fatto pel suo interno benessere, e che i sagrifìcii
i quali oggidì si chiedono per lui, anziché im dono,
ima elemosina, sono il prezzo dell'espiazione, il
saldo di un debito antico. „ Ella ricorda che il
maggior guadagno che farebbe il governo nel sod-
disfare ai bisogni della Dalmazia starebbe nell'ac-
quistarsene un più fermo e deciso attaccamento :
starebbe nel racquistare quella fiducia, eh' è
il solo mezzo efficace di restaurare le finanze e
senza la quale non è nò stabilità, nè tranquillità,
nè durata, lo dissi, quindici giorni prima al co-
spetto dei ministri in parlamento, "che tra i van-
taggi politici, i quali io mi ripromettevo dalla mi-
sura da me propugnata collocavo per primo il con-
tentamento della popolazione, che da lungo aspetta
tempi migliori,,, aggiungendo "che la tolleranza
e la buona fede sono sentimenti ottimisti i quali
hanno i loro naturah confini, e che d'altra stoffa
deve consistere il cemento jl quale leghi le sin-
gole parti della monarchia con essa; che questo
cemento deve consistere nei vantaggi reali che le
singole Provincie hanno diritto di attendere dal
loro nesso coli'impero, e nella fiducia che riposa
sui fatti,,.
Anche sulla eterogeneità delle varie provincie,
di cui questo impero si compone, e sulla neces-
sità politica di tener conto delle loro speciali bi-
sogna e delle particolari loro condizioni, ia avevo
già al 31 luglio richiamata l'attenzione della Ca-
mera. E così credo avermi diritto dì rivendicare
per me almeno una qualche parte di quel merito,
eh' io tributo a Lei in piena estensione ; parlo
dell' energia e della franca parola.
La conformità dei concetti, e molte volte delle
espressioni, tra i miei discorsi e 1' articolo della
Voce giustifica la mia pretensione.
— "Ma Ella avrebbe desiderata la mia pro-
posta megho precisa o 1' avrebbe voluta tralasciata
affatto riserbandola a miglior occasione. „ —• Q.iiando
le avessi solamente detto che la mia proposta
conteneva tittlo e quanto io per ora desidero nel-
l'argomento, io avrei, credo, detto quanto basta
per respingere 1' accusa d'imprecisione. Ma io ag-
giungerò in poche parole perchè io desiderassi
tanto e non più, ed anticiperò così la risposta ad
altre supposizioni ed accuse. Da molto tempo, da
anni ed anni, sin dalla mia infanzia ho inteso
dire e ripetere che la Dalmazia abbisogni di un
portofrancoj e che le condizioni di Spalato la di-
cano d'incontestabile preferenza chiamata ad a-
spirarvi. So che qualche anno addietro lo stesso
Municipio di Zara non esitò a farsi propugnatore
di codesta aspirazione. Non è che da un anno o
poco più, forse in seguito all' esempio dell' Istria,
che sorse l'idea della franchigia daziaria estesa a
tutta la nostra provincia. E mentre la prima idea
non avea trovato ragionevole opposizione, la se-
conda diede motivo a serie dubbiezze. Si temette
che il governo esigesse gravoso compenso ai dazi
mancati ; si temette che tale compenso tornasse
più, dannoso alla provincia che non sieno grandi
i vantaggi aspettati dalla franchigia ; si reputò
poi fatalissima, specialmente per la classe dei pos-
sidenti, dei producenti, la prestazione di quel com-
penso, cui allude la Giunta dalmata nella relativa
sua memoria, e che si compendia nella rinunzia
al favore di cui godono i principah prodotti dal-
mati, il vino p. e. e r olio, nel territorio doga-
nale generale austriaco, pagando mezzo dazio in
confronto ai prodotti colà importati dagli estranei,
che lo pagano intero. Intelligenti, rispettabili per-
sone dalmate, e non di sola Spalato, mi esterna-
rono le loro gravissime apprensioni in proposito
=e dichiararono una calamità se a questo prezzo si
fosse per ottenere la franchigia. Lessi e studiai
la memoria della Giunta, la quale nelle parole
che accompagnano il suo progetto chiamò essa
medesima "l'argomento di tanta importanza per
ie sorti del paese, e tanto difficih d' altronde e
(Controversi i giudizii nelle materie economiche,
che ben ardito sarebbe colui che presumesse di
travedere tutte le conseguenze di una sì radicale
riforma,,. Lessi, dico, e studiai quella memoria;
ma devo con ogni rispetto confessare sinceramente,
èlle le ragioni ivi addotte non bastarono a per-
suadermi della prevalenza de' vantaggi derivabili
dalla franchigia generale, in confronto ai danni chiamato a proposta definitivamente nella tornata
certi racchiusi nella rìnunzia offerta in compenso
allo Stato. Ecco perchè io rinunziai e rinunzio
ben volentieri al merito eh' Élla attribuisce al de-
putato Gliubissa di presentaEre la proposta come
un desiderio positivo nato in seguito a questione
esaminata e conosciuta, anziché come un invito
ad esaminarla e studiarla,,, e vi rinunzierei anclie
quando questo desiderio positivo si fosse portato
od avesse potuto portarsi a conchiuso.
— "Ma perchè non tralasciare allora la pro-
posta e riserbarla a tempo migliore ? quale van-
taggio n' è derivato „ ? — Prima di rispondere mi
si permetta di chiedere: quale pregiudizio è de-
rivato alla questione dalla mia proposta e dalla
deliberazione che le tenne dietro? La proposta
fu accolta ; il ministero fu eccitato a prendere m
esame il quesito alternativo e di produrre nella
prossima sessione alla Camera le relative propo-
sizioni di legge. Preclude codesto conchiuso la via
a quei passi che la Voce reputa opportuni prima
della deliberazione definitiva ? 0 non è dato piut-
tosto per esso l'impulso al paese, al giornalismo,
agli interessati di occuparsene? Non è tolta per
esso al ministero la possibihtà di mandare la cosa
alle calende greche ? Il conchiuso della Camera
riconosce solennemente la necessità di prendere
qualche misura decisiva a vantaggio della Dal-
mazia ; riconosce che la franchigia daziaria gene-
rale, 0 un portofranco almeno, possono costituire
una tale benefica misura, ed eccita il ministero a
farsene iniziatore. Io confesso di non comprendere
come possa chiamarsi „ sconfortante e malaugurata
la tornata 31 luglio per la deliberazione che vi
fu presa, vuoi per la nuova perdita di una altra
speranza di bene per il paese nostro, vuoi per
la previsione funesta dell' ultima definitiva e im-
mutabile risoluzione ministeriale in proposito,, ; non
posso comprendere ove si riscontri la perdita della
speranza, su che si appoggi la funesta previsione.
La Camera vuole studiato il quesito, vuole occu-
parsene nella prossima sessione; il ministro pro-
mette studiarlo, non decliiìa V obbligo di produrre
il risultato dei suoi studi! nella prossima sessione;
dove la perdita? d'onde la previsione ?
— "Non era però meglio attendere la dehbe-
razione della Dieta dalmata per portarne la pro-
posta a dirittura come legge alla sanzione so-
vrana ?„ ~ Qui è sfuggito senza dubbio alla
Voce che la misura in discorso, siccome misura e-
miuentemente finanziaria e commerciale, è sottratta
alla competenza delle diete provinciali, anche al-
l' ungherese e croata ; die la decisione n' è riser-
vata per lo Statuto al Consiglio dell' impero, e che
alle diete in questa materia è consentito sola-
mente (§. 19 dello Stat. prov.) di dare pareri e
fare proposte al governo, il quale non può, in caso
di loro approvazione, far altro che assoggettarle
come proprie proposte di legge al competente Con-
sigho dell' impero. In queste materie le diete, an-
ziché fattori legislativi, sono corpi consulenti, senza
dubbio di grande influenza; ma le di cui delibe-
razioni non possono "portarsi a dirittura come
legge alla sanzione sovrana.,, Ora, stante il con-
chiuso della Camera de' deputati, quanto favore-
vole occasione alla Dieta dalmata di far uso del
diritto accordatole dal §. 19 dello Statuto nella
prossima sessione che deve precedere le relative
discussioni delle Camere innanzi alle quali il mi-
nistro dovrà produrre i risultati delle pertratta-
zioni sull' argomento ! quanto favorevole occasione
al giornalismo dalmate ed agli intelligenti del
paese "di preparare quel corredo di nozioni, di
argomenti e di dimostrazioni sicuramente convin-
centi nè facilmente vincibih!,, quanto favorevole
occasione alle Comuni e alle Camére di commer-
cio "di esternare palesemente e solennemente il
loro voto appoggiato dagh studii speciali econo-
mici e statistici e topografici,,, specialmente a quelle
Comuni e Camere di commercio il cui desiderio
fosse già addosso maturato "in seguito a que-
stione esaminata e conosciuta!,, quale tesoro di
materiah pei rappresentanti dalmati al Consigho
dell'impero quando nella prossima sessione verrà
discusso il quesito ! — È perciò, per la suprema
importanza della niisuraj ch'io non mi credetti
31 luglio; è così ch'io evitai il pericola "ch'essa
venisse subitamente e irrovocabilmoiito respinta; „
è perciò cb'io formulai la mia proposta iu modo
che favorevole ne sortisse il risultato, il quale
prepara ed avvicina 1' occasione opportuna ^di
porne in campo lo scioglimento definitivo nel tempo
e nel modo in cui appaia una grande probabilità
di buon esito „ e con quelle modalità che lo ren-
dano veramente utile ai nostro paese e ne cou-
ciliino tutti gì' interessi. La mia proposta - io credo
poterlo asserire senza peccato d'immodestia - non
fu monca ed imprecisa, come piacque di qualifi-
carla alla Voce ; la sua motivazione non mancò di
energia ; essa corrispose appieno alle cosdenziose
mie convinzioni; non pregiudicò alle future deh-
berazioni della nostra Dieta, comunque esse sieno
per essere ; anticipò anzi alle medesime un vah-
dissinio appoggio morale ; e fu coronata dall'esito.
Queste osservazioni mostrano in pari tempo la
infondatezza del supposito, che la mia proposta,
anziché dall'interesse pella intera provincia, fosse
dettata da spirito municipale. L'alternativa era
troppo chiara, perchè potesse venirne franteso il
tenore da chi intende la lingua in cui fu detto o
tradotto il mio discorso. Altra fu là condizione
del deputato Gliubissa, che della mia parlata in
idioma a lui ignoto comprese forse la sola parola
Spalato, accennata come esempio nella mia moti-
vazione e non nella proposta, e credette combat-
tere il supposto tenore di quest' ultima con ciò
che Spalato, meno misera delle altre città sorelle,
ancora non offra, come queste, l'aspetto di rovine
di Pompei o di catacombe egiziane. Io non ebbi
per verità la ventura di vedere cogli occhi miei
quei venerandi avaiizi di passate grandezze, ma,
per quanto ne lessi, ho motivo di dubitare che le
sorelle di Spalato, e Zara specialmente, sieno cadute
sì basso. Ragusa forse sola, questa città per tanti
titoh rispettabile e rispettata, può per qualche
guisa in qualche p,arte ricordare le accennate ro-
vine nelle memorie fatali lasciatele dai monte-
nerini e russi nel 1806. Ma se così pur fosse;
se Zara, Sebenico, Cattare etc. fossero infatti niente
megho che catacombe - ed iu questo caso non
chiederò nemmeno come poteva sostenersi che non
la cedano d'importanza a Spalato - sarebbe, do-
mando io, ragione sufficiente, quando circostanze
invincibili od interessi provimiali per avventura non
consentissero la franchigia daziaria generale, di nie^
gare il portofranco a Spalato, solo perchè non
offre r aspetto di rovina di Pompei o di cata-
comba egiziana? Non credo che la Voce, facendo
plauso al nostro avversario politico, s'ella esamini
da vicino 1' argomento senza il prisma municipale,
sottoscriverebbe a siffatta teoria. Non credo che
sinceramente e ragionevolmente possa tacciarsi me
di municipalismo perchè dichiaro apertamente di
rifiutarla. Io amo Spalato con tutta l'effusione del-
l' anima e non posso obliare gli affettuosi rap-
porti che mi legano ad essa e al suo circolo. À
Spalato mi legano le memorie dei miei primi studii
ed indimenticabih prove di simpatia ; Sign queltó
gentile borgata stretta a Spalato, più che per
prossimità di sito, per intimità d'interessi ed a-
spirazioni, io mi pregio poter chiamare il mio luogo
natio ; à Traù e Lesina videro rispettivamente la
prima volta la luce mio padre e mia madre; a
tutto il circolo io debbo il supremo onore del cit-
tadino, col dovere il diritto di mppresentare la
patria. Ma non perciò io ho mai dimenticati i
doveri che m'impone la mia quahtà di deputato
dahnato al Consiglio dell'impero e non ho offerto
mai motivo a chi si sia di accusarmi di rea pre-
ferenza. Che però alio scopo di sottrarmi a ca-
pricciosa taccia di municipalismo io debba contra-
stare a Spalato un benefizio, cui le circostanze e
le condizioni speciahssime la chiamano, ed il quale
alla fin fine ridonderebbe a vantàggio della intera
provincia, solo perchè Zara o Cattaro non potes-
sero per avventura contemporaneamente fruirne,
non parmi giusto o ragionevole. Secondare tale
esigenza sarebbe a mio modo di vedere, nonché
debolezza, delitto. A questo prezzo non intendo
purgarmi dall' accusa di municipahsmo.
E così ho finito. Non mi resta che fare ap-
S^iSl'a 30 Agosto Aimo
Prezzo d'associaziosie in valuta austriaca por
Zara: per un anno fiorini 8; per spì inRsi fiorini 4;
prr tre mesi fiorini 3. Pei riuiaiientf; delia Provincia
e fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
tioltli 50; per tre mesi fiorini 2:2ò. Per 1' estero, e
pel Lombardo A^eneto gli stessi prezzi in argento, fran-
clii del porto-posta.
Giornale polUico-lefterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
Siamo pregati ci' inserire la seguente relazione :
Il 26 agosto corr. presentatosi il corpo nobile
di questa città ad ossequiare rill.mo Mon. Arci-
vesco Maupas, il sig. Giovanni conte de l'anfogna,
qual interprete dei sentimenti degl'individui com-
ponenti tale corpo, ebbe ad esprimersi, per quanto
può sovvenirsi chi fu presente, come segue:
""Monsignore lllusirissimo e Reverendissimo !
Il corpo nobile volle eleggermi a presentarlo,
onde manifestare il suo giubilo e la sua esultanza
pel possesso preso da V. S. I. li. del seggio ar-
civescovile, e testimoniarle, ad un tempo, la piiì
sentita stima, e la particolare sua devozione.
Nel méntre ci riputiamo ben felici di esercitare
un tale atto di dovere, ci gode l'animo, e ci fa
inorgoglire il riflesso di poter, dopo il decorso
di anni 46, riverire ed ossequiare in V. S. Ill.ma
un distintissimo Dalmata, qual nostro Metropolita
e Pastore, adorno di esimie doti di mente e di cuore.
Si assicuri, Ill.mo Monsignor Arcivescovo, die
tale atto racchiude quel bello e dignitoso, e soprat-
tutto quel sentimento, che deriva da cuori tanto
nobili, come sono quelli di veri, leali e distinti Dalmati.
Nella sapientissima sua Omelia volle generosa-
mente promettere di dare, laddove occorresse, pel
bene nostro spirituale anche la propria vita, e noi
da grati, riconoscenti e rispettosi figli, non man-
cheremo all' occasione di assoggettarci con alacrità
d'animo a qualunque sacrifizio fosse per rendersi
neccessario.„
Monsignor Illustrissimo con quella dolcezza ed
affabilità sua propria, nel manifestare i suoi rin-
graziamenti, dichiarò ch'egli ebbe maisempre ad
apprezzare e stimare la nobiltà di Zara pel suo
plausibile contegno, avendo essa in ogni tempo
recato lustro e decoro alla patria.
de FELICINOVICH.
Abolizione dei fedecomessi nel cir-
colo di Ragusa.
I-
Nel giornale La Voce Dalmatica ho letto il de-
siderio della Giunta di proporre alla Dieta 1' a-
bolizione dei fedecomessi esistenti nel circolo di
Ragusa, e nel proposito nello stesso giornale ho
letti i pareri dei chiarissimi avvocati di questo
foro Antonio cav. Casnacich e Giovanni Battista
liadmiUi. Tutti due appoggiano il voto della Giunta,
e il secondo va tanto oltre, da negare i diritti già
acquisiti dai cliiamati nati. Non mi pronunzierò sulle
intenzioni di chichesia; dirò che voler trinciare sulla
quistione come si fa da quei due è per lo meno
l)ericoloso assai, e domando :
1. Listituzione fedecomessaria è compatibile colla
costituzione dell'attuale società?
2. Ammesso che detta istituzione sia un male,
senza parere ingiusti, è egh permesso di abolirla
di punto in bianco?
3. La miseria che affligge questo circolo deve
causa alla conservazione dei fedecomessi?
Potrei di più domandare, ma mi astengo per
non parer lungo.
Non dirò novità asserendo che i fedecomessi di
Ragusa parificati dal governo austriaco col decreto
di data 15 settembre 1818 agU esistenti nelle
altre provincie della corona, sono regolati da una
legge speciale, e che il giudizio da portarsi sui me-
desimi deve essere diverso secondo la diversità delle
costituzioni dello stato, e a seconda ancora dei di-
versi variabili rapporti in cui esso si attrova nella
varietà dei tempi.
Se potenti ragioni avversano l'istituzione, liav-
vene di quelle che, se non la impongono e consi-
gliano, la difendono almeno. Le tocco di volo.
Le leggi tutte proclamano la libertà nel pro-
prietario di disporre a talento del suo, il fondatore
di un fedecomesso non fa che mettere in atto que-
sto riconosciuto diritto. Nè a cio fare appoggiasi
egli solamente a questa potentissima delle ragioni,
ma altra lo consigHa ancora, ed è la ragione di
stato, essendo chè ripromettesi sempre più stretto
il legame tra lo stato ed i suoi successori, i quali,
ove venissero a mancare dei necessari mezzi, non
tarderebbero a degenerare, dimentichi delle gene-
rose gesta degli avi. Il sentimento del decoro av-
venire della propria famigha e dello stato, e l'i-
dea che il credito pubblico sia sorretto da quello
volonteroso del privato animano' senz' altro l'isti-
tutore del fedecomisso.
Non senza ragione si oppone, che giusta'! prin-
cipii naturah del diritto, la hbertà del disporre
non devesi intendere estesa fino a permettere o-
diose distinzioni e tah da causare ingiustizie, e
r ingiustizia s'incarna nel!' atto di voler beneficati
alcuni non altrimenti favoriti che dall'accidente di
essere venuti prima al mondo, lasciando languire
altri nella più avviliente miseria. Si oppone an-
cora, che talvolta i successori, dimentichi dell'in-
tenzione del fondatore, sonnecchiano sopra i suoi
allori, e invece d'impiegare gli ammassati tesori
dagli avi in vantaggio delle altre classi del po-
polo, si piacciono a calpestarle indecorosamente;
si oppone infine che il fedecomesso toglie molti
beni al commercio,, all' industria, alla circolazione.
Tracciate le ragioni che favoriscono e che av-
versano r istituzione dei fedecomessi, sorge natu-
ralmente la domanda, se la sia compatibile colle
costituzioni e progresso delle moderne società. Se
non vogha pronunciarmi, è mestieri confessi non
avere mai per anco toccato quanto vorrebbesi per
decretarne la definita abolizione. E perchè volen-
domi spiegare sarei forse tratto ove non vogho,
e perchè lo stimo superfluo nella questione che
mi occupa, ci,passo sopra senz'altro.
E
Ck)ntinuando nell'assunto, ammetto pure coll'av-
vo: Radmilh che il fedecomesso sia un male, e come
tale reclami un intero, assoluto, sollecito rimedio.
Ognuno converrà meco die il rimedio, perchè sia
accettabile e proficuo, non deve essere tale da
portare mah .più gravi di quelli che si vorrebbero
tolti. Ho fatto vedere che l'istituzione fedecomes-
saria è sorgente a, .mah non pochi, ma a guarirh
non è permesso usare ingiustizia, e questa sor-
gerebbe in tutta la schifosa sua nudità, ove la si
volesse,,-come propone l'avvo: Radmilli, abolire di
punto in bianco. La ragione è così semplice e on-
nipotente che basta, accennaria. I nati, sieno primi,
secondi, terzi ecc : chiamati al possesso eh un fe-
decomesso, hanno, un diritto già acquisito, il quale
basato sopra la volontà di chi poteva disporre
liberamente del suo, è per sopra mercato guaren-
tito daha legge. Senza spogliare adunque tanti chia-
mati dell' accennato diritto acquisito, non si otter-
rebbe il divisato intendimento. Eccoci adunque,
stando al consigho dell'avvo: Radmilli, nel caso
di dovere usare la forza, la violenza, 1'ingiusti-
I g:riippi e le comiMÌ.>^?ioni, franclii delle spose
postali, si clirig'ono in Zar;: a \ iiicenzo Uuplancioli lU-
daliore della ViićO l'allliatit';!. e e,li ivljbnonanienti, al
lu'iozii librari! Jei .si^ntiii fratelli BaSiara o l'ietru
Aljelich. Gli avvisi <!i h linee costansj 1 iìoriuo, e ogni
linea di più soldi G. i^a tassa tii iiiianza resta a eai'ieo
del committente. Un iKinsero sej)ara(o costa soldi IO.
zia, per arrivare a un bene. Io penso che mal si
appoggia chi procede di questa guisa, e che il furto
non cessa di essere tale per buona ne sia l'inten-
zione di chi lo commette e l'impiego di quanta
toglie.
Non è mia intenzione di pronunciarmi sulla giu-
stizia dei decreti S. Cloud 180G e Anversa 1811
e dellailegge austriaca 7 luglio 1817, nò d'inda-
gare le ragioni pelle quali furono dettati, osser-
vando di volo che il tagho cesareo non a tutti è
dato di operare. Nota l'avv : Radmilli, che apph-
candosi dai tribunah la legge 7 lugho, 1817 si
venne a sentenziare primo cliiamato un convento
di frati, il quale, sono sue parole, era stato so-
stituito pel caso di estinzione della famiglia a cui
favore era stato fondato il fedecomesso.
Confesso di non comprendere perchè sì fatta im-
beccata, estranea affatto alla tesi della Giunta dal-
mata, venne dall' illustre avvocato lanciata ai tri-
bunali, ma credo non esista persona che vorrà giu-
dicare più ingiusto e inumano 1' atto del tribu-
nale, del consigho espresso così risolutamente dal-
l'illustre avvocato, il qual consiglio, ove venisse
accettato, trascinerebbe sul lastrico la maggior parte
di quelle famighe, alle quah Ragusa deve il suo glo-
rioso passato e la rinomanza che di coltissima gode
al presente.
E qui mi viene in acconcio l'autorità di Nicolò
Tommaseo il quale nella Via Facti al cap. XV,
quantunque riconosca che la moltitudine degli uo-
mini addetti agh uffizi pubblici non faccia la ri-
chezza degli stati o la contentezza o la dignità,
pure esclama : Or non è nè umano nè giusto, a
uomini che sotto la guarentigia, della fede pub-
blica dedicarono a una professione la vita, e spe-
sero per questo gran parte dell'avere fraterno, e
per questo abbandonarono h cura dei propri po-
deri onde avrebbero tratto con proprio decoro e
comune utilità il campamento, non è nè umano
nè giusto il togliere ad essi e ai loro figliuoU quel
pane compero a caro prezzo, e abbandonarli sul
lastrico; come chi all'artigiano togliesse improvi-
samente gli arnesi del suo mestiere dicendo: va,
e vivi se puoi.
Viva la giustizia ! Non credo dover aggiungere
parole al dettato di Nicolò Tommaseo, convinto
che ognuno troverà che fra i diritti della casta
protetta dal letterato e quelli che vantano i cit-
tadini di Ragusa ci corre.
Nessuno credo non maledice alla tratta dei ne-
gri ; contro questo odioso mercato di esseri ra-
gionevoh equiparati ai bruti mille cuori generosi
imprecarono; eppure il governo della republicaA-
mericana non osa abolirlo.
Non ultima dehe ragioni stimo quella che l'aboli-
zione varrebbe a ledere diritti di già acquisiti. Nò mi
si dica che abbia forviato ;in ciò dettando non ebbi
in mira che di far toccare con mano che incerte
piaghe non è sempre buon consiglio di mettere
violentemente la mano. Ma non è Uitto. Erra l'il-
lustre avvocato asserendo che i chiamati non ab-
biano che solo la speranza. Nel fedecomesso, sia
che trattisi di membri di una famiglia o di altre,
i chiamati ne giungono al possesso uno dopo l'al-
tro, e se il godimento spetta a un solo, agh altri
compete un diritto fondato ed irrevocabile alla
successione nell' intero fedecomesso. Sotto questo ri-
guardo mentre ai chiamati spetta il dominio di-
retto, al possessore compete anche 1' utile proprietà.
Coir aboUzione quindi dei fedecomessi non una sem-
(Le iscrizioni tengono V ordine 4dlc date,)
I.
(ymOLAMO S^JSTTO
^ella CMesa Dottore massimo
«he gl'Istri e i Pannopi
?illa Dalmazia conteiidono
pia clie i Dalmati ognora
venerarono e venerano
gloria loro priiniera
e
primo loro celeste patrono,
K 340. M. 420,
n.
61OVAOT QUARTP
Caratino
Ponte^ce Sommo
dalle insidie dei Cesari
del cattolico dogma la purezza difese
ìieir invasioni barbariche della Dalmazia
coi tesori profusi
nazionali moltissimi dal servaggio redense
e d| Santi ]e spoglie ad empie mani sottratte
jn Laterano depose
4'apostolico ^ patrio zelo n^onmnento immortale,
A. 640-642,
in.
SIMEONE BEGNA
Zaratino
di Modrussa Pastore
letteratissimo solertissimo
del quinto Concilio di Laterano
per valore d'eloquio e virtù d'opere
luminare cospicuo
del clero illirico e della patria
per gli eruditi studii suoi
benemerito,
M. 1536.
IV.
ANTONIO VEEAN^IO
da Selenico
Arcivescovo di Strigonia
|»er scienza politica e letteraria prestanza
mercatosi
l'affetto dei principi la stinga dei saggi
fu
Viceré d'Ungheria
Cardinale proposto di Santa Chiesa
Ingegno illustre del tempo suo,
K 1504. M. 1573.
V.
SISTO QUINTO
per altezza e splendore d'opere
tra i Pontefici Massimi un dei piii grandi
alla Chiesa Illirica in Roma
venustà di forma e tìtolo di CoUegiatì^
donando
€ con affetto gl'Illirici riguardando
si fe dal mondo conoscere
di su^ Dalmata stirpe non obblioso,
1521, M. 1590,
VI.
MAEOANTONIO DOMINIS
d'Arbe
Gesuita Arcivescovo Apostata
^'ingegno potente di cuore incostante
con opere
^ tìsica di storia di controversia
fama illustre acquistava
l'^cizia del Sarpi la stima del Newton
si meritava
d'onori Londra colmavalo
ardeva Roma il cadavere,
1560, M. 1625,
VK
VAI^EEIO PONTE
Zaratino
Arcidiacono ed Istoriografo
della sua Chiesa
dalla pubblica opinione stimato
di mitra degno
se all'esimia pietà e dottrina
e agli altri suoi nobilissimi pregi
non fossero andate pari
l'umiltà e ia modestia,
M. 1679,
vin.
OTTAVIO SPADER
Zaratino
vanto dell'istituto serafico
pel sapere cogli editi libri diffuso
e per le altre preclare doti
che l'innalzarono al Vescovato d'Arbe
d'onde a quello d'Assisi trasferte
a benemeritare anni molti
dell'Ordine suo del suo gregge e dei poveri
attese,
N, 1646. M. 1715.
IX.
GIOVANNI TANZLINGHER ZANOTTI
Zaratino
per cultura di buoni studi
per meriti e virtù sacerdotali
onorando
fu Canonico e Vicario
traduttore illirico di Virgilio
delle patrie antichità illustratore
d'ogni buona e pia opera
zelatore costante.
N, 1651. M. 1732.
X.
ViifCENZO ZMAJEVICH
da Perasto
nella sedia pontificale nostra
con l'esimia vigilanza e pietà
con le provvide largizioni
con la dotta è feconda penna
illustrò il llroprio nome
che
l'eretto lllinco Seminario
memorabile fece in perpetuo.
IBTTJ. TSE: T745.
dell'istituto domenicano ornamento
Professore a Siena ed a Pisa
Vescovo di Cittanova e di Lesina
per dottrina moltiplice sacra e profana
per iscritti pubblicati ed inediti
per sociali virtù e pastoraU meriti
segnalatissimo.
N. 1732. M. 1799.
XV.
SuitEONE STEATICO
Zaratino
Professore a Padova ed a Pavia
Senatore in Milano
per dotte opere
d'idraulica di fisica d'architettura
per illustri servigi
al bene pubblico ed alla scienza
riverito dai saggi dai monarchi onorato
in Italia e fuori celebratissimo.
N. 1733. M. 1824.
XL
MATTECX CABAMAN
Borghigiano di Spalato
Arcivescovo di Zara
uomo dotto
degl' ilhrici libri sacri
riformatore
dell' unità cattoUca e dell' ecclesiastica disciplina
sostenitore ardente.
N. 1700. M. 1771.
XVI.
GREGOEIO STEATICO
Zaratino
giurisperito filosofo letterato
da Venezia ebbe titolo di Consultore ai confini
sedette poi nel Consiglio governiale dell'Austria
pregiato da tutti
per l'equità e la dolcezza
r erudizione e la scienza
il senno politico e l'amor patrio
negh scritti e nell'opere sue risplendenti.
N. 1736. M. 1806.
XVII.
GIANNANTONIO PINELLI
Zaratino
del tempio che hanno in Roma gl'Illirici
Rettore benemerito
poi Vescovo di Traù
d'ornata mente e retto animo
fece mostra
nell'ecclesiastico e insieme nel civile governo
in tristissimi giorni a lui confidato
prova onorevole d'amorosa fiducia.
M. 1826.
XIL
GIOVANNI PETANI
Albanese
nella scienza delle divine cose
favoreggiante lo Zmajevich
erudito
da Canonico di Zara
fu al Vescovato di Sebenico eletto
ma contrariatovi lo rinunziò
per assumere il carico di Rettore
del Collegio Illirico di Loreto
dove morì nel 1774.
XVIII.
GIOVANNI GIUEOVICH
Zaratino
ad esimia bontà religione prudenza
cultura vasta congiunse letteraria scientifica
della Chiesa che l'ebbe Arcidiacono
e che più volte governò da Pastore
dell' istruzione pubblica e della patria
per lunghi zelanti proficui servigi
benemeritissimo.
N. 1752. M. 1828. -
XIIL
GIOVANNI CARSANA
Zaratino
Vescovo di Curzola
Arcivescovo in patria
bellamente associando
la prudenza civile alla pietà religiosa
la soavezza dell'indole al ferver dello zelo
meritò
in difficili tempi
l'ossequio l'affetto il desiderio di tutti.
N. 1720. M. 1800.
XIV.
GIANDOMENICO STEATICO
Zaratino
XIX.
PIETEO-ALESSANDEO PAEAVIA
Zaratino
ingegno ed animo nobilissimo
d'eleganti e dotte pagine autore
plaudito in ItaHa
d'eloquenza e di storia per anni molti
Professore in Torino
di copiosa elettissima Biblioteca
Fondatore in patria
munifico memorando.
N. 1797. M. 1857.
XX.
NICOLÒ TOMMASEO
nato a Sebenico
vivente in Firenze
di cui potrebbesi dire
che basta il nome di quel divo ingegno
se non avesse Dalmazia
un bisogno ed un obbligo
di proclamare a tutti altamente
quanto a Lui deve
quanto sente per Lui.
Tipografia Fratelli BATTAEA, VtNCjBNzo DypLANCiCH Redattóre responsabile.
pli(^a.zionì iDoliticlie lo arrestino sulla sua strada
psnoolosa; die interessi diversi vengano d'altra
parte a destare la sua attenzione, e a rivolgerne
altrove i propositi e gì' intendimenti. L'Inghilterra
già scopertamente piglia a tutelare la causa ita-
liana, i novi moti furono in gran parte da lei
suscitati e aiutati, e le ultime notizie accennereb-
bero perfino ad una sua intimazione a Napoleone,
di fissare un termine all' occupazione di Roma, e
a un invito al ministero di Torino, di consentire
a Garibaldi, già tradotto alla Spezia, l'imbarco so-
pra un bastimento inglese.
Estratto dagli atti della Giunta
provinciale.
1. In risposta ai quesiti dalla Giunta proposti
col protocollo 13 luglio (riportato nella Voce Dal-
matica del 26), avendo il comitato letterario slavo
dato alcune parziali soluzioni con rapporto degli 8
agosto, oltre ai consigli e alle critiche contenute
in altro rapporto stampato nel Nazionale, la Giunta
replicava coli'insistere per un giudizio definitivo
suir opera portante l'epigrate On je meni, brat tko
je meni rad, benché consistente in un saggio di
pochi fogli, perchè in ciò l'autore erasi unifor-
mato al programma della medesima.
Dichiarava questa inammisibili quei motivi per
dinegare il premio, che si fondassero su condizioni
non prefisse dai programmi; — chiedeva un giu-
dizio più caratterizzato sul Notaio /popolare del si-
gnor Giurassich; —• accoglieva la proposta di
raccomandare al pubblico il vocabolario dei signori
fratelli Danilo, riserbandosi in quanto al sussidio
per la stampa di deliberare ; — sosteneva l'uti-
lità di premii e sijssidii per opere elementari citando
l'esempio della Francia, e ravvisando nei casi in que-
stione quelle condizioni eccezionali appunto per le
quali il comitato ammette l'intervento governiale;
'—pregava le venissero indicati soggetti capaci di
comporre le opere bramate; —• negava l'assorta
impraticabilità e inopportunità dei semphcissimi
piani ideati per la diffusione della lingua slava,
attribuendone invece l'incompleta riuscita allo stato
della letteratura slava in Dalmazia ; — citava i
passi fatti presso le competenti autorità per la
diffusione col perfezionamento dell' istruzione po-
polare e dei maestri; — riserbava a tempo op-
portuno l' esame sull' apphcabilità degh altri con-
Bigli ; — domandava informazioni sul miglior vo-
cabolario itahano-slavo per fornirlo ad alcune
scuole che- Io desiderano; — ringraziava final-
mente il comitato delie sue cortesi prestazioni.
2. Venne dehberato di restituire al sig. Giu-
rassich un altro saggio del suo vocabolario ita-
hano-illirico perchè assai incompleto.
3. Invocansi in data 23 agosto dall'ecc. Mini-
stero di stato energici provvedimenti per repri-
mere i furti delle uve, non trovandosi sufficienti
quelli che i'incì. Luogotenenza citava con nota 14,
in risposta alle raccomandazioni della Giunta fat-
tele li 4 detto mese.
4. li i. r. Luogotenenza con nota 11 luglio d.
ji. 8056-1713 invitava la Giunta provinciale ad
esternare il suo parere sulla convenienza d'atti-
vare in Dalmazia l'ordinanza ministeriale 14 a-
prile 1855 relativa all'impiego di stalloni privati
per la monta; e ciò onde prevenire le funeste
conseguenze della propagazione della lue venerea
nei cavalli» sviluppatasi in alcune provincie della
monarchia austriaca. Nello stesso tempo comuni-
cava un progetto di regolamento diretto a togliere
l'ulteriore diffusione dei difetti nella specie equina
in Dalmazia ed a migliorarla, proposto nell' anno
1855 dalla Società agronomica centrale di Zara.
In quanto alla prima parte, la Giunta provin-
ciale, quantiinru2 non trovi F ordinanza ministeriale
25 aprile 1855 atta a raggiungere completamente
lo scopo, pure, cccTenecdo nei bisogno di rego-
lare r uso degli stalloni privati nella monta, di-
chiara che ne troverebbe utile F applicazione ; che
però nelle presenti condizioni d'un regime costi-
tuzionale, trattandosi di legge nuova per la Dal-
mazia, ritiene sia neccessario venga proposta l'or-
dinanza suddetta alla Dieta del regno e da questa
approvata^
Circa al regolamento prodotto dalla Società
agronomica centrale di Zara, fondato sul principio
castrazione forzala, la ^Giunta provinciale,
premesse alcune considerazioni generali sui mezzi
di migliorare le razze d'anhnah domestici, ed e-
saminate nei loro dettagli le influenze degli agenti
igienici od agenti esterni, e quelle dei riprodut-
tori, dimostra come semi^re le seconde riescano
subordinate alle prime; e come la riproduzione sia
da considerarsi qual mezzo di miglioramento in
quanto offre il modo di poter ripetere in copia
gl'individui, modificati dagli agenti igienici, sui
quali si cerca di completare e fissare la serie dei
cangiamenti prodotti, e che nella vita di un in-
dividuo solo sarebbe impossibile di ottenere. Di-
mostra inoltre che i prezzi straordinarii dei ri-
produttori di alcune razze non provano l'influenza
esclusiva dei riproduttori sul miglioramento delle
razze : dipendere questi prezzi da un'industria af-
fatto nuova, V industria dei concorsi, per la quale
occorrono razze particolari, i di cui individui com-
prendano in se quegli artifiziosi elementi che co-
stituiscono l'equivalente dei premii che possono
guadagnare. Considera la Giunta provinciale qual
sia l'ingerenza del governo e quale il suo scopo
nella produzione dei cavalli, ed osserva come que-
sto scopo non sia sempre in relazione agli inte-
ressi dell' agricoltura e dell' economia sociale, e
come per conseguenza, onde questo scopo non
nuoccia, sia neccessario lasciar libero il campo
all' interesse individuale degli allevatori, senza re-
strizioni, ritenendo che il progetto della castrazione
forzata, anticamente proposto anche in Francia,
ma non mai adottato, porterebbe nelle attuali con-
dizioni economiche della provincia, 1' effetto della
diminuzione dei cavalli. Non trova quindi la Giunta
provinciale nè conveniente, nè utile, ma anzi dan-
noso il regolamento proposto dalla Società agro-
nomica centrale di Zara; ed è persuasa che per
migliorare la razza dei cavalli in Dalmazia, o, a
meglio dire, per migliorare nel complesso gi' indi-
vidui della razza indigena per se stessa buonissi-
ma, sia neccessario incominciare dal migliorare le
condizioni ecoDLomiche degli abitanti della provin-
cia, che devono adoperarli; favorire la coltivazione
dei foraggi, la fabbricazione di stalle, la costru-
zione di strade ecc., per ultimo pensare ai ripro-
duttori, coi quaU si può finire, ma non s'inco-
mincia mai; che, ammesso tutto questo, il migho-
ramento della razza dei cavalU sia da lasciarsi
all' intelligenza ed all' interesse degli allevatori; che
ritenere di mighorare la razza dei cavalli nella
Dalmazia coi soli riproduttori e stabilirvi a questo
fine leggi coercitive, nelle attuaU condizioni eco-
nomiche della provincia, sia come voler aprire una
strada carrozzabile attraverso di un monte irto
di roccie, obbligando la popolazione, nel cui in-
teresse s'intenderebbe di fare la strada, di stra-
scinar sulle roccie intatte eleganti carrozze man-
tenute a spese della popolazione stessa. La Giunta
provinciale ritiene che la strada non sarà mai
fatta ; che le carrozze diverranno carri informi, se
pure potranno essero carri, e che la popolazione
finirà per essere piìi miserabile di prima.
(Nostre Corrispondenze).
Parigi, 26 agosto 1862.
Mi apponeva al vero dicendovi ieri che la nota pub-
blicata dal Monileur era emanata dal conte Walewski mi-
nistro di Stato. So infatti da fonte sicura che al Ministero
dell'interno si conobbe l'esistenza di quella nota quando
si ebbe fra le mani il foglio uflìciale : il signor Imahus
ne fu sorpreso al pari del pubblico.
11 Constitulionnel fece quest'oggi «no di quegli scam-
bietti pur troppo ordinarli nell'esistenza dei fogli semi-uf-
ficiali. Egli non solo approva la nota del Moniteur, ma con
faccia tosta dichiara che essa ratifica le idee da lui espresse
tre giorni addietro. Siccome noi siamo abituali alla capriole
del sig. Limayrac, è inutile d'insistere su questo incidente.
11 telegrafo di Torino smentisce oggi la notizia del viaggio
del re a Napoli; cio che vi ha da notare in questo di-
spaccio si è ch'egli attribuisce quel progetto ai fogli di
Parigi. Eppure sono le Correspondance France-Italiana, la
Monarchia Nazionale e non so chi altri ancora che por-
tavano a Parigi una tale novella.
Il bulettino dell'O/jfn/ow Nationale di ieri sera pare am-
mettere che nulla si farà per l'Italia. Non bisogna inter-
pretare queir articolo nel senso di una convinzione propria
alla redazione del giornale, li signor Gueroult ed il
signor Bonneau, che soli possono esprimere le idee del-
l'Nationale sono attualmente assenti, e quelli che
ora scrivono non possono pailnre che per loro proprio
conto. Del resto io sono d'avviso che il signor Gueroult
non tarderà ad emettere la sua professione di fede rap-
porto a questo affare.
Da un altro lato la corrispondenza deìY Independance Belge
assicurava oggi che il governo italiano venne autorizxato
ad esporre al Parlamento, appena sarà riconvocato, che il
governo francese ò deciso di richiamare le sue truppe da
Homa nel prossimo mese di aprile. A mio avviso qui si
pecca nel senso opposto, ed io sono assicurato che le
cose non sono così spinte, da poter sperare uno sciogli-
inenlo definitivo della vertenza.
11 corpo legislativo, checché ne dicano certi novellisti,
non sarà disciolto quest'anno, sebbene i parliti si dispon-
gano già alla lotta elettorale. A quanto pare, esso sarà con-
vocato m dicembre e farà una corta sessione fino al 20
gennaro. in tale occasione i senatori ed i deputati potranno
formulare le loro idee sulla quistione ronìana nella di-
scussione dell' indirizzo. 11 richiamo delle truppe da Roma
non potrà per conseguenza veniro deciso se non dopo
questa manifestazione legale, che, è inutile lo sperare il
contrario, non sarà certo favorevole alla causa italiana.
In certi circoli bene informati si crede che i consigli
generali, convocati come sapete per venerdì prossimo, fa-
ranno delle mozioni all'imperatore affine di sollecitare lo
scioglimento della quistione romana. l\li si assicura che
dei discorsi saranno pronunziati all' apertura delle diverse
sezioni dal conte di Persigny a Saint' Etienne, dal duca
di Morny a Clermont, dal sig. Troplony a Evreux e dal vis-
conte della Furronieou a Limages. Vedremo che cosa di-
ranno codesti organi di tante diverse opinioni.
Non istate a credere che le questioni italiane, messi-
cane, serbe, polacche eie. asserbano talmente 1' attenziona
del pubblico parigino, che egli non possa o non sappia
applicarsi ad altro. Nel mondo letterario si parla dello
vacanze che esistono all' accademia francese, e molti, ma
molti, si pongono sui ranghi. Le elezioni per gli scanni la-
sciati liberi dal duca Pouquier e da Biot sono pròssime;
e quei posti faranno gola a molti, poiché sono realmente
posti da immortali. Biot è morto ad oltantasette anni,
Pouquier a novantacinque.
Molli nomi sono posti in avanti : odo citare fra i più
appoggiati, quelli di Troplong, di Chaix-d' Est-Ange e di
Dufiiure per lo scanno di Pouquier. Aspira alla successione
di Biot il signor Cuvillier-Fleury, il sapiente medico dei
Debals, che fu in altri tempi segretario del re Luigi, padre
dell'imperatore. Si parla pure del sig. Carnè, un altro
pubblicista stimalo. Certe voci timide mormorano il nome
impossibile di Ernesto Renan, altri invece citano i nomi
di Giulio Tanin, di Enrico Marlin, d-i Giulio Simon, di,
Enrico Mastin, di Giulio Taerin e di Teofilo Gauthier. '
Le lettere di Ginevra smentiscono la notizia qui corsa
un istante, secondo la quale alcune manifestazioni ostili
avrebbero colà avuto luogo contro l'yacht del principe
Napoleone.
Alcuni giornali parlano di una noia recente dol gabi-
netto inglese per invitare il governo imperialo a termi-
nare, in un senso favorevole all'Italia, la questione ro-
mana. Posso assicurarvi che questa notizia è infondala.
Può darsi che nelle loro conversazioni col conto di Fla-
haut lord Palmerston e lord Russell abbiano potuto insi-
stere sulla necessità di uscire una buona volta da una
posizione così falsa, ma tutto si è ristretto a parole o
non vi fu alcun atto diplomatico. In un senso opposto
si vocifera che il governo francese abbia fatto rimprovero
a lord Russel degli incoraggiamenti ed aiuti evidenti che
Garibaldi trova in Inghilterra; è facile il prevedere quale
sarà la risposta del ministro della Regina.
Altra del 26.
Garibaldi è sbarcato in Calabria sopra un bastimento
inglese; questa notizia venuta per telegrafo ha sbalordito
Parigi ; i nemici del vostro governo ne profittano per dire
che esso non volle impedirnelo. La borsa fu orribilmente
agitata; il prestilo italiano è disceso a f. 69:40; un ri-
basso di quella entità non si era ancora prodotto in un
sol giorno, dacché la crisi è cominciata, eppure i dispacci
d'Italia non hanno alcun carattere officiale.
11 signor Hovin ha trionfato alle elezioni di Torigny,
L'imperatore è aspettato domani; egli riceverà in u-
dienza di congedo il signor Benedetti, il quale partirà
quindi immediatamente per Torino.
L'Independance Belge parla oggi d'una cessione di strade
ferrate napoletane che il signor conte Raltazzi avrebbe
fatto al signor Rothschild dietro mediazione del sicrnor
Peruzzi : sono autorizzato a smentire questa diceria; del
resto tutti sanno in Italia che non è certamente al Pe-
ruzzi che il sig. Raltazzi avrebbe affidato una tale missione.
Ho sotto gli occhi il discorso pronunciato ieri dal duca
di Morny all' apertura del consiglio generale di Puy-le-
drome ; l'onorevole presidente del corpo legislativo " si è
contentato di ringraziare il dipartimento della entusiastica
accoglienza fatta un mese fa all'imperatore ed all'impeia-
trice..,. accoglienza che ha fruttato a lui il titolo di duca.
Parigi, 28 agosto.
A Torino e a Parigi s'incomincia a rimettere del ti-
more cagionato dallo sbarco di Garibaldi. Ieri si parlava
•a lo SelteiiBi>i*e 1§6S.
Prp?zo d'associa?,ìoije io valuta anstriaca ppp
Zitm: |)(,>r un anno fiorini 8; por sei ì^iìsì fiorini Ij
per tre mesi fiorini 2. Pel riiuaner.te delia Provincia
e, fuori; per un anno fiorini 95 per sei '»c-si fiorini 4
soldi 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto g!| stessi prezzi in arj;ento, fran-?
ehi del porto-posta.
Giornale politico-le(terario
Esce il Mercoledì ed il Sabato,
I HTi'upj^i e lo ooinmisisioni, franchi delle spose
postali, si diriic.iio in ;t Vincenzo Duplancich Ile-
d;tu«)r(' di'llii Voce l>aim;!tiea, e »li abhuonamenti, ai
NEEO/,II lilirarii dei siirioi i ITMCUÌ Battara c Pietro
Aljelii'h. (jii avvisi di S linee costano I fiorino, e ogni
linea di più soidi b*. I^a tassa di finanza resta n carico
del coinuiiiienic. In numero separato costa soldi IO.
Estratto dagli atti della O^iunta
provinciale.
1. Fatto essendosi aqiiisto di 50 esemplari del
recente opuscolo del sig. cav, d'Erco sul modo
di propagare le ostriche, benché sappiasi che l'inlc.
Luogotenenza ne fece pur aquisto di 150 esem-
plari per diramarli nella provincia, plaudendo al-
l'intenzione dell'autore, che potrebbe svegliare un
ramo d'industria molto proficuo, si delibera di
distribuirli alle persone che più sono alla portata
di cavarne profitto.
2. Sentito l'unanime favorevole voto di tutte
le corporazioni consultate, e di alcuni avvocati,
dopo una prolungata discussione si conchiude che
un progetto di legge per l'abolizione dei fede-
commessi tuttora sussistenti nell' antico territorio
della repubblica di Ragusa sia assoggetta alla pro-
sima Dieta.
Consist'esso nei seguenti termini:
Progetto di legge.
§. 1. I fedecomessi, ed in generale tutti i vincoli
dipendenti da qualsiasi disposizione fedecommissa-
ria creati anteriormente alla pubblicazione della
presente legge, e coi quali sia imposto l'obbligo di
conservare e di restituire uno o più beni di qua-
lunque natura ad una terza persona, sono sciolti
in ogni parte anche del circolo di Ragusa come
liei resto della Dalmazia.
La nullità della sostituzione fedecomniissaria non
rechercà per altro alcun pregiudizio alla validità
dell' istituzione.
§. 2. A contare dal giorno della pubbhcazione
della presente legge le sostituzioni fedecomniessa-
rie rimarranno vahde ancora per la durata e colle
distinzioni dei §. §. 611 e 612 del vigente co-
dice civile.
§. 3. La piena proprietà della metà dei beni già
vincolati si consoliderà negli attuah possessori, od
aventi diritto ai medesimi, e 1' altra metà rimane
riservata al primo od ai primi chiamati nati al
tempo della pubblicazione della presente legge.
§. 4. Tale riserva non avrà però effetto a favore
del primo o dei primi chiamati nati all' epoca della
pubblicazione della le^ge, se non nel caso in cui que-
sti siano sopravvissuti agli attuah possessori, e che
nel tempo corso tra la pubbhcazione della legge,
e la morte dei possessori suddetti, non siano so-
pravvenuti altri chiamati più prossimi i quali ai
possessori siano sopravvissuti.
Tanto nell'uno quanto nell'altro di questi casi,
e così pure, se al momento della pubblicazione
della legge non vi fosse alcun chiamato, la piena
proprietà dell' intiera sostanza fedecommessaria re-
sterà consohdata, negli attuah possessori.
L'usufrutto della totalità dei beni svincolati con-
tinuerà ad appartenere in ogni caso agh attuali
possessori, od aventi diritto durante la loro vita.
§. 5. La divisione dei beni potrà essere pro^
mossa tanto dagU attuali possessori quanto dal
primo, 0 dai primi chiamati.
' §. 6. Golia presente legge non devonsi intendere
pregiudicati quegli altri diritti, che prima della
sua pubblicazione fossero stati acquistati sui beni
fedecommessari.
3. Chiudesi un'altra prolungata discussione sul
regolamento interno della Giunta da rassegnarsi
anch' esso all' approvazione della prossima Dieta,
e si delibera che, toltine pochi articoli,"serva in-
tanto di norma alla Giunta attuale,
4. Considerando il sommo bisogno che hassi
d'un vocabolario Italiano-slavo, sia pur di piccola
mole; la bontà del saggio offerto dai signori fra-
telh Battara dell' opera dei signori fratelli Danilo
raccomandato dal comitato letterario slavo; l'im-
probabihtà che dalla stampa un editore possa ri-
cavare profitto, si offre ai suddetti signori Battara
un sussidio di fior. 800, purché venga pubblicato
non più tardi di marzo 1863, e adempiano alcune
altre condizioni, prefiggendo qual termine all' ac-
cettazione il mese corrente.
11 sig, Jakich e le ferrovie Croate.
Il signor Jakich, membro della Camera di com-
mercio di Zagabria, in un suo scritto stampato
nel Pozor e riportato nel Nazionale n. 52 discorre,
un pò bizzarramente se vuoisi, sulle ferrovie eh' e'
vorrebbe veder costrutte nel paese.
Nel fare un pò di critica a quel suo scritto,
ci è grato di notare com'egli, il primo fra i Cro-
ati di lettere, rettificasse certa idea falsa benché
accettata dallo stesso sig. Ministro di stato che
ne permise la circolazione. Il sig. Jakich dice „ Senza
la Dalmazia è ridicolo chiamare lo stato nostro i Ire
reijìu quoìido infatti non ve ne sono compresi che
dae.^ Qiieàte parole sarebbero state egregiamente
in bocca ai nostri deputati a Vienna allorquando
Schmerhng, interpellato sul senso di certa Trinità,
rispondeva vagamente esser quello un vecchio modo
di dire e nuli'altro. Sia lode pertanto al sig. Jakich
che, a costo di farsi tenere il broncio da'suoi,
vorrebbe proscritte certe anticaglie anche venera-
bih, quando il fregiarsene fuor di tempo è atte-
testato di vanità compassionevole e d'impotente
milanteria.
Veniamo alle ferrovie. Il sig. Jakich in un mo-
mento di affettuosa effervescenza per il suo paese,
discorrendo delle ferrovie croate, non ha dinnanzi
agh occhi che Zagabria, centro e cuore dell'in-
tegrità territoriale del triregno. Di là, con rara
prodigahtà, distende un lunghissimo tronco fino al
Danubio, a Semlino; altro non meno lungo si de-
gna di abbassare alla Dalmazia e lo promette a
Spalato, 0 Traù o Sebenico, permettendoci di stu-
diare la convenienza del sito; rimpiange (qualora
non dovesse sboccare a Fiume) quello che la u-
nisce strettamente a Vienna quasi con catena di
ferro, non meno che quello che per la Drava ser-
virebbe ad attrarla verso Buda-Pest.
Noi, a dir vero, in questa estrema Beozia, nu-
dati frugalmente di civiltà greco-latina, non ci ba-
deremmo tanto per sottile, e, purché un tronco
di ferrovia ci congiungesse al sistema Europeo, lo
accetteremmo, direi quasi, anche da Belzebù, trat-
tandolo, se volete, con tutte quelle precauzioni le
quah si adoperano cogh appestati. Il sig. Jakich
invece farebbe lo schizzinoso; vorrebbe nazionale
anche la ferrovia, una ferrovia ad usum Croaliàe,
senza badare che, spremuto tutto il denaro deha
nazione, appena appena viaggeremmo in ferrovia
fino alle Castella.
Questo è all'incirca lo spirito del sig. Jakich
non compresi certi errori di calcolo sui quali ora
non vai la pena di riandare.
Dopo tutto però il sig. Jakich è pieno d'in-
tenzioni misericordiose a nostro riguardo, e con
un piglio sovranamente drammatico ci fa intendere,
da vero fratello, che noi in questa faccenda gua-
dagneremmo il ben di Dio! -
Non ci fa meraviglia die il sig. Jakich la pensi
così. Egli è troppo attaccato al suo paese, né può
curarsi degli interessi nostri e fa bene. Ma quello
che veramente ci meravigha si ò che il JSazionale,
che pretende vederci bene addentro nei veri in-
teressi morali e materiali nostri, trovi di appog-
giare le idee del sig. Jakich. Citi non capisce che,
eseguita una linea da Semlino a Fiume per Za-
gabria, la Dalmazia ne rimane fuori, né può più
lusingarsi di veder congiunte le sue rive al Da-
nubio? . , . e chi è così minchione da supporre
che per far piacere a noi, per amore all' integrità
territoriale, si voglia spingere una linea (inutile,
dispendiosissima, e che non avrebbe ragione di es-
sere) da Zagabria a Spalato, quando Zagabria,
avendo con Fiume uno sbocco al mare, ha già rag-
giunto il suo scopo ? . . .
Il Nazionale non vuol star indietro al signor
Jakich, e anzi, sorpassandolo in prodigalità, de-
stina un tronco a Sebenico ed uno a Zara, tron-
chi che si staccherebbero dall'arteria madre che,
secondo lui, da Spalato per Knin, salirebbe in
Croazia. Da buon patriotta egli non ha dimenti-
cato le città sorelle e gliene sappiano grado;
peccato però che- quelle ferrovie non si possono
fare per solo decreto del Nazionale e senza il sus-
sidio di alciuaiiti milioni l E siccome tutte e
tre le città sorelle non potrebbero costituirsi em-
porii commerciali, così, per quelle che non lo fos-
sero, quei tronchi servirebbero, più che ad altro,
ad ahmentare treni di piacere. Avrebbe forse pen-
sato a ciò il Nazionale? ... Se è così, non esi-
tiamo a dichiararla un' idea proprio eccellente, un' i-
dea che ci commove, e che, in tempi meno ingrati,
provocherebbe una pleiade d'indirizzi sviscerati al
benemerito progettista.
Buono per noi che tutte queste bizzarrie del
signor Jakich e del Nazionale sono nobih eser-
cizi nelle ore d'ozio, che a fin dei conti non ca-
verebbero un ragno dal muro, e sarebbe quindi
follia il preoccuparsene. In queste opere grandiose
di ferrovie la prima condizione per gli azionisti
è il tornaconto; né si possono condurre a fine
senza il concorso dei capitali di Francia ed In-
ghilterra; e se Italia ne ha avuto d'uopo, figu-
rarsi questi miseri paesi nostri, fosse pure avve-
rata l'integrità del regno uno e trino. Ora è egli
mai supponibile che per un progetto qual è quello
del signor Jakich, per una ferrovia ad tisiim Croa-
tiae vogliano concorrere i capitali quando con ben
maggiore vantaggio sono implorati altrove ....
Vorrà Ella una società impiegarli per una via in-
diretta, lunghissima, qual si è quella da SemUno
a Fiume, quando esita di collocarli in vie più di-
rette, meno dispendiose ed assai più produttive ?.. ;
Quindi da questo lato possiamo star tranquilli
che quella ferrovia non si farà mai, perché man-
cante dei fattori essenziali a renderla pratica; come
d'altronde non dubitiamo di asserire che di ben
diversa utilità sarebbe, per una società che la im-
prendesse, la strada di Spalato, Serrajevo, Belgra-
do, siccome quella che per la via più breve con-
giunge il basso Danubio al mare, e che sarebbe
di vero vantaggio alla nostra Dalmazia costituen-
dola scalo diretto di numerose e ricche provincie.
Quale commercio d'importazione e di esportazione,
quale scambio di prodotti e quanta convenienza-
dal lato econonnco avremmo noi con una ferro-
via da Zagabria a Spalato ? . . ,
L'importanza invece della ferroviii da Spalato a
snfficienza già detto; su d'una però soffermarci
dobbiamo, affatto nuova ed originale, die ci toc-
cava udir sorgere in questi giorni, per magic'arte
di tale, a cui non bastando che la voce sola degli
nomini contro Venezia fra noi s'innalzi, pretende
che le pietre stesse l'acquistino per farsene iucol-
patrici. Chi ciò non credesse, ad apprenderlo venga
da te, mio buon I; da te che portando l'acume
đelP occhio tuo slavo anche sulle opere materiali
del tempo yqlqIo, scoprire sapesti da qual marcJiio
di maladizione sian esse pure, al par della fronte
di Caino, segnate : maladizione in ciò che i Vene-
ziani fra noi distrussero; maladizione in ciò eli' edi-
ficarono ; da per tutto in somma non altro che le
impronte d'una politica la più volpina ed egoistica
che mai fosse; da per tutto i vestigi, non solo
d'un'oppressione tirannica e d'un superbo concul-
camento, ma benanco del più ributtante scherno e
disprezzo.
A convincersene, proseguiamo 1' archeologica
nostra escursione per Zara, ed in prima sulle cose
arrestiamoci che i Veneziani distrussero. — Quale
scena d'orrore! — Di veder già mi sembra il
dèmone dello sterminio, che furioso agitando la
teda incendiaria, alto alto, nero nero, d'aggirarsi
deliziasi tra gh sfasciumi e le fiamme, ond' è il
suolo ingombrato e rischiarata la notte ; ed ecco
già nel distrutto castello, nel distrutto arsenale,
nei distrutti sobborghi, in una chiesa distrutta,
con altra vicina incominciata e non finita, ecco,
dissi, altrettanti monumenti ierpibili dai Vene-
ziani fra noi lasciati nei quattro sècoli di loro domi-
nazione; monumenti appetto di cui la distrutta
Salona, la distrutta Narona, la distrutta Epidauro,
la distrutta Scardona, e le altre fiorenti città
distrutte, ed i territori desolati e predati, e ie
genti disperse ed oppresse, e tutte le altre cala-
mità, terribili veramente, che accompagnarono le
invasioni avaro-slave del secolo settimo, sono tro-
fei gloriosi di cavalleresco eroismo, e carezze fra-
terne di popoh liberatori, civilizzatori, rigenera-
tori. — Ma dall'orrendo spettacolo, mio buon I,
distogliamo lo sguardo, ed al particolare dei fatti
alcun poco scendiamo.
Evi distrvitto v\u a,\\t\eo e tarlato c\ie
per la struttura sua non corrispondeva più ai
nuovi usi bellici, e per la sua posizion verso il
mare non rendevasi più necessario ai Veneziani,
che nulla dal mare temevano; ma gli fu sostituita
dalla parte di terra la grandiosa fabbrica del
Forte, con tutta quell'appendice di fosse, case-
matte, spianata, mine, ed altre esteriori opere, che
uno sono tuttora dei più splendidi ornamenti guer
Teschi di Zara, e che la rendono, come dice il
Fondra "una delle più belle e ben munite fortezze
"dell'Europa,,.
I borghi, primo bersaglio all' ire ostili negli as-
salti die sostenne la città nostra per la via di
terra, furono più d'una volta desolati e quindi
ripopolati, finché da ultimo i Veneziani li distrus-
sero affatto, non per un vano capriccio che aver
non potea scopo alcuno, ma per un' assoluta necessità
imposta dai nuovi sistemi di fortificamento, in oc-
casione stringente di rotta guerra, onde toghere
agi' inimici d'aquartierarsi e trincierarsi presso le
mura della città, e guarantire una volta per sem-
pre gli abitatori loro col ricovrarli entro la città
stessa. Precauzioni simiH usate furono in ogni tempo
da ogni governo per sicurezza maggiore delle
piazze le più importanti, ed osservate vengono
anche a' dì nostri, nei quaU non solo non è con-
cesso d' erigere nuove costruzioni se non ad una
certa distanza dalle opere fortificatorie, e d'una
certa altezza, e con l'obbligo all'uopo della de-
molizione, ma veduto abbiamo noi stessi atterrarsi
perfino de'semplici muricciuoH, ed alberi, la cui
esistenza, nel momento del pericolo, non poteva
essere più tollerata. Quello dunque che per tut-
t'altri avrebbe stima di saggia ed utile providen-
za, verrà da Zara soltanto posto a colpa e ma-
lizia dei Veneziani? Quello che fu consigho dei
più grand'uomini a cui debba la scienza militare il
suo moderno incremento, sarà da Zara tenuto per
un oltraggio ed un danno ? E ciò niente per altro
che per far eco alle scipitaggini tue, mio buon I?
Pensare dovi'esti piuttosto^ che con lo sgombramento
dei nostri borghi, ricettata come dissi la popola-
zione loro in città, venne ad acquistar essa una
contrada intera di nuovi abitanti, con vestito e
hnguaggio slavo, e con una chiesa in islavo esclu-
sivamente ufficiata; della qual cosa gh Slavi al
certo dovrebbero compiacersi.
Che l'arsenale non fosse distrutto, ma anzi ri-
costruito dai Veneziani, era opinione dei vecchi
Zaratini, leggendosi in una cronaca: "E perchè
"nelle piazze considerabih si rende necessario il
"proprio arsenale, ove, ne' tempi specialmente di
"guerra, fabbricar si possano h necessari appre-
"stanienti; così per decreto dell'Eccellentissimo
"Senato l'anno 1574 fa riedificato l'antichissimo
"arsenale nella forma che oggidì si vede,,. Un in-
cendio sopraccaduto, ed anche forse i cangiati
bisogni dei tempi cangiarono pure i destini di tale
fabbrica, in luogo di cui rimase quel navale prom-
ptuarium .., anexiim vetus aliuni, nominato nel-
l'iscrizione sull'ampio e solido edifizio presso Porta
catena, che il nome tiene tuttora d'Arsenale di
marina, così ridotto in epoche varie dai Veneziani.
Della chiesa distrutta, in cui si venerava il
corpo di san Simeone profeta, non dico nulla.
L'esempio d'edifizii, anche ragguardevoh e sacri,
atterrati per pubblici bisogni, è troppo frequente
presso tutti i popoli e sotto tutti i governi, e noi
stessi tanti altri ne vedemmo profanare e manomet-
tere da non Veneti, perchè non si possa che at-
tribuire ad una troppo puerile malignità il voler
fare carico alla Repubblica dell'oltraggio recato
ad una chiesa nostra; "oltraggio (dice il Fondra)
suggerito dalla prudenza, e comandato dal bi-
"sogno di abbattere mi tempio per preservare
"tutti gli altri e tutelare (aggiungo io) con le
fortificazioni la città intera. Quanto poi alla nuova
chiesa cominciata e non compiuta, dell'impotenza
di proseguirla fu colpa soltanto la "condizione
''de'tempi che resisterano alF esecuzione de'voti
comuni tempi in cui dalle infestazioni turche-
sche "distrutti i popoli e desolato il territorio»,
mal poteasi far fronte alla grave spesa per tale
rifabbrica necessaria, malgrado tutte le buone in-
tenzioni delia città noštra, e dello stesso governo
Tenete, cVie fece per Va uicdesima un' elargizione
di denaro, e poi concorse alla traslazione del corpo
sacro in altra chiesa con tutto quello zelo e (juella
solennità eh' è narrata da Lorenzo Fondra nella
sua. nota Storia di detta insigne reliquia (Zara,
Battara 1855). Sicché puoi capir bene, o mio I,
quanto sia fuor di proposito al caso nostro quella
grave sentenza, che "quando ai signore è lecito
«tutto distruggere, il suddito ha perduto la forza
"di nulla edificare„ ; sentenza che alla tua fan-
tasia, infuocata da un feroce spirito di vandalismo,
parve di leggere sulle rovine dell' anzidetta chiesa,
e che ben merita d'appaiarsi al famoso "Io son
chi sono „ della torre del Bovo. Si vede propria-
mente che sei fortunato nella magica tua virtù di
far parlare le pietre, niente meno di quel che Satana
il fosse quando chiedeva che diventassero pane!
A cosa dunque ridiiconsi, mio buon I, tutte le
distruzioni operate dal governo veneto in Zara? A
nuli' altro, egli è chiaro, che a toghere inciampi e
surrogare vecchiumi con ammodernamenti richiesti
dai progressi dell'arte fortificatoria, e suggeriti
dai più insigni mastri della medesima, i Sanmi-
chieli, i Pallavicini, ed altri, per difesa e ornamento
maggiore della città nostra. E questi saranno i
terribili monumenti della politica veneziana da te
sognati? Oh vere obdormisti qui scrutando talia de-
fecisli ! (ConiinuaJ, • » «
Pace fra la Turchia e il Monteiiero.
Leggiamo Triestino del 10 set-
tembre quanto segue:
Ieri il telegrafo ci recava l'annunzio della chiusa
di quel dramma guerresco che andava svolgendosi
fra le rupi dei Monti Neri. Il principe Nicolò do-
vette finalmente convincersi che i suoi monti non
erano, come aveva sempre creduto, imprendibili.
Vinse il partito della pace che aveva già prima
d'ora cercato di ispirare al principe meno belligeri
sensi. Il Montenegro accettò V ultimatum della Porta
in tutte le sue condizioni; Ivo liakov rimise i re-
lativi documenti ad Omer pascià,
^S^tfuiujjll.t -u iijf iiVB
Le condizioni di quelF idllmatum che porta, se
non erriamo, la data del 3 corrente, sono più
perentorie di quelle dell'ultimato dello scorso mese
di maggio. Omer pascià domanda, ed il Monte-
negro accetta l'esplicito riconoscimento della so-
vranità della Porta, l'allontanamento del padre
del mal consighato principe Nicolò designato come
il fautore delle inutili e sanguinose lotte, ed il
libero passaggio delle truppe ottomane nella di-
rezione di Spuz e Niksich, e di altri punti forti-
ficati, che dominano gh accessi al Montenegro.
Se il principe Nicolò si fosse ulteriormente rifiu-
tato dall' accettare quelle condizioni, le vittoriose
truppe di Omer pascià avrebbero senza dubbio
operato l'incondizionato assoggettamento del Mon-
tenegro. Nè a quel principe restava omai altro
scampo che l'accettazione ^eìVultimatum, poiché
respingendolo avrebbe giuocata ad un giuoco d'az-
zardo la sua posizione autonomica, garantita dalla
sovranità della Porta. La Corte di Cettigne era
ridotta a tale partito da avere tutto da perdere,
nulla da guadagnare. La principesa Darinka, ve-
dova del principe Danilo, sarebbe coi suoi consi-
gli riescita a vincere le renitenze del principe, e
sarebbe da considerarsi come l'autrice delle sti-
pulazioni delle quali ieri ci parlava il telegrafo.
Nella sanguinosa e furibonda lotta, che durò
per ben cinque mesi, i Montenegrini spiegarono
una resistenza così ostinata che non si può giu-
stificare altrimenti che ricorrendo alle intelligenze
col partito d'azione in Italia, constatate da Klapka
e da Mieroslawski, e dai soccorsi sperati dčilla Rus-
sia e dalla Francia. Senza le speranze basate sulla
pretesa alleanza franco-russa, e senza le sorde
istigazioni ed i probabih aiuti, messi in prospet-
tiva dalle due potenze, il Montenegro non avreb-
be forse neppur cominciato una lotta, dell'esito
della quale doveva disperare sino da bel princi-
pio. Gli organi della politica delle nazionalità a-
vevano ispirate ai Montenegrini le più sanguigne
speranze, e queste ora restarono barbaramente de-
luse. Eussia e Francia dalle quali il Montenegro
ripromettevasi monti e mari, ora lo abbandonano
alla discrezione delia Turchia. Lo abbandonò la
Francia perchè non trova del proprio interesse il
promuovere, ma intende solo di saccheggiare le
mire della politica russa nella questione d'Orien-
te; e la Russia lo abbandonò perchè senza l'ap-
poggio della Francia, ella è condannata in Oriente
ad una completa impotenza. Eppure la Russia era
quella che mandava i suoi agenti neh'Erzegovina
e nel Montenegro per suscitarvi la guerra; era
dessa che spediva la sua fiottigha alle coste del-
l'Albania, e mandava indirizzi di simpatia "ai fra-
telh dei Monti Neri,,; era dessa che considerava
quale un suo compito civilizzatore quello di pro-
teggere i cristiani della Turchia. Ma negli affari
del Montenegro la Russia riuscì ad un fiasco com-
jDleto, come sir E. Bulwer ebbe ultimamente a
constatare con prove irrefragabih nelle conferenze
di Costantinopoli. Il debellamento dei Montene-
grini equivale ad una sconfitta dell'influenza russa
negli affari d' Oriente.
E questa sconfitta è istruttiva sotto più rap-
porti. In primo luogo essa prova che il preteso
accordo della Russia e della Francia nella qui-
stione d'Oriente si riduce a termini uguali a zero.
In secondo luogo essa mostra quanto labile sia
la base delle speranze di quei popoli slavi, i quali
attendono da Pietroburgo la loro salvezza. Ed in
terzo ed ultimo luogo ella insegna a valutare e-
quamente la forza della protezione diplomatica
della Russia, nella quale potrebbero essere tentati
a sperare i cristiani della Turchia. Orgoglio, per-
fidia e mancanza di fermi principii, congiunti con
una sempre crescente impotenza, caratterizzano
vieppiù sempre il tenore di quella oziosa politica
estera, colla quale il principe Gortschakoff tenta
con inutih sforzi di riguadagnare il terreno per-
duto dopo il 1856.
(Nostre Corrispondenze).
ìioma, 51 agosto.
Ieri alle cinque pomeridiane incominciò a spargersi una
voce, òhe poi rapida si dilatò per jnlicra Roma, porlanfè
SSara is* lietìemiire
Voce
Prezzo d'associazione in valuta austriaca per
Zara: per un anno fiorini 8; per sei mesi fiorini 4;
per tre mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
e fuori: per un anno fiorini Sj per sei mesi fiorini 4
soldi! 50; per tre mesi fiorini 3:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento,'fran-
clie de! porto-posta.
Macarsca^ 8 settembre i862.
Chi legge nel n. 53 del Nazionale l'articolo
portante La data di Macarsca, se difficilmente può
credere che le iniziali LTT!. accennino ad un o-
niicciatolo in sottana, di leggieri peraltro s'accorge
che quelle idee non possono essere altrimenti che
ibrido parto dell' uomo dei partiti estremi, del me-
statore. Nè altri mai potrebbe se non uno spirito
arventato pubblicare in un giornale le sue stram-
bellate e losche opinioni sulle più difficili questioni
del giorno, sulla complicata amministrazione degli
stati, e sfidare per esse la pubblica opinione, stan-
care le più apatiche tolleranze, offendere le su-
scettibilità più ritrose. Tal appunto è il sig. L. C.
il quale sforzandosi di volare con ali di pipistrello,
e d'elevarsi nelle piiì alte sfere della politica, dopo
aver trinciato con gangiaro a destra e a mancina
sulle resipiscenze del governo imperiale austriaco
e sugli uomini di stato Bach Schmerling e Plener,
precipita a capitombolo sul comignolo della vecchia
torre di Macarsca, e là assiso, quasi gufo, si fa a
piangere le sventure della sua patria, e le nenie
sue dedica tutte alla Comune, oggetto de' suoi pen-
sieri, delle sue affettuose cure. E perchè ? Perchè
la meschina non sa alzarsi al hvello dei tempi, nè
accogliere nel suo seno per consiglieri uomini mo-
derni, del suo conio, invece delle attuali cariatidi ;
.pe^rjilifi non sa aprire le porte delle sue aule par-
lamentari a questi Unni del liberalismo, e non sot-
tomette gU operati ala loro annuenza; perchè si
contenta per tutta aspirazione della buona intelli-
genza coir autorità politica locale, e questa si sod-
d'sfa degli esatti rendiconti del Comune. Poi rin-
forza i gridi perchè una certa sua supposta mag-
gioranza non potrà tra breve votare nella nomina
del futuro Podestà, degli assessori, dei consiglieri,
del medico, che dovrebbero esser tutti Unni puro
sangue, e scelti da esso L. C; perchè la Comune
non sà far piovere sussidii da tutte parti, e con
essi costruire strade ferrate e carreggiabili fino a
Serajevo, anzi fino a Belgrado, e più in là fino
Bucarest, poi congiungersi colle strade di 0-
dessa, Mosca, e dell' estrema Arcangelo ; e così per
tante arterie possa fluire il commercio in Macar-.
Bea, arricchirsi gli Unni e il loro capo Attila. An-
cora non basta : piange perchè la istruzione è tra-
scurata, nè da esso diretta; le imposte esorbitanti
APPENDICE.
Accademia della società filarmonica
dei 13 settembre.
Sabbato sera la sala Luxardo si apriva ad uno
de' soliti trattenimenti musicali che la Società fi-
larmonica offre di tempo in tempo a retribuire e
incoraggiare pur col piacere gh uni, e col sod-
disfacimento dell' amor proprio gli altri, del pic-
colo dispendio e della non piccola fatica durata
a scopo di mutua istruzione ed educazione, e di
patrio decoro.
L'Accademia (che va veramente chiamata con
questo nome) riuscì, come di consueto, brillantis-
sima per frequenza e scelta di ascoltatori, e pia-
cevolissima per accorta scelta di pezzi musicali, e
per la egregia esecuzione ; ma fu più che le altre
notevole e gradita per alcune novità concorse per
ventura a renderla di maggiore interesse.
Due giovinette men che trilustri, le quali finora
non avevano dato saggio di loro valore se non
Giornale politico-Iederario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
T a;ru|>p' e le oonmiiss'n;;'. r;-a7ic!\* (^rM"
postali, si ilirii-oMo in/ara a V incen:^!» Duptancicli Ke-
dattore tiell.i Voce Dillliiatica. C gii abbaonamcnti, ai
ne^i'ozii librarli dei signori fratelli Battara e Pietro
Abelicli. l«"li avvisi di 8 linee costano J fiorino, e ogui
line:» di pili soldi (i. La tassa di tìnanzii resta a carico
d' I coiMiiiittenfe. Tn numero separato costa soldi IO.
nè da esso commisurate, e inflitte sugli uomini di
vecchio conio, su quelli che posseggono qualche
cosa e sanno attraversare i suoi progetti; l'annona
negletta, perchè nessuno vuol fidare commestibili;
la polizia rurale abbandonata, perchè non s'appic-
cano i ladri di poca uva e fichi, non s'incendiano i
loro tugurii, e via via. Ma quello che più interessa a
sapere e che quasi mi sfuggiva dàlia memoria, è
la sua lagrima postuma, perchè sieno cancellati
cioè alcuni paragrafi del codice penale, ed egh
possa in tal caso dire e fare quelle cose che più
il cuore gli suggerisce, sen^ alcun timore del ca-
pestro! Ma è questi un sacerdote che parla? Ai
suoi superiori la facile sentenza.
Dopo ciò reputo mio dovere d'illuminare la pub-
blica opinione sulla Comune di Macarsca, contro
la quale da qualche tempo il sig. L. C. si fa le-
cito di scagliare i suoi virulenti attacchi.
Senza veruna intenzione di offendere le passate
gestioni, la nostra Comune non fu mai nè meglio
diretta quanto dagli attuali suoi membri. Ed a
cominciare dal sig. Podestà, tutti riconoscono in
lui un distinto ed onorevole cittadino, alieno da
ogni esorbitanza d'idee, interessato al pubblico
bene, fornito a preferenza di beni di fortuna da
sostenere con ogni possibile decoro la patria rap-
presentanza. Nessuno potrebbe negargli il merito
di savio ammiuistratore, Qou couwitie ae^Y-
gimento e tatto sociale, congiunto alla gentilezza
di modi, ad un' indole inchnata alla quiete, alla
concordia cittadina, nonché una incontestabile in-
fluenza in tutto il distretto. Degh assessori at-
tuaU quale scelta potrebbe esser stata più oppor-
tuna? L'intelUgenza, la soda educazione, il casato,
il buon contegno sociale, lo zelo disinteressato
alla cosa pubblica, l'influenza sulla popolazione,
doti rare, q riunite in essi, li fanno pregievoli agli
occhi di tutti. I consigUeri rappresentano tutte le
condizioni sociali del paese, cioè il possesso, il
traffico, r agricoltura. Ognuno di essi è fornito
dell'esperienza, onestà, buon senso necessarii alle
loro incombenze, e sopra tutto d'un leale attacca-
mento al loro Imperatore, e al suo governo. Ciò
delle persone.
Se vogliamo parlare delle strade, quando mai
si costruirono tratti più estesi e difficili, sia nel in-
terno del distretto lungo la riviera di levante, sia
nei cori, come ognun sa, sempre stupendamente e-
seguiti, si fecero udire per la prima volta nella
parte di primo soprano; e un fanciullo dodicenne
accompagnò sul cembalo un coro di sua fattura,
musicato sopra una bella poesia del colto medico
Dr. Borzatti, scritta in occasione del passaggio tra
noi del tenore Mazzoleni. È pure da annoverare
tra le novità il concerto di cembalo eseguito dalle
signore Carohna Weingartner nob. di Miinzberg
e Maria Gyorgjd de Diakona, suonatrici provette
che gentilmente volerò darci una prova di loro
maestria.
Parleremo prima delle novità, e perchè tali, e
perchè distinte; ma soprattutto perchè sono una
prova di fatto del prosperare della nobile istitu-
tuzione, dei progredimenti rapidi che la gioventù
nostra può fare, per mezzo di essa, in questa che
è la più immediatamente efficace delle arti belle,
e della utilità reale di ogni impresa che sia ri-
volta costantemente ad uno scopo serio, e soste-
nuta e tutelata con assidua operosità, e incrolla-
bile perseveranza.
lungo quella di ponente sullo stradale che ci u-
nisce alla Turchia, quanto in quest' ultimo triennio ?
Nessuno ignora, e meno lo può il sig. L. C., che
in questi pochi mesi la Comune compì un grande
tronco di strada che dalle alture di Dubci con-
duce a Duarre, strada difficile per profondità di
torrenti e per grandi rupi da feiulei-e, difficoltà
superate dalla sola attività e colle sole sue risorse,
in ciò assistita, giova il dirlo, dall'influeenza, e
coi sussidii procuratile da questo illustrissimo sig.
Pretore, le cui doti impareggiabili di mente e cuore,
lascieranno memoria imperitura in tutti gli onesti
macarani. Se dell'annona, che si vuole negletta, quan-
do mai la città nostra rimase sprovista di pane, di
carni, di altri commestibili, a prezzi moderati, e quali,
le attuah condizioni monetarie il consentono? Può
forse la Comune fare della città di Macarsca una
eccezione degli altri luoghi della Monarchia? Quali
sono i balzelli odiosi e minuziosi, oggetto di tante
meditazioni? Come mai egli solo ed unico (abben-
chè nessuno gli possa negare il ^pregio delle o-,
recchie allungate) ha potuto sentire i discorsi cha
i contribuenti si fanno tra di loro, del come va-
dano sciupati tanti introiti, tante spese si fa-
ciano per serventi inutili, che si riducono poi in
tutto a soli due ? E se gh pesano si forte le spese
dei serventi, perchè non nè solleva la Comune
coli' ofeirai io. gvatviito servente ? Ei 1' offerta sa-
rebbe generosa ! Ma valeva egh la pena di tanto
schiamazzo per la spesa di fior, trecento?
Quello poi che riguarda all' istruzione pubbhca,
secondo esso negletta, è forza ritenere che gli
strali avvelenati sieno diretti contro le scuole re-
gie esistenti in questa città; nè lo potrebbe far
contro altri. Senza spendere troppe, ed inutih pa-
role, a tutti è noto lo zelo per l'istruzione pub-
blica di questo esimio sig. direttore scolastico,
nonché dei sig. maestri, i quali tutti vanno a gara
perchè l'istituto goda il meritato credito, e la di-
scente gioventù dia i migUori risultati, come
i fatti ne fanno piena prova. E sì, che le scuole
maschih e femminili sono l'unico luogo ove a Ma-
carsca i figli del popolo attingano la loro educa-
zione, religiosa e sociale; guai a noi senza di esse;
saremmo alla condizione degh Ottentotti. Ma poi-
ché il sig. C. ha il coraggio di gettare la prima
pietra, di aggravare la Comune per la negletta
La giovinetta Paohna Nicolich eseguì il duetto
della Linda: Da quel dì che t'incontrai, coli'egre-
gio sig. Riccardo Fabbrovich, che assente da alcun
tempo, torna a ridonare alla Società un valente
tenore. La Nicolich alla voce di timbro purissimo
e simpatico, di estensione e forza notevoh, di
giusta e sicura intonazione, di facile modulazione,
congiunge per modo la soavità e il calore dell'e-
sprimere, che quando l'età più sempre matura a-
vrà dato maggior corpo e svolgimento alla voce,
e r arte sempre maggiore perfezione al suo canto,
noi avremo per fermo in essa una cantante da non
temere il paragone di nessuna emula. Non oc-
corre dire eh' ella fu colma di plausi e festeggia-
menti : è ben naturale che in un' accademia, o me-
gho in un esercizio privato, e quasi a dire in fa-
miglia, gli applausi abbondino ; ma questi furono
di quahtà che nessuno che li abbia uditi può du-
bitare che non sieno sgorgati spontanei dagli ani-
mi commossi.
Non minori applausi riscosse, nò minore com-
mozione destò in ognuno l'altra giovinetta Olimpia
prezzo d'associazione in valuta austriaca per
gira: i»-'' "" I"-'' '"ch' (ìorini 4;
1 tre ii'esi fiorini 2. ì',1 niua.ienie della !>rovincia
: fuori: JMM- UH anno fioi iiu !) ; pe,- sci mesi fioritii 4
goiai i""'" «onni 2 Per l'estero, e
pfj I,omlian»o Veneto «li s(essi {»rezzi inargento, frau-ilei porto-i.osla.
Zara 19 settembre.
Le Narodne Novine, in uno dei passati numeri,
i-ecaiit) contro la Voce Dalmatica alcuni poveri cenni,
àtati da Zara, che tentano essere maligni e mor-
daci, e non sono che insolenti e scipiti. Noi non
siamo soliti, a dir vero, di ricercare con molta
cura, nei giornali scritti in lingua non nostra, gli
articoli che parlano di noi; anzi se ci accade, por-
tando r occhio su tali giornali, di intravedervi nelle
colonne il titolo del nostro, ci affrettiamo a voltar
carta; o, dove altri ci faccia la carità di avver-
tirci che di noi vi si tiene parola, siamo solleciti
a ringraziare, pregando di lasciarci ignorare la gran-
dezza della nostra sciagura; sopra ogni cosa poi sia-
mo soliti a guardarci dal farvi mai alcuna risposta.
Tuttociò, prima perchè sappiamo che articoli scritti
dai nostri avversarii sistematici, e però contrad-
dicenti per is})irito di partito, contro verità e co-
scienza, non ci possono essere benigni; poscia per-
cliè venentlu da qui, possiamo, su per giù, indovi-
nare chi sieno gU scriventi ; nè di tah ci curiamo
punto che le loro parole sieno piuttosto di bia-
simo e di misericordia che di lode. Questa volta
però abbiamo letto (c' è chi può attestare di a-
verci veduto leggere), e ci siamo fatto interpre-
tare per non frantendere, e vogliamo rispondere, av-
veg-Jiacchè contenendo quelle parole biasimi e ripro-
vazioni, non tanto contro noi, quanto contro tutto
il partito autonomo, e venendovi fuor di proposito
malmenate persone degne di stima, a cui si imputa-
no a caso intendimenti e disegni immaginati, cre-
diamo nostro debito di restituire in luce la verità.
Le Nonne annunciando la morte del nostro
giornale, dedotta dalla intenzione manifestata dalla
redazione di togliersi dall'impresa., dichiarano es-
serne causa il poco prosperare dell'impresa eco-
nomica; fanno ascendere a 800 fiorini il deficit
della stessa, e rinfacciano al partito autonomo di
flou averla sostenuta. Enumerando poi chi po-
trebbe subentrare alla redazione presente, nomi-
nano il sig. Fichert, e lo escludono perchè impie-
gi^to, di dubbia fede politica, e non disposto a
forsi incontro a perdite pecuniarie; il Ferrari-
Ciipilli, e lo escludono, sentenziando che non a-
^'endo saputo dirigere prima un giornale lettera-
^'io, meno saprebbe un politico, bisogna, a loro
credere, di ben altra difficoltà; concludono perciò,
giudicando la morte del giornale inevitabile e
l'allegrandosene come di fausto evento.
Quanto alla nostra morte lisponderemo colle
parole del Giusti:
„A'edrem questa morte
Dove anderà a cascare,,;
rispetto alla causa del ristare dall'impresa,
domanderemo al corrispondente d'onde egli ne
^obe la peregrina notizia e da chi prese egli le
^Jé informazioni per giudicare con tanta fran-
cliezza della nostra situazione economica. Noi per-
tanto che ne sappiamo qualche cosa di più, possiamo
Ij^sicurarlo che le ragioni che potrebbero indurre
redattore a lasciare l'impresa, sono affatto per-
onali, diverse e indipendenti dalle economiche, e
nè siamo tenuti, nè abbiamo vaghezza di
pere a nessuno i nostri conti, pure, per to-
a r'n ^ ^^ ^^^^ ^ ^^ Dalmati in generale, e
Comuni, e al partito autonomo, e a quei mol-
ssimj che ci hanno generosamente sostenuto ogni
^^^leveria di ciò che potesse accadere, e distrag-
li^® ogni accusa di indifferenza a nostro riguar-
' sodiamo di smentire e denunciare publicamente
Giornale politico-le((erarìo
Esce il Mercoledì ed 11 Sabato.
come falsa l'asserzione di quel corrispondente, e
di affermare che l'impresa del giornale rettamente
considerata, nonché riuscire a perdita, deve por-
tare netto un vantaggio suftìciente à compensare
dell'opera sua ogni discreto imprenditore. Per-
chè r impresa attuale non abbia avuti siffatti
vantaggi, ma sia invece soggiaciuta ad alcuna per-
dita, vi sono ragioni troppo evidenti, onde non re-
sti distrutta la verità del nostro asserto. Primiera-
mente l'impresa ha dovuto sul principio iucon-
trare spese che, fatte un tratta ^ non vanno nel-
r avvenire più poste a calcolò, nè sono a rifare,
e il rimborso delle quali era da ripetere in pro-
gresso di tempo, continuando nell'impresa. Altre
I gru|)pi e le commissioni, francJii delle spese
postali, si (liri'ìoiio in Zara a N'incenzo Duplancich Re-
dattore «Iella Vooe ].'all)ia(ica, e gli abbuonameiifi, ai
iie^'ozii librarli dei siitiori fratelli lìaltara e Pietro
Abeiicli. {Jli iivvisi (li 8 iitiee costano 1 fiorino, e o^^ni
linea di più solili (ì. La tussu di finanza resta a carico
(111 coiniiiittcMilc. l'ìi n'.inicro separato costa soldi IO
spese soverchie e in associazioni a giornali, e in
pagamento di coadiutóri e impiegati al giornale,
furono fatte, le quali si riconobbero superflue e di
cui in avvenire si potrebbe agevolmente far senza.
Molte riscossioni di abbonamenti sono ancora in
arretrato sulle quali però è a fare immancabil-
mente conto, fidati nella onestà e delicatezza dei
signori associati. Di pili, la Comune di Zara ha de-
cretato in nostro vantaggio la somma di 200 fior,
annui: altri 150 f. ha votato il Comune di Spalato,
e 500 fior. le altre Còmuni di quel Circolo, se-
condo le assicurazioni personali di queir esimo po-
destà; da ultima la GimiM provinciale, a cui il
giornale presta le sue colonne per l'inserzione de-
gli atti suoi, non potrebbe negare al giornale un
notevole sussidio. Tuttociò forma la somma circa
di mille fiorini annui, della quale l'attuale im-
presa non ha potuto giovarsi, ma che in avvenire
non potrebbe mancargli e basterebbe a restituire
il pieno equilibrio della gestione.
È falso pertanto die le condizioni economiche
del giornale sieno così disastrose come al corri-
spondente delle Not'ine piacque supporre; falsa
rindifferenza del partito' autonomo per l'organo
che ne rappresenta e significa le opinioni. Noi
dobbiamo anzi rendergli pubbhca testimonianza
dell'essersi egli prestato al prosperare dell' impresa
con ogni interesse, e con aiuti di denaro, e con
somministrare scritti, e con conforti morali quali
non avevamo diritto di attendere. È erroneo sopra
ogni cosa poi dedurre da ciò, come il corrisponden-
te accenna, la poca forza e importanza del par-
tito medesimo. Se il partito autonomo si è mo-
strato sempre men caldo, meno adoperante, meno
sussurrone dell'avversario nel sostenere le pro-
prie ragioni e nel combattere le contrarie, fu per-
chè r ultimo, poco numeroso e impotente, ebbe
sempre bisogno di adoperare e tener conto di
tutte le proprie forze, e di aver ben cura che
nessuna ne andasse dispersa, per pure opporre
una qualche resistenza, e, se non per trionfare, (di
che non poteva avere speranza) per cadere almeno
con meno vergogna; laddove egli a rincontro, e
per la sicurezza della sua situazione, e per la poca
fatica durata a conquistarla, e per la poca tema
di perderia, non ebbe bisogno di tanto affannarsi.
Se poi altri abbia a subentrare nell'impre-
sa del giornale alla redazione presente, e inda-
gine e supposizione gratuite, che non fa che
porre in chiaro la strana leggerezza e l'audacia
avventata del corrispondente delle Novine, Che d
Fichert abbia avuto intenzione di assumere la re-
dazione, nessuno indizio può far supporre. E-
gh sostenne già la redazione della Rmsta Dal-
mata, e se ne ritrasse; le ragioni che lo condus-
sero ad agire così allora è da ai-guire che sus-=
sistano tuttavia, e noi possiamo asserire che pur
dianzi ei non aveva mutato consiglio. Ma altre
volte già egli lia troppo bene dimostrato, ed ora
pii:i che mai, crediamo, saprebbe mostrare, come
un uomo onesto possa sostenere uffici, dove non
sieno contraddicenti diversi, e conciliare diversi
interessi, senza mancare ai propri doveri; nè
la disparità di alcune opinioni parziali, potrebbe
impedirgli di redigere il giornale, dove sussista
r accordo nella essenziale; nè da ragioni di lucro
potrebbe essere consigliato ad agire uomo del suo
carattere.
Le parole poi irriverenti contro il Ferrari Ca-
pilli, non altro palesano che la rabbia di chi non
avendo mai fatto nulla, e nulla sentendosi atto a
fare, s'avventa contro chi non cessò di adoperarsi
tutta la vita a vantaggio e decoro della patria. Vede
poi ognuno di quale buon senso sia fornito l'artico-
lista che dà maggiore pregio ed importanza e diffi^
coltà ad un giornale pohtico, che non può avere 'che
l'interesse del momento e dell'occasione, i cui giu^
dizii sono sovente avventati, fondati sopra dati
incerti e notizie false, talora dettati da affetto e-
sorbitante e da esigenze di partito; i cui scritti im-
provisati e abborracciati, senza cura di lingua e di
stile, non possono neppure subire non die il tor-
mento della lima, le prime e più semplici corre-
zioni; maggiore importanza, diciamo, che a un gior-
nale lettei'ario, die ha per intento immediato di
mantenere il culto del bello e diffondere gli inse-
gnamenti della scienza. Se non che il Ferrari-
Cupilli, più che niun altro atto a sostenere que-
sta ed ogni altra impresa letteraria, il Ferrari-
Cupilli che diresse con sapienza, con utilità ve-
race il giornale letterario, non assumerà certo la
redazione della Voce, perchè, occupato in opera più
proficua, amerà meglio seguire a rinvangare nella
istoria le patrie memorie, seguire a porre più sempre
in luce di quali utilità, di quale onore, di quali
beni siano stati in passato per la povera Dalma-
zia la gente e la lingua e la civiltà e il governo
italiano ; seguire a fare dono al suo paese di tali
opere che, tenui o gravi, di grande o piccola mole,
saranno ricercate e consultate e studiate nell' av-
venire, quando delle Novine e del suo corrispon^
dente, del Nazionale e de' suoi scrij:tori, non sarà
più nè il nome nò la memoria.
Pregiatissimo sig. Direttore !
Questa lettera non Le manderei che si stampi,
se, non dico violasse segreto alcuno, o suonasse
irriverente alla persona alla quale è diretta, ma
se non dimostrasse come le differenze, da pochi
malavvedutamente esagerate, si riducano, per con-
fessione degli stessi disputanti, a poco; e come
pedantesco sarebbe, per non dir peggio, il farne
castelli e torri a uso di guerra. È detto ormai
che nessuno vuol urgiere (ripeto la parola solenne)
l'unione a Croazia: è detto che ai Dalmati resta
il nome loro di Dalmati; con che anzi rimangono
Slavi più pretti, giacché non pare che 1 Toscani,
per esempio, chiamandosi Piemontesi, diventereb-
bero più ItaUani di prima: è detto che nessuno
della nazione può arrogare a se il privilegio del
difendere i comuni diritti; die il chiamarsi nazio-
nale non basta; perchè ciò sarebbe come se un
Gesuita, in forza del nome suo, accusasse per ne-
mico alla fede di Gesù Cristo chiunque non è
Gesuita. Smettendo duiiqùe la ormai vieta canzone.
SKara 34 et (em lire t§63.
Voce
Prezzo d' associazionp in valuta a astria ca per
Zara: per un anno fiorini 8: per sei iìit?>;i (ioriiri 4;
per tre mesi fiorini 2. IM rimanente delia Provincia
e fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
soldi 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi inargento, fran-
che del porto-posta.
Giornale polìtico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
f o-riippi r le t'oniinissioni. franchi dell" spesa
post;di, si dii'/;I';in<) in Zara H VUÌOCUZO Duplanrieh R."-
diitton; della Voce LUtlmuticit. e gii abbuonamenii. HÌ
ni'jjozii librarii dei siiiioi-i fratelli Battara e Pietro
Abelieli. (ili avvisi ili 8 linee eostano I fiorino, e ogni
linea di più suldj (ì. LH tassa di finanza resta a carica
d>;l committente. Un numero separato costa soldi IO
La Redazione della Voce Dalmalica, vista da un
canto la difficoltà di rinvenire, nella stringenza del
tempo e nelle condizioni presenti, chi voglia as-
sumere r impresa e la compilazione del giornale,
e considerato dall'altro il rincrescimento con cui
fu accolto in generale l'annuncio della sospensio-
ne pur temporanea di un qualsiasi periodico che in-
tenda difendere la patria autonomia, deliberò, com-
posti e accomodati alla meglio i propri interes-
si, di continuare le sue pubblicazioni. Viene per-
ciò riaperta l'associazione pel venturo trimestre,
invitando i signori Socii di riftnovarla senza por
tempo in mezzo, affine di evitare interruzione o
ritardo nella spedizione del giornale. Si pregano
poi caldamente quei signori associati che fossero
ancora debitori dell'abbonamento del passato tri-
mestre, di spedire senza più gl'importi dovuti,
per non accrescere difficoltà alla impresa, già sov-
verdiiamente aggravata.
Appendice alla lettera di N. T.
stampala nel n. 37, ddla Voce Dalmalica^
Accennasi a quel che scrissero gli abitanti di
Sigli, di Stretto, e di Zlarin, affermando d'essere
Slavi e tenersene. Non solamente per la temperanza
del linguaggio ma, per le notizie che contiene,
sarà letta da'buoni non senza piacere la lettera
che a me indirizzarono circa due mesi fa gli abi-
tanti di Zlarin; della quale io tralascio le parole
di troppo amorevole lode a me. Superfluo avvertire
che nulla ci è aggiunto o mutato da me nè da altri.
E non sò quanti Municipii d'Italia potrebbero
in forma più italiana esprimere sensi più dignitosi.
N. TOMMASEO.
, . . . Dediti, come la tradizione ci narra, da
assai tempo alla navigazione e perciò stesso a
contatto dapprima con l'Itaha ed ora con tutto
il mondo, non avremmo potuto resistere a quello
spirito di libertà e progresso^ che agita le nazioni:,
e che non tarderà mercè le recenti scoperte che
ageTolano la comunicazione delle^ idee ed a?-
vicinano fra loro i popoli, d'informare a civiltà
APPENDICE.
In occasione dell' ingresso solenne alla sede
arcivescovile di Zara di Monsignor Illusi, e Kev. vmvwko MAtnPASi
YERSI.
Se dopo lenti e tedovi
Giorni di smorta luce,
Pacificato sd ilare,
0 priego 0 amor conduce
Il sol, che dal suo vertice
Porge la fronte amica
Alla sua fida antica,
Cui Dio lo disposò:
A fargli festa surgono
Ville e cittadi ft prova.
Di proda in proda l'opera
La vita si rinnova;
Caldo di speme un alito
Neil' ime zolle ferve,
E tutto plaude e serve
All'astro che tornò! —
anco le renitenti. Fu oltracciò gran ventura, l'a-
vere il senno de'nostri m^aggiori provveduto al
r educazione con parrochi^ invitati a venire talor
anco da luoghi lontani della provincia, die erano
in voce di dotti, e la cui memoria vive benedetta
fra questi abitanti; finché or son pochi anni, s'in-
stituì la scuola comunale. E appunto a tali felici
circostanze dobbiamo quel senso di civiltà da Lei
accennato. — Accettiamo riconoscenti il conside-
rarci che Ella fa a ragione quasi suoi concitta-
dini; perchè tali potremmo dirci veramente, sendo
Zlarin non altro che un sobborgo di Sebenico
alla quale vincoli di sangue, di parentele spirituali,
d'amicizia, di traffichi ci legano così, da farci parte
della medesima.
L' accoglienža ospitale, che famiglie nostre eb-
bero dalla sua, ci rammenta le non meno liete
accoglienze che alcuni di noi ebbero da Lei, Il-
lustre Signore, in Venezia nel 48, e vive tuttora
e vivrà sempre fra noi gratissima la memoria
de' benefizii, che i nostri pescatori del corallo rice-
vettero da Lei, esule in Corfù, abbracciati e baciati
con affetto paterno, a'quah Ella profferse assistenza,
li visitò infermi ed in certi lor bisogni s'interpose
efficacemente a prò loro presso quel Governo.
Noi siamo Slavi e ce ne teniamo,
amiamo la nostra lìngua perchè nostra, e perchè
bella di bellezze recondit^v ignote a chi pretende
di farcela in ciò da maestro. Le canzoni del Kacich
sono lette e cantate da que'pochi che sanno di
lettere, come le cantano il nostro marinaio e il
contadino e le donne. I frutti esotici, al contra-
rio, non li gustiamo punto; e non è mica perchè
abbiamo ottuso il palato; tutt'altro, chè anzi se
il cibo è nostrano, e da'nostri con nostri elementi
ammannite, lo assaporiamo avidamente. Tale era
la Zora, giornale slavo, per noi di grata rimem-
branza pe'dialoghi dell'or defunto canonico San-
tich scritti in quella bella lingua dalmata, quale
la parla il popolo, e pieni di utili ammaestra-
menti, e pegli articoli dei signori Ivichievich e
Verdogliak ritraenti del pari la voce ed il modo
di dire popolari. Così faremmo buon viso a qua-
lunque altro scritto che ci si presentasse vestito
Santo Pastor! cui nobile
Sorte concede il freno
De' peregrin che anelano
Sul mio natal terreno,
Perchè cemento e vincolo
Tu sii d'amor, di pace,
E guida alla verace
Patria che niun può tor;
Io ti saluto e venero
Siccome un nume anch' io.
Ma in venerarti trepido
Ammuto avanti il Dio,
Che questa rea compagine
Di polve e di peccato
Oltre il mortale stato
Mortai solleva ancor:
Sì verecondo e tenero
Il pio ti porgo omaggio,
Ch' a Dio ' ritorna, a volgere
A chi ne veste il raggio:
Raggio vital deifico
Che casto e aperto a tutti
Sol può affidar di frutti
Gli steli che avvivò. ^
della veste nazionale. E al bisogno di cosi fatti
libri, universalmente provato, s'accinse di soddi-
sfare la Giunta, e ci riuscirà, lo speriamo. Che se
ci è cara la lingua nostra, non potremmo seiiza
taccia d'ingrati disprezzare l'italiana, da cui ab-
biamo quel poco che sa])piamo, la cui mercè siamo
ospiti graditi nelle città italiane ove approdiamo,
e che per la grande sua diffusione ci è mezzo
migliore che non la nostra a farci intendere in
tutte le altre parti a cui ci rechiamo, per remote
che siano. Perciò non che bandirla da noi, dob-
biamo porre ogni studio che i figli nostri siano
in iscuola ben addestrati nel parlarla e nello scri-
verla, per non prirarii de'suaccennati vantaggi.
Ben a ragione Ella ci dice che "se la patria
nostra rimaneva possessione Croata, la famiglia
di Marco Polo non sarebbe stata da Sebenico
donata a Venezia ed al mondo; di quel Polo i
cui scritti furono ispirazione ed impulso alla sco-
perta del Colombo». E se è lecito di compai^are
le cose minime alle somme, noi diremo alla no-
stra volta, che se Dalmazia fosse stata unita
a Croazia, gli abitanti di Zlarin non sareb^
bero, come lo sono i piìi, marittimi, cui il
Commissario di guerra in Sebenico con decreto
1 decembre 1807 chiamava valorosi; nè posse-
derebbero, come posseggono essi soli, il secreto
della pescagione del corallo. Certamente questi
beni non ci sarebbero potuti venire di Croazia,
poiché nessuno sà quello che non possiede. Fu
invece dall'Italia che li ebbero gli avi nostri, i
quali mossi dall'esempio e dall'incoraggiamento
de' Marchigiani che a queste rive approdavano per
trafficarvi, non indugiarono d'imitarli dandosi alla
navigazione, e annodando seco relazioni commer-
ciali: e dall'ItaUa apprendemmo parimenti l'arte
del pescare il corallo; poiché i Conti Galbiani di
Sebenico accintisi a tale impresa, e fatti venire
all'uopo de'pescatori Napolitani, trascelsero fra
gh abitanti a mare di questo distretto i padri
nostri per farla loro insegnare.
Deploriamo, che la questione dalmato-croata
abbia divisi gli animi nella patria nostra, viventi
finora in fratellevole concordia, non ostante le due
Oh dolce torna al reduco
Sol della vita il canto:
Però non sdegna il crepito,
Ch'in solitario cànto
Gli alza una foglia, ch'esule
Dalla materna vetta,
Non più quel raggio aspetta
Al cui tepor sbocciò. —
Ma quella fè, la semplice
Fede del pargoletto.
Selvaggio ancora a' torbidi
Del dubbio e del sospetto;
Questa che specchio e regola
Proposta fu a' saputi.
Ed a'consigli astuti
b' un demone crudel ;
Fregii a mia musa il candido
Lume del santo errore,
Che crede al cuor, agl'impeti
Del sempre vivo amore.
Che del suo pondo libero
Copioso altrui si spande
In laudi ed in ghirlande
A cui consente il ciel. —
Zara 26 settembre.
Abbiamo sempre udito dire che chi piglia a
difendersi di accuse e rimproveri che altri non si
pensa di dargli , fa credere che la coscienza gli
rimorda di veramente meritarle; onde dal credere
rivolte a sè, g li scrittori del Ntizioìinlc^ le nostre
parole in risposta alle Narodne Novine, o meglio
al loro corrispondente di Zara., e mostrarsene vi-
vamente punti, potremmo legittimamente dedurre,
€he delle impertinenze per noi segnalate eglino
non abbiano in tutto netti il pensiero e la penna.
Ma questa credenza noi non avevamo menoma-
mente fatta supporre, e se abbiamo detto, che
i probabili scrittori di certi articoli scritti con-
tro di noi in islavo, potevamo quasi indovinarli
poiché movevano da qui; gli scrittori del Nazio-
nale non avevano ragione di credere che noi in-
tendessimo solamente di loro. Non di soli gli
scrittori del Nazionale si compone il partito an-
nessionista, per esiguo che sia, nè solo essi è pro-
babile 0 possibile che ci scrivano contro: non
sono i soli scrittori del Nai-ionale, di cui non
abbiamo molta ragione di tener conto delie pa-
role; e, come scritti, slavi non potevamo mai cre-
derli di loro, che scrivono costantemente in ita-
liano, che è la lingua che meglio conoscono, e
forse quella che sola conoscono.
La corrispondenza poi di cui parliamo, contiene
espressioni così scurili, (come dove dice ironica-
mente l'autore entiarghsi il ventre pel dolore della
nostra morte) che noi dovevamo reputarle impos-
sibili a chi ha indole e natura e costume italiano,
ed ebbe italiana educazione, e potremmo crederle
soltanto proprie di tale che non ebbe da prim' anni
e fino a matura età altra coltura che la slava, nè
altra lingua che la slava conobbe, di tale che mal-
grado la successiva superficiale politura, "tiene anco-
ra del monte e del macigno. „ E questo sia ghistizia
agli uni ed agU altri, e "suggel che ogni uomo
sganni,,. Era pertanto assai meglio che gli scrittori
del Nazionale, che pure hanno tante Yolte passato
sopra a parole ben altrimenti severe, da noi volte
ad essi direttamente, si fossero tenuti cheti anche
adesso die non ci passavano neppure per mente.
Che poi gli scrittori del, Nazionale amino di
vederci lungamente in vita, ci rallegriamo assai, e
perchè siamo appunto, come sanno, in grado di
poter dar loro questa consolazione, e perchè mo-
strano a questo modo un singolare amore per
la verità che siamo soliti a dire sempre con molta
franchezza, anche quando giunge a scalfir loro la
pelle 0 a scuoiare le terga. E così questo amore
della verità fosse in essi costante, e non chiamas-
sero polemica il dimostrarla e l'ammirarla e
difenderla, come fanno poi quando noi diciamo at-
tendere dal Ferrari-CupiUi die ponga in chiaro delle
utilità che a Dalmazia vennero dall' Italia, utilità
che eglino tuttavia confermano, e colla istruzione
che hanno, e colla lingua che sola possono scri-
vere, e che adoperano anche quando s' avvisano
di combatterla e di imprecarla.
Nè maggiore amore di verità mostrano, nè molto
buon senso, quando, a guarentigia della immorta-
lità delle Narodne Novine, citano il nome del loro
redattore già passato nella storia! Del sig. Lodo-
vico Gay, noi non ci siamo sognati di far parola,
non ci siamo mai immaginati che egli fosse per
modo conglutinato col giornale da lui diretto, che
dovessero passare insieme nella storia, traendo seco
tutti i collaboratori, compreso il corrispondente di
Zara, e, per poco che lo conoscessimo, credevamo
aver egli migliori titoU a memoria durevole che le
Novine, Poi, dal passare nella storia, al passare in
un hbro di storia ci corre, dacché nomi sono re-
gistrati in certi libri di storie che vi stanno come
in un vero sepolcro, anzi in una bara, con la quale
insieme giacciono poi in eterno con la memoria
dello storiografo, nella polvere delle bibhoteche.
Da ultimo, li è parlato di un Gay di trent' anni fa,
il quale lasciamo giudicare agli scrittori del Na-
rionale se sia quel medesimo d'oggidì; lasciamo
giudicare se quello d' oggidì abbia mantenuto per
r appunto, sia letterariamente e scientificamente,
già civilmente, le })romesse di quello di allora.
— -r-
Un G. ad un I.
Lettera quinta.
(Conlinuazione del n. 35, e finej, ,
Dalle opere che i Veneziani distrussero nella
città di Zara, a quelle passiamo che vi edifica-
rono, ed anzi tutto alle nuove fortificazioni ar-
restiamoci. Udendo te, mio buon I, parrebbe che
queste siano state da loro eseguite a marcio di-
spetto dei cittadini, per tenerli megho in sogge-
zione, e che il timore dei Turchi fosse un mero
prelesto ad eseguirle. Quindi era, che i cittadini stes-
si, da cui ciò bene sapevasi, di tali opere favellando,
le dicevano ironicamente loro, cioè dei Veneziani,
come appieno comprovano documenti a te noti.
Altri documenti però noi teniamo sott'occhio, con
cui Zara prejaua il Senato di provvedere alla sua
tutela con rafforzamenti, e non soltanto per sè,
ma per Nona pregava, per Vrana, e per altri luo-
ghi che ne abbisognavano. Ned il Senato a se-
condare queste preghiere mostra vasi, per verità,
frettoloso, talché ancora nel 1570, quantunque
già da oltre un secolo i Turchi ne scorrazzassero
il territorio, non si trovava la città nostra in buon
ordine di difesa; laonde la Comunità, nel man-
dare in queir anno ambasciatori a Venezia, fra
le altre commissioni dava loro pur la seguente :
"Et perchè habbiamo il nemico fino sulle porte, si
può dire, di questa importantissùna città, la quale
non si attrovando in quel stato di fortezza, che
per così potente et vicino nemico bisognerebbe;
supplicar con ogni riverentia che Sua Serenità,
considerata V importanza, lo stato et bisogno di
questa città . . . . dia quell'ordine, che parerà
al suo sapientissimo giudicio, acciò che con cele-
rità sia ridotta in istato tale, che metta ter^we
al nemico, et sicurtà a noi poveri liabitan
questa città.,, —
Ed allora fu appunto che si dovè la Repub-
blica da buon senno incalorir nel!' impresa, portato
avendo la perdita ch'essa fece in quell'epoca del
regno di Cipro le conseguenze più gravi anche
per la Dalmazia, che invasa dai Turchi, vide le
mezzelune brillare di luce funesta fin sotto le mura
delle città sue marittime, nelle angustie medesime
ricadute che nove'secoli addietro saggiate avevano
per le invasioni barbariche. E tutto ciò dirassi
un pretesto alle difese che i Veneziani in Zara
eseguirono ? E per un mero pretesto avrà la Re-
pubblica sprecato milioni di ducati, colla ftidUtà
stessa con cui del diritto storico fecer altri a'dì
nostri un pretesto per l'annessione famosa? E le
storie che narrano le sanguinose e lunghe lotte so-
stenute dai Dalmati cogli Ottomani, e le oppressioni
e i danni patiti, non altro saranno che romantiche
fole spacciate per accreditare pretesti? — Ma
queir ironico loro, .col quale, a tuo dire, i vecchi
Zaratini le nuove opere veneziane additavano ? —
E come farlo poteano diversamente? Così le no-
mavano, perchè sapeano benissimo che il governo
solo doveva ad oggetti simili provvedere, nel modo
stesso che i Zaratini attuali non potrebbero cer-
tamente dir nostre le opere austriache di tale genere.
Nè soltanto le opere di difesa la trista politica
dei Veneziani ci testimoniano ; quelle pure d'ador-
namento non furono senza peccato, e peccato mor-
tale. Pruova la così detta loggia del Comune, dal-
l' orgoglio del dominatore, a tuo giudizio, costrutta
sulla principal nostra piazza nel decoroso modo che
tuttora si vede. — Le difese pretesto, gli abbel-
hmenti orgoglio-, lo dice un I, e tanto basta. —
Ma cosa rispondono ad esso i fatti? — Lasciamo
che dell'arricchir le città d'opere vaghe e gran-
diose fu sempre da tutti i civili popoli saputo
grado alla splendidezza dei principi, e che troppo
vorrebbesi Zara ingrata e scortese al governo ve-
neto, il quale tanto fu sempre colla sua magnifi-
cenza edilizia benemerito delle arti, ed a cui essa
deve il piìi delle mighori fabbriche ond' ora s'ab-
bella; nel caso della nostra loggia il fatto stà,
mio buon I, eh' essa era, molto prima del veneto
reggimento, ed anzi è da credere fino dai tempi
del tanto da te vantato Comune hbero, un edificio
ragguardevole e da colonne sorretta), come si ri-
leva dal Memoriale del nostro de'Paoli; e se
danneggiata dal tempo, i Veneziani la ricostruì-
sero dai fondamenti nella forma nobile in cui
l'aveano trovata, non servirono con ciò pinito al-
l'orgogho proprio, ma sibbene alla dignità del
luogo, ed .ai riguardi per una città, che usa alla
vista d' un edificio sontuoso, mal avrebbe potuto
veder fatto altrimenti. p]d altrimenti avesser eglino
davvero fatto; avessero invece o non pii^i rico-
strutta, 0 ricostrutta meno elegantemente la no-
stra loggia; cosa ora direbbesi da taluni? —
Griderebbero alla barbarie, come oraparlan d'or-
goglio.
Sulla piazza medesima dov'è la loggia, edifica-
rono i Veneziani anche il corpo di guardia ; ma
vedi malizia ! proprio di fronte a quella, e barri-
cato (sono, mio buon I, tue parole) di solida trin-
cea di pietra, con due fori ben profilati, da cui
vomitar morte al bisogno ; e contro chi, già s'in-
tende : contro i cittadini, che in essa loggia rac-
colti, non si ricordassero per avventura di non
essere più il Comune libero d'una volta. —• Io
non dirò dell'uso d'erigere simili principali sta-
zioni militari nei siti principali delle città, e del-
l'opportunità ch'ebbero i Veneziani d'approfittare
del fondo d'una soppressa chiesa, ceduto al go-
verno dal Capitolo metropolitano, per ivi costruire
il corpo di guardia nostro piuttosto che in altro
punto; non dirò che se la loggia nel tempo ve-
neto era il pubblico tribunale dei dominatori stessi,
ed i cittadini ridotti eran larve di libertà, e il
nome stesso di loggia del Cornane non era che un
mentimento di hbertà, cose tutte da te pretese,
tornava inutile affatto quel militare spauracchio
rizzato ad essa di fronte; non dirò, per ultimo,
che, comunque le cose fossero, sendo stato pian-
tato il corpo di guardia nel 1562 e rifabbricata
la loggia nel 1565, sarebbe questa che colla, sua
maestosa presenza venne a porsi dell' altro in faccia,
•e a sfidarne, per così dir, l'arroganza. Una cosa
dirò soltanto, che tutti distrugge i tuoi castelU di
carta, cioè: che il corpo di guardia non è, come
a te parve, di pianta opera veneziana; che i Ve-
neziani non ci tenevan cannoni ; e che quella trin-
cea di pietra coi ben profilati buchi pei medesimi
non fu veneziana idea, ma fattura della prima
dominazione austriaca, e disegno dello slavo in-
gegnere Gian Nicolò Voinovich - Nachich. La dif-
ferenza del materiale e del lavoro balza troppo
chiaramente all' occhio ci' ognuno, che turbato non
sia da traveggole, per distinguere l'opera del 1562
da quella del 1798, ed in ogni caso, tu che onori
di lettura i lunarii, potevi anche ciò rilevare dal
Rammentatore zaratino del 1844, e più precisa-
menle dall'altro La città di Zara del 1856.
Insieme colle fortificazioni surse anche la nostra
porta di terraferma, in cui tutto bello, tutto gran-
de, tutto magnifico, da te pur mio buon I, col
tuo solito ghigno, fu ritrovato; ma v'è un oggetto
anche là, sopra cui l'occhio tuo slavo mestamente si
ferma : il leone di San Marco, stemma di Venezia,,
molto più grandeggiante del cavallo di Stm Griso-
gono, stemma di Zara. Ed ecco in tal sproporzione
frisum teneaUs amici) il simbolo del più ingenerosa
dilegio del vincitore sul vinto, di Venezia su Zara.
Povero Sanmicheh! chi mai t'avrebbe detto che di
sì prave intenzioni sarebbe un giorno accusata
l'opera tua, e in ciò che all'occhio tuo sperto
consigliavan le norme del bello simetrico, altri oc-
chi, di tempra ben differente, scoperto avrebbero
dopo tre secoli un marchio di schiavitù, un sim-
bolo artificioso di soperchianza e d'insulto ! All' a-
cutezza di questi occhi sfuggiva però la bella i-
scrizione della porta stessa, in cui viene tant'o-
norevolmente indicata la città nostra con quelle
parole: Ciim urbeni Dalmatice princìpeni, oltni Po-
pali Romani Coloniam ecc.; parole tutt'altro che
di sprezzo e dilegio, e che poste daccanto a quel
civico stemma, compensano ben largamente la mal
notata sua piccolezza. Ad ogai modo, se la forma
pili rimarchevole dello stemma d'un regno in con-
fronto a quello d'una città puossi ritenere per un
dilegio, sarebb'esso già ricaduto su Venezia me-
desima, la quale vede ora nel proprio stemma
l'aquila con due teste accoccolata in proporzioni
molto più grandi sopra il leone con l'ali; e così
Zara ne sarebbe pienamente già vendicata, ov'ella
mai nutrire avesse potuto q'iaìche igimobile riseu-