ANNO III. ZARA, 9 GIUGNO 1880. N.° 5.
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PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara . . ... fior. 4 : —
„ la Monarchia . . „ 4:50
„ l'estero . . . lire 12 : —
ì Un numero separato s. 25. — Pagamenti
anticipati. — Associazioni non disdette un
mese prima s'intendono rinnovate.
Esce due volte al mese.
jS. jpERRAF^I —jCuPILLI
bibliotecario della comunale
"Paravia,,
DIRETTORE.
| AVVERTENZE.
v Domande di associazione, importi di denaro
| da spedirsi all' Amministrazione; lettere,
> manoscritti alla Direzione. — Manoscritti
v anche non pubblicati non si restituiscono.
I — Delle opere donate alla Direzione verrà
s fatto cenno speciale. ^ ^
SOMMARIO. — Storia del blocco di Zara ecc. (V. BRUNELU). —
Stojano Jankovié. - Poemetto serbo (G. NIKOIJĆ). — I Vulcani.
(B. U.) — Fraternità. Poesia (A. COLAUTTI). — Amico o
Amante? - Silhouette (-Ć.) — Pessimismo. - Poesia (CARDEKIO.)
Dall'Album di G : A Febo Apolline. - Sonetto (Y.) —
La nutrizione. (C. R.) — Chanson d' apres-midi (Baudelaire :
„Les fleurs du mal" LIX) - Versione (G. FEOLI). — Un
estate a Bornos. - Novella spaglinola (P.) — Cose nostre.
— Notizie e spigolature.
STORIA DEL BLOCCO DI ZARA
sostenuto nell'anno 1813 dal venticinque ottobre all'otto
decembre.
i. . t~:>
jJLl giorno ventidue si raccolse il consiglio municipale
per prendere qualche deliberazione circa il mantelli-
y mento dei carcerati, i quali incominciavano a soffrire
) tutte le angustie della fame. E poiché il governo
non poteva o non voleva concedere nulla a loro favore,
così primo il podestà cav. Borelli e poi i principali
nostri cittadini offersero generosamente quanto poteva
bastare a tenere in vita quei disgraziati.
Alle due pomeridiane poi del medesimo giorno ci
fu un serra-serra indescrivibile. Un leggiero vento di
levante portava ai nostri bastioni di sud-est i deboli
concenti di una musica inusitata, che attirava l'atten-
zione degli artiglieri francesi, quando si vide improv-
visamente attorno alla città smascherarsi quattro batte-
rie nemiche, sopra una delle quali sventolava la bandiera
inglese. Era questo il segno d'un attacco generale —
ecl infatti, inalberato appena il nemico vessillo, ecco
partire da quelle batterie, sorte ad insaputa dei fran-
cesi, un ben nutrito fuoco di cannoni e di obici. I cittadini,
presi all'impensata, abbandonano le strade, dove inco-
minciavano a cadere le palle nemiche. Tre persone sono
ferite, e la vista del loro sangue fa raccapricciare gli
altri. Botteghe, negozi e chiese si chiudono in fretta —
ognuno corre alle proprie case, a trovarvi rifugio od
a prendervi le armi, per portarsi ai propri posti. Ma
ben presto donne, vecchi e fanciulli ne escono disperati,
giacché le palle nemiche fracassavano i tetti e pone-
vano in pericolo di vita coloro che vi si erano chiusi
per propria salvezza. Si corse allora alle casematte, e
quando queste furono piene, si andò a popolare le can-
tine, le botteghe ed i sotterranei più insalubri.
Il cannonamento durò senza interruzione fino alle
nove di sera ; fu ripreso dalle batterie erette a borgo
Erizzo verso mezzanotte, ed alla mattina del ventitré
tornò ad essere generale. Molte case già mostravano i
danni delle palle nemiche, e qualche bastimento fu co-
lato a fondo nel porto. La notte poi del ventitré fu
oltre ogni dire angosciosa per la grande quantità di
obici caduti in città e per un incendio sviluppatosi in
calle del Sale. Ma grazie alla pronta cooperazione di
una schiera di cittadini, guidati dallo stesso podestà, il
fuoco potò essere spento nel suo principio, e così fu-
rono impedite conseguenze funestissime. E qui non va
dimenticata l'abnegazione del cav. A. Borelli, il quale,
quantunque avanzato d'età e d'una corpulenza inco-
moda, era il primo ad accorrere ad ogni pericolo, tanto
che più volte gli caddero vicino le palle, o i calcinacci
e le schegge prodotte dai colpi di quelle.
Erano già trascorse due notti senza clic alcuno
avesse potuto riposare, e si sperava che il giorno ven-
tiquattro ci sarebbe qualche intervallo di tregua, quando
alle sei del mattino il cannonamento si fece più fiero.
L'ardore poi, con cui fu continuato, oltre ogni opinione
fu sorprendente. Giacché, all'infuori di qualche mez-
z'ora di sospensione, durò micidiale tutto il giorno
ventiquattro e parte della notte del venticinque, in cui
dovette cessare a motivo del tempo straordinariamente
piovoso.
Ci fu allora un momento di respiro, di cui appro-
fittarono i più coraggiosi per andare ad esaminare i
guasti prodotti dalle palle nemiche. Queste infatti, sia
per imperizia degli artiglieri sia per deliberato propo-
ANNO III. / ZARA, 7 LUGLIO 1880. N.° 6-7.
W.
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PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara fior. 4 : —
„ la Monarchia . . „ 4:50
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anticipati. — Ašsri'ćičzfoni non disdette un
mese prima s" intendono rinnovate.
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Esce due volte al mese.
S. 'pERRAR I— CUPILLI ^ SPE(HRSI Amministrazione; lettere,
/ J ,/ o manoscritti alla Direzione. — Manoscritti bibliotecario della comunale
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anche non pubblicati non si restituiscono.
— Delle opere donate alla Direzione verrà
fatto cenno speciale.
SOMMARIO. — Storia del blocco di Zara ecc. (V. BRUNELU). —
Janko Crnojevié. Poema. Traduzione dal serbo (G. NIKOLIĆ).
— Gli amori di Volfango Goethe (L. BENEVENIA). — Az oriilt
(il pazzo). Poesia tradotta dall' ungherese (PROF. P. E. D.RBOUA).
— Amico o Amante? - Silhouette (-Ć.) — Dal libro dei
, flori. Sonetto (G. FEOLI). — Il Centenario di Luigi Camoens (L.)
— Rivista drammatica : „Il giovine ufficiale" di P. Ferrari -
„La sposa di Ménecle1' di F. Cavallotti (G. A.) — Cose nostre
(S. FERRAJRI-CUPILLI). — Note bibliografiche (L. BENEVENIA). —
Sciarada. — Errata-Corrige. — Piccola posta.
STORIA DEL BLOCCO DI ZARA
sostenuto nell'anno 1813 dal venticinque ottobre all'otto
decembre.
(Continuazione).
a qualche ora tacevano le batterie nemiche, e si
sospettava che un corpo volante si avvicinasse col
favore delle tenebre alle opere del Forte. Erano le
! sei della sera e la città"tutta immersa, nella più
completa oscurità, fruiva di quell' inaspettato riposo,
quando un colpo di fucile, partito appunto dal Forte,
suscitò improvvisamente l'allarme. A questo segnale la
guarnigione croata, ivi stanziata, dà di piglio alle armi,
ed in file serrate s'avanza verso due compagnie italiane,
colà accasermate, e tenta d'impadronirsi delle batterie.
Ma i soldati italiani, compresa l'intenzione degli am-
mutinati alle prime fucilate si erano disposti in quadrato
presso ai cannoni, colla ferma risoluzione di vendere a
caro prezzo la propria vita. In pari tempo aveano spe
dito un messaggio al generale in capo, il quale tosto
avea fatto battere la generale e si era portato col suo
stato maggiore sui bastioni della Cittadella, i quali do-
minano il Forte. Erasi già impegnata un' aspra zuffa
tra gl'italiani ed i croati; ma l'oscurità della notte,
non permettendo di farne conoscere le fasi, rendeva pari-
menti impossibile di congetturarne l'esito. Per cui il gene-
rale francese, temendo che i ribelli non avessero da aprire
le porte al nemico, oppure passata la prima fossa, entrare
ostilmente in città ed unirsi ai loro fratelli, stabiliti ai
Quartieroni, e così con forze superiori darsi al saccheggio
ed alla strage, comandò agì' italiani di ritirarsi a sini-
stra. Eseguito questo movimento, la mitraglia della
Cittadella fulminò i croati, i quali a nient'altro più
pensarono che a sottrarsi a quel fuoco micidiale. Ri-
tornano alcuni'nella loro caserma, altri sforzano la porta
secreta del forte e si danno alla fuga. Ma dovendo
passare attraverso la seconda fossa sotto le batterie del
rivellino, furono nuovamente caricati a mitraglia, tan-
toché i più retrocedettero e soltanto pochi poterono pren-
dere il largo. Fu tosto circuita la caserma ed obbligati
i croati alla consegna delle armi. In pari tempo furono
requisiti tutti quelli, ch'erano di fazione in città, di
sarmati e condotti nel Forte, dove furono guardati a
vista.
Ad onta però di queste precauzioni nò la rima-
nente guarnigione, nò i cittadini si sentivano tranquilli.
Si temeva che i croati dei Quartieroni potessero imi-
tare quelli del Porte, e rafforzati dai prigionieri, a cui
avrebbero aperto probabilmente le porte, e da altri se-
diziosi, commettere degli eccessi a danno dei cittadini.
Questi fortificarono alla meglio le case e si armarono
a propria difesa; e tutti i soldati francesi ed italiani
stettero continuamente sotto alle armi. Infatti non era tra-
scòrso molto tempo, dacché il tumulto era stato sedato
nel Forte, che s'intesero nel borgo interno delle nuove
fucilare. I croati dei Quartieroni, si erano anch' essi
ammutinati. Decrivere la confusione dei soldati francesi,
degl'italiani, della guardia nazionale, degl'impiegati, in
una parola di tutti i cittadini è cosa impossibile. In-
fatti se ai ribelli si fossero uniti i marinai, i quali oc-
cupavano parecchi bastioni, oppure se i croati si fossero
meglio diretti, la notte due decembre a Zara sarebbe
successo un eccidio.
Uscirono i croati dai Quartieroni, divisi in due
corpi, 1' uno dei quali si diresse a sinistra per attaccare
la Cittadella, difesa dai soldati italiani, e l'altro a destra
ANNO III. ZARA, 20 AGOSTO 1880. N.° 9.
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• manoscritti alla Direzione. — Manoscritti s J
-( anche non pubblicati non si restituiscono. s<
] — Delle opere donate alla Direzione verrà \ s
fatto cenno speciale.
SOMMARIO. - Gli Amori di Yolfango Goethe (L. BENEVENIA). -
La Suora. Imitazione dal francese di Guiraud (G. NIKOLIĆ).
— Amico o Amante? - Silhouette (-Ć.) — Sonetti:
Ricordi (L. BENEVENIA) - Rèverie (M. SABIĆ). — Un Estate a
Bornos. (P.) — Az érdei lok (La capanna del villaggio). Tra-
duzione daW ungherese (PROF. P. E. D.R BOLLA). — Note bi-
bliografiche:'?. di. Castelvetro. „Prolili" (L. BENEVENIA). —
Il canto di Fatima (71. Pjesma Čengijća Fatime). Traduzione
dal serbo (-Ć.) — Cose nostre. — Notizie e spigolature.
— Sciarada. — Piccola posta. — Avviso.
Gli amori di Yolfango Goethe.
(Continuazione v. ;i.0 b'-7.)
na seconda volta l'amor proprio offeso la vinceva
sulle inclinazioni del cuore ; Margherita non fu più
4 che una memoria, un bel sogno che sfumava rapi-
[ clamente dall'orizzonte della sua giovinezza. Il fan-
ciullo allora credette al suo cuore chiuso per sempre;
solo conforto le soavi rimembranze di quei giorni, quando
al fianco di Margherita per le vie di Francoforte gli
pareo, camminar su quelle piaggiti felici dell'Eliso dove
dagli alberi s'incurvano i vasi di cristallo che tosto si
colmano del vino desiderato e donde si scuotono frutta
le quali si tramutano in ogni più aggradevole vivanda.
Ma quando la vita dello studente di Lipsia, spensierata,
galante, a differenza di quella rozza e triviale delle
Università di Jena e di Halle, lo rapì alla monotona
di casa sua, allora la poesia de' suoi dieciott'anni gli
fece vibrare nuovamente le corde più sensibili dell' anima.
La mia prima inclinazione per Margherita, scrive
egli1) io l'aveva riportata su d'un'Annetta, di cui nul-
l'altro saprei dire se non che era così giovane, allegra,
amabile e piacente da meritarsi d'essere riposta per
lungo tempo nello scrigno del cuore come una piccola
santa. Ma siccome consimili relazioni quanto più inno-
centi esse sono tanto meno di varietà offrono alla durata,
J) Op. cit. II Theil, 7 Buch.
così fui assalito da quella funesta malattia che ci seduce
a crearci un divertimento nei tormenti dell'amata si-
gnoreggiando l'attaccamento di una fanciulla con dei
grilli capricciosi e tiranni. A delle scene violenti ne
seguì la rottura. Allora ei s'accorse dell'ingiusto suo
procedere, allora appena conobbe quale profonda traccia
gli avesse lasciato nel cuore quell'angiolo di pazienza;
a riacquistarne 1' affetto nulla trascurò ; era troppo
tardi, egli l'aveva perduta per sempre. Questa situa-
zione, quasi a tormentosa penitenza, volle egli trattarla
drammaticamente e ne nacque il più vecchio de' suoi
lavori drammatici: Die Lamie des Verlieòten, il solo che,
unitamente all'altro: Die Jlitschuldigen, di ritorno alla
casa paterna non volle condannato alla pena del rogo. *)
La rigidezza paterna però, una certa disposizione
all'ipocondria, che ora più che mai minacciava impa-
dronirsi di lui, un incipiente malore di petto che poco
mancò noi traesse al sepolcro gli rendevano uggiosa
quanto mai la dimora in Francoforte. Il giorno di sua
partenza per Strasburgo, onde continuare gli studi
legali ;i quell'accademia, fu giorno di festa. La bella
natura dell'Alsazia gli fa scorrere più leggiero il san-
gue nelle vene: ritornano i sogni della sua prima gio-
vinezza, gli ideali della sua fantasia, gii estri poetici
tornano a turbinargli senza posa nel cervello. Il suo
cuore ha bisogno di sempre nuove emozioni: Emilia e
Lucinda, le due figliuole del maestro di ballo, che pel
momento lo avevano incatenato, son dimenticate ben
presto. La storiella di Margherita e le conseguenze che
ne erano derivate, seppure gli abbiano fatto travedere
di buon'ora di quali raggiri è intralciata la vita, sfu-
mano alla vista di Federica, la leggiadra figliuola, del
buon pastore protestante di Sesenheim : Federica, questo
soave idillio del nostro poeta ventenne, l'essere il più
puro, il più nobile che abbia mai fatto battere d'amore
il cuore di Goethe. Un bianco gonnellino con balzana,
non tanto lungo che non lasciasse vedere fino ai mal-
leoli gli attillati piedini; un bianco busto strettino pa-
recchio e un nero grembiule di taffetà — confinava
') Ibid. II Theil, 9 Buch.
ANNO III. ZAKA, 7 SETTEMBRE 1880. N.° 10-11.
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anticipati. — Associazioni non disdette un
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da spedirsi all' Amministrazione; lettere,
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SOMMARIO. — Gli Amori di Volfango Goethe (L. BENEVENIA). —
Agar e Ismaele. Dal francese At Guiraud, (G. IS'IKOLIĆ).
— I giudizi di Dio (Ordalie) presso gli Slavi (E. T.) —
Memorie. Sonetto (G. FEOII). — Amico o Amante? -
Silhouette (-Ć.) — Inno all' Arte. Sciolti (M. LANZA).
- La nutrizione (C. R.) — Larva. Poesia (M. SABIĆ). —
Note bibliografiche : G. Gelcich. „Memorie storiche sulle
Bocche di Cattaro" (V. BRUNELU)- — Cose nostre. — Spie-
gazione della Sciarada precedente. — Piccola posta. —
Avviso.
Gli amori di Volfango Goethe.
(Continuazione v. n.° prec.)
I/oethe si sentiva colpevole. Margherita m'era stata
tolta, scrive egli, Annetta m'aveva abbandonato;
^ qui però per la prima volta la colpa era mia; io
I aveva ferito profondamente il più bel cuore. ') E
il suo egli avrebbe voluto schiantarselo dal petto, invi-
gilarlo di fronte alla bellezza, ma invano ; suo malgrado
ei si sentiva attratto ad amare. Già un anno dopo, le
grazie seducenti di Carlotta Buff — la fidanzata del-
l'annoverese segretario d'ambasciata Kerstner — lo
tengono schiavo; è allora solo che la felicità sua e di
lei parvero minacciate che si decise abbandonare im-
provvisamente l'allegro soggiorno di Wetzlar per riad-
dormentare il pentimento in braccio ad un novello
amore. Ei pareva che il destino lo volesse unito a colei
che nella natia Francoforte per tanti anni, a sua
insaputa, lo adorava in silenzio quasi in attesa da un
lungo viaggio. E Goethe stesso il credeva; era fidan-
zato; quella fanciulla ei la chiamava sua signora, sua
donna; i genitori impazienti anelavano al giorno in cui
avrebbero benedetto le nozze. Eppure non ne fu nulla:
una sera ad un concerto egli aveva veduta Lili. Nello
sguardo della sedicenne Elisabetta Schonemann, che in
Op. cit. Ili Theiì, 13 Bach.
suonando il piano con abilità e grazia pur aveva nel
comportamento qualcosa di fanciullesco, i cui movimenti
erano disinvolti e punto affettati, egli sentì una forza
d'attrazione della più gradevole specie. ') Quello sguardo
fu il principio d'una violenta passione. Federica e la
bella fidanzata erano due memorie degne tutt'al più
dell'arte di cui egli era capace e che sentiva così al-
tamente; forse c'entrava a sua volta un po' di penti
mento e credette punizione bastante a questo innamo-
rato senza cuore riprodurlo nella sua integrità. Le due
Marie nel Goetz di Berlichingen e in Clavigo e la brutta
figura che vi giuocano i loro amanti devono essere il
risultato di una tale considerazione di pentimento, lo
ha detto egli stesso. 2) Era la stessa soddisfazione da
lui concessa più tardi alla bella Margherita nella Cla-
retta dell' Egmont e nella Margherita (Gretchen) del
Faust. E Lili ne divenne la musa, l'ispiratrice di alcune
fra le sue più belle liriche ; la luce del giorno non vin-
ceva in lucentezza la luce dell1 amore e la notte per lo
splendore dell' affetto ridiveniva chiarissimo giorno ; come
egli- avrebbe potuto credere alla possibilità di una se-
parazione? Ei la mirava, la contemplava e si rallegrava
di lei come di un capitale del quale ne avrebbe insieme
goduto i censi vita durante. E d'uguale affetto ei ne
era ricambiato. Goethe non era più un fanciullo : a
venticinque anni era un bellissimo uomo dove dignità
s'accoppiava a grazia; sopra una bella testa greca
splendevano pieni di fuoco due grand'occhi e s'allar-
gava il fronte elevato e maestoso. Elisabetta Schone-
mann era degna di lui: era bella, ricca, intelligente
ma cresciuta nel pieno godimento di tutte lo comodità
sociali, di tutti i piaceri mondani, come avrebbe potuto
adattarsi alla vita borghese di casa Goethe? Diversità
di culto, diversità di costumi vi si opponevano; vi si
opponeva la volontà dei genitori, la volontà di sua so-
rella Cornelia che per lui era un comando ; e Goethe
costrinse al silenzio la voce del cuore. Viaggiò la Sviz-
O Op. cit. IV Theil, 16 Bach.
2) Op. cit. ibid.
ANNO III. ZARA, 23 SETTEMBRE 1880. N.° 12.
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SOMMARIO. — 1 giudizi di Dio (Ordalie) presso gli Slavi
(E. T.) — Ideale - Sonetto (M. SABIĆ). — Amico o Amante?-
Silhouette (-Ć.) — Èlet vagy halàl (Vita o morte. 1849.)
- Poesia tradotta dall' ungherese (PROF. P. E. D.R BOLLA). —
La nutrizione (C. R.) — In morte di Marco Nani - Versi
(CARDENIO). — Note bibliografiche : „Prime Incertezze." Versi
di R. Pitteri (ELDA GIANELLI) - G. Gelcich. „Memorie storiche
sulle Bocche di Cattaro" (V. BRUNELLI). — Cose nostre. —-
Notizie e Spigolature. — Sciarada. — Avviso.
I giudizi di Dio (Ordalie) presso gli Siavi.
(Continuazione v, n.° prec.)
In tempi passati in Erzegovina, quando tra i
bambini dominavano malattie e grande mortalità, tutti
gli uomini del villaggio atti alle armi radunavansi in-
sieme ed il più vecchio di essi diceva loro press'a
poco quanto segue: „Vedete, o fratelli, il segno delle
streghe, Dio le giudichi ! Domani di buon' ora ciascuno
di noi conduca al fiume (alla cisterna, allo stagno o
alla fonte) sua moglie o sua madre per gettarle nel-
l'acqua affine di vedere quali sono streghe ecl allora o
le lapideremo, o faremo che giurino di non recar più
male alcuno. Vogliamo farlo, o fratelli Tutti rispon-
devano ad una voce: „Lo vogliamo." La mattina se-
guente ciascuno conduceva la sua all'acqua, le legava
all'intorno una fune, la gettava quindi nell'acqua: —
quelle che affondavano venivan tosto tratte fuori e non
erano streghe, ma quelle che galleggiavano eran stre-
ghe; nondimeno non venivano lapidate, si si acconten-
tava del loro giuramento di non voler stregare mai piìi.
Nel 1857 i Turchi costrinsero i Cristiani di Tre-
binje a gettare nella Trebihiica le loro donne per sapere
quali tra esse erano streghe. Varie affondarono, sette
invece, essendo cadute perpendicolarmente coi piedi,
l'acqua penetrò tra le loro vesti e così rimasero a galla.
I Turchi volevano ad ogni costo lapidarle ed a fatica
riuscì ai Cristiani di ammansarli, promettendo di
chiamare dal convento di Duži l'igumeno Jehvstatija-
Dučić perchè le confessasse e le facesse giurare, toc-
cando la stola, di abiurare la magia.
Tanto in Russia che in Serbia, nel Montenegro
ed in Austria sono proibite le ordalie, nondimeno qua
e là vengono usate segretamente anche oggidì, e quanto
poi alla credenza delle streghe essa è anche presente-
mente generale presso gli Siavi. Mi consta che quasi
tutti gli abitanti slavi delle isole del Canale eli Zara
credono ancor adesso nelle fate (vile).
La prova del ferro rovente consisteva o nel portare
un pezzo di questo metallo rovente, di peso determinato,
oppure nell'andar con piedi ignudi su d'una lastra di
ferro rovente, o finalmente nel pronunciare un giura-
mento, senza balbettare, tenendo due dita della mano
destra su d'un ferro arroventato. Secondo il Codice
serbo, l'accusato doveva levare da una caldaia ripiena
di acqua bollente, posta davanti alla chiesa, un pezzo
di ferro e portarlo all'altare. Questa ordalia da prin-
cipio veniva impiegata quasi sempre coi ladri, che si
punivano assai severamente; appena in tempo poste-
riore venivan sottoposti alla prova dell'acqua. Del resto
un ladro colto sul fatto veniva consegnato al danneg-
giato. La Pravda ruska (§ 22) p. es. dice espressa-
mente: „Se si uccide nella dispensa o nelle stalle il
ladro, si consideri ucciso come un cane." Egualmente
è detto nel Codice montenegrino: „Se un ladro perisce
o vien ferito mentre ruba, n«m si deve parlare di lui,
perchè abbiamo detto espressamente che tutto il paese
lo può uccidere." Soltanto il danneggiato, che in tal
guisa si era fatto giustizia, doveva subito dopo il fatto
partecipare ai vicini l'accaduto; di più non si doveva,
prima di uccidere il ladro, tenerlo a lungo prigioniero.
Per metter però un limite a questo farsi giustizia da
sè, il Jus Conradi (§ 3) stabilisce che quegli il quale
consegnava al giudizio un ladro, colto sul fatto, dovesse
ricevere tutto l'avere del reo, mentre nel caso si ven-
dicasse da sè non otteneva che una piccola parte. A
questa prova del ferro rovente venivan sottoposti coloro
ANNO III. ZARA, 16 OTTOBRE 1880. N.° 23.
LA 'ALESTR
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SOMMARIO. — I giudizi di Dio (Ordalie) presso gli Slavi
(E. T.) — Janko Crnojevié - Poesia dal serbo (G. NIKOLIĆ).
— Misura per misura - Novella (G. SABALICH). — Amor
de los amores - Poesia dallo spagnuolo (CAHDENIO). — Sullo
sviluppo dell'Epopea - Studio (N. PIASEVOLI). — Estasi
notturna - Poesia (G. SABALICH). — Gli amori di Volfango
Goethe (L. BENEVENIA). — Ricordanze - Sonetto (M. SABIĆ).
— Pax - Sonetto (E. RESINE). — Della materia raggiante
(CAHDENIO). — Notizie e Spigolature. — Piccola posta.
I giudizi di Wm (Ordalie) presso gli Slavi.
(Continuazione e fine.)
Il duello, quell' ordalia che pur troppo si usa
ancora oggidì anche dalle nazioni più incivilite di Eu-
ropa per decidere questioni d'onore, era usato anche
dagli Slavi. I Boemi lo chiamano sedanje, i Russi poe-
dinok oppur pole ed i Jugoslavi lo dicono mejdan. La
storia ci dà una quantità d'esempi del medesimo. La
cronaca di Nestore racconta che nel 993 un giovine
assai forte vinse in duello un gigante, rendendo cosi
vincitori i suoi patrioti. Vladimiro Io dichiarò perciò
uomo grande. Motislavo, figlio di Vladimiro, e Rededej
principe dei Casoghi si batterono a duello ed assegna-
rono qual premio al vincitore avere, donne, figli e paese
del vinto.
Nella storia dei Vagrì trovasi parimenti un esem-
pio. Tra essi ed i Sassoni era sorta questione di con-
fini, un duello doveva decidere dalla parte di chi stesse
il torto e rispettivamente la ragione. Rappresentante
dei Sassoni era Barvido, dei Vagrì Agrim. Presso al
guaclo, che più tardi si chiamò Agrimes-vidil, il sas-
sone vinse l'avversario ed i Sassoni posero sul luogo
del duello una grande pietra a perpetuare la memoria
di questa vittoria. Wippo racconta dei Sorbi : I pagani
(Sorbi) asserivano che i Sassoni avevano rotta la pace,
il che eran pronti di provare con un duello, se l'impe-
ratore il voleva; e i Sassoni alla loro volta, benché
consci di aver torto, per confutare i Sorbi offrirono
anch'essi di battersi. L'imperatore permise che deci-
dessero la questione in simil guisa. Tosto entrarono in
lotta due combattenti scelti dalle loro parti ed il cri-
stiano (Sassone) cadde, ferito dal pagano (Sorbo).
Il boemo Dalimil racconta del duello che ebbe
s. Venceslao con Radislavo, principe di Zlicko, e del
l'altro duello che sostenne il moravo Svatopluco, ve-
stito da monaco. Una poesia descrive un duello del-
l'anno 1315. Rodolfo di Košić aveva ucciso a Venék
un paggio, per vendicarsi Venék gli uccise il figlio,
la cui morte costò parimenti la vita al figlio di Venék.
La vendetta di sangue si mostrava nella sua piena or-
ridezza, quindi gli amici s'interposero ed un duello di
sei combattenti da ciascuna parte decise in favore
di Venék.
Secondo il Codice di Rosenberg si combatteva o
colla spada (la nobiltà) o col bastone (la plebe) ; il Ius
Conradi però stabiliva che con bastoni si dovesse com-
battere soltanto contro stranieri. Cinque capitoli della
Maiestas Carolina ne trattano in proposito ; parimenti
nell' Ordo judicì terrae si trovano delle norme riguardo
al duello.
Il diritto civico di Brùnn, dato dal re Venceslao
nell' anno 1242, fa ancora menzione della prova dell' acqua
e del fuoco; il diritto della città di Iglau, del medesimo
re, conosce invece soltanto la ferita riportata in duello,
il modo e la maniera di sfidare.
Gli avversari comparivano in un luogo determi-
nato nel tempo stabilito. Armati com'era prescritto,
combattevano alla presenza dei giudici e degli spetta-
tori. Quegli che si stancava poteva domandare un' ora
di riposo e durante questo tempo si poneva tra gli
avversari un grande bastone (sohor). Si poteva riposare
tre volte. Il vincitore poteva o toglier la vita all' av-
versario o donargliela, se i giudici il permettevano;
quindi s'inginocchiava davanti ai giudici e li ringra-
ziava per avergli permesso di farsi giustizia da se, e
nel caso avesse ucciso l'avversario gettava sopra il di
tentativo è una prova di più che l'arte vera è cosmo-
polita e destinata ad affratellare i popoli, a qualunque
nazionalità essi appartengano.
L. J3ENE VENIA,
COSE NOSTRE.
L'Illustrazione italiana nel suo ultimo n.° prende
a disamina la pubblicazione letteraria: Profili — già
da noi annunziata — del nostro amico e collaboratore
G. D. Sabalich. Tra quei sette bozzettini, com'essa li
chiama, loda 11 diavolo del Reggimento e le Nozze nel
mare; vi trova vivezza ne' rimanenti, ma una lingua
in generale troppo ricercata.
Anche il Mente e Cuore di Trieste (N.° 14) par-
lando degli stessi ha delle parole lusinghiere pel nostro
collaboratore. Vi riconosce il non piccolo pregio di chi
sa scrivere senza pretesa nonché delle cosette carine
carine come il bozzetto II mondo e fatto a scale e l'altro
Quando Ada era malata, che dice un vero gioiello d'af-
fetti intimi.
Un nostro abbonato, il signor Giovanni Santini
da Torrette, ci offerse gentilmente la seguente lettera
indirizzatagli dall'illustre autore dei Bozzetti della vita
militare, lettera che noi pubblichiamo col massimo
piacere :
Pregiatissimo Sig. Santini,
Ho ricevuto da parecchi giorni le novelle del Sig-. Sabalich
e una sua gentilissima lettera, alla quale risposi subito. Ho
ricevuto pure la PALESTRA ed il DALMATA, ch'Ella mi annunzia,
e gliene sono iratissimo : non posso accettare, in coscienza,
tutti gli encomi di cui mi onora il primo di quei giornali;
ma mi è carissima la benevolenza che li ha dettati. Fra poco
si pubblicherà una raccolta di mie poesie : La prego sin d'ora
d'accettare un esemplare come ricordo d1 amicizia. Mi creda
ora e sempre
Suo aff.o e devotiss.
De Amicis,
Torina 17 agosto 1880.
È uscito coi tipi di S. Artale in Zara il Dalma-
lino, lunario cattolico, greco ed israelitico per V anno
1881. Tra le curiosità storiche troviamo due documenti
inediti, interessanti per la storia della lotta religiosa tra
latini e greci, combattutasi il secolo scorso in questa
provincia. Il primo è una lettera di data 24 ap. 1741
dell'arcivescovo di Zara alla Sacra Congregazione di
Roma; il secondo una determinazione del provveditore
generale Marino Antonio Cavalli in data 27 marzo 1742,
Nel programma dell'i, r. Scuola reale superiore
in Spalato per l'anno scolastico 1879-80 e in quello per
lo stesso anno dell'i, r. Ginnasio e Reale in Cattaro si
leggono due pregevoli lavori. Nel primo, il prof. G.
Kolombatović scrive alcune sue originali Osservazioni
sugli uccelli della Dalmazianel secondo, il maestro
S. Rutar nelle: Starine bokokotorske (Antichità »ielle
Bocche di Cattaro) raccoglie in un tutto ciò che tanto
geograficamente quanto . storicamente è conosciuto in-
torno a quel lembo di terra dalmata sino all'occupa-
zione romana.
La società accademica „Dalmazia", in Graz, ha
costituito la sua nuova Direzione con a presidente il
sig. G. Raccamarich, studente tecnico da Pago; a vice-
presidente il sig. 0. Pasco, stud. tee. da Spalato ; a
cassiere il sig. G. Rossi-Sabatini, stud. tee. da Zara,
ed a segretari i signori D. Maupas, stud. tee. da Se-
benico e T. Marchich, stud. leg. da Zara.
NOTIZIE e SPIGOLATURE.
La sera del 2 novembre al Teatro Nuovo ci fu
dato poter gustare per la prima volta il Boccaccio, uno
degli ultimi capolavori del nostro compatriota, maestro
Cav. F. de Suppè; esso sino ad ora assicurò l'esito
della stagione.
* *
Nel teatro Regio di Monaco di Baviera si dà ora
un corso di rappresentazioni classiche drammatiche, che
per la prima volta vengono rappresentate nella loro in-
tegrità, le une dopo le altre, con un lusso e con artisti
di cartello che solo un teatro reale può offrire. A queste
rappresentazioni prendono parte, non solo gli artisti di quel
regio teatro, ma ben anche i migliori dei teatri regi di
Vienna, Stoccarda, Dresda, Berlino, Annover e Carlsrue, e
dei teatri comunali di Lipsia e Amburgo. Le produzioni
sono: Il campo di Wallenstein, Piccolomini, La morte di
Wallenstein, Amore e Raggiro e Guglielmo Teli di Schil-
ler; Nathan il saggio, Emilia Gallotti e Ninna di Bciru-
helm di Lessing; Amleto, Giulio Cesare, Machbet ed Un
racconto cV inverno di Shakespeare ; La tazza rotta di Kle-
ist; Clavigo, Torquato Tasso ed II Conte ci'Egmont, di
Goethe.
*
Annunziamo fra le novità drammatiche in Italia:
Scrollina del Torelli, la quale, a quanto se ne dice,
sarebbe la sua Mercede rifatta; e in aspettativa: Il Ca-
prone del Barbieri, Capitan Fracassa del Castelnuovo
e I Napolitani del 99 del Cossa. In Francia: Le Finan-
ciers du jour del Sardou e Le Hommes de la Finance
dell'Augier.
*
Togliamo dal Suggeritore, giornale romano delle
arti sceniche, alcuni dati intorno al Teatro Costanti di
Roma, architettato dal signor Sfondrini.
E un grandioso monumento che abbraccia una
superficie quadrata di 4257 m., la cui platea, più grande
di quelle del San Carlo di Napoli e della Scala di
Milano, lunga 24 m. e larga 20, è capace di ben 1200
persone. Ha tre ordini di palchi, 108 in tutto, i quali
ANNO III. ZARA, 8 DECEMBRE 1880. N.° 16-17.
LA !A.LE STR À
PERIODICO DÌ LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara ..... fior. 4 : —
„ la Monarchia . . „ 4:50
5, F estero . . . lire 12: —
Un numero separato s. 25. — Pagamenti
anticipati. — Associazioni non disdette un
mese prima s'intendono rinnovate.
j Esce due volte al mese.
\ jS. I^ERRAI^I-PUPILLI
? bibliotecario della comunale
S "Paravia,,
S DIEETTOEE. f
AVVERTENZE.
Domande di associazione, importi di denaro
da spedirsi ali1 Amministrazione ; lettere,
manoscritti alla Direzione. — Manoscritti
anche non pubblicati non si restituiscono.
— Delle opere donate alla Direzione verrà
fatto cenno speciale.
SOMMARIO. — Sullo sviluppo dell'Epopea - Studio (N. PIASEVOLI).
— Boccaccio - Martelliani (G. SABALICH). — Vicende umane -
- Novella (NESTORE). — Janko Crnojevié - Poesia dal serbo
(G. NIKOLIĆ.) — Della materia raggiante (CAKDENIO). —
Pentimento - Sonetto (A. BONICIOLLI). — Rassegna dram-
matica : Daniele Piochat, commedia in 5 atti di Y. Sardou
- Traduzione dal francese (A. SDIONELLI). — Lascito - Versi
dallo slavo (CARDENIO). — Visione de l'alba - Esametri
(G. SABALICH). — Una questione .... letteraria!?... (Ezio ROMANO).
— Notizie e spigolature. — Rebus. —- Piccola posta.
Studio di NATALE PIASEVOLI.
("Continuazione.)
1
<1)1 terzo stadio dell' epica romanzesca corre dal
XIII al XIV secolo, in cui l'epopea divenne la risorsa
dei mestieranti e dei cantastorie.
Queste date che io cito, non sono però da pren-
dersi in senso letterale o matematico, perchè non si
può ritenere possibile il passaggio di uno stadio all'al-
l'altro senza una qualche sfumatura. Infatti, dai primi
decenni del secolo XII fino agli ultimi del XIII, dob-
biamo riconoscere un movimento artistico che va sempre
decrescendo. Nel tempo appunto in cui l'epica fran-
cese va decadendo in modo da non essere più nazio-
nale, in quello stesso tempo incominciava il passaggio
della medesima in Italia.
Gl'Italiani non ebbero una propria epica nazio-
nale, tutto questo moto e questo sviluppo letterario dal
IX al XIII secolo, è dunque proprio esclusivamente
della Francia. Ed è da deplorarsi come T Italia, che
pure nel Medio Evo ebbe epoche splendide, non abbia
avuta un'epopea propria per la quale la sua gloria si
fosse immortalata. Tale silenzio nella sua poesia nazio-
nale fu causato dalla mancanza di un centro politico
e dalla breve durata di quegli splendidi periodi, e da
ciò anche la lentezza del progresso letterario. Se l'Italia
adunque prese parte alla poesia epica, essa lo fece come
di riverbero, anche questo assai debole, della Francia
e non assunse punto a suo modello le belle e primitive
poesie della medesima, ma sibbene quelle invece della
decadenza.
E lo stesso fatto avvenne per ciò che concerne la
lirica, chè l'Italia non imitò i Provenzali dei primi
tempi, ma quelli invece che avevano ridotta la poesia
a forme prestabilite, prive d'ogni soffio d'affetto.
Le prime poesie francesi passarono in Italia come
immutate ; il primo stadio dell' epica in Italia è quindi
tutto francese. Tramandate quelle poesie da paese in
paese per mezzo della tradizione orale, esse manten-
nero le forme originali e solo leggermente si modifica-
rono, per ciò che concerne la lingua. Nel secolo XIII
queste epopee francesi della decadenza sono divulga-
tissime nell'Italia settentrionale, la quale forma quella
parte della penisola, che nei suoi dialetti più s'accosta
alla lingua di Francia. - Nella biblioteca Marciana di
Venezia conservasi un gruppo di manoscritti di quel-
l'epoca ed un altro di un'epoca poco posteriore; sono
poemi francesi corrispondenti, nell' intreccio e nelle
forme, ai loro originali, ma aventi però una tintura
italiana, per ciò che risguarda la lingua. In questa bi-
blioteca inoltre abbiamo anche un codice della rCkaìison
de Roland", il quale, quantunque deturpato dalle inter-
polazioni dei rapsodi, pure conservò le antiche vestigia,
in modo da offrire all' Hof mann di Monaco occasione
a darne una buona edizione. — Il secondo gruppo di
manoscritti, di poco posteriore al primo, ci offre uno
stadio di progresso più avanzato. Egli è ben naturale
che gl'Italiani, nazione eminentemente poetica, per le
sventure politiche e nazionali priva di un'epopea, ap-
pena loro ne fosse portata una straniera, non tendes-
sero ad appropriarsela, nè si accontentassero di ripetere
questa straniera epopea, ma si mettessero in quella
sarà quella della natura •— solo la natura: anzi chi
sarà più poeta sarà l'artista più di moda.
Ceci tuera cela. Collo scherno di A. de Musset e
di Heine finiva il romanticismo guasto e ridicolo : colla
nuova nota della natura — questo colossale papiro non
ancora del tutto svolto — finirà il verismo della pu-
tredine.
Il volume è diviso in due parti. La prima com-
prende sotto il titolo : Le chemin cles bois le suddivisioni :
En fóret, Paysages et Portraits, Les araignées, Veronica
e Sylvine.
Il volume si apre con la dedica alla prima parte :
è un atto di fede pieno di sincerità e tutto cuore. L'a-
nimo dell'autore è sereno: egli cerca la pace nelle
foreste, la libertà nell' aria che vi si respira, la luce
che vi si beve, il calore cui si riscaldano le membra
ai grandi fuochi accesi in mezzo al silenzio solenne
della natura. La sua poesia è tutto un misto di mae-
stoso e di limpido — quadretti di genere ma sempre
lirica sconfinata, appassionata, toccante.
Aux bois! — Aux bois de mon pays,
Dont on voit les sombrcs lignes.
Futaie épaisse ou clair taillis,
Bleuir au-dessus des vignesj
Aux bois!.. Un vent de liberté
Y soufflé à travers les chènes;
L'àme y ravive sa fierté
Blessée aux luttes humaines.
(Continua.)
p. jSABALICH.
Gli editori G. Altenb urger e B. Rumbold, di Buda-
pest, hanno pubblicato la prima puntata d'un loro
Wappenbuch des Konigreichs Ungarn v.nd seiner Neben-
lander (Libro di stemmi del regno d'Ungheria e suoi
paesi annessi. Nelle tavole in litografia, accuratissime,
notammo, oltre agli stemmi di Otto di Baviera, di An-
drea II, di Béla IV, di Sigismondo, di Maria Teresa,
nonché quelli di tutte le città regie libere, come ad
esempio i 10 di Ofen, antica e nuova, e delle altre città
libere, quelle di Budapest, di Belovàr, di Bereg,, di
Zagabria, di Osiek (Esseg), Kolosvàr (Klausenburg),
ne notammo pure alcuni di nostro particolare interesse,
quali sarebbero tre di Zara, uno di Almissa, uno di
Arbe ed uno di Budua, ai quali forse farebbero seguito
anche quelli delle altre città. Quello di Zara, antica, rap-
presenta in campo d'argento un castello, con suvvi altri
tre torrioni: lo stemma è sormontato dalla corona, come
città ducale. Il secondo, quello di Zara sotto la signoria
dei veneti, è rappresentato da un San Grisogono mon-
tato su di un cavallo nero, egualmente in campo d'ar-
gento: lo stemma è sormontato pure dalla corona con
5 torri e suvvi ancora il leone di San Marco. Il terzo
rappresenta un guerriero giovanissimo montato anch' es-
so su di un cavallo nero in campo d'argento, poggia
su d'un terreno (verde), dietro di lui il monte col ca-
stello, tre torrioni e suvvi la corona; questo è il nuovo
stemma di Zara.
Quello di Almissa poi è uno stemma in cui cam-
peggia una croce ed un mezzo scettro in campo tur-
chino; quello di Arbe rappresenta un uomo (Ercole
probabilmente) con clava nella destra e con nel braccio
sinistro un bambino; a destra la mezza luna, a sinistra
una stella, pure d'argento, il tutto in campo turchino;
la figura poggia in campo verde. Quello di Budua
rappresenta tre stelle d'oro in campo turchino: questi
tre mancano della corona.
Raccomandiamo ai cultori d'araldica una sì inte-
ressante pubblicazione: le puntate costeranno f. 2 v. a.
ciascheduna.
CORRIERINO DI ROMA.
*** Si è scoperta una nuova catacomba dal cano •
nico Esprit Le Louet, a circa 200 passi dalla porta
S. Pancrazio, con varie gallerie e 12 cappelle, buona
parte di queste ornate di pitture e di fogliame ben
conservato. Questa catacomba si estende sotto la Via
Aurelia e fin sotto la Villa Pamphily, una galleria
intonacata si prolunga verso S. Pancrazio.
Uno splendido saggio della scuola spagnuola
10 si ha in un acquarello del pittore Pradilla, esposto
nel negozio Echena, unitamente ad altri quadri di J.
Villegas, Beullieure, Scipione Vanutelli, Raggio ecc.
Questo acquarello consiste in una mezza figura rap-
presentante Una tibicina.
Il sig. Pradilla è divenuto già popolare e salutato
come uno dei più valenti rappresentanti della scuola
spagnuola per il magnifico suo quadro Giovanna la
Pazza, eseguito in Roma e premiato a Parigi all' espo-
sizione del 1878,
La tibicina è disegnata da grande maestro ed è
dipinta con sapere poco comune. Ogni sera la gente
si ferma ad osservarla, lodandone l'autore con quella
ammirazione che desta in ognuno la vista del bello.
Il nostro teatro venne arricchito di una bel-
lissima commedia di Paolo Ferrari : Alberto Pregalli.
11 giudizio espressone iersera dal pubblico romano al
teatro Valle fu di entusiasmo ai tre primi atti, più
freddo agli ultimi due. L'autore ebbe più di venti chia-
mate al proscenio.
La tesi che sostiene il Ferrari è una specie di
ribellione allo scetticismo, oggi di moda, alla filantropia
metafisica della forza irresistibile e della pazzia ra-
gionante.
Nella commedia vi sono scene di grandissimo ef-
fetto, caratteri tratteggiati con rara sicurezza di penna,
una condotta poi nell'insieme che rivela sempre nel-
l'autore quella grande conoscenza della scena e del
pubblico che lo hanno posto si in alto fra i comme-
diografi italiani.
ANNO IV. ZARA, 23 GENNAIO 1881. N.« I.
LA
=^ERI0DIC0 DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
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CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara fior. 4 : —
., la Monarchia . . ,,4:50
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s) Un numero separato s. 25. — Pagamenti ^^s
J < anticipali. — Associazioni non disdette un ^^
sN mese prima s"'intendono rinnovate. ti;
Esce due volte al mese.
p. J^ERRAI^-PUPILLI
^ bibliotecario delia comunale
S "Paravia,,
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sj AVVERTENZE.
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h da spedirsi nW Amministra'iione ; lettere, ^^
O manoscritti alla Direz-ione. — lìlanoscritti \ \
^^ anche non pubblicati non si restituiscono.
ìi — Delle opere donale alla Direzione verrà
^^ fatto cenno speciale. ^^
SOMMARIO. — Ai lettori. (LA DIREZIONI:). — Sullo sviluppo
dell'Epopea - Si udio (N. PIASEVOLI). — Nolte d' estate - Sonetto
(A. CoiAUTTi). — Cenno storico sulla fondazione del con-
vento delle monache Benedettine in Lesina (P. CASSANDBICH).
— Nevicata stiriana. Poesia (G. SABALICH). — A proposito
di un nuovo vocabolario della lingua croato-serba (V. BRU-
NELLI). — Ad un giovane poeta. Sonetto (CARDENIO). — La
nutrizione (C. R.) — Grata servitus. Versi (M. SABIĆ). —
Corriere viennese (FAUST). — Corrierino di Roma (P. D.)
— Storia patria: Due documenti inediti. — Note biblio-
grafiche: „Poesie" di E. De Amicis (L. BENEVENIA). — Notizie
musicali. — Notizie drammatiche. — Cose nostre. — Ritagli
letterari. — Notizie e spigolature. — Piccola posta.
Ai lettori bemvoli^ salute.
^^Ja Palestra entra nel quarto anno di
sua vita.
Le prefiche piagnucolose accompa-
^ gnino al rogo il milleottocentottanta,
mentre i nostri più fausti vaticini salutano
Tanno che nasce.
Se sulla nostra bandiera sta scritto
Avanti — se il nostro giovane grido di
excelsior è monotono o morboso e ci at-
tende la fine fatale del giovanetto di Long-
fellow — noi nutriamo una sola speranza
speranza gloriosa e balda : — quella di
morire in cima alla montagna dell'Arte
colla neve candida per lenzuolo funebre e
con la luce serena negli occhi.
Senza adunque architettare un nuovo
programma, noi promettiamo di fare del
nostro meglio affine di dare al nostro pe-
riodico un più largo sviluppo e raggiun-
gere nel mighor modo il nostro scopo.
Gittando un occhiata retrospettiva, ab-
biamo abbracciato tutto il cammino da noi
percorso e ci siamo convinti che tanto le
lettere come le scienze e le arti ci hanno
avuto la parte loro e che sotto le sue mo-
deste spoglie il nostro periodico cercò dì
soddisfare alle più disparate esigenze dei
suoi lettori.
Si obbietterà essere l'arte, nel nostro
paese, una pianta esotica: si soggiungerà
che se il paese ha da pensare seriamente
al proprio progresso, mezzi più solidi e
sforzi più titanici devono essere quelli che
lo guidino al suo prosperamento. Ma il
prosperamento sì intellettuale che morale
mena alla civiltà nello stesso modo che il
prodotto delle forze materiali unite : — noi
— che dell'Arte ci siamo fatti un culto
ed un' occupazione sana e prediletta — noi
miriamo al primo: altri pensi al secondo.
Ma il terreno è lubrico, la Palestra
ha troppe difficoltà da superare — troppi
ostacoli da affrontare.
Certo che l'atmosfera non è troppo
omogenea ai suoi polmoni ed assai poco
propizia air ulteriore sviluppo della sua gra-
cile struttura ; ma se la gioventù studiosa
vorrà ancora — come per lo passato —•
sorreggerla del suo valido appoggio, se
quella eletta coorte di notabilità letterarie
che vanta il nostro lembo di terra dal-
mata e sul concorso delle quali appunto
si affidava superbo il periodico nel primo
suo nascere, vorrà — dimesso il non giù-