ha la forza di farlo sorridere. In questa mano-
vra non badano ali' usciale aperto ed al cuoco
che entrava con un caldaino in mano,
— Il grog, il grog! — la fu una sfuriata
generale di urrali.
— Le tazze di piombo! fuori le tazze —
grida il cuoco mezzo asfissiato da tanti fra-
terni amplessi.
Ciascuno ha la sua colma colma.
— Chi fa il brindisi — domanda Catta-
ri nich.
— Luchinovich, il brindisi ! — grida il
lesignano,
— Non sa di poesia, lui! — osserva ri-
deiKio il Sussich.
— Lo faccia in prosa — sentenziano sma-
nacciando in coro gli altri.
— Su via, presto che il grog va bevuto
fresco — riprende Io Scarpa e poi : Chi lo
fa? nessuno? e bene lo faccio io — solleva
la tazza, incomincia, s'impappina^ balbetta,
non sa che dirsi.
— Abbasso ! abbasso ! urlano tutti a squar-
ciagola e più d'una fischiata gì' introna gli
orécchi che è costretto a tapparseli colle mani.
— Il brindisi lo faccio io a nome di
tutti — gridò in quella dietro le loro spalle
una voce maschia ben conosciuta.
— Evviva l'imperatore!
— Evviva — rispondono tutti.
Era il capitano, che approfittando di quel
parapiglia non visto penetrava nello stanzone
accompagnato dall' ufficialità, dal Lusina e da
Carlsen quella sera loro ospiti. Venivano a
far loro una dolce improvvisata ; aperta una
cassa di regalucci: sigari, saponi, borsellini,
specchietti, posate, bottiglie di rum ed altre
minuterie fu tirata la sorte su ciascuno j e
se più d'uno fece le boccuccie per aver gua-
dagnato un ninnolo di nessun utile pratico,
chi invece ne uscì con dei zigarì o con una
fiasca di rum non mancò di lanciare il suo
evviva, al capitano, all' ufficialità nome per
nome con un baccano indescrivibile degli
altri.
E da un pezzo che l'orologio di bordo ha
suonato l'ora del sonno, ma nessuno si pensa
di rispondere all'appello. Cianciano, schia-i
mazzano, cantano per alcun tempo ancora;.'
la stufa manda ancora qualche lampo e poi
si spegne, loro si aggravano gli occhi, la ^
testa è fatta pesante, nicchia e finiscono col- •
r addormentarsi augurandosi la buona notte. 3
Nessun rumore nel ghiaccio, dormono tutti 1
della grossa fino al mattino.
(Continua).
Soluzione del Logogrifo
del N.o 17:
Fa - ri - đe
Pagarono pel L semestre 1 signori:
C. Ruggeri, Zara. — Dn. C. Caranton, Zara.
A. Aiitunovich, Lussili piccolo. — Dn. N. Simić,
ìgrane, Macarsca. — Dn. G. Devicli, Spalato. —
V. Buich, Vienna. — A. Brainovich, Zara.
Pagarono pel II. semestre i signori :
Dn. C. Stipcevich, Zara — Dn. V. Miossevich,
Zara. — S. Foretich, Spalato. — E. Raffanelli,
Macarsca. — A. Persicalli, Zara. — A. Pasini,
Almissa. — Dn. G. Devich, Spalato — S. Zoro-
vicli, Zara, — A. Baumeister, Zara. — L. Simo-
nelli Zara — G. Dr. Pangrazi. Zara. — A Brai-
novich, Zara. — A. Storich. Zara. — A. Cosraa-
cendi, Zara. — N. Madirazza, Traù — V, Ad-
dobbati. Zara. — N. Nutrizio. Zara. — Dn. C.
Caranton, Zara. — C. Buggeri, Zara. — F. De-
franceschi, Zara.
(^Continua.)
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parte di mare per opera della flotta inglese, non davano
a sperare ai francesi alcun buon risultato. La sua guar-
nigione era assolutamente insufficiente a sostenere un
serio attacco, prima di tutto perchè era formata di ele-
menti eterogenei e poco fidi, e poi perchè assai infe-
riore di numero. C' erano ottocento croati, i quali ogni
giorno s'assotigliavano sempre più colle loro diserzioni,
ed erano perciò tenuti in sospetto d'intelligenza coi
loro fratelli, che militavano sotto le bandiere dell' Austria.
Aggiungete a quelli quattrocento soldati italiani di linea
e cento francesi tra cannonieri e gendarmi, tra di loro
sempre in lotta per invidie nazionali; più cinquecento
tra marinai e cannonieri di marina, mal disposti a ser-
vire, indisciplinati e viziosi: e si comprenderà come il
mantenimento della piazza dovesse essere più che mai
dubbio. C' erano ancora trecento guardie nazionali del
paese e due compagnie onorifiche di possidenti ed im-
piegati, gente piena di buone intenzioni, entusiasta,
sorda ai patimenti, forte ai travagli, indefessa, corag-
giosa e zelante. Ma cosa potea essa fare per la difesa,
non essendo pratica al fuoco, poco avvezza a militar
disciplina, interessata al destino ed alle angustie di tante
famiglie?
Gli austriaci adunque e gl'inglesi, calcolando sul
meschino stato di difesa di Zara e delia provincia, pen-
sarono di porsi subito all' opera. Infatti il lunedì mat-
tina del 25 ottobre ecco comparire sotto Zara una fre-
gata inglese, ed appostarsi a poche miglia dalla città,
per impedire ogni comunicazione cogli Scogli, e da là
con Ancona, donde la provincia ricevea regolarmente
le notizie ufficiali, e da cui eventualmente poteva otte-
nere qualche soccorso. Il giorno 26 dai gendarmi fran-
cesi fu fatto prigioniero un ufficiale inglese, che si era
sbarcato a Brevilaqua, latore di un dispaccio diretto al
generale austriaco, che era stato destinato all'assedio di
Zara. GÌ' inglesi, nella supposizione che le truppe austria-
che fossero già presso Zara, aveano voluto avvisare il
generale alleato, che essi pure erano giunti, che si met-
teano sotto la sua dipendenza e che aspettavano i suoi
ordini, per incominciare le offese. Ma, sia che essi
avessero anticipato, sia che il generale Tomašić si fosse
trattenuto più che non avesse immaginato nell' occupa-
zione di Knin, il fatto si è che il dispaccio inglese
cadde in mano del generale francese, che comandava
le forze militari di Zara. Si riconobbe allora la vera
situazione delle cose e si comprese che la capitale sa-
rebbe assalita contemporaneamente per terra e per mare.
Ciò non ostante il generale francese ridonò generosa-
mente alla fregata l'ufficiale inglese, che potea essere
ritenuto prigioniero in Zara sino a guerra finita.
Lo stesso giorno 26 arrivò sotto Zara un brigan-
tino inglese, che intraprese delle quotidiane corse lungo
il nostro canale, onde impedire, aiutato nel suo ufficio
da varie barcacce, che alcuna cosa pervenisse alla città
dalla parte di mare. Ma tale misura di rigore era di
poca conseguenza per la città, giacche il suo territorio
continentale era ancora libero, e perciò il concorso dei
villici era come per lo passato assai numeroso. Anzi
lo comparsa di quei legni da guerra fece sì che il go-
verno a mezzo dei gendarmi ricoverasse in città dai
villaggi vicini buona copia di vettovaglie, a pubblico
e privato sostegno.
La domenica del 31 ottobre incominciò a tuonare
il cannone. Di buon mattino due barcacce inglesi ave-
vano fatto preda di un bastimento carico di vino, che
diretto per Zara erasi trovato nel nostro canale, donde
non avea potuto fuggire per mancanza di vento. I fran-
cesi, supponendo che quel legno venisse da Ancona e
portasse perciò qualche novella sugli affari di Germa-
nia ed Italia, pensarono di riprenderlo al nemico. Mentre
le due barcacce passavano dinanzi la piazza, condu-
cendo a rimorchio il naviglio predato verso la fregata,
che era ancorata circa quattro miglia lontano dai nostri
bastioni di destra, ecco improvvisamente uscire dal nostro
porto nove pénicJies e tre cannoniere e dare la caccia
alle barcacce inglesi. Il mare in perfetta bonaccia age-
volava il cammino alle péniches, che a voga arrancata
si trovarono ben presto a portata degl' inglesi, che
incominciarono a salutare con qualche sparo. Le can-
noniere le seguivano da lungi, stando ad osservare i
movimenti della fregata. I bastioni, i terrazzi, i tetti
delle case erano gremiti di popolo, curioso di vedere
la fine di quella lotta. Ben presto alte grida e prolun-
gati applausi celebrarono la vittoria dei soldati francesi.
Infatti le barcacce nemiche, vista la mala parata, la-
sciarono il naviglio mercantile e corsero a rifugiarsi
sotto i cannoni della fregata. E sarebbero state an-
ch'esse catturate dalle péniches, se la fregata inglese
mossa lentamente da quattro batelli rimorchiatori, non
si fosse avanzata verso la città. Allora, a difendersi
dalle batterie del maggiore naviglio nemico, dovette la
flottiglia francese ridursi nel nostro porto sotto la pro-
tezione dei nostri cannoni. In tale fazione nessun uomo
fu perduto. Ma d'allora in poi gl'inglesi, a dominare
meglio i bastioni e le navi della città assediata, s'ap-
postarono dinanzi alla rada di Calle, dirimpetto cioè
al bastione S. Maria, atterrato pochi anni fa ed am-
pliato poi nella nuova riva Francesco Giuseppe.
Al primo di novembre fu confermata la voce che
gli austriaci si avvicinassero dalia parte di terra e che
i loro avamposti fossero già arrivati alla borgata di
Bencovaz; furono allora prese alcune disposizioni per
1' ordine interno. E siccome già alcuni speculatoli poco
coscienziosi incominciavano a taglieggiare i compratori
con prezzi esorbitanti, così il cav. Andrea Borelli conte
di Vrana, podestà allora di Zara, fece pubblicare nna
tariffa, che stabiliva il maximum nelle singole vendite
dei comestibili. Il giorno dopo si seppe che gli austriaci
erano giunti a Zemonico e verso sera dai nostri bastioni
di levante furone avvisati i loro avamposti sulle alture
di Babindub, tre miglia cioè lontano dalla città.
La condizione poi della piazza si faceva sempre
più seria, perchè il sospetto che si nutriva sulla poca
devozione del corpo croato, era divenuto certezza. A
tre capitani di quella truppa erano state intercettate
delle lettere, dirette al campo nemico, dalle quali risul-
tava che al primo assalto dell'esercito assediatore i
croati di guarnigione si sarebbero ribellati, avrebbero
inchiodati i cannoni ed aperte le porte ai loro fratelli.
Secondo la legge militare quei capitani avrebbero do-
vuto perdere la vita-, ma per ordine del bar. Roize,
comandante generale, fu loro tramutato l'estremo sup-
plizio nel bando, e nella notte del due novembre furono
mandati fuori di città. Era ciò avvenuto per bontà o
)
ANNO III. ZARA, 5 MAGGIO 1880. N.° 2-3.
PALESTRA
PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
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„ la Monarchia . . „ 4:50
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mese prima s'intendono rinnovate.
Esce due volte al mese.
jS. PERRAF^l- CuFILLI
bibliotecario della comunale
"Paravia,,
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— Delle opere donate alla Direzione verrà
fatto cenno speciale.
SOMMARIO. — Storia del blocco di Zara ecc. (V. BRUNELLI). —
Stojano Janković - Poemetto serbo (G. NIKOLIĆ). — I Rivali -
Novella (ELDA GIANELII). — Dal „Libro dei sogni" - Poesia
(M. SABIĆ). — Del realismo in arte (L. BENEVENIA). — La
nutrizione (C. R.) — Ricordi - Due sonetti (L. BENEVENIA).
— Sport (-Ć.) — Cose nostre. — Notizie e spigolature. —
Indovinello. — Piccola posta. — Errata-Corrige.
STORIA DEL BLOCCO DI ZARA
sostenuto nell'anno 1813 dal venticinque ottobre all'otto
decembre. • • • *.:?
(Continuazione).
-nasprito il generale austriaco da questo ingiusto e
superbo procedere, accelerò i suoi movimenti contro
<| la piazza. Erano le otto di sera del quattro novem-
) bre, quando s'intese improvvisamente rombare il
cannone e per le strade un rullio di tamburi, che bat-
tevano l'allarme. Il tempo era oscuro e pioviginoso —
la città tutta immersa nelle tenebre, giacché il muni-
cipio d'allora non provvedeva alla pubblica illumina-
zione. Pure al fioco lume di poche lanterne, che furono
esposte dalle case più ragguardevoli, soldati e cittadini
corrono tutti alle armi. Le truppe regolari e la guardia
nazionale montano ai bastioni, le compagnie di sicu-
rezza si dividono in pattuglie, a mantenere l'ordine in-
terno. Si temeva un attacco in piena regola, giacché la
fregata inglese il giorno innanzi era passata a sinistra
della nostra città, e secondo quello che si andava vo-
ciferando, aveva sbarcato della grossa artiglieria a borgo
Erizzo (Albanesi), con cui battere i nostri forti anche
da levante e da mezzogiorno, e rendere possibili gli
approcci dalla parte di terraferma.
La cosa però non era tanto seria,, quanto da prin-
cipio si credeva. Una mano di gente ardita erasi avan-
zata col favor delle tenebre sotto alle mura del Forte
dalla parte del porto, per cogliere a colpi di fucile
qualche sentinella e sorprendere, se fosse stato possi-
bile, il corpo avanzato del rivellino. Alle fucilate fu
risposto dalla fortezza cogli obici; e gli assalitori pre-
sero tosto la fuga verso il borgo testé nominato, dove
la piazza seguitò a dirigere i suoi colpi tutta la notte
e tutto il giorno seguente, per rovinare le case, che al
nemico avrebbero potuto servire di rifugio. Nel servi-
gio delle nostre batterie si distinsero in quell' occasione
i croati, i quali per mancanza d'artiglieri già da qualche
mese erano stati ammaestrati nel maneggio del can-
none. Per cui il generale francese, in prova del suo
gradimento, fece loro distribuire doppia razione di viveri.
All' albeggiare poi del giorno cinque fu osservato il
brigantino dirigersi verso maestro, e si sospettò che
fosse andato a sollecitare dei rinforzi.
Le scariche dei nostri forti contro borgo Erizzo
continuarono per tutta la notte del cinque, il giorno sei
ed il sette novembre. Pareva che ivi gì' inglesi eriges-
sero dei fortini e volessero piantare i loro cannoni. Ma
ad onta dei colpi della città i lavori sempre progredi-
vano, specialmente di notte. Per cui il generale fran-
cese voleva con una notturna sortita ottenere qualche
vantaggio sopra i nemici. Ma Gibert, capo del batta-
glione italiano, s'oppose a tale disegno, facendo osser-
vare che i suoi soldati erano per una buona metà mal-
contenti, e che quindi non potevano essere occupati in
simile impresa senza timore di perderli o in un modo
o nell'altro. Ciò fece svanire l'idea di uscire ostilmente.
Nessuna novità ci fu fino alla sera dei sette. Im-
perversava furioso un temporale, quando verso le ore
nove molte scariche di rnoschetteria palesarono che al-
quanti nemici si erano nuovamente appiattati sotto le mura
del Forte e del rivellino ed appresso gli orti del pa-
lazzino Marsilio. Al bagliore dei lampi si credette
scorgere qualche barcaccia inglese, che cercava di prender
terra sotto alla Spianata. Vari colpi di cannone furono
diretti verso la Cittadella; ma le palle la sorpassarono
ed andarono a cadere in città. Una di quelle, caduta
alle Pile, poco mancò non cogliesse il podestà, il quale
ANNO III. ZARA, 22 MAGGIO 1880. N.° 4.
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realismo in arte (L. BENEVENIA). — Cose nostre. — Notizie
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Piccola posta. — Errata-Corrige.
STORIA DEL BLOCCO DI ZARA
sostenuto nell'anno 1813 dal venticinque ottobre all'otto
decembre.
(Continuazione).
al quattordici al diecisette novembre non ci fu al-
cuna novità, Solo di notte la quiete fu sturbata di
quando in quando da qualche inezz' ora di can-
nonamento da parte degli assediatori, a cui rispon-
devano tosto le batterie della fortezza, le quali esegui-
vano qualche scarica anche di giorno, per rovinare i
lavori del nemico, che ora si vedevano abbandonati ed
ora alacremente ripresi.
Il giorno diecisette poi s'ebbe ragionevole motivo
di malcontento verso il governo francese. L'intendente
della provincia, Rouger de la Bergerie, non avendo
potuto persuadere il podestà ad intimare un prestito
pubblico, ne giovando lè giuste dimostranze di quel
benemerito rappresentante della nostra cittadinanza ad
impedire tanta rovina, chiamò a sessione i principali
nostri mercanti e possidenti invitandoli ad anticipare
al governo 4000 zecchini, di cui si aveva urgente bi-
sogno. L'estrema miseria, in cui il paese era caduto
sotto il governo militare francese, rese arditi quei nostri
concittadini, i quali non solo si rifiutarono a qualsiasi
prestito, ma osservarono ancora che durante lo stato
d'assedio del 1809 aveano già varie volte anticipato
delle somme non indifferenti, senza che fossero stati
poi risarciti. Possedevano essi delle carte di credito:
ma quando e come il governo avrebbe pagato alla sola
città di Zara più di 100,000 zecchini, che gli erano
stati prestati? Il blocco continentale, la guerra del 1809
e la presenza degl' inglesi nell' Adriatico aveano rovinato
completamente ogni commercio ed ogni prosperità; per
cui, se anche avessero voluto mostrarsi generosi in
quell' estremo frangente, non avrebbero potuto nulla
offrire per i bisogni dello stato.
Si dovette allora pensare ad altro rimedio. Pos-
sedeva il governo un grosso deposito di ori e d'argenti,
che legalmente od illegalmente era passato da tante
chiese e tanti conventi soppressi in mano dei francesi.
Il tutto fu ridotto in verghe, parte delle quali furono
trafugate dopo la resa della città, e parte ridotte a
pezzi monetati, la cui circolazione fu autenticata da
relativo proclama. Queste monete ossidionali erano di
tre specie, di una, di due e di quattro once d'argento.
Furono lavorate nella cucina del palazzo governiale.
I pezzi venivano colati in apposite forme di terra,
quindi puliti, e poscia improntati con un conio, che con
bastante maestria era stato inciso da un orefice ebreo.
Tre maestri d'arte, cioè Bortolotti Simetto, Fasolo Mi-
chele e Picchi Sebastiano garantivano il titolo del me-
tallo, e perciò improntavano le loro iniziali sull'orlo
di tutti i pezzi. In tale incontro vennero coniate G4 mille
once d'argento. Il pezzo da un' oncia di forma circolare
ha nel diritto a rilievo entro un quadrato Zara —
1813, scritti parallelamente ; nel mezzo un'aquila colla
testa coronata e coi fulmini tra gli artigli. Nel rovescio
porta un quadrato diviso in due rettangoli: nel supe-
riore 1. o. = ini1 oncia, nell'inferiore 4 F. 60. C. =
quattro franchi, 60 centesimi. Nell'orlo SB - MF - SP,
iniziali dei maestri d'arte sunnominati. E di tale forma
sono i pezzi di due e di quattro once : solo che il primo
ha nel rovescio 2. O. = due once, 9 F. 20 C. =
nove franchi, 20 centesimi; ed il secondo 4. O. == quattro
once, 18 F. 40 C. dieciotto franchi, quaranta centesimi.
Ma le strettezze dell'assedio ogni giorno più sì
facevano sentire. La carezza dei viveri, il frequente
cannonamento, e l'imminente pericolo d'un assalto da