guerra. La na-
zionalità non consiste nella stirpe e
nella lingua — che sono elementi-in-
dizi, come li diceva Mazzini — della
nazionalità, ma non ne costituiscono
r essenza. Altrimenti 1' Alsazia sarebbe
tedesca, il Portogallo spagnuolo, la
Svizzera con quattro stirpi, parlanti
quattro lingue, non avrebbe senso. La
scuola italiana, da Mazzini a Mamiani
e Mancini, afferma la prevalenza dei
fattori morali : costume, storia, tradi-
zione, diritto, religione, istituzioni. E
allora come possono italiani miscono-
scere r italianità della Dalmazia, pro-
vincia interamente italiana, per paren-
tela geograf ca, per fratellanza di po-
polo, non mai interrotta nei secoli
come afferma Vincenzo Gioberti, della
Ddlmazia per millennii parte viva ed
essenziale dflla storia e della potenza
di Roma e di Venezia !
Per Mazzini, come per Mancini, i
fattori fisici e spirituali nemmeno ba-
stano, essi sono come inerte materia
capace di vivere, ma in cui non fu
spirato ancora il soffio della vita. Que-
sto spirito vitale, dice Mancini, questo
divino compimento dell' essere di una
Nazione — questo principio della sua
visibile esistenza consiste nella co-
scienza della nazionalità, nel sentimento
che la Nazione acquista in se mede-
sima, e che la rende capace di costi-
tuirsi al di dentro — e di manifestarsi
al di fuori. Mazzini definisce chiara-
mente r essenza della nazionalità, che
consiste sopratutto negli elementi etici,
così formulati: 1. missior^e speciale per
il comun fine umanitario ; 2. coscienza
di questa missione, ossia coscienza
della propria nadónalità. Ora, misurata
al concetto mazziniano, quale paese al
mondo può vantafe una .missione spe-
ciale per il comun fine umanitario piìi
chiara, certa, antica della Dalmazia,
antemurale classico millenario di Roma
e di Venezia, baluardo vivo e ope-
rante nei secoli della civiltà latina ed
europea contro i barbari d'Oriente
E ugualmente certa antica perenne
si manifesta nei secoli la coscienza nei
dalmati di questa miss one storica e
spirituale — la coscienza della loro
nazionalità italiana!
Dal grido di dolore latino e cri- /
stiano del vescovo dalmata contro i
visigoti, primi profanatori della Dal-
mazia e di Roma, dall' opera insigne
degli umanisti di Traù, dallo spinto
rinnovatore del Laurana, maestro del
Bramante, all'alta mente e al gran ,
cuore di-pensatore e patriota <lì Nic«
colò Tomìiiasèo, alle centinaia -di jgfio-
vani dalmati combattenti nel nostro
esercito per l'Italia, al sacrifizio eroico
di Rismondo, cittadino di Spalato (Vi-
vissime approvazioni), sempre viva è
nei secoli la coscienza italiana dei
Dalmati! (Benissimo). E. per questi
nostri f i atelli l'Italia è, coirle per Maz-
zini, veramente una religione, e 1'amo-
re di patria assume forme suprema-
mente ideali e quasi religiose.
Come cento anni fa, quando per la
colpa fatale di Napoleone la Dàlmazia
fu staccata per la prima vòlta, dopo
mille antii di storia comune, da Vene-
zia e data all' Austria avvenne che il
popolo portasse, piangente, in pia pro-
cessione l&b'andiei'e della pàtria, e le
deponèsse, in segno di fede, sugli al-
tari di Dio, così, nello stesso spirito,
Abbonamenti per ora non si
ricevono.
Un numero cent. 20.
Redazione ed Amministrazione
provvisoriamente nelIaTipografia
E. de Sctiònfeld.
il popolo dalrtiata ha accolto inginoc-
chio, pregante Dio, i mannai d'Italia
liberatori 1
Per quattro anni l'Intesa ha detto
che la nostra vittoria sarebbe stata
giustizia anche per i vinti. Sia dunque
g^iustizia anche per i vinti, anche per
i tedeschi, anche per gli ungheresi,
anche per" i croati, martoriatori per un
lungo anno della dolce terra veneta,
ma sia giustizia anche per l'Italia vit-
toriosa !
La Dalmazia, liberata dal giogo de-
gli Absburgo, non deve oggi cadere
in una nuova servitii, peggiore del-
l'antica! (Applausi, vivissime congra-
talazioni, commenti).
Nostre corrispondenze.
Da Arbe.
Pace e pane. La nostra cittadetta
ha ripreso il suo aspetto normale. Vi
regna l'ordine il più perfetto e i baldi
marinai fanno un servizio eccellente,
comportandosi con la popolazione nel
modo più civile. Gli stessi contadini
si stupiscono che gli italiani siano
così buoni, e dicono che le menzogne,
che venivano loro raccontate da alcuni
fan^ici sul conto iegli Italiani, vengo-
no ora distrutte dai fatti. .
Il comando militare dell' isola ha già
incominciata la distribuzione dei viveri,
e la mite popolazione di Arbe appro-
fitta di un tanto beneficio dopo il lungo
soffrire.
La vita cittadina è risorta. Per le
nostre calli veneziane è un continuo
ed allegro viavai di ufficiali, di mari-
nai e di c^'ttadini. Gli egregi ufficiali
invitarono le riostre signore e sig-norine
ad un the a bordo del caccia «Gu-
glielmo Pepe", ove trascorsero ore di
esultante patriottismo.
Un manifesto alle isole del Quar-
nero. Ieri abbiamo avuto il primo sa-
luto da S. E. 1' ammiraglio Gagni, col
seguente proclama :
„Ai nobili e forti isolani del Quarnero ì
„Sono finiti gli eccidi; è finita ìf
strage che ha insanguinato i! »mondo-
cagione della sconfinata inibizione d
impèri* tirannici, omai abbattuti.
„La pace vera è prossima; «»
vera pace se le ultime contescj
piccole lotte politiche saranno e
polo evitate per affretfa e Ir
promessa.
Esistono, purtroppo, rr;cc
agitatori, che, nel nome di f-
vorrebbero trascinare il pape
zesche avventure, rico» d»
all' odio « alla strage.
„Io credo che voi ncù
ingannare. Nessuna for? 1
iippedire che la civiltà
che intendono la vera . ^
rechino il loro bene ' ^^
„Aiutatemi duncyij .
che è strettament
buona fortuna. ^ , , . »
^Seguite e &scf\
^éra pace, il libe
riaperto il mare
necessaria al q .
saprà guidarvi c
e con umanità. '
„La pace ven '
mettete che i ft . '
violenza turoina' ^^
immancabii«** *
Il ammir > ^
capQ^ tJmberto f ' •
La
•e >.
ha inviato q <
„GiorgÌ5> I i fé-
consiglio,
lenne. detfe.
non è esistita fino ad oggi. Noi tutti
nutriamo la speranza che il nuovo
Stato sarà presto costituito, ma gli
Stati, come gì' individui, devono na-
scere prima di poter godere la loro
propria vita, coi suoi diritti e la sua
responsabilità. Vi sarà tempo a rico-
noscere la Jugoslavia quando sarà na-
ta. Sir Arthur Evans unico e solo as-
serisce che la Jugoslavia sia uno Stato
regolarmente costituito, e che funzioni
in ordine perfetto. Ciò che invece sap-
piamo, da fonte ineccepibile, si è che
in Dalmazia e a Fiume gli Jugoslavi
si sono resi colpevoli di violenze e
terrorismi, che hanno reso necessario
r intervento di truppe italiane per ri-
stabilire l'ordine. Se le Potenze del-
l'Intesa non fossero state decise ad
aiutare gli Jugoslavi a formare uno
Stato indipendente, avrebbero avuto il
diritto incontestabile di considerare la
bandiera jugoslava, alzata sulle navi
della flotta della cessata Monarchia
austro-ungarica, un' insegna da pirati.
Non lo fecero perchè seriamente de-
siderano che la Jugoslavia si sviluppi
fino a poter reggersi da sè. Ma è do-
vere degli Jugoslavi e dei loro veri
ìì
amici di darci la possibilità di giovar
loro e di non creare situazioni assur-
de. In ogni caso il torpedinamento
della „Viribus Unitis" nel porto dì
Pola non sarebbe accaduto se la nave
avesse battuta la bandiera jugoslava,
ma ebbe luogo, come gli stessi Jugo-
slavi raccontano, prima che l'armisti-
zio fosse firmato e mentre la bandiera
austriaca tuttavia sventolava sull' al-
bero maestro. Questo è stato senza
dubbio dimenticato da Sir Arthur.
5. La parte rimanente dell' articolo
non ha importanza poiché consiste di
asserzioni affatto sprovviste di prove.
Conclusioni erronee sono inevitabili
quando sono false le premesse. Sir
Arthur Evans dovrebbe convincersi che
il miglior mezzo per aititare la costi-
tuzione di uno Stato Jugoslavo è di
indicare la via al suo pacifico sviluppo,
e non di incoraggiare dissapori e dif-
fidenze fra gli Jugoslavi e gl'Italiani,
i quali, usciti vittoriosi dalla più gran-
de guerra che il mondo abbia mai
veduto, desiderano sinceramente di vi-
vere in amicizia coi loro nuovi vicini
di casa".
DEL SOLDATO D'ITALIA"
Una conferenza del tenente Attilio De Sanetis.
Un pubblico enorme accorse ieri
sera al „Teatro Verdi" per ascoltare
la parola del tenente Attilio De Sane-
tis, oratore dei più brillanti e dei più
suggestivi.
Notiamo fra il pubblico il ten. col. Ci-
rillo, comandante il presidio militare
della città, il comandante militare di
Zara Felice de Boccard e il maggiore
Perlini, nel palco d'onore. E poi negli
altri palchi numerosissimi ufficiali di
terra e di mare e il fior fiore della
società.
Salutato da un' imponente ovazione
si presenta sul proscenio il conferen-
ziere accompagnato dal presidente del-
la Società degli studenti, l'organizza-
trice della conferenza, signor Cusmich.
Questi presenta F oratore con brevi
parole e Io ringrazia per aver accet-
tato premurosamente l'invito.
Il ten. De Sanetis esordisce col ricor-
dare il nobilissimo saluto portato alla
nostra città dal com. Starita il giorno
dell'arrivo dell' „Audace". Dice di
aver accettato con lieto animo l'invito
degli studenti. Ricorda le lotte da
questi sostenute per l'università ita-
liana a Trieste; quell'università italiana
eh' era soltanto un pretesto ; mentre il
fine ultimo, supremo era la redenzione.
Ricorda l'opera benefica delle società
.„Trento e Trieste" e „Dante Ali-
ghieri".
Egli non è bene informato sulle lotte
sostenute dall'Italia e da noi prima
della redenzione, perchè, dopo breve
esercizio della professione di avvocato
nella natia Vicenza, si recò nell'Ame-
rica del Nord, donde ritornò soltanto
allo scoppio della guerra per compiere
il suo dovere di cittadino e di patriotta. ^
Fatto un quadro delle condizioni
degli immigrati italiani nell' America del
Nord, 1' oratoré racconta come, per la
prima volta, la loro attenzione fosse
stata attratta da un mastodontico ma-
nifesto a New-York, sul quale era ri-
prodotta oltre al resto la carta dei
vari teatri della guerra. L'invasione
del Belgio e della Francia settentrio-
nale pareva una macchia che minac-
ciava di invadere tutto il lenzuolo, se
non ci si fosse posto riparo. Racconta
come tosto negli italiani in America
fosse spontaneo il sentimento d'anti-
patia per la causa degli imperi cen-
trali. Si sentì subito che l'Italia non
avrebbe potuto assopiarsi all' opera
loro. Né la solerte astuta propaganda
dei Tedeschi nell' America valse a mu-
tare i sentimenti degli italiani. I tede-
schi hanno profuso miliardi per la
propaganda politica in America. Già
nel 14 la Germania aveva mandato nel
nuovo mondo schiere di agenti per
trattenere gli emigrati dal ritorno in
patria. Ma tutto questo non giovò a
nulla.
Il conferenziere dice di conoscere
soltanto le battaglie da lui combattute
durante i tre anni e mezzo di guerra.
11 primo periodo della guerra sono le
undici vittorie sul Carso. Ricorda i
nomi dei monti e delle valli che reste-
ranno eternamente scolpiti nel cuore
di tutti. A questo punto un ufficiale
di marina grida dal palco: „Viva la
patria!"
L'oratore passa poi a descrivere il
metodo di lotta degli austriaci. Quanti
dei nostri son morti senza neanche
vederli ? Essi stavano nelle trincee. La
trincea! Ecco una cosa che chi non la
vide, chi non la provò, non può com-
prenderla. In rapida e felice sintesi il
conferenziere descrive tutte le ama-
rezze, tutti i disagi della vita in trin-
cea. Nella lunga guerra di posizione i
soldati vissero anche belle giornate
nella trincea; ma le sofferenze, l'acqua
fino ai ginocchi, l'umidità, l'eterna
lotta è qualche cosa di terribile. Chi
non vi è stato non può comprenderla.
E passa poi all'episodio tragico di
Capoi:etto. In questa dolorosa giornata
l'esercito d'Italia non »fu sconfitto. E'
il tradimento che fece riuscire gli au-
stro-tedeschi. E' stato un fatto dolo-
roso. L'oratore combatteva nella terza
armata. Gli Italiani erano sotto 1' Her-
mada. Ancora un passo e avrebbero
avuto Trieste; ed invece l'esercito do-
vette indietreggiare fino al Piave. E,
come disse l'on. Orlando, i tecnici
consigliavano di ritirarsi ancora; ma i
fanti d'Italia dissero : „No ! Non an-
diamo più indietro." E si fermarono li,
per non retrocedere mai più. (Entusia-
stiche acclamazioni).
L'oratore parla delle varie opinioni
sul significato della guerra mondiale.
Per r Italia fu ' sopratutto guerra di
redenzione. Prima di occuparsi d'ogni
altro problema l'Italia doveva ancora
liberare i suoi figli soggetti al giogo
straniero. Ricorda anche a questo pun-
to l'opera della „Dante Alighieri",
nella quale eravamo degnamente rap-
presentati da Roberto Ghiglianovich.
L'Italia combattè la guerra per la
conquista dell'Adriatico, che fu sempre
mare nostro.« (Fragorosi applausi).
Parla poi delle differenze tra ' la
stirpe latina e germanica. La prima
possiede il genio, la seconda l'inge-
gno. Dai latini parte la scintilla crea-
trice che viene poi sfruttata e siste-
mizzata dal popolo germanico. Parla
del genio latino nelle arti, nelle let-
tere e delle scienze. Parla infine, ma-
gistralmente, deir opera di Gabriele
D' Annunzio, il grande poeta soldato,
chiedendo se la Germania abbia mai
potuto produrre un uomo simile.
Fa poi seguire la lettura della ma-
gnifica poesia del poeta Locchi, morto
come ufficiale sul Carso. Gabriele
D'Annunzio e Sem Benelli vollero che
il nome di questo poeta rimanesse
eternato colla pubblicazione della „Sa-
gra di Santa Gorizia", che è un ca-
polavoro dal lato letterario, artistico e
sentimentale.
Il pubblico ascoltò con piacere la
lettura della poesia, applaudendone i
punti più salienti.
Finita la lettura della poesia, V ora-
tore esalta l'opera di tutte k ' armi
dell' esercito. Dellà fanteria superiore
ad* ogni lode, dell' artiglieria insupera-
bile e della cavalleria eroica che nella
presa di Gorizia si slanciò contro tutti
gii ostacoli possibili e si immolò gri-
dando : „Savoia !"
Chiuse, ricordando le benemerenze
dei morti per la patria. Ma non vuole
si dimentichi la perfidia dei nemici.
L' odio è qualche volta una cosa be-
nedetta che deve tramandarsi da^ ge-
nerazione in generazione. Pochi giorni'
prima della conclusione delF armistizio
un aeroplano nemico bombardò Ve-
nezia, uccidendo una povera madre
con due teneri figliuoli. Non dimenti-
chiamo la barbarie nemica che imper-
versò furibonda durante questi anni di
guerra^ E termina il suo dire, affer-
mando che la più grande gioia per lui
e per gli altri ufficiali fu di terminare
la guerra liberando Zara. „L'entusiasmo
della vostra città, il vostro grande pa-
triottismo fu per noi la miglior ricom-
pensa".
L' oratore, ascoltato sempre con vi-
vo interesse nella lucida esposizione di
episodi emozionanti e di idee nuove
e geniali, venne alla fine salutato da
una interminabile ed entusiastica accla-
mazione.
La magnifica conferenza lasciò in
tutti un' impressione incancellabile.
merci a prezzi più convenienti : sareb-
be sbagliato se la citlù s' attendesse
tutto dal governo. Bisogna che al',
benessere della città concórra anche?
l'iniziativa sagace e onesta dei nego-f
zianti e delle autorità cittadine. i
VigMacdies-ie. Alcune sere fa, a! u
Barcagno, delie nostre signorine veni-|,
vano fatte segno ad un vigliacco as-^
salto da parte di alcuni ignoti eroi \
jugoslavi. Le signorine si sono dap-:.
prima sentite dire che le prime ad es-!^
sere appiccate, alla partenza delle navi"
italiane, sarebbero state appunto esse;e
poi, dicendo queste parole, gli eroi sca-
gliarono contro le giovani un grosso
sasso, che fortunatamente non colpì
nel segno. Le signorine non si per-^
dettero di coraggio, ma s' avanzarono,
sfidando il vigliacco e farsi vedere, fj
L' eroe rispose con un' altra sassata, |
che come la prima andò a vuoto. i
Chi sono questi miserabili che ap-'
profittano dell' oscurità della notte per
assalire a sassate inermi signorine!,
e che non hanno nemmeno il coraggio ti
di farsi avanti ? Ecco 1' educazione la
e la civiltà di questa fetente geniali
La Cronaca
U presidente delia Camera al nostro
Sindaco. Il nostro Sindaco ricevette
questo telegramma: „Sindaco Ziliotto.
Rievocazione comuni gloriose tradizioni
che risalgono all' antica Roma, è ac-
colta con grato animo dalla Camera dei
deputati italiani, orgogliosa della devo-
zione delle terre redente che essa
ricambia con sentimento vibrante di
affetto e con forte coscienza degli alti
destini d'Italia. — Presidente Camera
deputato Marcora."
Ospite g-raditissimo. Sabato, con la
R. torpediniera 55, giunse a Zara l'avv.
G. Ferroni di Ancona, salutato all'ar-
rivo da vive acclamazioni e festeggiato
dai cittadini durante il suo breve in-
dugio. Prima di sbarcarsi dalla R. tor-
pediniera e dal poggiuoio del Muni-
cipio e alla sera al Casino 1' avv. Fer-
roni tenne dei vibrati discorsi ad esal-
tare il patriottismo di Zara e a glo-
rificarne r unione alla madre patria.
Prima di partire, l'egregio avvocato
incaricò la direzione della „Società degli
studenti italiani delia Dalmazia" di
esprim.ere a mezzo nostro la sua gra-
tudine alla, cittadinanza per l'ejitusia-
stiche accoglienze, scusandosi di non
aver potuto intervenire alla conferenza
dell' avv. De Sanetis^ causa l'improv-
visa partenza.
La Giovane Dalmazia. Un giorna-
luccio croato, intitolato „Mlada Dal-
macija", pubblicava nel suo sedicesimo
numero questo proclama curioso e si-
gnificativo : „Memento ! Una cosa deve
tenere a mente ogni Croato e ogni
Jugoslavo nella Monarchia: altro è la
Dinastia, altro l'Austria, altro 1' Un-
gheria. Questi tre concetti bisogna ben
distinguerli. Il nostro motto deve es-
sere sempre e ovunque: Dinastia e
popolo, Absburgo e Jugoslavia".
Questo proclama era stato affisso
ieri r altro da un nostro concittadino
nel suo negozio, a edificazione dei
passanti austro-croati. Senza commenti!
approvvig-ionamento della città,
grazie al rifornimento di generi alimen-
tari di prima necessità, sollecitato dal
regio governo, è di gran lunga mi-
gliore che nel tempo passato. Però
parte del pùbblico è ancora impressio-
nata del caro vivere, messo in con-
fronto coi prezzi rinviliti di altre città
redente. Per ovviare a questo stato di
cose provvisorio, urge istituzione di
consorzi cittadini, i quali acquistino
Per cura del
regio comando militare verranno di- ^
stribuite g-ratuitamente sementi d' or-1
taglie, prodotte „Ai fortini", a coloro [c
che si occupano d' orticoltura e por- fu
tano iloro'prodotti sul mercato di Zara, ig
Dapprima si distribuiranno* sementi [
d' erbetta, Mangold gigante e cipollet-
te, ed a queste seguiranno a suo tempo
sementi di piselli zuccherini e di fagioli
nani.
Prenotazioni presso il Commissario
d'annona.
Riso e pasta. Il Comitato di ap-
provvigionamento per il Comune di
Zara, per incarico del Comando mili-
tare, distribuisce ora i seguenti generi:
un chilogramma di riso per persona a
C. 1.52, col buono n.o 7; — mezzo
chilogramma di fagiucli per persona a
C. 3, col buono n. 8; — mezzo chi-
logramma di pasta per persona, a C
3, col buono n. 9.
Sequestro d'olio. Poiché l'esporta-
zione clandestina dell'olio dal nostro
Comune ne faceva aumentare progres-
sivamente il prezzo, e, dato il raccolto
eccezionale, il prezzo si era fatto usu-
rarlo, — una delle scorse notti il com-
missario all' annona signor Giacomin-
sich, col concorso di guardie annonarie
e di R. R. carabinieri, procedette al-
l' improvviso alla perquisizione di un pi-
roscafo, ormeggiato a Riva Vecchia.
E, nella perquisizione, riuscì a sco-
prire 4Ì fra botticelle e bottiglioni
d'olio, destinati, senza permesso, al-
l' esportazione. Tutto questo olio venne,
naturalmente, sequestrato. E, sabato
ancora, per effetto di queste lodevoli
misure, il prezzo dell' olio sulla piazza
segnò una diminuizione.
Sanguinosi conflitti a Zag-abria.
Da informazioni avute, a Zagabria
sarebbero occorsi dei fatti gravissimi.
Adunate le truppe serbe d' occupazione
e quelle della guardia nazionale croata
a proclamare l'annessione della Jugo-
slavia alla Serbia, un ex colonnello
austriaco avrebbe arringati i soldati,
chiudendo il suo discorso con un ev-
viva a re Pietro di Serbia. A questo
grido, i soldati croati avrebbero rispo-
sto, acclamando la repubblica. Poi, ri-
versatisi sulle vie, avrebbero commessi
eccessi, a domare i quali sarebbero
accorse le truppe serbe. Fra i soldati
serbi e quelli croati si sarebbe impegnato
un vero combattimento, con tredici
morti e una trentina di feriti.
Direttore responsabile: Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia : E. de Schonfeld & Co.
Il grande convegno adriatico in Ancona.
Splendida accoglienza ebbero i no-
stri concittadini ed i nostri compro-
vinciali, recatisi in Ancona pel grande
convegno adriatico. E ora non hanno
parole bastanti a ridir l'entusiasmo
col quale vennero accolti e le infinite
cordialità loro usate dagli Anconetani.
Sono state due radiose giornate patriot-
tiche che gli Italiani di questa sponda
non scorderanno mai.
Alla memoria dei martiri nostri.
Un incidente spiacevole, un brutto
caso di forza maggiore ha fatto ritar-
dare r arrivo del piroscafo „Barone
Bruck" in Ancona. La nebbia, mante-
nutasi fitta per quasi ventiquattr' ore,
aveva impedito al piroscafo di conti-
nuare la rotta. E, per ciò, la fervida
attesa di Ancona si fece impaziente,
quasi affannosa, e si dovette posporre
il programma della giornata. Si riman-
dò al pomeriggio il Convegno al
„Teatro delle Muse" e si anticipò la
cerimonia per l'apposizione delle co-
rone sulle lapidi che ricordano i no-
stri martiri Battisti, Oberdan e Sauro.
In breve si riuniscono le associazioni,
le rappresentanze e si forma il corteo,
un corteo bellissimo in mezzo al quale
spiccano i gonfaloni di Ancona, di
Fiume, di tutte le città dalmate re-
dente. La musica intuona la marcia
reale e, mentre scoppiano i primi ap-
plausi frenetici e si grida con entu-
siasmo viva l'Italia, il corteo si muove
e procede tra una folla immensa e
festante pel Corso Vittorio Emanuele.
Lungo il percorso dalle finestre e dai
balconi adorni di bandiere e di fiori,
gren]iti di signore e signorine, piovono
cartellini multicolori inneggianti alle
città dell' altra sponda, ormai ricon-
giunte alla madre patria, ai soldati
valorosi, agli eroici marinai, al Re,
primo soldato, primo cittadino d* Italia.
. L' entusiasmo è al colmo. Si arriva in
via Leopardi ove sono le lapidi che
ricordano Battisti e Oberdan. La folla
si accalca ovunque e grida evviva e
cantz, accompagnando gli inni patriot-
tici che la banda militare svolge tra
gli applausi continui e calorosi.
Dal balcóne dell' Hotel Roma e Pa-
ce, nelle cui facciate sono collocatele
lapidi, si presentano il Sindaco Felici,
il deputato Faccetti, il Sindaco di Ve-
nezia conte Grimani, il rappresentante
politico di Spaiato dott. Salvi, il dott.
Giovanni Tanascovich, il segretario
dell' opere federate Rodolfo Gabani
ed altri.
Primo parla il dott. Tanascovich di
Cittavecchia, il quale saluta il popolo
di Ancona e porta 1' adesione sincera
e fervida della Dalmazia a questa ma-
nifestazione in onore dei martiri glo-
riosi ; adesione tanto piiì entusiastica
in quanto la Dalmazia ha anch' essa
uno dei primi martiri : Francesco Ri-
smondo di Spalato.
„Simboli di grande martirio, segna-
coli di un sacrificio disinteressato, noi
ricordiamo in questo momento, com*
mossi, compresi dell' alta venerazione
e riconoscenza, Guglielmo Oberdan e
Cesare Battisti.
Gloria agli immortali martiri nostri,
gloria, e riconoscenza ora e sempre
Gloria.« ,
Pur molto applaudito è il discorso
memorativo del ct^rllega Gabbani.
Sulle tre lapidi dei màrtiri vennero
deposte delle grandiose corone.'
' n liànchetto.
Dopo la cerimonia, ebbe luogo al-
l'„Hotel Roma" un banchetto. Là sala
era artìsticamente decorata ed imban-
dierata. Allo „champagne" pronuncia-
rono applauditissimi discorsi il sindaco
di Ancona, che saluta i redenti, e il
sindaco di Venezia, che ringrazia An-
cona ospitale, accentuando che nelle
terre dalmate deve sventolare per sem-
pre il vessillo tricolore, e in ultimo il
rappresentante di Spalato l'on. Salvi,
che diede un quadro impressionante
delle condizioni di Spalato : egli dice
che Spalato è abbandonata al nemico;
avverte che Spalato è la gran strada
dei Balcani e scongiura di non lasciar
i confini naturali d'Italia in mano''al
nemico-.
il discorso dell' on. Salvi produsse
profonda generale impressione e tutti
corsero a stringergh la mano, mentre
era unanime il grido di : „viva Spalato
italiana !"
L'arrivo dei Dalmati. '
Appena alle 16^ dì domenica il „Ba-
ron Bruck" si ormeggiò al molo di
Santa Maria, gremito da una folla en-
tusiasta, delirante di, gioia. Suonano le
musiche e si intuonano gli inni patriot-
tici. Si compone un corteo imponen-
tissimo, che attraversa tutto il Corso.
Dalle finestre mani gentili gettano a
profusione fiori e cartellini. 11 coi^teo
indugia brevemente dinanzi al Conso-
lato romeno per inneggiare alla Ro-
menia, alla sorella eroica.
L'imponente convegno alle
Mai il vecchio „Teatro delle Muse"
ha registrato nei suoi annali una gran-
diosa solennità come quella di dome-
nica. Era tutto una gloria di bandiere
e di luce. Sul palcoscenico avevano
preso posto le autorità e le rappre-
sentanze e i palchi erano pieni di si-
gnori e di ufficiali di ogni arme. Gli
inni delle città redente e delle nazioni
alleate venivano ascoltati in piedi, in
mezzo a imponentissime dimostrazioni.
Parla il sindaco di Ancona.
Il sindaco di Ancona, grand'ufficiale
Felici, inizia i lavori-4el fioiiv8gno,
levando che la solenne affermazione
dei convenuti deve giungere là dove
si discutono i destini del mondo. E
inneggia all' esercito e al Re, simbolo
della gran patria italiana.
„Ho l'orgoglio di affermare — con-
tinua — che attraverso tutte le diffi-
coltà infinite ho ottenuto che questo
convegno adriatico si convergesse in
Ancona, e il popolo ha risposto con
entusiasmo all'appello, sì che i rap-.
presentanti delle terre redente hanno
sentito tutta l'anima popolare di An-
cona. Mi pare un sogno di vedere in-
torno a me il sindaco di Zara, i rap-
presentanti di Sebenico, di Fiunie,
tutto ciò che di meglio ci dà l'italia-
nità dell'Istria e della Dalmazia. E
qui accanto a me è il sindaco di Ve-
nezia a ringagliardire la fede. 11 no-
stro Convegno ha uno scopo preciso.
L'Italia entrata in guerra rese servigi
indiscutibili alla causa della civiltà e
noi abbiamo fede che ci rènderanno
giustizia. Dopo il 1915, dopo la scon-^
fitta della Russia, abbiamo stritolat^
l'Austria. Se la Dalmazia era ricon^'-
sciuta indipendente da Francesco Gjti-
seppe che al Bajamonti diceva ^e
essa doveva essere un tutto inscindi-
bile, noi non dobbiamo essere meno
italiani di Francesco Giuseppe. Augu-
riamoci che gli alleati si convincano
della nostra fede, di quella fede che
oggi unisce tutti i partiti, come dimo-
strano le adesioni a noi pervenute
cosi dal nostroé Arcivescovo come dai
repubblicapi, cosi dai cattòUci come dai
massoni.
L'oratore quindi saluta il grande
Wilson, al quale giungerà la voce di
sicura fede di questo solenne con-
vegno.
11 comm. Felici fu spesso interrotto
da applausi, specialmente quando in-
neggiò alle terre dalmate e «al sindaco
di Venezia. Alla fine fu accolto da
una iniponente ovazione per il suo di-
scorso denso e vibrato.
• Altri oratori.
Ha quindi yjllsarpla il deputato dì
Ancona, oqjl^ccetti, J1 quak pof-ge
un caìoros(^aluto dÌKtelli ftlla Dal-
mazia e di FiumdBPP dimostrazione
di Ahcona sar^pjlm nuovo filo della
tela che jmmancab^ilmente deve essere
tessuta. Se l'italianità di Fiume è at-
testata da Dante, come i confini delle
Alpi contro la tedesca rabbia sono
attestati d^il Petrarca, dell' italianità di
tutta ' a Dalmazia dal crinale delle Alpi
Dinariche al mare e a tutte le isole
antistanti fanno fede i numerosi mor
numenti delia arte veneziana, la lingua
coi suoi vernacoli, i tre imperatori dati
a Roaia, fra cui Diocleziano fondatore
della sua Spalato, San Girolamo il
traduttore della vulgata e S. Marino
che liei ritorno fondò la piccola glo-
riosa repubblica,
Inc-Ifre, il primo grammatico italiano
Giai-À^ancesco Fortunio che nel 1516
stampò proprio in Ancona le regole
grammaticali sulla volgare lingua, è
dalir ata ; dalmate è il rinnovatore del-
la laedicina italiana Baglivi, e nel se-
colo nostro, per tacere gli altri, sono
dalmati i tre più illustri filologi e dan-
toloA^i italiani : Tommaseo da Sebenico,
Lubin da Traù, Mussafia da Spalato.
E perciò come la guerra fra le sue
finalità ebbe la liberazione dei popoli
ODoressi, all' Italia- vittoriosa nessuno
potrà negare il ricongiungimento coi
suoi fratelli di Dalmazia e di Fiume.
Termina augurandosi di poter anche
col ^ suo voto ratificare il trattato di
pace, nel quale le potenze del mondo
riconosceranno che Trieste è Italia,
che Fiume è Italia, che Dalmazia tutta
è Italia.
Le dotte e fervide parole riscuotono
fr^orosissimi applausi.
Pairlano ancora, spesso interrotti e
itati alla fine da fervidissimi applau-
, ^ Serrao» che porta ai conve-
nuti il saluto dell'
denta"; il rappresentante di FiuriieT"
prof. Edoardo Susmel; il rappresen-
tante di Trieste, Attilio Tamaro, che,
in un bello ed erudito discorso, porta
il saluto dell' „Associazione Politica
degli Italiani irredenti" e
parlano i nostri rappresentanti.
Il dott. Luigi Ziliotto, sindaco di
Zara, dice che, pur tuttora ammalato,
non volle mancare all' importante con-
vegno, che gli procura una delle piìi
grandi commozioni provate in sua vita.
„Ringrazio — dice — e abbraccio il
sindaco meraviglioso. Lui e l'on. Pa-
cetti hanno veduto a Zara con i loro
occhi quali sono i nostri sentimenti.
Noi vogliamo che tutta 1'altra aponda
appartenga all' Italia. Però credo op-
jportuno che sia bene far comprendere
senza muover rimproveri al governo
d'Italia che si deve agire in modo più
energico. Ora anche la parte intellet-
tuale del mondo jugoslavo — dopo il
trattato di Londra — è divenuta ne-
mica d'Italia. Ci dobbiamo imporre
agli jugoslavi, i quali in breve com-
prenderanno r infinita distanza che
passa fra l'Austria che fu e l'Italia
eh'è.
Il diiscorso del nostro sindaco —
qua e là soppresso nella stampa dalla
censura — produsse profonda impres-
sione e suscitò entusiastico plaušo.
Poi l'^avVL Pini di Sebenico evoca nel
suo discorso le solennità della ;>,Léga
Nazionale" e le fiamme di amore per
gli ideali italici fch' esse suscitavano.
E, ringraziando ri nostri salvatori e
accennando alle violenze e alle persecu-
zioni patite dall', elemento italiano del-
la Dalmazia, coìiclude :
„L'alato leone, sopravissuto ^lleav-
velenate punzecchiature dell' aquila bi^
cipite, rugge anche in oggi, ma sono
ruggiti di gioia per lo storico evento,
sono ruggiti di scherno che accompa-
gnano il volo di , queir aquila nefastà
Abbonamenti per ora non si
ricevono.
Un nnmero cent. 20.
Redazione ed Amministrazione
provvisoriamente neìlaTlpografia
E. de Schonfeld.
verso i profondi abissi del ben meri-
tato oblio.
Il mio grande concittadino Niccolò
Tommaseo così scriveva in data 5
aprile 1848 nel numero 79 della „Gaz-
zetta di Venezia", il foglio ufficiale
d'allora della Repubblica veneta: „Fra-
telli della catena fate spade^ del gio-
go bastone a difesa. Voi, sì lunga-
mente curvati sotto il bastone austria-
co, rizzatevi : v' incuorate col cenno.
Rizzatevi senz' odio e senza paura. Il
Dio delle nazioni è con voi".
O cieco veggente della mia Sebe-
nico, somma gloria d'Italia nostra, ecco
avverata la tua profezia ; i cari fratelli
d' oltre mare ci hanno salvato. Le ar-
mi gloriose dei soldati d'Italia, gui-
dati dal valoroso nostro Rè, hanno
spezzato per sempre il bastone au-
striaco e ci hanno finalmente ridata la
Patria.
Evviva l'Italia, evviva il nostro Re
Vittorio Emanuele III.
Il commosso discorso dell'on. Pini
è applauditissimo.
Sorge a parlare quindi l'avv. Salvi,
il quale esalta le tradizioni marinare e
italiche della sua città, della città di
Bajamonti, e tra le lacrime esclama che
Spalato non da quattro anni, ma da
ben sessant' anni soffre la servitù. Da
Ancona deve partire la grande inizia-
tiva per la sua redenzione. „No — egli
dice — noi italiani di Spalato nori siamo
una esigua minoranza. I popoli non si
contano come le pecore, non il nu-
mero costituisce il diritto; la storia ri-
getta questa aritmetica, la storia la
"cancella. Ma fossimo pure manipolo,
sapremmo balzar fuori, avviticchiati
con amore alla vostra, alla nostra ban-
diera. Salvi Italia questi Valorosi !
Un uragano di applausi accoglie le
gagliarde parole dell'intrepido rappre-
sentante di Spalato.
Il sindaco Felici, dopo aver mandato
un saluto reverente ai Capi del go-
verno e ai duci dell' esercito e del-
l'armata d'Italia, a Venezia e alla Dal-
mazia tutta italiana, dà lettura dei
seguente ordine del giorno da inviarsi
a Wilson e che viene approvato al-
l'unanimità:
„Il convegno delle rappresentanze
politiche, amministrative e commerciali
delle province e delle città delle due
sponde dell'Adriatico, radunato il 15
dicembre 1918 ad Ancona, avanguar-
dia adriatica, che antiche tradizioni e
immutabili affetti legano attraverso »I
màre alle terre rivendicate dalla guer-
ra italiana ;
accolta con patriottica esultanza Ja
fervida voce dei fratelli della Venezia
Giulia e della Dalmazia già redenti;
salutato
con riconoscente plauso ù
voto di Fiume, sacro ad ogni italiano
e a ogni uomo che sinceramente pro-
pugni la giustizia ;j
udita la nobile e appassionata pro-
testa degli italiani di Spalato e del!«
altre regioni dalmatiche, private anco-
ra della libertà;
acclama con entusiastica gratitudine
l'esercito e la marina, fondatori dell'u
nità e dell'indipendenza dèlia Patria;
riafferma il diritto dell' Italia al do-
minio assoliifd dèi màfè Adriatico,
vero fondamento della sua grandezza,
della sua sicurezza e della sua prò»
sperità;
dichiara giusto, t perpetuo il diritto
deiriWlia a mantenere intere èeU' u-
mtà l'Istria con Fi«me, le isole del
Quarnero con VegKa e'con Arbe, la
Dalmazia, oltre '%>al»to, ai suoi
limiti naturató, ili ogni punto ove
de r onore della civiltà italiana ;
incita il governo a prowederà con
la saggia e forte politì<sà, che sola è
degna d' una nazione vittoriosa, affio-
LA VOCE DAL
I dirttti iX^ Italia.
Un'importante affermarione della Giunta esecutìva dell'Associazione Nazionalista italiana.
La Giunta fsecutoa dell'Asso- rata da Alleati meno interessati NIo7irknaii<;t:a italiana. Hnrtrt rli ». • r ... in ciazioneNazionalistaitaliana.dopo di noi a garantire i frutti della
ampia trattazione dei pr^lemi nostra vittoria, e adottando una
fondamentali della pace, afferma politica chiaroveg^^ente e pronta,
che la vittoria delle armi italiane, sia sventato ogni possibile in-
decisiva per r Italia e per gli trigo federalìstico per cui si fac-
Alleati, conferisce alla Nazione eia risorgere al nostre fianco una
assunte dagli Imperi Centrali nel
loro programma orientale.
Nella risoluzione del problema
coloniale e particolarmente afri-
cano, ricordando il contributo ar-
recato mediante la lotta sostenuta
Abbonamenti per ora non si
ricevono.
Un numero cect. 2Q.
Redazione ed Amministrazione
provvisoriamente nellaTipogràfia
E. de Schònfeld.
zioni dall'esperienza di una ci-
viltà millenaria e dalle necessità
di un popolo, giovane, di forze,
provato dal sacrificio e temprato
dalla vittoria alla nuova storia
del mondo.
Rintegrazione.
eia risorgere al nostre fianco una in Libia e la piena solidarietà g^Ji^"^^
potenza militare dalie eredità del- della nostra azione coloniale con regno di Dalmazia; ma appunto tale
la vmtaMonarchia n-ìi Àìl^of; Monarchia austro-ungarica, gii Alleati, afferma che nei nuovi mancanza 'di notìzie è forte argomento
Raggiunte cosi T unità, T indi- aggruppamenti derivanti dalla P&r la sua antichità. E' slata immagi-
pendenza e la sicurezza in Adria- spartizione delle colonie tedesche
Italiana il diritto e il dovere di
assicurarsi nel nuovo ordine eu-
ropeo e mondiale la compiuta
unità nazionale e le coadizioni di
indipendenza, di sicurezza e di tico, afferma che il principio di sia fatta'air ìtaìia^^una''po^
sviluppo segnando decisamente, garantire Io sviluppo pacifico delle che le consenta la libera, totale
in obbedienza a»la volontà di sa- nazioni nella nuova Società eu- valorizzazione delle colonie già
crifizio della presente generazione, ropea e mondiale deve essere conquistate, con nuove organiche
il passaggio da un epoca su cui fondato sul riconoscimento della integrazioni territoriali che garan- ^ u r tu j • n i •
"^'T capacità di espansione demogra- tiscano in avvenire pacifici svilup-
nata dall' Austria, dalla Francia, dal-
V Ungheria, da Venezia, da Costanti-
nopoli, dalla Croazia? La storia non
sa dircelo; ma ci sa dire òhe Austria,
Francia, Ungheria, Venezia. Costanti-
nopoli e molti principi slavi la posero
tra le altre armi delle provincic a loro
secolare oppressione a quella in fica e civile fuori dei confini: e
cui l'Italia assuma liberamente la quiadi sulla necessità di posse-
sua missione nel mondo.
In rapporto agli scopi suddetti
afferma che il principio di nazio-
nalità, enunciato a fondamento
della guerra dell' Intesa, deve es-
sere valutato nella sua funzione
storica di tradizione e di civiltà
pi, in modo che:
1. siano dati alla Libia i suoi
dere territori ricchi di materie naturali confini ad oriente verso
prime occorrenti all' indipendenza 1' Egitto, ad occidente verso la
economica e punti sicuri di ap- Tunisia, assicurandole anche il
poggio nelle principali vie di co- retro terra, sottratto già alla Tur-
municazione del mondo ; senza di chia dall'accordo anglo-francese
che la tanto proclamata Lega del- del 1899; sia ottenuto il disinte-
le Nazioni si risolverebbe in una ressamento degli alleati per quan-
e non nelle possibili brutali so- pura riconsacrazione degl' Impèri to riguarda la penetrazione eco-
„^•tc^ I : J^l — JL:!...:^: _ • i n • i ii> i. i* • T".« praffazioni del numero, spesso
strumento di violenze tiranniche,
quale è stata 1' invasione slava
voluta dalla Monarchia Austro-
Ungarica nelle terre Adriatiche ;
deve inoltre costituire una norma
solo per i po'^poìi, Cùme i ìtalìàno,
che hanno lottato, sofferto e vin-
già costituiti e accresciuti dalla nomica dell' Italia in Etiopia ; sia
dalla guerra, a scapito di Nazioni^ assicurata la continuità territoriale,
come r Italia, costrette prima del- dall'Eritrea alla Somalia, integrata
la guerra a cercare in una de-
pauperante emigrazione, errante
per terre straniere, io sfogo per
una caoberiinza di p^ijpolo, che
oggi finalmente deve diventare
to per esso, acquistando così il potenza di Nazione. Dichiara per-
dalla piena disfSonibilità del bacino
del Giuba ;
2. siano garantiti gli interessi
ìltrlbftttì nella sìstem^aìon^ xi^Zqgabrm.
rabia, specie sulle coste del Mar
Rosso che è esclusivamente mare
tra Austria, Ungheria, Venezia e Co-
stantinopoli, r arme sua rimase sempre
e dovunque immutata; il che significa
che essa arma esisteva prima del fra-
zionamento del nostro paese, e che i
vari signori di casa nostra, o barbari
o civili che fossero, la rispettarono, e
furono superbi di aggiungerla ai loro
blasoni, senza confonderla con le altre.
L'imperatore Alberto li sino dal
1439, e Uldèrico, conte di Cilli, sino
dal 1443 hanno nei loro suggelli V ar-
me di Dalmazia; Vladislao 11(1490—
1516) e Lodovico II (1516—1526), en-
trambi re d'Ungheria, di Boemia ecc.
ecc., segnano le carte pubbliche con
r arme di Dalmazia. E questo ce lo
insegna un croato, il prof. V. Klaié,
nella storia del suo paese, pubblicata
La repubblica di Venezia portava
l'arme di Dalmazia, o sola, o inquar-
diritto alla loro piena sicurezza.
Dichiara pertanto che Y adempi-
mento di detto principio supera
i limiti fissati territorialmente dal
patto di Londra, i quali furono
determinati per transazioni in con-
fronto della Russia, perseguente
una politica panslavista, ormai
priva di base; e però, fermo re-
stando r impegno consacrato in
quel patto, e che V Italia per la
sua parte ha adempiuto e sorpas-
sato con la sua vittoria, è neces-
sario :
1. che il confine settentrionale
portato al Brennero, raggiunga
dalla Vetta d'Italia al passo di
Tarvis la fascia mediana del mas-
siccio alpino;
2. che Fiume e la Dalmazia
tanto che V adempimento di detto anglo-italiano;
principio riconferma ed estende
i diritti che nella nuova sistema-
zione mediterranea e africana fu-
rono già riconosciuti all' Italia nel
patto di Londra, e che, oggi, per
la vittoria totale dell' Intesa e de-
gli Stati Uniti, della quale è stato
elemento decisivo e può dirsi con-
clusivo la vittoria italiana, inte-
grata dalla partecipazione dell'e-
sercito italiano su tutti i fronti
di battaglia, ricevono una più
larga sanzione. Quindi, tenendo
conto di quanto già hanno di fatto
3. sia assicurata la possibilità di
larghe penetrazioni industriali e
commerciali nella nuova sistema-
zione dell'Africa occidentale e
dell' Estremo Oriente.
Infine, riconoscendo che il pro-
posito spesso ripetuto in enun-
ciazioni generiche, non ancora
fissato in proposizioni concrete,
di voler ispirare il nuovo ordine
europeo e mondiale a criteri di
giustizia internazionale, importi
parità di trattamento per le na-
zioni che hanno contribuito alla
realizzato e ipotecato gli Alleati vittoria e di quell' ordine vogliono
in questa guerra, e misurando le e debbono essere garanti, afferma
necessità elementari di vita per
l'Italia, paese di grande popola-
zione, povero di materie prime,
tutta facciano, secondo il loro di- geograficamente e storicamente nelle stipulazioni per il tonnellag-
gio e' le materie prime occorrenti
nella fase non breve di assesta-
mento susseguente alla guerra,
l'Italia non soffra diminuzione al-
cuna nei suoi diritti, che facil-
mente si è tratti a misconoscere
come è avvenuto nella questione
della flotta austro-ungarica.
Confida che, per l'adempimento
di tale opera, il Governo possa
contare sulla piena e leale soli-
darietà degli Alleati, impegnati
dal trattato di Londra, e degli
Stati Uniti con i quali è saldo il
vincolo del comune titolo di par-
tecipazione libera e volontaria al
conflitto, e sappia essere interprete
ripartizione di tutte^ le linee fer^ sicuro della volontà nazionale, che
l' Austria, già largamente^ adope- roviarie e concessioni industriali, prende misura per le
che nelle questioni dei risarci-
menti di guerra, del possesso
definitivo del bottino di guerra, descritta dal Siebmacher, come si piiè
vedere tra le fonti, addotte dalt Heyer
tata a quelle di Croazia, Rascia e Al-
bania. È neir arme maggiore di tutto
10 staio, che è uno scudo partito di tre,
e spaecato di tre, su cui erano sovrap-
poste le armi dei cinque regni, soggetti
a Venezia, attorno al leone, occupante
11 centro, lo stemma di Dalmazia e
delle Provincie contermini stava a sini
stra dello stemma ducale. (Coroneli-
Il libro d'oro, Venezia 1715).
Ai paesi occupati dai Turchi appar-
tiene poi queir opuscolo in caratteri ci-
rilliani, citato dal Galvani nel suo Re
d'armi di Sebenico (Venezia, 1884,
voi. II pag. 95), in cui è pure figurato
il nostro stemma.
Anche in Germania fu conosciuta
per tempo /' arme della Dalmazia, per-
chè è compresa in un manoscritto dei
1483, appartenente alla biblioteca reale
di Monaco, illustrato da G. Griìneberg
in Wappenbuch des Kostnitzer Gon«
ciles. L'arme medesima è stata pure
ritto nazionale, parte integrante
dello Stato italiano, per la com-
piuta unità di questo ;
3. che sia conseguentemente
raggiunto uno dei più immediati
scopi della guerra : la sicurezza
in Adriatico, in modo che con
gli ampi sbocchi commerciali as-
segnati alle popolazioni slave del
sud, e con l'integrità dell' Alba-
nia sotto la protezione dell'Italia,
sia esclusa per sempre qualsiasi
competizione militare da quel
mare ;
4. che, esercitando la facoltà
concessa dall' art. 4 delle clausole
militari dell'armistizio per l'oc-
costretto all' espansione, afferma
che nella sistemazione del Medi- •
terraneo orientale e dei territori
dell'Impero Ottomano deve essere
riconosciuta all' Italia una posi-
zione proporzionata agli acquisti
degli Alleati dopo la scomparsa
della Russia e la esclusione della
Germania, in modo che siano
assicurati all' Italia :
1. un territorio nell'Asia Minore
tale che consenta uno sfruttamento
e uno sviluppo organico in Egeo,
nel Mediterraneo e nel xMar Nero,
dove sono antiche e fiorenti co-
lonie italiane ;
2. un' equa assegnazione nella
nel suo Wappenbuch des Konigreichs
Dalmatièn (Norimberga, 1^814, pag. XX).
Nei libri più comuni, che si conser-
vano nelle nostre biblioteche, V arme
nostra adorna II regno degli Siavi di
M. Orbini (Pesaro, 1601), la Regiae
Illyricanae foecunditas di T. Marnarnek
(Roma, 1630), Il regno di Dalmazia e
Croazia di G. Lucio (Amsterdam, 1666),
La nobiltà veneta delFrescot (Venezia,
1706), la Stemmatographia del Ritta
(Vienna, 1701), l'Illirico sacro del Fur-
iati (Venezia, 1770), e tutte l'edizioni
del Coronelli.
Delle famiglie private, ai tempi del
governo veneto, gli Zavoreo portavano,
inquartato nel loro scudo, /' arme della
Dalmazia ; così pure, sotto il governo
napoleonico, la portava il maresciallo
Soult, che ebbe il titolo di duca di
Dalmazia.
• Dell' arme di Dalmazia ci sono due
sue aspira- varianti :
VOCE DALMATICA
Abbonamenti per ora non si ricevono.
Un mimerò centesimi 25 [. 20 — Zara, 28 dicembre 1918 Rèdazione ed amministrazione provvi-soriamente nella Tipografia Schonfeld.
Il pericolo dell' irredentismo slavo
A nostro modo di vedere non ci dovrebbe
;ssere neppure un solo italiano, il quale,
incliè dura la lotta per la grandezza della
'atria — e sia essa impostata sul campo
osso di battaglia o sul tappeto verde del
congresso per la pace — sminuisca l'effi-
cacia o l'autorità dì chi per la Patria com-
jàtte con r armi o con la parola, pur sola-
nente enunziando alle sue spalle tendenze
; propositi contrari. E' stolto
.... in campo
Cinto d' oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, aceibe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
E sia pure, lo ripetiamo, col brando della
parola.
Noi riteniamo che in g-ran parte questo
enomeno, così dannoso alla Patria si debba
I informazione mancante o inesatta delle
nostre condizioni e dei termini veri del
nostro problema. Ce lo confermano gli ar-
romenti principali coi quali si vuol soste-
lere dagli Italiani micromani la tesi a noi
jontraria. Si dice e si teme che col realiz-
zare le aspirazioni italiane sulla Dalmazia si
attirerebbe addosso alla Nazione il flag'ello
|5Ìnora sconosciuto di un irredentismo slavo.
Noi supponiamo che nessuno degli opposi-
tori intenda rinunziare alle isole dalmate che
devono costituire la cintura di protezione
della Penisola, come proprio di questi giorni
ha dimostrato la parola inconfutabile di
Thaon de Revel. Ma in tal caso non vedia-
mo come sarebbe evitato il pericolo del-
l'irredentismo slavo. Il numero degli Slavi
inclusi nello Stato italiano col limitare il
possesso alle sole isole verrebbe certamente
ridotto ; ma ne resterebbero entro i nuovi
confini parecchie decine dì migliaia, che
fwebbero indubbiamente politica di decisa
opposizione nazionale. Anzi il pericolo che
si vuole scongiurare rinascerebbe pili gran-
de per due potenti rag-ioni. La prima che
le isole dalmate e curzolane non hanno vita
economica propria, indipendente dal conti-
nente dalmata, da cui devono ricevere ogni
cosa necessaria alla vita giornaliera, fuori
pochi prodotti' della terri» ette eoporlano."
Queste relazioni economiche imposte dalla
jfiacitura geografica alimenterebbero Io spi-
rito di ribellione, lo riaccenderebbero ove
accennasse a stancarsi. Il continente dalmata
lasciato in potere della Jugoslavia diverrebbe
in breve ora tutto un focolare di odio al-
l'Italia, riacceso di continuo dal vedersi
sottocchio dall' altra parte deg-lì stretti passi
mare 1' onta della custodia nemica.
L'altra ragione per la quale non sì rag-
giungerebbe lo scopo voluto, sta in ciò che
rinunziando alla costa del continente si ab-
bandonerebbero alla Jugoslavia appunto il
maggior numero e i più forti nuclei citta-
dini italiani della provincia, alterando a pro-
prio danno la proporzione delle forze na-
^onali, e rendendo possibile appena con
ciò quella slavizzazione completa del conti-
nente che appoggerebbe così potentemente
il movimento irredentista slavo delle isole,
invece, a chi conosce le condizioni nostre
riesce perspìcuo che nessuna influenza simile
sarebbe da temersi dalle provincie slave
^ntermìni sul continente dalmata, quando
vènisse annesso all' Italia, specialmente ove
lo fosse in tutta la sua estensione consacrata
dalla storia, perchè pochi assai sono ì con-v
tatti spirituali tra le rispettive popolazioni,
queste di coltura italiana anche se politica-
mente avverse all'Italia, quelle di coltura
tedesca, e pochi furono sinora anche gli
scambi commerciali.
Gubello Memmoli ha dimostrato sul „Tem-
po" che vana sarebbe la guardia delle isole
ove sì lasciasse in mano di chi all' occasio-
ne potrebbe divenire nemico, il doppio ma-
gnìfico porto dì Spalato, fra la Riviera delle
Castella e le ìsole dì Bua, Solta e Brazza.
Pur aderendo alle sue idee non entreremo
ora in una discussione strategica, ma ci ter-
remo nei lìmiti che ci siamo proposti.
Continuando diciamo che Sarebbe uno
sbaglio separare il problema dell'irreden-
tismo slavo in Dalmazia da quello della
Venezia Giulia.
Anche gli oppositori piij contrari ai con-
fini strategici che includano una popolazione
straniera numerosa,concedono che non si possa
: far a meno dì portare il limite al crinale mas-
I Simo delle Alpi nel Tìrolo. Non hanno esi-
j tazìonì adunque quando si tratta dì paesi
i -fton popolazioni di lingua tedesca, elevano
^ invece obbiezioni e contrarietà solamente
; quando si comincia a trattare dì paesi con
popolazioni slave, illudendosi dì averle ami-
che nel futuro. E allora ragionano cosi:
poiché il displuvio della Giulia non ci da-
^ reljbe un confine strategico che ci esìma in
caso dì guerra da uno sforzo militare po-
i deroso da quella parte, ebbene ritiriamo il
nostro lìmite indietro in modo da compren-
dere, nel nostro territorio il minor numero
ai Slavi, e solo prendendo quanto è ne-
cessario per assicurarci il possesso dì Trie-
ste, dì Fiume ^ delle altre città istriane. II
V^^gionamento è specioso e può far breccia.
Noi lascieremo da parte la questione del
confine orientale suU'Alpi Giulie, ci occu-
per^o soltanto delle conseguenze che, an-
che se venisse adottata la soluzione ora
esposta, sarebbero immancabili per noi, e
diremo che anche in tal caso il numero
degli slavi, che resterebbero inclusi nel
territorio italiano, sarebbe pur sempre molto
ragguardevole, appunto perchè' si tratta di
un paese di nazionalità siffattamente miste
che non è possibile tracciare una lìnea dì
demarcazione netta fra di esse, e deve in-
vece l'una all'altra sacrificare non poche
parti della propria popolazione. È naturale
e giusto che gli Slavi restino in ciò mag-
giormente perdenti, perchè la storia, la geo-
grafia, )a maggiore civiltà, la maggiore ric-
chezza fanno pendere la bilancia da parte
dell Italia, e perchè in ultimo il nodo gor-
diano venne tagliato dalla spada vittoriosa
dell'Italia- Ma ciò non toglie che agli slavi
la soluzione sarà ostica, e la osteggeranno
anche dopo che sarà sanzionata dal con-
gresso della pace. Credere altrimenti è da
ingenui. Dove allora la soluzione ideale che
^ncilia gì' interessi e i sentimenti di ^ tutti ?
Questa è una utopia, nel perseguire la quale
si disperdono forze preziose. Miglior con-
siglio accettare la situazione che impone la
storia, e affrontarla con animo liberale e
umano bensì verso le altre nazionalità che
verranno costrette entro i confini d^lla Pa-
tria, ma virilmente, senza false debolezze.
Supremo scopo, nell' interesse stesso della
pace universale e perpetua, chiudere le porte
di casa propria per terra e per mare, in
modo di svogliare chiunque a violarla. Non
divìdere terre che la storia tenne sempre
congiunta per millenni, come fu della Dal-
mazia prima a Roma e poi a Venezia, ri-
velando cosi una . legge storico-geografica
che dovrebbe richiamare una più profonda
meditazione da parte dei nostri oppositori.
Sarebbe pericolosa illusione il credere dì
poter disarmare l'inimicizia degli Jugoslavi
cedendo loro le coste del continente della
Dalmazia. Non disarmerebbero nemmeno
ove si abbandonassero loro tutte le isole
dalmate. Pretenderebbero allora Fiume, e
poi r Istria, e poi Trieste, perchè li direb-
bero porti necessari alla Croazia o alla
Slovenia, ìsole nazionali costituite da sin-
o-ole città italiane circondate da campagne
slave, mancanti di continuità territoriali cò-
me la massa compatta del popolo italiano,
Morale germanica
Air imperatore tedesco e alla sua degna
prole primogenita non erari bastati gli allori
dell'iniziativa e della correità nelle orgie di
sangue, nelle soverchierie, nelle rapine e ne-
gli eccessi di libidine, de quali tutto il mon-
do civile e libero accusa inorridito i novis-
simi lanzichenecchi di Germania) non tonta
di una pavida fuga imperiale pur nella tra-
gica catastrofe del popolo tedesco, educato
da trent qnni di pose cesaree al sogno me-
galomane dell'impero universale e in un
istante disingannato atrocemente nella sua
dabbenaggine dalla rotta degli eserciti e dalla
fuga dei vecchi idoli; non era bastata la
suprema vigliaccheria del dinasta e del figlio
che cercarono i capri espiatori della sconfitta
e delle atrocità fra ministri e generali, men-
tre nel tempo felice menaron vanto di non
temere che Dio, nè rispettarono nel larvato
assolutismo alcun altra volontà che la pro-
pria; r ultima fronda d'alloro sul sepolcro
dagF idoli prussiani infranti la portò giorni
addietro una vezzosa donnina diWieringen,
r isoletta che alberga il fuggiasco principe
ereditario di Germania.
Costei a tutta prima ti aveva l'aria più
sorniona di questo mondo: aprì un negozio
di modista per avvezzare quelle villane sem-
pliciotte a smettere la vecchia cuffia classica
che il mare slavo deve inghiottire. Così in
qualunque ipotesi è inevitabile l'aversi in
casa un irredentismo slavo. E allora la vera
questione non sta più nel cercare dì avere
il minor numéro possìbile di Slavi, ma il
costruirsi la casa più. forte che sia possi-
bile, non per un imperialismo che nessuno
sogna, ma per la pace pr«>pria e del mondo.
Sarebbe un pernicioso errore il credere
che gli Sloveni possano mai spontanea-
mente rinunziare a Trieste, o ì Croati a
Fiume o alla Dalmazia. ,^utte queste. son
terre che l'Austria aveva jpromesse alla loro
conquista nazionale e politica, e già le te-
nevano o stavano per ott^ierle. La illusione
fu mantenuta per troppo irèmpo, perchè se
ne possano spogliare a ciior leggero. Essi
tanto calcolavano sulla rèalìzzazìone delle
loro aspirazioni con l'appoggio dell' Austria
che combatterono accaniti'^ente per l' Au-
stria contro l'Italia e c1)ntro la Serbia.
Neanche caduta l'Austria seppero rinun-
ziare alle loro speranze e^ientare dì froda-
re delle loro legittime coi|quiste e l'Italia e
la Serbia, l'Italia in prim« luogo col giuoco
indegno della flotta, la St rbia con progetti
subdoli dì confederazioni repubblicane. A-
desso fanno guerra apert# all' Italia con la
parola e affilano già le ami contro dì lei.
E non già per la sola Dalmazia, ma per
tutti ì paesi fino all'Isonzo. Lo dicono aper-
tamente. Tali sono ì cornpaciscentì del
Patto di Roma.
E cercano alleati. Non poi faremo il torto
ai fratelli francesi dì crederli capaci di man-
care, per i nuovi amici, ai patti giurati. Ma
pure vorremmo metterli in guardia, ricor-
dar loro che con gì' Italiani possono avere
contrasti quanto mai vuoisi numerosi e con-
tinui, ma che al momento decisivo le due
nazioni sorelle si trovano sul campo di bat-
taglia dalla stessa parte, per il diritto, la
giustizia e la libertà. 1 croati invece com-
batterono sempre contri la libertà degli
altri popoli. Informino il 1848 e questa ul-
tima grandissima tra le guerre. Se i Fran-
cesi ricorderanno come l'iianno ricambiati i
Russi, non sarà possibile che sì fidino dei
Jugoslavi e non abbiano la visione netta della
solidarietà d'interessi con l'Italia. Cade così
anche l'altro principale argomento degli
oppositori alle nostre aspirazioni che con
r annessione della Dalm?^ l'Italia sì pro-
cùréfe"5Be hemìci àncftelfa pi òdièrhfiàìléc^^
olandese per il cappellino ultima creazione
parigina ; ma poi, in pochi giorni, se /' in-
tese sin troppo bene col Kronprinz e si die-
de a insegnale gratuitamente la morale. E
poiché in Olanda con certi argomenti non
si scherza, il popolo fece presto festa finita:
r eroe di Verdun se la cavò con molte in-
giurie e qualche sassata nella schiena e la
banditrice delle troppo cortesi e morbide co-
stumanze s'ebbe . . . il biglietto gratuito per
il rimpatrio.
Il fatto per sè non è gran cosa ; ma rac-
costato a cerf altre marachelle di vecchia e
nuova data — a esempio i ricordi df^le or-
gie universitarie del principe e certe rivela-
zioni di giornali repubblicani e socialisti sui
suoi spassi alla fronte francese, anche in
momenti di suprema responsabilità per un
generale — getta di riverbero una luce si-
nistra sui campioni della vantata moralità
germanica, la quale, almeno pei minchioni,
era in sintesi nella famiglia e nella parola
del Kaiser magnificante a tutto spiano as-
sieme al suo vecchio dio germanico il dovere
patriottico per ogni buon tedesco di avere
una famiglia di vecchio stampo e prole ab-
bondante per sopraffare la Francia degene-
rata persino con la forza delle statistiche.
Ora cotesti coronati maestri di moralità
spicciola è bene finiscano tra le grasse risa
della chronìque scandaleuse.
Propaganda triestina prò Dalmazia
La bandiera della „Pro Dalmazia.'' Trie-
ste 24.11 comitato di propaganda „Pro Dalma-
zìa," tenne il giorno 19 nella sala maggiore
della^Società operaia una adunanza, nella quale
fu inaugurata la bandiera, che d'ora in poi
alla testa dei dalmati qui residenti svento-
lerà in tutte le occasioni, in cui ci sarà da
manifestare la ferma e tćnace volontà degl'i-
taliani dalmati di appartenere alla grande
patria italiana.
Il presidente del comitato on. Smerchìnich
parlò ai convenuti che gremivano la sala,
dello scopo che si prefiggeva il comitato e
fece un riassunto chiaro dell'attività finora
spiegata ; indi, apparsa U bandiera, fra in-
terminabili ovazioni dell'uditorio fremente
dì emozione, tenne un discorso magnifico
di forma, elettissimo dì pensieri, illustrante
il significato simbolico e nazionale del ves-
sillo. Accentuò il fatto che le bandiere degli
stati costituiscono il segno simbolico, la ma-
nifestazione esterna del carattere dei popoli.
Ciò avviene — continua l'oratore —" là
dove il complesso statale costituisce il vero,
sincero esponente dei sentimenti, degli ideali,
ai iquali con unisone concordia di pensiero,
di volontà, di coscienza, tendono le regioni,
sparte nel complesso statale riunito. Ma per
noi dđlfiaati
dmV epoca fatale della caduta di Venezia,
dopo finito il breve e glorioso domìnio
francese^ ìa Dalm&jia venne incorporata al-
l'Austria, per forza bruta, non per volontà
sua ; e con quell'ìbrida compagine statale ì
dalmati nulla ebbero mai dì comune : non
vìncoli dì lìngua, non pensiero o comunità
dì aspirazioni, non sentimento di ricono-
scenza. E qui l' oratore, con calda parola,
sì diffonde su le persecuzioni patite, su le
soperchìerìe a cui ì dalmati furono fatti se-
gno dal passato dominio, su la violenta sla-
vizzazione di comuni, di scuole; onde il
distacco delle anime e dei pensieri dall' ì-
brido governo impeciale, e il raccogliersi
dì tutte le coscienze intorno al vessillo, che
simboleggiava la patria e una fede e il voto
supremo che uh giorno venisse, in cui la
bandiera dalmatica sì fondesse nel simbolo
del tricolore italiano.
„Questa, dice l'oratore, la spiegazione
logica e storica del nostro regionalismo,
questa la giustificazione pur nelle liete con-
tingenze odierne del nostro vivo attacca-
mento al modesto ma caro vessilo di Dal-
mazia che abbiamo voluto sia segno augurale,
sìa il Sìmbolo aleggiante sulla spirìtualè
riunione del pensiero e del sentimento dei
Dalmati italiani residenti nella gentile Trieste.
„Caduta Venezia, lasciando sulle rive del
nostro Adriatico tutte quelle traccie di ita-
lianità che nella lìngua, nei monumeiiti, nel-
le tradizioni, nella civiltà resìstettero alla
nequìzie austriaca e alla brutale soprafazìone
croata, nel vessillo di Dalmazia furono con-
cepite e svolte tutte le epiche lotte dei no-
stri uomini migliori per conservarne la indi^
pendenza territoriale, e salvaguardare ad un
tempo la lingua e le tradizioni, da cui sca-
turì ed assurse a coscienza nazionale il
pensiero ed il sentimento italiano.
„Ed è perciò che anche oggi, in cui la
redenzione di Dalhiazìa va compiendosi ed
il simbolo del Regno d'Italia sventola su-
perbo tra le case e dalle torri riconquistate,
il modeste gonfalone dalmato conserva cio-
nondimeno il suo grande significato. Esso
ci ricorda nell' azzurro della sua stoffa il
nostro dalmatico cielo, le ridenti città co-
stiere, rievoca memorie e pianti dì cui è
intessuta la nostra vita di ieri, ci riafferma
nel suo simbolico linguaggio che le lagrime
di dolore che ì fedeli Schiavoni avevano
versate nel seppellire a Perasto il vessillo
dì S. Marco, lasciarono quel solco indele-
bile che ritemprò le nostre resistenz.e e sulle
cui traccie si avviò e fu raggiunto l'ideale
della redenzione.
Salutiamo con mentato affetto il nostro
caro vessillo, augurando che 1' opera reden-
trice sia piena, che la grande Italia compiuta
costituisca ben presto la più bella realtà."
Il bellissimo discorso, ascoltato dai pre-
senti con intensa commozione, fu accolto in
chiusa da una entusiastica unanime ovazione.
Cessati gli applausi, parlò poi il signor
Giorgio Tamino. Nel suo discorso alato,
egli riaffermò con calore il diritto dell' Italia
su tutta la costa dalmata, rilevando il ca-
rattere veneto dì tutte le nostre città della
costa. Fra vivi applausi, furono rinnovate le
dimostrazioni prò Spalato in chiusa al di-
scorso e fu deciso che il comitato pren-
desse parte, con la bandiera, alla comme-
morazione di Oberdan, fissata per il giorno
dopo. Indi r adunanza sì sciolse.
Pro Àrbe e Spalato. Nella stessa sera
dell' inaugurazione del vessillo dalmata, in
quella stessa sala, poche ore dopo, furono
ospiti graditi e festeggiatissimì della Società
operaia i signori prof. comm. Onofrio Fat-
tori e il pubblicista Manlio Gozi^ presidente
r uno e segre^rìo 1' altro del Comitato go-
vernativo „Pro fratelli combattenti dì S,
Marino." Il comitato prò Dalmazia fu pure
presente al ricevimento degli ospiti e dopo
che questi ebbero con inspirata parola por-
tato ù iraterno saluto, ed__espressa la
loro simpatia per la causa della Dalmazia, ,
„sospiro eterno delle anime loro," il dott.
Ugo Inchiostri fu incaricato di porgere, a
nome dei dalmati, il saluto ai due rappre-
sentanti dì quella repubblica.
Il dott. Ugo Inchiostri disse che i dal-
mati qui residenti erano fieri dì porgere il
loro commosso saluto ai nobili figli della
gloriosa repubblica di S. Marino ; superbi
nel ricordare che due liberi dalmati, Marino
e Leo, sui primi albori del medio evo, cer-
cando pace e lavoro in vetta al Titano,
avevan fondato quel sacro asilo dì libertà.
E continuò :
„Oggi in Arbe, patria dì Marino, sventola
il vessillo d'Italia, ma nella romana Spalato,
su le isole che le fanno corona ed usbergo,
dove ì due dalmati, fondatori dì repubbliche,
approdarono tante volte a cercar materiali
per r opera loro, su quelle terre ì dalmati
aspettano ancora dall' Italia la luce del tri-
colore, la gloria della redenzione.
„Noi ricordiamo questo doloroso fatto
anche ai nobili figli di quella gloriosa re-
pubblica, che seppe resistere indomita al-
l' attentato della curia papale e dell' Al-
beroni, alla repubblica che, in tempi tristi
per r Italia, seppe impavida dare asilo a
Giuseppe Garibaldi, stretto da presso da tre
eserciti della tirannide straniera.
„Bandite, o figli generosi dì S. Marino,
reduci alla terra vostra, questo verbo dì fede
e di speranza dei dalmati cuori ; dite dal
libero Titano a tutti i fratelli d'Italia che
Arbe, nel nome del suo santo, vuole ricon-
giungersi per sempre all' Italia ; che Spalatq
da tutte le sue arche, da tutti ì suoi mo-
numenti, da tutte le anime piene di singultì,
sì protende disperata, oltre l' Adriatico no-
stro, come figlia abbandonata che anela alla
santa, alla dolce carezza della madre libera-
trffce.
E voi, Signori, figli, fondatori, assertori
dì libertà, fatevi interpreti e araldi dì chi
della libertà non sa ancora le gioie, dì chi
da oltre un secolo combatte per conquistar
questo bene supremo."
Tutto r uditorio scattò in piedi al grido
di „Viva la Dalmazia italiana," „Vìva Spa-
lato," „Viva Arbe !" Il comm. Fattori disse
air oratore che trasmetterà alla sua città
questa fraterna invocazione, ma che è lieto
di poter annunciare che già TU corrente
la reggenza aveva inviato un promemoria
all' on. Sennino, propugnando ì diritti dì
Arbe e dì Spalato.
Nostre corrispondenze^
Da Spalato
pimostrazioni ed eccessi contro g-li !-
taliani. Ieri ed oggi, 14 e 15 corrente, si
ebbe qui una serie di festeggiamenti per
la proclamazione dell' unione» degli sloveni,
croati e serbi.
Naturalmente la nota distintiva delle riii-
nionì, dei cortei e discorsi furono
violenze contro gli italiani.
I nostri connazionali, donne ed uomini,
vennero, senza ragione dì sorta, al dì fuori
del fanatismo nazionale, insultati, aggrediti
e percossi per le vìe. Sotto le loro abita-
zioni gruppi di eccedenti s" iraiteiDero àd-
ìnveire e a minacciare.
L' operaio Giovanni- Buglìan venne assa-
lito alle sette dì sera mentre usciva dall' O-
pèraia da sei o sette individui, che prima
Io spìnsero contro un muro, indi uno ^ìi
assestò un calcio, mentre tutti gli altri sta.
vano ad insultarlo e minacciarl^.^^jUo: stu-
dente Valentini Giuseppe, poco, dì poi, pUre
nei pressi della piazza, venne del pari ag-
gredito da una quindicina di giovinastri,
che lo colpirono al ventre e contemporanea-
mente lo assalirono e picchiarono alle spalle.
La Signora M. unitamente alla figlia e ad
altra signorina vennero insolentite da un
gruppo di studenti croati, ai quali non andò
a genio che parlassero in italiano; poi, quando
sì furono alquanto scostate, vennero prese
a sassate. Due delle pietre lanciate colpirono
la signorina E. B. al fianco.
II signor F. mentre usciva dal Gabinetto
di Lettura fu minacciato e rincorso da un
gruppo dì violenti e riuscì a sottrarsi al
peggio, riparando nell' Hotel Bellevue.
Oggi infine sul tardi in chiusa della festa
ed a coronamento delle perpetrate violenze
vennero presse a sassate ed infrante le ve-
trate delle finestre della Società Operaia e
gettati pure dei sassi contro i balconi del
Gabinetto di Lettura. Agli italiani, cui si
rende pericoloso il transito per le vie, vuoisi
rendere impossibile pure il radunarsi nei
loro locali sociali, attaccandone le sedi ed
aggredendo chi osa accedervi. E come già
s' è detto, pur nelje abitazioni private essi
non vengono lasciati tranquilli, chè e di
giorno ed in ìspecie dì notte sOtto le case
degli italiani sostano dei gruppi dì violenti
per insultarli e minacciarli.
Senonchè un' impressione ancor più di-
sgustosa lasciò il corteo pattìottìco, in cui
la scolaresca delle locali scuole assieme agli
insegnanti passò il giorno 14 di mattina at-
traverso le vie cittadine, iniziando cosi i
festeggiamenti e dando loro quella intona-
zione che dovevano mantenere per tutta la
giornata. I) primo sap-o^io dei metodi didat-
tici fornito con C50 dalla Iugoslavia non è
dì certo prometterite per ie sue sorti future.
Cmmn 7 righe
Alla volgare scenata offrivano de-
gno contorno e significante completamento
i membri del corpo insegnante che guida- ^
vano la scolaresca. •
Va da sè che gli ' scolari italiani E; ÌÌÌO
stati trattenuti a casa dalle loro famiglie, e
così per questa volta sottratti alla parteci-
pazione a tali deplorevoli scenate.
I>a Sebenico
Vita sociale. La nostra secolare Sócìeià ,
del Casino, antico retaggio veneto, che ìi
defunto governo profanò usandola come
meglio gli piaceva, dopo la storica giornata
del 31 ottobre, in cui, incoraggiata? dagli
avvenimenti che sì svolgevano al Piaye, un
gruppo dì nostri ne rioccupò ì locali, stac-
cando e rompendo i suggelli dell'obbro-
briosa polizia, e piantò sul balconr^^ > il, tri
colore, raccoglie ora il fiore della |cfltadi-
nanza di Sebenìco. Svegliata dal suo~ sonno
forzato, rivìve e si rinnovella. È IV che si
concentra tutta la vita nazionale fegl ita-
liani. Il suo gabinetto dì lettura è aperto
giornalmente e vi accorrono, oltre agi'Ita-
ìiani del luogo, gli ufficiali della R*. Marina
e del R. Esercito, restando meravì|^Ì3ti al
vedere la splendida sala e gì'importanti
oggetti antichi che vi sono racchi. Più
volte la settimana vi sì danno ^atteni-
menti famigliari, in cui tra il wal^ e la
quadriglia s'intonano i canti patrìoftìci che
la nostra gioventù sentì, vivo bìs^no di
cantare dopo tanti anni dì schìavitfc
Dì queste festicciole due non le idimèrrtì-
cheranno gl'Italiani di Sebenìco. Il 2B no-
vembre S. E. l'Ammiraglio Millo, pél*invito
della cittadinanza, sì compiacque dì ^torare
i locali della sòcietà con la sua j^es^jza.
• ìli' addoi '
imati S(
».i« gremita dì soci (questa n. i «.
spondénte dì Sebenìco del „Novo. Doba
col suo naso qhe s' allunga syemjpre più per
bile, non dev'esser riuscito a contarli
perciò che òrganizzò una dimostrazìoncella). .
Air entrare di S. E. un' orchestrina intonò ;
la „Marcia reale", méntre due spa^iere di
leggiadre gìovanette biancovestite àccol-
sero gettando fiorì. Alle parpiè d'|»taaggio
che il presidente avv. Pini Involse prostro
governatore, S. E. rispose'commo;^, men-
tre un piccino vestito da marinar«to ipi-
Hano al grido dì „Vìva l' Eroe d#:Pai-da-
nelli" gli porgeva un mazzo di Bof»^^
ì nastri delle cinque torpedìni|H j|^ COI m sero allora glorioso il nome (K
La simpatica e maschia figura
nature non andrà mai cancella^ ,
nostri, che gli serberanno .^itu^mé pe
renne.
Un altro festino beij^/Tuscito e crt-ganii-
zato in due ore da tìn'alàére sanerà di
giovani, fu quello di sere fa, quAndp gh