versarono i vetri colorati della cappella,
e don Ferdinando, uscito dal confessio-
nario, movea all* altare, sollevava il
gradino, che si smosse tra le sue mani
con non minore facilitá che in quelle
dello sconosciuto. Dapprima egli non
vide cosa alcuna che rassomigliasse a
quanto ricercava ; ma poseía, meglio
riguardando, in una fessura vide un bi-
schero di legno e, sollevatolo, gli la-
scio cadere in mano una piccola chiave
rotonda, simile alia chiave d' un piano-
forte. II conté se la raggiró in mano
attentamente considerándola, spinse il
gradino al suo posto, accostó egli
puré al muro, e questa volta , guidato
dalla certezza, discopri nell' angolo del
pilastro un piccolo foro rotondo, quasi
invisibile a cagioné deir ombra che get-
tava la colonna. V' introdusse tosto la
chiave, e la porta giro sopra i suoi
gangheri con una facilitá che, attesa
la sua pesantezza, parea meravigliosa.
Egli scoperse allora un oscuro corrito»
io, e senti uscirne una fredda umiditá.
Del resto non un raggio di luce, non
un sussuro qualunque.
Don Ferdinando s* arresto. Era im-
prudenza 1' avventurarsi sotto quella vol-
ta, dove qualche pozzo, aperto nel suolo,
potea per avventura crudelmente puniré
della sua curiositá T indiscreto visitatore.
Chiusa la porta, e per allora pago della
sua scoperta, ritornossene al castello
deciso di munirsi di una lanterna per
la nolte seguente, e di daré compimento
a quella sua investigazione.
Don Ferdinando passó tutta la
giornata molto inquieto. Chiamó ben
venti volte il giardiniere, e lo interro-
gava, quasíché sperasse udire qualche
cosa in proposito che non avesse ndita;
ma il buon uomo non potea che ripe-
tergli quello che gli avea giá detto;
aggiunse pero che Y uomo del ferraiuolo
era stato veduto il giorno innanzi» Qtie-
sto accordavasi maravigliosamente con
1' apparizione della notte, e raffermava
don Ferdinando nella sua credenza,
essere colui quegli stesso ch' egli avea
veduto nella cappella.
Alie dieci della notte, don Ferdi-
nando usci dal castello con una lanterna
cieca, armato d' un paio di pistóle e
d' una spada. Entro nella cappella senza
scontrarsi in persona alcuna, smosse
nuovamente il gradino, ritrovó là chiave
al suo posto, apri la porta, e gli si
affacció Y oscuro corritoio. Questa volta
munito della lucerna s' arrísebió ad en-
trarvi. Fatti appena in esso venti passi,
trovo una scala, e nel fondo di questa
un uscio chiavato, del quale egli non
avea la chiave. Don Ferdinando irritato
di queir inatteso ostacolo, scosse la
porta colla speranza che s' aprisse ; ma
la porta stette salda, e il conte vide
che, senza una lima o una tanaglia,
non gli era altrimenti possibile rimuo-
verne la serratura. {Sara cont.)
Col finiré del mese di marzo
corr. , si compte il primo trimestre
1847 di associazione al giornale la
DALMAZIA. Gli editori pregano per-
cid i cortesi loro sigg. Associati di
rinnovare per tempo presso i rispet-
tivi ce. rr. ujfici postali V associa-
zione medesima, onde poi non ne
conseguano interruzioni e ritardi nel-
la spedizione settimanale delle sin-
góle dispense; facendoli av vertí ti ,
che per assecondare il desiderio di
molti, essi colV incominciare del nuo-
vo trimestre y ridaranno la primiera
forma ed edizione al giornale; e
che offriranno eziandio per la fine
del semestre V elenco di tutti i sigg.
Associatif che sosterigono questa let-
teraria impresa.
Si publica ogni giovedi. II prezzo annuo per Zara è di fiorini 4; per semestre fiorini 2; per fuori franco đi
porto fiorini 6; per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dai pro-
prietari, fuori da tutti gl' II. RR. Uíficii postali.
Si riceve anche qualunque altro giornale in cambio di questo.
G. Fkanceschi Estensore. Zara, Demakchi e Rougier Proprielari Editori.
-C 104 )-
Don Ferdinando, raccolta la lucerna che
avea lasciata cadere, si diede a cercare la chia-
ve, che gli fuggiva di continuo in cosi slrana
maniera. Dopo alcuni istanti, infievolito dal
sangue che perdeva, si senti rombare gli orecchi
quasi che tutte le campane della cappelJa BUO-
nassero ad un tempo; gli parve che i pilastri
che sostenevano la volta si levassero da térra,
e gli girassero d' attorno, e che i muri gli si
piegassero sopra, e lo soffocassero come in una
tomba. Corsé verso la porta della cappella per
respirare T aria sana e fresca del mattino, ma
fatli appena dieci passi, cadde svenuto.
Questo don Ferdinando rinsensó, era ada-
giato sopra il suo letto nel castello di Belve-
dere: sua madre piangeva al suo flanco, il
márchese passeggiava per la stanza a lunghi
passi, e il medesimo s* apparecchiava a cavargli
sangue per la quinta volta. 11 giardiniere, al
quale il giovine conté avea tante volte chiesto
deir uomo del ferraiuolo, non fu tranquillo
veggendo uscire il suo padrone ad ora cosi
tarda, e gli era venuto dietro dalla lunga,
avea inteso lo sparo della pistola, era entrato
in chiesa, avea ritrovato colá don Ferdinando
Svenuto, e Cantarello ucciso.
La prima parola che usci di bocca a don
Ferdinando, fu se la chiave era stata rinvenu-
ta; il márchese e la marchesa si ricambiarono
un' occhiata irrequieta.
« Non temete, « disse il medico, « dopo
una ferita cotanto grave, non é a slupirsi che
1* ammalato abbia un po' di delirio. »
« lo sono peifettamente presente a me
stesso, » riprese don Ferdinando, <* e so be-
nissimo quel ch' io mi dico. lo diraando se si
é trovata la chiave della porta segreta, una
piccola chiave fatta come quella di un piano-
forte. «
«Oh! povero íiglio mió!« esclamo la
marchesa giugnendo le mani ed innalzando gli
occhi al cielo.
« State di buon animo, » rispóse il dotto-
re, w questo é un delirio passeggiero, che con
un quinto salasso....»
u Andate al diavolo voi e i vostri salassi.
Mi avete falto perdere una maggior quantitá
di sangue, voi colla vostra maledetta lancetta,
che quello sciagurato Cantarello colla sua spada."
K Egli é pazzo! mió Dio, é pazzo! »
gridó la marchesa.
u Ad ogni modo, » proseguí il conté,
u ad ogni modo, mió caro padre, la mia paz-
zia avrá recato a voi un qualche vantaggio ,
perché io ho rinvenuti i sessanta mila ducati
che voi credevate perduti, e che in quella vece
sono a Carlentini, ai piedi del letto di Canta-
rello, sotto una quadrella segnata di una croce:
voi potete mandarli a prendere, e vedrete se
io sono nn pazzo. Eh! via lasciatemi tranquillo,
dottore, io ho bisogno di un buon pollastro
arrosto e di una bottiglia di Bordeaux, e non
dei vostri maledetti salassi. »
Qui fu il medico che levó alia sua volta
gli occhi al cielo.
w Mió figlio, mió caro figlio! « gridó la
marchesa, « tu vuoi propriamente farmi mori-
ré di rammarico. »
u Un salasso, é desso al tutto indispen-
sabile? » dimandó il márchese.
« Assolutamente. »
« Ebbene, non si ha che a chiamare quat-
tro servi che lo terranno sodo, intanto che
voi pungerete la vena. »
u Oh! mió Dio, « disse il conté! « non
c' é bisogno di questo. Avete voi piacere che
10 mi faccia cavar sangue ? »
« Si, davvero, giacché il medico dice che
un salasso ti fará bene. »
« In questo caso, eccovi, dottore , il mió
braccio. Ma questo sará 1' ultimo non é vero? >»
« Si, « rispóse il dottore; « si, se questo
basta a disgorgare il cervello, e a far cessare
11 delirio. «
« Siete certo, » rispóse il conté, « che la
testa sará disgorgata, e che il delirio piú non
ricomparirá. Or via, dottore, a voi. »
II dottore fece il salasso; ma il ferito che
era giá estremamente estenuato, non poté reg-
gere a questa nuova perdita di sangue, e ri-
cadde in isvenimento, il quale pero in pochi
minuti scomparve. (sará cont.)
-g^HS^W—
Si publica ogni giovedi. II prezzo annuo per Zara é di fiorini 4? P" semestre fiorini 2; per fuori franco di
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G. FRANCESCHI Estensore. ZARA, DEMARCHI E ROUGIER Proprietari Editori.
—C )-
istrumento di ferro che deve essere in uno di
que' scompartimenti; bravo, quello appuuto ;
1' allra chiave é a un dipresso simile a questa.
Intendi ? »
u Perfeltamente. «
« Píe trovi tu una o ne trovi due, tu mi
recherai quello che avrai rinvenuto, ma a me
soltanto, capisci, a me soltanto. «
u A voi solo, ho capito. «
« A rivederci dimani. «
« Dimani saró da vostra eccellenza. «
« Vieni quando mió padre e mia madre
faranno colazione, onde noi possiamo ciarlare
a nostro beneplácito. »
« Benissimo, apposteró 1'ora. w
« E le tue cento once ti staranno aspeltando.
« Giugneranno in buon' ora, giacché io sto
per isposare la figlia di Rizzo, un bel fusellino
di ragazza ! «
ti Olí! ecco mia madre che ritorna. Vat-
tene per questo gabinelto, discendi dalla sca-
lelta, e fa ch' ella non ti vegga. »
Pipi no obbedi. Quando la marchesa fu
nella stanza trovo il figlio solo e perfettamente
tranquillo.
A1T indomani e air ora convenuta. Pipino
ritornó. Egli avea eseguita la sua commissione
con tulta diligenza e capacita. Tra gli oggetti
depositali presso il giudice, eravi una chiave
comune, e simile a quella dell' oratorio, ritro-
vata indosso al cadavere. Pipino, di questo as-
sicuratosi, erasi condotto alia cappella dove
diligentemente ricercando avea, nel fondo del-
T oratorio, rinvenuta T altra chiave fatta alia
maniera di quella di clavicémbalo, e che Can-
tarello avea senz' altro gettata lontana da sé.
II conté ansiosamente la prese, e la ravvisó
per quella stessa ch'egli avea trovato sotto il
primo gradino dell' altare, e che apriva 1' oscuro
corriloio. II conté la nascose sotto il capez-
zale del suo letto, que indi rivoltosi a Pipino :
« Ascolta , » gli disse, « io non so quando
potro levarmi, ad ogni modo apparecchia in
casa tua, per allora che potremmo usarne,
due torcie , una tanaglia , una lima e un ran-
dello di ferro, e fa di non dormiré fuori di
casa per quindici giorni. »
Pipino promise al conté che appronterebbe
tutte le cose ordinategli.
Don Ferdinando, rimasto solo, volle pro-
vare quanto le sue forze valessero, e tentó di
alzarsi; ma appena si pose a sedere sentí gi-
rargli il capo. La sua ferita non era grave di
molto, ma i salassi Y avevano fortemente este-
nuato, si che veggendosi vicino a cadere nuo-
vamente in deliquio, si coricó prestamente,
persuaso che innanzi di metter mano a' suoi
disegni gli era mestieri attendere d' aver ripreso
fiato.
Rimase percio, e quel giorno e quello che
venne appresso in tutta quiete, altri segni piü
non presentando di delirio, se non quelli di
chiedere di tratto in tratto del pollastro e del
vino di Bordeaux, in luogo delle sciagurate
tisane che gli si davano a bere. Quelle di-
mande parvero al medico pazze e intempestive,
giacché a suo avviso rimaneva a combattersi
un po' di febbre. Prescrisse quindi che si do-
vesse insistere coi decotti, e parlo di un sesto
salasso nel caso che persistesse quell' appetito
morboso che indicava manifestamente un' afíe-
zione del ventricolo. Don Ferdinando fu tristo
di aver inteso quei progetti ippocratici, e veg-
gendosi nelle mani del dottore, perché di peg-
gio non gli avvenisse, si rassegnó a bevere i
decotti.
La sera, all' ora che 1' ammalato s' addor-
mentava, entró la marchesa con quattro lacché,
che dietro un segno fatto loro dalla stessa si
soffermarono sulla porta. Don Ferdinando che
immaginó gli si volesse trar sangue, tutto spa-;
veníalo chiese alia madre che significasse quel-
1' apparato. La marchesa con ogni possibile ri-
guardo lo chiari come la giustizia avesse fatte
inquisizioni rispetto all'avventura della cappella,
rimasla insino allora molto oscura , e come ve-
nisse avvertita, in quell' istante medesimo, che
don Ferdinando dovea venire arrestato all' in-
dimani; che perció avea fatto preparare una
leltiga per trasportarlo a Catania, ove starebbe
in pace presso sua zia, la venerabile badessa
delle Orsoline, insino a tanto che venisse fatto
al márchese di accomodare quella sgraziata fa-
cenda. (sará cont.)
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G. FiuffcsscHi Estensore. Zar4 Demírchi e Roügier pr0prie|ari Editori.
—( Í20 )—
terazione nella dose degli elementi; e da ció
dipende principalmente la causa della rimar-
chevole differeuza che si riscontra nei vini
collivati in provincie lontane tra loro e di clima
diverso. Ma rípiglieró questo argomento per
noi interessanlissimo con altro scritto anche
perché mi dolse il sentire esservi chi ebbe ad
asserire, implorando un sovrano provvedimento,
che il noslro vino in lulti gli anni si guasli e
nella massima parle; il che non é vero. E che
ció non sia vero basla il dire che in cadaun
anno nella comune di Cittavecchia si conser-
Yano ollre a 4000 barille cli vino per portarlo
in commercio nei mesi di agosto e setiembre
Ma, come dissi, rilorneró a parlare di questo
arlicolo della nostra agraria economía.
Mi sono proposto in questo scritto di di-
scorrere della coltura delle patate, onde far
couoscefe che non sono inerli e caparbii i col-
tívatori dalmatí; e che se la collivazione di
questo benefico vegetabile non é in uso gene-
rale ne sia cagione il clima diverso delle con-
trade nos! re diverse. Ad ognuno é noto che
gli abitatori delle nostre alture mediterranee
irtlrodussero la coltura di questa pianta, come
prodotto annuo per ogni rurale famiglia; che
se ne dicono contenti, che lor riesce e che
ne ridonda loro d' ulilitá importante. Non é
vero che gli abitatori delle nostre contrade
basse prossime al mare non vogliano avvantag-
giarsi di questa utile pianta e che polrebbero
se volessero, ma che ostinati nella loro igno-
ranza non sanno calcolare il proprio interesse.
Conviene accordare che nelle nostre posizioni
vicine al mare ¡1 terreno soffre una gagliarda
temperatura estiva; a cagione di che ha duopo
di frequenti pioggie; che queste invece sono
rare durante la vegetazione della patata, la
quale ha bisogno di otio mesi per giungere
alia fine della sua vita. Non una ma parecchie
fíate furono fat tí ira noi al rnare degli esperi-
menli nella coltura di questa pianta, e tutte
le volte l'esito deluse le speranze del coltiva-
tore. Io posso ció con veritá asserire, dielro
quanto vidi appresso gli altri , e dielro T e-
sperienze da me eseguite ripetutamenle ed
ognora con mala riuscita. Non che le teoríe
agricole m' inducessero a farne delle prove ed
a replicarle; ma ció feci onde potere con co-
gnizione di causa a rispondere alie superiori
sollecitazioni per 1' introduzione di questo ve-
getabile fra noi allor quando dovetti per pa-
recchi anni fungere 1' onorato incarico di capo
di questa numerosa comune. Di fatto tal é
Y Índole del. noslro clima e del nostro terreno
che nessun vegetabile erbaceo possa prosperare
il quale per la natura sua ha bisogno di per-
correre, onde compiere il corso della sua vita
vegelale dai primi di marzo a lutto ottobre.
Di questa verilá abbiamo prova di fatto an-
nualmente nella mala riuscila dei fagiuoli dei
quali ogni contadino usa impiantare a nicchie
sparse nei nuovi vigneti per far fronte al bi-
sogno del mese di maggio ed ogni anno, se
non rimane del lutto deluso, ben di rado ri-
para in parte coir esito di questo legume alia
sua economía: ad onta che il fagiuolo si trovi
a vegetare in un terreno vangato a fossate; che
é la maniera di lavorare la piu opportuna per
clare alimento ai vegetabili. Imperciocché giun-
ta la temperatura atmosférica tra i venlí ed i
venlidue gradi, se la caduta di una pioggia
sufficiente non la minora , il fagiuolo langue e
perisce. Questo grado di temperatura é mici-
diale egualmente per la patata; ma ad essa
cagiona un effetto diverso. 11 caldo atmosféri-
co, non miligato da una pioggia bastante, fa
che la vegetazione esterna della patata s' in-
languidisca e cada in torpore; ed al fine 1' ester-
no perisce. Restaño vive le radici ma di pic-
cioli bulbi e non maturi , e perció non oppor-
tuni peí cibo dell* uomo. Rimangono inerti sino
alia prima pioggia che cade all* avvicinarsi del-
r autunno. Allora rívivono i bulbi, e non es-
sendo subordinad alia pianta madre perché o
perita aíialto o molto indebolita, ripullulano
ognuno per se ; ed in tal modo sopragiunta la
stagione invernale tullo il prodotto é perduto.
Imperciocché il bulbo vegetante é un cibo mí-
cidiale per 1' uomo, e forse anco per qualunque
altro anímale, essendo pianta del genere dei
solarii, le di cui specíe per la singolare loro
índole portano nel loro composto alcune partí
inocue ad alcune nocive. (sara cont.)
Si publica ogni giovedi. II prezzo annuo per Zara é di fiorini 4; per semestre fiorini 8; per fuori franco di
porlo fiorini 6; per semestre o trimestre in proporcione. Le associazioni si ricevono in Zara dai pro-
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Si riceve anche qualunque altro giornale in cambio di questo.
G. Fjunceschi Eslensore. Zar*., Demirchi e Rougier Proprielari Edilori.
-(Í2S)-
cea l'esito possa essere sicuro, la quale nel
corso della sua vegetazione da marzo va sino
I' autunno. Chi cosi mi giudicasse, riflelta, che
la verza non è pianta assolutamente erbacea,
che i primi strati del di lei fusto sono eviden-
temente legnosi, particolarmente arrivata ch'el-
la sia alla metà della vita. Questa indole e tes-
situra organica la si riscontra anche nelle gio-
vani verze destínate ad essere trapiantate se
lor si ritarda alcun tempo questa operazione,
L'esperto agricoltore puö ottenere un altro
vantaggio nella coltivazione delle verze. Sono
piante annue ma si possono far durare due tre
e piü anni, se non lutte, moite cioè le più
vigorose e ben cresciute. Si giunge a questo
scopo se si impedisca loro la riproduzione col
toglier le menale che porta no la fioritura a
mano a mano che la most rano approffittando-
ne per cibo. In questo caso potando con que-
sta intenzione fa duopo che la potazione delle
menate laterali sia fatta con adequata misura,
colla vista che 1' ingrossamenlo del fusto la di-
latazione dei rami in altezza e larghezza stia-
no in equa e simétrica proporzione. Cosi ope-
rando il coltivatore, la verza cresciuta in op-
portuno terreno assomiglia ad un arbusto, e
nel corso delle sue annuali vegetazioni da un
straordinario prodotto.
Dopo questo utilissimo erbaggio nell'e-
conomia rurale domestica avvi la bietola. Que-
sta si semina nella prima metà di agosto, e
nasce súbito dopo la prima pioggia. E questo
è il secondo vegetabile di cui si ciba il nostro
contadino all* incominciare delT autunno. Co-
mincia esso col diradarla , nata e un puo cre-
sciuta , approffittando del numero superfluo e
dell'erbe mangiative nate spontanee che il ter-
reno gli presenta. Cosi lascia le bielole, che re-
staño in una sufficiente distanza tra loro, on-
de possa no progredire colla vegetazione. Essen-
do la spe? ie che tra noi si coltiva la bietola
che porta la radice lineare la quale perpendi-
colarmenle e lungamente discende, non la va-
rie! à o specie o radice tuberosa , succédé che
la forza vegetativa della pianta tenda col vigor
vitale maggiore alio svilnppo ed accrescimento
delle foglie, e succédé all'opposto nella specie
tuberosa. Avendo la nostra bietola questa par-
ticolare proprietá; T esperienza diede a cono-
scere al contadino che togliendo a cadauna
pianta le foglie maggiori, crescono con piü ce-
íeritá le minori; e cresciute queste e levate,
progrediscouo vieppiü quelle che restaño e na-
scono dell'altre. Cosi operando successivamen-
te, continua il coltivatore ad approffittare sino
all'arrivo del forte freddo; nella quale época
la bietola cade in torpore e vi resta. II gelo
non la vince mercé la sua radice lunga e per-
pendicolare. Cessato il gelo, al primo tepore di
febraro si ridesta nella bietola la vita ; e pro-
grediscono sino a tutto il mese di maggio e
per tutto il corso di questo periodo ofíre ci-
bo al coltivatore.
Anche le bietole, se lor si tolgono le me-
nate centrali che gettano pur fiori e al ripro-
dursi delle quali si puo approffittare di queste
per cibo, si ottiene che la bietola da pianta
annua ch'ella é, diventi bienne; non permet-
tendole di giungere alio scopo finale della ri-
produzione. Questo ammirativo fénomeno in pa-
recchie specie di piante annue il naturalista
botánico lo ebbe ad osservare ; e non per an-
co, che io sappia, gli fu trovata una soddisfa-
cente spiegazione. La bietola che non si é ri-
prodotla perché impeditale la fioritura, al giun-
gere della stagione estiva e secca resta in tor-
pore e vive mercé la lunga radice perpendico-
lare che le é propria, la quale la salva e dal
gelo come dissi e dal secco. Al cadere delle
prime pioggie di agosto; riprende vita il siste-
ma a legno, diventa abbondantemente foglio-
sa, ofíre cibo al suo coltivatore; anticipando
un mese e piü le bietole seminate. 11 fenóme-
no della verza e questo della bietola ognuno
lo potra spiegare colla teoria del sistema a
legno e del sistema a frutto e non fa duo-
po che io mi allunghi per farne T applicazione
per quelli che lo avranno accettato, e per quelli
che non ne sono persuasi sarebbe gitata la fatica.
(sará cont.)
ERRATA. — CORRIGGE.
Nel noslro N. alia pag. io5, leggi invece di un ses ,
un de ses-, «*d alia pag. 107 col 1. non raffinata política, na
raffinata política, non tristo, ma trito proverbio.
Si publica ogni giovedi. II prezzo annuo per Zara é di fiorini 4; per semestre fiorini 2; per fuori franco di
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prielari, fuori da tutti gP II. RR. Ufficii poslali.
Si riceve anche qualunque altro giornale in cambio di questo.
G. FRANCESCHI Estensore. ZARA, DEMARCHI E ROUGIER Proprietari Editori.
Delle due radici tuberose le prime ad es-
sere usate sono le rape, perche non atte a
resistere, senza guastarsi, ad un forte grado
di gelo cioé a quel grado che gela l'umidità
dello strato vegetale del suolo. Nel caso che
la somma delle rape, della quale il coltivatore,
mercè la buona riuscita si trova provveduto,
non possa essere consumata dal bisogno della
famiglia , il sopravanzo pone ad ingarbire usan-
do della graltuia, e lo riserva. Cessalo il con-
sumo delle rape, iucomincia il cibo dei ravani,
continuando a tenerli in terra negli anni nei quali
il gelo non viene straordinario, sino all'época
in cui mostrano disposizioni di prolungare il
getto centrale per la fioritura e riproduzione ;
ció che succédé coi primi torpori del mese di
febbraro. Giunto questo tempo li tolgono dalla
terra, lor tagliano il centro vegetante raso raso
il tubero, li trasportarlo in luogo coperto , li
cuoprono di terra asciutta e leggera ed ¡vi si
conservano sino a tutto il mese di marzo. Frat-
tanto la bietola si ridesta dal torpore, vegeta
vigorosamente ; i ceppi delle verze sono forniti
di menate laterali, facendo sforzi nella loro
vegetale economia, onde raggiungere 1'única
e finale meta della fioritura e della riproduzione,
ed offrono cosi un abbondante cibo a chi le
coltiva. Contemporáneamente le fave sono giun-
te all'eta, in cui il contadino pub approffiltar-
ne e ne approffitta. Egli in prima fa uso per
cibo delle cime fogliose del fusto, anche collo
scopo di indebolire il sistema a legno per
render più sicuro e più abbondante il prodotto
dei legumi; e con questi tie ullimi vegetabili
la bietola, le verze e le fave si nutre nel mese
di aprile ed una porzione di maggio.
Io ho percorsa Y azienda domestica del
nostro contadino dai primi giorni di ottobre
sino alla rnelà di maggio, e lo feci vedere ba-
stantemente provveduto pei suoi bisogni colla
coltivazione degli erbaggi autunnali sopraindica-
ti, i quali assai di rado deludono le di lui
speranze , perché assai raro é il caso che non
cadano delle pioggie nei mesi di agosto e set-
iembre. Parlando della brassica detta verza
comune nulla dissi dei brocoli, dei caoli, delle
verze capuzzale e dei capuzzi perché non sono
opportune peí contadino; giacché tagliato a
queste specie di brassiche la testa del ceppo ,
non danno nessuna o pochissime e piccolissime
menate laterali. La coltivazione di quesie spe-
cie, meno il capnzzo, il quale non fa buona
riuscita nelle contrade al mare , e buonigsima
nelle alte mediterranee, non puo tornare utile,
se non se a quel contadino, il quale si trova
vicino a cittá popolose, in opporlunitá a pór-
tame il prodolto al mercato. Giunti alia meta
di maggio, que' contadini fra noi che non fe-
cero provigioni colle rape ingarbite, soffrono
un puo di stento sino all' época della messe ;
e cib quando succede il caso che il fagiuolo
non corrisponda. Trova no essi un sussidio nelle
salate endivie e latuche le quali sono coltivate
nelle ortaglie dal maggior numero dei contadini,
nei roscani (salsola soda) e nelle cucurbita-
nee, cioé nelle zucche. In questa specie di
vegetabile la vita vegetativa piú deve alie foglie,
che alie radici, nella mia maniera di vedere,
e percio 1' aria secca atmosférica che asciuga
la ierra, e fa perire i fagiuoli, non fa perire
la zucca. Questa colla somma abbondante del
fogliame che la cuopre attrae gli elementi nu-
trienti che 1' atmosfera somminístra ai vegeta-
bili , e fa vivere le sue radici, e progredisce
nelle vegetali operazioni; con qualche lentezza,
é vero, ma non perisce, e non rimane iner-
te ; e da proffitto al suo coltivatore. A mano
a mano che i di leí frutti diventano grandicelli;
il contadino tosto li raccoglie, e se ne ciba ;
e questo raccolto continua di ordinario quasi
per tutto il mese di ottobre. Sa il coltivatore
che se non raccogliesse i frutti della zucca ap-
pena un poco cresciuti li perderebbe, perché
le piante madri non possono condurre a ma-
turitá se non un conveniente numero, e d' or-
dinario un solo tralcio di uua pianta é desti-
nato a portare a maturitá un frutto. Gli altri
tutti sono raccolti verdi immaturi e mangiati.
I maturi sono destinad ad aumentare la pro-
vigione invernale. Un qualche contadino arriva
ad averne in riserva oltre ad un centinajo.
(sará cont.) P. NISITEO.
irgi 8
Si publioa ogni giovedi. II prezzo annuo per Žara e di fiorini 4; per semestre fiorini a; per fuori franeo di
porto fiorini 6; per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dai pro-
prietari, fuori da tutti gl' II. Rl\. Ufficii postali.
Si riceve anche qualunque altro giornale in cambio di questo.
G. Fkanceschi Estensore. Zari, Dmurchi e Roucier Proprietari Editori,
pubblico vi si scorge alcun che di livore, o
piuttosto la ragione ed il cuore rivolti ail* uma-
nità. Giudicatomi Ella, terrô per fermo e buono
il giudizio, poichè da persona dotta ed impar-
ziale come è, non puô essere egli che sincero.
Ma se fia mai che non abbia errato, e la ca-
tenazione de' miei raziocinii siasi avvicinata al-
meno alla meta che fin da principio mi sono
prefisso, allora avró per colpevole ognuno da
qui innanzi che pria di esperire l'etere solfo-
rico non avrà fatto esalto calcolo délia mede-
sima persuaso mai sempre che qualsiasi medico
o chirurgo in attuaiità di esercizio è in dovere
di ascoltare le opinioni de' suoi colleghi, cattive
o buone esse sieno; poichè in tutto e in par-
ticolar modo in medicina, dalla torta via ar-
riviamo alla retta. Fatta questa premessa, vo
speranzoso di ottenere dal córtese e benigno
lettore, e molto più da Lei la ben meritata
giustizia, ed in pari tempo d'avere dimostrato
a tutti quanti che per niente afïatto gettai il
guanto délia disfida a chicchesia.
Me Le protesto frattanto con tutta la stima
e 1* amore.
Zara addi 22 aprile 1847.
Dr. TRIGARI.
• ^ Çi i^w
LO STIJDEITE »1 PADOVA.
Questo poético lavoro di Arnaldo Fusinato,
che verra pubblicandosi prima nel famoso gior-
nale il Caffè Pedrocchi, e poi sarà raccolto
in un volumetto di 80 pag. circa e lo si ven-
derá a vantaggio dell' autore per il prezzo di
austr. L. 1 : 5o, è annunziato dal seguente
Avviso, che noi ristampiamo per quelli fra
nostri associati, che non potendo leggere il
Caffè Pedrocchi, bramano comperarsi un la-
voro di uno scrittore cosi felicemente scher-
zevole. *)
AVVISO.
AI LETTORI BENEVOLI SALUTE
E BEZZI — L' ossequioso sottoscritto
Per certe sue economiche vedute,
Che un po' più tardi v' esporrà in iscritto,
Col cappello alla mano, umile in viso
A voi sen viene col presente AVVISO.
*) Le associazioni si ricevono in Zara
presso gli Editori di questo foglio con let-
tere Jranche di posta.
Sappiate dunque che formai il progetto,
E son progetti che li faccio spesso,
Di lasciar quest* autunno il patrio telto
Per recarmi al scientifico Congresso,
Non giá per divertirmi, oibó, vi pare?
Ma cosi per vedere ed imparare.
— Andate puré, mi direte Voi,
Andate dove diavolo volé te,
In tal facenda e che c entriamo noil —
Meno furia, signori, e lo saprete:
Se avele voglia d' aspeltare un poco
Vedrete ben dove finisce il gioco.
Per andar a Venezia, ognun lo sa ,
Ci vuole un gran borsone di denari;
Ed io, per dir la santa veritá,
Vi devo confessar, lettori cari,
Che, fatti i miei bilanci, ho rilevato
D' esser ben altro che un riccon sfondato.
Per me, se devo diría in confidenza,
In fin dei conti non m'importa un cavolo:
Quando non ho denari io ne fo senza
E tiro dritto; ma sta volta, o diavolo !
Per la scienza saria proprio una morte
Perdere un dotto della nostra sorte.
, Con tre diplomi che mi trovo indosso,
Oltre quelP altro di Dottore in ambe,
Ognun vede clP ¡o sono un pezzo grosso,
Anzi un dotto, direi, con quattro gambe;
E, dite il vero, non saria peccato
Che mancasse al Congresso un tal Scienziato?
Siccome dunque io credo necessaria
Alie dotte Session la mia presenza,
A furia di lanciar castelli in aria
Per trovar modo di giovar la scienza,
M' é venuto il magnifico progetto
Di daré in luce un breve opuscoletto.
E trovata una lista d' Associati
Sufficiente per pagar le spese
Della stanza, del vitto, dei gelati,
E d'altre miseriette sotlintese,
Anch' io recarmi alP autunnal Congresso
Per dar 1' unto alie ruóte del Progresso.
E qui, per spifferarvela a quattr* occhi,
Le mié speranze le ripongo in voi,
O benevoli Socii del Pedrocchi,
Che siete amici miei da un anno in poi:
Questa é la volta di mostrarmi chiaro
Che il verso mió non vi suonó discaro.
autunnali. Credo che i miei leUori non tro-
veranno nel mio discorso nulla d'inverissimile,
o che mi accorderanno che la nostra popola-
zione agricola al mare, non sia inerte e ne-
ghittosa , o che a merilo délia sua altività, ra-
rissimo sia l'anno in cui soporta la famé, per-
ché rarissimo é l'anno in cui gli erbaggi au-
tunnali falliscono.
Ora rilornando alla collivazione delle pa-
tate , osservo, che se pur essa polesse riuscire,
parte délia nostra popolazione al mare, al che
gli esperimenti hanno conlraddello, e lullora
contraddicono, il nostro contadino non la po-
trebbe addottare, se non in misura di frazione
pel suo mantenimento invemale; giacchè, le-
vata dalla terra la patata in novembre e non
dopo a cagione del gelo, non puo mantenersi
nel nostro clima al mare se non sino ai primi
di febbraro, di maniera che nel corso di tre
mesi quella radice deve essere consumata. 0-
gnuno vede da cio che il nostro contadino mal
si apporrebbe se accetlasse questo vegelabile
nella sua coltivazione corne il prodotlo primo
pel suo mantenimento ; giacchè con esso non
potrebbe ollennere se non se , anche in caso
di riuscita , la provigione per tre mesi. Il di
più, dira qunlcuno , potrebbe vendere onde
procurarsi col denaro che incasserebbe altri ge-
neri da cibarsi. Ma se tutti colliva^sero collo
scopo di vendere il sopravvanzo, che sarebbe
la somma maggiore, a vil prezzo dovrebbe
vendere, trattandosi di un généré che ai pri-
mi topori di febraro si guasla , ed anche per-
ché i compratori e consumatori sarebbero in
minor numéro dei venditori ; e ne rimarebbe
una porzione invenduta ; perché la somma mag-
giore delle noslre popolazioni è composta dal-
la classe agricola ; e non vendendo rimarrebbe
il coltivatore una porzione dell' anno senza so-
stentamento. E che la cosa sia cosi eccone il
calcolo in prova.
Io calcolo che una popolazione agricola
provveduta di erbaggi autunnali da potersene
cibare due volte al giorno, corn' è il suo me-
todo, risparmi due carantani al giorno per o-
gni ind ividuo ; i quali avrebbe dovuto spendere
nei surrogali di formentone o fava secca e nel
consumo di una maggiore quantità di pane.
Ora fermiamoci col discorso su di una popo-
lazione agricola di 3ooo individui. Diciamo che
col!'uso degli erbaggi autunnali, risparmiando
due carantani al giorno per cadaun individuo,
avrà di risparmio car. 6000 al giorno ; in un
mese car. 180000; i quali dantio fior. 3ooo.
Se diciamo che giusta le osservazioni sopra e-
sposte avrà durato questo risparmio per mesi
0L10; avremo la cifra di fior. 24.000 pel rispar-
mio totale. Supponiamo che questa popolazione
non facesse caso degli erbaggi nostri autunna-
li , nia fondasse la sua sussistenza sulla coltu-
ra delle patate, e volesse colla quantità del
prodotto di queste supplire ai suoi bisogni ven-
dendone la ^quantità superflua ; avrebbesi il se-
guente risultamento. Ella dovrebbe avere una
somma disponibile di patate, la quale venduta
dasse in denaro la somma di fior. iSooo, i
quali divisi a car. due al giorno per ogni in-
dividuo pel corso di cinque mesi che rimango-
no vuoti degli otto, supplirebbero all'uopo. Ve-
ro cio , si rifletta che 15ooo fior. danno car.
900000 , che il prezzo in vendila délia patata
non si possa stabilire maggiore di mezzo car.
la libbra, donde risulla che occorrerebbero
nientemeno di 1800000 libbre di patate. Ora
questa somma di patate dovrebbe essere con-
sumata nel periodo di tre mesi; cioé libbre
600000 al tnese ed al giorno 20000. Se di-
ciamo che un contadino a calcolo medio Ira
gli adulti ed i fanciulli non possa consumare
di più di due libre di patate , cibandosi due
voile al giorno, occorreranno 10000 consu-
matori, e non délia classe rustica , la quale
in questo caso vende e non compra. Ognuno
che vedrà il risultamento di questo calcolo po-
trà giudicare s'esso sia esaggeralo.
(,sarà cont.) F. JNISITEO.
ERRATA-CORRIGE.
Xel nostro N.ro 18 pag. 137 leggi judicium,
ed alla pag. 139 in veee di operazione in chi-
rurgia, leggi: in alta chirurgia.
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G. Fiunceschi Estensore. Zara> Demarchi e RqugiE]{ proprielari Ediiori.
go di uno due raccolti ed ambidue abbondanti
e sicuri, a mérito delP accurato apparecchio
del terreno che vi fa il coltivalore fra noi, ben
vangandolo e letamandolo, onde assicurarsi la
riuscita di lle rape e dei ravani.
Ci rimane a porre in calcolo che la radi-
ce di questi due erbaggi si mantiene sana co-
me dicemmo, sino al mese di maggio e che
la radice patata si guasta tostochè sente 1' in-
fluenza dei primi torpori di febraro. Che quelle
radici con un' agevole e ben conosciuta prepa-
zazione possono conservarsi opportune alla do-»
mestica economía per lungo tempo, e che per
queste, per quanto io sappia, non sia stato
trovato verun mezzo per conservarle e veruna
preparazione, meno quella di ridurle in farina,
la quale per le nolizie che io ho, non é con-
facente al nostro caso.
Non credesse qualcuno che io scriva col-
la rea intenzione di distogliere i coltivatori di
approffittare delle patate in que'climi e terreni
ne' quali possono riuscire, osservo invece che
per i contadini nostri dell' alture mediterranee
la patata ella sia un prodotto utilissimo. Non
sono essi favoriti dagli aulunni, come siamo
noi, di media temperatura, necessnria per la
vegetazione degli erbaggi autunnali. Tardi e per
brevi giorni il gelo e non sempre la neve com-
pare alie marine nostre, all'opposto succédé
nel clima montano come a tutti è noto. Que-
sta differenza di clima non admette fra loro la
coltivazione dei nostri erbaggi autunnali. In
compenso di queste privazioni hanno essi gli
essuti opportuni per la coltivazione delle pian-
te estive, e fra questa la patala forse mérita
il primo luogo. Alie volte succédé che il pro-
dotto dei minuti lor falliscono; non cosi suc-
cédé delta patata. Il contadino al mare non puó
approfíiitare dei raccolti eslivi, instrutto dal-
T esperienza dell' inutilitá e dal malesito, ed é
compensato cogli erbaggi autunnali con più
sicurezza , e si puó dire anche con maggiore
utilità. Ne viene da ció che X A mico del Con-
tadino nelle contrade al mare se occorresse
le deve sollecilare alia coltura degli erbaggi
autunnali e nel montano ad estendere la col-
tivazione estiva delle patate. Vi furono parec-
chi benemeriti padroni che ne diedero 1' esem-
pio ai loro coloni i quali, conosciutane l'uti-
lità amarono di buon grado la patala nella lo-
ro rusticale domestica azienda. Vivrà la me-
moria di questa beneficenza: più vale l'esem-
pio che la ragione peí contadino ignorante e
fra uoi ed ovunque tutto é volgo quello che
non è illuminato dal sapere. Ne dovrebbero
aumentare la coltivazione e far calcolo sul pro-
dotto di questa radice, forse più sicura e pro-
ficua del raccolto dei minuti, e del prodotto
della brassica detta volgarmente capuzzo. Que-
sto perché è già perfezionato alio scopo prima
che giunga il gelo; ed ingarbito, si conserva
cibo salutare e grato per lungo tempo. La pa-
tata essendo il di iei prodotto peí coltivatore
la radice, e vegetando in un clima ove il ca-
lore estivo è ben minore che alie marine,
perché temprato dalle ore notturne e crepu-
scolari, e poco danno potrà sofferire, e mai
forse ivi succederá che la temperatura estiva
la faccia perire come fra noi pria che la radi-
ce sia giunta a maturitá. Cosi operando il con-
tadino montano, fatti i due raccolti dei capuz-
zi e delle patate, si troverà provveduto di cibo
per 1' invernata. Terrà in riserva i capuzzi in-
garbiti ; consumera prima le patate le quali a
mérito del clima si manterranno mangiareccie
ollre la prima meta del mese di marzo. II su-
perfluo a tempo oppotuno smercierà alie mari-
ne dove la patata non puó riuscire; e trovan-
do quivi il maggior numero della dalmata po-
polazione totale, trovera pure a sufficienza dei
compralori. E pria che giunga 1' época in cui
la patata non puó essere consérvala sarà di
già consumata. Dará mano allora alla seconda
provigione, ai capuzzi ingarbiti, e sopragiun-
gendogli frattanto il sussidio del primo prodotto
della pastorizia, sazio e contento benedirà la
memoria di Sir Walter Raleig il quale fu il
primo a portare la patata da'la Virginia in Eu-
ropa sotto il regno d' Elisabetta regina d' In-
ghilterra ; e benedirà pure le sollecitudini pa-
terne delle Autorità amministrative che ci go-
vernano, le quali raccomandano con saggia ve-
duta la coltivazione di questa ulilissima pianta.
P. NISITEO.
Si publica ogm giovedi. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4; per semestre fiorini 2; per fuori franco di
porto norim ó; per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dai pro-
pnetari, fuori da tutti gl'II. RR. Ufficii poslali.
SI "cere anche qualunque altro giornale in cambio di questo.
G. Fkakcíscw Eítensore. Zaju> Demarchi k RouGIER pr0prietari Editori.
168 )-
terra. A me non più il festivo nascere de! Si-
gnore, a me non più la Pascha. Unica mia
festa sarà il giorno dei morti. Sarammi la casa
un sepolcro, il cibo veleno, queste vesti acu-
tissime spine. Questa treccia di neri capegli
che orna la virgínea mia fronte portera la ce-
soia che tonde le pecore. Oh! morte dove sei?
Perché non vîeni chiamata? perché non aiuti
a un infelíce? O mie care compagne, voi gioi-
rete, v'adornerete a festa per danzar il colo,
ed io sempre vestita in grammaglia sempre do-
lorosa e piaUgente. A voi impalmeranno gli sposi
e a me la morte. Oh infelice! infelice*).
IV.
Il sepolcro.
Boxiza in cantando avea eccitata cosifatta
commozione da non poterne. 11 corteo in que-
sto mezzo era giunto al Cimitero dove dagli
amici e congiunti erasi allumato gran fuoco
per cacciar colla forza igniva gli spiriti che
sogliono, a' lor pregiudicio, volteggiár allora
quando s* insepolçra la salma. Raddoppiarono
i pianti e le nenie', conciossiachè il cimitero ri-
sveglia ¡n cjue' popoli del settentrione a noi il
pranto e il dolore sempre. Quante mai non
avranno pianto e lo sposo morto e le gioie go-
dute, la figlia alla cara madre, il cadente vçc-
chió il sostegno de' giorni suoi 1' unico figîio.
Oh sepolcri!
Tintinna la campana, nunzio ai vivi che
uno è trapassato. Non uno credetemi ma due.
Compiuto il sacrificio e le funzioni che importa
il ministero al prete, apresi per suo comando
la cassa, e scopresi délia benda la tavola del-
lo steso Jovo. Che tremiti nella vita, che pau-
ra ! Altra cosa è parlar di morte nei crocchi,
altra vederla dappresso. Due bellissimi giovani,
nel fior degli ann¡ e delle speranze, forti co-
me la forza là vedeteli, niente altro che mor-
te. Triste assieme ! '
Nuovo un sepolcro accoglierà i due, tin
lenzuolo istesso copriralli, lagrime istesse én-
nafieranno i fior délia zolla che copriralli per
sempre. Poi cosl il prete. Ricordivi, miei cari,
*) Ho fallo COSÍ per conservare meglio l'originalilâ e per
«campar la critica de» alto giudicanli miei.
che mió dover voleva lasci insepolti o al piu
poteva sotterrar rásente il cimitero quesli due
che voi pur troppo allarmati mírate, essendo
che a giudicio umano i son morti in ¡ra a Dio.
Ma voglio far piu mite pensiero e sperar. Pace
giurate?.... e siane pace. Deponeteli fianco a
fianco. Sentite sentite che soave odore tramanda
la térra! £ la natura medesima che plaude al
consiglio del nostro párroco. Che tesoro d'uo-
mo. I curiosi si dileguano, e chi aspettava per
andarsi al solazzo del mortuario banchetto di-
fila. Solo una é rímasa piangente. Inutili furo-
no i comandi, inutile il prego, inutile il con-
siglio, e pianse fino sera. Portatasi colla per-
sona ma non col cuore, esecrando agli epu-
lanti che chiamó crudeli, imboscossi e sola la
fame di lá la trasse. Pianse la colpa, e non
la era, e mortificossi con lunghi digiuní. E per
colmo stette Ümosínando sopra una strada mae-
stra per dove era solito un passaggio di cara-
vana. A chi ne fosse curioso del i' awenture
nella vita, narrava sincera tutta la storia. E il
párroco, il buon uomo di cui parlammo, fa
poco mi scrisse: » quella infelice Boxiza argo-
mento ai nostri lunghi autunnali parlari é morta.
Poveretta. Preghi per lei. Non farebbe male
farne il publico informato. S. P. L.
Delle foglie de pomi d' oro per allontanare
le jormíche, del sig. PEPIN.
Tutti conoscono i danní recatí dalle formiche
allorquando si fissano intorno alie piante. Si ado-
Íerano varii mezzi per distruggerle ed allontanarle. agliando in quest'anno alcuni rami di pomi d'oro,
ne gettai a caso una manata su di un piccolo for-
micaioj ed in capo ad alcuni giorni mi avvidi che
le formiche eran o smarrite. Fu nei primi di luglio
che íeci questa esperienza, e ripetendola in seguito
n'ebbi sempre il medesimo risultamento. lo desidero '
che un mezzo tanto seraplice venga impiegato da
molti. Sono ben pochi gli orti nei quali non si col-
tivi questa pianta. Si sa che le sue foglie ed i suoi
fusti hanno un odor forte nauseabundo che sembra
spiacer alie formiche ed essere la causa del loro
spostamento. lo mi propongo per parte mia di
continuare nell' anno prossimo questa esperienza y
ed ho luogo a sperare che i risultati non saranno
diversi. (Eco du Monde mvant.)
Si publioa ogm giovedi. II prezao annuo per Zara e di fiorini 4; per semesfre fiorini a; per fuori franco di
porto horini 5; per semestre o Irimeslre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dai pro-
prietari, fuori da tutti gl' II. RR. Ufficii poslali.
Si riceve anche qualunque altro giortiale in canibio di questo.
G. FJUNCESCHI Estensore, ZkKh ĐGMIKCHI B ROUOIER Proprielari Edilori.