ANNO IV. ZARA, 19 FEBBRAIO 1881. N.' 2-3.
PALESTRA
PERIODICO DÌ LETTERE, SOIENZE ED ARTI.
il CGNDmON. DI ASSOCIAZIONE. ^ ^ jj^^g ^^^ ^^^^^ Per Zara fior. 4 : — ^ -
., la Monarcliia .
r estero lire 12
4:50
< Un numero separalo s. 25. — Pagamenti ^ \
'> i anticipali. — Associazioni non disdette iin ^
i, s mese prima s"" intendono rinnovate.
ERRAL^-J^UPILLI
bibliotecario della comunale
"Paravia,,
DIRETTORE.
js AvvESTENZE. ^
'i Domande di associazione, importi di denaro
da spedirsi Ainininisfrazione ; lettere,
manoscritti alla Direzione. — Manoscritti ^^
i anche non pubblicati non si restiliiiscono. s^
— Delle opere donale alla Direzione verrà ^^
laito cenno speciale. h
SOMMARIO. — Sullo sviluppo dell'Epopea - Studio (N. PIASKVOLI).
— Owattro lettere di Niccolò Tommaseo (P. JIAZZOLENO. —
Eccezione. A una feroce - Poesia (A. COI.AUTTI). — 11 Vam-
piro - Bozzello (ÌNKSTOHE). — Janko Crnojevié - Poema
tradotto dal serbo (G. NIKOI.IĆ.) — La nutrizione (C. R.) —
Alba - Sonetto (E. RESINI:). — Storia patria: Due docu-
menti inediti. — Note bibliografiche : „La Dalmazia", com-
pendietU) di geografia e statistica per Gaetano Bilaglier
(L. BESEVEMA). — Cose nostre. — Notizie drammatiche. —
Notizie e spigolature. — Sciarada. — Piccola posta. — Avviso.
m
Studio di NATALE PIASEVOLI.
CCont, c fine.)
occai finora susseguentemente dei tre grandi
poemi italiani, del Morgante Maggiore cioè, delF Orlando
Innamorato e dell' Orlando Furioso. Che cosa c' ò in essi
che li distingue dagli altri poemi indigeni e stranieri ? La
favola no eerto, perchè essa è attinta a fonti straniere,
a quelle fonti la cui origine io credo avere esaurien-
temente discussa e determinata. Ciò che troviamo
in questi tre poemi di originale, ciò che ne forma l'in-
venzione prettamente italiana, si è l'ironia, la malizia,
il sorriso, che mancano in tutti i poemi indigeni, come
pure in tutti i racconti cavallereschi stranieri.
Al poema serio originale sta dirimpetto la parodia,
qual parto novello di intelligenze eminentemente poe-
tiche le quali^ perchè mancanti di esempi nella patria
storia e stanche delle tradizioni straniere, trovano una
soddisfazione artistica nel riso, nella malizia, nell'ironia.
i>è l'Italia manca punto di quegli scrittori che,
pur creduli e coscienziosi, ne riportarono le straniere
reminiscenze intatte e solamente abbellite, ma è ben
perciò ch'essi non riescono se non se poeti secondari.
Questi sono coloro i quali cantarono il Mamlriano,
VAmadlgi, VAvarchide, il Girone e così via, poeti ben
a ragione dimenticali, perchè imitatori; nel mentre che
i primi citati sono al di d'oggi pur sempre ritenuti
come i veri poeti epici dell'Italia; questi vivono e poe-
tarono nel Quattrocento, quelli sono ignorati totalmente
e scrìssero nel Cinquecento.
Riassumendo quindi in breve il fin qui detto, mi
sia dato di conchiudere*^
Noi veggiamo, come dice il D.r Giulio Ferrario,
l'Inghilterra, la Spagna e la Francia contendersi l'in-
venzione de' Romanzi di cavalleria e d'incantesimi, e
possono contendersela quanto sarà loro a grado, poiché
ciò che in essi per gl'Italiani si rileva non appartiene
nè all'una, nò all'altra, nè alla terza: tutte e tre hanno,
per così dire, stabiliti i primi fondamenti del sentimento
meraviglioso, innato nella umana natura; ma l'Italia
sopra tutti e tre ha la gioria di aver data per la prim a
a que' Romanzi vita durevole, quanto per le forme epi-
che di cui li vestì, tanto pure per le nuove ricchezze
che vi seppe spargere e per tutte infine le dovizie della
locuzione di una lingua poetica e perfetta, di cui seppe
servirsi.
Quella storia però, che merita particolare men-
zione per aver somministrato, dirò quasi, il primo ar-
gomento all'ali v'osso ed agli altri epici romanzieri, che
lo precedettero e lo seguirono, onde tessere i loro poemi
sulle imprese di Carlomagno e de' suoi Paladini, è
quella fantastica cronaca della vita di Carlomagno c di
Orlando, attribuita all'arcivescovo di Reims, 7\(rpino.
E quantunque da non pochi si creda, che la fama poe-
tica del Re Arturo e della sua Tavola Rotonda abbia
preceduto da più di un secolo, anche nella Francia
stessa, quella di Carlomagno e de' suoi, così detti, Pari
di Francia, nullameno egli è giuocoforza il confessare
che la favola di Carlomagno abbia avuto per le menti
italiane più forte un allettamento, che non quella del
Re Arturo ; perocché conoscendole amendue per mezzo
di antiche traduzioni, gl'Italiani s'esercitarono lunga
ANNO IV. ZARA, 12 MARZO 1881, N.« 4.
LA
PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara fior. 4 : —
„ la Monarchia . .. „ 4:50
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anche non pubblicati non si restituiscono.
— Delle opere donate alla Direzione verrà
fatto cenno speciale.
SOMMARIO. — Massimiliano D'Angeli e il monumento da alzarsi
a Niccolò Tommaseo in Sebenico (P. MAZZOLEXI). — L'ita-
liano in Dalmazia. - Studii filologici (V. BRUNELLI). — Janko
Crnojević. - Poema tradotto dal serbo (G. NIKOLIĆ.) — Delu-
sione. - Racconto (V. N.) ~ Sui ristauri del duomo di
Spalato (D.R F. LANZA). — Tutto così. - Versi (CARDEMIO).
— Una visita all'isola di Lacroma (M. G. ZAR). — Figurini
di Francia : Andre' Theuriet (G. SABALICH). — Un ballo in
costume. - Lettera smarrita per via (CARDENIO). — Cose
nostre. — Notizie e spigolature. — Piccola posta.
en va superba Italia di annoverare il Tom-
^omaseo fra suoi figli piìi cari; e Italia^ sì
1 grande fra le civili nazioni, già da tre anni
in Settignano mostra al viaggiatore la confer-
ma di quell'amore die nutrì per Tillustre sebeni-
cense. E noi, noi a lui fratelli, che viviamo su
questa terra dove egli nacque e che tanto amò,
non abbiamo una lapide che ne ricordi il nome,
nome il più glorioso che vantar possiamo, e ne ac-
cenda a seguir l'orme da lui lasciate così pro-
fonde nel suo lungo e faticoso ma pur splendido
viaggio. Oh cessi, cessi questa patria vergogna e
siano coronati i generosi e patriotici sforzi del
sebenicense comitato.
La Direzione.
E IL MONUMENTO DA ALZARSI A
NICCOLÒ TOMMASEO
IN SEBENICO.
Nel lutto concorde di tutta Trieste per la morte
immatura di Massimiliano D'Angeli, accaduta il 19 del
mese teste scorso, c'è una sincerità di cordoglio che
onora que' laboriosi cittadini.
Per ben dieci anni il D' Angeli fu capo del sua
Comune ; e colla dolcezza de' modi, colla domestichezza
del conversare, coli'intelligente attività, cogli eccita-
menti alle nobili cose, coìle virtù benefattrici, ch'erano
molte in lui, si meritò la gratitudine e l'affetto del suo
paese e le universali simpatie.
Al dolore de' Triestini per tanta sventura si as-
sociano col cuore que' Dalmati che apprezzarono le doti
egregie del caro estinto, e che non dimenticarono avere
egli, quale Podestà di Trieste, onorata solennemente la
pili pura e piìi grande delle nostre glorie, Niccolò
Tommaseo.
Narro il fatto e reco i documenti.
Allorché Sebenico si mise in cuore di alzare un
monumento all'insigne suo tìglio, il Comitato all'uopo
costituitosi si rivolse non pure ai Comuni dalmati affin-
chè vi concorressero colla spesa, ma anche al Podestà
di Trieste colla seguente lettera, dettata da me :
„Illustrissimo sig. Podestà,
„Due uomini sommi, due intimi amici, che costi-
tuivano il glorioso duumvirato delle lettere italiane,
vennero in meno di un anno composti nella pace del
sepolcro. Quale jattura per l'Italia e per il mondo ci-
vile, la perdita, in sì breve tempo, dei campioni più
valorosi del sapere! E se l'Italia e l'Europa si com-
mossero forse più all'annunzio della morte di Niccolò
Tommaseo, devesi attribuire all' esser egli stato molto
men vecchio del celebre scrittore lombardo; all'essere
stato più universalmente benemerito e per i suoi pati-
menti, e per la sua conoscenza profonda di più lette-
rature, e per la parte viva presa alla liberazione di un
popolo; all'avere, povero, ricusato ogni aiuto governa-
tivo per serbarsi costante a se ; all' avere sino all' ultima
ora, infermo e cieco, dettate pagine immortali, che sem-
pre più 5;attostano la forza della volontà, la potenza del
suo genio, eMel sio- animo generoso.
„Le' onoranze che in.morte gli resero e la sua
patria nativa e quella di sua elezione, provano quanto
noi diciamo ; e le lapidi, i busti, i monumenti che Italia
ANNO IV. ZARA, 7 APRILE 1881. N.» 5-6.
LA PALESTR A
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SOMMARIO. — Due lettere di Niccolò Tommaseo (P. MAZZOIENI).
— Ricordi. - Sonetto (L. BE.NEVEXIA). — Misteri del cuore. -
Bozzetto (A. SIMOXEIII). — L'ultimo canto del conte di
Servan. - Traduzione dal tedesco (C.) — Sui ristauri del
duomo di Spalalo (D.R F. LANZA). — Idillio notturno. - So-
netto (E. RESINE). — Quando pensavo di morire. - Poesia tra-
dotta dallo slavo (CABDENIO). — Figurini di Francia: André
Theuriet (G. SABALICH). — Ad una. - Versi (F.) — Cose
nostre. — Notizie e spigolature. — Piccola posta.
l@tl§ri il
• ^-'i
A scrivere proprio non è miglior
maestro che il Tommaseo. Quando
il Condillac doveva succedere all' a-
bate d'Olivet all'Accademia fran-
cese, Voltaire scriveva, che il d'O-
livet itait le premier homme de
Paris four le valeur des moli,
e il Condillac l'un des premieri
hommea de l'Europe pour le va-
leur des idées. Il Tommaseo è
l'uno e l'altro.
E, Caineriai. — Profili letterari.
Al Chiariss. Sig. Filippo D.r Filippi
MILANO.
Nel mio decenne soggioruo di Milano mi accertai
che l'ospitalità fa essere il forestiere e cittadino e quasi
congiunto.
Tra gli uomini che allora ebbi la fortuna di co-
noscere, e che poi divennero miei amici, voi siete de'
più cari al mio cuore.
Rammento le febbrili emozioni nelle artistiche
solennità, i colloqui svariati, vivaci e non frivoli, gli
epigrammi arguti, le gioiose scampagnate; rammento
la vostra straordinaria erudizione musicale, fatta sa-
pienza dall'affetto, e le critiche sull'arte divina de'
suoni e su tutte le arti belle, scritte con eleganza di
stile e condite d'attici sali, critiche per le quali godete
meritata fama e in Italia e fuori.
Nè dimenticherò mai la deliziosa giornata passata
in casa vostra, assieme al fratel mio cantante, nell'ot-
tobre del 1877. Oh, come sento ancora nell'animo la
voce possente e il canto declamato ed eletto dell'ama-
bile vostra signora, un dì esimia artista, e i duetti del
Ballo in Maschera e degli Ugonotti, cantati da lei e
dal fratel mio; e tuttavia parmi di sentire le vostre
soavi romanze, e le armonie sublimi dei Beethoven e
dei Schumann, dei Weber e dei Rossini, suonate con
quella maestria e quel sentimento che tutti ammirano
in voi.
Permettete che in memoria di quella indimentica-
bile giornata, io pubblicamente vi parli di un comune
compianto amico, e vi procuri il piacere di leggere
stampate due lettere di Niccolò Tommaseo, risguardanti
le arti che con plauso universale voi coltivate.
Era una sera fredda del febbraio 1865 — il mae-
stro Marchetti, l'autore fortunato del Rny-Blas, Emilio
Treves, voi ed io stavamo a crocchio nel Caffè delle
Colonne. Si ragionava d'arte e di artisti. Dopo fatti
paragoni tra le musiche italiane e le alemanne, tra
Paolo Ferrari e i commediografi francesi; dopo parlato
di Shakespeare, della mente oceanica di lui (come la
chiamò il Coleridge), e degl'interpreti più fortunati delle
sue immortali tragedie, si venne a dire il fatto della
infelice Montford, che non ebbe emale nella parte della
candida Ofelia. Mentre si discorreva della pazzia della
grande artista, entrò Marcelliano Marcello,^ scrittore
forbito, musicista valente, geniale poeta, allora proprie-
tario del giornale il Trovatore. Non si presentò colla
solita gaiezza che lo rendeva caro agli amici; e noi a
chiedergli la ragione.
. „Che volete, soggiunse, ho finito il libretto Giu-
lietta e Romeo per l'amico (e additò il Marchetti), e
non essendo molto contento — benché abbia non poco
studiata questa sublime elegia dell'amore — lo feci
vedere ad alcuni barbassori dell' alta letteratura. Ci sono,
dicono, de' difetti, e vogliono che io li trovi.... Questo
LIBRI NUOVI.
Eietture italiane scelte — per cura di Fortunato D.r De-
mattio, professore di lettere italiane nell'università Francesco-
Leopoldina. Parte prima. Innsbruck, libreria accademica Wagner.
1881.
Il volume, che qui annunziamo, è destinato alla
prima classe delle scuole secondarie, o medie, come
comunemente vengono chiamate, e sarà successivamente
seguito da altri volumi per le altre classi, delle mede-
sime scuole. Il prof. Demattìo, come giustamente os-
serva nella sua prefazione, con questo suo libro è venuto
incontro al bisogno di buoni libri di lettura ad uso de'
ginnasi e delle altre scuole mezzane, con lingua italiana
d^ insegnamento, universalmente sentito e riconosciuto.
Infatti, quali libri sono meno atti allo studio della lin-
gua italiana^ di quelli che ora vengono adoperati nei
nostri ginnasi e scuole reali? Compilati coli'opinione
che la buona lingua si trovi tutta nei trecentisti, e
presso quegli autori che scrissero dietro quei modelli,
si diede larga accoglienza a numerosi tratti dalle loro
opere, presentandosi così ai giovinetti letture piene di
interesse per il loro contenuto, e piene di difficoltà per
la lingua o lo stile. E poiché le letture debbono riu-
scire di modello a chi legge, può il docente consigliare
ai suoi scolari d'imitare nelle loro scritture lo stile
diQ\Vaureo secolo'} Possono i giovanetti riprodurre gli
innumerevoli arcaismi, di voce e di flessione, e la col-
locazione delle parole, imitante quella della lingua la-
tina? E adunque naturale che buona metà del volume
sia inservibile, essendo cosa naturalissima che letture
siffatte debbano essere riserbate alla classe quinta, in
cui s'incomincia lo studio della storia delle lettere e
della lingua. Ed anche quella parte, che contiene tratti
da autori moderni, non soddisfa gran fatto ai bisogni
della scuola, sia perchè la materia o la forma è supe-
riore all' intelligenza dei teneri fanciulli che frequentano
la prima classe di una scuola mezzana, sia perchè vi
compariscono in gran copia le traduzioni dal francese
e dal tedesco, le quali, per quanto classiche possano
essere, sono di gran lunga inferiori alle composizioni
originali, fatte nella lingua materna. Laonde dei cen-
toquarantacinque pezzi, che formano l'odierno libro di
lettura per la prima classe, appena quaranta possono
essere letti con qualche profitto; mentre gli altri cen-
tocinque sono o zeppi d' arcaismi, o di diffìcile intelli-
genza, 0 traduzioni. E il prof. Demattio, basato proba-
bilmente a quegli stessi criteri, che sopra esponemmo,
tolse dalle sue letture le traduzioni, fece scomparire
quasi completamente gli autori antichi, ed empì 11 suo
libro di tratti, appartenenti a scrittori del nostro secolo.
Avrebbe potuto mantenere quei quaranta pezzi del libro
ora in uso, tra i quali ce ne sono alcuni veramente
belli; e forse non avrebbe dovuto accogliere nel suo
nuovo libro le poesie sotto i n.ri 100, 98, 92, 85, 63,
61, 54, 51, 60, 39 — tutte di difficile intelligenza per
gli scolari della prima classe, e molte di esse senza
principio e senza fine, e che perciò richiedono una spie-
gazione troppo dettagliata, perchè siano chiaramente
comprese. Inoltre, stando alle prescrizioni del piano
d'insegnamento ora vigente, le poche lettere alla fine
del libro non avrebbero dovuto esserci, spettando alla
classe quarta l'avviamento degli scolari nello stile epi-
stolare e nella composizione delle principali scritture,
di cui si può aver bisogno nella vita pubblica. Pure
noi diamo il benvenuto a queste nuove letture, le quali
toglieranno di mezzo le vecchie, per la maggior parte
affatto inservibili.
E poiché parliamo di libri scolastici, utili allo
studio della lingua italiana, non vogliamo dimenticare
il Florilegio poetico ad uso degli allievi delle scuole
medie, compilato da Oscarre de Hassek, professore di
lingua e letteratura italiana nell'i, r. ginnasio superiore
di Trieste, uscito l'anno scorso coi tipi di C. Coen.
Con buona pace del prof. Cerquetti, che nel Mente e
Onore colla pedanteria di un purista di cinquant' anni
fa ha voluto rivedere le buccio a quella compilazione
del professore triestino, ci pare che il Florilegio sia un
ottimo libro, da potersi adoperare nel ginnasio supe-
riore. Contiene esso un'abbondante raccolta di compo-
sizioni poetiche dal Parini al Carducci e Panzacchi, e
colma così il vuoto delle Antologie del Carrara, com-
pilate anche queste più di vent' anni addietro con criteri
diversi da quelli di oggigiorno. Vi troviamo anche delle
produzioni intiere, come il Saul, V Invito a Lesbia Cì-
donia, VAristodemo, la Bassvilliana, la Feroniade, il
Carme dei Sepolcri, VAdelchi e 1' Urania,.
y . Brunelli.
COSE NOSTKE.
In occasione del XXV giubileo episcopale di Mons.
Pietro Doimo Alessandro Maupas, arcivescovo di Zara,
celebratosi nell'arcidiocesi jadertina il giorno 19 aprile
p. d., r arcidiacono Carlo Federico cav. Bianchi ripub-
blicò, coi tipi di G. Woditzka, corretta dai molti errori
ond'era incorsa l'edizione di Parigi, l'opera ìaXìna, The-
saurus Pontijicum, di Niccolò de Matafari, arcivescovo
di Zara, premettendovi anche diligente notizia sulla vita
e gli scritti dell'illustre prelato zaratino.
E giacché abbiamo accennato a Mons. Bianchi,
riportiamo daìV Enciclopedico, periodico di scienze, let-
tere, arti e filantropia, che esce in Lovino (Provincia
di Molise) il giudizio lusinghiero sull'altra opera dello
stesso egregio autore, Zara Cristiana, edita del paro
dalla solerte tip. di G. Woditzka:
„È questa un'opera della maggiore importanza
non solo per la Diocesi di Zara, ma per l'intera cri-
stianità, e per la Storia in generale. Parlare convene-
volmente di questo libro non ci vorrebbe un giornale,
mapii^i volumi. L'illustre Mons. Cav. Bianchi non poteva
far di meglio, sia dal lato storico, che patrio, tanto ec-
clesiastico, che letterario; egli ha condotto a termino
un lavoro che sfiderà i secoli e sarà sempre interessante
ed utile. Noi ce ne congratuliamo con l'illustre autore."
ANNO IV. ZARA, 4 GIUGNO 1881. 8-9.
LA PALESTRA
PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
CONDIZiOKI 01 ASSOCtAZIONE.
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J ) ^ / Sì manoscritti alla Direzione. — Manoscritti bibliotecario della comunale
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manoscritti alla Direzione. Manoscritti s c
anche non pubblicati non si restituiscono. S l
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SOMMARIO. — Sulla vita e sulle opere di Mattia Ban, scrittore
e poeta serbo (S. PJEROTIĆ). — X maggio MDCCCLXXXI.
- Ode (L. BENEVENIA). — Passano gli ulani. - Macchietta
(G. SABALICH). — Per il 'Il centenario di Don Pedro Cal-
deron de la Barca. - Sonetto tradotto dallo spagnuolo (CAR-
DENio). — Ricordi d'Italia, di E. Castelar. - Versione dallo
spagnuolo (M.) — Un idillio. - Poesia (G. SABALICH). —
Corriere viennese (FAUST). — Janko Crnoj evie. - Poema
tradotto dal serbo (G. NIKOUĆ). — Bibliobrafia: Due nuove
teorie suir origine delle sorgenti ; Ritratti letterari, di E.
De Amicis; Il viaggio dell'arciduca Rodolfo in Oriente (L.
BENEVENIA). - Commedia di Dante Allighicri ecc., del prof.
Lubin (V. BKUNELLI). — Cose nostre. — Notizie e spigolature.
Sylia Yìta e sulle opere di Mattia Ban
scrittore e poeta serbo.
uomo di cui verrà sempre
ad onoranza lo scrivere, sin tanto
cheli culto della virtù e l'amore
alla giustizia ed alla libertà re-
gnino sulla terra,
B. K. ]!lffaineri : Vila di Edoardo
De La Barre Duparcq.
'ulla vita e sull'opere di questo dotto dalmata fu
scritto assai nelle lingue slave e straniere, ma pochi
nella stessa sua patria ne hanno contezza sufficiente,
e intera torse nessuno. Io almeno mi trovava in
questo caso quando giunsi a Belgrado, e se ora im-
prendo a scrivere su questo argomento^ ne sono debi-
tore a un letterato serbo che va raccogliendo da anni
quanto si scrive in Europa sugli uomini illustri della
Serbia, fra i quali è annoverato a ragione il sig. Ban.
Un tale aiuto, tuttoché prezioso, era pur sempre insuf-
ficiente, chè per avere una piena conoscenza delle vi-
cende del nostro compatriotta bisognerebbe frugare nel
suo archivio segreto, che contiene fra gli altri scritti
un'estesissima corrispondenza politica; ma questo san-
tuario da lui gelosamente guardato per ragioni facili
a comprendersi, resterà probabilmente impenetrabile
fino alla sua morte. Ciò che aumenta la difficoltà del
biografo si è, che i suoi scritti sparsi in tanti giornali,
opere periodiche ed opuscoletti anonimi, non furono
riuniti per presentare un complesso che offra materia
ad uno studio diligente; chè gl'istessi suoi drammi per
la beata incaria del loro autore non sono tutti stam-
pati, ma per la maggior parte conosciuti soltanto nelle
rappresentazioni teatrali che se ne fecero, e da vari
manoscritti. Malgrado tutto ciò, visto il copioso mate-
riale già raccolto, mi sono deciso a ordinarlo, corredarlo
di mie osservazioni e dare uno studio, se non completo,
almeno il più esteso e verace di quanti finora esistono
sulla vita e le opere di questo sommo uomo politico,
letterato e poeta, che la nostra Dalmazia diede al
mondo slavo.
Matteo Ban nacque a Kagusa, in decembre dei
1818 da poveri genitori, ed ivi fece gli studi ginnasiali,
filosofici e pedagogici. Le vaste cognizioni che s'acqui-
stò dippoi le deve al suo instancabile amore per lo
studio ed al contatto in cui venne con uomini chiari.
Vestito l'abito sacerdotale nel 1834, Io spogliò dopo
due anni; ricusò di entrare nell'ordine Domenicano,
servi come scrivano presso un avvocato, quindi nella
cancelleria catastale, ed infine perseguitato da un amore
quanto profondo altrettanto infelice, lasciava nel 1839
la patria per cercare l'oblio in Oriente. Fermatosi a
Costantinopoli, ivi trovava un posto di professore di
lingua e letteratura italiana al collegio greco Nalkis,
una delle Isole dei principi. Insegnando studiava il fran-
cese ed il greco, e in un altro collegio turco di quel-
r isola frequentava per diletto le lezioni di scienza mi-
litare insegnatevi da professori francesi. Ad onta di tali
occupazioni la solitudine dell'isola aggravava i suoi
mali morali, onde, finito l'anno, si trasferì a Costanti-
nopoli, dove trovava sabito due cattedre: quella di sto-
ria e geografia nel collegio francese di S. Benedetto,
e r altra di lingua e letteratura italiana in quello rino-
matissimo di Rebek, sul Bosforo.
ANNO IV. ZARA, 22 GIUGNO 1881. N.» 10.
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PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI,
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„ la Monarchia . . „ 4:50
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Un numero separato s. 18. — Pagamenti
anticipati. — Associazioni non disdette un
mese prima s'intendono rinnovate.
Esce
due volte al mese.
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manoscritti alla Direzione. — Manoscritti
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SOMMARIO. — Sulla vita e sulle opere di Mattia Ban, scrittore
e poeta serbo (Simeone Pjerotić). — Lettere ambrosiane.
- I. L'esposizione musicale (A. Colautti), — L'italiano in
Dalmazia. - Studii filologici (V. Bruneui). — Ricordi d'Italia,
di E. Castelar. Versione dallo spagnuolo (M.) — Cose
nostre. — Notizie e spigolature. — Sciarada. — Piccola posta.
Sulla vita e sulle opere di Jlatiia Bau
scrittore e poeta serbo.
(Continuazione.)
^a Serbia e i Cristiani ebbero pure qualche van
^ taggio da queste cure patriottiche^ poiché a Parigi
% veniva proclamata la piena indipendenza interna
I del principato sotto la protezione dell'Europa^ e
in quanto ai progetti di riforma presentali a Costanti-
nopoli, alcuni furono realizzati negli anni susseguenti,
ma al modo solito dei Turchi, con mala fede e im-
perfettamente.
Ritornata la pace in Europa, il nostro compa-
triota riprendeva nel 1857 la cattedra francese, questa
volta all'accademia militare. Il governo serbo si era
deciso di mandarlo a Parigi in qualità d'agente poli-
tico, quando ebbe luogo la rivoluzione che rovesciava
dal trono il principe Karagjorgevié e vi conduceva il
vecchio Miloš Obrenović. Il Ban invece di andare a
Parigi, perdeva anche la cattedra di professore, toltagli
in seguito ad una denunzia del giovane partito ultra
liberale che lo accagionava di essere partigiano del
principe deposto e nemico della reintegrata dinastia
Obrenovié.
Sdegnando egualmente di scusarsi della taccia
appostagli e di brigare nnovi impieghi, egli si ritirava
nella sua villa di Banovaz, nelle vicinanze di Belgrado,
da dove seguiva la nuova piega che andavano pren-
dendo le cose nel principato.
; L'eroe ottuagenario di Takovo, Miloš, abituato alla
dittatura, non sapeva piegarsi alle forme costituzionali,
introdotte in Serbia durante il suo esilio di vent'anni,
e oltre a ciò, male consigliato da individui che volevano
scimmieggiare la grande rivoluzione francese, avanzava
per falsa via. Le sue volontà, spesso contrarie alle leggi
vigenti, erano devotamente eseguite; senza colpa nè
processo si deponevano molti abili impiegati, s'impri-
gionavano cittadini e preti, si stendevano liste di pro-
scrizione, s'istituivano in tutto il paese tribunali straor-
dinari, presso i quali bastava un'accusa non sostenuta
da alcuna prova legale per avvolgere nella sventura
singoli individui e intere famiglie. Così le carceri rigur-
gitavano d'innocenti e di rei, gli asti, le vendette per-
sonali avevano libero corso, e una costernazione gene-
rale invadeva gli spiriti. I piìi saggi prevedevano che
con ciò si andava preparando un regno burrascoso al
giovane principe Michele, ma nessuno o^ava fiatare.
Il nostro dalmata l'osò. Su quegli abusi egli scagliò
dalla sua solitudine una serie di articoli, che formarono
epoca nel giornalismo serbo per il coraggio, la forza
di argomentazione, e l'ammirabile tatto di cui erano
improntati. Il vecchio principe ne fu scosso, e in tutto
il principato si rialzarono gli sph-iti abbattuti, facendo
all'impavido e patriottico scrittore un'eco rumorosa. In
tal guisa da una parte fu dato il crollo al sedicente
partito ultraliberale, che continuò per lunghi anni a
ricordare con acrimonia nei giornali quei nefasti articoli,
e dall' altra formossi il nucleo del saggio e onesto par-
tito liberale, che da quell'epoca sino alla fine dell'anno
scorso diresse quasi senza interruzione i destini della
Serbia.
Nel 1862, regnando il principe Michele, fu creato
presso il ministero degli esteri un nuovo dipartimento
per la stampa, detto Presse-bureau, e per espresso vo-
lere del principe ne veniva affidata la direzione al Ban
coir autorizzazione di scegliersi egli stesso i propri im-
piegati. Quel posto era importantissimo, esigendo molta
abilità, esperienza e tatto per combattere efficacemente
all' interno il partito ultraliberale, avverso al nuovo or-
ANNO IV. ZARA, 2 LUGLIO 1881. N." 11.
LA ^LESTRA
PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI,
CGNDiZIONi DI ASSCSiAZIONE.
Per Zara fior. 4 : —
„ la Monarchia . . „ 4:50
„ r estero . . . lire 12 : —
Un numero separato s. 18. — Pagamenti
anticipati. — Associazioni non disdette un
mese prima s'intendono rinnovate.
Esce
due volte al mese.
AVVERTENZE.
Domande di associazione, importi di denaro
da spedirsi »W Amiiiinistrmione ; lettere,
manoscritti alla Direzione. — 3Ianoscritti
anche non pubblicati non si restituiscono.
— Delle opere donate alla Direzione verrà
fatto cenno speciale.
ìj 1
SOMMARIO. — Sulla vita e sulle opere di Mattia Ban, scrittore
e poeta serbo (SIMEONE PJEROTIĆ). — Terre vergini. -
Romanzo tradotto dal russo (CARDENIO). — Lettere ambro-
siane. - I. L'esposizione musicale (A. COLAUTTI). — Novità
della scienza (G. FABBROVICH). — Cose nostre. — Notizie
e spigolature.
Sulla vita e sulle opere di Matlia Bau
scrittore e poeta serbo.
(Continuazione.)
on è minore 1' opinione che si ha di lui all' estero.
Il suo nome, conosciuto fino all'ultima guerra serbo-
turca soltanto in alcuni circoli letterari, correva
1 tutta l'Europa per opera dei numerosi corrispon-
denti europei che, recatisi a Belgrado e in continuo
contatto con lui, ebbero agio di apprezzarlo.
Fra gli altri il sig. L. Rigondaud, ora redattore
in capo dell' Unite nationale di Parigi,, sotto il pseudo-
nimo di Peyramont; da molti anni in corrispondenza
col nostro Ban, riportando nel Monde illustre del 1876,
n." 1741, i ritratti degli uomini distinti della Serbia,
scriveva accanto al suo: „Egli è uno dei più ardenti
fra questi educatori nazionali che fomentano l'odio con-
tro il turco. Nè si è contentato solamente della scena
per far ruggire con maschi accenti il sentimento nazio-
nale, ma tutto ha invaso: il teatro, il libro, il giornale,
la tribuna. Poeta lirico ragguardevole, pubblicista dei
più distinti, scrittore di cose militari, il tutto in più
lingue, egli ha messo sossopra cielo e terra onde ali-
mentare fra i suoi la fiamma dell' amor patrio e per
guadagnare ai Serbi le simpatie dell' Occidente. Dotato
d'un temperamento energico poco comune, d'un'attività
che per essere febbrile non è meno sostenuta, ha pro-
dotto monti di scritti in tutti i generi, diffusi colla
stampa per tutto il mondo. Se la Serbia è ora meglio
conosciuta ed apprezzata che non lo era venti anni fa,
egli è certo che una gran parte di questo vantaggio
inestimabile è dovuto al sig. Ban. Egli fu incaricato
più volte d'importanti missione politiche a Costantino-
poli, Agram e Cetinje, e se n' è disimpegnato con raro
talento. Spirito fino, coltivato, insmuante, la sua con-
versazione ò aggradevole tanto pel carattere gioviale,
die per la semplicità."
E l'avvocato Giuseppe Borbanti-Brodano di Bo-
logna, riportando nell' opera sua La Serbia l'or citato
brano francese sul Ban, soggiunge alla pagina 392:
„Io che ho avuto la fortuna di avvicinarlo, posso assi-
curare che il quadro fattocene dallo scrittore francese
non è certo inferiore al vero."
Sebbene il quadro che ho schizzato con queste
citazioni di uomini chiari nazionali e stranieri basti a
dare un'idea sull'influenza esercitata dal Ban nel paese
e fuori, uno squarcio che traggo da una sua dichiara-
zione, stampata due anni fa in risposta agli attacchi
mossigli dai deputati dell'opposizione, servirà a gettare
maggior lume sulla sua individualità. „La libertà e la
unione dei popoli serbi — egli diceva — era lo scopo mio
costante, dinanzi al quale spariva tutto il resto; e fu ed è
mia ferma convinzione che tale scopo non potrà essere
raggiunto che all'ombra del trono, con un graduato svolgi-
mento delle nostre istituzioni politiche in senso liberale,
ma sempre secondo lo spirito della nazione ed a misura
della sua maturità sociale ; infine, colla rigorosa osser-
vanza della legalità. Uno sviluppo d'istituzioni precoce
o contrario allo spirito nazionale ho considerato sempre
come un funesto errore, come sogno d'ucraini poco
pratici, ai quali se non si oppone una ferma resistenza,
si pericola di vedere invalidato o almeno ritardato e
r interno consolidamento del principato, e la sua esterna
azione." — Tale c l'uomo di Stato; ora viene il pa-
triotta: „Devo confessare che mi sono più occupato
di politica esterna che dell'interna; ma quando que-
st'ultima mi attirava irresistibilmente nel suo vortice,
io, nemico di agitazioni e rivolte, non mi sono mai
unito nè ad agitatori nè a rivoluzionari. Quando però
ANNO IV. ZARA, 25 LUGLIO 1881. 12.
LA
PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI,
50
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara fior. 4
,, la 3Ionarchia . . „4
„ r esteroK^ . . . lire 12
Un numero separato s. 18. — Pagamenti
anticipati. — Associazioni non disdette un
mese prima s'intendono rinnovale. il
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due volte al mese.
SOMMARIO. — Sulla vita e sulle opere di Mattia Ban, scrittore
e poeta serbo (SIMEONE PJEROTIĆ). — Sonetto d' un babbo.
- Per la collezione (G. SABALICH). — L' uomo propone -
Racconto (FRITZ), — Giorgio Sand e Federico Chopin -
Spigolature (C. RESINE). — Dormi! che vuoi di più? -
Versione dal tedesco (CARDEMO). — La bora, la bora ! - Boz-
zetto (ENRICO PREDOLINI). — Scene bisantine, di C. Castelar. -
Traduzione dallo spagmiolo (CARDESIO). — Note bibliogra-
fiche (L. BENEVENIA), — Notizie e spigolature. - Piccola
posta. — Avvisi.
Sulla vila e sulle opere di Mattia Ban
scrittore e poeta serbo.
(Continuazione.)
(o stile della è sua prosa vibrante, conciso e chiaro ;
'però il suo ramo prediletto è la poesia. Si contano
oltre 40,000 versi usciti dalla sua penna, ciò, viste
le sue continue occupazioni e l'enorme quantità de
suoi scritti in prosa, sembrerebbe incredibile se pure
non fosse pienamente constatato. Ciò si deve attribuire
a una straordinaria forza produttiva, e ad un lavoro
indefesso. La sua facilità di comporre è tale che, come
mi assicurano, le ultime due tragedie le scrisse nel
1879 in meno di due mesi, quando il governo assenta-
tosi da Belgrado per prendere parte ai lavori dell'As-
semblea riunita a Niš, egli si vide libero d'affari di
cancelleria.
Quest'uomo che scrive con pacatezza note diplo-
matiche , eh' esamina a sangue freddo le situazioni
politiche, e tratta questioni amministrative e sociali con
un grande senso pratico, una volta lanciatosi nel mondo
poetico è tutto fiamma, immaginazione, sentimento. Due
nature si vedono in lui accoppiate, senza punto nuocersi.
„La poesia, egli dice, non è che sentimento po-
tente, il quale nato nel cuore, attraversa le regioni
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manoscritti alla Direzione. — jllanoscritti
anche non pubblicati non si restituiscono.
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i i
della fantasići, ed ivi abbellitosi spicca in alto il volo
libero sempre però regolato dal criterio»". Piìi giusta,
completa e concisa definizione non si può dare della
poesia, e tale per appunto è la sua.
Le sae canzoni erotiche presentano un quadro in
cui sono svolte tutte le fasi del suo primo amore; è
un romanzo rimato, una commovente epopea amorosa,
nella quale predomina ora la fantasia fresca e ridente,
ed ora il fervido sentimento che manda dal profondo
del suo cuore gemiti di melanconia, e grida d'ira
e di dolore. Le sue canzoni patriottiche, i canti epici,
le odi eroiche furono dalla critica annoverate fra Je più
belle e robuste produzioni poetiche dei popoli slavi.
Quando nel 1853 uscì alla luce il primo fascicolo delle
sue poesie, dedicate al conte Medo Pučić, suo amico,
il letterato boemo Vaclik, traducendone due canzoni,
rimarcava „esservi in quel fascicolo più poesia che in
interi volumi". — Il sig. Giacomo Chiudina ne ha dato
un saggio in italiano traducendo una delle sue elegie ; e
l'avvocate Barbanti riportando in italiano il suo canto
degli Aiduchi, triidotto pure in francese da Logen
dice: „il poeta serbo non è inferiore sovente al bardo
inglese Byron, nella dipintura delle grandi passioni, o
nei sublimi quadri della natura. 11 sttp canto degli
Aiduchi, è cosa veramente degna d'un grande poeta".
Bla la corda drammatica è quella che piìi poten-
temente d'ogni altra risuonò sulla sua lira. Oltre i
quattro drammi che distrusse, ne scrisse altri tredici
tutti in versi: Mejrima, a libertà bosniaca, che fu
tradotta in boemo, russo, polacco in tedesco per intero,
e a copiosi brani in francese; Milienko e Dohrìla;
Il Conte Dobroslavo] (questa còlla precedente tragedia
forma una bilogia); L'ultimo dei Nemagni] La morte
del re VukaUno e V Lnperatore Lazzai-o a la castro/e
di Kossovo, (l'ultima di queste tragedie fu tradotta a
squarci e commentata in russo); La sollevazione di
Tahom, tradotta in russo, e La liberazione della Serbia,
bilogia che in origine formava un solo dramma col titolo
La Domenica delle Palme Seria \ Marta Posadnica o
la caduta di Novogorad, tradotta in italiano ; Il Secreto
quello della Sava e della Drava. Occuparono gradata-
mente il Sirmio, la Pannonia e il Norico, specialmente
le pianure e le regioni a colline; e si sarebbero pro-
babilmente uniti al ramo nordico, che, girati i Carpazi,
era giunto io Boemia, se in mezzo a loro non si fos-
sero spinti i Bavari^ e più ad oriente i Magiari. I primi
arrestarono l'avanzarsi degli Slavi al nord della Drava
e tuttogiorno s'inoltrano germanizzando il territorio al
sud dì quel fiume ; i secondi, entrati quasi nel centro
del gran cerchio, formato dagli Slavi del nord e del
sud, ne impediscono il contatto. Anche ad oriente fu
interotta la continuità dei due rami dall'elemento ro-
mano della Dacia e della Mesia, che non potè essere
completamente assortito dai nuovi conquistatori.
Ma lo sviluppo delle tribù slave del sud, ed il
loro definitivo stanziamento fu ancora per qualche tempo
impedito dal dominio degli Avari. Sudditi in parte di
questa rapacissima nazione^ dovettero seguirla nelle sue
frequenti incursioni a mezzogiorno del Danubio e della
Sava sul territorio romano. Fino al 602 la storia regi-
stra contìnui saccheggi e rapine di questi popoli bar-
bari nella penìsola balcanica ; ma di loro stabile dimora
al sud del Danubio e della Sava non c'è ancora pa-
rola. Nel 602 Costantinopoli dominava liberamente dal-
l' Istria al Mar Nero, da Zara a Tomi. Appena sotto
il governo di Foca e di Eraclio gli Avari e gli Slavi
s'avanzano verso il sud, occupando verso il 630 la
Dalmazia, e verso il 657 la Mesia.
Tralasciando per ora quanto spetta all'oriente,
osserviamo ciò che avviene in Dalmazia. Fonte princi-
pale per quest' epoca sono le opere di Costantino Por-
firogenito (913 959). Dalla narrazione di quest'impera-
tore, risulta che alla venuta degli Avari, e poi dei
Croati e dei Serbi, quasi tutte le città romane della
provincia sofi'ersero più o meno per il ferro e per il
fuoco dei barbari. Bcardona, Salona^ Narona, Aequum,
Epidauro ed altre ancora furono completamente rovi-
nate: a stento si mantennero alcune città della costa e
delle isole, come Traguriim, Jadera (Diadora), Arhe,
Veda ed Opsara. La popolazione romana, che si esten
deva sino alla Sava, parte si salvò sui monti, e parte
nelle città testé nominate, ove potè resistere ai nemici,
perchè si forniva di vìveri per la via di mare. I fug-
giaschi anzi posero le basi a due nuove città: quei di
Salona, ridottisi tra i ruderi del castello imperiale di
Diocleziano, diedero origine ad Aspalatwn; e quei di
Epidauro, ricoverati sovra una rupe scoscesa, prossima
al mare, gettarono le fondamenta di Bausium. Nè alla
venuta degli Slavi in Dalmazia si estinse il latino vol-
gare, ma si ridusse ad alcuni territori littorani ed alle
isole. Ci viene ciò dimostrato prima di tutto dai nomi
di molte località, i quali o mantennero la forma latina,
o, se si mutarono, assunsero foneticamente una forma
neo-latina. Infatti, se alla venuta degli Slavi, il latino
fosse improvvisamente sparito, o i nomi latini sarebbero
anch'essi caduti, oppure, se rimasti, avrebbero assunto
quella forma, voluta dalle leggi fonetiche slave. E se
ciò non avvenne, e se anzi dal nome latino se ne ori-
ginò talvolta uno slavo secondo le leggi di questa lin-
Roessler op. cil. pag. 119, Rački op. cit. pag. 261 e
Knjiievnik I, 1, pag. 66 e seg.
gua, oppure un altro affatto nuovo ed indipendente
dall'antico latino, tutto ciò serve a dimostrarci l'esi-
stenza di due nazionalità distinte e diverse, per le quali
una stessa località fu nominata variamente. E valga il
vero: la Becla di Porfirogenito, Veda dei latini, fu per
i neo-latini prima Vegla e poi Veglia per quella stessa
legge fonetica che dal latino specidiim produsse prima
speclum e poi specchio e speglio. Ed allato a Veglia,
voce usata nelle scritture, abbiamo nel dialetto Velgia
e Vegia forme piuttosto veneziane che nostre e perciò
meno frequenti della comune Veia. Con Veglia, deri-
vata da Veda, nulla ha da fare lo slavo Krk, voce di
un dominio assai ristretto, e nota più agli eruditi, che
alle plebi. La Krepsa di Tolomeo divenne prima Kerpsa,
e poi Kersa, Cherso, e per gli slavi Cres, mantenendo
in entrambe le lingue il suo stampo classico. Lo stesso
dicasi di Apsoros, che in Porfirogenito è Òpsara, di-
venuto Ossero dial. Ossaro in italiano, e Osar in islavo.
L'Arha di Plinio e Tolomeo è già Arhe presso Costan-
tino Porfirogenito, e Arhe pure per gì' italiani ; gli slavi
poi colla trasposizione della r la dissero Bah, traspo-
sizione comunissima anche nelle lingue romanze (cfr.
Orlando fr. Boland, arnione dial. rognon, ramolaccio
lat. armoracia). Jadera (Jader) mostra nella forma me-
dioevale Diddora in Porfirogenito quella tendenza, già
notata dal Diez e propria dell' italiano, di aggiungere
alle voci latine, incomincianti per j, una d, per poi
passare dal nesso dj al nesso gi. Cosi nel basso latino
troviamo madius per majus, pediorare per pejorare (ital.
maggiore % peggiorare); e nella lingua letteraria le forme
doppie: diacere e giacere, diacinto e giacinto, e per a-
nalogia dyiaccio e giaccio (ghiaccio). Ma Diddera o
Diddora, che avrebbe dovuto produrre le forme Gia-
dera, Giadra., Giarra secondo il processo fonetico più
comune, ha seguito invece l'altro meno usitato nella
lingua scritta, più freqiiente invece nei dialetti, di so-
stituire al gi iniziale una z dolce. I Veneti dicono zorno
per giorno, za per già; e così da Diadera si fece Za-
dera, Zadra, Zarra e Zara. La forma legittima avrebbe
dovuto essere Zarra per l'assimilazione di dr in rr (erre),
forma che ricorre molte volte presso gli antichi; ma
si scrisse Zara forse badando più alla pronuncia che
all'etimologia, non facendosi udire da noi^ come in molti
altri dialetti italiani, le consonanti doppie. Gli slavi
dicono Zadar, in cui quel z iniziale rivela forse l'in-
fluenza della formazione neo-latina, giacché, per quanto
mi consta, Vj latina sarebbe rimasta tale in islavo, ed
il nesso dj sarebbe passato in gj. — Tragurium (Tetra-
guriim) rimane nel moderno italiano Traiì e meglio
nello slavo Trogir.
Al nome della moderna Spalato corrisponde, come
abbiamo veduto più sopra, in Porfirogenito Aspdlatlws,
ed in islavo Split o Spliet. Qui non è solo rimasto il
nome romano, ma vuoisi che lo stesso nome abbia un
significato; è nota infatti la comune opinione che fa
derivare quelle voci dal latino Palatium, cioè Palazzo
di Diocleziano, edificato presso Salona.
Contro la giustezza di tale etimologia si obbietto
prima dì tutto Io spostamento dell' accento, e poi la de-
0 Op. cit. voi. I, pag. 2T4.
Rad. Jiig. Akad. voi V, pag. 161 e
ANNO IV.
(Nnmero doppio.)
ZARA, 13 OTTOBRE 1881, N.« 15-1 E.
LA PALESTRA
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SOMMARIO. — Sulla vita e sulle opere di Mattia Ban, scrittore
e poeta serbo (SIMEONE PJEROTIĆ). ~ 11 „Weltschmerz" di
A. Schopenhauer e di G. Lorm (A. DEŠKOVIĆ). — Amore
di poeta. - Quartine (Ariele). — L'italiano in Dalmazia. -
Studii filologici (V. BRUNELLI)- — Lembo d'azzurro. - Poesia
(R. BATTAGIIA), — Usi e natalizi serbi (M. G. ZAR). — La
monaca. - Versi tradotti dal tedesco (A. DEŠKOVIĆ). — Francjois
Buloz. - Spigolature (E, RESINE). — Note bibliobrafiche :
„Sgoccioli" di G. Revere (BIBLIOFILO) ; „Alcune pagine su
Ragusa" di A. Kaznacić (L. BENEVENIA). — Cose nostre. —
Notizie e spigolature.
Sulla vita e solle opere dì IHaltìa Ban
scrittore e poeta serbo.
(Cont. e fine.)
^ profonda impressione che lascia questo quadro
non può paragonarsi che a quella incussa dalle
scene sublimi di Shakespeare.
Nella Semaine di Vienna il celebre letterato po-
lacco Wolowski tradusse recentemente grandi tratti della
Vanda commentandola. Egli chiudeva il suo studio con
queste parole che riassumono lo svolgimento di quella
tragedia e ne spiegano gli intendimenti storici e politici.
„La tragedia di Mattia Ban sembra non essere altro
che l'espressione dei destini della Polonia. Difatti che
cos'è Vanda se non la stessa incarnazione della nazione
polacca? Essa ne ha tutta la bellezza, la fierezza, il
valore, l'intelligenza e la fermezza incrollabile; ella
ama con passione e difende con la più grande energia
la propria libertà, come la Polonia la sua indipendenza
nazionale; il suo amore per un principe straniero è
la causa della sua morte, e sono i principi stra-
nieri che disputandosi la corona della Polonia cagiona-
no il crollo della sua potenza.
„Lo stesso suicidio di Ritigher è un avvertimento.
Mlada, gelosa e malevola, che cerca ad ogni costo la
caduta della regina, e suscita a tale scopo una sedi-
zione, è evidentemente il cattivo genio della Polonia;
il Gran Sacerdote ed il vecchiardo (Staroste) rappre-
sentano il partito conservativo, e dall'altra parte la
gioventù che arde d'entusiasmo per Vanda (la libertà
individuale) e che finisce col perderla, è l'immagine
viva di questa nobiltà tumultuosa ed incostante, il
cui carattere si rivela in ogni pagina della storia
della Polonia. DI rimpetto a Mlada noi vediamo Bo-
gor, l'amante appassionato della regina, l'espressione
dell'amore più tenero, della devozione più completa,
di una generosità senza limiti, presentante il carat-
tere vero della nazione polacca. Questi è il buon genio
di Vanda (la Polonia) ma sventuratamente da lei re-
spinto muore con essa. Gostovit, l'amico fedele di Bogor,
.Igli è posto allato come per completare le qualità che
a lui mancano, quali sarebbero l'energia ed uno spirito
intraprendente. Legati da un' amicizia rara non formano,
può dirsi, che un solo individuo."
L'autore ha riveduto, corretto e in alcune parti
modificato i suoi drammi, che tutti ormai sono pi'epa-
rati per la stampa. Lo stesso si devo dire delle altre
sue produzioni poetiche. Ma quelle in prosa arriverà
mai a riunirle tutte? Ne ho poca speranza, vedendolo
sempre occupato in nuovi lavori.
Come letterato, il nostro dalmata non conobbe
mai l'invidia; anzi fu sempre il primo a riconoscere il
reale merito d' ogni scrittore e a dirne i pregi e i di-
fetti con quella franchezza che gli è naturale ; fu sempre
pronto a incoraggiare colla voce e colla penna i gio-
vani letterati, e a dare consiglio ai molti che lo con-
sultano.
La bella casa che ha in città, comune con suo
genero, il pittore, è chiamata a Belgrado il ridotto della
politica, della letteratura e delle belle arti, per la ra-
gione che ivi convengono non solo uomini politici, ma
bene spesso letterati; vi si tengono riuniuni accademi-
che, in cui si leggono ed esaminano le opere destinate
alla stampa ; ivi la Società di canto, presieduta dal ge-
nero, tiene spesso le sue prove, e vi tenevano le loro
sedute i membri della Società di belle arti, che si sciolse