pero greco, il nome ritenne di Dalmazia romana,
distinta per sangiie, lingua, coltura, costumi e
vesti dalla rimanente occupata dagli slavi, e che
per ciò slavica o barbara s'addoraandava (Ap-
pendiiri Nat slor. criL di Rag. I, 86 e seg.) ;
è vero altresì che per quanto i croati d' allar-
garsi cercassero anciie alla detta parte marittima,
vi trovarono sempre una forte opposizione e nel
valore degli abitanti, e nell' aiuto che ad essi,
chiamati, prestarono i veneziani, i quali appunto
in quest' incontro cominciarono ad esercitare la
potente influenza loro sulle dalmate coste; è vero
altresì che sopra le medesime i regoli della Croa-
zia non ebbero mai un' assoluta preponderanza
di giurisdizione, e che soltanto dopo cessalo il
croatico regno, e passata la Croazia sotto lo
scettro dei re d' Ungheria, questi, anche sulla
Dalmazia romana estendendosi, vi tennero, al-
ternativamente coi veneziani, quella signoria, che
andò poi a cessare nel modo da noi preavver-
tito. Tutto ciò, rispetto all'attuale Dalma^iia, che
cosa prova? Prova benissimo la trasfusione in
qualche sua parte dell' elemento slavo col mezzo
dei croati e delle relazioni secoloro contratte; ma
non già che questi siffattamente 1' antica stirpe
vi sradicassero, ed un tale total rinnovamento di
popolazione v'operassero, da poterlasi dire per
sangue niente più che una porzione del croatico
regno, ed anzi una cosa medesima colla Croa-
zia. Un popolo, per quanta sia la preponderanza
degli invasori, non cosi facilmente s' annienta e
si cancella del tutto dal proprio suolo. — L' e-
rudito arciprete Capor fece in questo proposito
mia curiosa ma giusta osservazione. D' un cen-
tinaio di zaratini, riportati dal Lucio, che circa
il 1240 furono mandati a Venezia per riconci-
liarsi colla republica, la massima parte è di nomi
e cognomi italiani, non mancandovi però qualche
cognome illirico, come LissUm^ Petrìch, Domi-
torich^ Slarllch., Tubarich, mentre ali' incontro
de' nomi croatici, che d' ordinario finivano in slae,
vlacl, mir, gai, nemmeno un solo si può scor-
gere in detti cento; segno certo, conchiude egli,
che l'influenza croatica mai ha potuto trionfare
{Della ling. ili. 155}. — I croati d'altronde non
furono i soli slavi che in Dalmazia calassero,
come vedremo più tardi, lo che sempre più com-
prova r insussistenza di quanto dagli opponenti
s' afferma.
I re croati (vien detto inoltre) scelsero la
Dalmazia per loro soggiorno, in diverse delle
sue città stabilirono la loro sede, vi s'incoro-
narono, per intieri quattro secoli vi conservarono
dominio, e dopo cessati i re croati, vi rimagero
per ben duecento anni i bani, che ressero la
Dalmazia, e la maggior parte anche vi risiedet-
tero. — Tutto ciò, per quella parte della Dal-
mazia che i croati occuparono, e per quel tanto
di lume che la storia di quei tempi ci poro-e
sarebbe vero; solo rimane a vedere in virtù di quaj
titolo dai re e bani tutto ciò s'operasse. In virtù del
solo titolo di re e bani della Croazia^ rispondo-
no quelli cui così rispondere conviene per av-
valorare la loro idea che la Dalmazia non altro
mai fosse nè sia che una porzione della Croa-
zia; ma la storia dà loro una solenne mentita,
comprovando che se i re croati dominarono in
parte anco la Dalmazia, vi dominarono unica-
mente in forza del titolo di re della Dahmizia.,
che furono studiosi d'assumere, ben sapendo che
il solo titolo della Croazia a ciò non bastava.
Lo stesso dicasi dei re ungheresi, 1 quali sem-
pre agli altri lor titoli quello pure della Dalma-
zia intrecciarono, e se Ladislao di Napoli nel
1403 fu coronato precisamente a Zara, non lo
fu già soltanto, come si vuole, quale re della
Croazia e dell' Ungheria, ma dell' Ungheria, della
Dalmazia, e della Croazia, o, a meglio dire,
qual solo re dell' Ungheria, da cui erano allora
dipendenti e la Dalmazia e la Croazia. Cosi pure
r ingerenza eh' ebbero nella Dalmazia i bani, non
la ebbero solo quali bani della Croazia, ma bensì
della Croazia e della Dalmazia.^ nè la ebbero
già per un diritto di preminenza della Croazia
sulla Dalmazia, ma quali ministri eletti dal re
d' Ungheria pel governo dell' uno e dell' altro di
questi s?wi dominii; taluni di essi anzi non
portaron che il titolo generico di bani della Sla-
vonia, sotto il qual nome, avverte il Kregliano-
vich, una volta si comprendevano tutti i possessi
mediterranei e litorali che i re ungarici avevano
fuori dell' Ungheria propriamente detta, e fra cui
quelli pure delia Dalmazia si noveravano [Mein.
per la st. della Dalm. II, 84). Alla testimonian-
za dei re e hani, risultante da moltissimi ed ir-
refragabili documenti, si può quella aggiungere
d' accreditati scrittori, i quali della Dalmazia trat-
tando e della Croazia, fecero uso del plurale
regna, per meglio distinguere l'un reame dal-
l' altro, 0 se pure adoprarono il singolare re-
gmm^ sempre però soggiunsero Dalmatice et
Croatim, mai ritenendo che il solo nome della
Croazia bastar potesse ad indicare anco la Dal-
mazia. — Dal fin qui detto si può dunque fuor
di dubbio conchiudere, che tutti sempre, anche
politicamente, risguardarono la Dalmazia come
una regione sussistente da sè, nè mai alcun»
pretese quel che pretendon ora taluni, di consi-
derarla niente più che un angolo della Croazia
stessa.
Tutto all' opposto anzi 1' attuale Croazia non
è che una parte dell' antica Dalmazia, a cui gH
occupatori imposero il nome loro, del quale ap-
pena nel secolo IX s'incomincia a trovar men-
zione, quando quello dei dalmati figurava g'^
glorioso nella storia tanto e tanto dapprima C^-
ed appena ricordati nel loro luo^o natio, perloc-
chè sarà sempre opera onesta quella di risve-
gliarne la memoria, e di ripresentarli alla publi-
ca estimazione quale esempio ai contemporanei
ed ai posteri. Fra questi figura in grado non 1-
spregevole Giovanni Obradich Bevilacqua di Gel-
sa deli' isola di Lesina, che per benemerenze a
prò della patria e dello stato, venne creato nel-
r anno 1660 dalla veneta republica cavaliere di
s. Marco. Questi nasceva in Gelsa il 27 novem-
bre 1619. Dalla natura sortito aveva anima ge-
nerosa ed a generose azioni inclinata. L'influen-
za dei tempi prestava alimento alle felici sue na-
turali disposizioni, sia per mezzo degli esempi
domestici, sia in causa de' bisogni incessanti della
patria, che alle braccia dei suoi figli appoggiava
la propria salvezza dalle continue ottomane in-
vasioni. A trenta anni d'età del nostro Obradich
Bevilacqua ferveva tra i veneti e gli ottomani
la lunga e memorabile guerra di Candia, con-
seguenza della quale erano i continui attacchi da
parte dei turchi delle città e possessioni venete
in Dalmazia. L'Obradich Bevilacqua, persona do-
viziosa e per beni, e per buon numero di navi,
è per peculio, in tutti questi beni materiali non
vedeva che un mezzo onde giovare alla patria,
che non circoscriveva al solo luogo natio, ma
estendeva a tutta Ja dalmatica ter^. Ovunque
nella Dalmazia il bisogno lo richiedeva, F Obra-
dich Bevilacqua era pronto colf opera propria.
Occorrevano materiali per le fortificazioni della
Dalmazia, e specialmente di Traìi, Spalato ed
Almissa, 1' Obradich prestavasi al generoso prov-
vedimento '). Passava il nemico a danni di Ma-
carsca e Primorie, T Obradich vi accorreva con
buon numero di paesani da Gelsa alla difesa di
quelle parti Insorgevano corsari a pregiudi-
zio dell' isola, l'Obradich la difendeva da ogni
invasione In una parola, non vi era sacrifizio
e di sostanze e di vita che F Obradich non fosse
disposto ad incontrare a vantaggio della patria
Ma fra tante. Fazione piìi gloriosa che di-
stinse F Obradich Bevilacqua, e che mosse la ve-
neta republica a fregiarlo del cavalierato di san
Marco, ìu quella del 1657 nell'incontro della li-
berazione della città di Spalato attaccata da nu-
meroso esercito di turchi, alla testa dei quali tro-
vavasi lo stesso bascià di Bosnia. Ciò avvenne
nel mese di giugno delF indicato anno 1657. A
dieciottomila uomini ascendeva F esercito otto-
mano. La città di Spalato, parte con propri mezzi,
Attestato di Gio. Andrea Querini vice conte e
provveditore di Lesina.
Attestato di Andrea Corner promeditor ge-
nerale in Dalmazia.
3) Ducale di creazione al camlierato.
Della ducale.
parte con soccorsi di milizie inviate da altre piaz-
ze del continente, opponeva valorosa difesa al
tremendo ostile assedio, ma ad onta di tutto ciò
era quasi ridotta esausta di forze. In gravi an-
goscio trovavansi i cittadini, e di già erano per
mandare ad efi'etto F estremo partito di porre in
salvo le loro vite e quelle dei militi, e di ab-
bandonare Spalato in preda del formidabile ne-
mico. Tremendo partito, pel quale non solo an-.^
dava dopo dieci secoli a rinnovarsi nella illustre
città di Spalato il triste destino della città di
Salona, da cui Spalato ebbe origine, ma pel quale,
colla caduta nelle mani dei turchi di quella im-
portantissima piazza, non più avrebbero potuto i
profughi di Spalato contare di ottenere nell'isole
quei sicuro asilo, che dieci secoli innanzi ottenuto
avevano i profughi di Salona, fatto riflesso a
quei migliori mezzi di passaggio mariltimo che
alle orde barbariche avrebbe prestato il secolo
XVri in confronto al settimo secolo. Buono però
che non fu posto in atto il concepito divisamento:
buono che in tale stringente si fece conto del
sentimento di patria e del valore dei nostri iso-
lani di Lesina. Difalti a questi si mandò per
soccorso, e importante e decisivo soccorso da
questi si ottenne. Il nostro Obradich Bevilacqua,
influenle sugli animi di queste popolazioni, d'al-
tronde sempre pronte a sacrifizi a prò della re-
ligione, della patria e dello stato, si fece a capo
delia nobile impresa. In brevi momenti vennero
allestite e raccolte nel porto di Lesina oltre a
cento vele Di oltre a settecento isolani atti
alle armi vennero esse fornite, e fra le accla-
mazioni ed i voti del popolo dell' isola, condot-
tiero F Obradich, si diressero alla volta dell'as-
sediata città. Alla vista di tale numerosa ilolla
lesignana si sollevò il cuore angustiato de' cit-
tadini di Spalato, e si aprì a speranze di li-
berazione e salvezza. Dall' altra parte sbigotti-
ronsi gli ottomani, chè formidabile era F aspetto
della flotta soccorritrice, e ad arte aumentata di
navi ancor più che il richiedesse il numero de-
gli armigeri. L' approdare a Spalato, lo sbarcarsi,
e F intraprendere li cimenti coi turchi fu, pu''
dirsi, un solo istante pei Lesignani compresi nel
più alto grado di sentimento di carità verso 1
loro fratelli. L' Obradich, già alla loro testa, in-
fondeva negli animi di tutti quello spirito di feije
e valore di cui era compreso. L' esito fu il P"' ^
felice. La cristianità ottenne nella classica tern»
di Spalato un nuovo trionfo. Il bascià di Bosnia
rimase scorato per modo, che il terzo giorno dopo
F avvenimento, nel silenzio della notte levò J
') V elegante descrizione dell' assedio di Spala-
to del 1657 riportala nel giornale La Dalma-
zia ai num. 7 e 9, anno 18i5, porta il
mero delle navi a 125.
Allorché nell' anno 1859 fu sospeso, du-
rante la guerra, il pagamento dei censi in ef-
fettivo con indennizzo dell'aggio medio, che ve-
niva fissato in apposito listino ministeriale, le ii.
rr. dogane ricevettero sempre i coupons in luogo
dell' argento, quantunque talfiata 1' aggio delle
piazze fosse superiore all' aggio medio &tal)ilito
in precedenza.
Una simile pratica dovrebbe essere richia-
mata in vigore oggidì che si rientrò nelle stesse
condizioni, e ciò deve dirsi tanto più, in quan-
to che non havvi disposizione alcuna che vieti
alle publiche casse di ricevere i coupons^ come
per lo passato, in luogo di argento, in mancanza
del quale divieto non può essere alterato quel-
r ordine di cose che venne in precedenza san-
cito.
In appoggio di tutte queste considerazioni
e della pratica esercitata in circostanza identica,
viene un importante argomento d'analogia, che
giova qui riportare.
L'ordinanza imperiale relativa al pagamento
degl' interessi del prestito nazionale in banconote
con un' aggio, ebbe vita nel giorno stesso in cui
fu ordinata T introduzione delle note di banco
qual mezzo di pagamento ordinario nelLombar-
do-Veneto.
A tenore del § 10 lett. a di quell'ultima
ordinanza imperiale del dì 27 dicembre, nel Lom-
bardo-Veneto i dazi devono essere pagati in va-
luta austriaca d'argento, e pel Lombardo-Veneto
essendo parimenti operativa 1' ordinanza concer-
nente il rimborso degl' interessi, quel regno tro-
vasi in entrambi questi rapporti a condizione u-
guale della Dalmazia. — E siccome per il Lom-
bardo-Veneto è stabilito al § 11 dell' ordinanza
27 dicembre a. p. che lo riguarda, che in quei
casi in cui si devono pagare le imposte ed i
dazi in valuta austriaca d' argento sieno rice-
mti in pagamento nel loro pieno valore nomi-
nale (cioè come fossero argento) anche i ta-
gliandi (coupons) del prestito nazionale, la cui
scadenza non sorpassa un anno; siccome in re-
lazione alla scadenza non può esservi obbietto
nel caso nostro; e siccome non fu emessa dis-
posizione alcuna che vieti per la Dalmazia ciò
eh' era autorizzato in precedenza, e ciò che au-
torizzato venne espressamente pel Lombardo-Ve -
neto air atto che entrò nelle stesse condizioni
in cui la Dalmazia attrovasi da lungo tempo ;
cosi crede la camera, che in caso potesse sor-
gere un dubbio contro la tesi da essa sostenuta,
queslo dubbio dovrebbe essere risolto in suo fa-
vore col sussidio della disposizione del succitato
§ 11.
In tale stato di cose, non tardò la camera
stessa a rivolger preghiera all' eccelsa i. r. di-
rezione provinciale delle finanze, perchè voglia
dare una positiva disposizione, che, disperdendo
gli scrupoli del locale ufficio doganale, ingiunga
tanto ad esso, quanto agli altri uffici di questo
genere, di continuare a ricevere i coupons del
prestito nazionale in pagamento dei dazi, implo-
rando in pari tempo che qualora essa non si
trovasse competente in tale riguardo, consultar
voijlia r Eccelso Ministero delle finanze, con la
sollecitudine reclamata dalla mancanza di moneta
elfettiva in cui versa attualmente questa piazza.
La voce del ceto commerciante, innalzata
col mezzo della sua legale rappresentanza in ar-
gomento sì grave, non suonerà, sperasi, nel de-
serto, ma troverà nella superiore saggezza quel-
r accoglimento, che trovarono sempre le istanze
pili ragionevoli e giuste.
Varietà.
A proposito dell' augurare che si fa al pri-
mo giorno dell' anno la felicità, col dire: un buon
principio^ io trovo meglio (siccome non uso se-
guitare r andamento comune) di augurare un
buon fine. — Ho ragione ? — Ho torto ? — Mi
appello al publico colto e non colto, ri-
spettabile e non rispettabile, intelligente ed igno-
rante, poco monta; e dico che augurare un buon
principio è cosa inutile; perocché allora che
lo si augura il principio é diggià principiato; se
buono, non occorre augurarlo; se cattivo, sarebbe
una beffa. Bla il fine, il fine è quello che conta,
ì ( he giova adunque il buon principio se va male
! il fine? e dall' altra parte che monta, quando
buono sarà per essere il fine, se il principio pur
fosse cattivo? Finis coronai opus. — E perciò
tengo sempre il mio uso di augurare al primo
dell' anno una buona fine piuttosto che un buon
principio. (Islr.)
— Un nuovo processo per conservare i grani
fu attuato in alcune provincie di Francia e pa-
recchi giornali ne vantano l'efficacia. Questo me-
todo consiste nel disporre fra gli strati del gra-
no dei tubi di terra o di stagno o di legno, tubi
aventi gran numero di pertugi che s'aprono al-
l' esterno della massa del cereale, per cui Faria
penetrante per queste aperture circola fra il gra-
no e lo dissecca. Questo è un vero drenaggio
applicato ad una massa di biada allo scopo di
stabilire delle correnti d' aria, la cui azione con-
tinua si comprende e si spiega facilmente. Av-
vertasi che pili il cereale sarà stato colto imma-
turo e sarà stato imperfettamente conservato, e
più converrà moltiplicare i tubi che servono a
disseccarlo. (Riv. Fr.)
Tip. Demarchi-Rou^ieì'. D.r COSIMO DEGNA DI POSSIDARIA e GIUSEPPE FERRARI Cl'PIlU, Reda iteri responsabili.
N. 2. Zara-Salialo 12 Gennaro mi Anno li.
LA VOCE DALMATIGA
GIORNALE EGONOMICO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — Il prezzo <l" «ssoiiazione per Zara è di lior. 5 sol. -10 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I pai,nuiienli potranno farsi per ì" annata intera, ed anelie per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviati franchi per la posta, coir indicazione del nome, cognome, e domicilio
deir associato. — Lettere, libri, articoli, devono alFrancarsi. - - I reclami si mandano con lettera aperta, senza allranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abelicli. I n numero separalo vale s. 13.
SOlfIflAmO — Quesiti d'interesse patrio. — Indi-
rizzo al sig. conte Barelli. — Biografia; della vita e
delle gesta di Gioranni Alberto Duimio. — Corrispon-
denza di Venezia. — Legislazione; sintesi generale della
scienza e della legislazione di finanza. — Cronaca ur-
bana. — Camera di commercio iti Zara. — Annunzio.
Ctuesìti d'interesse patrio.
Perchè, nel mentre che viene accordalo
ad ogni provincia nna libertà di amministrazione,
e quasi una propria autonomia, la Dahnazia do-
vrà perdere questi vantaggi, e andare avvinta
alle infondate esigenze della Croazia?
La Croazia, della quale rispettar si deve la
nazionalità, perchè vuol torla a chi non le ap-
partiene nè storicamente, nè politicamente, nè
moralmente?
La Dalmazia, che per la sua posizione non
è al certo ultima gemma della corona austriaca,
ma che pur per fatali circostanze è priva di quel-
li influenza che nel bilancio governativo esercita
la Croazia, non sarebbe essa vittima del più forte,
e più influente?
E queste due nazioni, che tanto bisogno
hanno di civiltà, come civilizzeranno rima Tal tra?
Troverà la Dalmazia in Croazia T intelligen-
za ed i capitali di cui manca?
È la Dalmazia che darà alla Croazia T in-
fluenza del suo elemento italiano, o questa a
quella l'influenza del suo elemento slavo ?
Perchè nel primo caso sacrificare in Dal-
mazia 1' elemento italiano ?
E perchè nel secondo sacrificare la nazio-
nalità della Croazia?
Non deve avere la Dalmazia, dopo quattro
secoli di dominio veneto, un'educazione italiana?
Quale vantaggio, ed a chi dal venir dessa
spenta per sempre?
Non ha la Dalmazia quasi due nazionalità?
Perchè distruggere questa doppia tendenza
tanto tradizionale e tanto strana?
Non formò la Dalmazia coli' educazione i-
taliana alT Italia Tommaseo?
Non formò essa coli' educazione slava alla
Slavia i Gondola ed i Pozza?
E la classe civile ed intelligente, benché in
minor numero, non forma forse la maggioranza
morale ?
E la classe civile in Dalmazia non è forse
italiana ?
Perchè educare il ceto civile alla scuola del
ceto ignaro, e non piuttosto questo a quella del-
l'altro?
Come si affratellerà questo elemento italiano
con un' influenza slava che vorrà predominarlo ?
Quale sarà il commercio interno ?
Che cosa darà la Dalmazia alla Croazia, e
questa a quella ?
Qual profilto ritrarrà la Dalmazia dalle mon-
tagne della Croazia, e questa dai porti della
Dalmazia ?
Ove sarà il centro governativo di queste
due riunite provincie?
Se a Zagabria, perchè la Dalmazia rimm-
zierà al suo governo, il quale andrebbe ad es-
serle tanto lontano?
Se a Zara, vi rinunzierebbe la Croazia al suo?
La dieta provinciale ove sarà tenuta ed in
quali proporzioni riunita ?
La popolazione della Croazia essendo mag-
giore a quella della Dalmazia, ed essendo i de-
putati in uguali proporzioni, quale influenza avrà
la Dalmazia nei voti deliberativi?
Se interessi e vedute diverse esistessero
nella dieta a parità di voli, chi delibererà a fa-
vore degli uni o degli altri?
In quale lingua sarà tenuta la dieta pro-
vinciale ?
Se illirica, il ceto intelligente ed elegibile
in Dalmazia qua! parte potrà prendervi?
Se italiana i Croati che vi diranno?
E sarà la Dalmazia ceduta senza che la sua
popolazione lo deliberi?
fortuna, che accompagna i libri devoti alle lu-
singhe di contentamenti volgari.
Spalalo, in gennaio 1861.
CoFiolano de^ Cerineo lineto*
II.
Considerazioni suW annessione del regno di Dal-
mazia a quelli di Croazia e Slatorda. Spala-
to, libreria Morpurgo, tip. Oli veli e Giovan-
nizio, di fac. 16.
E questo l'opuscolo annunziato nell'ultimo
numero, e che ci venne testé gentilmente co-
municato. Proposti 1 quesiti: ''Sta nell'interesse
nostro r unirsi ai regni di Croazia e Slavonia ?
Se tale il nostro interesse, quale sarà la natura
ed il modo di questa unione?,, l'anonimo au-
tore li svolge con dignitosa moderazione, vale-
vole a conciliarsi i riflessi anche dei men con-
cordanti in qualche sua idea, chiudendo con le
parole che ne piace qui riportare:
'^La Dalmazia sebbene piegasse talora la cer-
Ivice al giogo del più forte, sebbene venduta una
I volta da un re come sua proprietà, non rinunciò
I giammai ai diritti che natura concede ad ogni
I popolo. Ella è sempre pronta, quando che sia, a
I far valere questi suoi diritti in l'accia agli uomini
I ed alle nazioni.
I Un tempo unita a Croazia, ebbe autonomia
I propria, costituendo un reame. Con quella fu
soggetta alla sovranità dei re d'Ungheria chela
contrastarono fortemente a' veneziani, in fino a
che non V ebbero venduta agli stessi. Qual pro-
vincia autonoma rimase sotto a questi, allargan-
dosi negli attuali confini per proprio valore. Co-
me tale si sottomise a casa d'Austria dopo la
caduta della veneta republica; come tale rimase
sotto il regime illuminato del conquistatore a cui
tutta Europa cedeva d'innanzi; e quando alla
perfine disgrazia incolse questi, ritornava come
tale sotto l'austriaco dominio: conservò quindi
ella sempre la propria autonomia. E questa le fu
da ultimo implicitamente garantita colla sovrana
patente del 20 ottobre 1860.
Infondati sono adunque i diritti storici ac-
campati dai croati rispetto alla Dalmazia, e falsa
la base sulla quale essi s' appoggiano per diman-
dare l'annessione o incorporazione della nostra
provincia. Quei vieti diritti, cui il tempo prov-
vidamente annulla od indebolisce, non devono
servire che da addentellato per novello edifìcio
da innalzarsi su basi più solide e giuste, sulla
base dei naturali diritti dei popoli.
L'arme dei diritti storici, facilmente si ri-
volta contro colui che se ne serve a torto. Ella
d'ordinario si adopera più contro che non a fa-
vore delle nazioni, per appoggio di vecchie in-
giustizie contro le novissime riabilitazioni. Sarà
bene quindi che i popoli si servano di tale ar-
me con prudenza e lealtà, o che altrimenti Ta
gettino da un canto.
Alla Dalmazia non si può togliere la sua
autonomia; senza di lei consenso. Desiderando i
croati d'annettersi la Dalmazia, avremmo adun-
que amato si fossero rivolti in pria ai dalmati
stessi, come a fratelli, come a uomini. Storici
diritti, anche se fondati, non possono al dì d'oggi
servire di base ad un matrimonio politico disi-
mil genere. Anche a siffatti matrimoni conviene
applicare i razionali principi dei contratti, e quello
capitale del mutuo consenso. Solo quando que-
sto venga dato nei modi voluti, 1' unione è per-
fetta. In fino a che tale consenso non si presti,
vi può essere unione di fatto, ma di diritto non
mai.
A prestare tale consenso in modo legittimo
e valido, ed a trattare della natura e forma del-
l' unione, è capace solo una dieta provinciale
composta da rappresentanti liberamente eletti dal
paese.
Ogni dalmata illumini la propria niente con
maturi riflessi e purifichi il cuore dai sentimenti
egoisti, indi si ponga a risolvere la questione da
cui dipende 1' avvenire della nostra Dalmazia.
Ognuno francamente esprima la propria o-
pinione, come ad uomo si conviene; e chi più
sa cerchi d'illuminare chi ne sa meno. La piena
tolleranza delle opinioni altrui sia ad ognuno sa-
cra, poiché ella sola dà diritto a pretendere il
rispetto delle proprie. Concorrano tutti a seconda
delie forze e delle convinzioni a servire la pa-
tria in sì decisivo momento.
Quelli che s'uniscono a noi, eccitiamo a
moderazione. Questa sola può far trionfare l'i-
dea da noi propugnala, questa ne può dare il pos-
sente appoggio della publica opinione, la più
grande potenza del giorno. Li eccitiamo e con-
fortiamo sopratutto a resistere allo scherno di un
nome colpito da ingiusto disonore, e pur degno
di rispetto. Abbiamo fede sorgerà una volta al-
cun storico coscienzioso, che rinvangando le me-
morie del passato non più oscurate dalle passioni
di quello, purgherà il nome dei Croati dalle tante
taccio che lo resero odioso in Eueopa.
Eccitiamo infine i nostri avversarii a voler
rischiarare la publica opinione della nostra pro-
vincia con onesta polemica.
E quando bene fatta capace della giustizia
e del diritto, e quando illuminata sui proprii in-
teressi, possa la nostra Dalmazia decidere come
arbitra sui proprii destini,,. —
Sulla copertina di questo libretto vedemmo
annunziato di prossima puhlicazione a Spalato,
oltre V Annuario dalmatico anno II, un altro o-
puscolo intitolato: I partiti in Dalmazia.^ titolo
che, a vero dir, non ci piacque, poiché anche,
fra le più discordanti opinioni, ove tendano per
usi delle g-enti marittime, e indotti da altre ca-
gioni ignote a noi, si recassero in quella terra
che da loro ebbe il nome; questo stesso lo pro-
Va, che alla Dalmazia restò il nome suo; che
nelle parecchie centinaia d'anni corse tra gli A-
vari e i Veneti, mai la Dalmazia non fu nomi-
nata Croazia; che i due regni rimasero netta-
mente distinti; come la dominazione germanica o
la spagnuola o la ottomana non potè fare mai
che Italia e Grecia diventassero Turchia, nè Ger-
mania nè Spagna.
Se il popolo dalmata si sentiva altro da
quello che il suo nome suona, avrebbe nominato
sé stesso altrimenti; se coloro che tanto fecero
per avere il dominio di questa piccola ma pre-
ziosa linea di terreno, avessero creduto potersi
dell' origine e del nome creare un titolo di si-
gnoria, non se ne sarebbero al certo astenuti per
amore di Venezia contro cui combattevano. Ma
nè allóra nè poi stimarono potere adoperare que-
st' arme : e tale reticenza del nome vero e am-
missione del falso sarebbe un esempio di gene-
rosa menzogna o di smemoraggine o di sempli-
cità nuova nei fasti delle politiche ambizioni. Al-
lorché la Dalmazia sulla fine del secolo, non più
potendo nè essere difesa dall' amata repubblica
nè difenderla, non avendo in sè stessa elementi
di repubblica, per fuggire all' anarchia chiamò le
armi austriache, memore forse del governo di
Maria Teresa in Italia, e rinvenne (sia lode al
vero) un altro conte di Firmian, nel conte di
Goes; fece quest' atto (che alla fine è atto di
sovranità) come regno di Dalmazia e non altro;
e Croazia, eh' io sappia, non ne mosse querela.
Questo paese fu sempre tenuto non solamente
come provincia distinta, ma come regno separato;
fece governo da sè, con sue proprie condizioni.
Napoleone, eh' ebbe nel suo esercito e Croati e
Dalmati, così come Italiani e Francesi, non li
volle confusi mai; e il reggimento Dalmata fece
onore e alla bellicosa patria e al gran capitano.
Che se il Tizio e il Giadro tutt' a un tratto di-
vennero fiumi di Francia così come il Tevere e
l'Arno; a lui, ne'trastulli della sua oltrepotenza,
non piacque eh' e' fossero acque croate. Al va-
sellaio di Corsica costò caro il rimpastare le na-
zioni a guisa d' argilla : e la sua testa di granito
si venne in esse da ultimo a infrangere come
vaso d' argilla.
Ma insomma, questa ostinazione della storia
a voler nominare Dalmazia la Dalmazia, dacché
si restrinse il prisco nome di Illirio, merita che
sia rispettata da'Dalmati, i quali finora non eb-
bero fama d'irriverenza alle tradizioni, o di vo-
lubilità. Il nome loro, più antico che quel d'In-
ghilterra e di Francia e di Spagna, meno variato
nella significazione che quello d* Italia (or Au-
Sonia, or Enotria, e qui Magna Grecia e lì Gal-
lia), questo nome è un' eredità, ricca o povera,
fausta 0 infausta, che ai nepoti non è lecito ri-
pudiare. Ch' e' debbano a tutti i popoli slavi af-
fratellarsi con r animo, e, quant' è possibile, colle
istituzioni se buone siano, bene sta: ma lo sbat-
tezzarsi non è rigenerazione, nè la fraternità si
celebra con lo scambio dei nomi. Unione non è
confusione. Mettansi insieme i beni a comune
incremento; ma l'incremento degli uni non sia
perdizione degli altri; non sia quella che i giu-
reconsulti chiamavano dimimilio capifìs. Quanto
ne'tempi di violenza non fu nè potuto nè osato,
non si richieda che i Dalmati stessi in nome delle
proprie libertà lo consentano; che, per apparire
fratelli, rinneghino i padri loro. Nessuna menzo-
gna sarebbe più stolta, più empia, più codarda,
più inutile.
III. Se il diritto moderno avessesi à rifondere
secondo 1' archeologia, bisognerebbe rendere alla
Dalmazia i confini suoi del tempo romano, e
sbrattare parte di quel che è Turchia, con altri
non piccoli spazii di terra; bisognerebbe rivedere
i conti a tutti o quasi tutti i potentati europei.
Se i Croati richiedono che Dalmazia sia data
loro per la ragion del più forte, per quella che
li fece vincitori degli Avari; siano i più forti, e
di fraternità non si parli. Ma giacché questo ti-
tolo recasi in mezzo ; siano i patti di famiglia
ben chiari, posino, se è possibile, sul fondamento
della verace uguaglianza. Come sia possibile per
ora cotesto, tra breve vedremo : qui domandasi
solamente che il fratello maggiore non sia po-
sposto al minore, che 1' unione domestica non
sia germe di liti e di risse; che non ci accostia-
mo sgraziatamente per quindi più abbominosa-
mente respingerci. Or che il popolo dalmata sia
nella civiltà il fratello maggiore, Io dicono i no-
mi di que' Dalmati eh' entrarono in parte del più
illustre patriziato moderno (ai dotti Croati non fa
di bisogno, perchè intendano, additare Venezia);
lo dicono i nomi d'un De Dominis, d'un Ve-
ranzio, d'un Baglivi, d'un Boscovich; i nomi di
quei non pochi e professori e scrittori noti al-
l' Italia e all' Europa; lo dicono i monumenti d'arte
per cui la Dalmazia è da' viaggiatori tuttavia vi-
sitata; lo dice la repubblica di Ragusa. Nè in
Ragusa soltanto la lingua latina ebbe culto e
scrittori e maestri, nel secolo scorso tanti forse
tra i più lodati, quanti ne contò Italia tutta; ma
nelle altre cittadette di Dalmazia altresì posse-
devansi fino ai tempi della mia adolescenza ed
esercitavansi le latine eleganze. E questo ivi era
studio di soprappiù, come dire di lusso; men-
trechè alla Croazia 1' uso del latino era infino
alla metà quasi del presente secolo necessità della
pubblica vita. Nè, per amare le due favelle d'I-
talia, disprezzavano i Dalmati la lingua natia po-
polare: e quando i Croati incominciarono a vo-
riiiunziavano alla Dalmazia tutta e a tutti i di-
ritti e titoli inerenti. Rottasi indi a poco la guerra
tra Venezia e Genova, e sendosi Lodovico d'Un-
gheria collegato a'Genovesi, dopo molti e ter-
ribili disastri si venne alla pace di Torino 8 a-
gosto 1381, in cui la republica fu costretta a
riconfermare di nuovo a Lodovico if dominio
della Dalmazia, restituendogli Cattaro che gli a-
veva tolto durante la guerra^ ed obbliga vasi an-
cora di pagargli annualmente 7000 ducati d' oro
per la rinunzia che il re faceva al diritto della
libera navigazione entro la parte piiì interna del-
l'Adriatico. E questo tributo la republica conti-
nuò a sborsare puntualmente ogni anno all' Un-
gheria fino quasi al tempo, in cui Ladislao di Na-
poli si rese signore d' una parte della Dalmazia.
Morto Lodovico e succedutagli la sua figlia
Maria, la republica riconobbe questa regina come
vera e legittima erede de' regali diritti di Lodo-
vico, e così da poi riconobbe pure il suo sposo
Sigismondo qual re d'Ungheria, mandando loro
solenni ambasciatori e per felicitarsi seco loro
per l'esaltazione sul trono, e per far ad essi
giurare 1' osservanza della pace di Torino giusta
gli articoli di quel patto.
Intanto ordivasi forte congiura in Ungheria
contro Elisabetta, che governava a nome di Ma-
ria. r congiurati chiamano Carlo III di Napoli,
ultimo erede maschio della casa regnante. Ma
trucidato questo a tradimento (1386), e poco
dopo chiusa Maria dai congiurali in Novegradi,
sopraggiunge Sigismondo, cui riesce di riacquistare
il dominio, e riporre Maria, sciolta da' ceppi per
opera de'Veneti, sul trono.
In questo frattempo sempre più andavasi
stendendo la potenza ottomana sulla gran peni-
sola grecO-iiJirica, penetrando fin' anco in Un-
gheria. Seguitane F infelice battaglia a Nicopoli
(13963, Sigismondo trova uno scampo sulle ve-
nete galee. Le sfortunate imprese di Sigismondo
gli alzano contro un forte partito, cui riesce di
chiuderlo in Soklos, e di chiamare sul trono un-
garico Ladislao di Napoli, figlio di Carlo III, te-
sté uscito della lotta contro la fazione angioina,
Ladislao v'accorre, e riceve la corona a Zara;
ma quando indi a poco, Sigismondo liberato dal
carcere col riconquisto del trono, minacciò la
Dalmazia, ove già andava riaquistando le terre,
Ladislao, vedendo ormai impossibile per lui so-
stenersi a lungo su questa costa, e d'altra banda
abbisognando di danaro stante le politiche com-
plicazioni che a quel tempo agitavano l'Italia,
ove desiderava allargamenti, vende alla republica
per 100,000 ducati tutti i possessi che ancora
gli restavano in Dalmazia, coi diritti che pre-
tendeva avere sull' intera provincia (9 luglio
1409}.
Da questa breve esposizione riesce chiaro,
che la Republica aveva riconosciuto diplomati-
camente il diritto di Maria e di Sigismondo d'Un-
gheria sulla Dalmazia; che Ladislao non ne a-
veva alcuno; eh' anzi mentre era in procinto di
perdere le poche terre che ancor gli rimanevano
su quella costa, le alienò a Veneti, per trarne
almeno un poco d' oro prima di perderle tutte;
e che quindi 1'aquisto veneto era a quel tempo
del tutto illegittimo, e contro il diritto. E che
tale si fu difatti, lo provano chiaramente gli alli
diplomatici, che corsero da poi tra Sigismondo
e la republica, e specialmente le commissioni
che il senato rilasciava agli ambasciatori, che di
tratto in tratto spediva in Ungheria. Ai primi am-
basciatori mandati nel 1410 il senato dava fa-
coltà di accordare a Sigismondo per il possesso
della Dalmazia, oltre fino a 60,000 ducati per
una volta, anco T annuale ollerta di un cavallo
bianco o di un panno d' oro, con che inlentio-
nis nostre es^, habere dominium Dalmacie, re-
cognoscendo ipsum a d'clo rege et Corona hun-
garie. Nelle commissioni susseguenti ristringe-
vansi le pretese venete sempre piìi in quanto a
territori, ed invece accrescevasi la somma in da-
naro.
La storia ignora affatto che Sigismondo ab-
bia lasciato la republica in tranquillo possesso
della Dalmazia colla pace del 1433. In quest'an-
no non ebbe luogo alcun trattato di pace tra Si-
gismondo e Venezia circa la Dalmazia; sibbene
a' 4 giugno 1433 fu rinnovata la tregua quin-
quennale tra essi, che diede modo ad una lega
tra i medesimi (31 agoslo J435) contro Filippo
Visconti, indi all' alto solenne con cui quell' im-
peratore investiva la republica nel possesso delle
sue terre in terraferma dipendenti dall' impero
(20 luglio 1437).
Le tregue furono fatte, mediante le cure
di papa Eugenio IV, in Roma tra Sigismondo e
Andrea Donato ambasciator seneio^ lam occasioM
imperij quam regni et corone hungarie, per la
durata di cinque anni. Ognuno restava in pos-
sesso di quanto teneva, ma senza ricognizione
alcuna di diritto, anzi riconoscevasi il bisogno
di devenire quanto prima alla pace colla niedia-^
zione del Papa. — Negli altri due palti non si»'-
fa cenno di Dalmazia, giacché Sigismondo sti-
pulava quegliatti colla republica in qualità d'im-
peratore della Germania soltanto. Anzi in un re-
scritto ai suoi popoli, facendo conoscere l'inve-
stitura accordata al doge veneto per le terre in
terraferma, soggiungeva : tarnen per hujusmoéi
investituram et juramenti ac fìdelilatis reception
nem nolumus inlelligenlie mutue et treuguispro^
rogatis quomodolibet derogare, ymnio illas de^
cernimus tenore presentium debere in suis viri-'
bus et r obor e permanere.
Ecco quindi abbastanza chiaro, che Sigi'
N. 6. Zara-Sabalo 9 Febbraro 1861. Anno II.
LA VOCE DAIMATIGA
GIORNÀIE EGONOMICO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — Il prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I pagamenti potranno farsi per V annata intera, ed anche per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviati franchi per la posta, coir indicazione del nome, cognome, e domicilio
deir associato. — L'ìtlere, lil)ri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si maiiduno con lettera aperta, senza alTranca-
KÌone. — Iti Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pie/ro Abelich. — Un numero separato vale s. 15.
SOMMARIO — Può la Dalmazia unirsi alla Croazia ?
— I dirilli storici dell' Ungheria sulla Dalmazia (con-
tinnazioìie e (inej. — Camera di commercio e d' indu-
stria di Spalato. — Indirizzo al conte Borelli. — Di-
chiarazione. — Annunzio bibliografico.
Può la Dalmazia unirsi
alla Croazia?
Ogni individuo, ogni popolo, ogni nazione
ha in sè una forza che tende a sviluppare, per
perfezionare il proprio essere, ed indirizzarlo al
grandioso fine stabilito nell' ordine provvidenziale.
Da questa forza intrinseca alla natura dell'uomo
costituito in società, ne deriva il sacrosanto di-
ritto d' autonomia, il quale in certi tempi si può
soltanto conservare, ed in altri più felici puossi
esercitarlo. La Dalmazia, terra piccola, e più pic-
cola ancora per popolazione, racchiude in sè nul-
latneno molti elementi per essere autonoma, ed
ora ne ha la coscienza di possederli; imperocché
molti de' suoi illustri concittadini in questi mo-
menti d'anelito generale, ne dimostrarono tale
verità con iscritti pieni di calore e sentimento pa-
triottico, opponendosi all' unione sua colla Croazia.
La Dalmazia colla diramazione del Velebit e
del Dinara è divisa naturalmente dalla Croazia
e dalle altre meridionali provincie slave; dall' I-
talia da breve tragitto di mare ; all' oriente, se
le venissero restituiti i suoi aniichi confini, pro-
hmgherebbe il suo capo, e tra questo e 1' occi-
dente formerebbe uno scalo naturale. GÌ' inte-
ressi agricoli e pastorecci, i costumi e la coltura,
sono differenti da quelli de' nostri confinari croati.
L'elemento poi che costituisce una delle glorie
dalmate, ed affatto estraneo alla Croazia, si è
la navigazione, per cui i dalmati si mostrarono
sempre mai attissimi, portando il proprio nome a
lontani lidi. In cosa dunque vi assomigliamo, o
coraggiosi croati ? Ah ! vói dite che siamo slavi,
che qui si parla Io slavo; ma capile una volta
che la lingua, sebbene il principale, non è il
solo elemento che costituisce la nazionalità, ma_
il complesso di quanto si è detto sopra. La Dal-
mazia adunque pella sua posizione geografica,
pe' suoi interessi, coltura e costumi, ha una vita
sua propria, distinta, differente da quella della
nazione croata; e da ciò ne deriva la sua au-
tonomia. Essa la vuole, perchè è tempo di vo-
lerla; ed i suoi titoli ne sono basati su leggi di
natura.
L'augustissimo Imperatore conobbe che la
varietà de' suoi popoli componenti la monarchia
austriaca esige istituzioni che si conformino al-
l' indole speciale de' medesimi, e che T incre-
mento e lo sviluppo loro salderà viemeglio l'u-
nità monarchica, per cui ci largì la patente 20
ottobre, che solennemente garantisce la nostra
autonomia.
Le aggregazioni che i croati si affaccen-
dano di fare delle provincie slave, è un errore
dimostrato dalla storia; e questa dovrebbe loro
insegnare, che popoli d' una stirpe e d' un lin-
guaggio dovettero per secoli soggiacere al go-
verno di nazioni civili, e sotto la loro influenza
prepararsi l'avvenire, svincolandosi ed erigen-
dosi a nazione (i signori croati m' intendono)
quando erano maturi a condursi e reggersi da
sè. Il semi-panslavismo che da tale unione si
scorge, favorirebbe il colosso nordico, e noi non
gli vogliamo prestare l'opera, per non entrare
a suo tempo come goccia nell'oceano. Si dirà
che ciò non fa a proposito, non trattandosi di
fornjare uno stato indipendente; ma quale che sia
l'unione intesa a Zagabria, essa presuppone po-
poli adulti, capaci a stringersi, e formare un corpo
diretto ad uno scopo comune nazionale. E cosa
sono, 0 coraggiosi croati, tutt' i popoli slavi, tran-
ne la Polonia e la Boemia? A voi là risposta.
E cosa sarebbe la Dalmazia se le riianòasse l'e-
leiriénto italiano? Lo sappiamo noi.
Non vogliamo per questo neppure esserè|
italiani, come voi furbescamente di cdnlltìùb dì
N. 7. Zara-Sabato IO Febbraro ISOI. Anno II.
LA VQGE DAiMATIGA
GIORNALE ECONOMICO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — II prezzo d'associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. G V. A. — I pagamenti potranno farsi per V annata intera, ed anche per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviati franciii per la posta, coir indicazione del nome, cog-nome, e domicilio
deir associato. — Lìttere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Ahelkh. — Un numero separato vale s. 15.
solfi T5 A RIO — Parole della Deputazione dalmata a
S. M. — Autonomia provinciale e nazionalità. — E-
pigrafe. — Indirizzo al sig. conte Boielli del Comune
di Scardona. — Corrispondenza musicale, — Illustri
contemporanei; il padre Lacordaire. — Dichiaraz,ione.
— Alla Redazione. — Al sig. Nicolò Matteo de' Gradi.
— Al siij. Vito Morpurgo. — Annunzio.
Parole della Deputazione Dalmata
nella sua presentazione
ALL'AUGUSTISSIMO NOSTRO MONARCA
il giorno 7 corr.
comunicate a noi dalla stessa.
iiaera ]!M[aei§tà!
La Deputazione della grande maggio-
ranza delle Comuni Dalmate, che ha l'aito
onore di trovarsi all'Augusta Vostra presen-
za^ compie al più gradilo dei doveri, pre-
gandovi di accogliere benignamente l'espres-
sioni di sincera devozione e fedeltà, della
quale non teme di asserire di averne date
le più costanti ed indubbie prove all'Augu-
sta Vostra Persona e Dinastia, e della più
sincera gratitudine per le riforme inaugurate
dalla Vostra Patente del 20 ottobre anno de-
corso, pel cui libero e pieno sviluppo Vi u-
milia i più leali auguri.
E giacché nello stabilimento dei nuovi
ordini civili la Conferenza Banale di Zaga-
bria fece sorgere la questione dell' annessio-
ne di Dalmazia al Regno di Croazia e Sla-
vonia, pretestando un diritto storico, ed in-
vocando la nazionalità, e la Maestà Vostra
coi Sovrano Suo autografo del 5 decembre
1860 diretto al Bano delist Croazia, ma non
publicato in Dalmazia, ordinava che la que-
stione avesse ad esaminarsi, discutersi, e re-
golarsi mediante Deputati del nostro Regno,
noi, inviati a tale scopo all' Augusta Vostra
Maestà, Vi preghiamo, o Sire, a voler in-
tieramente devolvere la decisione, per ciò
che riguarda i nostri interessi, alla prima
Dieta Dalmata.
È codesta per noi la questione della più
alta importanza fra quante sotto V Austriaco
Governo si agitarono sulle nostre sorti, ed
il risolverla è risolvere di tutto il nostro av-
venire.
Nel domandare adunque che sia chia-
mata la Dieta Dalmata a pronunciarsi, noi
non abbiamo altro pensiero che quello di as-
sicurarci una decisione seria e libera da parte
dell'assemblea, che, dopo la Vostra Patente
del 20 ottobre, è la sola capace dì ottenere
il rispetto di tulli, ed al cui volo ogni Dal-
mata saprà riverente inchinarsi, e verrà con
fiducia accompagnato all'alta Vostra sanzione.
Sarà codesto il voto legale del popolo
Dalmato, e qualunque esso sia per essere,
avendo da noi stessi cooperato alla decisione
del nostro avvenire, non potremo temere il
rimprovero d' aver rinunziato al diritto di
un'autonoma esistenza nel momento in cui
la vita delle nazioni risorge nell' Austria, e d'a-
ver mancalo di riverenza alle sloriche Iradizioni
die ricordano rispettato il nome Dalmalo fino
dai secoli più remoti, prima a fronte del grande
colosso romano, poscia nelle secolari riva-
lità fra Veneti ed Ungheresi e nella sua vila
municipale. Nè ebbe vera dipendenza clie
dalla Republica Veneta c dall'Aiiguata Vo-