minò con tutta sua gente, guerrieri, vecchi, fan-
ciulli, donne, armenti, carri e masserizie: quanti
per via li scontravano avanzi di altre orde, ar-
ruolavansi coi Valamiri di Teodorico, e che tur-
ba formassero vel dica 1' aver nell' Epiro in una
sola azione perduto duemila carri„. Se non che,
vinto Odoacre cogli alleati, e Teodorico padrone
del nuovo regno, pose fine all' opprimente go-
verno degli Eruli, innalzando la Dalmazia fra le
Provincie consolari di primo grado, con due su-
premi magistrati, ai quali incombeva T ammini-
strazione della publica economia e della giusti-
zia civile e criminale, che dovevano trattarsi se-
condo le forme e gli usi romani. Magistrati nuo-
vi, sebbene ariani, rispettanti il culto della na-
zione, civili, umani, facili ad amicarsi ; dissimili
dai prefetti di Odoacre, ariani pur essi, ma in-
tolleranti della credenza e de'suoi ministri, sprez-
zanti, barbari, senza leggi. Soave senza confronto
il giogo di Teodorico, scriveva e' medesimo a
conte Simeone, suo deputato in Dalmazia : si
guardasse dal recar molestie al popolo nella ri-
scossione dei tributi dovuti al regio erario; oc-
cupasse ne' publici negozi uomini noli per pro-
bità di costumi; nel rintracciare le miniere di
ferro, predicasse agli agricoltori e cittadini il
valore e la virtù del metallo, quale mezzo utile
alla difesa della vita, al dissodamento del ter-
reno, a' moltiplici usi del vivere domestico; an-
tivenisse i danni publici e privati; a tutti facesse
conoscere, aversi a cuore il buon costume sopra
ogni guadagno materiale. Più tardi, a Gennaro
vescovo, che nella povertà sua non poteva sod-
disfare un creditore di sessanta orci di oWio,
arso sull'altare dei martiri salonitaiii, indirizzava
queste potenti parole: "Se a tutti è dovere di
pregiare la giustizia, assai più a quelli che vanno
fregiati dei divini onori, i quali perciò appunto
mostrano di rifuggire^ le cupidigie terrene, per
rendersi meritevoli delle grazie celesti. Se dav-
vero vi compenelrate delle querele altrui, che
pure voi stessi compassionate, siate i primi a
darne l'esempio; voi, che per ispeciale ufficio
dovete esserne i buoni consiglieri, siatene il
modello; voi, che non siete soliti di eccedere in
cose grandi, guardatevi dal non mancare nelle
piccole,,.
Sotto r egida del nuovo legislatore conven-
ne r episcopato a provvedere la sede di Salona
del suo prelato, che da tredici anni per impe-
rioso vieto ne andava vedovata. L' elezione cad-
de sopra un venerando sacerdote di quel clero,
che col nome di Onorio II assunse la tiara. Il
santo pontefice Gelasio, coni'ebbe notizia di sua
elezione, e della libertà ridata alle chiese dal-
mate, tosto si prese cura d'informarlo delle pia-
ghe che affliggevano la chiesa di Oriente, e dei
rimedi con che la santa Sede voleva antivenire
il guasto delle diocesi dell'Illirio. A tale scopo
gì'inviò Cipriano e Macario, diaconi della chiesa
di Roma, con una lettera, della quale desidera-
va ne fossero trasmesse copie per tutto 1' Illirio,
e a tutti i vescovi delle vicine provinole, affin-
chè la sua scritta servisse a confermare gli a-
nimi di coloro che persistevano nella sincerità
della cattolica comunione, e a ricondurre quelli,
che forse n'erano deviati, nel diritto sentiero.
1 primi a ricevere con gratitudine e figliale ri-
conoscenza gli ordinamenti del pontefice furono
i sei vescovi della Dardania e Prevalide, in mag-
gior parte soggetti alla giurisdizione metropoliti-
ca di Onorio, a capo de' quali sottoscrisse quello
di Scopia, e dichiarò a nome di questi e di vari
altri: essere pronti, come sempre lo erano, di
ubbidire ai suoi ordini, e puntualmente osservare
le costituzioni della Sede apostolica, secondochè
avevano appreso dai loro padri, pregando la san-
tità sua di rispedirgli Trifone, da cui avevano
ricevuta la presente, in compagnia di alcuni dei
suoi ecclesiastici, affinchè in presenza di esso
potessero regolare con sua piena soddisfazione
quel che sarebbe più conveniente alla sincerila
della cattolica fede,,.
In quest' inconlre Onorio spiegò quello zelo
e quella carità, che furono sempre propri alla
celebrità della chiesa di Salona, onde papa Ge-
lasio, per levare i guasti che la barbarie delle
armi aveva arrecato oltra i monti, e il nemico
governo di Odoacre in Dalmazia, volle servirsi
nuovamente dell' opera sua. E se zelo e carità
vi fossero, vel dica la scabrosa peregrinazione
da lui impresa nelle terre oltramontane, calcate
dai residui d'infedeli e settari di ogni errore,
dove quale angelo consolatore venne ricevuto
dai credenti, pei quali consecrò un vescovo a
Brodi, in perenne memoria dell' antica suprema-
zia salonitana; e se libertà di culto e purezza
della fede, se operosità nell' invigilare alla san-
tità del dogma, vi basti leggere la corrisponden-
za epistolare eh' ei tenne con s. Gelasio (495)
circa i proseliti dell' eresia pelagiana, che si di-
ceva dilFusa in più luoghi della Dalmazia, e del-
l' Illirio; del cui tenore così parla le storico car-
dinale Orsi. ''Essendo stato informato Gelasio che
nella Dalmazia ripullulavano le zizzanie di quel-
r eresia, scrisse ad Onorio, non solamente per
ammonire lui stesso, ma ancora per mezzo suo
gli altri vescovi di quelle parli, ad essere tanto
più vigilanti a purgare le loro diocesi da quella
peste, quanto più n' era sottile e pericoloso il
veleno; e quanto era più detestabile la temerità
di coloro, i quali si studiavano di rimettere in
credito un errore da lungo tempo abbattuto dalla
Sede apostolica sotto la serie continuata di più
pontefici, d'Innocenzo, di Zosimo, di Bonifazio,
di Celestino, di Sisto, di Leone; e non solamen-
polli della Giugoslavia, e voi o generosi, che
con pietosa sollecitudine celebraste nel decorso
anno i funerali del Padre Cacich, deli associa-
tevi ora al noslro dolore e raccoglietevi mesta-
mente intorno alla sacra bara del compianto de-
funto. Tutti coloro cui cale l'onor della patria
parteciperanno, speriamo, al lutto comune, e
dall'o/7»/2ca della Bucovizza al berretto caratte-
ristico del patrizio raguseo, dal campanaro del
duomo di Veglia al gatto di refettorio del con-
vento di Sign, dal sapiente di Golignevo all'u-
mile mandriano di Pastrovicchio, tutti a gara
concorreranno a render piii solenne la cerimonia,
pili commovente l'estremo commiato.
Povero Parlamento ! Il colosso di ieri giace
ora cadavere; mula è la tribuna; deserta, squal-
lidamente deserta, la sala. Il ragno operoso già
si affretta a tessere in questa l'immonda sua tela,
e i monotoni lamenti del gufo soli risuonano cu-
pamente sotto quelle volte maestose, che testé
eccheggiavano e tremavano peli' espettorazioni
parlamentarie di tanti valenti oratori e statisti.
Povero defunto! gli sia lieve la terra (lakarnu
žemlja). Mu no, non è morto; ei vive nella me-
moria dei grati contemporanei, e monumento di
amore patrio, di coraggio civile, di genio poe-
tico^ immortale ei vivrà nella storia dei posteri,
ai quali tanto splendide eredità ei lascia d'affetti.
E Fiume, tra gli altri, lo ricorderà per lo stato
d' assedio regalatogli a sua quiete, per l'opanca
nazionale sostituita all' esotico sperone ungherese,
per la lingua croata surrogala alla barbara fa-
vella del si, pegli iivvocati e giudici dimessi
in nome del patriottismo e del progresso. E Dal-
mazia, r impenitente peccatrice, lo ricorderà essa
pure pella celebre via facti., che fu pronuba al
di lei matrimonio con Croazia; lo ricorderà per
le sentimentali declamazioni dei suoi deputali;
pei cinque anni di galera decretati ai 300,000
Dalmati non annessionisti; per le procedure a cui
si volevano assoggettati i pretori e i podestà
della Dalmazia non annessionisti; lo ricorderà pei
sospiri consacrati a certo processo famoso, per
le ovazioni a certi oratori celebri prodigate, per
la nomina di certo deputato, e per quelle già
designate dei coni! e vice-conli, obergespann
e vice-gespann, notai e vice-notai, zupani e
sotto-zupani, tutte notorie celebrità degne della
madre patria.
Il dolore ci solfoca, e noi siamo troppo a-
gitati per poter tutti raccontare ad uno ad uno
i preziosi benefizii di codesto Parlamento, nè cel
consentirebbero le modeste proporzioni di un ar-
ticolo predestinato ad un Album. Questo solo ri-
corderemo, che nei pochi mesi di sua esistenza
il compianto Parlamento molto oprò col senno e
colla mano e multa tulit fecitque puer. Si, molto
ei fece, e con quell'impeto generoso che distin-
gue r età giovanile, il Parlamento croato non
limitò i suoi studi alle piaghe della patria, chè
le veglie, i sospiri, i palpiti del cuore e la for-
za dei suoi polmoni erano già anco ad altri con-
sacrati. Ma novello Galileo, gli fu negalo di con-
quistar il frutto dei suoi studi, la meta delle sue
speranze. Chiese l'isola di Mur, e gli fecero le
fiche; sospirò una frazione della Carnia, e furo-
no sordi; si volse all' Istria, e predicò al deserto;
s'innamorò di Dalmazia, e per essa fece divoti
pellegrinaggi a Vienna, pianse, pregò, minacciò
vie di fatto, pagò : e Dalmazia, framassona, sci-
smatica, Dalmazia ripudiò le sue nozze. Nè ciò
a quel gran cuore bastava, eh' ei pianse pei cri-
stiani dell' Erzegovina oppressi dalla Mezzaluna,
pei Serbo-croati di Dalmazia oppressi dall' ita-
lianismo e saccheggiati nei loro diritti storici,
pegli Ungheresi minacciati anch' essi negli storici
loro diritti, pei Serviani, pei Montenegrini, pei
Confini-militari, per tutti coloro infine nelle cui
vene scorre il glorioso sangue degli Slavi. Nè
ciò è tutto, chò il magnanimo aveva già iniziato
gli studii sopra vitali argomenti che interessano
specialmente i suoi ammiratori di Dalmazia, a
cui li aveva dedicati. Ricorderemo tra gli altri
il progetto del traforo del Velebich verso Ob-
brovazzo e Knin a spese d'una società anoni-
ma; una strada ferrata da Belgrado a Spalalo;
un regolamento pella pesca dei granchi; uno
pella piantagione delle carote; ed a tacere di
molti altri, un privilegio per la fabbrica di mo-
lini a vento. Povero bimbo! cullalo tra gli zidio
degli uditori, predestinalo dai medesimi a vita
longeva, mentre che appena slava gettando le
fondamenta del novello politico edifizio, fu colto
da improvviso malore, e passati alcuni giorni
tra sogni e visioni. Ira deliri e convulsioni, ri-
finito di forza cadde, e qual fugace meteora pas-
sò! N'i le preghiere del popolo divoto, nè quelle
tra noi del clero regolare valsero a deviare la
grave sciagura; le sue ore erano numerate, ei
doveva morire; perchè cosa bella e mortai passa
e non dura.
Vuoisi che l'autopsia del suo cadavere ab-
bia posti in maggior rilievo i meriti dell' egregio
trapassato. La mollezza del cervello allestava uno
stato cronico e morboso, mentre la trachea ed
il polmone rivelavano che le declamazioni ora-
torie avevano esaurito la forza e la voce del
noslro defunto. Una quantità di fiele nel fegato
era lo specchio dell' amarezza e dei disinganni
patiti, laddove un sensibile spandimento di cuore
mostrava il di lui amore alla patria; un induri-
mento alla spina dorsale interpretava la poca
flessibilità delle sue vertebre, e sembra che que-
sta accompagnata da rammollimento nel cervello
cagionasse la prematura sua morte. I calli, sa-
rebbe crudeltà 1' oraraelterlo, sì i calli ai piedi,
disposizioni in discorso possano aver con-
templato anche la procedura contenziosa, a-
vendo fin' ora avuto il conforto di sentire
più volte, come il Ministero dell' Austria siasi
espresso, di voler anzi sinceramente soste-
nere e difendere i nostri costituzionali prin-
cipi!. Se non che, onde nella pratica appli-
cazione delle disposizioni emanate da Esso
eccelso Ministero non abbiano ad insorgere
dubbii, incertezze, confusioni, e ricorsi, on-
de le disposizioni medesime possano sempre
e dovunque tornar rispettate ed inappuntabili,
e onde la Rappresentanza provinciale e i
nostri Deputali dlla Dieta dell' Impero non
incorrano per avventura nella troppo grave
responsabilità di aver passivamente assistito
alla publicazione ed esecuzione di disposi-
zioni ledenti il nostro costituzionale diritto; la
Giunta provinciale si reca ad onore di pre-
gare Esso eccelso i. r. Ministero, affinchè,
a schiarimento delle emesse disposizioni, vo-
glia compiacersi di abbassare alle competenti
Autori à della provincia un nuovo dispaccio
che valga a togliere ogni dubbio sulla lega-
lità delle disposizioni medesime.
La Giunta non avverserà mai, ma, cer-
ta dell' unanime appoggio anche della Die-
ta, si farà anzi sostegno e cooperalrice d'o-
gni misura, che nelle forme costituzionali
tenda ad estendere, per quanto è possibile,
r uso della lingua slava ne' nostri giudizi!,
anche riferibilmente alla procedura conten-
ziosa; ma, come questo, così ogni allro an-
che più grande benefizio essa sarà sempre
pronta di sagrificare, quando noi potesse ot-
tenere altrimenti che colla violazione di quel
Sovrano Diploma, che inaugurò felicemente
le nostre costituzionali franchigie, dalle quali
soltanto si può attendere quel vero bene,
cui aspirano tutti i popoli dell' Austria.
Voglia pertanto Esso eccelso i. r. Mi-
nistero aver la degnazione di riscontrare
quanto prima questa Giunta provinciale delle
nuove dilucidazioni che avrà trovato di e-
mettere in seguito al suo dispaccio 15 marzo
1862 num. 986.
Zara, 1 maggio 1862.
Petizione della spettabile Cougregazione mu-
nicipale di Zara all' eccelso Consiglio dell' Im-
pero, in seguilo alla mozione del consigliere Va-
lerio de Ponte., adottata ad unanimità di voti
nella seduta del patrio Consiglio il 24 marzo p.
p., perchè la Dalmazia sia esclusa dal progetlato
aumento d'imposte e dall' introduzione di qual-
siasi imposta nuova.
Eccelso Consiglio deli' Impero !
Nel mentre questa provincia di Dalmazia
per i falliti prodotti delie sue terre da varii amii,
ed in ispecie negli ultimi due, in cui il raccollo
mancò quasi dei tutto, è desolata da affligenle
carestia; nel mentre a redimere dalla fame gii
abitanti delle campagne sono diretti gli sforzi
dello Stato, della Giunta del regno, delle Comuni,
e della privata carità; unanime sorse un grido
di lamenlo al sapere che ora presso 1' eccelso
Consiglio dell' Impero pertratlisi una legge diretta
ad aumentare varie delle più importanti imposte,
senza che vogliasi avere alcun riguardo alle spe-
ciali condizàoni della provincia nostra, in cui al-
cune delle imposte da aumentarsi non furono nep-
pur mai conosciute, lo che porterebbe la conse-
guenza che nel mentre pegli altri dominii trat-
terebbesi di solo aumento di pesi, per noi la
legge importerebbe ed attivazione di nuova ga-
bella, e contemporaneo aumento della stessa.
Le imposte che già ci aggravano sono or-
mai sì eccessive, da esaurire ogni risorsa, e da
impedire ogni miglioramenlo.
Quando dopo il 1848, nell'inlcnlo di pari-
ficare tulli i domiuii della Corona, attivaronsi in
questo nostro sensibili aumenti d'imposte coll'in-
troduzione di nuove, applicalo immedialamente
nella misura aumentata, come a cagione di e-
sempio quella sulla industria e quella sulla ren-
dila, tale equiparazione nelle gravezze, giusta
forse se considerata dal lato teorico, in pratica
invece inanifestavasi sommamente ingiusta rispetto
alla Dalmazia, la quale vedevasi al livello degli
altri dominii nei publici pesi, e tanio indietro a-
gli altri donìinii in tulio ciò che tende allo svi-
luppo, al progresso ed alla prosperità.
Eguaglianza si nelle gravezze, ma nelle ri-
sorse distanze enormi. La nostra agricoltura squal-
lente, l'industria nulla, il commercio limitato al
solo consumo locale, la navio-azione a vapore
per noi nuovo tributo che dobbiamo dare a Trie-
ste, e che ridusse a mendicità i molli nostri na-
vigatori, i quali dal cabotaggio traevano comoda
sussistenza; da noi nessuna strada ferrata, nes-
suno istituto superiore di educazione, e nel men-
tre altre provincie situate alla costa orientale
dell'Adriatico godono il privilegio dei portofran-
chi, noi siamo ancora soggetti alla tariffa daziaria.
Uopo ciò è giusto forse che la Dalmazia,
S0ira9I/%R10. — Brano d' una lettera di N. Tom-
masèo. — Daltnaii prodi. — L' illuminazione a gas
nella sera del 30 aprile i882 in Spalalo. — Memo-
ria e desiderio. — Il Bombiscopio. — Zolfo a liquido
contro V oidio. — Varietà. — Beneficenza publica.
Braoo d'tina lettera di Dì. Tommasèo.
A me che ho sempre raccomandalo il ri-
spetto del linguaggio popolare e delle consue-
tudini sane del popolo, 1' ho raccomandato in
Dalmazia non senza risico di qualche molestia
allorché tutti i quattrocentomila Slavi, come se
non avessero lingua slava nè altra, tacevano; a
me deve piacere, che specialmente nelle cause
criminaU, s' adopri la lingua de' giudicati, i quali
così possano a un dipresso intendere quel che
a loro si fa dire, e che di loro si dice e si fa.
3Ia giusto è notare, che la legge austriaca stes-
sa già provvedeva acciocché fosse bene accer-
tato il senso delle parole dette e dall' accusato
e dai testimoni, e dichiarate ad essi le cose ne-
cessarie a sapersi; acciocché i due cittadini, non
magistrati, assistenti al processo (istituzione prov-
vida, imitabile anco altrove e in altre faccende)
vegliassero all' onesto andamento di quello, e
protestassero contro gli abusi. Che so in Dal-
mazia e in Italia non si curava di porre cotesta
guarentigia a profitto; la colpa, se così piace,
sarà un po' di tutti, ma i quattrocentomila Slavi
non hanno titolo d'imputarla a perfidia e a ti-
rannide italiana.
Del resto, non basta che 1' attore e il reo
sentano in giudizio i suoni della lingua loro ma-
terna; bisogna che di que' suoni intendano il senso.
Or io dico che non solamente in Dalmazia, ma
e in Italia e in Francia e in qual paese più si
trova educato alla vita civile, troppo richiedesi
ancora perchè possa il linguaggio forense venire
inteso dal popolo, perchè possa il povero pure
in ombra conoscere quelle leggi dalle quali pen-
de la sicurezza del suo poco avere e delle sue
dure fatiche, e 1' onore del nome e la vita. Non
si creda dunque, parlando in tribunale un lin-
guaggio che nelle uscite de' vocaboli ubbidisca
alla grammatica slava, poter fare intendere ai
quattrocenlomila i loro doveri e i diritti; e che
quelle punte di vocaboli siano parafulmini contro
r iniquità. Non si sanano a un tratto malattie
vecchie; e col cacciare in bocca allo sfinito da
lungo digiuno grossi bocconi di carne arrosto,
non si rihà l'infelice. Grave sarebbe il pericolo
del volere tutti d'un subito gli atti giudiciali e
legali in lingua non bene parlata nè da tutti i
magistrati nè dagli abitanti tutti, non ugualmente
parlata e intesa neanco da quelli che bene la
sanno, in lingua agli usi scientifici non piegata
quanto porta la civiltà d'una parte della nazione
e de' tempi, e quanto con gli anni sarà certa-
mente. Che se fm nella italiana e nella francese
insorgono dubbi e questioni difficilissime intorno
al valore giuridico di certe voci; or pensa che
ginepraio di liti, e che fitta rete d'insidie alla buona ^^
fede de' privati e alla giustizia publica, porgerebbe
una lingua foggiata ad arbitrio, foggiata da po-
chi 0 troppo 0 troppo poco dotti, dagli inesperti
e dagli imbroglioni alterata.
Sento che un magistrato valente s' accinge
a fornire il Vocabolario giuridico; ma un solo
uomo, per autorevole che sia, non fa testo di
lingua; e meno ancora può far testo di legge.
E perchè gli uomini tanto più sono modesti quan-
to più dotti, quanto più accorti tanto pili cauti;
io non dubito non richiegga egli stesso, che il
lavoro suo, ulile al certo, sia sottoposto a di-
samina e a sperimento. I Dalmati, quanto più
intendono essere slavi, tanto più debbono sopra
questa materia dimostrarsi accurati e severi. Men-
tre i Croati da quasi trent' anni confessano e in
fatti e in parole, che il ripulimento della rozza
loro 0 informe lingua è debito allo studio di
scrittori dalmati; mentre un giornale croato, ac-
canito a que' Dalmati eh' egli accusa rei d' affetto
all' Italia, non dubita d' affermare che l'Italia più
incivilì la Dalmazia di quel che Germania fa-
cesse la patria sua (nè io oserei dire che della
Germania sia tutta la colpa); il ricevere i Dal-
mati da' Croati la legge fin nel linguaggio legale,
sarebbe vergogna; e darebbe a divedere che i
croatteggianti in Dalmazia non sentono né ri-
spetto nè pietà della misera terra eh' ei dicono
d' amare tanto.
Sia dunque prefinito un termine all' introdu-
zione della lingua popolare negli atti publici (sen-
za che però l'italiana mai ne vada sbandita; che
sarebbe un rinnovare le vecchie arroganze mag-
giare, dalla Croazia detestate); un termine ra-
gionevole e onesto. Ma non si lasci, come spes- <
so segue, trascorrere questo intervallo di tempo f
nelle baldorie del trionfo, negli insulti e nelle
minacele ai nemici vinti: i fratelli nemici ! S' a-
dunino quanti meglio sanno di slavo, qualunque ^
sia la parte e il colore; e s'intendano non so-
lamente del linguaggio giuridico, ma del dizio-
nario di tutta la lingua. Pare a me che tale o-
pera, compilata in Dalmazia, dovrebbe essere pri-
mieramente documento storico e filologico dell'i-
dioma che in Dalmazia si parla; distinguendo con
segno le voci o tolte da altri idiomi slavi, o
coniate di nuovo secondo le analogie della lin-
gua. In tale società, che non vorrei intitolata Ac-
cademia, sederebbero con onore i sig. Ivichievich
e Petranovich, Cuzmanich e Popovich, Bercich e
Sundecich, Casnacich e Pozza; e altri parecchi, tra i
quali mi piace rammemorare il sig. Nechich, non
perchè traduttore di scritti miei, ma perchè scrit-
il bisogno di conservare queir avanzo di perduto
dominio, a costo di sagrificii importabili di Tite e
di averi. Crediamo piuttosto die senta ognuno con
profondo convincimento, che se la stella polare
del ministro è com'egli disse, l'interesse dell'Au-
stria, deggia egli consigliarla di desistere dalla
difesa di quel territorio che è nei destini che debba
prima o poscia sfuggirle, per evitarle danni più
gravi, e perdite forse maggiori.
E che quest'ultimo termine vada accostandosi
lasciano intravedere, e gli avvenimenti che si suc-
cedono in Italia, e l'aspetto generale dell'orizzonte
politico. Vittorio Emanuele percorre in trionfo
r Italia, che si andava dicendo avversa al Piemonte;
Napoli reazionaria, quasi borbonica, Napoli abbor-
rente dall' ordinamento unitario, Napoli rovinata
dal malgoverno del Piemonte, lo accoghe con fe-
steggiamenti favolosi, con esultanza entusiastica.
Inghilterra, già apertamente e indeclinabilmente
favorevole a ItaUa, e Francia, della cui politica in-
certa pareva ciascuno dubitare, gli fanno corteggio,
nel suo viaggio, dei loro superbi navigh, a per-
suadere sè, e a mostrare al mondo di non poter
non essere persuase, die la unità d'Italia è una
necessità inevitabile. Intanto il Papa, mentre il
Cardinal Antonelli grida a squarcia gola il fatale
non possumus, dichiara spontaneamente non di fede
il poter temporale ; e raduna intorno a sè una
specie di concilio , forse a giustificare la solenne
rinuncia presentita immancabile. Intanto le due po-
litiche napoleoniche si abbaruffano in Roma, nelle
loro personificazioni, Goyon e Lavalette; ma dopo
breve lotta, quest' ultimo resta vincitore e la causa
dell' Italia prevale. Intanto il principe Napoleone,
il terribile oratore contro il poter temporale, viene
a Napoli ad abbracciare il suocero. Compiacenza
di affetti domestici dicono, e non missione poHtica,
4ice il Moìiiteur; ma v' è alcuno che ci creda?
Insomma chi non comprende che i tempi si ap-
prossimano, e che la politica napoleonica sta per
pigliare di quelle inopinate risoluzioni che fanno
restare attonito il mondo?
Anche il movimento slavo pare proceaBre à gòriSe
vele. I Montenegrini e gì' insorgenti, vittoriosi sem-
pre su tutti i punti, i Turchi impotenti e battuti;
per di più ora sorge la protesta della Francia e
della Russia, contro 1' ultimatum della Porta, e il
divieto di varcar la frontiera del Montenero. Con-
fessiamo però che qui non sappiamo convenire
nell'altrui opinione. H movimento slavo, a nostro
credere, è cosa più apparente che reale, più su-
perficiale che profondo, per immaginare successi
prosperi. La insurrezione si limita a poca cosa,
e, alimentata dalla guerra, e dagli ajuti Monte-
negrini, pur non ci pare prendere grandi pro-
porzioni. Le battaglie magnificate, non furono più
che scaramucce di drappelli sbandati, le cui vittorie
sono sempre fatali ai pochi Montenegrini, cui ogni
perdita è decisiva, laddove riesce insensibile ai Tur-
chi che possono radunare sul luogo un esercito di
più di 60,000 uomini; gli ajuti poi di alcune po-
tenze estere sono contrabilanciati dall' opposizione
di altre, cui lo scioglimento della questione orien-
tale non potrebbe essere che di danno; onde noi
dubitiamo forte che nel colmo dei trionfi slavi,
si sentano la fine impensata d'ogni cosa e il fa-
tale ristabilimento dell' ordine.
La lingua slava nel foro in Dalmazia
Il Ministro della giustizia, con dispaccio del 15
Marzo, diretto a quest' i. r. Tribunale. d'Appello,
improvvisamente prescrisse, o vogliam dire per-
mise, che nei Giudizii della Dalmazia fosse intro-
dotto r uso della lingua slava, pure per iscritto,
quando le parti contendenti, o soggette a proce-
dura, altra non ne conoscessero, e 1' applicazione
di siffatta Éiisura, per la conoscenza ne' giudici di
questa lingua, fosse possibile.
A pronunciare tale decreto, il Governo (tratto
in errore sui bisogni e desiderii del paese, da un
partito piccolo, ma adoperante) fa, a nostro cre-
dere, indotto dal desiderio di mostrarsi fedele ai
proclamati liberali principii, disposto a soddisfare
ai legittimi desiderii dei popoli, a far ragione ai
diritti delle diverse genti, a consentire a ciascuna
il libero uso della propria lingua, o più veramente,
dal bisogno di seguire scrupolosamente l'arte finis-
sima di lusingare i varii partiti, affine di non a-
verne mai nemico irreconciliabile nessuno, lascian-
do a ciascheduno speranza di avere quando che
sia a prevalere; e ciò, sianell'intendimento di ser-
bare a sè libertà di accostarsi opportunemente ai-
uno 0 all' altro, secondo i disegni della sua pohtica,
sia per reputare codesto il più sicuro mezzo di
difesa da ciascheduno.
Tanto più crediamo di poter legittimamente du-
bitare di ciò, quanto che lo abbiamo veduto sem-
pre tenere nella questione dell'unione a Croazia,
un contegno dubbio ed incerto; prima prometten-
dola solennemente a' croati , e suscitando in tal
guisa la discordia nel popolo d'una provincia tran-
quilla, come la Dalmazia era ; poscia avversandola
a più potere, e quando ci assentì una Dieta di-
stinta, e quando si adoperò, o almeno permise,
che le elezioni, e quindi la successiva dehberazione,
riuscissero in senso contrario, e quando fece san-
zionare la istituzione della Giunta : non mai però
risolvendo la questione definitivamente, col dichia-
rare a un tratto l'autonomia amministrativa della
Dalmazia; tenendola anzi sempre viva coli' annun-
ciare di voler riproporla alla Dieta e fomentando
più sempre e alimentando le speranze degli an-
nessionisti, col lasciarli in libertà di adoperarsi a
tutta possa a rinforzare ed accrescere le loro file.
Ora se siffatta preoccupazione tenendo l'animo
del ministro non gh avesse fatto velo al giudizio,
si sarebbe egli facihnéhte accorto di più cose,
a,tte a persuaderlo a sospendere la sua delibe-
razione, 0 modificarla almeno, e regolarla più sag-
giamente.
Prima avrebbe egli vMuto che, secondo gli ordini
costituzionali vigenti, e i principii liberali tanto
solennemente proclamati, nmi stava il prenderla
in sua facoltà, non avendo egli a governare per
ordinanze, con le norai^ burocratiche, e per le in-
tórìhaziòm W suoi liinlÉil&lì^delK^^ qua!; conto
sia da fare abbiamo da troppo gran tempo spe-
rimentato; ma col paese, e per il paese; per leggi,
cioè, non potute decretarsi che col concorso della
Dieta, il cui parere tanto più era necessario ricer-
care in argomento di importanza speciale della pro-
vincia, e sul quale ella sola potea darlo autore-
vole e sicuro, come quella che sola ne conosce le
condizioni e i bisogni.
Avrebbe veduto che' la lingua slava non rag-
giunge a pezza la perfezione delle altre lingue
colte, non possiede, nè lo svolgimento delle forme
del dire, nè la necessaria suppellettile di voci scien-
tifiche e legaU di significato evidente, universal-
mente conosciuto e sicuro, o per legge determi-
nato, da essere, senza inceppamento del corso della
giustizia, sostituita all' italiana.
Avrebbe veduto che la lingua slava, è la lingua
della sola parte rustica del popolo, e non della
colta, la quale non la usò mai che nelle neces-
sarie relazioni con quello; la apprese imperfetta-
mente e praticamente, senza mai fame studio con-
scienzioso e accurato, nè mai ebbe occasione, nè
opportunità, nè necessità di scriverla, e che per-
tanto pure come è, conosciuta dai giudici, e dagli
avvocati per intenderla e parlarla^ lo è da po-
chissimi per scrìverla stentatamente e alla peggio,
men bene che qualsiasi Ungua straniera studiata
di proposito ; da nessuno per farlo con la stessa
facilità e sicurezza di non errare, della italiana,
da nessuno senza pericolo di ledere adoperandola
e rovinare gl' interessi commessi alla sua tutela.
E che queste cose egli non abbia interamente
ignorate, ma che le abbia piuttosto dissimulate,
nella certezza che la sua disposizione abbia a ri-
manere lettera morta, appare chiaramente dal te-
nore della medesima; sia per la condizione posta
vaga e indeterminata, soggetta alla più varia in-
terpretazione, della possibilità di applicarla, sia
per la contraddizione evidente che tra l'uno e
r altro de' suoi paragrafi si riscontra.
Dopo aver detto difatti che, riconosciuto senza
poter dubitare, in seguito alle praticate accura-
tissime indagini, che, per la poco diffusa cono-
scenza della lingua tra i giudici e gh avvocati,
T applicazione assoluta di siffatta misura è impos-
sibile; continua a prescrivere che pur la si ap-
plichi per quanto si può ; il che significando non
potersi che in parte e incompletamente, finisce a
dire che lo si faccia in tutto, nel corso intero
della procedura, e nello stendere i deposti delle
parti e de'testimonii, e nel pronunciare le difese,
e nello scrivere le sentenze, e nel dichiararne-i
motivi.
La quale contraddizione non da altro viene che
dall'intrinseco vizio della misura stessa; la quale
0 deve essere addottata in tutto e completamente,
0 noi può essere di alcuna maniera.
Dacché se la possibilità s'intende alla lettera, è
certo che non è agevole che possa riscontrarsi giam-
mai. Se a un tratto al ministero piacesse prescrivere
ai suoi funzionari di usare esclusivamente e sem-
pre una lingua affatto straniera, non dubitiamo
punto, che le aule de' tribunali, e degli altri uf-
fici, non avessero per questo a chiudersi, e che
1 più dei pubblici ufficiali non s'ingegnassero, per
non disertare il loro posto, a scriverla, segua
che può, bene o male, in capo a tre mesi. Ma se
intendesi, la possibilità di applicarla senza dan-
neggiare gl' interessi della giustizia, offerendo anzi
un mezzo più sicuro di scoprire la verità, di sen-
tenziare con maggior rettitudine; non vi potrebbe
mai essere che quando la lingua fosse a cogni-
zione perfetta di tutti gl'impiegati giudiziari.
Che gioverebbe di fatto che taluno dei giudici,
sparsi nei vari giudicii della provincia, o se vuoisi,
per un singolare caso, tutti i giudici di uno spe-
ciale giudicio potessero mediocremente scriverla, e
il giudice istruttore e referente potesse scegliersi
tra loro ; se il giudicio va pronunciato da tutto il
consesso del Tribunale composto di membri che per
la maggior parte la ignorano? se il processo deve
essere riveduto, e la sentenza confermata da tutta
la gerarchia delle magistrature d'Appello, per le
quali siffatta lingua è lettera chiusa? Come po-
trebbero questi ultimi dare giuffizio retto e con-
sèienzio^o, se avessero a dedurlo da documenti ed
atti processuali scritti in lingua mal nota, o me-
glio, in un gergo arbitrario e diverso, quali a-
vrebbero a crearlo i diversi giudici istruttori ? E
se picolissimo è il numero degli avvocati tanto
eccellenti conoscitori .^ella lingua da parlarla in
pubblico con persuasiva- eloquenza, non verrebbe
per questo modo tolta alle parti la hbertà della
scelta de' patrocinatori ? E i pochi patrocinatori
valenti, aggravati di soverchio lavoro, come po-
trebbero soddisfare ai moltiphcati bisogni ? E non
verrebbe delusa per questo modo la guarentigia,
(piccola adesso, mancando nella procedura i giu-
dici del fatto, ma pur non in tutto vana) de' pub-
blici dibattimenti, se venisse indirettamente tolta
la libertà di assistervi alla parte colta del popolo,
coir adoperarvi una lingua da essa non intesa?
Se non che pure questi giudici istruttori, que-
sti pubbhci procuratori, questi avvocati eloquenti,
dotti, 0 almeno bastantemente istruiti nella lingua
slava, esistono veramente ? e chi sono eglino ?
Quale guarentigia potrebbe avere il popolo e il
pubblico ministero, che coloro che si accingono
a un tratto alla nuova bisogna, in età già matura
senza esservisi mai prima esercitati, posseggano
veramente la richiesta singolare attitudine, o ab-
biano a un tratto acquistato come per miracolo
r abilità necessaria? Quale documento potrebbero
eglino offrire a prova del loro sapere, qui dove
non furonvi finora cattedre di hngua, nè degne
di questo nome tuttavia sono, nè insegnanti, sulla
cui autorità riposare ; dove quasi mai da nessuno
viene dato pubbhco saggio lodevole di studi slavi?
A cui tranquillamente concedere la facoltà di u-
sare lo slavo, o a cui legittimamente negarla?
Pur troppo, da quando pervenne fra noi la nuova
disposizione ministeriale, abbiamo veduto accingersi
liberamente, con audacia maravigliosa, alla inso-
lita prova; assumere esami, stendere atti d' accusa^
scrivere sentenze, qualunque de' giudiziari impiei
gati (taluno perfino non fornito di studi legali()
ne ebbe talento, senza che l'autorità superior
gliene abbia data autorizzazione ; senza che giien
abbia chiesta prova nessuna del suo sapere ci
espressa interpretazione al % 14 in quanto alle pa-
role IDIOMA ITALIANO. Egli è incliil)itato, clie le
nostre leggi non son®- gepipre accessibiK nè anche
alle piij forti ji^^lligenze; ma, se J)aig|a le^g^ere
r indicato' ^ M per trovarvi quella fi^^isjone e
chiarezza, (fi imlla lasciano a desjiđerai;e, di qiial
mai interpre^iope poteva il mede§im,Q aver d'uopo,
ben inteso ini si voglia concedere, .che\GÌÒ sola-
mente eh'è impreciso od oscuro un'interpretazione
domandi ? Non mi accadde poi n^ai di vedere, devo
confessarlo, che all' atto stesso della promulgazione
d' una legge, questa dal legislatore o da' suoi or-
gani venga ad essere anche interpretata. Vi sa-
rebbe in fatti troppo spreco di tempo e di senso
comune per arrivare sino a tal punto. Nè dicasi
che trattavasi di legge già promulgata altrove, e
che vole vasi attivare anche in Dalmazia, perchè
se alle parole idioma italiano si avesse voluto dare
un significato diverso da quello che suonavano
nella chiara e letterale loro espressione, era ben
facile da un lato, come indispensabile dall' altro,
il dichiararlo con tutta precisione, ed in ciò, come
nel resto, avrebbesi avuto per la Dalmazia l'e-
manazione d'una legge nuova, m^ non mai l'in-
terpretazione d' una legge alt^-ove esistente. Non
lo si fece ; parrebbe dunque inoppugnabile la con-
clusione, che il legislatore determinava l'itahana
anche per noi come la sola lingua degh atti giu-
diziarii in aifari contenziosi. Ma ci si opporrà, che
in tal modo la legge relativamente ai nostri Slavi
era del tutto contraria al suo scopo. Questa sa-
rebbe tutt' altra questione ; sonvi pur troppo an-
che delle altre leggi, che non raggiungono lo scopo,
cui dovrebbero tendere. Il legislatore d' altronde
avrà riflettuto, e saggiamente, che se da'secoli la
lingua uffiziale della Dalmazia era italiana, una
riforma in proposito non poteva -essere l'opera
d'un moniento, ma il risultato, d'indagini lunghe
e mature.
4. Nofl: esito di rispondere io alla domanfla che
][1 sig. I. vuol fare aUa giunta, se cip.è si possa
nel 62 aiitenticammte interpretare le leggi con i
fatti e le idee del e del e sema pensarvi
gran fatto dico, francamente di sì, ed anzi non
solo che la si possa, ma che lo si debba. "Nel-
"l'applicare la legge non è lecito di attribuirle
"altro sen^o, che quello che si manifesta dal pro-
"prio significatq delle parole, secondo, la, connes-
sione di esse. , e diilla QJiiara.inf mzion& del legis.-
latore.«^ Qi^esto è im paragrafp del codice civile
vigente, 'del quale mi ricordo benissimo alla let-
tera, e se il sig. I. vuol darsi la pena di cono-
scerlo, troverà fra. i primi, dell' in^o durone del
codice. Quale or sia il significato delle parole
idioma italiano non credei;ei necessario di di-
mostrarlo , e converi;à meco pertamente anche il
sig. 1. che fluiranno di grazia 1816 Tintenzione
del nostro legislatore non fosse puntjo regolata dai
fatti e daUe idee del 1862. È vero che v'ha il §.
4 della patente 9 agosto' 1854, ina ho sempre
inteso, che quella è una legge, di procedura, re-
lativa esclusivamente agli alkari civili non con-
tenziosi, e quindi non. posso persuadermi che colla
medesima il legislatore abbia, voluto dichiarare au-
tenticamente lo spirito di una legge di procedura
in affari civili contenziosi, e lo abbia voluto cosi
spiritualmente, da non darsi nemmeno la pena di
far di quest' ulthna un cenno qualunque. Sareb-
besi poi trattato di qualche cosa di più, che di
una sémpiice dichiarazione, quando il legislatore
avesse inteso di sostituire al significato del §. 14
del regolamento, quello del §. 4 della patente;
con quest' ultimo sarebbesi tolto l'uso esclusivo
della lingua itahana ne' nostri, giudizii, sarebbesi
dunque abolita la disposizione del primo , e l' a^
bohzione d'una legge,, a senso del vigentacodice,
se ben mi ricordo, non toghe il vigore, della, me-
desima^ se non quando sia espressa,
4 della patente, non è dato di. scorgere in ve-
runa guisaj.
5, I motivi addotti dal sig. L a sostegno, della,
sua interpretazione allalms^ idioma italiano M
§. 14 del regolamento/che' cioè dove chiara-
mente è detto "h^sQciidommo nei loro atti ser-
virsi dell'idioma itahano,, debba intendersi di lo-
gica necessità che le parti possono servirsi ancl^e
dell'idioma slavo, non mi sembrano a dir vero
di tanta evidenza, da costringermi al sagrifizio della
massini^à-con tanti rtjeiitì aj>p^ìna appresa nelle
scuole, che dove l.a legge lijpaitìsi espressamente ad
un mo^oj p, e. jqid una lingua soltanto, l'esercizio
de'proprìi diritti; i) volerli invece esercitare in
più mèdi, p. e. in più lingue, non possa essere
permesso. Mq. quali poi sono questi motivi? a)
L'essei^e sempre fin dal 1816 state deposte in seno
al giudizio in lingua slava, senza che i tribunali ne
le respingessero, tutte le istanze in affari civili con-
tenziosi da quelli che, non conoscendo l'idioma ita-
liano, non si servivano d'un patrocinatore che lo co-
nosce ; b) la nessuna distinzione che fa il % 14 tra
lingua scritta e lingua parlata, e il nessun cenno
degli atti del giudice e del suo intervento, ma bensì
di quelli delle parti;, e c) l'assurdo, che conse-
guentemente ne verrebbe,, stando alla letterale in-
terpretazione della Giunta, che cioè pel rispetto
dovuto al §. 14 del regolamento il giudice dovrebbe
respingere ogni parte che non può servirsi dell' i-
dioma italiano negli atti che essa intraprende in
giudizio. Non può negarsi che questi motivi hanno
tutto 1' aspetto dell' importanza, e che il relativo
consiglio dato alla Giunta di chiedere con altra
consulta al Ministero, se in Dalmazia sia lecito di
aprir le porte de' tribunali per rendere giustizia in
affari civili contenziosi a chi non sa H idioma italiano,
potrebbe apparire anche autorevole. Se non che
v'ha di mezzo un semplice, e, ne sono sicuro,
innocente errore, nell' interpretazione della parola
atto adoperata nel §. 14. Il sig. I. non distingue
r azione dall' atto, che._-ji^ è il risultato, e molto
meno 1' atto giudiziale, quello appunto contemplato
dal suddetto §. 14., dall'azione materiale, e morale
insieme, con cui la parte espone le sue ragioni
in giudizio, onde dar luogo al medesimo ; è anzi
d' avviso , doversi quest' azione comprendere sot-
to la parola atto dello" stesso §. Ma legga egU
con quiete i §§. 2. 67. 303-307. 311. 328. 490.
ed altri se vuole del regolamento, del quale pur
conosce l'estensione e la data; legga i diversi com-
mentam che lae legg^^^^^^^ non gli basta,
i dizionarii giuridici del Ferro e der Merhn alla
voce atto ed acte, e si convincerà di leggeri, che
atto in senso legale è quello scritto, il quale con-
stata che una cosa ii detta, fatta, o convenuta;
che quindi la parte,! la quale, non conoscendo
l'idioma itahano, si ipresenta Siì giudice e gli e-
spone le sue ragioni in lingua non dimette,
nè realmente compie alcun atto nel senso del §.14
del suddetto regolamento, fino a che il giudice
non abbia accolte quelle sue ragioni nei modi
dalla legge richiesti in iscritto; e che in conse-
guenza se per 46 anni le istanze delle nostre
parti, che non conoscevano 1' idioma italiano non
vennero mai dai giudizii respinte, ciò avvenne u-
nicamente perchè l'atto giudiziale che le consta-
tava era eretto mai sempre in hngua italiana,
nella, lingua prescritta dal regolamento del pro-
cesso civile.
6. Venendo ora alle conseguenze che il sig. I.
farebbesi a trarre dal Diploma imperiale in favore
della sua tesi, che idioma italiano vogha dire una
delle liìigue usate in giudizio, è da notarsi, che
prima ancora del 20 ottobre 60, l'eguaglianza dei
sudditi innanzi alla legge era presso di noi rico-
nosciuta, come col prova lo stesso Diploma, ove
se ne faccia accurata lettura. Tale atto adunque
in questo riguardo non serve ; ma se anche dal
medesimo soltanto dovessimo queir eguaghanza ri-
petere, si potrebbe egh forse perciò ritenere abro-
gato il §• 14 del regolamento del processo civile?
Oserei dubitarne, perchè egli è troppo naturale,
che codici dettati sotto l'impero d' un regime as-
soluto racchiudano delle disposizioni, le quah stanno
in conflitto coi nuovi statuti politici, informati a
•principii essenzialmente diversi ; perchè gh statuti
politici tracciano appena le basi fondamentah delle
nuove istituzioni, e riservano ai competenti organi
legislativi la; coinpilazione di quelle singole leggi,
che all'epoca, alla nazione ed agli stessi statuti
megho si attaglino ; perchè ove fosse altrimenti,
e ritener si dovessero invece, come è d'avviso il
sig. I, tacitamente abrogate tutte le leggi anteriori,
in tutto, od in parte discordanti dallo statuto, man-
cheremmo ad un sol tratto e delle leggi vecchie
perchè abrogate, e delle nuove perchè non ema-
nate peranco, e xosi i vizii dell' assolutismo fareb-
bero luogo agli orrori dell' anarchia; perchè il Di-
ploma imperiale non accordò nè a me, nè al sig.
I. e nemmeno agli eccelsi Ministeri la facoltà di sce-
verare le leggi anteriori, che non stanno col me-
desimo in armonia, da quelle che vi sono uniformi;
e perchè infine, essendo appunto il Diploma impCT
riale una legge che ordina, come si esprime il sig.
I., le relazioni di diritto pubblico, non è affatto con-
sentaneo alla sua natura 1' occuparsi di leggi, che
regolano, non già il diritto privato, come vorrebbe
il sig. 1., ma piuttosto i modi, onde il diritto pri-
vato si esercita.
7. Il sig. I. non conosce in Dalmazia popolazione
di lingua italiana. Emigrarono essi dunque, o son
tutti morti, anche quei 20,000 intrusi, ai quali
pur si concedeva finora, se anche a mala pena,
il diritto di vita ? Le principali nostre città e bor-
gate non hanno popolazione NEMMENO DI LINGUA
italiana? Signor I. ve lo dico sul serio, la vostra
proposizione non merita 1' onore di una risposta,
8. Quello stato di fatto, cui allude 1' inclita
Giunta, e che esiste in Dalmazia da secoli, riferi-
bilmente all' uso della hngua itahana nel foro,
non lo troverei così identico col diritto storico,
che vorrebbesi mettere a fondamento, se anche
con altri punteUi . sostenuto, della nostra annes-
sione a Croazia. Ci corre almeno quanto tra l'oggi
e tanti secoh addietro ; la stato di fatto esiste, e
il diritto storico potrebbe essere anche contingi-
bile ; quello non ha bisogno di titolo, lo si pre-
sume legittimo (tractant fahrilia fabrij ; questo, se
fosse anche dato di raffazzonargli un titolo qua-
lunque, sarebbe tolto di mezzo da tale una lunga
prescrizione, che non credo sia mai riuscito ad
alcun avvocato di poterne opporre 1' eguale.
9. E può egli sostenere il sig. I. che un istan-
taneo e generale mutamento nella lingua de' nostri
giudizii, stata finora l'italiana, non ci fu da,
nessuno mai minacciato ? Ma non è forse egli
stesso, lasciando da parte gli altri argomenti, che
sostiene, non esservi in Dalmazia popolazione di
lingua itahana? E tale premessa non porta di
per sè sola alla naturai conseguenza che la lingua
italiana debba essere dal nostro foro bandita ? Mi
si accorderà, che le minaccie non sono sempre
espresse, sia pudore o cautela, ma pure talvolta
vi sono.
10. Anche io troverei coll'inchta Giunta, che
sieno assai rari gU avvocati ed impiegati della Dal-
mazia in pieno possesso della hngua slava scritta,
e se a me si volesse ricercare il criterio di tale
una verità, non esiterei a darne uno, quanto sem-
plice e modesto, altrettanto eloquente e sicuro,
r Abbaco. Ella è santa infatti 1' opera di que' ma-
gistrati, che si adoprano di estendere legalmente
r uso della hngua slava ne' nostri giudizii, ma quei
dodici circa (non sono poi molti) che furono ono-
rati di pubbhca e cosi lusinghiera menzione, si
trovano poi tutti in pieno possesso della lingua slava
scritta? Io non voglio dubitarne, ma sono certo che
il Sig. 1. non n' ebbe prove sufficienti.
11. Intorno alla validità degh atti dimessi in
lingua slava nella procedura contenziosa, e ritenuto
il vero giudaico siginficato della parola atti, noiji
mi paiono necessari, dopo quanto si è detto, uly
teriori risposte, quand' anche 1' atto dimesso fosse
un giuramento ; e se in qualche singolo caso la
rigorosa apphcazione del §, 14 del regolamento
essere da prevalenti ragioni oppugnata, la leggo
di questo §. non è certamente la sola, che possa
soggiacere a cosi fatto rimprovero. Quanto poi alla
facilità con cui credesi per avventura si possano
scrivere in lingua slava gli atti giudiziali, mi sia
permesso di ripetere le recenti autorevoh parole
di N. Tommaseo. "Che se fin nell'itahana e nella
"francese insorgono dubbii e questioni difficilissime
. "intorno al valore giuridico di certe voci, or pensa
."che ginepraio di liti, e che fitta rete d'insidie alla
"buona fede de'privati e alla giustizia pubblica
"porgerebbe una hngua foggiata ad arbitrio, fog-
"giata da pochi o troppo, o troppo poco dotti,
"dagh interpreti e dagli imbroghoni alterata,, Ma
forse dirassi, dove non si tratta di decisioni od altre
riceverli e trasmetterli al mare. Posizione straor-
dinariamente favorevole per lo sviluppo di un gran-
dioso commercio, a profitto di provincie così ricche
di prodotti naturali! . . Ci sembra quindi inevita-
bile che le Provincie Danubiane debbano essere
impazienti di realizzare questa direzione, di get-
tarsi al mare per la via più diretta, e, senza
prenderne una di sghembo, corrispondere meridio-
nalmente coir Adriatico.
Presentemente una ferrovia corre da Pest al
basso Danubio. Dopo aver attraversato la val-
lata della Theiss (toccando Czegeld, Szeghedino
e Temesvar) s' arresta al fiume a Basiasch poco
lungi da Belgrado che sta sulla sponda oppo-
sta. Giova notare che la società proprietaria di
questa ferrovia è niente meno che il Credit ino-
hilier di Parigi in accomandita con capitalisti tede-
schi ; che questa società è affatto distinta da quella
che possiede la ferrovia Trieste Vienna, a cui
favore perora il signor Bontoux, e che quindi
gP interessi loro possono trovarsi un giorno in
concorrenza nelF Adriatico.
Siccome questa ferrovia è naturalmente desti-
nata a servire gli interessi commerciah della sponda
sinistra del Danubio, cioè della sponda più pro-
duttiva, accoghendo essa nel suo seno il Banato
che, tanto per la fertilità del terreno, quanto per
le distinte quahtà de' suoi grani, occupa il primo
rango, così non ci sembra utopistico il pensiero
che la società proprietaria di quella linea intenda
continuarla direttamente a mezzodì fino al mare,
evitando di essere tributaria a Trieste, da cui di-
sta già troppo e che, come lo stesso Bontoux os-
serva, ha d'uopo di spese enormi, quasi doppie
di quelle dei paesi che giacciono alla sponda de-
stra del Danubio, per tradurvi i suoi prodotti.
Riguardo alla fertilità dei terreni del Banato
ci piace riportare le parole del Duca di Kagusi
il quale, nelle sue note di viaggio, dopo aver ac-
cennato con sorpresa alla ricchezza naturale del
tratto di paese fra Vienna e Pest, giunto nel Ba-
nato ammira im sol riche et profond qui ne l'epiiise
jamais. Le della dii Nil ne presente pas à la mie
une aparence plus belle.
Il Banato è per giunta ricchissimo di miniere
di carbon fossile. Quattro nel bacino di Orawicza
(il cui carbone può paragonarsi per la sua qua-
lità a quello d'Inghilterra) sono proprietà della
società ferroviaria, e giusta una memoria del si-
gnor Ghopelet vi sono altre 96 miniere che ap-
pena incominciano ad essere usufruttate.
Il signor Andrea Cochut in un articolo. inti-
tolato: Le ferrovie austriache e la loro influenza
mW avvenire delC Europa orientale ed inserito nella
Revue des deux mondes 1 marzo 1855, parlando
del sistema di ferrovie che si andava svolgendo
neir Ungheria, accennava alla suddetta hnea (ch'era
allora appena in lavoro) dicendo : Le chemin du
Banat doit étre poussé jiisque au Danube et toucher a
Belgrado; e più innanzi : le serait une antre pointe (per
1' altro punto intende la ferrovia Vienna — Raab-
Esseg, non per anco compiuta,) poussée vers la
mente coopera al nobilissimo intento della dram-
matica, di istruire, divertendo.
Quattro parole sugh attori. Buoni, tanto se li
prendiamo in complesso (anche perchè sufficiente-
mente affiatati tra loro), quanto se si considerino
individualmente. La signora Claudia Miutti, prima
attrice di molta intelligenza, franchezza e sicurezza
di sè, che si solleva talfiata a grande altezza di
espressione ne'drammi di sentimento, e folleggia
con molto garbo, talora, nelle briose parti di qual-
che commedia ; il signor Mauro Derosa, primo at-
tore, disinvolto, bello della persona, non solo edu-
cato alla nuova scuola inaugurata da Modena (nella
quale pure puossi fuorviare), ma dotato di giusta
maniera di sentire, e di sempre naturale modo di
esprimere; quando occorra energico, robusto, ma
sempre diligente e intelligente cultore di quel
vero, che non esce però mai da'limiti di ciò che
artisticamente può dirsi bello ; il signor Bottazzi
caratterista di non comune perspicacia, le emana-
zioni eloquenti della quale schizzan fuori da'suoi
occhioni, e da ogni lineamento dell'animato suo volto,
eh' egli, con tanta" maestria c0m]T0iie e in mille
Bosnie et la Dalmatie, et peut étre un moyen d'aquerir
àia suite, au profit da reseau hongrois, un pori sur
l' Adriatique.
Appoggiati a tanta autorità la nostra convinzione
si fa forte e ci p emette, senza tema di essere
tacciati di visionari, di asserire che questa linea,
passato il Danubio e fatto capo all' altra sponda
a Belgrado, debba necessariamente stendersi per
Serajevo sulla costa Dalmata, ove su due punti
soltanto potrebbe convenientenente volgersi — o
alla Narenta o a Spalato. (Continua). »«
(Nostre Corrispandeiize).
Milano 16 maggio 1862.
Il telegrafo ci annunziò ieri l'arrivo del principe Na-
poleone a Napoli, il quale vi ebbe l'accoglienza rnerilata
dalla lunga e costante sua devozione alla causa italiana.
L'importanza della sua visita al re il quale, come sapete,
trovasi ora nelle provincie meridionali, è il soggetto di
tutte le ipotesi e di lutti 1 discòrsi. E diffatti la contem-
poranea presenza in Napoli di tulli i ministri e l'inter-
vento del principe in un consiglio di essi, presieduto dal
re, serve a confermare la voce cl.e ora si stanno trat-
tando argomenti vitali per 1' avvenire d' Italia. Nessuno
però - nemmeno gli ottimisti più spinti - credono che
tulle queste dimostrazioni della Francia possano avere per
conseguenza l'immediata ed intera soluzione della que-
stione romana, la quale si potrebbe soltanto raggiungere
con lo sgombro delle truppe francesi da Roma ] - che
si stia facendo un gran passo verso Io scioglimento, que-
sto non può negarsi; ma che tale passo ci conduca di-
rettamente al Tevere, è quello che nessun conoscitore di
politica può sperare in questo momento. Hanno torto a-
dunque, tanto quelli che vedono lutto in color di rosa,
quanto gli altri che nell' invio della squadra francese, nel
richiamo di Goyon, nella presenza dell'ambasciatore e
nella missione del principe, non vedono altro che m« m-
tice di pazienza , dato da propinare in forti dosi dall' im-
peratore dei francesi alla rivoluzione italiana.
Il ministero degl' interni ha testò diramate due circo-
lari, la prima allo scopo di compiere la dimostrazione del
patrimonio dello Stato per la parte che riguarda i capi-
tali investiti nell'amministrazione carceraria, e l'altra per
uniformare ed agevolare nelle provincie napolitane, sicule
e toscane le operazioni di contabilità in uierito agli sti-
pendi! degli ufiìziali di pubblica sicurezza.
Dispacci e lettere di Bergamo ci recano \i\ questo punto
gravi notizie, quantunque non affatto inaspettate. Da al-
cuni giorni si osservava un mòto insolito di viaggiatori
da Genova, da Milano e dalle provincie, per Bergamo, e
correva voce che in quella ciltà vi fossero raccolte armi
e munizioni. Jeri le notizie si fecero più precise e per-
fino nei caffè si parlava di una spedizione che si prepa-
rava contro l'Austria. La polizia procedè oggi a perqui-
sizioni e sequestrò armi, vestimenta e muniznoni. La spe-
dizione sarebbe stat.i preparata contro il Tirolo. Vennero
arrestati due colonnelli dei vdiontarii. Garibaldi, informalo
di tali arresti, partì subito dà Trascorre, ove si trovava,
per Bergamo, ove la sua presenza provocò una clamorosa
dimostrazione. Egli domandò che gli arrestati fossero ri-
messi in libertà ; ma il governo ordinò che non si ce-
desse in nulla, e gli arrestati rimasero in carcere. L' au-
torità militare ha inviato in fretta delle truppe a Como,
Tirano, Bormio, Edolo, Salò, Desenzano e Brescia, per cu-
stodire i passi dello Stelvio, del Tonale, di Bocca d'Ànfo, e
di Hiva di Trento, onde impedire il passaggio dei volontarii.
Sospendo per ora ogni commento su questo : grave av-
venimento, ma non posso fare a meno di non deplorare
r incuria del governo, il quale permette che altri gli sforzi
la mano, e che comprometta le sorti della nazione.
Da ieri i principi reali si trovano fra noi, ond'assistere
alle corse dì cavalli che avranno luogo domani in Piazza
d' Armi.
Milano 17 maggio 1S62.
Ieri l'altro a sera alle 10 ore giunsero qui sotto scorta
circa 90 individui che trovavansi pronti a passare il con-
fine. Il popolo che n'ebbe seniore andò loro incontro
alla stazione, e li accompagnò fino al castello in piazz;»
di questo nome, ove furono consegnati. Jeri poi per tutto
il giorno sotto alle finestre v'era sempre molta gente, h
quale corrispondeva ai canti patriòttici che i detenuti can-
tavano e scambiavano espressioni avanzate, per cui fu
d'uopo porre nell'interno uua sentinella per ogni fine-
stra, e »iù, verso la piazza d' armi, altre per contenere là
folla. Questo giuoco continuò fino a che tutto fosse di-
sposto per la partenza dei trattenuti, la quale segui ieri
notte per la fortezza d'Alessandria. Jer sera un paio di
omnibus recarono pure altri di questi giovani, e pure
sotto scorta , e col solito accompagnamento popolare si
chiusero in castello. La nostra città è alquanto impressio-
nala da questi fatti, e mentre non condanna il governo
per le rigorose misure prese, pure non sà vedere che questi
patrioti si meritino un castigo. Il processo chiarirà ogni
cosa! 0 forse non chiarirà nulla a/fatto. — Odo in que-
sto punto sia stato arrestato anche il generale Missort
(Garibaldino).
Ragusa li 21 maggio 1S62.
n fatto della caduta di Niksich fece il giro dell'Eu-
ropa - però ulteriori notizie ne moderano l'importanza. -
La guarnigione composta di 600 uomini ebbe tempo di
ritirarsi nella cittadella, che sita sopra un' erta collina, è
imprendibile dai Montenegrini sprovvisti di cannoni di
posizione — tanto pili che i Turchi dietro i remparts
sono bravi. — Per fame potrebbero prenderla, — E da
credere però che Dervisch e Omer faranno tutti gli sforzi
per salvarla, essendo il più forte baluardo dell'Erzegovina
verso Montenero, alle cui frontiere è proprio addossata.
A Zubzi addietro 4 giorni successe un piccol fallo
d'armi fra i Turchi e i Montenegrini. — Al solito alcuni
morti e feriti d'ambo le parti, — Continui arrivi di truppe
da Costantinopoli nell'Albania. Pare che Omer voglia met-
tersi in misura di menare un gran colpo coli'invasione
del .^lontenero. — Gli sarà permesso? —- Ne dubito.
guise commuove, pieno di comico sapore, col quale
dà colorito e vita a tutte le parti che sostiene ;
la simpatica signora Adele Demaria, amorosa e
servetta, che il pubblico vorrebbe sempre vedere
iu sulla scena (perchè è in fatti una cosa molto
bella a vedersi) dalla voce soave, armoniosa, dalla
bene accentuata pronunzia, dall'espressione piena
d' aggiustatezza e amabilità, dai modi pieni di gen-
tilezza e di vezzo ; e la signora Serafina Derosa,
la caratteristica di grande vivacità, la madre nobile
sostenuta, dignitosa ; sono, in vero, attori che po-
trebbero essere, nonché beli'ornamento, parte in-
tegrante e lodevole delle migliori compagnie d' I-
talia. E devo anche nominare colla dovuta lode
il generico primario signor Alessandro Amorosi, e
/' amoroso signor Tollo, il primo de' quali nella
parte del Priore, nella Redenzione, e in quella di
Don Michelè nel Siamo tiitti fratelli, e il secondo
nella marescialla d'Ancre e nella teste citata com-
media, si fecero particolamente e reiteratamente ap-
plaudire. Eppure, quantunque sì buona la compa-
gnia, recita essa, il più delle volte, come dicono
i comici, in famiglia ; vogho dire : poco men che
Pago 16 maggio 1862.
Giorni sono il paese nostro fu testimonio d'un avve-
nimenlo di tanta stranezza di cui in Dalmazia nè altrove^
neppure nel tempo del più feroce despotismo, si vide
l'esempio; potete pertanto immaginare se questa po-
polazione fu maravigliata in vederlo accadere nell' anno
di grazia 4862, fra questo grandinare di liberali promesse,
fra questo profluvio di concessioni, e mentre le più ampie
franchigie municipali vengono decretate dal Parlamento
e sanzionate dal supremo Imperante: intendo la sospen-
sione improvvisa e immediata dall'esercizio delle sue fun-
zioni del nostro rappresentante comunale, decretata dal-
l' autorità pretorile, per avere quegli negalo, per evidenti
ragioni di pubblica utilità, di obbedire a un suo ordino.
Ecco il fatto.
È qui costume antico che i pescatori di sardelle fen-
dano il zappino, necessario a illuminare la loro pesca, la
sera della domenica, affine di non spendere le ore op-
portune a più proficua lavoro, in questa sterile, ma ne-
cessaria operazione. Ciò è sempre seguito col consenti-
mento delle autorità ecclesiastiche del paese, le quali troppo
bene compresero non essere questa una capricciosa vio-
lazione del precetto della domenica, ma una necessità alU
quale non sarebbe possibile sottrarsi senza rovina di una
delle principali industrie del paese, e senza danno della
chiesa medesima, che, in concambio della qoncessione, ri-.
alle panche ! Ed eccovi una delle ragioni per le
quali il brillante che n' è in uno anche il capo-
comico, non può sempre brillare. Accorra il pubblica
a incoraggire questo bravo drappello drammatico;
passino i raggi vivificatori de'viglietti d'ingresso
nella cassetta del capo-comico, e allora anche il
brillante rifrangerà forse quella luce, eh'è per lui la
più pura, dividendola ne'vaghissimi prismatici co-
lori. E che ciò possa accadere, ne sia jjrova la,
prima rappresentazione degh Antichi e moderni. Vm-,
no il teatro in quella sera, il signor Demaria ha
fatto egregiamente la parte di sua dolcezza il buon
Gigi. Senonchè, si consoli esso, ora che sta co-
struendo r anfiteatro a S. Demetrio , come quei
proprietarii che hanno due paretai : venga 1' ar-
rosto, e poco farà se gh uccelli si saranno chiap-
pati più a quello che a questo.
E qui chiudo la cronaca, coli'annunziare ch'a-
vremo, tra poche sere, un nuovo dramma scritto
da un bravo giovine zaratino, e che aspettiamo
colla piena fiducia di poterne dir bene.
G. S.-D.
m, 4. Zara 27 Iffàg^gìo 1§63.
Prezzo d'associazione in valuta austriaca per
Zar«,-: per un anno fiorini 8; per pei mRsi fiorini 4;
Iier tre mesi fiorini 3. Pel riiuaHentc, della Provincia
e fsori: per un anno fiorini 9; per rfei mesi fiorini 4
«oidi 50; per tre mesi fiorini 2 : Ptór l'estero, e
pel LonibardojVeneto gli stessi prezzi in argento, fran-
cJii tlei porto-posta.
Giornale politico-letterario
Esce il Martedì ed il Sabato.
I gruppi e le commissioni, franchi delle spese
postali, si dÌri«:ono in Zara a Vincenzo Duplancich Re-
dattore della Voce Dalmatica 1 e gli abbuonamenti, ai
negozii librarli dei signori fratelli Battara e Pietro
Abelich. Gli avvisi di 8 linee costano I fiorino, e ogni
linea di più soldi 6. La tass« di finanza resta a carico
del committente. Un numero ^eparato costa soldi IO
Kivista politica.
Dopo molto discutere, la commissione finanziaria
del Consiglio dell'impero, rifiutando ogni idea di
accrescimento deUe imposte dirette, deliberò di
proporre l'aumento della tassa sulle rendite; mi-
sura che riduce del mezzo per cento l'interesse
delle obbligazioni di Stato, Per grande che sia la
probabilità o la speranzđr che siffatta misura mi-
gliori lo stato delle finanze pubbliche, e il valore
della moneta; l'effetto del presente danno non
l)oteva non avere influenza sulle borse di Vienna
e dell'estero. Che ne avrebbe a essere poi, quando
tale progetto avesse esecuzione per la delibe-
razione del Consigho ? Quasi a compenso di que-
sta poco beta novella dobbiamo annunziare che nella
seduta dei 22 la Camera approvò in terza lettura
r appendice al codice penale per reati di stampa.
Se non che siffatta deliberazione avrà ella esecu-
zione? La Camera dei signori, delle cui modifica-
yioni non si fece interamente conto, le darà il suo as-
senso definitivo, e potremo finalmente vedere il bel
ìirogetto tramutato in legge definitiva? Speriamo.
Le Camere prussiane furono aperte il 19 dal
principe Hohenlohe, che vi pronunciò il discorso
del trono, e non jre in persona, come di con-
sueto; prova evidelìté'del suo disgusto perle nuove
elezioni, e specialmente per quella, chè fu 1' ultima,
del Dr. Jakoby di Kònisberg,'uomo singolarmente
male accetto, come quegli che,facente parte nel 1848
della deputazione spedita dalle Camere per do-
mandare la dimissione di quel ministero, e accolta
disdegnòsamente, osò pronunciare le parole : Que-
sta è la disgrazia dei re, che non vogliono udire
La verità. Il discorso fu nell'insieme poco signifi-
cante: dopo aver detto che la sessione presente
non a\Tebbe dovuto durare più che non occorresse
pei disbrigo degli affari più urgenti, toccò leggèr-
méhte le questioni presenti. E a osservare però che
la maggior parte delle questioni interne nelle quali
il governo fu apertamente discorde dalle Camere
passate, e per le quali quelle furono rimandate,
Tengono in esso sciolte secondo l'opinione e il
volere di queste, e contro la prima deteiminazione
di quello. Di questa maniera, dichiara ora consen-
tire spontaneamente a rendere conto dell' ammini-
strazione dello stato, ciò che prima rifiutò tena-
cemente. E ella questa prova di intendimenti con-
ciliativi 0 di astuzia ingannatrice, o veramente è
una prova che alla lunga è impossibile il gover-
nare contro la volontà della nazione, e che le più
ferme risoluzioni devono Cedere quando questa sj
chiaramente si manifesta ?
Non si sa prevedere quale esito possa avere la
questione dell' Assia, nè a che possano condurre le
minacce prussiane d'interVenzione. Benché evidente
il torto del principe elettore, e universale la di-
sapprovazione del suo contegno ; non è però .evi-
dente il diritto d'intervenire violentemente nei
negozi suoi interni, e nelle contese ch^ egli pnò
avere col suo popolo, E invaso che fosse il ter-
ritorio del suo stato, sarà egli perciò spodesta-
to, fi compiuta la conquista de'suoi domimi ? E
perdili, e a vantaggio di chi? Più ragionevole è
predere che segua un accordo, e ch^ egh desista
dalla resistenza, resa mutile dal rifiuto concorde
e unanime degli elettori di prendere parte alla
votazione colla imposta condizione.
Il tentativo d'invasione di garibaldini negli
stati austriaci e le luttuose conseguenze che tras-
sero seco, mettono più sempre in chiaro come,
nè la politica del ministero, nè gli intendimenti del
governo abbiano la piena adesione, e trovino l'in-
tera fiducia del paese. La condotta del governo
neir affare di Brescia, trovò la aperta riprovazione
di un partito, più numeroso e influente che non
paresse. La protesta violenta di Garibaldi (non
forse giustificata, perchè volta contro soldati ese-
cutori, che non potevano rifiutarsi di obbedire)
trova il sostegno ne'giornaU democratici, e la.di-
sapprovazione dei moderati e ministeriali. Il Dirìllo
tra gli altri si scaglia acremente contro l'operato
del governo ; secondo quello eh' ei narra, per nulla
giustificato fu lo spargimento del sangue, per nulla,
il far fuoco contro il popolo inerme la cui vio-
lenza era punto a temere.
Il^ujl mimerò dei 20 maggio che recava l'in-
dirizzì^d^associ^^^ unitaria italiana di Ge-
nova, vSne sequestrato. La Perseveranza , poco
amica del governo finora, sotto là pressione delle
agitazioni presenti, muta consiglio e lìigha a di-
fenderlo caldamente. Ma il re intanto fa ritorno
a Torino tra le ovazioni popolari; il principe Na-
poleone s'avvia verso Frauda, e la soluzione della
questione romana, che pur jlareva imminente, torna
ad essere messa da, band^
lere dell'onnipotente Napoleone, i misteri della cui
politica ogni giorno si fanno più tenebrosi. Pare che
egh il primo sia stato avvertito dei disegno d'in-
vasione, egli n' abbia dato avviso al Piemonte, con
severissimo ammonimento di prestarsi a impedirlo,
minacciando altrimenti rovina all' Italia, mentre
d' altra banda rassicurava l'Austria, e la consi-
ghava a provedere alla sua difesa. Nè meno strana
è la sua condotta nell'affare del Messico. Inghil-
terra e Spagna apertamente la sconfessano. Il dub-
bio che circa il parere della seconda pareva ri-
manere, è tolto oggimai dall'approvazione espli-
cita data dal governo al generale Prim. Mentre
gli accordi di Londra ponevano a scopo della spe-
dizione non altro che la dovuta riparazione delle
offese comuni alle tre potenze, Francia intende a
regolare le condizioni interne del paese, e por
fine ai disordini, cioè a dar mano al partito mo-
narchico capitanato da Almonte, contro la vo-
lontà del paese, di opinioni e sentimenti republi-
cani, per far regalo di quel trono all'arciduca Mas-
similiano. La " stampa inglese intanto e spàgnuola,
d"'ogni colore, si scaglia acremente contro tale
condotta. E gli Stati Uniti lascieranno eglino com-
piersi r impensato avvenimento ? Certo la cosa è
dubbia, se mandano le loro squadre nelle acque
di Vera-Cruz per osservare gli avvenimenti, se
Seward protesta contro l'istituzione della monar-
chia, benché Davis a rincontro assente, il diritto
al Messico di prò vedere a proprio senno al pro-
prio governo, e alla Francia d'aiutarlo.
La questione turco-slava potrebbe forse acco-
starsi ad UBO scioglimento, se non prendiamo er-
rore sul senso delle ultime notizie. Secondò que-
ste la Porta, respinta definitivameirte la proposta
di accordo fatta dalla' Rùssia, prenderebbe adesso
un eontegno più risoluto, e si accingerebbe" all'a-
zione,' dàlia quale parve finora astenersi, ordinando
àd Onier di attaccare il Montenero ; il che succe-
dendo, T esito della lotta non può esser dubbio.
La stessa Niksich che da tanti giorni si predica
caduta, nè lo era mài definitivamente, restando
sempre in potere dei Turchi la Cittadella, ora di-
cesi rioccupata tutta dai Turchi, è abbandonata,
dopo averla depredata, dai Montenegrini. Tuttavia
in questo alternarsi di notizie contraddicenti ogni
giudizio sarebbe prepostero, ogni predizione ar-
rischiata.
Siamo lieti di potere onorare il nostro neonato
giornale col nome di N. Tommaseo e con lo scritto
che segue, pel quale egU ci da una nuova prova
di patria carità, scendendo, affine di più sempre
schiarire questione a noi importantissima, a com-
battere contradizioni e contradicenti dei quali 1' o-
pinione pubblica ha già giudicato.
Firenze, 20 maggio.
Voi m'invitate a rispondere. Credete forse che
a me il tempo abbondi e il buon umore e la sa-
lute e la pazienza ? Per rispondere al magnanimo
anonimo, il quale col coraggio medesimo che i
Croati an'darono richiedendo la Dalmazia a Vienna
jure post liminii, cioè come una barca o una be-
stia, si volge a me, e mi domanda: quale degli
uomini della Dieta dalmatica sia per lasciar il
nome suo alla posterità. Pare che 1' anonimo non
dubiti di doverle lasciajre il suo ; il che è suffi-
'cientè alla gloria della Dalmazia, tanto eh'anch'io
me ne appago ; e, per non ripetere sempre questo
titolo d' anonimo, d' orinnanzi chiamerò lui lo spet-
tacolo della posterità.
Veramente, prima che scendere a risposte, io
dovrei aspettare eh' altri risponda ragioni e non
ciarle ai molti argomenti recati da me ne'miei
scritti. E, per non rammentare che l'ultima breve
lettera, io domandavo come potrebbe la Dalmazia,
confusa colla Croazia, rivendicare i patti della
sanzione prammatica non sanciti da lei nè per
lei ; domandavo se la sanzione prammatica ne' Con-
fini militari abbia vita, e se tale saggio del valore
politico de^ Croati ci possa incuorare ; domandavo
com'è che gli Slavi di Dalmazia diventati di su-
bito così teneri e forti, tacessero insinattanto che
non appai'isse, non dico la speranza del premio,
ma la sicurezza dell' impunità ; domandavo perchè
non approfittassero della guarentigia offerta dalla'
legge nei giudizii alla povera plebe, e non tro-
vassero testimonii di quelli e difensori di questa,'
provvedendo che la inscienza della lingua non le
nuocesse, mà aspettasero adesso di fare scandalo
e' d'irritarla; domandavo perchè, ragionando del-
l'applicare giudicialmente le leggi in lingua intel-
ligibile al popolo, non toccassero mai di quel eh' è
r essenziale; del fargU intendere un poco esse leggi,
e a ciò non badassero in questo intervallo di
tempo, che pur potevano inpunemente ; domandavo
perchè, senza ribattere e smentire il sofisma, ma
troppo tardi scusandosene, permettessero eh' altri
storicamente e filologicamente confonda i Dalmati
co' Croati, per la ragione dell' kervatski, la qual
ragione confonderebbe a'Bomani e a'Veneziani i
Corciresi parlanti insieme italiano e romaico ; do-
mandavo perchè la lingua e le lettere slave in-
cominciassero ad avere cultori in Dalmazia dojK»
finita la dominazione croata, e come i Croati
non avessero neppure elementi di slava lettera-
tura se non quando l'attinsero ai Dalmati; do-
mandavo se, trattandosi in lingua slava le cause,
dovessero gli atti pubblici e tutti ' gli/atti della
vita civile nella lingua medesima essere scritti, e
se il linguaggio della scienza sia tanto tra noi
' "Progressi sempre maggiori fanno intanto negli
Stati-Uniti i federali. Norfolk abbandonata dai se-
paratisti, che -vi distrussero prima 1' arsenale e fe-
cero saltare in aria il Merrimac, Mobile avrà do-
vuto esser assalita sino dai 13. Insomma la fine
va accostandosi, ma non senza che ancora molto
sangue e molte rovine abbiano a deplorarsi. Il
presidente Lincoln intanto, per attenuare i mali
che ne vengono dalla guerra all'Europa, ordina
pel l'' giugno l'apertura dei porti della Nuova-
Orleans, Beaufort, e Port-Royal
Una quantità di novelle contraddicenti seguono
a pervenirci sulla guerra del Montenero, Dall'una
e dall' altra parte si fa pompa di stragi mag-
giori; e si magnificano trionfi, che non mutano la
situazione delle cose. Ciò che però risulta sicura-
mente da tanta contraddizione, è che 1' esercito
turco, che finora tenevasi inattivo, per ordine della
Porta, abbia mutato contegno, e che avvenimenti
decisivi non debbano tardare a succedere. I confini
del Montenero furono già varcati, Niksich fu vet-
tovagliata e soccorsa, onde allontanata la proba-
bilità della sua caduta. Una battaglia indubbia-
mente succeduta, con strage reciproca, ma con vit-
toria dei TurcM.
Discorso tenuto dal deputato Luigi
Dr. Lapenna il giorno 26 maggio
alla Camera,
Non vi prenda timore, miei Signori, eh' io vo-
glia aggiungere un nuovo grosso anello alla serie
de' gridi di dolore, che in tempi più o meno re-
centi echeggiarono in questa sala. Non è mio in-
tendimento metterai in scena anche il grido di
dolore della mia Dalmazia. Imperocché io credo,
che le astratte ge.iierdi doglianze, le pitture per
quanto eloquenti di malanni, i quali non si pos-
sono con un cenno di mano far sparire per incanto^
anziché favorire la causa, le nocciano, concitando
gli animi, sospendendo il processo di conciliazione,
pendendo decisamente impossibile quel gagliardo,
iirrnmiico sflcgorso^ ,delle„foi:ze„tuttej^ del_quale^ ci
che pel bene delle singole sue parti. Seguirò sotto
questo riguardo il nobile esempio dell' oratore che
mi precedette, esponendo con tranquilla e tem-
perante riflessione i singoh rapporti e le circo-
stanze, che appoggiano la proposta della nostra
giunta di finanza, modificata, com' ella già fu, dal-
l'emendamento del deputato Gliubissa.
L' esposizione contenuta nella nota del Mini-
stero alla Camera mi solleverebbe per verità dal
penoso incarico di svolgervi in tutti i sensi e per
le lunghe i miserandi rapporti della mia patria.
Chè non si tratta infatti di una piccola fonte di
rendita menomata, di un singolo ramo d'industria
esposto a rovina, ma si parla di carestia univer-
sale, di fame. Questa spaventevole parola baste-
rebbe a rivendicare alla proposta ogni riguardo.
sclusivamente in via pratica, per modo che quei
giovani i quali hanno compiuta questa prima parte
di studio reale possono subito impiegarsi con pro-
fitto nelP arti industriali, nell' agricoltura e nel
commercio, offrendo un braccio sicuro al progres-
so di siffatti motori della prosperità nazionale.
Nella sezione superiore poi, che sta sempre
unita all' inferiore formando un corso completo di
sei anni, prendono luogo le teorie, per le quah
lo studio pratico impartito nella sezione inferiore
viene, dirò quasi, convalidato, e per le quali e-
ziandio il giovine studioso si fa strada ai più re-
conditi recessi delle scienze positive, così che con
questa seconda parte si ottengono altre due classi
di individui, una che sta di mezzo e l'altra di
capo alla prima, le quali poi unite assieme van-
no a comporre bello e robusto il corpo destinato
ad informare e dirigere la ^ran macchina econo-
mica della società, si hanno dico negli allievi della
scuola reale inferiore sicuri ed intelligenti ope-
ratori , in quelli della scuola reale superiore poi
e buoni direttori dell' opera, e proseguendo negh
studi superiori, felici inventori ancora
Ma per non tenermi ancora sulle generali,
e perchè il mio giudizio non abbia da apparire
Né io avrei perciò presa la parola, se non repu-
tassi necessario di completare, o meglio rettificare
qualche concetto dello scritto ministeriale. In esso,
cioè, accennasi allo sfavore delle influenze clima-
tiche come air unica causa delle triste condizioni
attuah della Dalmazia.
Gh è verità, o Signori, che la siccità, la gra-
gnuola, la crittogama, e la fallita pescagione sieno
la occasione prossima di un così doloroso stato
di cose, ma non sta in quegh avvenimenti l'unica
causa del male. Essa giace assai più profonda-
mente ; non è così passeggera. Le intemperie non
avrebbero potuto agire uè in tanta estensione, uè
con tanta intensità, nè in modo così desolante.
La vera causa è di altra natura. Io la trovo nel-
r abbandono in cui da decennii fu lasciato il paese
nostro ; un paese che pur racchiude in sè così
begh elementi di sriluppo; di cui disse un uomo
di Stato di rinomanza indubitata, tante essere le
disposizioni e le attitudini, da potersi convertire
in non lungo lasso di tempo, e con sacrifizii non
troppo gravi, in un ridente giardino. Questi è il
provveditore Dandolo.
Nè la crediate esagerazione, o Signori. Le mie
parole non sono 1' espressione di un cieco amor
di patria. Vi ricordo la magnifica posizione di
questa terra : da un lato il mare con porti di-
stinti, e con ricchi benedetti paesi di fronte ; dal-
l' altro la Bosnia e l'Ercegovina, paesi vergini
ancora, ma favoriti dalla natura con ogni sorta
tesori. Vi ricordo il suo splendido clima, che niente
invidia al cielo d'Itaha. Yi ricordo il suo popolo
svegliato d'ingegno ed abilissimo alla navigazione.
Le condizioni, i germi a sviluppo non mancano;
ma si lasciarono in abbandono.
Tranne alcune strade militari, che niente o poco
giovano al commercio, soffriamo quasi totale di-
fetto di vie di comunicazione, particolarmente nella
direzione in cui ne abbiamo il più grande biso-
gno, cioè verso i paesi che giacciono dietro di noi.
La coltura del popolo di campagna fu quasi
da per tutto abbandonata ai,parrochi, dei quali
non può portarsi pfìr verità a carico, se, in lotta
eccede di rado il valore di fior. 200 — sotto il
peso degli altri doveri di loro vocazione, credono
di poter riservare l'istruzione del povero popolo
in leggere e scrivere a tempi migliori.
In un paese, di cui prima risorsa la naviga-
zione, si pensò appena negh ultimi tempi a scuole
nautiche, ed io mi so, per propria esperienza, di
quah lotte fosse bisogno per riconquistare la scuola
nautica a Ragusa. — L' unica scuola reale supe-
riore si è potuto conseguire appena poche setti-
mane fa per Spalato ; ed il tentativo di erigere
una accademia di diritto a Zara, mediante già e-
sistenti fondazioni comunali, trovò finora uno sco-
glio invincibile nella plumbea lentezza delle per-
trattazioni.
Che la Dalmazia fu trattata mai sempre con
conclusione soltanto di premesse ideate alla mia
forma, vengo tosto a quanto ho promesso, a ma-
nifestare cioè il piano delle materie che formano
r oggetto dell' istruzione in una scuola reale supe-
riore di sei classi; e queste sono:
I. L' i s t r u z i 0 n e religiosa, che ha
per iscopo non solo di tener sempre viva nel cuore
degh allievi la verità infallibile della dottrina di
Cristo, ma d'informare eziandio la loro morale a
quella sodezza ed a quella realtà senza cui ogni
altro studio profano riuscirebbe infruttuoso. Il modo
che si tiene nell'insegnamento di queste materie
nella scuola reale, più che seguire le vie astruse della
metafisica, percorre il piano sentiero della morale.
II. L e lingue. Come studio obbligatorio
in massima è la lingua d'istruzione (che per noi
vale l'italiana), e una seconda lingua viva del
paese ( e per noi l'illirica ). Si aggiunge alle no-
stre scuole il dovere ancora d'una terza lingua, e
questa è la lingua tedesca, come lingua dell'Impero.
a) Alla lingua d'istruzione, ben inteso, si dà
maggior importanza, siccome quella che quanto più
sodamente è conosciuta dagh allievi, facilita ad
essi maggiormente l'apprendimento dell' altre ma-
terie. Questa vien insegnata nelle scuole reali non
amor di matrigna si manifesta viemmeglio dal fatto,
che mentre (utte le altre provincie situate al mare,
Venezia, Trieste, Fiume, il Litorale croato , 1' I-
stria tutta, godono i vantaggi di porti franchi, a
sola Dalmazia, che pur pregò e mendicò, venne
niegato siffatto benefizio.
La coltura de'boschi così trascurata, da non
essere infondato il timore, che in prossimo avvenire
ci manchino le legna perfino pei più indispensa-
bili bisogni della vita.
A tutti questi mah dipendenti dall' interna am-
ministrazione del paese, debbo aggiungere ancora
la circostanza, per cui — forse per amore al prin-
cipio di legittimità — si osserva tale politica rim-
petto ad un governo, di cui è titolo di diritto la
conquista, di cui sistema è il più duro dispotismo,
di cui religione è l'intolleranza, pario del governo
ottomano, si osserva dico una pohtica, atta a pri-
varci di tutte le simpatie nelle contermini Provin-
cie abitate da popoh cristiani, ed a render vane
le nostre più belle speranze ; se per buona nostra
ventura, a dispetto di una pohtica così fatale a
noi, non pugnasse per noi la potenza dei naturali
rapporti.
Non intendo accusare nessuno; non accuso per-
sone. Al contrario, vogho ammettere che talvolta
abbiamo avuti alla testa dell' amministrazione va-
lenti governatori. Mi compiaccio anzi di poter pro-
clamare , che l'attuale nostro governatore è un
uomo generoso d'animo, perspicace d'ingegno, a-
mato da tutti. Io accuso solamente il sistema fi-
nora seguito : un sistema di centralizzazione tutti
e tutto assorbente. Che giovano lè più felici pro-
poste, i più bei progetti, se scritturazioni, viaggi
da un polo all'altro, clausole, riserve, condizioni,
non permettono che il più felice pensiero s'in-
corpori a fatto compiuto ?
Accennerò un solo esempio. Da 50 anni si ri-
conobbe tra noi il bisogno di regolare i rapporti
de' padroni de' fondi rimpetto ai coltivatori, o co-
loni. Si convocarono a dozzine le commissioni ;
dozzine di progetti videro la luce ; volumi di carte
peregrinarono da Zara a Vienna e da Vienna a rr , . 1- ^ cjx^xol iotoeso in CUi
si trovava 50 anni addietro. Quando poi si trattò
d'introdurre in Dalmazia i libri fondiarii, avemmo
in risposta, doversi prima regolare il rapporto co-
lonico. Ma senza quei libri, o Signori, è incerta
la proprietà, vacilla il credito, non hanno vita o
non prosperano le grandi imprese.
Scevro di ogni passione, ho voluto constatare
questi fatti, non per mettervi gratuitamente sott' oc-
chi un registro di peccati, ma i3er dimostrare che
non tutto può porsi a debito del sole, del cielo,
e di quel morbo misterioso, che si nasconde nelle
uve, ma che molto deve portarsi a colpa dell' u-
mana attività, o per meglio dire dell' inazione del-
l' uomo. Ho voluto accennare a questi fatti, per
farvi comprendere, o Signori, che qui non si tratta
di un' elemosina, d'un atto di grazia, ma bensì del
con troppa difusione nelle sottigliezze filologiche ;
ma più con riguardo alla purità, proprietà ed ele-
ganza del linguaggio.Hanno prevalenza, specialmente
nella scuola reale inferiore, le composizioni più ne-
cessarie nella vita sociale, come sarebbero : rac-
conti, descrizioni, dialoghi, lettere famigliari, lettere
d'affari, suppliche, quietanze , fatture , contratti,
ed altre. Nella scuola reale superiore poi i varii
generi di stile classico, con brevi commenti dei
migliori autori.
b) La lingua illirica per la sua importanza coi
bisogni del paese è trattata nelle scuole reali con
la massima sodezza ; soltanto siccome non è pos-
seduta ancora dalla maggior parte degli alhevi con
quella famigliarità come lo è la prima, ha biso-
gno nel suo insegnamento d' andare d' un passo
alquanto più tardo.
c) La lingua tedesca per la sua relazione cogli
stati dell'Impero, e per l'influenza nella cerchia
commerciale, assume nelle scuole reali non poca
importanza. È soltanto che l'insegnamento d'essa
va soggetto ad un maggior freno, mostrandosi que-
sta affatto nuova pei nostri ragazzi nazionali.
d) Nella scuola reale, come studio libero, ven-
gono insegnate ancora le lingue francese ed in-