non è così vile e così smemorata d' apostatare
alla propria nazionalità, ma sostiene di non ap-
partenere per nessun diritto alla Croazia, né
croata vuol diventare; e se anche la sorte vo-
lesse .porla a questa prova, se le sue ragioni non
la difendessero abbastanza; essa chinerà la fronte
al volere del più potente, ma giammai s'avrà
unito a Croazia di propria volontà.
Svolgendo il primo quesito, 1' autore seguita a dire : Ogni popolo ha una sua famiglia^ la na-zione; quindi un popolo non può appartenere a due nazioni, quindi si domanda sono i dalmati slam 0 italiani? Domanda intempestiva e per
nulla coerente a quanto segue: La Dalmazia non può smembrarsi dalla sua patria coniane la
Slavia. Se la è così, perchè si domanda se la
Dalmazia è slava o italiana? Di ciò che si sa,
di ciò che tutti sanno, non occorre far questio-
ne. Avesse l'autore domandalo : se la Dalmazia
è croata o slava? sì poteva rispondergli; ma qui
invece egli intavolò una questione svolta da lui
stesso con un controsenso.
Provasi poi a dimostrare il molino per cui non fu coltivato il sentimento nazionale, e la lingua materna dalle classi piti alte della Dal-mazia; la dice per ciò ignorante; ma sostiene
che tuttavia essa non appartiene ad altra nazio-
nalità. È vero; ma ciò mostra che il campo di
coltura nazionale, di cui egli intende parlare, era
fino allora arido ed infecondo, e che per ciò
Dalmazia seguendo il suo impulso naturale per
desio di progredire, non si fece dimentica della
sua nazione, ma per apprendere a coltivare il
sentimento nazionale proprio e la propria lingua,
di cui appena si gettarono le basi, studiò da na-
zione già formata; nel che mi si accorderà aver
essa fatto otiima scelta ; dunque non è nè fu a-
gnorante la Dalmazia, ma perspicace e previ-
dente. È chiaro però che Dalmazia è slava per
nazionalità, e che io dovrà essere quando gli
slavi saranno una nazione; ma per intanto essa
a tutta ragione può esigere di rimanere Dalma-
zia, e può opporsi d' essere incorporata alla
Croazia, sua sorella sì, ma non sua madre.
Domandare il sacrifizio della nazionalità alla
libertà, è, a mio credere, domandare l'impossibi-
le. Se si potesse esigere sacrifizio di nazionalità,
a che varrebbe questa libertà, la quale essendo
tendenza degl' individui ragionevoli, deve esserlo
pure delle nazioni. iVon so in che senso T auto-
re voglia parlare; ma se inferisce alla naziona-
lità dei dalmati, se ci vuole croati e non slavi
per nazione, domanda V impossibile non solo, ma
viene in campo con un assurdo.
Dopo la domanda del sacrifizio di naziona-
lità alla libertà dice : intenzione della classe privilegiata^ l'accidia degli animi impedisce alla nazionalità di svilupparsi. Perchè porre in cam-
po il bisogno di sacrifizio di nazionalità, e fare tanto facile una disorganizzazione nazionale; per-chè insistere su d'un punto tanto contrario al buon senso, quando prima non definisce di che nazione sia questa Dalmazia? Offende la classe privilegiata, avvilisce il popolo, e lo fa senza scopo.
Dice che V unione alla Crozia si presenla al di d'oggi come guarentigia contro gli esterni ed interni pericoli. Non mi pare che la sarebbe cosa troppo onorevole per noi l'unirci per tale ra-gione alla Croazia; non dirò il perchè, ma ri-manderò invece 1' autore alio scritto dell' illustre Tommasèo.
Che questa unione non porti di necessità l'annientamento della coltura italiana in Dalma-zia, siamo d' accordo, e anzi mi si dovrà con-cedere che questa coltura dovrà rimanere fino a che la Sia via potrà offrire una sua propria — non parlo della Croazia; da essa non l'atten-diamo— e fino che la Slavia sia in caso di dare una coltura sua, ci vorrà del tempo, nè questo di-pende da essa, ma dalle circostanze in cui ver-sa. Se noi dovessimo intanto, per attendere que-sta nuova coltura, perdere quel poco di bene che ne diede F Italia, noi dovremmo rifare la strada fatta; e i tempi non ritornano, ma s' a-vanzano sulla via del progresso.
Asserisce che un popolo non indietreggia unendosi ad altro popolo meno collo; dunque i croati sono, a sua detta, meno colli di noi; e poco dopo chiama pregiudizio il dire i croati in coltura essere a noi inferiori., e dice : Essi al-tinsero alle fonti della germanica, noi alla la-tina. Buone tutte e due queste colture; ma una è tedesca, T'altra latina, nessuna slava; dunque ambedue straniere, e non nazionali; e noi uniti a Croazia non faremmo altro che cangiare la nostra coltura italiana in tedesca, cambio non tanto difficile, ma senza scopo.
Parlando degli avvantaggi della Dalmazia quando questa a Croazia fosse unita, dice: Ben lungi dal coalizzarsi., la Dalmazia ove si desti dal letargo coli' animo rigoglioso di vita novel-la, aquisterà grave supremazia sui croati stessi e forse anche su altri slavi del sud; e qui porta a conferma un brano di Tommaseo. Sorte che r illustre esule col suo appello ai dalmati fece ben conoscere come ei pensa, e che, eccitato da un segreto presentimento, scrisse quanto lo può giustificare nel primo punto dell'opera sua. La-sciando a parte le illustrazioni, è qui che io lo voleva, qui T attendeva ansioso. Nominando gli altri slavi del sud, ei si confessa, e mostra qual sia il principio per cui ei batte. Ma se vuole che c' intendiamo, si levi la maschera, parli chiaro, e allora io me gli stringerò dappresso, e con-corderò seco lui che uniti agli slavi Dalmaaia
un dizionario non men ampio di quel della Cru-
sca. Ma più arduo sarebbe trovare i vocaboli
che alle idee delia, presente civiltà corrisponda-
no; il che per vero non è dato a Lessicisti o
a scrittori singoli, ina alla nazione stessa, e al-
l'opera graduata de'tempi. Pensino a questo co-
loro che vorrebbero di punto in bianco sostituita
in Dalmazia negli usi tutti della vita l'illirica al-
l'italiana; e per meglio avvedersene, si provi il
più dotto tra i Croati a tradurre dalF italiano o
dal francese o dal tedesco in illirico una pagina
di dizionario o d'arte o di scienza: e dico che
in una pagina delle più facili, quant' egli è più
dòtto, tanto più gli si presenteranno difficoltà. Di
qui segue che l'italiano non può dalla vita ci-
.t vile in Dalmazia essere per ora sbandito; che
I per ciò stesso la Dalmazia deve per ora dalla
Croazia rimanere nel suo governo distinta. E
quand'anco la lingua italiana fosse dagli usi ci-
vili sbandita, bisognerebbe pur tuttavia studiarla,
come quella eh' è parlata dai più autorevoli del
paese, e sarebbe a dispetto de' decreti parlata
per molte generazioni; come quella eh' è vincolo
d' utili corrispondenze con un popolo vicino che
non si può né da Croati nè da altri distruggere
nè scansare; corrispondenze, se non letterarie,
commerciali. A chi dunque importa poco dell'o-
noye e dell'ingegno e dell'arte, forza è ch'ab-
bia qualche riguardo all' italiano in grazia del-
l'utile, della borsa, del'ventre.
(Con/muaJ.
Ulta citazione a proposito ^).
In mezzo alle violente polemiche, agl'inonesti
attacchi ed alle splendide minchionerie (di fan-
ciulli più che d'uomini) onde il partito annes-
sionista nell'attuale questione dalmato-croata ci
beatificava si spesso, v'erano pure talvolta al-
cuni scritti dà non si potere prendere a fascio
perocché moderati ed onesti. — Fra i quali pia-
cévami spesso ricordare 1' opuscolo, d' anonimo
autore, avente a titolo Considerazioni sulV an-
nessione del regno di Dalmazia a quello di Croa-
aia e Slavonia^ e parlando .dell'autore, ignoto,
Compiendo ieri a sera la leiturà del prezio-
sissimo scrino di N. Tommaseo^ cui accenno^
venmmi il ghiribizzo di rettificare la citazione
portata daW anonimo autore dell' opuscolo Con-
siderazioni ecc., e lasciai cader dalla penna
queste poche linee. Oggi la Voce Dalmatica
portai un articolo di recensione sullo stesso o-
puscolo : tante meglio; le mie brevi parole
ponnù servire d' appendice. — E quanto a
tale artico.lo, mi permetta V onorevole autore
ài protesi are contro le indebite e immeritate
lodi^ ond' egli mi è prodigo. —
mostràrló a modello a quel partito sfrenato più
che selvaggi poledri, che nullo avendo riguardo,
attaccava sì violentemente e vilmente, e pensieri,
e sentimenti, e carattere, e onestà.
Ai quali attacchi (in una invidiabile parte
a me diretti) s'io non risposi — nè risponderò
mai — lo feci a bello studio per due motivi
non ispregevoli : il primo a sbalordire que'degli
amici miei che vannomi predicando la calma non
essere la prima delle virtù mie molte: la se-
conda a non compromettere la mia dignità d'uo-
mo onesto e quella pur anco dell' onorevole in-
carico cittadino a me affidato. Che se non ri-
sposi del pari a que' scritti che lo avrebbero po-
tuto meritare, tra quali forse l'arlicoto il D.r
Bajamonti e la questione dalmato-croata (non
foss'altro per l'onore dell'importanza che a me
dava nella questione di cui si tratta) e F altro
delle cinque interpellanze de'reverendi sacerdoti,
ambidue nel Pozor, ciò si fu perchè altri nello
stesso tempo dicevano cose assennate, all'argo-
merito relative, sì che in esse era ben più che
potesse bastare a risposta.
E premessa tale dichiarazione, vana forse,
ritornerò all' opuscolo. Lo dissi — e m'ingannai
— de' più moderati ed onesti: non toccherò af-
fatto del suo valore non molto a vero dire, ma
accennerò soltanto ad una citazione di poche pa-
role (potente perchè parole del più splendido in-
gegno che noveri Dalmazia), a mostrare com'an-
co i così detti onesti si lascino trasportare ad
ingannevoli arti — E tanto più mi vi trovo co-
stretto^ in quanto che le parole dell'illustre Dal-
mata, che tolgono ogni dubbio senso a quelle
della citazione, si trovano nello stesso nobilissi-
mo scritto, e sono splendide e potenti, e le cal-
zano sì bene a' casi presenti, che le parrebbero,
se pur ciò non sia, a bello studio dettate, e l'o-
pera in fine in cui le si leggono non è per an-
co troppo diffusa in Dalmazia.
Il citato autore a pagine 7 del suo opu-'
scolo a provare che Dalmazia lasciandosi annet-
tere da Croazia aquisterebbe morale supremazia
sui croati stessi, e forse anche sugli altri slavi
del Sud, dice : E qui ne giova citare un tale
che fra noi è rispeltablle autorità^ il Tommaséo,
che disse: La Dalmazia., se conosce il proprio
destino, mollo potrà e religiosamente e cii'ilmente
e intellettualmente sulle provincie sorelle. E ri-
petendo cotesto parole 1'anonimo vorrebbe pro-
curare al suo dire quel valore che da autorità
così potente ben può venire. Ma perchè valersi
d'armi così poco oneste ? —L'anonimo ha letto
per avventura l'intera appendice all' Europa, ri-
portata nella geografia storica moderna univer-
sale, di publicazione in corso, donde quelle pa-
role son tratte? — E se così è, con quale co-
scienza poteva, ad appoggio delle sue opinioni,
9
di sociale uguaglianza attuale. E nondimeno di
qua' tanti testimonii così messi a morale tortura,
nessuno della città mia natale lasciò sfu^ffirsi
cenno che agli accusati nocesse. E la conoscenza
ch'io ho di quelle nalure e la coscienza mia
propria» mi fa credere che quegli uomini usando
a luogo il silenzio, a luogo parole di santa ve-
racità, sapessero insieme francarsi e dallo sper-
giuro e dalla denunzia omicida.
XVII.
D' una nuova maniera di denunzia ingene-
rosa offre saggio un giornale Croato, volgendosi
a S. E. il Governatore della Dalmazia e quere-
landosi eh' egli non sappia comprimere lo zelo
d'un Capitano del circolo, il quale alle minori
autorità sconsigliava l'annessione con argomenti
(afferma il Croato) non veri. Ma quel delatore
rapportò per 1' appunto al giornale il tenore di
quegli argomenti? E perchè costui non si mo-
stra, non si duole in suo nome proprio ? E qua-
l'è il sentimento magnanimo che muove il gior-
nale a trattare un Generale e un Governatore
della provincia, un compatriota suo, come un
inferiore colto in fallo, e nel cospetto della na-
zione accusarlo ? Ardisco anch' io volgermi a
questo Generale che non ho mai conosciuto ; e
per gli anni eh' egli ha in Dalmazia vissuti gio-
vane ancora, per le memorie che la città di Se-
benico lasciò nel suo cuore (le quali perchè, non
altro che onorate, io non temo di richiamargli
al pensiero) per la generosità di soldato, per il
bene che alla mia patria fece o desiderò, oso
pregarlo, non già che voglia prendere le parti
nostre contro la sua, ma che alla sua prevegga
insieme ed a noi, consigliando i più incautamente
bramosi, che lascino luogo al tempo e al libero
volere degli uomini; che non destino le passioni
che dormono, non ne creino là dove non sono.
Gli è un tristo appagamento cotesto che cercano;
e potrebbero essi stessi pentirsene amaramente.
Smettano gli artifizii, a cui non son alti, e lo
dico a onore loro. Smettano ogni sembiante di
volere imperioso, deboli anch'essi e infelici. Per-
chè temere una Diela che pacatamente decida le
sorti proprie, e al fatto dia sanzione? Cotesta
diffidenza non tanto di noi quanto di sò stessi è
mal segno.
XVIII.
Ma se una Diela in Dalmazia s' ha a ra-
dunare, importa che le elezioni sian fatte con co-
noscenza dell' alto a cui si procede; che alle
moltitudini parlisi linguaggio chiaro, sedato, sin-
cero; che agli autorevoli questo ufficio si lasci;
che ogni apparenza turbolenta si sfugga; che i
buoni s' accordino in prima, sì che la delibera-
zione riesca pronta insieme e serena, nè d'altro
si disculi che dei modi di meglio eseguire le
cose deliberate. Giova non porgere pretesti agli
avversi, non adombrare i sospettosi, non sgo-
mentare più e più i dubitanti. Volere una cosa
alla volta, ma che sia germe di molte; e quella
con fermezza volere.
Guardiamoci dag^li esCremi.
Un gran éupano in un suo brindisi paragonava
non ha guari la sua patria ad una nave minac-
ciata ugualmente da Scilla e da Cariddi, ed in-
vocava un abile e valoroso piloto che la guidas-
se incolume fra que' scogli. Non ci troviam per
avventura anche noi in simili acque? Non ab-
biam noi pure bisogno di simili navichieri? Da
una parte certi dalmato-slavi, più slavi assai che
dalmati, non rifinano di gridare con quanto s'hanno
in gola contro tutto quello che in Dalmazia non
v' ha di slavo, esclusivamente slavo. Lo stesso
fanno dall'altra parte certi italo-dalmati, più i-
taliani assai che dalmati, contro quanto v' ha fra
noi di precisamente dalmate.
Se a questi, cotanto fra loro opposti, sen-
timenti si lasciarono, come cred'io, ispirar qual
più qual meno quasi tutti i nostri pubblicisti po-
litici del giorno, qual maraviglia che ciascun
d' essi siasi alla sua volta lasciato cadere in giu-
dizii così smodati ed ingiusti intorno a persone
ed a cose degne, per lo più, d' ogni stima e ve-
nerazione ?
Ma, adagio a ma' passi I grideran qui e dal-
l' una e dall' altra parte. Voi, a quel che pare,
ci vorreste dalmati in quella appunto che non ci '
vorreste nè ricisamente slavi nò ricisamente i-
taliani. Ora quest' è un non senso, nè più nò
meno. E in verilà, se giungeste a far in Dalma-
zia tavola rasa della razza slava e della cultura
italiana, che cosa vi resterebbe della Dalmazia,
salvi il suo nome e le due strisce di suolo e /
di scogli? — A costo di divenire il capro e-
spiatorio de' contendenti, vo' provarmi a sciogliere
r obbiezione, e dirla senza enimmi con)e la pen-
so io.
Che in Dalmazia, tranne una porzione, nu-
mericamente inferiore, la popolazione sia di na-
zion slava, lo veggono fuianco i ciechi: che in
essa però la coltura italiana e vigoreggi e gran-
deggi, non è chi il contenda. È iiilempestivo,
ingeneroso, ingiusto T andar rammentando i torti,
le ingiustizie e, se vuoisi, le sevizie, mercè cui
questi due elementi s' annidarono e si crebbero
in Dalmazia; il misconoscere i titoli che ha^iao
am')cdue alla stima ed all' alfetto nostro; il voier
N. il. Zara-Sabato 16 Marzo 1861. Anno II
LA VOCE DALMATICA
GIORNALE EGONOMIGO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — jđjlk^^-^^ associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I^l^amenti potranno farsi per V annata intera, ed anche per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviali franchi per la posta, coli'indicazione del nome, cognome, e domicilio
deir associato. — L-jttere, libri, articoli, devono affrancarsi. I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abe/ich. — Un numero separato vale s, 15.
«lOIfliTflitItlO. — Parole di N. T^^^^mAlsi
prof. G. Sundecich, Y. Duplancich. ^SBKMio D
minis e Trajano Boccalini. — Una q^tlKm d'econ
mia. — Confutazione^ ringraziamenti e proteste.
Agli Elettori della città e Distretto elettorale di Zara.
A voi, Signori, cfj^ accoglieste il mio scritto
intorno alia questione dalmalica, mi sia lecito
volgere queste parole intorno alio scrilto die
volge a me li signor G. N., acciocché il mio si-
lenzio non paia disprezzo e sconoscenza alla
cortesia eh' egli m' usa. Agli argomenti di lui
non mi pare necessario rispondere, sì perch'egli
non ha, forse per indulgenza, abbattuto i recati
da me, sì perchè si risponde egli medesimo con
troppa più forza eh'io non saprei. Se dice che
il popolo dalmato è proclive a schiacith, dice
altresì che la nazionalità è la cosa che a lui
più sìa cara. Se dice che T ignoranza lo rende
simile al bruto; non gli nega potere divenire un
popolo libero e costituzionale, purché faccia sua
la cosliluziono e la libertà de' Croati. S' egli a
me nega la conoscenza delia mia patria, nella
quale ho passati i primi diciasett' anni della mia
vita e ci ritornai dieci volte a diversi intervalli
e a non brevi dimore infino al IS^i^al qual
tempo non sono mutati gran fatto ^^^^^omini
né le cose, e poi n' ebbi contezza^^^Bai da
lettere di partigiani, ma sì da gioniM|Wie con
le reticenze stesse e col silenzio dicono assai a
chi sappia leggere, e da libri che il signor N.
imn lesse, e da colloqìii di non Dalmati che mi
scoprirono cose dal sig. N. ignorale; s'egli mi
nega, dicevo, la conoscenza della Dalmazia, li-
beralmente compensa il suo garbato rimprovero
e il mio difetto con le molte cose che nel suo
libretto m' insegna. M' insegna tra le altre, che
ventimila di numero sono in Dalmazia quelli che
parlano T italiano, e che questi ventimila tiulla
fecero che non tendesse a inganno., a oppres-
sione: dalle quali parole rimane dubbio se sieno
accusati i ventimila viventi, o le altre venti migliaia
oro antenati, via via di generazione in ge-
zione per non so quanti secoli. Veramente è
ifficile imaginare che ventimila uomini (e siano
pure italiani di corpo o di spirito) possano tutti
quanti aspirare al male in cosi felice maniera,
che non gli riesca mai di far altro che male in
tutta la vita; e ciò conciliando due cose che a
pochi privilegiati, e di rado, è dato congiungere,
r oppressione e l'inganno. Ma il signor N. Io
dice in modo così risoluto, che quasi somiglia
r imperioso alzali e CaiHHiina gridato a' Dalmati
da' Croatil Un' altra cosa egli ancora ni* insegna
con le parole d' un libro del sig. Abate Gioberti:
che i miei pareri politici (di me da altri accu-
sato, da altri lodato, secondo i partiti, di fer-
mezza e temperanza nelle mie opinioni e ne'miei
sentimenti) non hanno troppa unità ne riserva
nè consistenza: e mi giova imparario dall'uomo
che nella sua vita politica ha dimostrata tanta
costanza e riserbo e unità, che tendendo le brac-
cia per attaccare al Piemonte Ragusa e Cattaro.
non prevedeva dovere involarglisi Mentone e
Nizza. Ma, lieto d' ornare il suo frontispizio di
quella senteiua, e presentarsi armato di lei co-
me di scudo insieme e di lancia e d' elmetto, il
cortese avversario perdona all' Abate Gioberti i
suoi amori illeciti con gli Slavi, e gli risparmia
il titolo di stolto^ del quale titolo certi difensori
della da noi pure amata Croazia, si mostrano
larghi a' dissenzienli da loro.
Credete, Signori, alla stima affettuosa dei
vostro
derotissimo
Tonamaséo«
Al sì<;oor Professore Giovanni Sundecich
da Goligncto.
La lettera ch'ella ha publicata, sono alcuni
giorni, sul Glasnik Dalmatinski^ contro le poche
parole di lode eh' io ho fatto di lei, nell' opu-
scolo sulla Ciciltà italiana e slaca in Dalmazia^
Errori e contraddizioni
1] giusto e i' ingiusto.
.... È nnlura dell' uomo ir-
ritarsi di tulio ciò clic sventa una
sperania lusinghiera e un disegno
favorito; ed è follia troppo comune il
condannare senza esame,,.
C. Cantò. — St. Un. t. 18, p. 463.
Siamo d'avviso che taluni di Croazia si pren-
dano delle licenze non accordate dalle menti del
miglior senno di quella provincia, prorompendo
a nome di essa in invettive ed ingiurie contro
le più eminenti nostre intelligenze, contro rispet-
tabili impiegali, e contro la maggioranza de'Dal-
mati che non abbracciò ciecamente, come una in-
calcolabilissima frazione dei medesimi 1' u-
nione od annessione sin dal principio dai suoi
rappresentanti misteriosamente promossa. i\la se
pure le menti più elevate di Croazia approvas-
sero, il che non crediamo, cotesti mezzi, che la
civiltà condanna e disapprova il buon senso, per
giungere allo scopo prefìssosi, ci darebbero mo-
tivo di rammentar loro che, lungi dall'avvicinarsi
alla causa propugnata con tanto calore, se ne
slontanan d' assai.
I Dalmati, che hanno sempre ambita la pro-
pria nazionalità, dovettero scuotersi profondamente
alla notizia di volerli niente meno che annessi
alla Croazia, senza che prima s'abbiano indagate
le loro intenzioni. E se una forza maggiore a-
vesse trovato di verificare il non consentito con-
nubio, avrebbero dovuto a malincuore adattarvi-
si, ma fissa nella mente loro sarebbe rimasta l'i-
dea che il pensiero della nazdonalitd perduta non
muore Se più tardi non vi aderirono, egli è
perchè avvezzi ad agire lealmente, trovarono che
non si possa farlo senza udire prima i voti di
tutta la provincia a mezzo dei propri rappresen-
tanti nella Dieta da convocarsi, e senza mancare
di fiducia alle promesse Imperiali del 20 otto-
bre dell'anno scorso, riconfermate colla Circo-
lare del nuovo Ministro, nelle mani di cui ger-
mineranno i frutti desiderali: e infrattanto, in tale
senso scelsero e spedirono la deputazione chea
piedi del Trono deponesse il comune loro de-
siderio.
In cotal guisa operando, i Dalmati diedero
a divedere non essere nipoti degeneri di avi
decantati per maschie virtù cittadine; e non dica
la Croazia, che mostrerebbe non conoscerci, che
codesti Dalmati non formano che una minima
particella della pretesa maggioranza, cioè i soli
italianizzati, e che questi tendono a danno dei
0 Veggasi U Pozor n. 33 a. c.
C. Cantù St. Un. t. 20, p. 23,
meno colti loro fratelli. Se una parte dei Dal-
mati è italianizzata, la Croazia non è forse tutta
intedescata ? E che per ciò ? Qualunque siasi per
essere il loro avvenire, la gratitudine e le sim-
patie degl' italianizzati saran sempre vive verso
la terra prediletta che li inspirò, e ove furono
inspirati da affetti di non ignobil sentire.
Se può la Croazia, che mostrerebbe avver-
sione agi'italianizzati e all'Italia, ma dalla cui
dolce favella spigola tratto tratto parole, coone-
standole nel suo Pozor per farsi meglio inten-
dere che meglio conosce, ad eccezione di
pochissimi, il tedesco anziché lo slavo, faccia
allrettanto; ma non creda che i Dalmati italia-
nizzali possan mostrarsi ingrati giammai.
Ma quali furono da parte della Croazia i
primordi per l'unione o annessione? Prima il
mistero commisto ad arbitrio, ciò che a' Dalmati
non poteva garbare. Indi un gentile invito, che
non raccolse i suoi frutti, perchè non preceduto
dalla lealtà necessaria tra fratelli che mirano allo
scopo del bene comune; poi minaccio da farsi
ai bimbi; ingiurie, alle quali non fu risposto, per-
chè il silenzio è la più decorosa risposta a certe
provocazioni; e finalmente invettive dinotanti
animi che vogliono vincerla non con la ragione,
sttla base della giustizia, ma con la prepotenza.
E quaU poi in Dalmazia gli apostoli per
riuscirvi a qualunque costo ? Qualche dotto-
rino in pratica, o poc' anzi uscito, che non per
anco lesse la prima pagina del gran libro del
mondo, nò sa che di treni' anni appena s'inco-
mincia a conoscerlo e imprende a scrivere
squarci di politica, che ingegni incanutiti sui vo-
lumi stentano toccare, per non apportar involon-
Igriamenle tristi conseguenze ai propri fratelli.
Uno di essi scrive non potersi ammettere u-
nione perfetta senza il reciproco consenso, e que-
sto in legittimo modo non potersi dare che me-
diante una Dieta provinciale : e per il fatto s'an-
nette, implorando per di più che i caldi suoi de-
sideri vengano accolti. Un altro ha 1' impu-
denza di publicare che a Dalmazia non appar-
tiene, e che Dalmazia quasi non esista. Alcuni
preti di entrambo i riti, e frati, che invece d'oc-
cuparsi esclusivamente nel vasto campo della
sacra missione a loro, forse, non bene affidata,
ponendo in non cale che a nessun militante sotto
il vessillo di Dio s' appartiene implicarsi in ne-
gozi secolareschi vogliono immischiarvisi, e
perchè ? Forse perchè ne derivi un beneficio ai,
secondo loro, meno veggenti? No. Se ciò fosse,
la carità cristiana li spingerebbe a ritirarli dalla
sdrucciolevole via su cui, secondo essi, si sono
Si regga il mentovato n. del Pozor ed altri.
2) a Cantii. St. di 100 anni, t. /, p. 451.
Timolh. //, 4, dalle opere deW ab. Rosmini.
N. 13. Zara-Sabato 30 Marzo i 861, Anno II.
LA VOCE DAIMTIGA
GIORNALE EGONOfflICO-LETTERMIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — Il prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I pagamenti potranno farsi per T annata intera, ed anche per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviati franchi per la posta, coir indicazione del nome, cognome, e domicilio
dell' associato. — Lettere, libri, articoli, devono affrancarsi, •— I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
Rione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abelich. — Un numero separato vale s. 15.
SOIflìTIARBO. — Operazioni elettorali di Zara. —
Pensieri di Antonio DamianovicL — Una giustificatone
per procura, alV illustre Comitato elettorale di Zara. —
Gabinetto di lettura di Spalato. — Legislazione, Am-
ministrazione publica. — Reminiscenze storiche e V o-
dierna questione danese. — Teatro dì Zara. — Varietà.
Operazioni clelloraii di Zara.
Dall' adunanza numerosa de^ll Elettori di
città, tenuta la sera del 23, ond' esperimentare
qual nome sarebbe da raccomandarsi nella vo-
tazione di martedì prossimo per eleg-gere il De-
putato che deve rappresentare nella Dieta del
Regno questa sua Capitale, fu prescelto unani-
memente per acclamazione
BORELLI CONTE FRANCESCO.
Neil' adunanza poi de' maggiori censiti, la
sera del 24, dichiaratosi sciolto il Comitato esi-
stente, un altro ne formarono dal proprio seno,
composto degl'individui seguenti:
Begiia di Possidaria D.r Cosimo - Cernizza di
Krunevir Slarco - Duplancich Vincenzo - de
Ponte Valerio - Sniirich D r Antonio.
Elettori ! Concordia, fiducia, speranza. La
prima ci diriga ognora e fortifichi nelle operazioni
nostre ; la seconda riposare ci faccia tranquilla-
mente sopra coloro in cui 1' abbiamo riposta; ci
conforti la terza coli'immagine serena d'un mi-
glior avvenire. Gravi sono i destini che s' agi-
tano per la Dalmazia nostra ; tutti quelli adunque
che n' amano il prosperamento, nel presentarsi
al collegio elettorale di cui fan parte, l'importanza
considerino dell'ufficio che sono chiamali a com-
pire, e schiudan poi francamente i labbri alla
scelta.
In quanto al nobile Candidato della città, un
passato illustre per tante prove di sapere, di sen-
no, di probità, di franchezza, e sopratuUo d' uno
svisceratissimo amore di patria capace dei più
generosi sagrifici personali e domestici; un pre-
sente dedicato con attività mirabile a sostenerci
diritti e promuovere il bene della terra nostra;
ci sono già splendid' arra di quanto possiamo da
lui riprometterci nell' avvenire. Vana sarebbe
quindi ogni parola ove i fatti parlano luminosamente
da sè, ed ove ad essi risponde tanto chiara e
uniforme la publica opinione.
Concordia dunque, lo ripetiamo, fiducia, spe-
ranza; e il nome glorioso della Dalmazia non sarà
cancellato dal novero delle regioni che vivono d'e-
sistenza lor propria, ma fia che ognora piìi splen-
da per belle prove di fervido patriottismo, al-
l' ombra di liberali e provvide istituzioni.
Zara, 25 marzo 1861.
Il Comitato ellettorale
Bettoschi Giovanni - Bianchi Canonico Carlo Fede-
rico - Bolcovich Giorgio - Duplancich Vincenzo
- Fabbrovich Francesco - Fanfogna Conte Giovanni
- Ferrari CnpilH Giuseppe - Filippi Dr. Natale - Ghi-
glianovich Dr. Giacomo - Sardelo Pietro - Novos-
selich Bartolomeo - Perlini Giuseppe - Trigarl Nicolò.
Eccepitosi il Candidato.
Il giorno 26 successe l'elezione pel depu-»
tato della città e la scelta cadde quasi ad una-
nimità di voti sul candidato sig. conte Francesco
Borelli di Vrana.
Venne poi publicato il seguente affisso dal
comitato elettorale dei maggiori censiti.
Onorevoli Elettori Altocensitil
jVeir adunanza di ieri a sera Voi vi com-
piaceste affidarci il nobile compito di voler poi--
Dieta provinciale, indipendenza assoluta de' giu-
dici, legislazione consentanea al progresso dei
tempi, la massima parsimonia nelle spese della
publica amministrazione, scelta d'individui capaci,
operosi ed onesti nei vari incarichi nazionali,
bando sincero ad ogni gretto municipalismo, a-
more indefesso anche ai fratelli slavi, che vi-
vono oltre ai nostri confini, eccovi, onorevolis-
simi Elettori, i sentimenti che si crede in obbligo
di manifestarvi il neoelelto vostro deputato alla
Dieta Provinciale della Dalmazia, deputato che
con dolore bensì, ma senza rimorsi, saprà de-
porre volonteroso nelle vostre mani il suo man-
dato, ogni qualvolta potrà accorgersi o che sia
per venirgli meno la vostra fiducia, o che le
sue forze non sieno per rispondere alla purità
dell' incarico.
Zaro, 27 marzo.
Oirolamo Vusio
neoeletlo Deputalo alla Dieta
Provinciale della Dalmazia.
CORRISPOKDEAZA.
Un egregio nostro Dalmata domiciliato in
Germania in una sua lettera del 29 passato ad
un suo amico di qui, risguardante l'argomento
vitale dell' annessione alla Croazia, parla d'una
vile accusa che l'altrui malizia viene astutamente
contro noi seminando, nel modo seguente: "Si
crede che non vogliamo essere Croati, perchè
vogliamo essere Italiani. Non si vuole ancor ca-
pire che Dalmata è anche il nome di un popolo
misto sì, ma pur sui generis distinto dagli altri.
Così fu da secoli. Cercai e a Vienna e qui di
correggere questa falsa opinione con articoli; ma
non vogliono stamparmeli o stampar soli: accetta-
no articoli croati, ma i nostri assai difficilmente.
Di tante cose che scrissi, una o due furono
stampate. Quanto si scrisse in Dalmazia, e nes-
suno ancora pensò che la lingua italiana non è
merce introdotta, ma indigena. Si parlava latino,
e, questo degenerato, divenne italiano. Così na-
que lo spagnuolo, così il francese, così il ve-
neziano col nostro. Non è forse Lissa colonia
siciliana? Traìi ed Epezio, colonia Lissana? eb-
bene : che lingua parlavano i Siciliani ? non par-
lavano forse allora il greco? E monumenti e
monete greche non si trovano a Lissa ed a Le-
sina; ed il nome Trogos o Trogilos non è forse
greco ? Ed ora si parla slavo. Si ha da dire che
slavo vi si parlasse sempre? Fiabe! In ventitre
secoli si poteva ben cambiare la lingua! La Ma-
gna Grecia che cosa conserva ora di greco,
tranne la memoria ? nulla ! Si dirà forse che non
vi si parlasse il greco?
In quanto all' origine della lingua italiana
in Dalmazia, fuvvi già chi altre volte il pensiero
medesimo espresse dell' egregio scrittore. Nella
Hw/sla Dalmata n. 37 del 1859 a fac. 318,
col. 2, si legge : "L' uso dell' italiano in Dalma-
zia fu di molto anteriore al reggimento veneto,
chè ben più antiche furono le relazioni nostre
col bel paese., e quando in esso 1' idioma latino
si venne trasformando nella favella del sì, la
metamorfosi stessa dev' esser anche sulle sponde
nostre contemporaneamente avvenuta. I rapporti
successivi r hanno di poi sempre conservalo ed
esteso„. — E nella Voce Dalmatica n. 30 del
1860, a fac. 246, col. 1, dopo aver detto che
le invasioni slave sbandeggiar non poterono dalla
Dalmazia la lingua latina, con cui anzi gli slavi
stessi addimesticaronsi, nella guisa medesima che
d' altri usi del viver civile, fra noi rinvenuti, si
vantaggiarono, s' aggiungeva : "Al latino poi suc-
cedette per diritto di figliuolanza legittima l'ita-
liano, che le relazioni continove della patria no-
stra col bel paese cui sta dirimpetto, sempre più
propagarono, e larga fonte hanno reso di civiltà
e gentilezza,,. —
Biog^ralìa.
Della Dita e delle gesta del giurisprudente Tri-
fone Wrachien, segretario della neneta repu-
blica^ e consultore in giure e di Stalo,
La cognizione della verità, e 1' amore e la
pratica delle virtù distinguono principalmente gli
uomini. Vi sono in ogni parte della terra anime
0 vili 0 mediocri; ma per conforto del genere
umano vi si veggono altresì dei grandi perso-
naggi, e ciascun secolo ne fa nascere in tutte
le condizioni della vita. Sembra che di tempo in
tempo la natura esaurita, dirò così, dalla diver-
sità quasi infinita delle sue opere, raduni tutte
le sue forze per arricchire uno stesso soggetto,
e fornirgli tutti suoi doni.
Quegli, che io ho determinato di ricordare,
fu uno di tali uomini straordinari, nato non solo
per illustrare la sua patria e la nazione, ma per
apportare anche segnalali benefizi alla società.
L'insigne giurisprudente Trifone Wrachien
naque in Cattaro nel 1696 dall' illustre famiglia
del sue cognome. Non terrei gran conto della
nobiltà dei natali, se gli avesse mancato il re-
taggio delle virtù avite, e se egli non si fosse
creduto di farne tesoro. Ignoro quella parte del-
l' educazione, che precedette la sua partenza allo
studio di Padova. Quivi fu mandato a spese di uh
governo tanto illuminalo nel discernere gli inge-
gni, quanto sollecito nel premiare gli sforzi e
dirigerne 1'attività, il quale provvido, soleva be-
dell'ulil comune posponendo qualunque proprio
riguardo, non esitò ad accogliere nelle sue co-
lonne qualche scritto di lui, come ne fa prova
l'articolo puWicalo nei num. 5 e 6, benché con-
trario in qualche parte ad un altro in esse pri-
ma inserito. Ma dopo che il nostro abate s' at-^
tegg-iava da Rodomonte per sostenere la sua o-
pinione senza saper ancora quali sarebbero le
altrui obbiezioni; dopo ch'egli, salita la cattedra,
faceasi a trinciare magistrali giudizi di persone
e di cose, di comuni e governi, di popoli e stirpi,
con quella franchezza che, a dir suo, è propria
forse dello iSlavo soltanfo^ e quindi naiuralmente
non può essere intesa da chi per natura opera
sempre per ambagi e con artifizio; dopo queste
ed altre simili piacevolezze, qual prò sperare da
una polemica disappassionata ed onesta ? D' al-
tronde, ponendo F abate anche il povero nostro
giornaletto nel mazzo di que' fogliacci dei quali
fa egli parola, noi crederemmo di profanar trop-
po il di lui nome illustre coli'occuparci di cose
sue. Vero è che questo fogliaccio prese un gior-
no spontaneamente a difendere 1' abate Gliubich
contro le impertinenze dell' altro abate Cappellet^
di Venezia; vero è che avendolo a nominare,4p
fece sempre col dovuto riguardo, e che parlando
del di lui Dizionario biografico degli uomini il-
lustri della Dalmazia ,(il quale solo basterebbe
a mostrare quanto sia vero ciò eh' egli ora dice
che di coltura intellettuale in Dalmazia fitto alla
seconda metà del secolo scorso almeno^ non
4?' ebbe quasi neanco ombra Ira noi')^ vi fu chi
ue parlò molto meno severamente di quel che
giustizia avrebbe voluto. E della moderatezza e
sponteneità nostra il buon abate ci sapea grado;
ma egli era in allora l'abate Simeone Gliubich
Dalmata, ed ora è l'abate Simeone Ljubić Dal-
jnata-Slavo. Tale cangiamento però non avrebbe
dovuto punto influire su quei sentimenti che pro-
pri son di chiunque civilmente sia nato, e di cui
tanti altri Dalmati-Slavi si pregiano. Ma che in-
vece anche in questi avvenisse nel nostro abate
una rivoluzione tale, da fargli scordare ogni re-
gola d'urbanità e gentilezza, fra i cento altri
luoghi dell' opuscolo suo che Io provano, quello
specialmente risalta dov' egli abbandona la qui-
stion principale, per farsi a parlare dell' Annua-
rio Dalmatico di Spalato, del quale dice che
quest^ anno uscì sconcio sì per forma esterna ed
interna, da esser merce da bisca e da gel lo. —
Vogliamo credere che di mal umore mettesser il
nostro abate contro l'Annuario e contro la città
di Spalato il giudizio dato in brevi parole dal
primo, nell'anno scorso, del suo Dizionario bìo^
grafico^ e le ragioni particolari che non resero
un giorno troppo a lui confacente l'aria della
seconda; ma ciò nondimeno a lui Dalmata-Slavo
doveva interessare di trovar in tale operetta e
queir articolo sul futuro indirizzo in Dalmazia
della classe colta, a cui vorrà certamente an-
ch'ei pertenere, e quello squarcio non dispre-
gevole di letteratura serba, e quelle notizie d' uno
scrittore illirico di cui egli nel suo Dizionario
non avea fatto che un cenno magrissimo, e quelle
altre d' un' Accademia illirica, della quale s' egli
fece parola nel Dizionario medesimo, col personifi-
care tra gli uomini illustri le accademie nostre, lo
fece, al solito, copiando ciò che altri prima ne
aveva scritto. Cose tali, per quanto meschine po-
tesser parere a taluno, doveano, il dicemmo, in
un Dalmata-Slavo destare qualche interesse (co-
me in tutti destava una giustissima indignazione
qualche altra pagina di quell'Annuario); ma in-
vece r abate nostro, facendo d' ogni erba un fa-
scio, le proclamava tutte cose da bisca e da getto^
lordezze e brutture. Ed in tale brago non du-
bitava di sepellire con tutti gli altri anche il no-
me di Tommasèo !
E poi dirà il nostro abate che certi scritti
non sono altro che sfoghi inveleniti di partito^
lamenterà che oce fra noi sbucca un qualche
rPggioiify Juce^ debile s«, che gli splendenti sono
^ipfe accalcano tosto per gittar-
gli§i addosso e spegnerlo col pestifero ^«/o, ar-
dirà d'affermare che quest'andazzo da molli anni
s'affratella colla così detta nostra civiltà italia-
na., rinfaccerà al Duplancich di darne larga pro-
va neir opuscolo suo ? Temeraria e bugiarda mor-
dacità! Confortiamci però che grazie al Sommo
Giove 0. J/., come dice con frase archeologica
10 stesso egregio abate, a questo tempo il buon
senso è proprietà comune., ed esso ha già sen-
tenziato fra il sig. Duplancich ed i contradditori
suoi, i quali siam certi eh' egli non degnerà di
risposta, rispondendo per lui quanto basta la voce
della pubhca opinione, che seduto il voleva nel-
r illustre Consesso, a cui Dalmazia commise fi-
duciosa e concorde le proprie sorti.
Errata corride.
Rettifichiamo alcuni errori corsi nel primo
articolo del n. precedente, pella fretta nel det-
tare quei cenni. — Sul numero dei voti leggasi
invece: il D.r Antonio Smirich ottenne voti 108;
11 D.r Vittorio Rioni voti 82; il D.r Regna di Pos-
sidaria voti 78; il sig. Vincenzo Duplancich voti 68.
Si aggiunga che il D.r Smirich, ivi pre-
sente, con calde e belle parole ringraziò gli
elettori che di tanta fiducia lo avevano onorato.
La nomina del cav. Petrovich, quale rap-
presentante la camera di commercio, successe il
giorno 26 marzo p. p., e non il giorno 30; fi-
nalmente alla linea 23 leggasi dissuadere in luogo
di discendere.^ come avvenne per errore di stampa.
"Tip. Deniarchi-Rou?;ier. D.r COSIMO mm DI PUSSIDAIUA « GIUSEPPE mmM CliPlLLI, Redaltai-i respunsubili
N. 16. Zara-Sabato 20 Aprile 1861. Anno II.
GIORNALE EGONOmCO-LETTERARIO.
« 1
XVIII APRttE IflDCCCIiXI
MEMORABILE GIORNO
IN CUI
DI CIVILE SENNO E CORAGGIO
D'ELOQUENZA E DOTTRINA
MIRABILMENTE ANIMATA
PROCLAMANDO A GRAN VOCE
,A DALIATICA AUTONOMIA
V ASPETTAZIONE ADEMPIVA
LE SPERANZE ALLEGRAVA
IDI TXJTTO TJlSr 3POI=»OIL.O
CHE DELL' AVITE SUE GLORIE
E DEL NOME ONORATO DELLA SUA PATRIA
CUSTODE GELOSO
ATTENDE ORA
DALL' ALTA MENTE DI CESARE
IL COMPLEMENTO FELICE
DEI GIUSTI SUOI VOTI
VIVA DALMAZIA!
ve pei Dalmati il libro del conte Girolamo Dan-
dolo ® all'altre che il sommo Tommasèo
nostro ha raccolte e tramandate nella Memoria
intorno alla vita e alle opere del Lorgna
Soltanto non ommetteremo di riferire, che la
Dalmazia dal 1788 al 1792 rendeva da annui
ducati 142871 a 219505, e recava una spesa di
annui ducati 269376 a 379295 dai quali si
traevano dall'anno 1768 ducati 400 in sussidio delle
accademie agrarie di Zara, Spalato e Traù
e così pure ogni anno 800 ducati per sovve-
nire alla pescagione Nel 1691 il provve-
ditore Francesco Nani trovava la popolazione
aumentata a 78090 anime, oltre 30000 nei nuovi
aquisti del 1718; e in seguito, in onta di fre-
quenti carestie, e delie stragi fatte dalla peste
negli anni 1723, 1731, 1762-63, 1783-84, la
si vedeva raddoppiata a 244793 Vero è
che le sono nude cifre, pur, ove le si confron-
tino, danno un sintomo di benessere progressivo,
e rappresentano, a dir così, il valore dinamico,
e r economia delle condizioni sociali. Il che, se
da una parte giustifica i buoni intendimenti del
governo veneto, che lasciava ai Comuni F arbi-
trio e la responsabilità di esercitare i propri di-
ritti, e francava nel tempo stesso i paesi con-
quistati dai pregiudizi servili dall'altra smen-
Dandolo. Cad. della Repub. veneta mi. //,
pag. 270-285.
Tommaseo.^ Studi critici voi II, pag. 189-
208.
Osservazioni sopra li depositi della veneta
zecca. Padova 1801. — Romanin Op, cit.
T. F/, pag. 446 : ''è a notarsi che le rendile
''della Dalmazia e delle isole andavano con-
''sumate per lo più nel luogo stesso; e a pag.
494: ''la Dalmazia e le isole lungi dall'es-
"sere dalla Republica espilate.^ le erano di
''mia quasi continua passività, come chiara-
"mente risulta dagli introiti e dalle spese,,.
—' E Marco Foscarini nella citata, orazione
intorno alla Dalmazia., dimostra che le spese
incerte.) istanti a carico dell'erario publico., fis-
sate a ÒOfiOO lire., passavano al suo tempo
le 500.fì00. Si dirà eh* era denaro sciupato;
ma giammai che lo si sprernem dalla provin-
cia^ e andasse in suo nocumento.
Moschini., St. della, letter. venez. del sec.
XVIII, t. /, pag. 232-233.
Giornale italico an. 17pag. 341.
Moschini, Op. e loc. vit. — La tav. VII
delle Osservazioni sopra li depositi della ve-
neta zecca porta nel 1795 la popolazione a
236415 anime; ed il Cattalanich negli Av-
venimenti eie. pag. 248 a 260000, dietro i
computi del conte Gian Luca de' Garagnin.
Intorno alla schiamlù personale degli Slavi
tisce quei vilissimi calunniatori, che sfuggono al-
l'esame dietro la giravolta d' un luogo comune,
e travisano la storia in un mito arcano come la
loro fede, e incerto come la loro coscienza
Ma l'amore e la costante devozione dei po-
poli dalmati meglio di qualunque elogio resero
giustizia solenne alla benemerita signoria della
Republica, quando essi da lei niente più aveano
a sperare, nè a temere. E con le parole di un
tratta di proposito il nostro scritto intitolato :
Slavi e Schiavi. — V. Duplancich della civ.
i tal. e slava in Dalmazia. Trieste 1861 pag.
25: "La stirpe italiana., a sua volta., non op-
"presse, non perseguitò, non maltrattò gli Slavi;
"al contrario ne tenne grandissimo conto, li
"colmò di benefìci, concedette loro piena li-
" ber là e indipendenza; fece ai coloni condii
"zioni sì larghe da pareggiarli ai padroni dei
"fondi, e renderli quasi comproprietari dei ter-
"reni dati loro a coltivarey^.
L'infausta autorità di qualche scrittore o-
nesto ma talvolta sconsiderato e leggero.^
attribuisce al famoso padre Sarpi V iniquo con"
siglio di far povera e ignorante la Dalmazia
per mantenerla ligia; come il Paravia c'infor-
ma nella sua lezione accademica dell' Eloquen-
za politica de' Veneziani, riportala nella Ri-
vista contemporanea di Torino., an. Il, 1855^
voi. II, fase. 19, 28 febb. pag. 734. E il
medesimo Paravia nelle Memorie veneziane di
letteratura e storia, senza recare alcuna pro-
va, gravemente asseriva, che la Republica.. i
considerò sempre la infelice Dalmazia come
stanza di banditi e prigion di ribelli; ciò che
resta ancora a dimostrarsi, nè forse altri in
seguilo dimostrerà giammai. D' altronde giova
avvertire, che il consiglio imputato a fra Paolo
non si trova nelle opere sue cosi formulato,
come il Paravia lo espone. Anzi nel volume
VI delle opere stesse, stampate a Venezia nel
1685 da Roberto Meietti, v' ha un discorso
intitolato: Opinione falsamente asciitta al pa-
dre Paolo Seruita consultor di stato, come debba
governarsi inlernamente ed esternamente la
serenissima Republica di Venetia per hauìere
il perpetuo dominio etc. E se proprio in quel
consiglio apocrifo vuoisi ricercare qualche al-
lusione, non si scoprirà altra fuor di questa
notata «e/rinformazione suddetta, pag. 273:
"Questi pochi sudditi d'Istria e Dalmazia con-
"finanti coli' Imperatore non hanno alcuna con-
" dizione che possi far gelosia, e poi sono per
"se stessi affezionati alla Republica Serenis-
"sima, nè qui vi bisogna politica, e basta la
"maniera ordinaria senza alcun artifizio,y
ISondimeno il servo pecorame imitatore con-
tinuerà liittavia a giurare in verba magistri.