. 41, Kara 4 Ottobre I §63.
Prezzo (1'associaz^^nc 'n valuta ntiplritira »?fr
Zara: per un anno fiorini 8: por sci nif.»;! (idriiii 4;
per tre mrsi (lorini 2. l'i l rimanente tliila Provincia
« fuori: per un anno liorini 9; per sei nie.si fiorini 4
fcoldi 50; per tre naesi fiorini 2:23. Per restero, e
)jel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
flie del porto-posta.
Giornale poli(ico-Ie(terarlo
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
T 2;rnp]M o lf> franchi (idi" «pco
postali, si dirigono in Zura a \ iiu-ctizo l)nitlaiifi.-h Re-
dattore ilelhi Voce l'ahiìntifM,, C SLIÌ ahbuotiauienii, ai
ni'jsozii libr.'iiii dei M'ÌUOI Ì fiiit.-lii Battara e Pietro
.\!jc'li('li. (ili iÉ\ ^ isi^^i s lue" ciistano l fiorino, e ogni
liiicii di più snidi (). I.:i lii'-s i di (iiianza resta a carico
d' I coniiniltiUIC. I n nuuicco .separato costa soldi IO
E aperta l'associazione pel trimestre
di ottobre novembre e decembre. Si pre-
gano i gentili associati a rinnovarla in
tempo affine di evitare interruzioni nella
spedizione del giornale. Chi non respin-
gerà il presente numero si riterrà per
associato.
Rivista politica.
La nota del ministro Durando ai rappresen-
tanti dell'Italia presso le potenze straniere, dove
è una quasi aria di minaccia contro la Francia
renitente a togliersi da lloma e consentire all'I-
talia la sua capitale, e l'attitudine in generale più
affettatamente risoluta del governo italiano a
questo riguardo, palese nel linguaggio dei gior-
nali e in ogni pubblico atto, determinarono Na-
poleone a mettere in maggior luce a sua volta
la sua politica, e svelare in alcuna parte le sue
intenzioni ; cioè a dire, a togliere gU ultimi ba-
gliori'" della speranza dagli occhi di coloro che
durano a volere esserne abbarbagliati. Pubblica
egli infatto, nel Monìleiir, i documenti delle trattative
da lui tentate con Roma, per conciliarla, com'egli
dice, coir Italia, e ciò nell'intento dichiarato di
por quasi fine alle polemiche dei giornali surte
per questo, e di dileguare le lunghe e insensate
illusioni. Consistono questi in una lettera da lui
scritta al ministro Tlioiivenel, in un dispacco del
ministro degli affari esteri all' ambasciatore in Ro-
ma , e nella risposta e rapporto relativo del La-
valette. Da essi risulta, come egli non abbia mai
dato speranza al governo italiano di permettere
che Roma divenga capitale d'Italia, e il poter
temporale sia abolito ; che a rincontro fu sua de-
cisa volontà che egU abbia ad essere conservato,
come un'istituzione necessaria agli interessi della
cattolicità, e voluta da tutto il popolo cattolico
di Europa con la piìi decisa risolutezza. Che le
proposte fatte al papa in ciò solo consistavano, che
egh avesse a contentarsi, per obbedire all' obbliga
della sua coscienza, di protestare contro la usur-
pazione delle Provincie perdute, e riservarsi sopra di
esse il diritto inahenabile, ma riconoscesse nel fatto
10 slatu quo. Ch'egli consentisse a quelle Provincie,
che rimanevano sotto il suo governo, la maggiore
larghezza di istituzioni, e quasi la assoluta indi-
pendenza amministrativa provinciale e municipale;
11 governo poi italiano dovesse a sua volta rico-
noscere il suo potere e garantirgli il possesso del-
l' attuale territorio. Che però il papa, colla infles-
sibilità naturale alla sua condizione di rappresen-
tante e depositario dei diritti della Chiesa, s'era
costantemente rifiutato alla menoma concessione,
c che i ripetuti tentativi e le rinnovate proposte
erano riuscite completamente a vuoto.
Ora, dal tenore di siffatti documenti, chi mai
potrebbe credere che altri avesse a dedurne nuove
speranze per il compimento dell'itahana unità, e
la credenza che Napoleone, veduta la ostinazione
del papa, e il deciso rifiuto di ottemperare a suoi
desideri, intenda di abbandonarlo al suo destino,
e lasciando Roma a sè medesima, consentire ta-
citamente, 0 che la rivolu;5Ìone rovesci quel potere
oramai impossibile, o che le milizie italiane en-
trino a impossessarsene ? Eppure i giornali d'Itaha
e di Francia e d'Inghilterra, osano nuovamente cul-
lare il povero popolo, o i poveri popoli (dacché la
causa alla fin fine è a tutti comune) in queste
nuove illusioni. Noi, a dir vero, se alcuna intei>-
zione vediamo in siffatta pubblicazione, cioè nel mo-
strare la inutilità degU sforzi della Francia alla sup-
posta conciliazione, è questa dell' offrire un nuovo
pretesto, e una migliore giustificazione del rima-
nersene a Roma, per tutelare il papa, sia dalla inter-
na rivoluzione, inevitabile senza riforme., che dal-
la invasione italiana, sicura senza preventivi trattati.
Ciò che però, in tuttociò fa più maravigliare
è lo scoprire il contegno stranamente subdolo del
governo italiano, che per tanto tempo mostrava a-
pertamente alla nazione l'intenzione di andare aR )-
ma, e la possibilità che la Francia vi consentisse,
mentre aveva avuta da questa così esplicite di-
chiarazioni contrarie; che alimentava speranze, che
dovevano suscitare le passioni, le agitazioni e i
disordini di che fummo da ultimo testimonii e quasi
la guerra civile, sapendo pure come tutte dovevano
essere invano.
Il gabinetto italiano va incontro a mutamenti
radicali che potrebbero essere di grave importanza.
Sembra die la ragione principale del dissenso tra
i ministri sieno state le repressioni violente suc-
cesse agli ultimi torbidi, dagli uni sostenute o-
stinatamente, e dagli altri, come dal buon senso
e dalla rettitudine della nazione, decisamente av-
versate. Il ministro della guerra Conforti ha data
già la sua dimissione, e-sì-àitendono-pm'e qiìeWe
di Depretis di Sella e di Pepoli. Qualsiasi però la
mutazione che segua, pare che intendimento di
Rattazzi sia di piegarsi alla situazione, e rimanere
a ogni modo, e ciò per aderire a Napoleone, alla
cui politica il governo è necessariamente legato.
Garibaldi sembra veramente in via di guarigione,
e per dichiarazione del chirurgo inglese, tra po-
clii mesi sarà sano, ma rimarrà col piede rigido.
È seguito intanto, por procura, il matrimonio della
principessa Maria Pia col re del Portogallo, nella
cui occasione il principe Napoleone fu a Torino,
suscitando per questo viaggio nuove facili illusio-
ni, che si sono con la medesima facilità dileguate.
Codesta alleanza però, cosi decorosa e utile per
rItaha, e omogenea per l'identità dei principii
liberali di entrambi i governi, e delle case re-
gnanti, pare che non sia in tutto stata ben ve-
duta dal popolo portoghese, il quale, strettamente
attaccato ai principii, non soltanto religiosi ma
superstiziosi, adombra quasi delle dissensioni col
papa, e degli intendimenti di togliergli il poter
temporale. Non vogliamo dire che sia questa una
delle cagioni del movimento insurrezionale suc-
cesso a Braga: la sommossa fu militare e in
breve, sembra, repressa;, il proclama del re ai por-
toghesi, fermo e magnammo, accenna alla sua ferma
intenzione di mantenere la costituzione. Tuttavia,
questo sentimento potrebbe non essere affatto e-
straneo ai fatti accaduti.
In Prussia il ministero Bisinark è definitiva-
mente costituito : quale sia la politica che la Prus-
sia abbia a seguire in conseguenza, non si può
con sicurezza dedurre. Il Bismark rappresenta in-
dubitatamente il partito feudale, e per questo
non sarebbe da attendersene che una risoluta rea-
zione, e la rovina in quel paese d'ogni principio
liberale, e d'ogni omogeneità colle idee del giorno;
se non chè egli è pure il rappresentante del prin-
cipio della unità germanica, dell' egemonia prus-
siana, e il più aperto nemico dell' Austria. Ma
noi, che da quel lato hon abbiamo mai sentito
spirare un' aura di libertà, fuorché nelle parole
sterili, e nelle teorie astratto, certo non vi fondia-
mo per nulla affatto le nostre speranze.
Il nostro consigUo dell'impero s' è raccolto per
continuare a non far nulla, come nell' altro pe-
riodo della sua vita, e solo ]);?r allontanarci la spe-
ranza o il pericolo, della convocazione delle Diete.
Un incidente notevole delle sue sedute fu la rinun-
zia del deputato boemo Cl.ini Martinitz, cui prestò
occasione il non avergli il consiglio conceduto il
permesso, giustificato con attestati medici, per ma-
lattia. "Io accettai il mandato, die' egli nei mo-
tivi dati alla sua rinuncia, credendo che esso tro-
vasse la sua circoscrizione nelle disposizioni del-
la legge fondamentale dello stato, e nella spe-
ranza che, mercè l'attività del consiglio, venisse
posto ad effetto il diploma del 20 ottobre. Or
questa speranza fu vana . . . L'eccelsa assemblea
si è occupata di una serie di oggetti che non
appartengono alla sua sfera d' azione, la sua at-
tività è uscita dalla legge; fu posto in questione
il principio supremo del diploma 20 ottobre. Io
considero come compromossi i diritti fondamentali
del regno di Boemia, e quindi non posso parte-
cipare alle discussioni.„
lie novelle dell' America non ci giungono bene
accertate. Pare però che F ultima battaglia sia
stata favorevole agli unionisti, e siano state co-
strette aWa ritirata \c milizie del sud.
Estratto dagli atti della Giunta
Provinciale.
1. S'invitano tutte le Comuni ad esporre lo
stato dell'istruzione elementare, il profitto degli
scolari neir anno teste finito, e a proporre nuove
scuole 0 l'ampliamento delle attuali, onde si possa
calcolare 1' entità e quaUtà dei mezzi nccessarii.
2. Si delibera di stampare una esposizione al-
l' inclita Luogotenenza sullo stato dell' istruzione
popolare in Dalmazia e sui provvedimenti nec-
cessarii.
3. Così pure una circolare a tutte le Comuni
confinarie sull' opportunità di sopprimere i prenni
per r uccisione delle bestie feroci, ormai superflui,
e convertirii in scuole popolari
4. Ed un' altra circolare alle i. r. Preture per
chiedere informazione sulle cause dei grandi di-
vari! fra i nati, i morti e i matrimonii dei diversi
distretti.
5. Si rimette al Comitato letterario slavo per
parere una proposta della Comune d'Imoschi per
la conservazione ed espansione della Liturgia cat-
tolica glagolitica.
6. Constando da Luogotenenziali disposizioni e
informazioni lo scarso risultato della vaccinazione
del 1861, si dirigono a 17 Comuni, le più rimar-
chevoli per questo inconveniente, calde raccoman-
dazioni di prestarsi in avvenire a un miglior esito,
sì per le igieniche conseguenze, che pel grave di-
spendio di fior. 3709 a peso della provincia.
Letteratura Slava.
Manuale di vocaholi, frasi e forme giuridiche di
prima necessità, per D.r Teodoro Petranovich.
Se avessi esposto questi miei sentimenti in lin-
gua slava, mi sarebbero riusciti più graditi, per-
ciocché ho più confidenza collo slavo che coW i-
taliano ; ma non avrei colto nel vero segno, che
corrispondenza coli'amata mia patria, scrissi una
lettera all'in allora mio distinto collega di reda-
zione il chiarissimo e dotto sig. Giuseppe Ferrari
Cupilli, nella quale procurai di dare come meglio
seppi iifta succinta idea della prima esposizione
deir industria e dell' arte italiane con tanta solen-
nità inaugurata, e mi parve che quelle mie poche
parole, se deggio credere a quanto mi venne dotto,
non abbiano sgradito ai cortesi lettori di questo
periodico.
L'argomento era ampio e poteva essere fecondo
di deduzioni utilissime. Quest'anno nulla di ciò
poiché la grande esposizione mondiale di Londra
assorbe i prodotti di tutte le industrie e di tutte
le arti.
Ciò non di meno, spinto dallo stesso desiderio,
vorrei dire qualche cosa delle due esposizioni da
me visitate in questi giorni, una della società pro-
motrice delle belle arti, l'altra della società d'or-
ticoltura, di fiori e frutti ; professioni gentili, per
l'una e per 1-altra delle quaU havvi in questo
paese un culto speciale.
A dare un qualsiasi giudizio sulla prima, io
non mi azzardo, che ben altra coltura ci vuole, e
ben altre che non sieno le mie poverissime co-
gnizioni. Tuttavia parlando sempre come profano,
fra i quasi 300 quadri esposti, mi parvero piìi
degni d'attenzione quelli di Montebugnoli di Bo-
logna, rappresentanti volatili, natura morta. Un pae-
saggio di Majoli, parecchi paesaggi di Signorini ed
altri di Cabianca di Verona, nei quaU sono di
una rara bellezza gU effetti della luce, altri di
Donnini; un quadretto di Betti, rappresentante
amore e dovere-, un quadro di Filippo Siardo di
Palermo (il trasporto del corpo d'una vergine su
un lago della Svizzera). Coma scena di genere il
primo bacio devolo di Fiorazzi, ed altri dello stesso
autore; i quadri in paesaggi del prof. Camino,
quelli di Ercole Calvi di Verona, di Carlo Lefe-
vre di Parigi, uno di Affani Ignazio, l'elemosiìia
segreta, uno di Rapisardi, rappresentante Dimora
dei Bardi e Ippolito Buondelinonte (Byron), alcuni
di Lusignano de Cuppis per belle tinte ; i quadri
storici di Marianna Fanfani e quello di Fanfani
Enrico , la Pia de' Toloìnei, soggetto tolto dalla
tragedia di Carlo Marenco ; uno bellissimo di Mo-
chi Giovanni di Firenze, il servente e la dama,
costumi del secolo IS.vo (Parini, satire). 'Un bel
quadro di Sarri Egisto, la morte di S. Giuseppe ;
uno di Cerbi , la morte di Niccolò Macchiavelli ;
molte vedute di Venezia di varii autori. U interno
d' un antico cortile ad uso di fornace in Trastevere
a lioma al lume di notte, di Adolfo Malenotti in
cui sono assai fehcemente riusciti gU effetti di
luce. Una veduta in Baviera di Zamboni di Ve-
rona. Gli uUithi momenti della Pia, di Arrivabene
di Mantova, e dello stesso autore Francesco Fo-
scarì cht ode d suono della campana ehe annunzia
ia noìiìina del suo successore, ed altri parechi che
io ometto per -brevità. Oltre a ciò, vi sono molti
acquarelli di Fi-ancesco Bensa di Nizza, di Cel-
lesi Donato di Firenze, di Fossello cav. Giovanni,
di Caggiano Emanuele di Napoli. Nella scultura
non c' è gran cosa, sol mi parve assai bello un
busto rappresentante la Modestia, il cui velo che
copre la faccia si sarebbe tentati d'alzarlo, tanta
ne è la verità e la leggierezza.
Passiamo alla seconda, a quella dei fiori, della
quale potrei dire qualche cosa, sempre però come
ammiratore, e non come botanico.
Ma ho da enumerare la quasi innumerevole quan-
tità dei fiori che io vidi? Allora tant' è eh' io
ne faccia ia copia del catalogo ; e per dare una
idea generale di quel sito leggiadro, la mi sem-
bra cosa assai diffìcile, poiché dopo aver detto che
da un podere in due anni si è ridotto un giar-
dino, con viah e tortuosi meandri, fiancheggiati da
alibusti e da allori alti pii^i di due metri, da pian-
ticelle di rose formanti un arboscello sopra di un
fusto solo all'altezza di oltre un metro; che al-
l' insù d'una collinetta sopra una piattaforma sorge
un gran padiglione alla chinese, rivestito alle pa-
reti e sul tetto da lunghe strisele di paglia intrec-
ciate a vari colori, per difendere durante l'estate
le tenere piante dai cocenti raggi del sole, e che
qui appunto erano raccolte le pii\ delicate, le al-
tre erano al di fuori; che dirimpetto a questo
havvi il casinetto dell'ispettore del luogo e l'a-
bitazione del giardiniere; che nelle sue adiacenze
vi sono le serre, da una delle quali si passa in
una grande sala, dove erano appunto raccolte
tutte le frutta, poma, pera, pesche, fichi, uva ed
altro, e da questa si passa in altra più pic-
cola pelle adunanze della società; avrei un bel
dire ancora che qui c'era una raccolta di rose,
più in là di garofani e gelsomini ; in un sito una
collezione di fuxie, una di verbene, una di astri,
e tante altre famiglie di questi vegetali propri
della stagione, che coprono di mille colori la su-
perficie della terra e ne imbalsamano l'aria coi
loro profumi, declinandone ancora per un di più
taluno dei loro bruttissimi nomi che certo paiono
in contraddizione colle appariscenti ed eleganti lor
forme ; e dopo tutto questo non avrei ancor detto
niente, poiché, più che 1' enumerazione dei sin-
goli oggetti, ciò che allettava la vista, ricreava lo
spirito, e, lasciatemi dire, beatificava, esilarava
quello dei cinque [sensi che è talvolta il più im-
portuno, si ò r insieme, si era quella disposizione
dove in armonia simmetrica, dove in istudiato
vago disordine, quelle gradazioni infinite e quei
contrasti di tutte le tinte, quella soavità che e-
manava dovunque dagli odorosi lor calici, e poi
tutti quegli accessorii della fioricoltura che ren-
dono i giardini sempre più ameni, le serre sempre
più accarezzate ; tutte queste cose io dico bisogna
vederle o contentarsi di sapere che ci sono, poi-
ché correrei rischio che ad una descrizione det-
tagliata e minuta, i lettori, parlo sempre per causa
della descrizione, se la prendessero anche coi fiori
innocenti, o per lo meno fossero sopraffatti da un
dolce sopore; nel qual caso soltanto però taluno
potrebbe forse essermene grato.
Una cosa poi, secondo me, rendeva tutto più
bello, ed era l'assenza da quel luogo delle fio-
raie, quasi tutte bruttissime, molte vecchie e tutte
antipatiche, che come di molte altre cose di qui
che taccio, non esistono che nei romanzi come
la primavera dei poeti.
Da questi sfuggevoli cenni vorrei trarre qual-
che poco di bene pér il nostro povero paese, vor-
rei venire alla parte pratica, fare come Carlo Gol-
doni che applicava gii scherzi delle sue brillanti
commedie a conseguenze di pratica moralità : e
mi ci provo.
Anche da noi ci furono delle esposizioni di
fiori, r una, per cura della nostra società agrono-
mica centrale promossa e mandata ad effetto in
poche ore dalla fervida volontà e dal patrio a-
more del suo presidente illustre il sig. conte Bo-
relli, che ebbe la soddisfazione di vedere accolta
la sua idea dal favore generale del paese; l'altra
qualche anno dopo per cura della direzione del-
l' asilo d'infanzia promossa a vantaggio dello stesso
dall'in allora benemerito suo presidente il signor
d.r Antonio Smirich, che al suo affetto per tutto
quello che risguarda la nostra città, aggiunge una
particolare predilezione a quell'istituto.
Nelr uno e nell' altro di questi due incontri, non
alberi ad ammirare, né qualità rare, uè quantità
grande di fiori, e tuttociò non già perchè si man-
chi presso di noi d'amore per questa gentile col-
tivazione, ma perchè 1' aridità del nostro suolo e
la secura del clima rendono assai malagevole que-
sta arte sì facile in altri luoghi.
Ora, se vi fosse modo di toghere questi vacui,
non sarebbe bene il tentarlo ? Io credo di sì, non
già perchè i fiori ci abbiano ad apportare pro-
sperità, ma perchè ce la potrà dare il mezzo per
averii; mi spiego.
È cosa fuori di dubbio, e lo provarono pare-
chi pregevolissimi scritti di questo stesso perio-
dico, che la mancanza di boschi sia la principale
cagione dell'attuale nostra miseria, perchè pri-
vando il suolo del maggiore de'suoi bisogni, quello
di pioggie più regolari e frequenti, lo rende i-
netto a darci quei prodotti che altrove non mancano.
Io so benissimo che riconoscendo tutti questa
necessità, da molti anni si sono scritte su tale
argomento risme di carta moltissime, si sono spesi
denari moltissimi per commissioni, viaggi e diarie
d'impiegati. So che si sono promulgati dei rego-
lamenti, so che il taglia degli alberi è proibito,
e so tante altre bellissime consimili cose; ma so
pure egualmente che i boschi si devastano 'tutto-
giorno a man salva ; so che i possidenti, che hanno
pure qualche bosco, comperano la propria legna,
di cui sono per metodo ed abitudine giornahera
derubati dai contadini, che lo hanno ridotto uno
dei mezzi del proprio sostentamento; so che di
legna da costruzione non si sa quasi più che ve
ne sia, e che la legna da fuoco va diventando
sempre più scarsa, e quindi rincarisce di più, e
che se la cosa va innanzi così, da qui a qualche
anno fžiremo bollire la pentola coi gusci di noce
e ci andremo a riscaldare ai raggi del sole.
Ma a ridonare al nostro suolo i boschi di quer-
ele, di cui nel suo seno mantiene ancora le ra-
dici per tratti estesissimi ad onta di tanta deva-
stazione selvaggia, e ad impedire il prolungamento
di tante altre disgrazie dell'abbandonata nostra
provincia, provvederà senza dubbio il patriottismo
e la saggezza della nostra Dieta al suo primo ri-
convocarsi, che sarà fra breve a quanto amo spe-
rare, pronunziandosi sopra tutti quegh argomenti
di pubblica utilità che dalla dottrina e dal con-
scienzioso affetto pel paese ve ngono dalla Giunta
con tanto suo merito elaborati.
Siccome però i benefizii di questi provvedi-
menti non possono che riferirsi ad epoche più o
meno lontane, così io vorrei additare un mezzo
per averne un utile subito, dirò quasi istantaneo,
e questo secondo me sarebbe di promuovere sem-
pre più e nelle più estese proporzioni la coltiva-
zione dell'AiUmt/ius, coprendo con questa pianta
utilissima non già i terreni buoni o quei tratti
che come dissi di sopra racchiudono le radici del
rovere, dai cui virgulti, quando non fossero ta-
gliati continuamente, in capo a qualche anno a-
vremmo boschi di molto valore; ma sibbene la
cresta delle sassose colline e tutti quei tratti dei
dorsi dei monti e dei lati delle strade che ad al-
tri prodotti non si addanno. La camera di com-
mercio di Zara, che fu la prima ad occuparsi del-
l' allevamento del Bomhix cinlia che di tale pianta
si nutre, continui ad esercitare le sue utili pre-
mure ed estenda questo benefizio in tutti i modi
che stanno a sua disposizione.
Ammessa l'inferiorità del prodotto del Bomhix
cintia da quello del baco da seta, è certo però
che quando potessimo vendere questo prodotto
anche al prezzo del cotone, noi avremmo creato
un nuovo prodotto ed avremmo dato un valore
a tratti fino ad ora improduttivi.
' I miei gentili lettori sapranno a quale tristo
partito si trovino i fabbricatori d' Inghilterra e
delle altre parti d'Europa pegh effetti della guerra
americana che toglie ai suoi mercati le centinaia
di migliaia di balle di cotone che prima annual-
mente vi si versavano, che quelle che giungono dal-
l' India sono insufficienti, e che è giuocoforza
supplirvi in altro modo.
Delle prove per V impiantagione del cotone in
Europa se ne fonno da parecchio tempo ; ma ap-
profittando particolarmente delle attuali sfavore-
voh condizioni di tale commercio, anche qui in
Toscana si sta formando una grande società per
promuoverne e poi diffonderne la coltivazione.
Per fare altrettanto, ci vorrebbero capitali che
noi non abbiamo, associazioni che da noi non e-
sistono, e soprattutto quella sicurezza della pro-
prietà che manca affatto. Ora io sono d'avviso
che in nessuna maniera si possa da noi megho e
più prontamente raggiungere uno scopo consimile
che colla coltivazione dell' Ailanthus e coli' alle-
vamento del suo filugello, da cui si ricava un filo
ed un tessuto superiore per ogni titolo al cotone.
E siccome da quanto venni assicurato dalla be-
nemerita presidenza della camera di commercio
di Zara, che ne fece l'esperimento, questo bruco
preferisce le piante ancor tenerelle, così se se m
piantassero questo autunno qualche centinaio di
mighaia, al che non ci vuole che un poco dì
buona volontà ; noi saremmo al caso nel venturo
estate di poter spedire ai principali mercati qual-
che migliaio di balle di questi bozzoli, ritirando
somme non ispregevoh.
Ora dunque si mettan d' accordo possidenti e
.. '8. Quanto [proficuo sia 1'insegnamento nelle
scuole parrocchiali ausiliarie — se tale lo si po-
trebbe rendere con piìx generose rimunerazioni.
9. Come si potrebbero rendere più attive le
autorità preposte all' istruzione — se basti la sor-
veglianza degl' ispettorati decanali sulle scuole tri-
viali e ausiliario — se debbasi sostituire quella
dei diocesani, o altre autorità laiche, e con quali
- mezzi — quali controllerie sul numero degli sco-
lari, sulla frequentazione, e sul profitto si potreb-
bero introdurre?
Ma fino ad ora "né nuovi sussidi! furono con-
cessi, nò Io saranno giudicando dal progettato
preventivo del 63, nò alla progettata discussione
ven)ie data speranza di consenso.
La Giunta non dispera che alla sua impotenza
dimezzi autorevoli ed economici venga supplito dallo
stato con nuovi provvedimenti, ma non può aquie-
tarsi in tale speranza sì per la responsabilità che
le incombe verso il paese, quanto pel timore che
non prevalgano alcune opinioni ottimistiche, se-
condo le quali, avendo il governo fatto abbastanza
anzi molto, nulla per ora sarebbevi a fare. Sì
certamente, il governo ha fatto molto per l'istru-
zione popolare in Dalmazia, e sarebbe ingrato chi
questo negasse, nè gli avversarli stessi potranno
negarlo. Ma i frutti non corrisposero allo speadio
perchè in uno stato assoluto manca il concorso
delle classi illuminate, manca la persuasione in
chi deve accettare i dettami dell' autorità senza
averli discussi nè comprenderne la necessità. Non
è ora a presumere che un governo liberale vo-
glia essere meno progressista di un assoluto, nè
che voglia ristarsi dalla via che lunga ancora ri-
mane a percorrere per condure la Dalmazia al
livello dei paesi austriaci di mezzana coltura. Come
potrebb' esso riposarsi sugli allori, maitre la Dal-
mazia è tuttavia dopo la Bukovina la provincia
più illetterata dell' impero austriaco ?
A prova di ciò veggasi, iu mancanza di ])iù
recenti dati statistici sull' impero, le Tafeln ziir
statislik del 1857 pag. 78, 79.
Secondo quelle la Dalmazia ^su 301G7 fanciulli
atti alla scuola aveva scolari 7'058, ai quali ag-
giungendo circa 400 di rito greco che senza fre-
quentare le scuole ordinarie imparavano il ciril-
liano ; in tutto 7458, ossia il 24 mentre la
Croazia ne aveva il 46 la Transilvania il 70,
la Voivodina il G4, i confini militari il 56, l'Un-
gheria il 73. Deesi però ritenere che ancor più
triste riesca il confronto, essendo evidentemente
erronea la cifra di 30167 non corrispondente alla
popolazione (di maschi 24628, femmine 22546,
totale 47174) indicata dall'anagrafi per la classe
dai G ai 12 anni, quella appunto che qualificasi
atta alla scuola, e che dedotti gì' impotenti, i fre-
quentanti le scuole e gì' istruiti, non era in quel-
r epoca inferiore a 38000 La proporzione perciò
dei frequentanti sarebbe di 20 % anziché di 24.
Una base di confronto più positiva colle altre
Provincie bassi nella popolazione generale.
La Dalmazia nel 57 aveva uno scolare su a-
bitanti 53
La Bucovina 1 su abitanti . . 57
Lasciamo il confronto troppo umiliante col Tirolo,
colla Moravia, Boemia e Slesia che davano 1 su 5;
e coir Austria e Sahsburgo 1 su 6 ; ma non possia-
mo sostenerlo nemmeno colle più arretrate poiché
l'Ungheria ne aveva 1 su . . 12
I Confini militari „ „ . . 14
La Transilvania , „ . . 15
La Galizia , „ . . 33
La Croazia „ „ . . 34
Ciò ò conseguenza naturale dell' esser stato in
Dalmazia minimo, dopo la Croazia, il numero me-
dio dei frequentatori per ogni scuola, poiché ar-
rivava appena a 42, mentre la Galizia ne aveva
62, la Transilvania 54, e l'Ungheria 84, e del-
l' aver la Dalmazia dopo la Bucovina il minor
numero di scuole in rapporto alla popolazione,
contandone 1 su abit. 2300, mentre la Galizia
ne aveva una su abitanti 2121
La Croazia , „ , 1057
La Transilvania „ ,, , 850
1 confini militari „ „ „ 1302
jyUnghcvia , „ ,, 1032
la qualunque modo si faccia questo confronto,
la Dalmazia è sempre Tjultimo o il penultimo
paese dell'Impero.
Sarebbesi forse migliorata da queir opoca la po-
sizione? Nò, pur troppo. I dati sommarli del 59
ne danno scolari maschi e femmine 7189 ; e colla
giunta dei greco-sei'bi 7589; soli 131 di più! E
se si volesse procedere con una rigorosa inda-
gine su questo numero, è molto probabile che si
vedrebbero figurare nelle scuole ausiliarie degli
scolari che non conoscono 1' alfabeto. E nemmeno
il numero delle scuole è aumentato ; esso anzi da
17G è sceso a IGl ; quindi 15 scuole di meno;
regresso forse unico in Europa ! Dati più recenti
non si hanno perchè il rev.mo ispettorato dioce-
sano di Zara non ha ancora presentato le ta-
belle del 60 e del 61, nè la c. r. Contabilità può
compire la sua statistica. Si può essere certi però
che se il confronto si lipetesse coi dati del G2,
esso riescirebbe ancora più svantaggioso per-
chè in questo frattempo Croazia, Ungheria, e tutte
le Provincie orientali hanno assai più progredito
della Dalmazia
Eppure il Governo spende per questo titolo in
Dalmazia più che in qualunque altro 'paese della
Corona, cioè fior. 38,000 circa all'anno. Le co-
muni ne spendono 31000. Totale fior. 69000. 0-
gni scolare costa fior. 9, 58. Bisognerebbe con-
cludere che la Dalmazia è una terra di cretini.
Ma nessuno oserà asserirlo che conosca il Dal-
mata sia marittimo, sia mediterraneo. A qualun-
que cosa ei volga la sua intelligenza, cssa-ilo se-
conda mirabilmente. Egli è slavo della stessa
razza di quei della Croazia e della Voivodina, che
nell'istruzione elementare progrediscono più ala-
cremente di lui.
E se sì doloroso confronto emerge fra la Dalma-
zia presa iu massa e le altre provincie ; che sa-
rebbe se la sola parte interna si prendesse? Ba-
sti il dire che le comuni di Benkovaz, Dernis, ^Ki-
stagne, Knin, Sebenico, Clissa, Imoski, Mudi, Sign,
Vergoraz e Verlika in una popolazione di 92.m
abitanti, non hanno fra maschili e femminili più
di 17 scuole, cioè 1 su abit. 5400, frequentate
da forse 700 scolari, quando gli atti alla scuola
arrivano a 8000. Uno scolare su abit. 114! Ciò,
è ben peggio della Bukovina.
Nè a giustificare tanta inferiorità avvi più l'o-
stacolo della lingua. Da qualche anno in tutte le
scuole minori si legge su testi illirici, e nelle
maggiori più o meno s' insegna questa lingua;
eppure nè scuole nè scolari aumentano.
Qual meraviglia dunque se la statistica crimi-
nale del circolo di Zara ribocca di assassinii, in-
cendi e rapine? È chiaro che il popolo campe-
stre difetta d'idee morali. Molti lo vorranno at-
tribuire a incapacità o inattività del clero. Fosse
pur ciò vero, è certo altresì che senza il sussi-
dio di una scuola ove la religione s'insegni as-
sieme coir alfabeto poco il parroco può giovare
con qualche rara lezione di catechismo.
Questo stato di cose evidentemente riclama le
più seria attenzione di un Governo che voglia co-
scienziosamente adempire alla sua missione. L'in-
clita Luogotenenza sarà certamente di questo pa-
rere; e, sia che voglia associarsi la Giunta in
questa crociata, sia che voglia da se procedere,
non farà che trascorra quest'intervallo delle va-
canze senza concretare -qualche efficace provve-
dimento.
Nella speranza che l'ecc. Ministero di stato
voglia impartire all' ecc. Luogotenenza più larghi
mezzi e poteri, perchè questa possa meglio adem-
pire a così sacro uffizio, la Giunta và a comu-
nicare copia della presente ai signori membri di
ambe le Camere, colla preghiera che verbalmente
rimostrino la condizione di questo paese tauto ai
ministri di Sua Maestà, quanto al Consiglio del-
l' Impero.
N. 2076.
GIUNTA PI-OVINCIALK DALMATA
N O T A
All'inclita i. r. Pretura di
Dalle lisposte che alcune Preture ftivorirono
ai quesiti fatti dalla_(Uimta colla nota 10 settem-
bre spirante N. 1960, rilevasi ch'esse mancavano
di una base di confronto per formare un giudi-
zio sulle condizioni, in cui trovavasi la popolazione
del loro distretto nell'anno 1860.
È perciò che la Giunta si pregia di rimetterle
l'unito prospetto da cui risulta in qual propor-
zione colla ])opolazione siano seguiti i matrimoni,
le nascite e le morti nel suddetto anno. Per gli
anni precedenti le mancano i dati di ogni singolo
distretto che furono rimessi alla suprema conta-
bilità di Vienna.
Se i movimenti di codesto distretto non diver-
sificano molto dalla media, è prova ch'esso tro-
vavasi in condizioni normali, ma se se ne allon-
tanano sensibilmente, ciò significa che in esso si
spiegò una maligna o benefica intluenza.
Fu tale influenza propria di quell'anno? Od è
permanente? Quali ne sono le causo accidentali
0 stabili ?
L'inclita Pretura comprenderà quanto sia in-
teressante questo quesito, e colla sua solita cor-
tesia vorrà prestarsi a risolverlo.
Zara 30 settembre 1862.
Il presidente
PETROVICH.
Proporzione dei matrimonii, nascite, e morti
avvenute in ogni distretto della Dalmazia nell'anno
1860.
1
tri atri-
inonio
l
nato
1
morlo
sopra abilanli
M8 1 _ 31,75 05,3fi
Pil^O 13! 21), 20 59,36
ObbroTazzo 173 29,79 44,16
Ziira 150 28,55 55,45
Benkovnz lai 25,73 53,78
Kistagne 219 28,71 50.65
146 21,47 51,40
Dernis 188 26,58 31,31
256 22,18 50,01
MS 25,00 40,87
152 2 ).,75 00,06
24(3 5l,r.3 75,01
172 52,40 43,18
Spalalo 156 27,09 31,42
209 28,7 2 . 34,82
Meikovich 102 20,08 41,57
Vergoraz 127 28,88 79,13
Macarsca I2;5 50,2.') 69.14
Almissa 165 50,55 58,22
Hrazzit 154 25,08 31,28
M4 51,83 69,08
Li ssa 145 20,18 82,79
Gurzola 105 53,05 46,70
Sabbionecllo 131 4-2.00 07,08
Sl.ngno 102 5 4.08 50,33
lo4 51,28 48,23
Hagiisavcccliia 149 59,32 0-2,11
Castellino vo 158 5 t,OU 31,12
169 50,28 45,2,1
Caltaro 109 51,"fi' 59,99
Budiia ....... 80 57,07 42,49
Meilia . . . 131 28,87 49,66
Ci facciamo dovere di pubblicare la seguente
lettera che l'illustre N. Tommaseo ci scrive da
Firenze, a rettificazione di alcune cose dette ncl-
r altra a lui diretta dal sig. Antonio Damianovich
di Sign, e inserita nel nostro numero 38.
Pregiatissimo sig. Direttore.
Non La importunerei con preghiera di dar luogo
a questa mia lettera nel suo giornale se non te-
messi col silenzio parere consenziente a parole,
dettate certamente da buona intenzione, d'uomo
soverchiamente benevolo a me ; parole troppo, per
quel ch'io stimo, severe agli educatori e maestri
del povero paese nostro. Gliele dettava il deside-
rio del meglio; e gli fiiceva in quell'atto dimen-
ticare l'esempio proprio, e i molti uomini rispet-
tabili che la nostra educazione domestica e le scuoio
nostre hanno dati alla patiia. Il dì stesso che nella
Voce io leggevo quelle parole, leggevo in un gior-
nale italiano accreditato e de' più temperati e non
avverso alla presente condizione di cose nella pe-
nisola le seguenti"Le nostre scuole non vauuo
Ziìfi'a 15 Oti^lìve I§62. .ILbìmo Wi
Prezzo d'associazione in valuta austriaca per /ara: [ict* un luiiio (liiri:i: S; jM'i* iHi'si linrini 1; Jier ire inrsi (iiirini 'i. riiiiiiiii-nii' ili'lla l'mvinci.i a fuori: |]cr un anno (iuri li !): |Ji'r sei Ihiiini -1
Koldi 50; per Ire mesi lliirini 'J:'-l'>. l'er l'esteri), e
liei Loniliardo \ cnelu gli stessi prezzi in argento, tran-
cile del |)orta-|)Osta.
Giornale polltico-lefterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I ffrnnT»? p !<• rn'nmi«'*!')?'!. fr^^nel»! (li»)!» ^»K««*»
postali, si litri iiiMio ih a \ iiire:i7.u UII|)I:\IICIL'II KC-
diiltore della Vure I>;lli;iiirli'.n. c sii ahbuonnnieiiti. ai
iiea:nzii lilirarii dri Mtnmi Iriitilli Itailnra e l'iitro
Alielieli. (ili ili » linfe eiiSl;!no I fiorini), e usui
line.) di pii'i snidili, /.il i:!-si .li linaiizii Pesti a esrico
d. I eninniillenle. l'n iMiiui'rii M-|.ai ali) fusla si Idi 10
••r
Pregiatissimo sig. Eedattorc.
]\Ii farà cosa grata collo accogliere nel suo ri-
putato giornale la seguente dichiarazione. Abbia
i miei ringraziamenti e mi creda
Suo devotissimo
BAJAHOXTI.
Vienna, 1 ollobre i862.
ersona di' io altamente venero testò mi scri-
a: Con quella schiellezza che viene da slima af-
7llunsa le dirò, che sentendo io notare l'adoprarsi
eh' ella (a per il povlofranco di Spalato, risposi quel
che credo essere vero : che non sperando ella il tutto,
s'affretti intanto a conseguire una parte. Ma eh'ella
desideri il bene di tiitli, non so diihitare.
Dalle quali parole, toi-nerebbe inutile il dirlo,
risulta troppo chiaro come da taluno si vada in-
sinuando l'idea che leino^doni Lapenna c Alberti
fossero state da me indettate, o del mio viaggio
a Vienna sieno elleno scopo jirincipalc, a non dir
unico: in una parola, ch'io tentassi ogni via le-
cita, e forse illecita, per giovare a Spalato a danno
dell' intera provincia.
Se si trattasse unicamente di me tacerei; da
lunga pezza ho appreso a disprezzare i maligni, a
sorridere agli stolti : ma poiché dal tacere ne po-
trebbe venir danno al paese, alterando forse quella
concordia che sono superbo di avere iniziato fra
i dalmati Municipii, credo opportuno di dichiarare
nulla, dell' accennata taccia, essere pifi falso e, dirò
pure, pili ingiusto. Quanto io abborrissi ogni stolido
municipalismo, credo di averlo dimostrato, meglio
che a parole, a fatti: la mia suprema ambizione
quella fu sempre di mostrarmi, non Spalatino, ma
Dalmata.
E nelle questioni del portofranco non Ilo del
pari smentito me stesso. Interpellato nell' anno de-
corso dal nostro onorevole presidente cav. Petro-
vich, risposi senza esitanza : dinnanzi al bene ge-
nerale essere noi dispostissimi a sacrificare il no-
stro speciale; fare plauso all'idea della Giunta e
Biuettere per parte nostra ogni passo. Poneva però
innanzi i miei timori, e pregava, quando il tenta-
tivo per l'intere costa andasse fallito, non si di-
menticasse Spalato, ed ai nostri sforzi speciali vo-
Icssesi unire quelli dell'Autorità provinciale.
E quanto promisi scrupolosamente mantenni. Da
allora—lo dichiaro nella più solenne forma sul
fino onore — non un passo, non mio scritto, non
lina parola mai ad alcuno, e quindi nè a Lapenna
nò ad Alberti ; nò da me, nè da alcuno de' miei
•mici, uè direttamente, nò indirettamente, e le loro
mozioni, se pure graditissime, ci giunsero inaspet-
tate. Ed oggi stesso ch'io mi trovo a Vienna,
mentre cerco di trarre dal mio viaggio 1' utile mag-
giore pel mio Comune, del portofranco non ne
parlai e non ne parlo affatto, quasi e' fosse un in-
teresse, non di Spalato, ma della Cina.
A tale dichiarazione formale non dubito si vorrà
credere, quantunque il tenere una tale condotta
potrebbe forse parere a taluno diftìcile, a non dire
impossibile. Dico ciò perchè di questi giorni ap-
punto ebbi prove che non tulti i Dalmati la pen-
serebbero a modo eguale. Per esempio non è molto
che un Dalmata ') andava strombazzando qui in
Vienna l'inutilità della diga di Spalato, porgendo
così occasione a taluno di avere una scusa di più
a propria discolpa. Eppure la costruzione della
diga non avrebbe certo recato danno di sorta a
qualsiasi altro luogo della Dalmazia, o so il- pu-
blico erario prometteva di accordare 300000 fio-
rini, ciò non era certo da tondi provinciali, ed il
nostro Comune d'altronde si sobbarcava ad una
spesa forse maggiore di 200000 fiorini. Altro e-
sempio: mentrio sono qui a Vienna per procu-
rare a taluno il divertimento d'irridere ad uii pazzo
die vi parla della ferrovia Belgrado - Spalato —
idea che fortunatamonte, con buona pace delle ce-
leberrima Donau Zcitung, non tutti trovano del jiari
strana o ridicola, e cui forse uu non lontano av-
venire mosterà uon essere stata utopia — un (pialche
Dalmata (autonomista) non Spalatino, si sbraccia
a sciorinare lunghe epistole per raccomandare la
splendida idea lachich con isbocco non a
Spalato. Terzo esempio; un tale di città non ul-
tima fra le Dalmatiche, infamia, ebbe a esclamare
allo udire la notizia delle mozioni accennate, in-
famia! . . dacché Y non poteva avere il porto-
franco, non lo doveva avere neppur Spalato. E di
consimili potrei citare degli altri, se non credessi
più opportuno il tacere. E lo stesso conturbarsi
ed agitarsi di taluno non credo provi un amor pa-
trio esente da quel sentimento, cui vorrebbesi me
inspirato.
Che se, non potendo per ora l'intera Dalmazia,
causa speciali condizioni, ottenere la franchigia
daziaria, si voglia pretendere che anche Spalato
vi abbia a rinunciare, olvl aucsta, vivaddio, è im-
pudente stoltezza, degna di riso, piìi che di bia-
simo. Io non entro nel merito della quistione, a-
vendola sciolta recentemente l'onorevole Lapenna
nel N. 30 di questo giornale, con tale copia di
argomenti, da render inutile ogni altro ragiona-
mento. Ripeterò qui solo — e credo poterlo ri-
petere a noine di quanti abitiamo la costa appar-
tenente al Circolo di Spalato — la franchigia ge-
nerale cól sacrifizio del dazio di favore pei nostri
maggiori prodotti, oglio e vino, sarebbe rovina,
non vantaggio, e d sarà permesso, speriamo, di
combatterla con quanta forza avremo. Lifine, se
un giorno Spalato avrà il portofranco, ci si vorrà
permettere del pari, speriamo, di gioirne, se pure
non lo avesse l'intera provincia, egualmente come
gioiremmo domani per uu bene di Zara, Sebenico,
0 Ragusa, quand'anche Spalato non potesse es-
serne posta 0 parte. È così, io credo, che si ab-
bia ad amare la nostra patria comune.
•) Trovandosi altualmente in Vienna l'egregio Conle
Rorelli, cui mi legano particolare stima ed amicizia, a to-
gliere a qualche maligno la possibilità di un dubbio che
ofTenderebbc ['.Tnimosuo nobilissimo, trovo di dichiarare
non solo non essere lui li persona cui «lindo, ma a sus-
sidio de' miei progetti avere avuto i consigli e 1" opera suoi.
Le parole dell'articolo precedente, risguardanti
la lettera a noi diretta dal deputato Lapenna, e
inserita nel nostro numero 30, ci obbligano no-
stro malgrado a tornare sopra quella questione che
avevamo deliberato lasdar cadere, affine di evi-
tare ogni motivo di disgusto con persona a cui
noi professiamo stima sincera, ed ogni occasione
di torta interpretazione alle parole nostre, che a-
miamo sieno credute sempre, come veramente sono,
dette a fine di bene, e con intendimento di gio-
vare al paese nostro, non mai di adulazione o
biasimo personale, il che sovente, ci duole il dirlo,
non ci vien fatto. Noi ci torneremo, però, per quello
che riguarda la essenza della questione medesima,
e più specialmente per quello che si riferisce alle
parole stesse, non già al resto della lettera, é
meno che mai alle incolpazioni o-' recriminazioui
personali che ne potessero scaturire.
Dice r egregio Bajamonti, che il Lapenna, in
quella lettera dimostrò la migliore opportunità e
utilità del limitare la franchigia doganale ad un
solo sito e più specialmente a Spalato, che non
di estenderia a tutta la costa dalmatica, con tanta
copia di argomenti da rendere vana ogni ulte-
riore discussione. Ora noi dobbiamo rispondere che
uon solo nelle cose dette dal Lapenna noi non tro-
viamo ragioni di tale evidenza da far trionfare
quella opinione che noi reputiamo un paradosso
evidente ; ma d pare invece die egli non ne ab-
bia saputo addurre neppure una sola valida ad
abbattere la opinione contraria; diè an.n nella
lettera, come già nella proposta fatta alla Ca-
mera, risulta chiarissima la contraddizione del ri-
conoscere dall' una parte la maggiore utilità della
franchigia generale, e del contentarsi dall'altra
della circoscritta, e ciò unicamente, per evitare
allo stato una diminuzione di reddito.
Primieramente quando si tratta di ripetere per
diritto, 0 per convenienza, o per grazia da taluno
alcuna cosa, non ò ragionevole di cercare e mo-
strare noi mc(le.siuii gli ostacoli ch'egli potrebbe
trovare a concedercela, e speculare sottilmente
quali sarebbero le ragioni ch'egli potrebbe avere
per negarcela, non è ragionevole di farci avanti e
dichiararci pronti di rinunziare a parte dei diritti,
0 delle esigenze, o delle domande che stiiimo per
pretendere, o fare. A noi conviene fare la domanda
intera, anzi quanto ò ragionevolmente possibile
larga, ed a noi vantaggiosa. Che se altri troverà
poi di avere buone i-agioni per negai-cela o li-
mitarla, lo farà senza dubbio da sè; e allora ap-
pena resterà a noi libero, per minor male, e con
maggior dignità, di starcene contenti a concessioni
minori. Facendo altrimenti, noi corriamo rischio,
anzi possiamo tener per fermo, di ottenere meno
ancora, e di incontrare maggiori restrizioni allo
nostre domande, come accade appunto nel caso
presente, nel quale il ministro già dichiarò di non
poter consentirci che per gran grazia, in luogo della
franchigia generale o dol porto -tVaiico spedalo ,
dei meschini entrèpnts.
Lo ragioni addotto dal Lapenna nella sua let-
tera, contro la fraiiflìigia generale, riguardano u-
nicamente il caso che veiig.i adottata la projiosta
della Criunta provinciali.;, di oitViro a compenso
della perdita de'dazi, alla pubblica finanza, la ri-
nuncia al dazio di tavore per i generi nostri en-
tranti nel territorio doganale austriaco, in confronto
degli esteri. Ora la proposta della Giunta ò un
opinione da discutersi e da esaminare ; nò da noi
nè dalla Giunta medesima fu prescatata come l'u-
nico partito da prendere, ma corno un progetto
da ventilare. Se il compenso oit'erto allo stato nel
modo dalla Giunta proposto, può parere sover-
chio, c tale da contrabilanciarc i vantaggi che no
verrebbero al paese dalla franchigia generale,
altre maniere di compenso possono rinvenirsi che
il međeshno inconveniente non presentino, e ci ot-
tengano il bene di cui andiamo in traccia, sen-
za andare incontro a mali maggiori. Tale po-
trebbe essere il compenso diretto per un aumento
alle altre qualità d'imiiosizioui, fossero anche le
dirette già gravosissinie ; avxegnacchò siftiitto au-
mento non sarebbe una maggiore gi-avezza, la iptale
già sussiste nei dazi nicdesiiai, non da altri dn' (fai
pae^e medesimo pagati; ma uno spostaiiiuatn, il
N, 45. Zara IS Ottobre 1§03. Alino
Prezzo d' iìssoei;iz1onp In valuta austi iaca per
./ara: pt-r un anno (ioriiii b; per sei mesi fiorini 4;
Jier tre mesi (iorini 2. l'. l riinaiiente della Provinria
a Ciioi-i: per un anni) fiorini 9; per .sei mesi (ioi ini -i
«oidi 50; per tri; mesi tìoi-ini 2:25. l'er l'estero, e
l'el Lomljarilo Veneto gli stessi ])i'ezzi in arg-ento. frati-
flii! del porto-posta.
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gruppi e le rornml.s.sioni, franelil delle spesi
postali, si diriffono in X;!ra a \ ineenzo Duplancich Ke
dattore dell.i Vote Dalmatica, e kH abhuonamentl, a
nejcozii librarli dei siii.-ruri /'rateili Battara e Pietri
Abelich. Uli avvisi di » linee eostano I fiorino, e ogn
linea di più soldi ò'. La tassa di finanza resta a carici
di'l couiniittente. Un numero separato costa soldi 10
Memoriale della Camera di com-
mercio ed industria di Zara, sulla
franchigia doganale in Dalmazia.
Eccelso i. r. Ministero !
L'eccelse Camere dell' Impero, dietro proposta
ilei deputati dalmati, prima d'aggiornare le loro
sedute esternarono, benché in modo diverso, il
desiderio die il governo avesse ad esaminare e
]>ro])orre le misure che sarebbero d' attivarsi pel
iiiigliorameiito degl'interessi commerciali ed indu-
striali di questa provincia; la Camera di coni-
nicrcio e d'industria del circolo di Zara, qualun-
que sieno per essere nel corso dei costituzionali
procedimenti le sorti dei desiderii di quella au-
gusta assemblea, fallirebbe al suo istituto, e man-
cherebbe ai più positivi de' suoi doveri, se nella
generale agitazione degli animi i)el finale esito
angustiati, non facesse a questo eccelso Ministero
l)resenti i sentimenti e non indicasse i bisogni
de' suoi rappresentati, e dimostrando la necessità
di un radicale provvedimento, non additasse i
mezzi di conciliare gì' interessi apparentemente
discordi delle parti.
Colla dignità quindi di una magistratura con-
scia de' suoi doveri, incoraggiata dalle premure
d' un Principe illuminato e dalla previdenza d'un
(joverno intento al ben essere de'suoi popoli, e-
sporrà essa nel vero, benché triste aspetto, le
condizioni di questa infelice provincia, affinchè co-
nosciuto il male, se ne possa con fondamento ri-
cercare ed applicare i rimedii che atti sieno a
salvarla.
Chiunque soltanto scorra le coste di questa
misera provincia, non può non sentirsi stringere
e addolorare l'anima da un sentimento d'inde-
finibile tristezza nel vedere i suoi magnifici porti
nniti e deserti, i suoi marinari oziosi o dispersi,
essa divisa dal consorzio dei popoli civili, stac-
cata dal movimento generale dei traffici, privi i
suoi abitanti di quegli interessi, di quegli eccita-
menti, dai quali soi'ge e si forma la vita com-
merciale ed industriale de' popoli.
Qualora poi s'inoltra, non lo rattiista meno l'e-
stremo squallore che vi scorge ; la sua agricol-
tura languente ed abbandonata a sò stessa, o di-
]-etta da pratiche superstiziose ed empiriche, strane
ed infeconde, senza giovamento o soccorso d'arte
0 di scienza qualunque, distrutti i boschi, le ac-
que sfrenate e nocenti, non un' industria che ral-
legri 0 ravvivi un fiume, non un canale che ar-
richisca un prato, non un lavoro infine che faccia
fede di civiltà e progresso.
Le naturali sue risorse neglette, trascurate, o-
striitte le fonti del suo benessere, gravata d'in-
sopportabili pesi, misurato e gravoso per sino il
jìrezzo del sale che la natura le offre per ogni
sito, non sufficiente a' bisogni comuni nonché a
quelli del commercio, agricoltura, pastorizia, con-
cime, conservazione de' cibi al villico ne' tristi
giorni d' inverno, al navigante ne' lunghi suoi
viaggi.
Generale la miseria, se si eccettui iu pochis-
simi individui, la maggior parte appena che vi
po^san conservare Je apparenze d'una decenza
propria alla condizione in cui si trovano, in lotta
continua pella soddisfazione dei primi piii urgenti,
j)iìi necessarii bisogni d' una civile convivenza,
senza speranza, senza prospettiva di un bene, di
pna qualsisia risorsa, che loro procuri una posi-
zione che li tolga dalla tortura d' un incalzante
inevitabile miseiia.
Tale l'aspetto delle città e più infehce se può
darsi quello delle campagne.
Che queste sieno le vere condizioni di questa
provincia, e queste le cause della sua miseria, in
più occasioni con eloquenti parole i dalmati de-
putati lo dichiararono agli attoniti uditori delle
eccelse Camere dell'Iin])ero. Eppure usutVuttaté le
sue risorse, questa provincia potrebbe godere di
un' agiatezza pari a qualunque altra dell'Impero.
I brevi vantaggi degli anni decorsi pella ri-
cerca e peli'eccezionale prezzo de' suoi vini, val-
sero appena a sanare alcune delle antiche e pro-
fonde piaghe che la laceravano ; ora che i prezzi
si sono equilibrati, si presenta all'atterrito pen-
siero di questi miserissimi abitanti un' era d'in-
condizionata miseria, se un qualche provvedimento
non viene in soccorso agli stessi.
II male che li aggrava in gran parte è d'attri-
buirsi ai principii, ai sistemi ed agli uomini del
passato; la cura di giovarvi, deve essere dei pre-
senti: ma le volontà più ferme, le migliori i;iten-
zioni, i più santi desiderii s'infrangerebbero con
tah condizioni, sotto il peso di tanti ostacoli; vi
vuole una leva forte e potente cbe scuota gli a-
nimi, che vinca le resistenze, c\ve offra i mezzi a
tale miglioramento. Tale misura, ^dopo accurati
studi, con paterna previdenza 1' additò l'inclita
Giunta dalmata nella generale franchigia doganale
d' entrata. Questa concessione solo può salvare
la Dalmazia.
Di breve estensione, sassosa, con monti nudi,
spogli d'ogni vegetazione, ora allagata, ed ora
arsa, con un quinto di suolo coltivabile ed in gran
parte incolto, con fiumi che scorrono fra roccie,
non offre essa alcuna condizione a divenire nep-
pure col tempo, non solo una ricca regione agri-
cola, ma nemmeno capace di provvedere o sup-
plire ai bisogni dei propri abitanti; i suoi pro-
dotti che le costano tanta spesa e fatica, non
potranno giammai sperare di entrare in concor-
renza con quelli delle grasse ed ubertose terre
de' paesi vicini; nella navigazione solo e nel com-
meicio può essa trovare i mezzi alla sua sussi-
stenza, ed a tale fine deve essere diretta. La
provvidenza le ha generosmiente largito quanto
le abbisogna a divenire un paese commerciante,
la sua magnifica posizione, i suoi innumerevoli
porti, i suoi bravi marinari le assicurano e ga-
rantiscono un felice destino.
Il mare è la sua missione, esso le indica la
via alla sua rigenerazione, esso, ove la stessa gli
apre i cento suoi seni per accogliere i prodotti
di tutte le nazioni e riversarli poi ad un m!)ndo
che le sta addietro, ricco di naturali prodotti che
le darebbe in ricambio, ma mancante di qualsisia
produzioni d'arte o d'industria. Ogni altra isti-
tuzione, ogni altro miglioramento riescirebbe tardo,
lento ed inefficace, opera del tempo e delle ge-
nerazioni future; da questo può solo questa pro-
vincia sperare ogni bene, la sua prosperità, il suo
migliore avvenire. Il negarlo sarebbe condannare
la stessa ad una perpetua miseria, la quale de-
gradando ed abbrutendo la natura umana, ne av-
vilisce i caratteri, ne snerva le volontà, ed iu
tale stato da esseri così depravati nulla può spe-
rarsi, nulla chiedersi; ironia e derisione sono per
essi ogni più santo nome, ogni più più cara idea,
ogni più liberale istituzione. Coijvien trarla dalln
miseria e dair abbrutimento per pretendere qual-
che cosa da essa.
Quel provvedimento le aprirebbe una fonte i-
nesauribile di lavoro, il quale moralizzerebbe il
popolo più di qualunque istituzione o scuola, nè
si vedrebbe tanta gioventù oziosa, inerte, inutile
a se stessa e di peso alla società, vagare pelle città
per non avere occupazione o mezzi di procurar-
sela al di fuori.
Tutti in generale gli organi che si pronunzia-
rono in tale questione : l'inclita Giunta dalmata,
le Conumi, le Camere dell' Impero, l'opinione pub-
blica, il Governo stesso, convennero nel bisogno di
una misura che lenisca la miseria di questa pro-
vincia; nel modo solo e nell' estensione non s' ac-
cordarono. La giustizia però e l'interesse dell'Im-
pero esiggono che a' suoi mali sia provveduto in
modo largo ed efficace.
Tre sono i modi coi quali si potrebbero conce-
dere quelle franchigie alla Dalmazia.
Il primo ed il più decoroso pello Stato e piìi
proficuo ad essa sarebbe di concederle senza al-
cun diretto compenso od indennizzo. Le pubbliche
imposte accresciute col maggior benessere de' suoi
abitanti, la cessazione dei quasi annuali soccorsi,
compenserebbero largamente di tali concessioni lo
Stato -, iiua qualclie ritorma amministrativa, la li-
bera facitura del sale, che potrebbe essere dui)li-
cato triplicato e più in Dalmazia, ne darebbero
un compenso molto maggiore dell'attuale rendita
di quei dazii, i quali non arrivano, né arriveranno
mai con tali condizioni a più di 200,000 fiorini
annui. Vi sono degli interes.si che non sono sog-
getti all'impero della cifra, uno de'quali è quello
che ne deriverebbe da tale concessione, e meri-
riterebbe bene che lo Stato facesse un tale sa-
crificio, se così si può esso chiamarlo, ridondando
infine il benessere di questa provincia a benefizio
di tutto l'Impero.
Il secondo modo sarebbe accettando il progetto
dell' inclita Giunta, essendo assolutamente esage-
rato il danno che si vuole avrebbero a soffrire
alcuni prodotti della provincia coli'abohzione del-
l' esistente favore della metà del dazio entrando
nel territorio doganale austriaco, essendoché s'a-
prirebbe agli stessi largo spaccio e consmno col-
r istituzione del portofranco generale.
Il terzo modo sarebbe esigendo un compenso ;
sepjìure si deve porre in questione l'avvenire di
questa provincia con una si meschina somma,
l'indennizzo di quei dazii con altra imposizione,
nonché un' impossibilità, come venne sostenuto
d'alcuni, od un danno, sarebbe un vantaggio ed
un benefizio per essa, poiché pagando già quella
somma, potrà in ogni modo pagarla meglio pro-
curandosi i mezzi ed aprendosi le fonti di gua-
dagno, che nella miseria in cui si trova. La que-
stione quindi si ridurebbe ad un semplice sposta-
mento di tributo e non già nell' addossarne un
nuovo , nel pagarlo nel modo migliore e meno
gravoso per essa, invece che nel più rovinoso e
pesante, poiché infine chi pagano quei dazii sono
i consumatori della provincia e non già quelli
che introducono i generi, quelli che U fanno ve-
nire e non gli esteri, essendoché di tanto h' in-
cariscono di quanto è l'importo del dazio almeno,
od altrimenti non l'introducono, doppio danno che
ne risente dallo stesso.
È vero che il peso andrebbe a colpire momen-
taneamente altri, ma distribuito nel modo più equo,
Ma ehe cosa faceste voi per isrnenlire l'Amminislraziono
0 per lavare l'anonimo da (juella taccia o di mentitore,
ovvero di fanatico visionario'! Voi non avete nolato nep-
pure questa disliozione ! le parole riporlate sono però chiare.
Voi nel n- 62 del Naiioniite faceste inserire un articolo
(la voi sottoscritto, pel quale assunta la respoqsabililà delle
asserzioni dell'anonimo, pubblicaste una mia lettera, dalla
i^uale, come voi dite, l'anonimo aveva tratto le cose da lui
asserte e dall'Amministrazione comunale negate. 11 trailo
4eUa lettera il quale solo, senza pubblicarla tutta, poteva
qualche cosa servirvi, è il seguente; « Allora (/mi a Fanfogna
che bisognava star bene attenti: che bisognava tostoprotestare
contro l'atto della G. . . . (e ci deve essere anche ciò nei
nostri protocolli di sedule tenute a Vienna : il Consiglio
110 chieda la lettura dell' ultimo) ; che si doveva far vedere
come s. Michele appartenne ed appartiene soltanto a Traù
e pei Tr.iurini; e che tutto ciò che poteva fare la Comune
Ji Tray era, che,i in vista che l'accademia di Zara era
(se avessi letta la lettera ci avrei posto sarebbe) disposta
di passare fior, annui 200 allora quando l'accademia fusse
fondata e durante il tempo che sarebbe aperta.«
Domando io non voi (mi so bene che voi non andate
tanto per le sottili trattando certe questioni), ma i p.izicnii
lettori, se questo tratto di lettera equivalga a quelle as-
serzioni dell'anonimo riportate di sopra, e se sia suflì-
jciente a smentire quelle affermazioni dell'Amministraziime
comunale ch'erano pur lo scopo di quella pubblio,izione.
Quel tratto di lettera riporta ciò ch'io dissi al conte
Fiinfogna tdito dopo che avemmo la notizia che IraUavasi
tli devolvere una parte (quale? io non so nè la seppi mai)
dei redditi di san Michele a beneficio d'un accadem a le-
gale in Zara: Allora dissi a Fanfogna ecc. ecc. Esso non
riporta nè ciò che io o gli altri deputati dicemmo nelle
sedute, nè ciò che forma il soggetto di alcuno dei pro-
tocolli. L'espressioni poi te ci deve essere anche ciò nei
imtri protocolli di seduto non esprimono nulla di certo,
phè quel ci deve essere non equivale ad un è ma ad un
parmt, ed indica soltanto probabilità non mai certezza. Quel
nei nostri protocolli esprime non già che siasi esteso un
protocollo speciale relativo sopra l'aliare in discorso, ma
(ihe dovrebbe esservi nei protocolli un cenno: ed un cenno,
il ripeto ora pure, ci dovrebbe essere, senza però voler
sostenere che vi sia, Chi sa come si tengano le sedute
e come si compilano i protocolli di esse, sa pure come
>101) tutto ciò che viene ivi detto, viene anche nei pro-
tocolli riportato; e però egli saprà bene comprendere come
io scrivendo quella lettera, benché a persona di tutta mia
fiducia, puro appunto por non ricordarmi con precisione
di ciò eh' era stato realmente accennato nei protocolli, di
jjuello eh' io aveva detto al conte fuori della seduta, e poi
e a lui ed al altro nostro collega nella seduta, mi sono
valso di quella vaga e dubbia eupressione. Ciò ehe risulla
jshiaro si è che quel cenno, qualunque esso sia e posto
che sia, non può essere se non nel!'ultimo protocollo.
Si vede da tutto questo che la mia lettera non dice
jiò quello che disse i' anonimo in quel suo articolo, nò
{jucllo che r Amministrazione comun.de credette di trovarvi;
iilie essa non ismentisce punto le attermnzioni dell'Am-
ininistrazionc comunale, e quindi che resta ancora all' a-
nonimo, ed a voi signor Sl.ide che ne assumeste la re-
sponsabilità, 0 r una o l'altra delle taccie intlittevi dal-
l'Amministrazione: a meno c|te non credeste meglio di
preferire quella di non avere intesa non solo la mia let-
}era, ma neppure quella dell' Atmnitiistrazione jcomunale.
tj di certo voi signore, che syretc chi sa quanto volte
letto quel mio scritto, non ne avete punto inteso nè la
lettera ne lo spirito — le parole • il Consiglio ne chieda
}(i lettura ddl'idtimo • v'indicava non solo quale era esso
protocollo e perciò l'impossibilità di nasconderlo, dovendo
esso conoe ultimo e finale contenere in se la solita delle
plausule dello sciolgimento della deputazione, ma v'indi-
cava anche 1' uso che dovevate fare della notizia che vi
avevo data e la via da tenere. 11 vostro dovere (posto clic
voleste assumere V incirico) era d'agire e di far agire nru-
^entementc in questo senso, e vi rij)etei anche nel P. S
come risulta dalla copia della mia lettera da voi trasmes-
sami, senza chiasso.
Se l'interesse pajrio ne fosso stato il solo movente,
paso alla vostra età vi avrebbe suggerito ad amendue di
far SI che qualcuno dei consiglieri ne faeesse una mo-
zione in Consiglio. Essendo informati a Traù del peri-
polo che minacciava quei fondi, proprietà del loro Comune,
un.i mozione in Consiglio avrebbe portato una discussione, e
la cosa era bella e finita. Ed è appunto perciò eh' io vi scrissi
di fare pur sapere la cosa: e per ciò che temeva che for-
se il Consiglio si sarebbe opposto che un.i qualuncpie parte
fosso devoluta a benefizio dell'accademia |eg:i!e ila eri-
gersi in Zara, ciò che mi sarebbe forte dispiacciuto , vo-
leva che i miei cittadini sapessero ch'io considerjvo la
fondajiionc d'un accademia legale in Zara come un bene
generale della provincia, e che ero persuaso che anche
Traù dovesse concoirervi e dare il buon esempio allo al-
tre Comuni. Se ne apposi la condizione di concorrervi dii~
runte il tempo fhe sarchilo aperta, sapiatene ora la ragione,
ed è questa che dissi ed ai miei allora colicghi ed a quanti
sopra di ciò parlai «affinchè se mai la Dalmazi.i venisse
annessa alla Croazia, non dovessero andijpe perdute e per
Zara l'accademia 0 per Trai» l'entrata di san-Michele». —
Che ve ne pare? il confesso, in ciò io fui poco accorto.
10 avrei dovuto scrivervi anche questa ragione, e sono
certo che, anziché avver.so al conte, avreste cercato ch'e-
gli facesse votare dal Consiglio, non che la metà, ma lutto
san-Michele, e vi sareste agitato perchè ne fossero devo-
luti e san-Giovanni e santo-Spirito.
S'io vi autorizzai di far nota la cosa, nnn vi autorizzai
di dar leggero la lettera, come voi stesso nella vostra del
2 ottobre mi scrivete di aver fililo: «A (piauti dissi la cosa
(le sono vostre parole), a lanli ho letto anche la lettera..
Grazie' e neppure questo bastò al vostro patrio ze!o ! e
voleste anche pubblicarla abusando della fattavi confidenza!
Sì, della fattavi confidenza .-e quand'anche non vi fosse siala
persona rispettabile ed autorevole che ve ne sconsigliava,
e vi pregava di non farlo, vi avrebbe dovuto pur basiare
11 modo di procedere dell'anonimo vostro amico, il quale
disse la cosa, benché alquanto diversamento da ijuello che
doveva, ma rispettò e il mio nome, e ciò ch'era da tacere
e che pel fatto era inutile; quantunque anch'egli avrebbe
fatto meglio (giacché la lettera, per vostra confessione, fu
in Traù più che pubblicata, prostituita) ove si fosse
servito del comodissimo e tanto usitato si dice.
Se voi aveste intesa la mia lettera, non ve ne sareste
mai servito contro il conte (che voi ben sapele esseruii
amico non da pochi mesi, ma da veni' anni) per ciò che
nella lettera stessa io, tratto in errore d.dla vostra degli
ultimi di luglio alla quale vi rispondeva, credendo che voi
vi trovate col conte e con lui conversale delle coso del
Comune, incaricava di ricordargli le cose in essa scrit-
tevi. S'io lo voleva a parte della cosa, s'io voleva che voi
ne trattaste con lui, potevate ben ritenere ch'io non vo-
leva punto darvi motivo, e meno poi autorizzarvi ad es-
sergli molesto ed ostile.
Inoltre, quand'anche la mia lettera avesse contenuto
tutto quello che voi e consorti vi siete imayinati di ri-
trovarvi ; com' è che non avete pensal,o che nè il Pode-
stà di Traù, nè il Consiglio comunale non potevano es-
sere punto obblighiti dalle cose o discusso in una loro
privata conversazione, o protocollato in una seduta dei de-
putati sopra oggetti pei quali questi non avevano nè po-
tevano avere atcun mand.ito? Quand'anche fosse stalo e-
steso dai deputati quel si fallo protocollo, quale obbligo
poteva avere o il Podestà o il Consiglio di seguire quei
consigli, poiché altro che consigli n n potevano d.ire i de-
putati? fJ non può il Podestà avere avuto delle eccellenti
ragioni di attendere un momento più opportuno per a-
gire nel senso da me su due p edi suggeritogli ?
Dal che ne seguirà che altro partito non vi era por
chiunque, che mosso veramente da patrio interesse cre-
deva opportuno di agire, se non il promovere una discus-
sione nel Consiglio comunale.
In quanto poi al racconto che voi, sig. Slade, fate nel
vostro articolo sulla conversazione avula col conte all' oc-
casione della visita fattagli dopo il suo ritorno da Vienna
t Reduce il conte Fanfogna ecc. ecc > e che chiudete di-
cendo: 'Scrissi ciò allo zio per informarlo come stava la
cosa, e per sapere da lui alcunché di preciso', mi contento
di dirvi che su ciò la memoria vi tiadiic.-, tanto rigu irdo
all' epoca in cui mi scriveste in simile all'are, quanto alla
sostanza del racconto. — 11 conte Fanfogna reduce da
Vienna giunse a Traù il 29 aprile, ed alla melà circa di
maggio voi mi scriveste di avergli fililo una visita, di a-
vergli portato un lavoro ecc.; ma non mi scriveste parola
sopra l'affare in questione. Kd io pure non ve ne scris-
si ; anzi, come vi ricorderete , nella ris|iosta toccai 1' af-
fare delle elezioni ilegli Assessori, secondo che n' ebbi
notizia dai fogli e vocalmente da un giovino a voi non
ostile; e la mia risposta non vi piacque.
Voi mi scriveste sulla questione agli ullimi di agosto,
quindi quattro mesi dopo il ritorno del conte eda quella
visita da voi fallagli ; ed io vi risposi o ai 30 di .igosto
0 al primo di settembre ; ciò che si può anche rilevare
dall'articolo dell'anonimo. — Ciò che in questa occasione
mi scriveste, io noi dico, e tanto più che voi, come ri-
levo dalla vostra del 2 ottobre, in jiarte vé ne ricordale.
Dirò soltanto che voi mi scrivesle ciò che obbligò me a
rispondervi nel modo che feci. Ed aggiungerò che se voi
mi aveste fallo nella vostra lettera quell'i lenlico racconto
che fate neir articolo, io non avrei JivutQ bisogni d'infor-
marvene, giacché avrei crmosciuto che voi sapele ciò che
sapeva io, e che il conte Fan fogna pensa, come penso io.
Si, precisamenle come penso io. lo credei ben falto di
fare noto a Traù 1'alLre : e dal vostro racconto apparisce
che il conte faceva lo stesso. Voi scrivete »il conte al-
lora rni palesò come ermo disposti a Yieima di
assegnare la metà ecc. ecc » S' egli imn dubitò di dirlo a
voi, che certo non doveva per q ianto deduco dalle vostre
lettere, annoverarvi tra li suoi difensori, chi potrà mai
pensare ch'egli volesse tenere celata la cosa? — Voi
scrivete; «.I/i fu soggiunto (dal conte) che Vaccndsmia le-
gale islituiiiasi per Dulmaziii tutta, che quindi si doveva o
in un modo o nell'altro contribuire ...» Bravissimo ! non
altrimenti penso e pirlo io; ed il conte Fanfogna ed il
sig. Mavretich e molli altri e a Vienna e qui ed altrove
mi sono testimonii essere mia opinione, cli3 so in Dal-
mazia vi fosse un' accademia legale, molti più dei Dalmati
potrebbero studiare la legge ; a'Ie famiglie dalmuto eo-
sterebbe nvrno l'educazione dei figli; (piel dinaro cho
pure dovrebbero spendere resterebbe tulio in D,,lmazia.
molti giovani dalle altre provincie vi accederebbeio e v|
lascierebbero del danaro; la Dalmazia avrebbe da otto in
dieci professori di legge, in gran parte o forse ludi DaU
mali; tra i quali vi sarebbero per lo meno sempre tre o
quattro scienziati di fama ; e si potrebbero contare da
olio in dieci aspiranti alla professura, e quindi anche que-
sti uomini di scienza, i quali se tutti non potrebbero ot-
tenere una cattedra in patria, sarebbero in istato di me-
ritarsela presso le Università. — Voi scrivete: <11 conte
terminò la questione col dire, che già il governo, prima iti
disporre in proposito, dovrà interpellare la Comune, e che
allora il Consiglio •potrà opporsi« Eccellentemente; questa
è da galantuomo ! e che cosa voleva io se non che una
discussione nel Consiglio? Vedete che se voi ni'ave.ste
così scritto, e così solamente, la mia risposi^ si sarebbe
forse limitata soltanto ad un' osservazione sull" epoca della
discussione.
Ma si poteva fare al conle Fanfogn.i un elugio più
hello di quello che risalta da questo voslro rai'conto !
Questo racconto lo fa vedere uomo saggio, iiitelligunle
ed onesto; e quindi mentre credevate col vostro articolo
di dargli una balestrata da schiiicciarnelo, voi invece lo
avete esallato, come egli meritava, e puniste soltanto
me per la mia troppa fiducia in voi !
Concluderò col dirvi che da Traù nessuno, ma badate,
nessuno fuori di voi, mi scrisse sulle cose patrie o contro
di voi o contro altri. Ciò eh' io seppi e ciò su che vi
scrissi, lo ritrassi dai publici fogli, dalle vostre due let-
tere, e da persone venute djlla Dalmazia. Scrivo sposso
ad uno de' miei fratelli, e lo incarico di salutarmi quel
parente o quell' amico, e ciò per risparmio di tempo e
di denaro, ed egli trova sempre da più cbe quindici anni
materia sufficiente per parlare di sè e dei suoi.
. Graz, in ottobre. L.
Parigi.
Telegramma.
Il Momteur di lunedì 20 cori'. Una
circolare di Drouiii Lhouys agli agenti diplomatici
della Francia spiega lo spirito nel quale egli as-
sumerà il Ministero. La politica dell' Imperatore e-
sposta nello scritto del 20 maggio non si è punto
cangiata. Il Governo imperiale continuerà a de-
dicare tutti gli sforzi all' opera di conciliazione in-
camminata in Italia. (0. D.ì
ANNUNZIO
Gelsi dai Vivai di Sign
presso il Signor
Le commissioni per gelsi si accetteranno a tutto
il mese di novembre a. c. e le spedizioni si ef-
fettueranno nei mesi di novembre e decembre al
punto d'approdo del Vapore del Lloj'-d in tutte
le piazze della Provincia, in balle ben condizio-
nate e franche di trasporto e d'imballaggio.
Le commissioni si faranno direttamente allo
Stabilimento di Sign. I prezzi vengono stabiliti in
valuta austriaca — I pagamenti dovratmo farsi
all' atto della consegna dđlle piante, a persona
che verrà incaricata per la riscossione.
Le piante dei gelsi verranno inoltrate ai sig.
committenti colla maggior sollecitudine.
Prima categoria
Gelso comune per alto fusto
a) Gelso comune piante forti di 4 anni, per cento
piante fior. 14.
h) Gelso comune piante forti di 3 anni, per cento
piante iior. 12.
Seconda categoria
a) Gelso d'innesto a foglia doppia, per cento
piante fior. 20.
b) Polloni d'innesto di un anno, per cento piante
fiorini G.
Terza categoria
a) Polloni comuni di prima scelta, per cento piante
fiorini 8.
h) Polloni comuni di seconda scelta., per cento
piante fior. 6.
fi) Polloni di due anni, per cento piante fior. 4.
Fratelli BArtARA. YIHCENZO DUPIÌAÌ^CIOH Redattore respotisabile.
Kara 35 Oftolire 1§63. Alino tii;
Voce Dalmatica
Prezzo d'assoriaxiunc io vajutd austriaca per
Zara: per un anno fiorini 8; per i*ei «pni fiorini 4;
l>er Ire mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
a fuori: per un anno fiorini 9; per 8ei mesi fiorini i
solili 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
che del porto-posta.
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I jrnppi e le eomnil^KÌonì. fi-aneliì delle cpr«»
postali, sidirijjono in Zara a \ incenzo Duplaoeicli lle-
dattore dfUii Voce Dalumllca, e rIì abbuenanienti, ai
ni-ijozii librarii dei signori fratelli Battara e Piciru
Abeiich. (ìli avvisi di ti linet* costano I fìorin«, e ogni
iinra di pili soldi 6. ha tasoia «li finanza resta a carico
di I roniiiiitiente. L'n numero separato costa iìoldi 10.
Riepilogo e Conciliazione.
I.
Il gabinetto di lettura slavo di Spalato è 1-
iiaugurato ; tra poco sarà istituito quello di Zara,
poiché se ne ottenne il superiore permesso; a Cat-
tare altri gabinetti esistono già, e in breve tutta
la provincia sarà di siffatti istituti disseminata. Il
Aazioiiale ne fa baldoria, e noi pure se ne ralle-
griamo. Istituzioni volte a promuovere la cono-
scenza, e la diffusione tra gli ordini colti dei cit-
tadini, della lingua del povero popolo della cam-
pagna, tanto più se con scopo diretto di cercarne
il progresso e il perfezionamento, e di educare e
istruire il popolo stesso, non possono non rallegrare
l'animo di chi ama il paese. ISjnoncliè, gli scrit-
tori del non si contentano di ciò; non
stanno paghi a dare sfogo all' abbondanza del loro
giubilo, a dichiarare chiaramente l'intendimento
della istituzione, a dimostrarne 1' utilità e manife-
stare i mezzi che devono esservi impiegati; ma tol-
gono occasione per dar fuori nuovamente nelle
antiche interminabili lamentanze, per 1' abbandono
della coltura della loro lingua e pel nessuno sus-
sidio che per la sua diffusione trovano tra i dal-
mati italiani; per iscagliarsi fieramente, con amarez-
za e dispetto, contro coloro che parlano italiano,
nè vogliono rinunciare alla propria lingua.
Noi avevamo, a dir vero, creduto che la esperien-
za, e la delusione, e la evidenza dei fatti, avessero
oramai servilo di sufticiente istruzione ai nostri av-
vej-sari politici, per non aver più ad attendere da
essi quelle esorbitanze sconfinate, quelle invettive
violenti, e quelle eccessive esigenze di cui ci ave-
vano dato per l'addietro tanti saggi. Noi credevamo
che quella conciliazione, di cui fu tatto da loro tante
volte parola, in modo non accettabile, poiché sem-
pre proponendo per condizione la nostra sonnuissio-
ne a' loro voleri, T intera rinuncia a' nostri diritti, e
Finterò sagrificio delle nostre convinzioni, fosse ora
possibile, e forse sul punto di conseguirsi natural-
mente e tacitamente; poiché i fatti avvenuti, e le spe-
j-:uize tramontate, parevano dover loro consigliare
desiderii più ragionevoli e modesti, e possibili a sod-
disftirsi. Ma pur troppo ci siamo ingannati, e nei
due ultimi articoli del Nazionale sopra la lingua,
troviamo che il linguaggio non è meno del solito
violento nell'espressioni, ingiusto e provocatore nel-
V accuse, sofistico nel ragionamento, negli intendi-
menti simulato.
Senoncliè, noi che non abbiamo nessuna ra-
gione di avere l'animo soverchiamente amareg-
giato, che non nutriamo nessuna trepidazione per
l'avvenire, almen prossimo, della nostra causa, pos-
siamo tener conto dei tempi, o almeno delle pre-
senti circostanze mutate o modificate, e smettendo
ogni accento risentito, procacciare una volta an-
cora di porre la questione in maggior luce ten-
tare, se non una conciliazione intera, e un accordo
definitivo e durevole, una tregua che per que-
st' epoca che noi crediamo di transizione, ci lasci
vivere meno inquieti e disagiati; un accordo che,
non suir essenza della questione, ma verta almeno
sovra un lato importantissimo della medesima; pos-
giamo almeno manifestare quali sieno le condi-
zioni alle quali unicamente noi potremmo accor-
darci, e quelle alle quali dovremo rifiutare tena-
cemente r assenso.
Quanto alla questione della nazionalità, cioè
della voluta unione territoriale a'paesi conter-
mini, abitati da slavi, sia a quelli che dipendono
daU'xVustria, sia a quelli che avrebbero ad api)ar-
tenere al regno slavo del mezzogiorno in fieri-, è
questione, crediam), che gli avversari nostri hanno
come noi messa da parte, dovendone esserne diffe-
rita la soluzione indefinitamente, e avendo a dipen-
dere da ogni altro volere che dal nostro. Resta la
questione della lingua, ed è qui che il disaccordo
ci pare pure più artificiale che naturale, più ap-
parente che vero; è qui che l'intendersi e il pat-
teggiare ci pare più agevole e con un poco di
buona volontà possibile.
Se la smania che sorse da alcun tempo negli
slavisti di coltivare la ling^ua slava e gli sfoi-zi per
diffonderne la conoscenza, promuoverne l'insegna-
mento, accomunarne l'uso, tende come veramen-
te appare, a far sì che a poco a poco, ella riman-
ga la sola lingua del paese; che queste città della
costa, i cui abitanti parlano italiano, sono forniti di
coltura italiana, hanno costumanze e abitudini ita
liane, mutino faccia ed essenza e diventino città in-
teramente slave; se tende ad abolire e far di-
menticare, 0 diventare linguaggio straniero, la lin-
gua italiana, e respingere e far scomparire ogni
italiana coltura, sia che vogliono conseguirlo ad
un tratto, sia che si avvisino ottenerlo a poco a
poco; se, diciamo, questo intendono e vogliono, certo
noi non potremo consentirvi giammai. A questi patti
e per questo intento, non v' è nè accordo, nè con-
ciliazione, nè scambio di parole possibile. Primie-
ramente la cosa sarebbe apertamente ingiusta, av-
vegnacchè quel diritto di usare la propria lingua
che è vantato dagli slavi, è eguale per coloro che
parlano italiano. Non possono dissimulare gli sla-
visti, che tutti coloro che hanno una qualche col-
tura parlano l'italiano, non lo parlano per averlo
appreso alle scuole e sui libri, ma per essere la
loro lingua nativa, quella che hanno udito suonar
prima sulle bocche delle madri loro, quella con cui
hanno significato i propri pensieri tutto il tempo
della loro vita. Non possono ignorare che la lin-
gua è r anima e la natura dell' uomo, che le pa-
role non sono che significazione del pensiero, e
del sentire, e che quali sono le parole, cioè la lin-
gua, tale è il pensiero e il sentire, e perciò l'indole
e il carattere personale di chi le adopera. Il pre-
tendere dunque che costoro, siano pure una mino-
ranza piccolissima, consentano, o vengano obbligati
a trasformar sè medesimi e cangiare natura, a ri-
nunciare a tuttociò che tennero per più sacro; è at-
tentare a quei medesimi principi di nazionalità in
cui nome favellano, e della cui violazione danno
rimprovero agli italiani. Nè quelli potrebbero con-
sentire a questo per sè, nè pei figli loro, i quali
naturalmente hanno educati, e devono desiderare
di educare come eglino stessi furono educati, devono
studiarsi di rendere a sè medesimi somiglianti, come
essi somigliano a' padri loro. Nè i figli vorreb-
bero essere educati altrimenti; nè degenerare dalla
propria stirpe, nè farsi stranieri alla propria fa-
miglia nè diversi dai loro consanguinei.
In secondo luogo la cosa sarebbe dannosa, poi-
ché la lingua e la coltura italiana sono quelle per
le quali può sperare prosperità e progredimento
materiale e morale il paese, il popolo dirozzamento
e istruzione, e ad ogni modo stabilità, e avanza-
mento, e sussistenza il vivere civile : laddove per
la sola slava, nello stato attuale di quella lingua
e letteratura, il paese verrebbe a perdere anche la
poca civiltà che possiede e la limitata coltura
' che lo adorna, il popolo a ricadere necessaria-
mente nella ignoranza e nella barbarie. Da ultimo
la cosa sarebbe materialmente impossibile, perchè
per la naturale posizione, e per la prossima op-
portunità e per la immediata utilità, l'incessante
e frequentissimo commercio colla prossima Italia
è cosa inevitabile, e che nessuna forza morale e
materiale varrebbe a impedire, onde pur necessa-
rio e inevitabile, il parlare italiano.
Se poi intendimento del partito slavista, è, se non
l'ultimo fine, che ora non vogliamo nò ci pare
opportuno indagare, almeno il solo desiderio e la
sola volontà del presente, di promuovere la diffu-
sione della lingua slava e la sua conoscenza fra
noi, e di procacciare il sempre maggior svolgimen-
to e il pieno perfezionamento ; di curare e darsi
più pensiero che finora non s' è fatto, di educarè
e istruire il popolo dalmato, d' ogni ordine e qua-
lità, e specialmente quello della campagna, che ne
ha più di bisogno ; noi non solo non faremo loro
opposizione, ma ci dichiariamo pronti a concor-
rere con ogni forza, ad opera che riputiamo della
più grande utilità e della necessità più evidente.
L'istituzione di cattedre, di società letterarie, di
gabinetti di lettura, la pubblicazione di libri e di
giornali; sopra ogni cosa, la creazione di scuole
popolari, verranno da noi non solo consentite, ma
promosse, e aiutate, e incoraggiate con quella qual-
siasi opera che fosse in nostro potere di prestare.
E il negare la sincerità di questa intenzione al
partito autonomista, l'asserire simulata ogni dichia-
razione a questo riguardo, ogni sforzo a questo
fine apparente e illusorio è fargli insulto gratuito
da nessuna ragione giustificato, da nessun pre-
testo scusato.
Ciò che peraltro, noi non possiamo, nè crediamo
in coscienza di poter ammettere; ciò che sentiamo
il dovere di contrastare con ogni potere, è T intro-
duzione della lingua slava nell' uso del foro e degli
uffici pubblici, sopra ogni cosa poi nelle scuole
pubbliche come lingua d'insegnamento. Questo de-
siderio e questa pretesa ci paiono appunto aver
di mira quello scopo che or ora abbiamo escluso
formalmente, e però ci sentiamo tenuti per la
stessa ragione a respingerli. Non necessità, non op-
portunità, non utilità di sorte alcuna per nessuno,
sappiamo riscontrare in questa misura. La lingua
slava, nei primordi del suo sviluppo, non ha la
necessaria copia di vocaboli, e di forme, e di modi
che renda possibile l'esprimere con essa tutti i
concetti, i pensieri e le idee che nell'amministrazione
della giustizia bisognano. La sua conoscenza non è
abbastanza diffusa nella classe colta, e singolar-
mente tra gl'impiegati; non è ad ogni modo così per-
fetta così da usarla con sicurezza e agevolezza, per
iscritto, senza pericolo. Ella è a sufffcienza cono-
sciuta ed usata adesso quanto, è bisogno a evitare
errori nell' intelligenza delle cose e nella inter-
pretazione delle parole; l'uso ne cessa quando,
continuando a valersene, il pericolo di errori ri-
sorgerebbe. Dall' uso com' ò regolato attualmente
dell'italiana, non sono mai nati disordini o viola*
zioni della giustizia, o lesioni ai diritti privati; nes-
sun lamento di tal sorte s'è mai fatto sentire nel
nostro popolo, nessuna scusa, nessun pretesto, nes-
suna occasiono sursero finora a provocare un cosi
subito rivolgimento. L'usare poi la lingua slava
come lingua d'insegnameato, sarebbe togliere ogni
insegnamento, o renderlo arduo per mado da rie-
Bcire solo possibile a quei pochi che fuori della
e di cura per perfezionarsi. Acquistati clic il po-
polo abbia il sapere e l'istruzione, non è dubbio
che non sappia da sè facilmente corregg-ere ed e-
spellere, ciò che di guasto potesse essersi con que -
sii introdotto, e, ad ogni modo, passare per questa
prova è ìnestieri. Sei più non sapranno tenersi im-
muni dal contagio, vi saranno i pochi che sapranno
guardarsene, togliendo dagli altri il necessario, ed il
buono, e l'importabile senza pericolo, e lasciando ciò
•che v'avesse di diverso ed estraneo. Perchè Boccac-
cio abbia foggiato artificiosamente il suo stile e la
lingua sullo stampo latino, non mancarono i Com-
pagni e i Villani, e i Maccliiavelli, e i Cellini a
ridonarle semplicità a restituirle F indole nativa.
E la coltura russa che, per la soverchia influenza
straniera, penò tanto a far reali progressi, non trovò
meno, in Puschine ed altri, autori più originali; nè
per questo e a negarsi 1' utilità, che quella nazione
ritrasse dagli studi stranieri.
Il mezzo poi di rendere sicuramente minore questo
pericolo, 0 toglierlo affatto, sono appunto lo studio e
la coltura, quaiito è possibile maggiore, dell'italiano.
Se di parlare italiano, e di avere continuo com-
mercio cogh italiani in Dalmazia non si può evi-
tare; se a chi ha bisogno di istruirsi è necessario
far capo agli italiani; meglio è conoscere la lin-
gua benissimo, che non, a bello studio, contentarsi
di una mezza cognizione. Solo chi conosce per-
fettamente le due lingue potrà conservare/usandole,
il ciascuna l'indole sua, saprà valersi di entrambe
senza l'una con l'altra guastare. Nò si può com-
]3renderc come vi sia chi scriva italiano , e ab-
bia fćitti i suoi studi in italiano, e dall' italiano
abbia ogni coltura ricevuta, e, non che vergognarsi,
si vanti di non saperlo bene, e si scusi, con aria
di sfida, di scriverlo male, perchè non è la sua lin-
gua. Chiunque abbia avuto educazione italiana,
ha obbligo di sapere la lingua in cui studiò; più
i dalmati i quali, se non dalla madre, certo da pri-
m' anni, e tutta la vita poi, hanno intorno a sè
sentito sempre parlare italiano.
• Il maggior danno, il più grande ostacolo poi che
potrebbe incontrare il progredimento della lingua
slava, sarebbe volerla usare prematuramente nelle
imbbliche bisogne. Vocaboli e modi d'ogni sorta
necessariamente senza scelta, o con scelta non ra-
gionata e varia secondo il vario capriccio di chi
si volesse accingere all' ardua impresa; vocaboli e
modi da pochi intesi, da nessuno accettati, verreb-
bero ad ingombrare il linguaggio ed imbarbarirlo,
a formarne un gergo indicifrabile, che sarebbe un
enigma pel popolo, a cui vantaggio si pretende
crearlo. Nè alcuno v' ha, tra i cultori di slavo,
che possa vantare una così riconosciuta autori-
t|i da per sè sobbarcarsi all' ufficio di perfezio-
nare la lingua e prò vedere alle mancanze che vi
si rinvengono, con probabilità che gli altri alle sue
sentenze si acquetino ; nè sufficienti ragioni po-
trebbe aver egli di dare i suoi trovati per validi e
da essere universalmente accettati. Noi vediamo in-
vece ogni giorno, la disparità delle opinioni e la
discordia invincibile tra i cultori dello slavo, mo-
strare con evidenza., che nulla ancora v' è in affare
di lingua di determinato e di certo, che non v' ha
norma nessuna ferma e riconosciuta, la quale porre
a base de'nuovi lavori. Noi vediamo ogni nuova
proya, ogni nuovo sforzo, che taluno ardisca, es-
sere accolto con censure e derisioni smodate, in
luogo di critica ragionata e tranquilla. Fino a
tanto, però, che la coltura non sia ampiamente
diffusa e penetrata nella grande maggioranza del
popolo, finché i costumi mutati e ingentiliti non
risponderanno alle leggi che lo governano, non
si rinveranno le voci necessarie a valersene, nè
le voci che si trovassero gioverebbero a nulla,
dove egh prima non le avesse in uso, e non fosse
atto ad intenderle.
Riassumendo concluderemo, che noi liconosciamo
che la lingua slava, come lingua del popolo no-
stro, come lingua di bellezza e soavità ed effica-
cia e forza mirabili, come lingua atta più che altra
mai a svolgimento ampio e compiuto, deve essere
con ogni cura coltivata e diffusa. Che nessun Dal-
mata che ama il paese può rifiutarsi di cooperare
a questo intento. Che per questo però bisogna ap-
parecchiarsi con studii seri e incessanti, coli' ac-
cordarsi sull'essenza, e sull'indole, e sui caratteri
distintivi del hnguaggio da adottare; sui modi, e
la ortografia, e la proinincia a lui propria; bisogna
apparecchiarsi coli' usarla quant' è possibile nel
consorzio privato, sopra tutto nel ipiù frequente
commercio col popolo, il quale sarà sèmpre il mae-
stro più autorevole e sapiente. Appareccliiarsi
col diffondere, quant'è possibile, al popolo la istru-
zione e la educazione interamente finora trascu-
rate , coir avanzare noi medesimi nella coltura e
nel sapere, giovandosi e coltivando più sempre la
lingua italiana, che è il mezzo a ciò più naturale, e
pronto, ed efficace. Ma che bisogna d'altronde, guar-
darsi dal volere usare la lingua slava prima che
ella giunga alla necessaria maturità, e perfezione,
e diffusione, e più che mai dal volere sostituirla
interamente all' italiana, tentando di abolire que-
st'ultima che è pure, non meno dell'altra, lingua
del paese ; avvegnacchè, oltre all' essere ciò cosa
ingiusta, ed odiosa, e funesta al paese, nuocerebbe
al progresso della stessa lingua slava singolarmente.
Sopra queste basi, e a queste condizioni, non
sappiamo se accordo e concihazione tra i due
partiti in Dalmazia siano possibili ; bene dicia-
mo che, per nostra parte, solo queste condizioni
sono accettabili; diciamo che nulla meglio amerem-
mo del vederle dagli altri pure accettate, e ces-
sata così quella discordia, di cui, a vantaggio e
compiacenza di chi non ci ama, siamo da tanto
tempo spettacolo vergognoso. Anieremitto che a
nessuno dei dalmati potesse esser fatto rimprovero
di disprezzare il proprio paese, di trascurarne gli
interessi per preferire, e consacrarsi in pensiero e
in parole a quehi dei lontani e stranieri, con sforzi
ignorati, e, fuorché da piccole consorterie, dispreg-
giati ed irrisi. Ameremmo che tutti sapessero e
volessero comporsi alla megho nella situazione in
cui ci troviamo, per vedere se pur da questa, infe-
lice e dolorosa, si possa cavarne alcun bene, o
almeno schermirci da -mali maggiori. Ameremmo,
finalmente, che se pure è vero, che la Dieta pro-
vinciale abbia un tratto ad aprirsi per discutere
i pubbhci negozi, potesse scomporsi una maggio-
ranza fittizia, e si stringessero tutti i migliori in
un partito compatto e concorde, a propugnare e
tutelare il bene delia patria.
A memoria
di Marco Gernizza
Mubilt; de ffiriiiiuvir.
Le lodi d'un cittadino sono
j)ur lodi della patria.
Mordanì.
"La benemerita famiglia Cernizza tra gli Oltra-
" marini ha prodotto fin dal 1423 soggetti di fama
"e di valore nell'esercizio delle armi, trapiantan-
" dosi fin da quel tempo con volontaria sudditanza
"alla pubbhca devozione, abbandonando il comodo
" stato che possedeva nelF Albania, e questa no-
"bile risoluzione T accompagnò con lodevoli azioni
"nelle sopravvenute contingenze di guerra. Molti
"furono gh ascendenti/che in così lungo corso
"di tempo illustrarono nobilmente i lor giorni con
"azioni distinte, piene di valore e di fede,,. — Così
attestava nel 1773 ad uno della famiglia stessa,
che il grado attinse di colonnello. Imo dei molti
oiiorevoh documenti di cui la fregiava il veneziano
governo. Caduto poi esso, e nuitate di tanto le
condizioni dei tempi, quei meriti che gh avi stu-
diato aVeano di guadagnarsi nella carriera dei prodi,
per altra del pari nobile via i successori cerca-
rono di continuare ed accrescere, col pronto loro
adoprarsi nelle civili bisogna in servizio ed a prò
della città di Zara lor patria. E così fecero tip-
punto i tre degni fratelli Antonio, Cesare, e Marco
Cernizzči, ai due primi dei quali avendo noi già
reso in morte il povero e disadorno tributo delle
nostre parole fGazz. di Zara n. 58 del 1844 e
n. 42 del 1846), giustizia vuol ora che anche al
terzo si renda, giacché a lui pure schiudeva il
destino così repentinamente e contro la comune
aspettazione il sepolcro.
L'uomo non nasce a sè stesso, dice ini antico
filosofo, ma alla patria, ai parenti, agh amici ; non
tutti però sono di questi nobili affetti egualmente
compresi, e quello di patria segnatamente fece
ogni tempo e tutto giorno fti, non sempre a torto
lamentare dai saggi che
"Molti 1' abbian sul labro, e pochi in cuore,,.
A questo lamento 1'esempio del nostro Cernizza
non van-à di conferma ; potendosi di lui senza
dubitazione affermare, che se non ebbe i talenti
a grandi cose disptjsti, non però gli fallirono lo
buone intenzioni di giovare , quant' era da esso,
alla natale sua terra. Ciò dai fatti comprovasi di
tutta la vita sua, fino dagli anni della sua gio-
vinezza, in cui disertando la carriera degl'impie-
ghi pubblici, già intrapresa, al servizio dicavasi del
Municipio, e con la nobiltà del tratto, con la mi-
tezza dell' indole, con la premura in adempiere i
proprii uffizi, la benivoglienza eia stima di tutti
si guadagnava. Ma il periodo nel quale vie piìi
r egregie disposizioni dell' animo suo per la patria
s' appalesarono, quello fu degli ultimi quindici anni,
dal 7 luglio 1848, in cui trovandosi egh nel posto
d' Assessore municipale, e quello rimasto essendo
vacante di Podestà, dovette assumere 1' ammini-
strazione del Municipio col titolo di Gerente.
L' aver solo accennato in qual epoca ei ciò im-
prendesse, bastar potrebbe ad agevolmente com-
prendere le difficoltà con cui lottare doveva chi
nel corso di quelle tempestose vicende al timone
trovavasi del navicello d'una Comune. E molte
davvero furono quelle dal Cernizza incontrate, fra
tanto agitar di passioni e fervere di partiti, fra
tanto accendersi di speranze e succedersi di delu-
sioni, fra tanto innovarsi d'ordinamenti e mutarsi
di reggitori ; sorretto però dalla coadiuvazione d'il-
luminati e zelanti concittadini, conservando sem-
pre la sua naturale moderatezza dell'animo e ur-
banità delle forme, non senza sapere all' uopo far
mostra e di carattere fermo e di franca parola,
se non riuscì ad appagar tutti (che sarebbe stolta
pretesa nell' ordinario volgersi delle cose, pensa poi
ira quel trambustio), ebbe almeno il conforto di
avere sempre cercato di promuovere e secondare
tutto ciò che poteva tornar bene alla patria, e di
stornare da essa ogni trista e dannosa emergenza.
E perchè oltre al malo governo degli uomini,
raro è quel giro di sole in cui la misera terra
nostra non abbia pur da plorare qualche malo trat-
tamento della natura, molte furono le occasion
d' esercizio che allo zelo suo in periodo sì lungo
apprestarono, e le insorgenze funeste di mortiferi
morbi, e le carestie conseguenti alle guerresche
vicende, e le angustie del villico pei falliti rac-
colti, e la mancanza dell'acqua pegli estivi sec-
cori; nei quali casi tutti, o Come capo municipale,
0 come preside e membro di commissioni all' uopo
formate, soddisfece a quant' era di lui, con pub-
bhco vantaggio, e con pieno delle superiori Auto-
rità gradimento.
Conoscendo ben egh qualmente un ufficio, sic-
come quello è del Conmne, frequentatissimo dalle
classi tutte degli abitanti, per soddisfare ai più
minuti ed urgenti loro bisogni, richiegga un'attenta
personale assistenza e sopravveglianza di chi l'am-
ministra, molto fu diligente neh' adempire anche
a questo de'suoi doveri; e così pure fu molto nel-
r economiche faccende oculato, non istimando com-
promettere punto la dignità del carico suo e del
suo nome coli' immischiarsi al popolo, visitare i
mercati, vegliare all' approvigionamento della città,
e prender da sè medesimo quelle conoscenze, che
male talvolta si possono a mezzo d'altri acquistare.
Fn molto inoltre curante di sostenere, senz'af-
fettazioni, ma sempre col dovuto decoro, la comu-
nale rappresentanza. In ogni tempo ebbe Zara dei
cittadini che furono, quanto del suo bene, tanto
dell' onore suo teneri, e i fasti municipali illustri
nomi ricordano di soggetti distinti, che a sè die-
tro lasciarono luminose memorie ed imitabili esem-
pi di patrio zelo, e che se da un lato sapevano
mal potersi ai bisogni del popolo soddisfare coi
titoli vani e colle fastose apparenze, sapeano pure
dall'altro quanto sian anche l'esterne forme ad ima
rappresentanza civica necessarie, e quindi non le
mai trasandarono. Doveano perciò giustamente do-
lere al Cernizza le malaccorte parole di chi sti*
mava, in una recente occasione, non poter appieno
lodare il Mimicipio attuale, senza tacciare di tra-
ilirska: alzò bandiera d'iiidipendenza ai tempi dei
Eomani, dei Falieri, e di Diedo •; e i €r<»ati la sa-
lutarono maestra ; e quei saoi %li, che sà trasser-o
dietro al loro Peg^seo, ella farìi tornare in se;
perciocché ella non vuole Pulciiielìa in Toscana;
temerebbe solo i precetti vandalici: e in questi
tempi ride Moutenegriiìi abbisognanti di cfeo ge-
iierazioMi per rimettersi; Serbi invano rainaccianti
la Isua; Croati delusi; e Xapole@i?e che per essi
non vuol muover guerra alF Eciropa. E 'T intelli-
genza Dalmata tntto prevedeva, e ben strana
compariva la baldanzosa pretesa del diritto storico,
che tutto ad un tratto k voleva trasformata in
croata; ed era grande assurdo il passaggio pre-
cipitoso dalla brillante civiltà latina, che la do-
veva aflfiiscinare, ad nna letteratura in fascie, e ad
una rustica civiltà.
Mai non appr<3v&i le rozze invettive dei gior-
nali croati, applaudite da rozze credenze ; forte-
mente difesi la mia nazionalità contro pochi ; par-
lai cou rispetto della maggioranza dei Dalmati ;
mi sortì tutto dal cuore, e la laia dignità aveva
diritto di farsi sentire. E i Croati, e i loro aderenti
spero che faranno senno; cke allora crescerà 1' anìor
della Ungua, e l'amor fraterno, the imbecille di-
viene quando viene bruscamente imposto da ru-
stici scoponi; e^nella iMalies, Dalmaliasha, e nel Na-
zionale, nella Cliaomicd^ io distinguo dei fonti di
progrediente dissidio, e di future ire; e tutti e tre
questi organi della nostra Slavia allora compari-
ranno formosi e sacri, quando si saranno civil-
mente alFratellati alla Voce fìahnalica, che non
ricusa e non dispregia, ma ama un graduato,
ragionato progresso della slava civiltà. E i talenti
di Ivichievich, di Nodilo e di Yojnovich, e di tanti
altri, devono a ciò rivolgersi ; e da questi deve
prendersi l'iniziativa, che si deve portar rispetto
alle secolari prerogative municipah come lo por-
sero i nostri Re. Il trionfo della causa slava tino
ad ora così malmenata, non potrebbe succedere che
colle baionette ; e io bramo che desso succeda col
ramo d'ulivo, e con riguardo alla dignità italiana,
che allora cederebbe il suo più eminente seggio,
quando rimirasse una vicina, di riverenza degna.
La conversione dovrebbe farsi sincera, con o-
neste transazioni da ambe le parti ; ferma la di-
gnità dalmata in confronto di quella d'oltremonte;
insegnare la creanza a quelh che ne hanno biso-
gno; non baldanza in isperanza di futuri sostegni;
ammonizioni amiche a qualcuuo che dispregiasse
il sacro nostro progresso. Queste ed altre simili
discipline è necessario praticare onde ridonare alla
patria da partiti lacerata il benefizio della pace ;
e la nostra Čitaonica (voce di puerile imitazione,
che dovrebbe scambiarsi col nostro Silo) dovrebbe
fondersi nel Gabinetto di lettura, eretto dair esi-
mio Bajamonti; dimentica dei passati rancori, do-
vrebbe con applauso di tutti i nostri cittadini fon-
dare un anniversario in memoria di Terpimiro e di
Zvonimiro, che lasciarono tanti pii legati al nostro
messer san Doimo. ')
Ora devo voltar pagina, e non lasciarmi placare
da desiderio così pio ; chè io voglio continuare nella
mia severità, onde meglio risalti la giustizia delle
mie passate asserziouL
I meriti croati che con tanto fracasso in mezzo
a noi si sparpagliarono, e che furono approvati
con barbare declamazioni contro al gran rifiuto;
hanno per base la politica concupiscenza; e qui
mi cade a proposito di provarne V assurdo.
Ludovico Gaj, principale promotore del movi-
mento croato, non ebbe nè ii talento, nè la virtù,
nè r occasione da grande impresa, chè per pro-
vocare grandi riscosse, si esige merito eminente. E
nei fasti delle altre nazioni, si trovano molti e-
sempii di cotali meschine riuscite, che arrecarono
più male che bene e prolungarono gli affanni. Di
fronte ad una potenza colossale, a tante fonni-
dabili legioni a lei da seeoh devote, alla feuda-
listića rozzezza del suo popolo, alla vicinanza di
popolo affine immerso in pregiudizii; costui doveva
modestamente fare la sua comparsa, e dai ferrei
secoli strappare poco per volta, e colla massima
cautela qualche diritto. Ed egli erasi in circostanze
'} Vedi la mi» «pistola ai Dalmati, pag. 37.
assai migliori delie mie, chè mi trovavo Si^ggetto
a censura irremovibile, la (^uale mi costriiigeva ad
esternare solo la n\illesima parte delle mie a-piraziuni.
Fu educato in iscuola tedesca, si inibevè di i-
dee liberali straniere, viaggiò, raccolse niemurie
patrie, portò da Praga V ortografia cornuta, fondò
giornali, si immaginò nii£ grande uiiioue di popoli
dal Danubio alla Bojans. dall' Adriatico al mai-
Nero; e sapendo che uniom« essere non può senza
nome Razionale universale, scartabellò le anticbe
biblioteche e vi trovò il dimenticato IHÌNO. Dunque
lUinio tutta quella regione^ e Jlliri e Dalmati, e
Serbi, e non Serbi, ecc. A prieri il progetto nie-
ritavà encomio ; a postej iori biasimo.
Egli sortì colla sua banica llirshn, che fece di
se brutta comparsa ; scritta iu dialetto delia Cro-
azia civile, mentre in Dalnsazia, Serbia, e Slavo-
nia si scriveva differentemente; così egli uscì con
laiìcia spezzata, e se si fosse hmitato dapprincipio
alla SRa terra, dàirintiuenza che allor lo soste-
neva avrebbe potuto poco per volta attirare a se
Slavoida, la limitrola Carinola, e Slovenia, e anche
Dalmazia, non ripugnante al nome Illiro, nè a
quella sua lingua, in cui scrissero da noi uomini
celebri, come Fra Bernardino da Spalato, Marulo,
Cavagnini, ed altri; i quali andarono fuor di moda
per il subentrato silenzio, rotto da autori che co-
me Kacich scrissero in altro dialetto, il quale, co-
me precedentemente accennai, è inferiore in merito
originale a quel!' altro ; anzi Gaj coir aver quello
soppresso, apportò ferita grave alP indipendenza
nazionale della sua Heroatda.
L'oculato sospettoso Serbo, scosso dalla novità
croata, non simulò la sua robusta invidia; e pen-
sando che qui gatta ci cova, si dimenò, assaltò,
gridò: che vuol quel decrepito Illirio? Ser-
bia, e non più; nostro Dositelo e basta! E da
quella dimostrazione in poi fissò gli occhi sulla
sua metropoli Belgrado, e sulla sua Carlovitz, e fino
al dì d'oggi dimostrò il suo carattere forte na-
zionale, che sarebbe giustissimo, se non fosse en-
trato in casa d'altri col suo ritornello Serbi svi i
svaria. Saffarilc, non Serbo, gli aveva insegnata la
sua antica culla tra il mare di Azof e il Volga,
ricordata da Plinio col nome di Serba o Serpa ;
a qual scoperta vien fatta piccina dalla biia Zora
di Livio, che i Serbi per togliersi dMmpaccio no-
niaron Bela^ come si ingegnano di nomar Beo-
grad, quello che è infatti Bilgrad, o per regola di
composizione Biògra fi E se noi lasciassimo ad essi
la briglia sciolta, di Split- Spalato - dovremmo
fare per regola eufonica Špljet, o almeno Spljef,
come vogliono Croati e croatanti, e così si dica
di una moltitudine di altre voci ; perciocché è
loro intenzione, vedendo la piccolezza del loro ter-
ritorio, tutto serbizzare; e ciò noi dobbiamo tutto
rintuzzare, e l'intelligenza Dalmata, se lascie-
rà fare, riceverà leggi come il Dottor Bartolo, che
afferma tutto sapere e non sa niente; che se i
Croati son divenuti matti, non siam noi, che vivia-
mo nella Toscana della Slavia meridionale, e dob-
biamo dare un calcio alle oltramontane imposizioni
e a tutta possa proteggere la Dalmata Ilervafska,
confermata dal Porfirogenito, dalle da me citate
memorie, e dal nome dominante di nostra lingua,
contrastatoci dalla boria serba. E siccome per
chiarir meglio la cosa dovrei scrivere un trattato
che qui non sta ; così mi trovo costretto di limi-
tarne la conoscenza su questi mici cenni, che me-
ritano di esser presi in considerazione e protetti:
perciocché non mi soddisfiumo le difese croate, che
restan come cosa morta sui giornali, coperta dal
Triregno, che per se stesso è un titolo vago, in
confronto del collettivo Serbia: a cui si ricorse
per misera necessità, volendo Slavonia esser Slavonia,
e Sirmio Sirmio, e Dalmazia Dalmazia, che preci-
samente ha la sua Hervatska slava, la quale, per
rispetto air inclito nome Dalmazia, si deve cliia -
mare Hervatska in Dalmazia, come si chiama Lom-
bardia in Italia, il che benissimo deve stare senza
offendere la nobil casta di origine latina, che ha
diritto di conservare alla terra dove sta il nome
venerato antico. Questa è questione semplicemente
di nome nazionale per la gente dalmato-slava, a
cui deve grandemente interessare l'avito titolo,
che provocò pur quello di lingua slavo-dalmata.
I Croati dopo che videro la mala riuscita del
loru miro, e pur agfjguaudu all.i grande unione,
inventarono i nt^mi di Ittguslaiia. lnu^sUu enskì, Na-
rodne novine, ecc. da abbracciaru tutte quelle terre;
si mostrarono or iudidgenti. or umili, ai Serbi; vi
si av\ iciiwrono cou miglioramenti di lingua, che
questi derisero e dis^regiaruno. Che dunque fare ?
Fare da Argonauti, andar in cerca del vello d'oro.
xVllora Gaj, e ^lazuranich ( Antonio se non erro)
calarojio dal Velebich in Dalmazia, di passaggio
distribuirono la famosa canzone, di cui feci men-
zione nel precedente mio scritto: giunti a Zara
mi visitarono, mi regalarono alquanti esemplari di
quella, e quaUiie traduzione di drammi; ed io vi
corrisposi col Bertoldo Bertoldin e Caeasseno tra-
dotti in islavo, che essi molto aggradirono e che
prima non conobbero.
Da quei due udii magnificamente lodar Dalma-
zia, e tutte le sue opere slave grandi, mezzane, e
piccole ; terra classica, culla di eroi, ed io di-
nanzi a loro compariva personaggio rispettabile.
Ed erano arti per aver Dalmazia tpmndo non si
poteva avere Serbia-; e quando, si ha Dalmazia,
si può avere anche Bossina, e Gaj talvolta non
ricordandosi dell'ampia laudo data, cedeva alle
mie osservazioni, chè non vi vedeva in ogni opera
i fiori.
Io che anche allora fui grande amico della be-
ata semplicità, vedeva Gaj caricato, slavo artifi-
ziato; ma Mazuranich serio e laconico mi com-
pariva in veste slava. E in quel tempo era a Zara
ad latus del conte di Lilienberg lelacich maggiore ;
ed essi vennero in contatto con lui, e certamente
cke poi influirono alla sua esaltazione. Con esso
una sola volta parlai, presente Vuk Sfeflinovich ;
e mi parve uomo di idee rapide, poco buon par-
latoi'e slavo per la tedesca militare educazione ;
lepido, di bell'aspetto quando il cappello gh cuo-
priva la calvizie ; e dopo i gran fatti della sua
vita, che qiu non è luogo da descrivere, comprovò
se noli altro di aver avuto gran desiderio di far
del bene alla nostra nazione.
Que"* due rappresentanti croati visitarono Dal-
mazia, videro llagusa, oggetto principale del lor
viaggio, culla dei maestri di lingua ; raccolsero
Gondola, Giorgi ed altri; h abbracciarono con am-
plesso fraterno, e li battezzarono con Gunduhch,
Giorgjicli ; insegnando così ai Ragusei, che quello
che credevano di origine fiorentina, era di origine
morlacca. E dopo questa lezione araldica, quelli
ritornarono in patria; Mazuranich un pò più tardi.
D'allora in poi tutto viscere per i Ragusei; non
più e y ma ie, nje, e djeje ; e i Serbi risero. Che
dunque fare in tanta contraddanza? Era da vol-
tare il retro a costoro, contentarsi del ducato
custodito da tante legioni, tarpar le ah ai genii
Ragusei, mirar Carniola e Slovenia, e aspettar
buone nuove di Dalmazia; e questa gran misura
sarebbe stata assai più salutare a Hervatska, che così
come è, è più Serpska che altro ; e non si sarebbe
ricorso ai locativi plurah e ad altre fandonie per
far comparire la composizione serbsko-ltèrralski, dai
Serbi dispregiata. Che si direbbe in Italia della
lingua, che portasse per titolo p. e. toscano-i>e«<?-
ziaiia? L'inclita Giunùi del regno bene fece di
appellar la nostra slavo-dalmata, che in futuro si
dovrà praticamente comprovare.
I Serbi in tutti i loro d<^tti e fatti dimostrarono
la loro boriosa rivalità, e in carta ampliarono la
loro tenuta, e si fecero conoscere all' Europa i-
guara delle nostre cose quali principali se non
unici abitatori di queste regioni ; e la nostra i-
iierzia lasciò fare ; comparimmo miserabih nell'ab-
bondanza; quindi le serpske pisme, che migliori ap-
paiono quando descrivono la gloria dei dalmati
eroi, tradotte in itahano e tedesco, mentre noi in
Dalmazia ne abbiamo assai più sparse per i po-
veri abituri e più venuste, da ftir scomparir quelle,
piene zeppe di corruzioni di lingua e di voca-
boli della mezza luna e di monotonia. E all'in-
telligenza dalmata dico inlelligcnli panca!
Spalato, li 20 ottobre 1862.
prof. A. Kuzmanioh.
« ;
o 1 ,,
Kara 5 Moreiiibre l§63t A.IIIIO III«
Prcxjro d'associazidiie in valutu austriaca ppf
Zara: per un anno fiorini S ; per mm nu'si fìiirini 4;
per tre mesi fiorini 2. Pil rimanente della Proviiu-ia
8 fuori: per un anno fiorini 9; per sei tiiesi fiorini -t
eoidi 50; per tre mesi fiorini 2:25, Per l'estero, e
pel Lombardo V eneto gli stessi prezzi in Hi gento, fran-
che di'l porto-postd.
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
1 sgruppi e le coniiiiisjiioni, franclii delle ^pe>9
.liri re,fui ili /-ir:i rt \ inn-nxo Diiplaneicli Ki-
dalti.re "it'Il.i Viict' ItillìiKirifU . e sii ablniiMianienti. ai
nejjo/.ii lilirarii dei >Ì!ii.ijri (Valrlli Hatlar:! e Pieiro
Abeli« li. («li awini di b l.'iit-e costano 1 fiorino, e ojjiti
linea ili più snidi ()'. La tassa di linanza resta ti rarioo
di 1 Cijuiiniitente. l'n noinei-o separato eosta solili 10
Il Cimitero di Zara.
Quando nella Voce Dalmatica (n. 30, 18G1) del
cimitero di Zara venne fatta menzione, senza i-
stiidiarvi l'eleganza della dicitura, senza una va-
na ostentazione di molto sapere, ma semplice-
mente e chiaramente si cercava, non soltanto
di rendere palesi le tante miserie di quel santo
luogo, chè già quelle da per se stesse abbastanza
s'appalesavano e tutt'ora s'appalesano, ma di
sollecitarne al piìi presto possibile la riparazione.
Taluni allora mestamente presentirono la inutilità
di quelle povere ma giuste parole, altri, e sono
i dandì dei nostri caffè, con leggiadro sogghigno
beffarono il giovane che montava in cattedra por
iilosofare; altri infine ma per questi ul-
timi apro la Divina Commedia e leggo : JSon li
curar di lor, ma guarda e passa! Solito compenso
questo serbato a chi, particolarmente se giovane,
tenta sfasciare le pi<ighe che ci logorano (e che
sono pur molte d'ogni genere) per mostrarle nude
e ili tutto il loro tristo aspetto, onde implorare
che alcuno s'accinga al taglio salutare, prima che
si rendano incurabili, od almeno che la loro cura
riesca tarda, difficile, e la mille volte più dispen-
diosa che non la sarebbe stata in sul principio.
Comunque però sia, le persone tutte assennate
e dabbene sospirarono a lungo invano di vedere
un qualche miglioramento nel nostro cimitero, quando
finalmente in oggi abbiamo almeno il conforto di
sapere che alcunché si sta progettando, e che a tal
uopo già venne dal Municipio aumentata la somma
che annualmente dispendia pel cimitero stesso. I
progetti però sono belli, sono superbi, ma valgono
meno d'iin zero quando che sono rimandati alle
calende greche, o restano, come di spesso av-
viene, a riposare fra la polvere di qualche scaf-
fale, a caro diletto delle tignuole. K per primo,
converrebbe che con maggiore cura s'impiegasse
r anima dote, onde potesse risultare che quella
in lavori utili non soltanto, ma i più necessavìi
venne impiegata, e non, come di solito, sprecata in
lavori di meschina apparenza, poco duraturi e meno
utili, e forse peggio ; per cui non cattivo pensiero
sarebbe quello di cercare persona, possibilmente
da non gravi occupazioni attorniata, la quale be-
Miignamente i lavori che si eseguiscono sorvegliasse,
m il tutto dirigesse. In tutte cose una buona di-
jezione vale un tesoro, e nobile esempio ne ab-
'biamo nel pubblico giardino, il quale va e andrà
sempre migliorando, sì, che fra non molto è da
sperare lo si potrà con più verità che non fino
.al presente chiamare fjiardino.
Fra i primi e veramente più importanti lavoi'i
proposti, sembra sieno le strade ; e diftatto, oltre
alla strada principale che conduce dall' ingresso in
retta linea all'altro spartimento del cimitero, per
:6ventura ancora in più basso fondo, converrebbe
tiene acooRiodare quella rampa, costruendovi dei
#nurÌQCiuoli laterali, e livellandola con ghiaia bat-
jtuta, onde non correr rischio di spezzarsi una
l^amba nello scendere o salire per quei macigni, e
1(510 ne ren^ei'ebbe anche più aggradevole t'aspetto.
Spalleggiare con ajberi I9, strada principale, che
jdovrebb' essere continuata dopo la rampa .anche
,iieU'altro spartimento, è ottimo pensiero ; e se
questi fossero cipressi, che del cupo e melanco-
nico loro verde fanno sempre bella mostra in tai
luoghi, meglio sarebbe. Dopo la principale, asso-
lutamente si richiede una rete ben», discosta di
stradelle, che portino all' ingiro e nei varii altri
punti del cimitero, senza vi sia necessità di pas-
I sare sopra i sepolcri, come al presente ; e queste
potrebbero essere tutte dì ciottoli bene connessi,
lavoro economico, e il più conveniente in quella
postura.
Sembra siavi pure il progetto per una piccola
chiesa da costruirsi nel mezzo del cimitero ; ma,
come molte saggio persone osservarono, questa
spesa, che non riuscirebbe certo indifferente, sa-
rebbe incompatibile nel momento che trattasi sol-
tanto di un ristauro generale ed imperioso, e non
già di un semplice abbellimento , molto più che
un'edicola già si trova dal cimitero poco discosta.
Quando si dovesse por mano a lavoro grande e
completo, altro converrebbe fare, come poi diremo.
Lavoro che oltre ad essere di sentita necessità,
addimostrerebbe per di più un nobile sentimento
d' umanità, d' amore veramente fraterno, di carità,
di religione, sarebbe quello di concedere un buon
tratto di terreno a quelle povere ossa che ven-
gono dissotterrate dopo lo spazio di tre anni dalla
loro tumulazione, ma spesso anche prima, e che
presentemente in aperti fossi vengono gettate; e-
sposte così agl'insulti del tempo, e, pur troppo,
anche degli uomini ! Questo tratto di terreno, ap-
profondato il più posR^ile e a forma di ampia
stanza ridotto, dovrebb'essere coperto da mode-
sto sì ma nobile monumento, il quale attestasse
e la pietà dei cittadini, e le cure del Municipio, e
nel tempo stesso indicasse anche a quelli che più
d'una povera croce non poterono donare alle spo-
glie dei cari loro, il luogo ove poter pregare e
spargere una lagrima sopra quegli avanzi in si-
curo asilo riposti. Questa tomba potrebbe acco-
gliere anche quegf infelici che muoiono nell'ospi-
tale, perchè ajl' infelici
Molle origliere è dei sepolcri il sasso.
La nobile gara sorta fra le più agiate fami-
glie nel coprire d' onorevoli monumenti le reli-
quie dei lor trapassati, è veramente degna d'ogni
encomio, molto più die se i medesimi sono per
arte pregievoli, avvantaggiano la patria. Tra i
quali, dopo l'Angelo che posa sopra la tomba Gi-
lardi del celebre Tantardini, e del quale nel fo-
glio sopraccennato s' è fatta menzione, è da ricor-
dare altro Angioletto, lavoro dello stesso, che sta gi-
nocchioni sopra quella delle famig-lie Luxardo e
Degiovanni. Quanta mestizia non traspare dalle ve-
ramente angeliche semlHanze di quel ])iccolo volto,
fra quella serenità e quella soave grazia d'amore!
Tiene nella destra una face rovesciata, e la manca
al mento dolcemente appoggia, e con lo sguardo
rivolto al cielo dolce melanconia infonde nell' a-
niino; ciò che per verità dire non puossi del mor
nuinento eretto al benemerito Vincenzo Costacchi
per cura dell' Istituto di pubblica beneficenza, il
quale presenta uno stile (jnlico-harharo; nò ci a-
steniaiiip ci' esporre questo giudizio, perchè conva-
lidato da persone maestre nelle arti del bello.
Tutti i progetti però di ristauro e di abbelli-
mento dovrebbero cedere il posto alla riduzione
del nostro ciiuitero nella forma proposta dall' or
defunto illustre architetto Yalentino Presani, giu-
sta il disegno da lui dedicato ul valente pittore^
nostro concittadino, signor Francesco Salghetti, in
una per lui dolorosa occasione. Il Municipio do-
vrebbe fermare l'atteuzioye sopra questo lavoro, che
renderebbe il nostro cimitero unico in Dalmazia, e
che per la bellezza del tutto, in perfetta armonia col
carattere dignitoso e grave dovuto al luogo santo,
non sarebbe fra que' ' Italia di' ultimo, ^la diffi-
coltà molte, quasi insuperabili, secondo alcuni, sor-
gono frammezzo il progetto e V atto pratico; eppure
se tutte le forze e grandi e minori e piccole con-
vergessero ad un punto, quaiito lieve non riesci-
rebbe il peso! Sgraziatanicute però in Dalmazia
r idea delle associazioni manca del tutto, e di que-
sta mancanza in parte dobbiamo condannare noi
stessi, giacché per quanto poco, pure alcun che
potrebbesi fare, come ne dà Spalato qualche bel-
r esempio ; ma più dobbiamo lamentare 1' altrui
poca volontà di giovare ai nostri interessi, i quali
alla fine de' conti arrecherebbero comuni vantaggi.
Condurre ad etTetto per via d' associazione il jiro-
getto Prešani farebbe onore alla patria, aggiun-
gerebbe alle altre opere d'arte di cui s'abbella
un ornamento novello e benedire farebbe alla
pietà de'suoi figU ; ma ben altri vantaggi, anche
materiali, ne ridonderebbero, se in altre occasioni,
invece di lasciare dormire molti capitali 0 ado-
prarli in cattive 0 nulle speculazioni, s'imprendes-
serc^ per associazione grandi lavori e della più sen-
tita necessità, impiegandovi considerevoli somme;
ed allora sì, che bene se ne conoscerebbe l'im-
portanza, potendosi in breve tempo rincassare il
prestito ed averne mi lucroso .compenso. P^gli è
però anche vero che per predi sporre il téireno a
queste associazioni, e per giungere al punto di
coglierne i vantaggi tutti, conviene che in prima
forte e costante regni 1' associazione delle idee ;
associazione, che tanto desiderabile in ogni tem-
po, la si rende specialineiite nel tempo nostro
e ira noi, come vanno tutto dì proclamando au-
torevoli voci ; ma, pur troppo, lo saran voci, che
ripetute più volte dall' eco, andranno a perdersi poi
nò vani interminabili dello spazio.
Il giorno dei morti del 18G2.
S. F. C.
Il Municipio di Spalato, nella ricostruzione della
chiesa di S. Francesco, trovatosi nella necessità
di metter mano dentro a un cumulo di sepol-
ture, racchiudenti ossa d' appestati morti nel 17G4,
richiese di consiglio 1' egregio suo conpatriota D.r
Angelo Frari, che cortesemente vi corrispose in-
viando una memoria da lui, più che ottuagena-
rio, dettata. Il Municipio, avutone da lui 1' asisenso,
crede suo debito renderla di publica ragione.
Quale vantaggio e quanto decoro per il paese
nostro e per la sua magistratura se uomini, quali
il Frari, siedessero ne' suoi Consigli!
Air inclita Congregazione Municipale di Spalato.
Sono sensibilmente grato per l'onore che co-
desta inclita Congregazione mi fece, chiedendo il
mio consiglio sopra il modo di condursi nel i)or
mano alle arche dei morti di poste in codesta città
neir anno 17G4.
Vorrei avere maggiori lumi che non ho per
poter ^dequatemente incontrare il quesito che mi
Tra le belle opere di Zara una e certamente la sua
dei Si'icnori; oggidì sembra però che, cippo i danni e i guasti ad
altre già recati, si stiulii a f|ucsta pure iiif>M-iriie qtidfano cho
J9. deturpi, e già s'è im^omlnciato dalla parte che riiiiard» il
Casino, ove oltre alla pozzui^hera e!-» * vi forinnn le pi<»£;?ie
la cattiva ricostruzione di quel tratto di strada, si dimitterii
forar varie jiietre della piazza por collocare la tenda di quel
Cairò; la quale tenda ora tolta, vennero ì buchi dirlle pictr - ot-
turati con toppe di legno ! e taluna delle pietr.; smos.-.^- yeniie
assicurata con urpesi di ferro ! - Non ha r onorevoli! Muuiciiuo
un proprio Inji-cgnere ? --