cessori Donato e Matafari, ministri un giorno di
pace pel gregge loro presso gì' imperatori d'Oc-
cidente ed i re d' Ungheria, un eguale ufficio as-
sumevasi in momento sì grave per questo regno,
che a lui ne serberà gratitudine eterna. Quattro
nostri concittadini vollero farsi compagni di viag-
gio all'esimio prelato, per segno d'affetto e di
riverenza, e furono il sig. podestà Antonio i\a-
cliich, il sig. conte Giovanni Fanfogna, il sig.
d.r Antonio Rolli, ed il sig. Pietro Abelich; no-
vello tratto che onora quell' amore di patria, di
cui ebbe la città nostra nel giro di brevi giorni
esempli memorabili per età lunga.
L'epigrafe sopraccennata fu la seguente:
DELLA DALMATA DIETA
PRESIDENTE ILLUSTRE
CHE IL VOTO UNANIME DELLA PATRIA
Sr BENE COMPRESE
AD
AKTOMO DOTT. BAJAIONTI
VICE-PRESIDENTE PRECLARO
- OOH rORZA D'ANIMO POTENZA D'INGEGNO IIBEETA' DI PAEOIA
DIFESE ALTAMENTE
LA GIUSTA SANTA CAUSA
FILIPPI E^ GALVANI
DEPUTATI ONOREVOLI
i»OSSENTI DI FRANCHEZZA DI MENTE D' AFFETTO
A TUTTI I DALMATI DEPUTATI
€HE SOSTENNERO E SOSTENGONO CON AMMIRABILE CORAGGIO
DELLA GLORIOLA CARA DALMAZIA
L'AUTONOMIA L'INTERESSE L' ONORE
IL rDPOLtI ZARATI.^'O ESULTANTE
E NELLA SPERANZA FERMO
POVERÌ MA SINCERA PROVA
D'INFINITA RICONOSCENZA DI VERO AMORE
OFFRE.
Frammento estrado dal Sommario Sforico, che fa
parte degli Stiidi critici sulie Condizioni politiche e
civili della Dalmazia del sig. Coriolano de Ceri"
neo-Lucio, (y. n. precedente).
§. 24.
n colpo che rovesciò la Republica veneta
commosse la torbida marea delle passioni liber-
tine anche in Dalmazia; e ne venne a galla quella
bordaglia arrischiata e pretendente, che raccoglie
i frutti della discordia tra le ruine dell' ordine e l'incertezza deli^avvenire. Nel giorno 15 giugno
1797 si diffuse un proclama che denunzia-
va alla publica vendetta i Giacobini e i Ciffutti.^
come rei d'aver sbalzato il Doge e la Signoria,
per mettersi al suo posto; ed esortava la Nazione
a disporre di sè, in guisa da salvare la fede, la
patria e la libertà dalle ingannevoli lusinghe dei
traditori. JNaque allora quel che suol nascere
quando si destano i rancori e le cupidigie della
sentina inquieta e malcontenta; e col viva san
Marco il volgo tiranno peggiore dei despoti fece
la solita giustizia sulle robe di chi avea la colpa
di possederle; e qualche sciagurato per giuntavi i
rimise la vita. Pur nel turbine dell'anarchia sov-
versiva apparvero e si ammirarono esempi non '
rari di magnanimo e generoso coraggio. Di poi !
il comune pericolo, il bisogno di ristabilire la '
sicurezza, e le pratiche dell' ultimo provveditore
Andrea Querini persuasero gli animi di racco- ,
mandarsi a un potere tutelare. Si ricorse all'Au-
stria; ed essa, accettando l'invito, e volendo pre-
servare la tranquillità de' suoi sudditi dallo spi-
rito di vertigine delle vicine 'provincie^ mandò
subito a occupare la Dalmazia. Laonde il domi-
nio austriaco divenne legittimo per la spontanea
dedizione dei Dalmati, e non già in seguito ai
preliminari di Leoben (18 aprile 1797}, o a)
trattato di Campoformio (16 ottobre), con cui
la Francia in cambio dei Paesi Bassi cedeva un
paese nè vinto, nè posseduto, ma libero e so-
vrano, e quindi liberamente e sovranamente ar-
bitro del proprio destino Così la Dalma-
zia rimase otto anni governata con provvi- ,
da saviezza fino alla pace di Presburgo, che
la diede alla Francia. Allora il generale Molitor
L'autore di quel proclama era il frcate Do-
rotich scampato in Bosnia aW arrivo dei Fran-
cesi. È strano che da noi le cotenne incap-
pucciate sentano il prurito della licenm., e ne
propaghino il contagio con un unzione di re-
fettorio. Anche adesso nn rugiadoso zoccolante
uscì tutto lindo e bellino in maschera di san
Ciappelletto, a sturare una chiavica di beati-
tudini sulV auspicatissimo componimenfo del tri-
regno croato. Ma non tutti i frati somigliano
questo inverecondo bordelliero; e molti sono
anzi ragguardevoli per esimia pietà e non ,
comune dottrina.
L'illustre conte Francesco Barelli nel di-
scorso del 26 settembre 1860 dinanzi il Con-
siglio dell' Impero dichiarava: '^Dal trattato
^^di Campoformio la Dalmazia non, riconosce
^^derivare verun diritto sulla sua corona^ per-
^'chè r armi francesi non la possedevano al-
"lora.^ e ciò che non si ha non si può dare]
^e pella medesima ragione impugno qualunque
^^pretesa fondata sopra qualunque anteriore o i
^posteriore concessione di diritti sulla nostra -
I 19. Zara-Sabato H Maggio 1861. Anno II.
LA VOCE DALMATICA
GIORNALE EGONOfflIGO-LETTERARIO.
Il Giornale si pui)lica ogni Sabato. — Il prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I pagamenti potranno farsi per T annata intera, ed anche per semestre, anti-'
cipatainente, e dovranno da fuori di Zara essere inviati franchi per la posta, coir indicazione del nome, cognome, e domicili®
dell' associato. —- Lettere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abelich. -—• Un numero separato vale s. 15.
S0Mi?I/%R10. — Indirizzi a S. M. della Dieta dal-
matica. — Corrispondenza da Vienna. — Indirizzo del
Sindacalo di Stretto alla Dieta nostra. — Ciò che s»
l ichiede per migliorare le conditioni finanziarie in Dal-
mazia. —- Il Montenegro (continuazione e fine). — Va-
lentino Presani. — Dicerie e inversioni. — Annunzio.
Indirizzo
a Sua maestà I. R. A.
della Dieta dalmatica.
Sire !
La nazione dalmata, il cui carattere di-
stintivo fu in ogni tempo 1' amore alia giustizia
e il rispetto alle leggi, attendeva fiduciosa da
oltre un decennio che il cuore generoso e ca-
valleresco della Maestà Vostra le ridonasse l'e-
sercizio di que'politici diritti, di cui il suo in-
civilimento e i bisogni dell' epoca rendevanla
degna, quando apparve il diploma del 20 ottobre
1860.
Dire qual fosse la gioia in lei destata da
queir atto sovrano, è impossibile, come è impos-
sibile esprimere in modo condegno a Vostra
Maestà i sensi della sua riconoscenza.
Interprete de'voti della nazione, la Dieta
dalmata s'affretta ad innalzarli a Voi, o Sire, e
scorgendo nel diploma 20 ottobre 1860 soltanto
un' arra lusinghiera di quanto a completamento,
realizzazione e garanzia delle costituzionali libertà
la Maestà Vostra le vorrà tra non molto sancire,
raltiene a stento l'impeto del gaudio, per pro-
rompere nel suo pieno entusiasmo allorché sa-
ranno soddisfatti co' suoi i desideri e le domande
in proposito di tutti quanti sono 1 sudditi Vostri.
Sire!
La Dieta provinciale del Vostro Regno di
Dalmazia nel pieno e legale esercizio de' suoi
diritti costituzionali assicuratile dal Sovrano Vo-
stro Diploma 20 ottobre 1860, e messi in allo
dalla Patente 26 febbraio 1861, ha deliberato
nella tornata 18 aprile, con unanimità dei vo-
tanti, "di non accogliere la proposta governativa
"contenuta nel Sovrano Rescritto 21 febbraio
"1861, relativa alla delegazione di Deputati i
"quali avessero a pertrattare il quesito della an-
"nessione della Dalmazia alla Croazia e Slavonia
"colla Dieta di questi due Regni^^.
JVeI devenire a sì importante deliberazione,
basata alla massima di respingere perentoriamente
con essa ogni attentato alla vita autonoma di
Dalmazia, la Dieta dalmata non ha ommesso di
sottoporre a severo esame i motivi di migliora-
mento morale ed economico, di sicurezza publica
e di patrio decoro, pei quali soltanto una an-
nessione sarebbe stata giustificabile.
Nel voto espresso dalla dalmatica Dieta la
coscienza di un popolo Vi assicura, o Sire, non
esistervi un motivo sufficiente a ciò; e se qual-
cuno né viene ostentato, non reggere esso alla
prova di una critica illuminata e previdente.
Infatti, Dalmazia, nei due elementi che la
compongono e da secoli in fratellevole amore
ne dividono i dolori, le glorie e le speranze, non
può attendere da Croazia e Slavonia sviluppo
intellettuale maggiore di quello cui essa stessa
può dare impulso da se, e di cui va gloriosa di
avere offerto saggi impari alla pochezza di sue
forze: gli interessi economici e commerciali fra
Dalmazia e Croazia non hanno rapporto di unità
nè quindi ragione a reciproco sussidio: Dalmazia
non avendo nemici propri, non ha bisogno di
speciale protezione armata, ed ove sorgesse un
pericolo, sarebbe 1' Austria che in Dalmazia di-
fenderebbe se stessa: la Dalmazia dell' Austria è
quella, o Sire, che fu grande nella sua vita mu-
nicipale; è quella che i padri nostri redensero
col sangue riconquistandola sulla Mezzaluna; quella
che ancora è faro di civiltà a'popoli che oggi
le stanno da lato. Dalmazia dunque non può es-
mazia ha fatto sul campo della libertà e ugua-
glianza civile dalla fine del passato secolo in
poi Le operazioni che sono qui saviamente
accennate, ognun vede che dovrebbero prece-
dere r unione politica de' due popoli; e che così
richiede il buon senso e vuole la necessità delle
cose.
Come si fa a introdurre a poco a poco le
istituzioni politiche della Croazia, e assoggettar-
Yisi a un tratto? Come si fa a ricevere istitu-
zioni antiquate non più conformi all' indole dei
tempi, e riceverle per questa ragione che la
Dalmazia deve da esse aspettare giovanezza e
bellezza novella ?
Domandasi se non sarebbe il meglio lasciare
che Croazia, co^ medicamenti che crede più va-
levoli, purghi sè stessa di quegli elementi, prima
di prenderli in corpo noi, per il gusto di poi
purgarcene agiatamente con essa.
Domandasi se la libertà e uguaglianza civile,
che è il primo fondamento d'ogni franchigia po-
litica, e senza cui le franchigie politiche sono
privilegi tiranni e iniquità consacrate, se la li-
bertà e r uguaglianza civile, essendo già ai Dal-
mati assicurata a qualche modo meglio che ai
Croati, i Dalmati, che da parecchi loro compa-
trioti ci si figurano come Iloti, non siano per
ora a condizione men trista, e se debbano pre-
cipitosamente scambiare la causa del sociale be-
nessere coir effetto, e le basi dell' edifizio coi
cornicioni.
Domandasi se cotesta impresa dell' assicu-
rare ài Croati la libertà e T uguaglianza civile,
-e del pareggiare V indole di due popoli tanto di-
versi, sia cosà da spacciarsene con qualche decreto
d'una Dieta, o col regalo ai Dalmati d'un Vice-
bano.
Dice r egregio autore che 1' ordinamento
de* Comitati, una cioè delle parti essenziali dello
Statuto croatico, la Dalmazia non lo dovrebbe
senza variazioni accettare qui cade subito
di rispondere: Se variazioni ci ha a essere in
cosa di tanta importanza; se il materiale aggua-
^lianiento delle istituzioni non è quello che forma
l'unità de'popoli vera; permettete dunque che
altre Varietà meno essenziali rimangano per ora;
che i due popoli, concordi negl' intendimenti e
disposti a sempre meglio concordare, deliberino
in due distinte Diete. Questo consegue dalle pre-
messe: giacché la varietà nella costituzione dei
Comitati porta necessariamente varietà nelle Diete
provinciali; e quindi nella generale altresì.
^Un Yice-bano (propone l'autore) e una
sezione del Consiglio banale siederebbe in Dal-
mazia, per tutto quel tempo di transizione, du-
'3 Paff. 66,
Pag, 55,
rante il quale s' opererebbe 1' unione de'tre regni
mediante la comunanza d'istituzioni politiche
lo non dirò che cotesta Vicebanalità colloche-
rebbe la Dalmazia in una condizione interiore; e
che il suo frammento delia Tavola banale croata,
la quale Tavola banale croata non è ancora fer-
mato con che chiodi sarà commessa alia Tavola
magiara, nè qual posto terranno le due Tavole
nella gran barca del Regno austriaco, la quale
anch' essa sta dentro all' alira maggiore barca
dell' Impero; che cotesto frammento non è sicuro
che ci salvi dalle imminenti procelle, e in caso
di naufragio si lasci all'errare amicamente, anzi-
ché venirci coli' onde a percuotere il petto.
Dirò solamente che, al modo ideato, l'unione ,
rimarrebbe da farsi tuttavia, giacché transizione
non è unione; e ancora meno di quel meschino
statu quo, che alla povera Dalmazia è rinfacciato^
come se lo avesse fatto lei, o lo amasse tene-
ramente.
Dirò che, al modo ideato, la Dalmazia, per-
dendo qualcosa (e anco i Croati dicono che
qualcosa la ci perderebbe}, non ci guadagna nulla
di slabile, nulla di determinato nè anche; ch'ella
avrebbe per ora i danni e i risichi dell' aggiun-
zione, con sola la speranza della possibilità dei
vantaggi.
'^Starà sempre in potere de' Dalmati di sti-
pulare r autonomia nazionale e amministrativa
del Triregno, come condizione sine qua non Mh
loro unione alla Croazia "^J,,. Qui pare che tutte ;
le condizioni essenziali alla validità del contratto
debbano essere note e stabilite prima ancora di
stringerlo. E parrebbe giusto; e la parola condì"
zioni note qui suona tremenda. E quando 1' au-
tore lamenta ne' popoli F inconsapemlezm dei
propri diritti lo riconosce anch' egli, assen-
nato com'è. Se non che in questo caso avreb-
besi fino l'inconsapevolezza delle proprie spe-
ranze: tanto incerte sono le idee di quel che il
trino regno^ non dico, sarà, ma, deve essere;
incerte negli stessi Croati: chè, quanto alla mag- |
giore e, secondo me, miglior parte del popolo
dalmata, egli è confessato inconsapevole d' ogni
cosa.
Ma che s' ha egli a intendere per aidonomid.
nazionale? Se la Dalmazia è nazione da sè, na- (
zione autonoma, il Vice-bano e quel pezzo di '
Tavola come c' entra ?
E la condizione sine qua non, come gua"
rentirla, cioè come intenderla ? giacché condì- '
zione abbandonala all' altrui volere o alla balìa .
de' casi, condizione non è. Se F autonomia, non j
dico la nazionale, ma Famministrativa, in quel lem^
') Pag. 69.
Pag. 62.
Pag. 73.
GLORIA ED ONORE
mmm DEPITATI DALMATI
CHE L'ALTO MANDATO DELLA PATRIA
A' PIEDI DEL TRONO
PORTARONO CON NOBILE CORAGGIO
E GRANDE SACRIFIZIO
ED IMPERTERRITI LO SOSTENNERO
DI FRONTE AGLI AVVERSARI
PUGNASTE
FINO AGLI ESTREMI CONATI
0 GENEROSI
PER LA SANTA CAUSA
OPPRESSI PER VOLERE DEL FATO
ESSERE POTRESTE FORSE
VINTI MAI
ONDE IL POPOLO
COMPRESO DALLA PIÙ VIVA RICONOSCENZA
D' AMMIRAZIONE D' AMORE
A VOI
PORGE L'ALLORO
CRESCIUTO ALL' OMRRA DEL PATRIO VESSILLO
E
DALMAZIA
NELLE PAGINE DI SUA STORIA
SEGNERÀ'
CON INDELEBILI CARATTERI
I NOMI VOSTRI
AD ONOR SUO ED ESEMPIO DE'FIGLI.
Sventura e conforto.
Nel presciilimenlo di una vicina sciagura,
la popolazione di Dernis sospendeva nel 12corr.
le leste, che con pochezza (li mezzi ma con lar-
ghezza di cuore aveva predisposlo ad accogliere
degnamente il benemerito suo Podestà, Deputato
alla Dieta D.r Melchiorre Difnico, che quel giorno
si attendeva, reduce da Vienna, dove coli'eletto
stuolo della maggioranza dei dalmati Deputati, si
era portato a dilendere F onore, F indipendenza,
gF interessi di questa povera Dalmazia, contro la
minoranza de'Deputati medesimi, che con novità
d' esempio adopravasi a contrastar F efficacia
della decisione della propria Dieta, o facea causa
comune coi nostri violenti avversari d'olttemonte.
L' egregio Deputato nel volarsi alla patria ave-
va nobilmente ffareg-ffiato coffli onorevoli suoi o P? o o
colleghi nel coraggio civile, nelF abnegazione,
nei sacrifizi; ma il crudele destino aveva riser-
vato al suo cuore un sacrifizio più cruento, gli
domandava una prova più dolorosa; il suo pa-
triottismo doveva venir consacrato dal battesimo
della sventura. I due vispi ed adorati suoi fi-
gliuol-etti, che a lui, reduce da qualche viaggio,
messageri d' amore movevano incontro a scher-
zargli d' appresso la carrozza, mancavano al so-
lito ufficio, cliè il primogenito era lievemente
malato, mentre il secondogenito, il suo Daniele,
giaceva sul lelto dell' agonia, ed al gramo e
pressoché inconscio genitore non reslava che
F ultimo conforto di poter sfiorare di pochi baci
quelle forme tuttora raggianti di angelica bellez-
za, spiranti ancora quel profumo d' amore di cui
questo fiore di primavera aveva rallegrato i ge-
nitori che gli consacravano un culto. Poche ore
soltanto erano serbate a quel caro fanciulletto, e
pel desolato genitore scorsero rapide come ba-
leno, sebbene nella dura lotta colla propria com-
mozione egli solfrisse anni di dolore, di marti-
rio, di strazio. Valente nelle mediche discipline,
benedetto da tanti che alle sue cure debbono la
vita, non era slato al padre sventurato conces-
so il conforto di assistere come medico F idolo
del suo cuore, di spiarne, d' indovinarne colla
potenza magnetizzatrice dell' alfetto i primi germi
del morbo fierissimo che glielo rapiva, ribelle
alle cure di altro medico quanto valente tanto
affettuoso. La Dalmazia, gli onorevoli colleghì
dell' esimio D.r Difnico, dovranno tener conio
dello straziante sacrifizio che dopo splendide pro-
ve di patriottismo lo attese al suo ritorno, e
Dernis ben lo comprese, associandosi unanime
piamenle, aflettuosainente, al lutto della desolata
famiglia.
Non fu una sventura (ìowestica^ ina una
sventura cittadina, e tale doveva essere, percioc-
ché il compianlo pargoletto, vero riflesso della
virtù paterna, era F amore di tutti questi abitanti,
nei quali d' altronde è unanime pello sventurato
padre il sentimento dell' amirazione, della stima,
e in molti della riconoscenza.
Splendidi, quali Dernis non ricorda, furono
i funerali. Un amico, che educato alla scuola dei
dolore, tra le amarezze ed i disinganni della vita
si rallegrava sovente alle carezze ed ai vezzi
del leggiadro bambino, dettava la seguente epi-
grafe, che sebbene fosse F eco della publica o-
pinione, non era destinala alla publica luce. Non
è il saogio castigato e limato eh' esce dal ga-
binetto dell' uomo di lettere, ma è il caldo so-
spiro del cuore delF amico, d' un cuore non a-
dulatore, non compro.
LAGRIME FIORI RACI
SULL' AVELLO
DI
! DAOTE1.E »IFIVICO /
I TRIENNE
! FIORE DI BELLEZZA ANGELO DI RONT^V
D'INTELLIGENZA PRECOCE MIRACOLO
AMORE DI DERMS
RAPITO AHI CRUDELE SVENTURA
ALL- AMPLESSO DE' SUOI CARI
DI CUI ERA SPERANZA ORGOGLIO DELIZIA
PER VOLARE
COLA' DOVE MAI SI PIANGE.
(Dernis)
«Il amici*
dei Dalmati!!! Qualcun altro ci disse almeno Croati
della Dalmazia ! Moltissimi però di questi tnli cre-
diam che sarebbero imbarazzati non poco, se
dovessero con un perfetto albero genealogico le-
gittimare siffatta loro derivazione.
k Vincenzo Millcli giurista Spalalioo in Zagabria.
Ancora i quesiti d» interesse patrio.
E le denunzie non sono arg-omenti;
nè per la via deli' odio s'insinua l'amore,
Tommaseo.
Se io possedessi una investitura,
forse farei lo stesso.
V. Milich giurista Spai.
Perchè il sig. Milich, giurista Spalatino, an-
ziché sedere a cattedra; erigersi a dominatore
di principii e sentimenti; avversare con bassezza
le altrui opinioni; confutare, non senza dottrina^
ma senza logica, senza giustizia, senza lingua
le altrui credenze; con uno spirito furibondo di
bassa personalità; colla tema di speranze deluse
e coir abito indosso del denunziatore, non di-
scute invece colla nobiltà che inspira la coscien-
za deir onestà propria, la rettitudine de' propri
principii, r amore verace e non mascheralo della
patria ?
Perchè il signor Milich, giurista Spalatino,
per confutare, mediante il suo opuscolo sortito
in Fiume, i quesiti contenuti nel secondo nume-
ro della Voce Dalmatica di quest' anno, calco-
lali da lui parto di venerabile ignoranza; egli-
dotto, vi spese tre mesi di lavoro ed un buon
opuscolo ?
Perchè nella sua confutazione fa 1' onore
air autor de' quesiti, ed onor ben prezioso, di
confutarli insieme alle massime dell'illustre Tom-
masèo, unendo così la scienza coli' ignoranza ?
Perchè scioglie i quesiti con argomentazioni
generali, e piuttosto, senza svisarne il senso, non
11 scioglie con ragioni pratiche?
Perchè nel confutar il primo quesito, anzi-
ché inserirvi una disquisizione sullo statuto un-
garico, già conosciuto pelle innovazioni intro-
doltevi dalla 64 dieta ungherese nel 1844, e
per quelle del 1848, non parla invece di quel
paltò che formerebbe la Dalmazia nella sua u-
nione con Croazia, al quale accennava F autore,
e ne temeva?
Ed era forse follia il temerne allorquando
Croazia iniziava l'opera sua civilizzatrice e na-
zionale fra noi, chiedendoci qual merce altrui; e
fanatici apostoli col profanato nome di naziona-
lità ingiuriavano alle miserie ed alle colpe non
nostre?
E parlando dello statuto ungarico, crede il
sig. Milich che quello sia applicabile alia Dalma-
eia senza essenziale una riforma?
E non crede il sig. Milich che gli statuti
siano applicabili soltanto a quei popoli, che con-
sci de'bisogni e tendenze loro se li crearono,
e che pianta parassita divengono ove trasportati
sotto altro cielo; per cui vi si potrebbe applica-
re ciò che Montesquieu diceva a suoi tempi della
libertà: che non essendo frutto per ogni clima,
non è alla portata di ogni popolo?
E queste riforme e modificazioni cotanto
necessarie allo statuto ungarico per la sua ap-
plicazione in Dalmazia, verranno discusse nella
comune dieta di Zagabria, ove i Croati, se per-
suasi non ne fossero, per preponderanza di voti
non li accorderanno?
- E non disse Toramasèo, e la sua è auto-
rità inconcussa, che in caso i Dalmati non s'ac-
cordassero in tutto co' Croati, legislatori in ap-
parenza, riceverebbero in perpetuo la legge?
E conoscono essi tanto la Dalmazia da es-
ser legislatori in casa nostra?
E la Dalmazia, ove meravigliosa regna una
uguaglianza di casta, migliorerà con uno statuto
in cui abbattuta non è peranco la preponderanza
dei nobili e del clero ?
E in Dalmazia, ove sconosciuto è il privi-
legio, dovremo far ritorno a quelli del medio
evo, non bene distrutti nello statuto ungarico; e
così far ressa colle moderne istituzioni, che pre-
miano con onori il cittadino benemerito, e non
con eccezioni alla legge?
E la riduzione di questa bersagliata terra
in frazioni municipali con eccedente libertà, sarà
di utile a lei^ oppure vi si riprodurrà il caso nar-
rato dalla croRGca popolare: aver Traù intimato
gueira a Spalale, ed essere stata combattuta con
iroìichi di cappucci?
Ed in certi luoghi specialmente, ove grande
non è scarsezza di uomini pieni di belle paro-
le , e che alternano dalla polve all' altare,
vedremo col nuovo statuto questa brava gente
sedersi alla tavola dei giudici, e condannare chi
ieri levato non avea loro il cappello per via ?
E coir eccessivo potere dei comuni, non si
vedrebbe per altra vìa quello che vediamo in
giornata in certe città, guidate da certi uomini
liberali, cioè: che la prepotenza predomina, che
la libertà è vile una divisa che la persecuzione
ricopre e l'intolleranza, che chi non pensa alla
maniera di alquanti dittatori, sub-dittatori e dit-
tatorini è perseguitato, che tralci abietti d* estra-
nea pendice, per la strisciante nullità loro, arri-
varono ad erigersi dominatori, facendo ritorno
così ai beati tempi del medio evo?
E r amovibilità degli impiegali non sarà
un assurdo per chiunque ami legge e giu-
stizia?
Dovremo vedere il caso anco fra noi, che
r usciere divenga magistrato, e che al precessor
fornì all' uopo del necessario mandato ? Niente di
tutto questo, e quindi conclusione indubitata, che
la domanda de'signori Croati fu capricciosa ed
illegale.,Trattandosi d' un' aggregazione d' uomini,
di persone a persone, i signori di Croazia prima
di presentarsi colla loro dimanda all' Imperatore,
che se non dovuto, avrebbe potuto assecondarla
suir istante, si sono essi persuasi che questi wo-
mini^ queste persone della Dalmazia acconsenti-
rebbero all' unione ? Neppur tentarono di cono-
scerlo. La domanda fu dunque non pure capric-
ciosa e illegale, ma illiberalissima, ma contraria
ad ogni diritto, ma conculcatrice d' ogni principio
d'umanità e di giustizia. E con tali auspicii i
Dalmati dovevano muover incontro volonterosi
air unione ? La storia ne li avrebbe giudicati ben
severamente. — L'Imperatore dispone, che al-
cuni uomini di fiducia, scelti cioè dal governo,
debbano dalla Dalmazia recarsi a Zagabria per
trattarvi della domandata agg-regazione, e notisi,
che e la domanda de' signori di Croazia e la di-
sposizione Sovrana or ora accennata non ave-
vano luogo che dopo il diploma del 20 ottobre,
dopo cioè che anche alla I)almazia erano state
accordate le stesse costituzionali franchigie, che
alle altre provincie dell' Impero.
Un consiglio da voi, o giovani liberali, che
neir unione ai libéralissimi Croati credete di ve-
dere il solo mezzo di salvezza alla nostra po-
vera patria. Si doveva ubbidire, si doveva man-
dare Deputali a Zagabria, e Deputati nominali
dal governo ? L'onore della vostra nazione vi
sta troppo a cuore, per dubitare della vostra ri-
sposta. ''No — unanimi mi rispondete — no,
"che della patria nostra nessuno può nè deve
^disporre, che la patria soltanto: questo lo ab-
^'biamo appreso ne' nostri studi, questo lo sen-
"tiamo più fortemente ancora nell anima nostra.
"Essa sola, la Dalmazia, disponga liberamente di
'^^sè, e Io faccia a mezzo de' suoi legali rappre-
"sentanti, della sua Dieta,,. — Ebbene? Cos'al-
tro fece, a quale altro scopo ebbe ad adoprarsi
il Dalmata, che non sentiva per l'unione? A far
che il voto della nazione non fosse altrimenti e-
spresso in proposito, che col mezzo legale della
sua Dieta. Ma quali e quante lotte per ottenerlo?
Quali e quante malevolenze per contrastarglielo?
Come alterata la purità della sua intenzione, co-
me frantesa la legalità dell'opere sue? Le pa-
gine del Fozor stanno là a farcene una fede
malaugurata, e pur troppo di quelle pagine sono
più imputabili i Dalmati (mi si permetta che sotto
il nome di Dalmazia io comprenda tutta quella
parte di territorio, che oggidì con tal nome geo-
graficamente s'appella), che non gli stessi Croati.
I — Non avendo ancora una rappresentanza le-
gittima, le varie comuni della Provincia elessero
de' Deputati dal loro seno, e inviaronli a Vienna,
perchè vi domandassero, non si abbia a decidere
di noi senza di noi, non si abbiano a sentire le
volontà nostre, che legalmente sollanto. Fu fatta
ragione alla sacrosanta giustizia della nostra do-
manda, fu convocata per la prima volta, e dopo
tante inutili aspirazioni, la dalmata Dieta, fu ri-
conosciuto e messo in atto il più nobile de' no-
stri diritti, quello di pa-tecipare al potere sovra-
no; e potreste mai crederlo od immaginarlo? La
minoranza annessionista de' nostri Dalmati se ne
dolse, i liberali fratelli Croati proruppero in gri-
da e bestemmie; il suicidio di questa terra in-
felice avrebbe solo appagato gli strani lor voti.
Se a tutto ciò fosse d'uopo di qualche commento,
l'onestà del nostro lettore ne resterebbe oltrag-
giata.
Si prosegua dunque nel troppo doloroso
racconto. Alla Dieta provinciale siedevano 29
Deputati che dissentivano dall' unione, e 14 an-
nessionisti, ridotti a 13, perchè ad uno fra di
essi venne ritirato il certificato di elezione, rila-
sciatogli evidentemente per semplice errore. —
Così non evitarono quel numero nefasto, che
stando a un pregiudizio volgare, avrebbe potuto
autorizzare taluno a ritenere, che anche fra quei
13 vi fosse il suo Giuda. Veggasi ora qual uso
sanno essi fare, i 29 della maggioranza, dell'as-
soluto potere, che loro venne a conferire la pa-
tria, non essendo punto controverso che il dog-
ma politico della sovranità del popolo viene in
ultimo a risolversi nel voto della maggioranza
de' suoi Deputati. Imputati, e certo falsamente, di
conculcare l'elemento nazionale slavo, mettono
unanimi a base delle loro deliberazioni il prin-
cipio, che nella Dieta si possa parlare egual-
mente e l'italiano e lo slavo, e che la publica-
zione delle relative discussioni seguir debba in
tutti e due gì' idiomi. Facendo seguito a tale di-
sposizione, in una delle successive tornate fra le
poche incombenze che affidano preferentemente
alla Giunta, havvi pur quella di adoprarsi con
ogni cura possibile, onde sia dato il maggior in-
cremento air istruzione del popolo. Questi primi
passi accennano indubbiamente alla rettitudine delle
loro intenzioni, all' amore, loro mal contrastato,
per la nazionalità slava, a quell' uguaglianza di
diritti, che se può e deve essere mantenuta, e quan-
to all'istruzione soltanto anche cresciuta, non ha
bisogno in Dalmazia, come in altre partì pur
troppo, d' essere creata, dappoiché fra di noi già
da 8 secoli non è vietato al rustico nè di pos-
sedere, nè d' essere proprietario di fondi, gli
altri suoi diritti civili vanno al pari di quelli di
ogni altro, ed, ora che siamo chiamati anche al-
l'esercizio dei diritti politici, nessuna distinzione
viene a ricordarci, come altrove, gli odiati rima-
sugli del sistema feudale. Ma taluno ci grida, e
perchè fin ad ora questo vostro popolo lo la-
a. 24. Zara-Sabato {S fiiiipo i86l. ilnno II.
VOCE DALMATIGA
GIORNALE EGONOMIGO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — Il prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I pagamenti potranno farsi per V annata intera, ed anche per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviali franchi per la posta, coli'indicazione del nome, cognome, e domicili»
deir associato. — L-ìttere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abelkli. — Un numero separato vale s. 15.
SOTfliTIARBO. — La Dieta dalmata, continuazione e
fine del n. 23. — Il D.r Bajamonti al D.r Pullich. —
Bue parole alla reverenda Redazione delV illirico G/a-
snik.^.^. — Bachicoltura — Varietà. — Gazzettino di città.
— Annunzio.
liU Dieta dalmata.
(Contin. e fine del n. 23).
Parte il
Alla maggioranza della Dieta dalmata si
danno delle accuse. Vediamo quali esse sieno.
La si dice venduta alla burocrazia, e illiberale.
Bajamonti, Giovanizio, Duplancich, Galvani, Rad-
milli, i più ardenti oppug'riatori delTannessione, e
tanti altri onestissimi, illiberali e venduti alla bu-
rocrazia!!! Ma per non essere veiiduli alla bu-
rocrazia è d' uopo forse d' oltrag-giarla, quando
lo si può fare impunemente? I testé nominati, e
tutti forse quanti sono della maggioranza, ebbero
mai d'uopo di grazie dalla bufocrazia? La loro
sorte ebbe mai per avventura a dipendere da
im cenno, da un cenno solo della burocrazia!
lo credo assolutamente che ai soli e reali suoi
titoli Io debba, se anche taluno a mezzo della
burocrazia ebbe ad ottenere una posizione più
vantaggiosa, nè si può averne prova migliore
della seguitane elezione a rappresentante del po-
polo. E la franca opposizione all' ordine Sovrano
di mandar Deputati a Zagabria nominati dal go-
verno, e l'insistenza per ottenere quanto dalla
suprema autorità ci veniva niegato, la completa
attivazione dello statuto, e la proposta governa-
tiva dalla maggioranza Sella Dieta respinta, erano
frutto d'un sentimento illiberale? E non si dirà
piuttosto servile il sentimento di coloro le cui
aspirazioni erano affatto contrarie? Noi certo non
crederemo giammai, che la libertà sia riposta nel
violare la legge, quella perfino del nostro sta-
tuto, nel vilipendere qualsivoglia autorità, appunto
perchè rivestita di un potere, nel Tidurre a pri-
vilegio di alcune classi sociali soltanto l'onestà.
r indipendenza, il coraggio ed ogni altra civile
virtù, nel passeggiare l'orse anco lunghesso le
vie delle nostre città in berretto da viaggio,
piuttosto che col solito cappello. Se non che, volete
conoscerlo nella sua vera estensione il valore di
cosiffatta Rcmsa é'iW ber ali, venduti alla burocra-
zia? A Vienna invece la maggioranza della Dieta
dalmata si trovò di dipingerla, come avversa al
governo, e precisamente come garibaldiana. Ma
perchè non essere almeno conseguenti, o buoni
nostri avversari? A Vienna si rise, quando si
seppe che in Dalmazia accusavasi la maggioranza
della nostra Dieta d' essere venduta alla buro-
crazia. Rideremmo anche noi dell' una accusa e
dell'altra, ma i nostri accusatori chi sono???
Si sostiene che la nostra maggioranza non
rappresenti veramente quella del paese, che nelle
elezioni vi furono dei raggiri e delle mene. Que-
sta poi, scusatemi, oppositori garbati, la è una
piccola impudenza. A noi mene e raggiri ? A
noi che troppo forse fidenti nella giustizia della
nostra causa, potremmo meritarci il rimprovero
di soverchia inazione a petto della vostra atti-
vità perseverante ed instancabile? A noi che se
ne stavamo anche troppo tranquilli mentre, come
publicamente si discorre, sacerdoti d' ambi i riti
giravano da villaggio in villaggio propagatori
dell'unione, mentre corrispondenze epistolari sta-
bilivansi nello stesso senso tra qualche vescovo
della Croazia e taluno della Dalmazia, ma per
buona sorte non dalmata, mentre da Zagabria
piovevano allo stesso scopo in Dalmazia a cen-
tinaio e migliaia i fiorini, mentre le baionette
croate quasi dovunque pur troppo ci circondava-
no? Ma e chi si avea e meritavasi maggior fi-
ducia dalle rispettive popolazioni dei Bajamonti,
Giovanizio, Dudan, Filippi, Borelli, Duplancich^
Bioni, Petrovich, e di tutti quegli altri egregi?
E quali erano gli altri candidati che dalle nostre
mene e dai nostri raggiri sarebbero stati esclusi?
Viva Dio, che invano vi adoprareste a trovar-
mene uno solo. E le vostre elezioni? Non mi
rore la faccia, calpestarono e profanarono le
sante bandiere nazionali, cui volevano sostiluire
la bandiera ungliei 'ese. Non sono, questa volta,
i garibaldini dell'Istria che disdegnano la Croa-
zia, non sono gli italianizzanti e niaggiarizzanti
di Fiume che la ripudif.iij, non sono gli itaiia-
nissimi di Dalmazia che freddi e beffardi respin-
gono le sue nozze; ma sono Croati, purissimi
Croati, coloro che disdegnano di chiamarsi tali
e minacciano la distruzione di Zagabria qualora
non si faccia maggiara. L' affare, come si vede,
è assai serio, si traila di lesa patria, di lesa
bandiera, di leso paludamento, e noi ben ci ap-
ponevamo neir accennare più sopra al parricidio.
Una severa inquisizione fu già incamminata; con-
danne rigorose stanno per piombare sopra i con-
tadini di OzaI, e statisti, giuristi, giornalisti e
criminalisti se ne occupano grandemente e, con-
vien pur dirlo, giustamente. Molli filologi poi,
capitanali probabilmente dal conte Jankovich, di-
spulano se il titolo di martiri della patria, già
applicato tra i ùoio degli uditori alla causa Vra-
golov, debbasi ora applicare ai suonatori di Garl-
stadt od ai concertisti di OzaI che già sono in
prigione. Sebbene non temiamo che i criminalisti
croati ci facciano risovvenire nel futuro loro giu-
dizio i tempi di Ponzio Pilato, pure trepidiamo
di una severità fatale a' contadin'. E infatti, se fu-
rono minacciati cinque anni di galera ai 31)0,000
dalmati che mandarono i loro deputati a Vienna,
anziché a Zagabria; se la galera è minacciata
agli antinazionali fiumani, che, a sugello delle
loro aspirazioni di divorzio, regalarono ai conti
e vice-conti, notai e vice-notai di Zagabria
1' ormai famosa replica del nesmno; se rigorose
inquisizioni venivano proposte contro i più in-
tegerrimi magistrali di Dalmazia, sospetti di an-
ti-annessionismo; dobbiamo certo travedere mi-
sure più energiche ed eccezionali contro i con-
tadini di Ozal. Attendiamo ansiosi i fogli croati,
dai quali ci verrà fatto probabilmente di leggere
che il redattore del Pozor, il quale domandava
pieni poteri per rivedere il pelo ai fiumani, li
domanderà anche per rivederlo ora ai contadini
di Ozal. È per ciò che, ancora di salvezza, noi
invochiamo l'amnistia per iscongiurare la pro-
cella onde sono minacciali gli accusali, la cui
ignoranza disarma le nostre ire e parla vantag-
giosamente in loro favore. Sì, tutto conduce a
credere che essi vivano in uno stalo di idiotismo
e di oppressione di gran lunga superiore a quello
che i deputati croati suppongono negli slavo-dal-
mati; lutto conduce a credere, che, non sapen-
do leggere, non possono essi ispirarsi nè edu-
carsi alle sapienti ed umanitarie discussioni di
cui si onorano i deputati di Zagabria: lutto in-
fine ci fa persuasi che Je beatitudini della vita
costituzionale siano indigeste pei loro stomachi,
sieno, se ci si permeile la frase, marjarilas ante
parcos. Alla loro ignoranza dunque vuol essere,
secondo noi, perdonato il loro fallo, e questa
deve servire di punto di partenza all' amnistia
che noi desideriamo ed invochiamo per essi. E
giacché il sedicente croato Don Michele Pauli-
novich juniore, ex dalmata, ex deputato, va ora
ronzando nell' atrio del parlamento di Zagabria,
speriamo che, avviticchiandosi allo strascico di
qualche factolwn suo protettore, vorrà, primo,
pronunziare questa magica parola, iniziando così
la sua carriera parlamentare. L'orchestra degli
uditori gli dirà zicio^ gli onesti plaudiranno, ed
esso avrà un titolo prevalente per far parte, fra
breve, della Dieta di Zagabria, quand' anche vi-
cino a qualche cornacchia o ranocchio. Ed una
volta insediato in parlamento ed incoraggiato dai
primi trionfi, speriamo che rammentandosi di es-
sere un quondam dalmata, vorrà invocare, e la
otterrà siam certi, amnistia ai 300,000 dalmati
che non vollero unirsi a Croazia. Sarà quello
il trionfo più splendido che resta riservato al
suo genio immortale, al suo cuore magnanimo.
Le Vile del Biokovo e quelle del Glasnik Dal-
maiinski lo proclameranno il Bossuet di Podgora,
il Mirabeau di Zagabria, il Mose di Dalmazia; i
300,000 dalmati amnisliali si assoderanno con
fanatismo alle F/le nel tramandare alla poslerità
il suo nome glorioso, accordando alla lor volta
al reverendo e venerando Don Michele piena e
generale amnistia pella sua diserzione a Zagabria,
per essere stato il primo a sbattezzarsi ed a
krsi croato e per
Da//e falde del Biokovo, il primo di giugno i86i.
A Zara, Scl>ciiìco e ^Spalato.
La parola della riconoscenza rattenuta, a
grave stento, onde non la divenisse arma di
scherno nelle mani degli avversari nostri, corre
ora al labbro pronta, sincera, affettuosissima; ora
che un raggio di luce coli' attivazione della Giunta
ha brillalo Ira noi. I vostri rappresentanti, o no-
bili città, hanno la coscienza dì avere soddisfatto
a' propri doveri, ma voi foste esuberantemente
gentili nel ricolmameli all'arrivo degli ultimi di
ogni sorta dimostrazioni d' affetto.
Epperò interprete de'sentimenti degli ono-
revoli miei colleghi del circolo di Spalato, io
mi fo, 0 nobili città, a porgervi parole della più
viva e sincera riconoscenza. L' animo mio ha
tuttora scolpite le dolci impressioni in lui destate
da quel puro sentimento di amore, che ha fatto
palpitare i cuori del buon popolo di Zara, e Io
ha cotanto enlusiaem:ilo al nostro arrivo dalla
capitale dell'Impero; tuttora mi suona all'orec-
chie le tenere parole di quel!' illustre stuolo di
cazione, senza cervello, barbaro e quel che Voi,
ed i vostri amici e colleghi vuole e predicale;
il povero slavo-dalmata vi deve dire, che vivete
in una provincia del tutto slava, che conta più
di 400,000. anime, che vivete ed esistete con
loro, e che contutto ciò^ non volete bene par-
lare di loro. 0 che ingratitudine d'UH ServO versO il padrone?! — Vi domando; dove si potevano
questi poveri slavo-dalmati istruire nella loro
lingua materna, non avendo scuole ne altri mezzi?
Rispondetemi se sapete signori italianissinii, do-
ve è la Serbia, la Boemia, la Voivodina, la Croa-
zia ecc. se hanno queste provinole figli educati;
^ se non sapete o non volete sapere, vi devo dire
che molti ve ne sono; e che la nazione slava è
distintissima per cultura e sapienza in generale.
— Sbagliate dunque o signore Duplančić e com-
pagni, che il Slavo non può avere intelligenza.
0 forse giudicate dalla povera Dalmazia, che
soppressa dal italianismo non poteva fin' ora svi-
lupparsi e avere abastanza intelligenza. Oltre nu-
merosissimi illustri Slavi, nelle provincie sopra-
nominato, anche Dalmazia ne ha alquanti illustri.
Il Pulió, Klaić, Danilo (2), Petranović (2), Voi-
novió etc. etc. non sono forse lutto figli di gente
contadina; sbaglia fortemente dunque il sig. Du-
plančić, che nel suo opuscolo ha detto :, il con-
) ladino della Dalmazia non può avere cultura di
sorte. Il nostro illustre Governatore non é Sla-
vo ?! moltissimi Generali, Dottori, ed altri civili
impiegati, negli Ufficii pubblici, non fanno forse
onore alla Nazione; e sono fra i bravissimi. V'in-
gannate dunque signori Italiani della Dalmazia,
che dal nostro morlacco, non può esservi gente
colta. Ma scuole, e istruzione nella madre lingua
ci manca. Innutile vi sforzate, da non capirla per
1 Siavi; unitevi con fratelli vostri, che vi sarà
meglio; vi dico meglio; perchè vera il tempo —
vera il tempo degli Slavi, e vi penlirele,nia non sa-
rete a tempo, di tante ciarlatene, di tanti gridi e
soppressione, verso i vostri compatriotti. '
La massa del popolo slavo in Dalmazia, è
per la sua lingua materna. Voi, pocchissimi Ita-
liani, in Zara, Sebenico e Spalato non la volete.
La maggioranza dunque di 400,000. slavi che
si deve inchinare alla minoranza di appena 10,000
pseudo italiani. Bella logica ! Il secolo decimo-
nono, non permette che simile ingiustizia possa
esistere nel mondo; dunque nemen in Dalmazia.
0 con noi sipori Italiani, o l'Italia è vasta, anda-
datesene, perchè Dalmazia era e vuol rimanere
provincia del tutto slava. Eviva dunque i Sla-
vo-dalmati; se volete o non volete; Eviva i
400,000 Slavi in Dalmazia. — Živili Slavjani.
Un vero patriotta Slavo-dalmata.
lì tenore Mazzoìeiiì.
Lieti d'ogni occasione che ci si offre di
far eco agli applausi ond' è ricolmo in Italia
quest' egregio nostro connazionale, togliamo dal
Diavoletto n. 145 il seguente cenno, tanto più
volentieri, che al merito dell'artista vi si vede
quello accoppiato d' un' azione benefica :
'^II tenore Fr. Mazzoleni lasciò Palermo dopo
essere stato per due intere stagioni l'idolo di
quel publico. Da ultimo nella Muta di Portici e-
gli fu insuperabile. L'ultima serata che attrasse
publico numerosissimo, fu devoluta a beneficio
di quella società di mutuo soccorso per gli ar-
tisti, per solo eccitamento del bravo artista, cui
r impresa non potè negare, siccome riconoscente
del tanto bene che le avea fatto. In quella sera
in un' aria con cori del maestro Ferrari il Maz-
zoleni fece delirare alla lettera. Egli ora è scrit-
turato pel teatro Apollo di Roma quale tenore
assoluto d' obbligo nella stagione di grande car-
tello,,.
I nomi e le trufferie
clie siiMscoiao.
Certe stranezze finché durano poco e finché
si conservano fra ristretti confini, o passano in-
nosservate o, talvolta, divertono. Ma quando,
scavalcando i limiti della discrezione, assumono
un carattere di continuità e nulla lasciano im-
mune dai loro burlevoli attacchi, è giusto che
qualcuno le metta alla porta. Fate conto che
questo "qualcuno,, sia io. I Francesi sapete che
sono una perla di popolo; che di tulle le doti
costituenti la perfezione civile e politica sono
approvigionati per chi sa quanto tempo ; che al-
lorquando si tratti di compiere un atto generoso
e virile sono i primi a slanciarsi, avvegna che può.
È superfluo diffondersi in altre parole, per-
chè gli encomi sarebbero sempre al di sotto del
merito loro.
Però (qual meraviglia!) hanno anch'essi un
difetto. Il difetto consiste nell'infranciosare alla
bella tutti i nomi e cognomi di uomini illustri che ap-
partennero alla Francia come le appartengono in
oggi, pognamo, gli abitanti di Udine. Nel dire che
bastardano tutti questi cognomi, ho commesso, or
che m' accorgo, uno sbaglio di peso. I cognomi
degl'Inglesi, dei Prussiani, de'Russi è difficile
ridurli come pare e piace al primo guastaparole;
poiché le solite desinenze in o», er, of ostina?»
tamente ricalcitrano ad un mutamento qualunque.
In considerazione di questo ostacolo, gli
scrittori francesi pensarono bene di lasciarli nella
loro piena integrezza ed essenza, e di rivolgere
altrove le loro vandaliche mire di storpiare e
contorcere gli appellativi più ovvii ed innocui.
Taluno si riposava sulla muraglia delle Alpi*
ciò in Croazia vi vorranno o dei secoli o lolle
a sangue. Intanto, della moderazione, dell'abne-
gazione, del senfimento di decoro e di rispetto
a sè e alla società, che alcuni del clero hanno,
possiamo averne un saggio nell'indirizzo fatto
sottoscrivere ad alcuni dei nostri giovanetti stu-
denti. Si comincia per tempo alimentare nei chie-
• rici il fuoco delle passioni politiche. Benissimo;
cosi, nonostante i saggi consigli di un opusco-
letto, avremo a capo della nostra Dieta anche
noi un ministro dell'altare, che invece di mo-
strarci la croce per eccitarne alla carità e alla
pace, imbrandirà la spada per suscitare le pas-
sioni e spingerci a guerre fratricide. — Si vanta
/ che i veneziani in quattro secoli non abbiano
italianizzata la Morlacchia. Ma chi vuol essere
creduto coscienzioso, deve prima provare che
l'abbiano tentato; e di piìi, essersi prima assi-
curalo, studiando la storia, che i morlacchi ap-
partennero per quattro secoli ai veneti. S'invei-
sce in Dalmazia contro gli italianizzati, senza
pur pensare se non fosse più storico il dire che
la Dalmazia è slavizzata, E son pure molti in
Dalmazia che credono che la Dalmazia sia ita-
lianizzata, quando dovrebbono dire che la è sla-
vizzala. La nazionalità slava in Dalmazia è un
innesto assai più recente della italiana. Si scavi
un poco il suolo dalmato, e si troverà che i
nostri padri erano latini, che erano greci, ma
non slavi, e mai e poi mai croati, i quali furono
r ultimo flagello della Dalmazia. Ma non s'ha
bisogno neppure di scavare: si alzino gli oc-
chi, si consultino i nostri templi, e si dovrà ac-
certarsi che non gli hanno fabbricati architetti
croati, e che pur sono di secoli anteriori alla
veneta dominazione. Ma i fanatici pure lo pre-
tenderanno? Ed io chiederò loro, perchè dunque
i croati non ne hanno fabbricati in casa loro ?
Che entrino nelle nostre chiese, che esaminino
i nostri altari, e se non si conoscono di pittura,
che prendano una guida, e vi troveranno i Palma,
il Veronese, il Tiziano, lo Schiavone, il Bellini
ecc. ecc. per sino nei villaggi! Di simili spegaz-zi
ne ha mai veduti la Croazia ? — Si parla tanto
della necessità di un mezzo di comunicazione
tra il rustico e il cittadino. Un forastiere, che
non conosca la Dalmazia, deve ritenere che dun-
que siasi affatto privi di questo mezzo di comu-
nicazione. Ma ciò è 0 mancanza di critica, o di
buona fede. Se il rustico non intende la lingua
del cittadino, questi però intende benissimo la
lingua del rustico. Dov'è questa vantata e rin-
facciata mancanza? — Si diceche da qui a sei
anni .si chiederà conto ai Deputati di ciò che a-
vranno fatto per la coltura del morlacco. Anche
qui 0 mancanza di riflessione o di buona fede.
Io vorrei vedere all'opera i signori annessionisti,
e vorrei loro dare non sei, ma sedici anni, af-
fm che facciano qualche cosa di vistoso nei viU
laggi della Morlacchia per l'istruzione del po.
polo. È detto presto si facciano scuole \ ma in
villaggi di cento a duecento case disperse in un
cerchio di un diametro di molte miglia, ci vuol
altro che formar scuole coi mezzi dei quali si
può disporre in Dalmazia. Bisogna prima riunir
le case; chè F uomo si educa nella società, e
questo è il suo primo libro, poscia viene quello
dell' alfabeto. Ma ai croatizzanti basta dire qual-
che cosa che presso gli stranieri possa porre in
cattiva opinione la patria. Credo che nessun fo-
rastiero dei piìi avversi abbia mai detto tanto
male della Dalmazia, quanto alcuni croatizzanti
nei loro scritti. Povera patria! qu<?lli che hanno
distrutti i tuoi Conventi di Scardona, ove conve-
nivano dalla sola Liburnia ben quattordici città;
di Salona, ove ben Irecentonovantadue decurie dei
soli Dalmati si radunavano; di Narona, ove ac-
correvano ottantanove città; quelli che ti spo-
gliarono di una gran parte delle tue terre, e che
in tanti secoli che le abitano, non ostante quel
loro sapiente statuto (il migliore quasi di quanti
vi sieno in Europa !!) non furono ancora capa-
ci di ricostruire quanto distrussero, ti vorreb-
bero ora strappare persino il tuo glorioso no-
me; quel nome, che potè in un' epoca far il ter-
rore della più grande potenza che la storia ri-
cordi, della romana. E i tuoi figli, raggirati ed
illusi da coloro, che privarli vorrebbero d' ogni
tuo vanto anteriore al settimo secolo, per dare
ai Croati tutto il merito d'averti ripopolata, na-
zionalizzata, civilizzata, felicitata ecc. ecc. ecc.,
i tuoi medesimi figli suggellerebbero tanta im-
pudenza coll'abominosa viltà di scambiare perfi-
no il nome di Dalmati in quello di Croati! —
Poveri giovani! hanno tanto studiato la storiale
confondono i nomi di Slavi e di Illirici, e ne li
scambiano a vicenda. Dopo tanti pragmatismi sto-
rici, coi quali sono stati tormentati nelle scuole,
non sanno ancora che l'Illirico romano era un
complesso di varie nazioni, come lo è oggidì
r Austria; che ancora non fu definito quale fosse
la lingua dell'Illirico, il quale poscia diede il suo
nome a popoli parlanti lingue diverse, e che una
delle fonti storiche infallibili sono i monumenti.
Dunque non fu loro mai detto che le nostre ter-
re, ancora innanzi ai Dalmati, nutrivano un po-
polo incivilito, che aveva arti e scienze, come
lo dicono apertamente le sue rovine; che i Dal-
mati pure sapevano sostenere lunghi assedi, tan-
to a difesa che ad offesa, contro il primo po-
polo del mondo, contro i più famosi duci di
Roma; che le navi liburniche ebbero il merito
della famosa vittoria d' Azio riportata da Augu-
sto sopra Antonio ecc. ecc., e che quindi non
potevano essere popolo slavo, poiché il popolo
slavo, da quando la storia lo conobbe, e fu ap-