J.IIIIO
ìl^rcl^O (à' associ'azionp in valuta austrii^ca pep
Zara: per un anno fiorini 8; per sei piosi Horini iy
per tre mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provinci*
e fuori: per un anno fiorini S; per sei mef?i fiorini 4
soldi 50; per tre mesi fioi-ini 2:25, Per 1' es;tero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi pr«zzi iij argento, fran-
chi del porto-posta.
G torna le p o I i ( i co-le ( ter a ri o
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gruppi e is Mrr.nii.wsloiii, frandii delle spiesj»,
postali, isi liirigcno ir, iSara a Vincenza DuplancicK He-
drtitore dt:i!a Voce palifliill^a, e gii abbuonamenti,
neo-ozii l-i;>rsri! iJsi si^-n&ri fratelli Battara e PiJtr«
Abeìich. Gli avvi«; di H jiuse «ostaco I Corina, « o|r,ji
linea di pià soiMi 6'. La tfiHsa di finanza resta a canco
del comeiiuente. Un nuiner« separato costa soldi IO
Zara, 15 giugno.
Nel famoso articolo di fondo cM Nazio?iole n, 27,
fra le altre cose si legge : "Alla nuova redazione
della Voce Dalmalica una sola domanda. Com' è,
di grazia, clie i "contraddicenti„ del Nazionale, in
tre soli mesi d' esistenza che ha il loro periodico,
acquistarono più di 600 lettori, de'quali poco men
di 500 in Dalmazia ; mentre la Voce Dalmalica,
die pur trattò ampiamente nel suo senso la que-
stion politica dell' annessione, non n' ebbe mai, per
intero, 450; quantunque raccomandata dalle au-
torità comunali, accetta forse all' autorità politica,
e "onorata col nome e cogli scritti di Nicolò Tom-
maseo,,? Viste queste cifre, dirà ancora l'onore-
vole redazione della Voce Dulmaiica, che le nostre
* contraddizioni furono già giudicate dall'opinione
pubblica,, ?
Siccome tale domanda, più die la nuova, ri-
sguarda la vecchia redazione di questo giornale;
così la medesima, per sollevare 1' altra, di fresco
subentratale, dall' incomodo della risposta, osserva
quanto segue:
fc Tutti sanno quanto interesse ab])iano per le at-
tuali condizioni dei tempi le notizie delle vicende
politiche, e quanto, appetto delle medesime, da
cui tutta viene assorbita l'attenzione del pubblico,
perdano d'importanza quelle concernenti soltanto la
letteratura e 1' economia, motivo per cui tanta è
oggidì la scarsezza, in certi paesi, dei fogli periodici,
che esclusivamente se n' occupino. E se ciò al-
trove, quanto più nella Dalmazia, ove l'esistenza
della stampa periodica, non politica, ebbe sempre
così poca fortuna. Il confronto quindi tra la vec-
chia Voce Dalmalica, soltanto economico-letteraria,
("A i\ Nazionale politico-letterario, non può dar
base per giudicare dell' opinione pubblica in favore
dell'uno piuttosto che dell'altro di tai giornah.
Cionondimeno, stando alle cifre surriportate, assai
più, certamente, avrebbe a compiacersene la prima
di quel che il secondo. E di fatti : quest' ultimo,
con tutte le premare usate per la sua ditFusio-
ne, con tutto il solletico d' una parte slava, con
tutta la vastità del campo aperto alle sue discus-
sioni, e con tutto il suo fervore nei trattare la santa
causa da cui prese il titolo, non avrebbe alla fin
iìne in tutta quella Dalmazia, a cui esso partico-
larmente consacra il zelante suo apostolato, nep-
pure 50 lettori (vorrà forse dire associati) più della
vecchia Voce Dalmatica, la quale ristretta alle sole
cose letterario-economiche, dovè tenersi entro i
propri confini per modo, che se anco trattò, sotto
quegli aspetti che le si competevano, la questione
dell' annessione, mai potè farlo così ampiamente,
quanto il Nazionale pretende, e quanto esso può
e fa ora. Quand' anco poi ai detti 50 si volesser
aggiungere i poco più di 100 lettori fuor di Dal'
mazia, che il Nazionale asserisce d'avere più
della sua rivale, ponderate imparzialmente le cir-
costanze tutte che sopra dicemmo, ed altre che
devono rendere il Nazionale ben accetto special-
mente in Croazia, non avrebb' esso al certo di che
menare gran vampo in confronto della vecchia
Voce Dalmatica,
La quale, d' altronde, lìon tutte godè quelle a-
gevolezze che jl Nazionale pretende, Raccomanda-
zioni delle autorità comunali essa mai m ricercò
nè seppe che fossero praticate a suo favore, sendo
stata la sola Comune di Zara che le accordò spon-
taneamente un sussidio d'annui fior. 200 per un
trièmiiio : suàsidio, la cui metà dovendo eas^'e im-
piegata, com' è noto, a non suo materiale vantag-
gio , si riduceva in sostanza ad annui fior. 100
soltanto. Neppure d'essere accetta ali' autorità po-
litica la vecchia Voce Dalmalica giammai s'accorse,
ma ebbe anzi, fra le altre gioie di cui fu sparsa la
sua carriera, l'onore di due processi, d'uno dei
quali, tentatole dagli illustri professori di questo
ginnasio ab. Diinilo e dr. Klaich, per lesione, d'o-
nore, la sua redazione, a dir vero, non si curò
mai di saper 1' esito, mentre ben sa che se dal-
l' altro, tenutole per lunghi mesi pendente sul capo
a titolo niente meno che di sedizione, restò assolta,
fu soltanto in effetto degl' imparziali giudizii di due
tribunali, e non d'alcuna indulgenza dell' autorità
poHtica, la quale anzi non mancò d'agire con tutto
quel fervore che stimava di suo dovere. Circa poi
l'accenno a Nicolò Tommaseo, quanta sia la ve-
nerazione dei veri Dalmati per un tal nome, il
Nazionale lo sa per prova ; gli scritti di lui però,
benché tali, da onorarsene qualunque giornale, fu-
rono così rari nella Voce Dalmatica, da non poter
ai medesimi attribuirsi ciò che altri vuole far tra-
vedere. Il favore quindi goduto neir opinione pu-
blica dalla vecchia Voce Dalmatica, oltreché supe-
riore, pegli esposti confronti, a quanto il Nazionale
pretende, non fu ad altro dovuto che all' affetto
dei veri Dalmati pegli interessi della patria, loro ;
affetto di cui riesce tanto più sjjlendida la prova,
quanto più gravi sono le scabrosità politiche ed
economiche con cui deve la povera nostra pro-
vincia continuamente lottare.
A Nicolò Tommaseo
il IimicipiQ di Spalato.
Senno civile de' Dalmati, tuona un detto di ve-
rità, che vendichi l'onta fatta all' ONOR nazionale
e disperda l'apostolato della discordia e deli' o-
scurantismo su questi fidi, già troppo e lunga-
mente desolati.
Banditori di redenzione apprestarono alla patria
catene inorpellate dei nomi speciosi di nazionalità
e fratellanza; contesero il seggio del sapere alla
civiltà latina, e la bestemmiarono accusandola di
essere ostacolo allo svolgimento del nazionale pro-
gresso; imprecarono alla lingua cui devono quanto
sanno, e, non conoscendone un' altra, articolarono
suoni fortunatamente non compresi e ripudiati dal
popolo; vilipesero i liberi figli della patria, cuopren-
done di vituperio i credenti; predicarono dogmi
di sovversione e di sangue, e compromisero la
sicurezza e la pace dei fratelli vissuti per secoli
in ammirata concordia,
Il senno civile dei Dalmati giudichi e condanni
chi ha compromesso 1' onor nazionale e la pace
della patria.
E a Te che, grande di fama imperitura, non
sdegnasti, facile e pio^ di spezzare il pane della
verità ai figli di questa terra, dettando precetti
di prudenza politica, mai confutati, per quanto
abborriti dai fautori dell' ž^nnesgione ad ogni costo ;
a Te mite di animo, ma pure fieramente incon-
cusso nei santi principii la cui fede suggellasti
coli' esigilo e colla povertà ; a Te la cui anima
libera, trasfusa negli atti magnanimi, desta un fre«
mito di patria carità nei nostri petti, e ci fa pre-
saghi di giorni che redimano l'inerm secolare;
a Te benedizione e onore ]
Spalato, superba di noverare k #vicke glo-
rie il tempo e le dire di tua educaziasB giova-
nile ; Spalato, non invida alla gentile e diletta so<
rella che ti diede i natali, ma felice di divider^
con essa il vanto delle prime aure di vitat e del]^
scienza del grande figlio di Dalmazia; Spalato, per
la voce del suo Municipio, Ti saluta, genio di
e di verità, faro di sicura direzione fra le sù'ti
elevate dagli imprevvidenti.
Non è a vendicare il Tuo nome che la VOG|
di un popolo si eleva fra Te ed un insano, e scqa^
fessa, la follia di lui che Ti avventava un sarca^?
mo impudente, a.busando della cara lingua
insegnata da'Tuoi maestri volunai.
Parve facile impresa lo sfrenarsi sull' esule^ loa.^
tano e fu tentata; ma lo strale incontrò l'usbergo
adamantino del publico rispetto, e, spuntato, rU
percosse nel cuore della patria.
Dalmazia in Te difende se stessa e i suoi
fetti e le sue aspirazioni più pure. Un senso ^
dignità la istruisce che quella, voce di fastoso VH
lipendio non arriva alla sfera di onore dove ess%
Ti venera e plaude al Tuo nome, giusta, se pure,
aflettuosa, apprezzatrice di Tue rare virtù, del
cuor generoso, deli' anima incontaminata : eco di
autorità incontestate ed imparziali, come sono l'i-
tale glorie, nella cui luminosa cercMa Ti decretò
onorato seggio la storia.
All' insolente sia pmiizione 1' aver osato di al?
zare lo sguardo su Te, splendido propugnatQra
delle patrie IFpertà: cliè, siccome la luce accec^
chi temerario la fissa, egli, strige croata, si è eon^
dannato a non comprenderti apostolo di una li-
bera Slavia, ma ti travide parteggiatore dell' og^^
quando ne' Tuoi dettati germoglia e si matura una
scienza, un presentimento, una profezia !
E Tu grande per animo, quanto illustre per
opere della, niente, non cercare a che alluda que-
sto fremito della dalmata terra, echeggiaote de|
nome Tuo: ignora e perdona.
Spalato, 10 giugno 1862.
Nel n. 7 del nostro giornale venne pu"bl?lic.at^
la mozione fatta da molti sQcii del gabinetto ^
lettura di Spalato perchè, raccolta d' urgenza la
società, venisse pei motivi addotti votata l'espul-
sione da quel gabinetto del periodico il NmomU
per decreto della società stessa.
Perchè il pubblico possa conoscere il vero
delle cose, e non sia obbligato ad indovinare
verità interpretando a rovescio certe corrispondenza
del Nazionale, pubblÌQliia,mo ora, altri due atti yis-
guardanti la suddetta mozione — la risposta dj.
alcuni membri della direzione di quel gabinetto
lettura in opposizione alla mozione suddetti^, § j|i
replica dei proponenti,
S giugno 1862,
La proposta di respingere da questo gabinetto
di lettura, per solenne decreto della società, il
Èfazionale,' Unàerebhe, per avviso dei sottoscritti,
anzicchè ad omaggio di venerazione per parte della
città di Spalato al nostro insigne Tomma§eOj ad
inasprire i partiti, a disseminare la discordia e
ad accderare forse la dissoluzione di questa i-
stituzione tanto utile, che ognuno ne deplorerebbe
certamente la perdita. Animata la direzione anzi^
tutto dallo si3Ìrito di moderazione e cittadin§i con-
cordia, si trova in debito di dichiarare ; che epM
trova inopportuno e forse pericoloso il con vacare
la società perchè sia da questa deliberato
ripulsa M Nazionale da questo gabinetto, e pr§ga
&.ÌÌZÌ gli ono^ovoli losciittai'i a ritirare la.lore
rit SI €^ìiig-iio 1§63. Aline» Voce Dalmatic
Prezzo đ'associa2!ÌQiie in valuta austriaca, per
^ara: per un anno fiorini 8; por sei ni.-si fiorini 4;
|)«r tre mesi fiorini 2. Pel rimanente Hclla Provincia
e fuori: per un anno fiorini 95 per sci iiipsi fiorini 4
s;oldi 50; per tre masi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
clii del porto-posta.
Giornale polUico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gruppi e le comniissioRÌ, franchi delle spt-.si!
postali, si tlii'igono in Zara a V incenzo Duplancich hi--
dattore delia Yoce Dalmatica., e gli abbuonamenti, ai
iiegozii librarli dei .signori fratelli Battara e Pietro
Abelich. Oli avvisi di 8 linee costano 1 fiorino, e ogni
linea di più soldi 0. La tassa di finanza resta a carica
del roinuiiitentc. Un numero separato costa soKli IO
Rivista politica.
L'allocuzione del papa ai cardinali e vescovi
raccolti in Roma, e più la risposta fattagli per
bocca del cardinale Mattei in loro nome è tutta-
via r avvenimento piìi importante di questi gior-
ni in Italia. Non tanto le dichiarazioni esplicite
dei vescovi sul mantenimento del poter temporale,
(le quali non era da credere avessero ad essere
diverse), ma la violenza del linguaggio, l'asprezza
della forma, le invettive contro gli autori dei fatti
finora succeduti, passano quanto poteva aspet-
tarsi, e quanto era probabile potesse essere da
€hi A^eniva assalito facilmente tollerato. Dopo a-
vjre lodato il papa delle sue virtù, ringraziatolo
tli averli raccolti intorno a sè, in tempi difficilis-
simi, per consolarlo afflitto e aprirgli l'animo pro-
prio, e del clero e del popolo, passano a lamentare
gli orrendi misfatti di coloro che devastarono i
suoi stati e, ad onta dei dhitti e del lungo pos-
sesso, e dei trattati, giieh rapirono. Deplorano die
€gh sia stato spogliato delle provincie, le cui ren-
dite servivano al decoro delia S. S. ed all' ammi-
nistrazione della chiesa, da usurpalori che hanno la
iiberlà per velo alla loro nudhla. Dichiarano il prin-
cipato civile come necessario, affinchè il papa, non
soggetto, ne ospite di chicchessia, possa in piena
libertà governare la chiesa e la società cristiana.
Come aìTebbero potuto eglino adesso venire da
ogni parte del mondo a conferire con lui di gra-
vissimi negozii, in paese obbediente a un principe
al proprio signore sospetto ? Lo lodano quindi della
resistenza fatta (e lo incoraggiano a proseguirla), lo
lodano dell' aver dichiarato voler difendere e con-
servare possedimenti e diritti appartenenti a tutto
il mondo cattohco, condannati i scellerEiti usurpa-
tori dei beni ecclesiastici, proclamato nullo ed irrito
ciò che quelli avevano fatto, i loro atti illegittimi
e sacrileghi, essi scomunicati. Si uniscono pertanto
al Santo Padre, e a loro volta, a nome puranco
di tutti i vescovi assenti, e del popolo che rap-
presentano, condannano e riprovano gli errori e-
numerati, i sacrilegi, le rapine, le violazioni del-
l' immunità ecclesiastica e le altre cose nefande
commesse contro la chiesa e la Santa Sede. Firma-
rono l'indirizzo i cardinah-vescovi soltanto, onde
dei 44 che si trovavano a Roma soli 21, e 265
vescovi, dei quah appena 40 italiani, È chiaro per-
tanto per cosiffatta decisione che nel pensiero di
quei prelati, l'ultraniontanismo prevale, che 1' u-
tilità della Itaha, l'interesse della nazione , e il
bene dei popoh governati, è posto da banda ; per
non por mente che air interesse universale della
chiesa, o meglio della casta clericale, e dell' alto
clero. Roma è nostra, sclamava dall'alto dei pergamo
di Sant' Andrea della Valle il Dupanloup, e lìoma
è nostra, ripetono i vescovi nel loro indirizzo, e tale
deve essere se anche i re e le potestà del secolo
venìssm agli ultimi provedimenii. "Che irrompano
dunque, sclama la Perseveranza, gh eserciti, che
ritaha vada a ferro e fuoco purché sulle sue rovine
gi ristabilisca l'integrità del principato romano.,,
Era ben naturale che siffatte esorbitanze fa-
cessero in tutta Italia una sinistra impressione, e
che soprattutto a Torino se ne avesse a sentire
dolore e sdegno, vedendo così volersi ad ogni
modo prolungata una lotta, il cui esito non può
esser dubbio. Se ne commosse altamente il par-
lamento italiano, dove fu fatta proposta eli presen-
tare un intlirizzo al i-e perchè vogUa afirettarsi
a dichiarare solennemente dover essere Roma la
capitale d'Italia, confidando gì' Italiani che la so-
luzione della quistione abbia ad essere conforme al
voto del 17 marzo 1861. Dopo breve discussione
se si dovesse subito passare a voti senz' altro
una proposta evidentemente opportuna, fu essa a-
dottata all' unanimità e nominata la commissione
per redigere l'indirizzo. Propongo, disse Bixio, de-
stando r ilarità della Camera, sia dato l'incarico
dell' indirizzo al generale Pinelli ; intendendo che
meglio le armi, che 1' indirizzi aprirebbero agli
italiani le porte di Roma. Che lo stesso gover-
no intenda a risentirsi e forse voglia approfit-
tare dell' occasione per più sollecitamente farla
finita, apparirebbe da un articolo della Monarchia
nazionale organo ministeriale, che critica l'allo-
cuzione del papa, dice la lotta essere giunta al
termine, il governo dover vigilare e colpire, dover
troncare gì' indugi, e dopo i fatti, e compiuto il
nuovo edifizio, gh accordi aver a venire da sè.
Continuano intanto le voci che la Russia in-
tenda riconoscere il regno d'Italia, in seguito
a trattative incamminate col gabinetto delle Tui-
leries. Secondo un corrispondente dell' bidépen-
clance Belge, un dispaccio di Gortchakoff la mostre-
rebbe pronta a riconoscerlo, dove quel governo
non tollerasse che colà 1' emigrazione polacca si
organizzasse. È bene a credere, che quegli non
abbia ad avere grandi difficoltà ad ammettere sì
facile condizione per averne un vantaggio sì grande.
Dove avvenga il riconoscimento della Russia, è
ben naturale che abbia a seguire immediatamente
quello pure della Prussia.
Le annunciate sconfìtte dei federali in America
sembrano essere state riparate da nuovi trionfi.
Grande battaglia sarebbe successa vicina a Rich-
mond, la quale, combattuta con varia vicenda, sa-
rebbe riuscita a definitiva vittoria dei federah. Di
trattative intanto d'accordi, per intromissione della
Francia e dell' Inghilterra, si parla con insistenza.
Sarebbero patti, la conservazione pel Nord del
Kentucky del Tennessee e dell' Arkansas, e lo scio-
glimento dall'unione degli altri Stati del Sud; non
vi sarebbero dogane di terra tra le due confede-
razioni, e il sud prenderebbe impegno di mighorare
la condizione degh schiavi e di prepararne 1' eman-
cipazione. Dove questi patti non fossero accettati,
Francia e Inghilterra riconoscerebbero il sud.
Notizie importanti ci pervengono dalla Serbia.
A Belgrado 1' uccisione di un ragazzo serbo per
parte dei soldati turchi sembra aver dato occa-
sione ad un conflitto, in seguito a cui la guarni-
gione turca avrebbe abbandonata la città e si sa-
rebbe ritirata nella cittadella. Un dispaccio del
Nazionale poi, annuncia ardere già una parte della
città, in seguito al succeduto bombardamento. Stia-
mo in attesa di ulteriori notizie, che chiariscano
la gravità dei fatti, e permettano di prevederne
le conseguenze. Certo che se ai serbi non fu dato
di impadronirsi della cittadella, niente di buono
possiamo prevedere per Belgrado, che potrebbe
essere in breve ora distrutta. V è chi di tutto ciò
si rallegra, ripone la speranza nella riazione, e
nella guerra che potrebbe nascerne contro la Porta;
nel riaccendersi della insurrezione nelle altre Pro-
vincie, nel trionfo del popolo, nel crollo dell'im-
pero turco, nel sorgere dell' impero slavo ; ma a
noi, cui la vista non tira tanto lontano, e ad altri
ancora pare più probabile che un dispaccio abbia
ad annunciarci che , . , Y online regna a Ddgrado.
Sembra che un annistizio sia già stato conchiuso
tra il Montenero e la Porta,, in seguito a proposte
di accordi fatti dalla Francia e Inghilterra, col con-
sentimento dell'Austria, pei quali sarebbe consentito
al Montenero la Ubera comunicazione con la baia
di Antivari, cioè lo sbocco al mare, tanto desiderato.
Accenniamo per ultimo alle nuove voci di un
abboccamento tra i sovrani di Francia, Russia,
Prussia ed Austria. Napoleone lasciò già Parigi
per la sua villeggiatura annuale. Dicesi pertanto,
essere suo intendimento di restituire al re Gu-
glielmo la visita fattagli 1' anno scorso a S^int-
Cloucl, e che l'imperatore Alessandro, che si re-
cherà a Varsavia, muoverebbe il passo fino a Ber-
hno. Francesco Giuseppe poi, se una riconcihazione
succedesse tra l'Austria e la Russia, per intromis-
sione della Francia, verrebbe a suggellare la pace.
Ai Dalmati.
Il cordiale atto vostro mi dà contezza d'un
nuovo componimento, del quale io m'ero per più
ragioni interdetto il solletico : e io di questa prova,
a' figli miei memoranda, d'affetto godrei pienamen-
te, se non pensassi quanto i savi e gli onesti che
in alcuna parte dissentono nella questione da me,
e che speravano dal giornale del signore Sperato
ricevere conforto e onore, debbano essere umiliati
del combattergli a fianco. Io vo' sperare che solo
il signore Sperato sia il padre legittimo del sud-
detto componimento, e non abbia avuto nè det-
tatore nè suggeritore veruno ; perchè la carità e
la logica insegnano non moltiplicare gli enti (e
specialmente certi enti) senza necessità. Lui felice,
che il prime soffio della P'ama 1' abbia fatto dalla
cima del Velebit capitombolare d' un subito nella
posterità : lui felice, che tanti uomini di cuore ab-
biano creduto dovere per un istante pensare a lui
sul serio, pensare sul serio a lui. Ma le glorie di
lui costano caro alla buona Croazia, buona e sem-
pre disgraziata, che vede da tutte le parti mac-
chiarsi r abito nuziale delle sue libertà, Coloro che
già fanno gh spari dello sposalizio, non pensano
che il novello sposo non è ancora trovato e, ve-
dendo lo sguì^rdo de' potentati europei rivolto alla
Sia via del mezzodì, non domandano se ad essi sia
ancora caduto in mente di farne capitale Zaga-
bria ; se il diritto storico e il naturale, se la con-
venienza e la possibihtà lo consentano. L'amor loro,
al certo innocente, non s' accorge di che gravi
impacci sarebbe alla Croazia cagione se fosse e-
saudite ; perchè quella povera gente, molto rispet-
tabile in sè, fatta segno di tante aspettazioni, non
ci potendo corrispondere, inesperta com' è della,
vita civile, e più ignara de' proprìi fratelli che
ignorata da essi, porterebbe la pena di falli non
suoi. Quand' io, nel coniune silenzio, alzavo la voce
presaga per ramn\ent£^re a tutte le genti slave,
coi loro diritti insieme, i loro doveri tremendi ;
intendevo ben più ardue e più grandi cose di quelle
che alcuni sognano adesso avverate. E i Dalmati
le avvereranno (io n'ho speranza; nè qui mi con^
viene abbondare in lodi che parrebbero vanti), le
avvereranno col tranquillo coraggio sereno, colla
infaticata costanza, colla concordia generosa, col
sincero e benefico rispetto del popolo, il quale da
ultimo discerne i suoi veri amici, e sa giudicare
le commiserazioni sterih e le interpretazioni sini-
stre, gli ardimenti cautissimi e i coraggi insolenti,
le promesse impotenti e le digrignanti minaccie,
25 €^ìttsiiO 1§62, Anno II La Voce Dalmatica
Prezzo d'associazione in valuta austriaca pf»r
Zara: per un anno fiorini 8; per MM mesi fiorini
per tre mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
e fuori: per un anno fiorini tì; per sei mesi fiorini 4
solili 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per 1' estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
chi del porto-posta.
Giornale poliìico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
i grn^fw' e 'e cinumisKioni, franclii ilelle spesa
j>o>4(ali, tii dirison«» in Zara n \ ituteiizo Diiplancic'i Ke-
datfore della VocC I>ttl!ì3ìttÌ(.';J, gli abbuonamrnti, ai
ne^ozii libraiii dei (ii^jioii jranUi Batiara c Pictru
Aln-lic'i. (i!i m \ isi di S ii/i;.-« ooftano I fiorino, e ogni
linea di più snidi i>. J<a (;t>sa (ii finanza resta a carico
del romwiuesjitj. Un nmaorif srparato costa ^oidi IO
Que' signori soci che non avessero
peranco soddisfatto la rata scaduta^ sono
jDregati di versarla quanto prima, onde
evitare ritardi nel ricevimento del giornale.
Zara, 24 giugno.
Nelle sedute della Camera dei deputati dei 16,
17 e 18, vemie discusso il budget della guerra e
delia marina. La somma prima proposta dalla com-
missione, per r esercito in istato di pace, ascendeva
£i 82 milioni; ma avendo il Ministro Degenfeld di-
chiarato essergli impossibile di limitarsi a meno
di 92 milioni, la maggioranza adottò quest'ultima
cifra e la propose alla Caméra. Notevole, nel vi-
vissimo dibattimento, fu la proposta del deputato
Skene, d'invitare il governo a regolare stretta-
mente l'avanzamento degli ufficiali, secondo Tan-
zianità, la capacità-e i meriti, proposta die im-
plicava un biasimd sulla condotta passata del go-
verno a questo riguardo; nè, a dire il vero, ingiusto.
Chi non ricorda gli ultimi sinistri avvenimenti,
quando l'inettitudine di alcuni ufficiali superiori
produsse rovesci militari che trassero seco solenni
disfatte politiche e finanziarie e perdite irrepara-
bili ? La Camera concluse finalmente adottando la
proposta della maggioranza del comitato, e la pro-
posta Skene, e fissando a 92 milioni il budget
della guerra.
Nella seduta ,di mercoledì fu dato principio alla
discussione generale sul budget della marina, e in
essa posta la questione dell'aumento della flotta.
Fra gli opponenti al rapporto della Commissione
che mostrava la necessità di risparmi, o di limi-
tarsi almeno al preventivo fissato, furono i nostri
deputati Lapenna e Glmbissa, i quali sostennero
con gran calore, e dimostrarono con speciose ra-
gioni la necessità di aumentare la flotta, e per pro-
teggere il commercio marittimo e per difendere le
coste da una invasione nemica. Mentre siamo lieti
di poter rendere nuovo tributo di lode al Lapenna
per la facondia del dire, dobbiamo schiettamente
confessare che siamo assai lontani dal dividere
questa volta le sue opinioni. Un aumento della
flotta quale sarebbe consigliato dai nostri deputati;
tale cioè, da renderla pari alla flotta italiana, coni' è
presentemente, e come sarà in seguito; porterebbe
im enorme dispendio, incompatibile col misero stato
delle nostre finanze e che da solo controbilance-
rebbe e annullerebbe i vantaggi ottenuti pei ris-
parmi negli altri rami dell' amministrazione ; dis-
pendio che non sarebbe per nulla giustificato
dalla necessità dello stato, nè consigliato dalla u-
tilità delle singole provincie. Una invasione degli
Italiani sulle coste orientali dell' Adriatico non è
a supporre, perchè non necessaria allo scopo a
cui tendono, che è l'affrancamento del veneto.
Potrebbe al piìi succedere uno sbarco temporaneo
e uiìa occupazione fuggevole, allo scopo di aprirsi
il passo per dar mano a insurrezioni lontane; non
mai coir intendimento di impossessarsi di paesi
il cui conquisto ad ogiji modo non potrebbe es-
sere condotto a fine nè mantenuto da una parte, o
conteso vahdamente dall'altra, se non che cogli e-
serciti di tèrra. Quanto alla protezione del com-
mercio marittiìi^o , è questi pur troppo^ eh assai
poca rilevanza, perchè" non' basti à tutelarlo la
flotta attuale, Senza colonie, senza esportazioni di
gl'ave importanza, le nostre operazioni di com-
merciò sono il transito, cioè il trasporto degli og-
getti di commercio da uno ad un altro stato e-
stero, onde la sola utile protezione è da ricer-
carsi in buoni trattati internazionali-
Questa opinione, a cui appena per la ristrettezza
di tempo e di spazio possiamo accennare, viene da
noi francamente manifestata, perchè sappiamo non
esser soltanto nostra, ma, contrariamente a quanto
i deputati nostri asserivano alla Camera, della
grande maggioranza dei Dalmati. Alcun tempo fa
certo dottor Nazor dalmata, impiegato in quahtà
di medico nell'i, r. marina, apparve tra noi, con
la missione, a quanto sembra, di ottenere dalla
popolazione nostra dimostrazioni favorevoh all'au-
mento della flotta. A questo fine si adoperò egli
presso la Giunta provinciale, i Municipii e le Ca-
mere di commercio; ma sappiamo di certo aver
egli trovato dovunque assai freddo accoglimento,
risposte evasive, e aperti rifiuti. Se alcuni indirizzi
e rapporti favorevoli ottenne, fu alla Brazza sua
patria, dove le relazioni sue personah possono aver
giovato allo scopo al cui ottenimento mostrava es-
sere personalmente interessato. Sapj^iamo di più che
fatta da persona autorevole ricerca • dell' opinare
a questo riguardo degli abitanti di Lussin-piccolo,
che per essere specialmente dedicati alla naviga'
zione, dovrebbero avere a ciò maggiore interesse,
ne ottenne risposta apertamente contraria ; conva-
lidata da ragioni e argomenti inoppugnabili.
Ciò che troviamo peraltro, nelle cose dette in
questa occasione dai deputati nostri, altamente lo-
devole , a cui r opinione del paese pienamente
s' accorda, è la lamentanza e la protesta contro la
preferenza data finora dal governo, neh' impiego
di ufficiali di marina, a stranieri nati in paesi di-
scosti e montani, ignari della lingua nostra, af'
fatto inesperti del mare, sopra i Dalmati e i litorani,
le cui maggiori attitudini sono così evidentemente
palesi > è soprattutto la protesta contro l'esigenza
della cognizione della hngua tedesca in ufficiah che
devono pure parlare a' marinai che la ignorano com-
pletamente.
Le ultime notizie telegrafiche pervenuteci ci
danno a conoscere che la proposizione della com-
missione sul budget della marina venne dalla Ca-
mera a grande maggioranza adottata.
Consiglio municipale di Zara.
Seduta pubblica del giorno 2S con.
Il sig. podestà alle 6 pom. apre la seduta
ed espone, come essendogh pervenuta colla posta
di ieri una lettera di Tommaseo in risposta all'in-
dirizzo del Municipio, egli si credesse in dovere
di farla nota al Consigho, onde soddisfare all' an-
sietà con cui da ieri si desidera di conoscerne il
contenuto, quindi in mezzo al piix religioso silen-
zio si legge:
Al Municipio di Zara,
Signori, -
Quand' anco io avessi,. colle opere dell' ingegno
e della vita, soddisfatto al desiderio mio d' ono^
rare e giovare la patria quanto si conviene alle
sue necessità, e a' suoi dolori e al nome suo, inte^
merato nella storia -de' popoli (dal che, troppo sento
quant' io mi rimanga lontano) ; la manifestazione
solenné dèi vostro afifetto, b signori, me ne avrebbe
ampiamente rimeritato. Quand'anco la coscienza
dell' avere obbedito a ua dovere sacro, dell' essere
interamente nella verità e ad diritto del soste-
nere il decoro e T utilità vera di tutto il popolo
nostro e di tutte le genti slave, e di voler rispar-
miare danni e rimorsi alla Croiizia e agli avver-
sarli nostri stessi, non mi collocasse tant' alto ch3
fino a me non possono giungere i non umani ru'
mori, non che le immondizie avventate con fiacca
mano dal fondo ; quand' anco fosse capace 1' anì^
mo mio di vendetta ; io dovrei dalla pia indegna-
zione che voi significate con tanto vigore, tenermi
e delle passate e delle future contumehe vendi-
cato. Ben mi dorrebbe che nella terra nostra, ri-
scaldata non meno da un senso invitto di gene-
rosità che dal sole benigno, nota da secoli al mondo
per r ospitalità nell' angustie sue esercitata verso
gU stranieri e gU ignoti, potesse trovarsi un Dal-
mata, pur uno e qual che egli si sia, discoi'tese
a un compatriota lontano, esule, quasi cieco, op-
presso da occupazioni e da cure, tratto per forza
a entrare nella questione da chi, frantendendo hj
sue parole, voleva commetterlo in coiitraddiziomi
seco stesso, e far della debole autorità del suo
nome puntello a improvide meschine mire. Ma
poiché il detrattore rifugge dall'essere Dalmata,
e legittima origine non rinviene che tra'Croati;
lasciamglielo, e la Croazia*-compiangiamo. E giac-
che doti de' Dalmati son sempre state la cordia-
lità e la costanza, la veracità e la franchezza;
senz' avere in dispregio le altri genti, serbiamo
religiosamente il costume de' nostri maggiori : e
r avvenire è per noi.
Credete, signori, alla rispettosa perenne rico^
noscenza del vostro
Compatriota affe.mo
N. TOMMASEO,
17 giugno 1862, di Firenze,
Tocchi soprattutto dalle espressioni degli ultimi
periodi gh astanti, accolgono con riverenza le pa-
role del grande uomo, ed a significare col fatto
di quale amore sia da noi rimeritato il suo af-
fetto alla patria, il consigliere nob. Ponte presa
la parola dice;
«L'illustre Nicolò Tommaseo, gloria di Dalmazia
sua patria, sublime per scienza e per amore alla
terra sua nativa, cui sempre rivolge il pensiero af-
fettuoso, è esule per pohtici avvenimenti, alla nostra,
provincia non riferibili,,.
Pacificati tali movimenti, la grazia sovrana fu
concessa per altre provincie a quelh che vi pre-
sero parte, ma non per Dalmazia, rimastavi estranea,
e perciò pochi dalmati altrove in simili,fatti im-
plicati non parteciparono alla generosità sovrana".
"A. Nicolò Tommaseo negli ultimi suoi anni po-
trebbe sorgere più imperioso che mai il desiderio
di rivedere la patria or interdettagli^.
'-'Propongo per ciò che lo spettabile Consiglio
innalzi umilissima supplica a Sua Maestà I. R. A.
il generosissimo nostro Sovrano, con preghiera che
voglia benignamente degnarsi di accordare il liberò
ritorno a Nicolò Tommaseo negU stati austriaci, od
almeno in' questa provincia, non vincolato a condi-
zioni, essendocchè la grandezza di Tommaseo da
una condizione sarebbe iiniiliata, e la sua integrità
e delicatezza assicurano, più d' ogni condizione, che
dal suo ritorno non potrebbe derivare alcun pro-
giudizio
Il Consiglio approva ad unanimità.
Passata quindi a pieni voti la parta del conto
%aB*a Oìugiio 1§63. Voce Dalmatica
Prezzo d' associazione in valuta poi-
Zara : i)t;r tilt anno fiorini 8; per sei nifsi fiorini 4;
per tre mrsi fiorini 2. P,-l rimanente (iella Provincia
ti fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
solili 50; per tre mesi fiorini 2 : 25. Per l'estero, e
pel lioaibardo Veneto gli stessi prezzi in argento, (ran-
chi «lei porto-posta.
Giornale polìfico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gnippì e le cflinniis«>ioni, franchi delle spese
postali, si (iiria;on» in Zara a \ incenzo Duplancieh Re-
dattore «Iella Voce Dalmatica, e sii abbuonamenti. ai
neicozii librarli dei sij^nori fratelli Battara e Pietro
Abelicli. ò'Ii avvisi <li 8 linee costano I fiorino, e ogni
linea «li più soldi C. La tassa di finanza resta a carico
«lei committente. Un numero separato costa soldi IO
Qne' signori soci che non avessero
peranco soddisfatto la rata scaduta, sono
pregati di versarla quanto prìma, onde
evitare ritardi nel ricevimento del giornale.
Rivista politica.
La Camera di Torino votò nella seduta dei 18
r indirizzo al re in occasione della risposta dei ve-
scovi alla allocuzione del papa. Il suo tenore non
importa nè una sollecitazione al governo o un me-
ntorandum per la sùbita risoluzione della questione
romana, uè una risposta alle contumelie dei vesco-
\ì : è una semplice protesta, un atto di forza col
quale vengono respinte le avventate ingiurie, niegato
il diritto all' orbe cattolico di tener Roma sogget-
ta al papa, conferaiato quello degli italiani di a-
verla a capitale del regno e detto non lontano il
momento di troncare gP indugi per ottenerla, di-
chiarato quest' atto dei vescovi aver reso mani-
festamente impossibile ogni accordo proposto dalla
xliplomazia tra il poter temporale e il diritto del-
l' Italia. Il Ministero e la Camera schivarono en-
trambi di discutere iiì questa occasione la questione
romana, riservandosi a trattarla alla fine della ses-
sione. Notevole il discorso di Sirtori, col quale, do-
mandando che la discussione avesse a segiiire, as-
salì con violenza il ministero, cui dichiarò sofferto
dal paese per timore di peggio, ma creduto una
sventura, dandogli accusa di non voler sciogUere
a- bello studio la questione di Roma, e serbare una
inerzia vergognosa, per obbedire alla Francia ai cui
voleri è soggetto. Aver egli, a distogliere l'atten-
zione da Roma, suscitata la questione di Venezia
e^ accennato a scioglierla, dando assenso ed aiuto
ai tentativi del partito d'azione, seguendo una po-
litica conservatrice insieme e rivoluzionaria, ten-
dendo una mano a Parigi col tener sospesa la que-
stione romana, e l'altra a Caprera, dando lusinga
a Garibaldi di una guerra per la Venezia. Rattazzi
respinse vigorosamente le accuse. Disse non' es-
sere egh menomamente dipendente da una po-
tenza straniera; non soffrirebbe egh mai che al-
cuno di fuori gli comandasse. Non la sola Fran-
cia essere alleata d' Italia; ma F Inghilterra averle
sempre mostrati sensi di simpatia ; e che le altre
potenze non le sieno più avverse di prima spe
rare di darne presto al Parlamento testimonianza.
La questione di Roma però non potersi sciogliere
senza il concorso della Francia; averlo la stessa
Camera dichiarato. Non aver partecipato, non esser
complice dei tentativi del Tirolo; e se il Ministero
attuale è una sciagura pel paese, esserne causa la
Camera, che potrebbe dargli un voto di sfiducia e
costringerlo a ritirarsi; ma lo sostiene, i)erchè lo
crede atto a condurre a scioglimento ogni impor-
tante questione.
Secondo le più recenti notizie sembrerebbe aver
la Francia manifestato apertamente al governo di
Torino il desiderio di possedere la Sardegna. Di ciò
sarebbe stato trattato in un consiglio di gabinetto
a Torino, nel quale Rattazzi avrebbe francamente
manifestato, essere suo deliberato proposito di non
mai consentirvi. Nella seduta della Camera dei 19
fu fatta interpellazione al governo sull'intendi-
mento attribuitogli di partecipare alla impresa del
Messico. Qui pure si ebbero aperte dichiarazioni
dal ministro, non avere egli mai pensato a ciò, e
dove ^'Ucne fosse fatta intendere alcuna cosa egli
si coriterrebbe come lo avesse a consigliare il mi-
gliore interesse del paese.
Sintomi di gravi disordini, o meglio di un ge-
nerale commovimento con tendenze a libertà, già
cominciate a manifestarsi fin dall' avvenimento al
trono dell'attuale imperatore, fomentati dalle sue
credute inclinazioni liberah, e dalla condotta di
sua politica assai diversa da quella di Nicolò, vanno
sempre più manifestandosi in Russia. Duole però
vedere che i mezzi usati a questo scopo, dieno indizio
in quel popolo di una barbarie così profonda, che lo
rendono poco degno, o almeno poco atto ad acqui-
stare il supremo bene a cui aspira. Accenniamo
agli incendi che in tante parti di quel paese vanno
da alcun tempo manifestandosi, così da obbligare
il governo a rigorose repressioni, proclamando la
legge marziale nei hiogi ove i tristi avvenimenti
succedono. A Pietroburgo ih un solo giorno scop-
piarono ben sei incendi di colossali proporzioni.
A Boro\1tch a Ceniigov a Mohileov devono deplo-
rarsi non meno grandi sciagure. A Odessa non sono
descrivibili il disordine e il tumulto seguiti nei
giorni 5 e 8 del mese, in cui magazzini vastissimi di
cereali ed altri prodotti naturali furono preda delle
fiamme. E più è da lamentare, che sitiìitti avve-
nimenti ^jaiono dover essere precursori di ben xùù
gravi disordini.
Non è poco che tra le questioni politiche che si
agitano da tanto tempo e rimangono pur sempre
sospese, una possa annunciarsi come risoluta, e nel
modo migliore che si potesse desiderare : vogliamo
dire la questione dell'Assia. Un nuovo ministero
venne nominato da quell'elettore, del quale fa parte,
come ministro delle finanze e degli esteri, il pro-
curatore generale DehnRo'tlifelsen, Stiernberg come
ministro dell'interno, e il tenente colonello Ozber-
hausen, come ministro della guerra. La costituzione
del 1831 venne riattivata, e la legge elettorale
del 1849 adottata.
Quale sia stata la prima origine degli avveni-
menti di Belgrado, dalle relazioni che finora se ne
ebbero non risulta chiaro. Non andrebbe a nostro
credere lontano dal vero, chi li supponesse arti-
ficialmente suscitati dagh agitatori del movimento
slavo, i quali sempre e dovunque sono male se-
condati dal popolo, poco disposto a togliersi dal
suo lungo sonno di servitù. Certo è che la guar-
nigione turca, cacciata dalle porte della città, fu
costretta a rifugiarsi nella fortezza d' onde aprì
il bombardamento, finché venne a porvi termine la
protesta dei consoh delle straniere potenze, con-
validata dalla promessa che la fortezza non ver-
rebbe assalita. "Il fatto è certo importante, ci scrive
un nostro corrispondente di Vienna, e che forse
ha in sè il germe di gravi complicazioni europee.
Tuttavia noi non siamo di quelli che credono che
lo scioglimento della questione orientale tanto te-
muto, e sempre differito, sia adesso imminente. E
certo che la Francia e la Russia si gioveranno del
loro meglio, di questo avvenimento, per far la parte
di protettrici della popolazione cristiana. Ma la
questione non può esser sciolta, a tenore del trat-
tato di Parigi, che da un Congresso europeo. Ora
V Austria deve fare ogni sforzo per evitare un tale
Congresso, nel quafe il Piemonte avrebbe seggio e
voce, e che metterebbe sul tappeto la questione
del riconoscimento del regno d'Italia. „
La sconfitta che i francesi sembravano avere
avuto nel Messico alla Guadalupa, e fu tanto ma-
gnificata dai giornali, in seguito al rapporto del
general Messicano Zaragoza, è chiaro adesso non
esser stato affare di sì grave importanza. Non pare
che i francesi abbiano tentato un attacco formale
delle posizioni nemiche; ma sia invece successo
un semplice combattimento d' avanguardia, impe-
gnato prematuramente e senz' ordine da un corpo
di zuavi. Lorencez non sarebbe giunto sul luogo
col grosso dell' esercito che il giorno appresso. L
certo però che i francesi non sembrano in istato
di proseguire immediatamente V impresa, e siano
necessitati ad attendere i rinforzi che loro stanno
per giungere dall' Europa ; ma siccome siffatti rin-
forzi non potrebbero giungere sul luogo che in
capo a un paio di mesi, è mestieri concludere non
essere egli in situazione tanto disastrosa da non
poterli attendere in sicurezza. Il corpo legislativo
intanto decretò con grande premura i sussidi, che
a questo scopo il governo richiese. Pare che il
numero delle truppe da spedire ascenda a 15,000
uomini, e debba prenderne il comando il generale
Ferej.
• «-
I JÈàtti segreti e i palesi.
Sebbene io non sia, quanto a me, punto in
debito di rispondere a chi senza alcuna morale
autorità mi chiama a render ragione del detto
mio ; sebbene la veracità della quale io feci pro-
va in tutta la mia vita, renda credibile la Jttii
semplice affermazione, ancorché non fosse, coni'è,
confermata dalle parole dei coutraddicentì stesi
e da fatti evidenti, ciò nondimeno il rispetto e
la gratitudine dovuta a chi prende le difese mie
con sì amorevole zelo, m'inducono a dichiarare
le reticenze delle quali con improvvida audacia
vuol farmisi colpa : dichiararle in modo però che
non noccia a coloro stessi che tentano la mia sof-
ferenza , e che, sperando impunità dai riguardi
che deve a sè medesimo il provocato, con ciò
stesso gli rendono onore, e si dannano. Io dirò
tanto solo quanto bisogna a indicare il vincolo
de' fatti da me proprio conosciuti coi noti a tut-
ti; i quah del resto già sono tanti (e ogni di
cresce il numero loro), che bastano a disingannare
gli illusi. Il mio assunto è provare che delle cosa
di Dalmazia e di Croazia tanto era a notizia mia
da determinare a libero giudizio la mia coscien-.
za. Di questa esposizione, fatta inevitabile dall'ai-,
trui mal' accorto assalto, nessuno si dolga. Io non
accuso nè la nazione croata, della quale la mas-
sima parte ignora questa lite misera, e, senten-
done dire, non sarebbe in grado di intenderla ;
nè tutti que' Croati che vogliono la Dalmazia, nè
tutti que' Dalmati che alla Croazia anelano ; e
troppo so come i più spesso paghino del fallo de',
pochi amara la pena. Voglio anzi credere che e
Croati e Dalmati in tutto cotesto negozio non in-
tendessero bene nè la gravità nè gh effetti delle
opere loro , alle quah desidererei pur trovare una
più nobile scusa di questa.
I. M' è forza dire in prima delle relazioni
mie co' Croati. Non san io che andassi a cer-
carli : da taluno di loro ebbi visite, nè certamen-
te potevo essere io il primo a farle ; ebbi let-
tere, alle quah risposi come si conviene a chi ama
tutte le genti Slave, a chi la Croazia compiange,
e del suo destarsi alla vita civile si compiaceva :
ma nè nelle lettere nè ne' colloquii mai fu osato
toccarmi di congiunzione politica tra Dalmazia e
Croazia. Le mie Sci/iiilie , inedite allora, furono da
non possiamo dolercene. Ma giacché siamo in for»
tunata occasione di possedere nella lingua slava
niì compenso delle sventure sofferte, approfittia-
mone; onde le bellezze déir idioma cj..facciano di-
men^ióàré ógni trista jnemMk, el đK^llfa^ éff
lieto cuore la gioventù cresfeàitef d^'ifijnep^
gli mirici con quella degli Slavi TTM^BS};:
. Là pretesa antichissima^ esi^eitó^^d^^ Sla^'
nfella Dalmazia, può^ dunque mtóldarsì ad accré-
scere ì farfalloni della storia, o tutt' al più ritener
la si deve per una opinione particolare, da ben
(Kverse opinioni già contraddetta e distrutta, colla
pacata spassionatezza di' era propria d'un tempo,
in cui non s'agitavano ancora le odierne quistio-
ni ; ed io tutti rispetto, ma, sincero qual sono, ti
confesso candidamente, mio buon L, di apprezzare
nel caso nostro assai più il parere d' un veterano
riputatissimo, il quale, senz' alcun fanatismo di
parte, fece in quest' argomento speciali e profondi
studii, com'è il sig. Nisiteo, che non quello di
molti dei nuovi coscritti, armeggianti da poco nel
campo dell' erudizione patria. Vorrai, per conse-
guenza, permettere alla città di Zara di rinunziar
r onore d'avere avuto gli Slavi per fondatori, spe-
cialmente quelli della iua razza, ed invece ti vor-
rai pur sovvenire di queir altro articolo del gior-
nale suddetto (n. 22 del 1846), in cui al mede-
simo sig. Nisiteo, coir appoggio d'iscrizioni greche
é latine, risultò pienamente provata V anticliità re-
mota della città stessa, e che il primo suo nom^
sas'sero, .cosi; ora'' 1' alzerà in comp^agnia' al Mùni-
cipii dalmati, perchè sia messo fine al doloroso
esiho _ di' Tommaseo dallà^' stf# patria.
Tr|;n% le interpoèìMdìif .dèjla dieta croata , a
^eijifòrono daì^^jm^a-.
m dué sMi tb'ìitativi
terzo Jader a; donde poi Zadar in slavo e Zara ih
italiano facevasi. — Ma il consei'vatore (?), Porfiro-
genito, i greci, i romani, i letterati zaratini, che, a tuo
dire, fin poco addietro ritennero il nome di Zara
per pretto slavo? — "Sogni d'infermi e fole di
romanzi „ rispondo io, spacciate da chi stimando
forse non abbastanza remota la nazionalità slava
della Dalmazia, calcolata soltanto dalle invasioni del
settimo secolo, cerca di retrospingerla fino ad epoca
in cui gli Slavi non erano conosciuti peranco in
Europa. A queste illusioni gli scrtttori zaratini,
sta pur certo mio buon I., non parteciparono mai.
Quah siano quelli di che tu intendi, non saprei,
giacché non ne nomini alcuno fuor del poeta Bara-
covich ; ma certo è che i versi d' un poeta mài
non fecero autorità veruna in punto di storia, e
certo è che un prosatore zaratino dei più ripu-
tati, come fu Simeone Gliubavaz, contemporaneo,
amico e coadiuvatore del Lucio, trattando, in al-
cune memorie manoscritte, di qufeka sua patria,
accenna all' etimologia greca del suo nome, ed in
altro luogo, alludendo alle invasioni del secolo set-
timo, dice che Zara "esperimentò il furore de'Sla-
fvi, spogliata della maggior e mighor parte del
«suo territorio, ma non già il comando„, ed al-
trove della nostra popolazione parlando, la dice
illirico-slava, lo che dimostra com' egli ritenesse ciò
che ritenuto vediamo anche dal sig. Nisiteo. Altri
scrittori, e forastieri e nostrani, favoleggiarono
molto sull' origine della città stessa, facendola ri-
salir fino ù, Jadar abnepote di Noè ; ma di Slavi
non parlarono certamente, né parlarne potevano
senza errore. Non ci vuole quindi che tuttal' im-
pudenza di certi scrittori moderni per far dire a
que'buoni vecchi ciò che neppure sognarono, come
non ci vuole che tutta l'acutezza di certi occhi e
r ardenza di certe fantasie per vedere e preteii-
dere di far agli altri vedere tutto a rovescio. E
così la povera colonna del campo di San Simeone
deve contentarsi di restare lì senza statua, come
un I senza punto, che è quanto dir senza testa.
Ma dalla colonna di San Simeone a quella di
piazza deli'erbe (romano avanzo pur essa), onde
recarci al tempio di San Donato, dove tu a se-
guirti m'inviti, non è breve il tratto^ e P af^ della
stagione richiederebbe prima qualche respiro. Fatta
quindi, se lo consenti, una breve sosta, continueremo
la nostra escursione. E ti bikcio frattanto U mànó.
primo per rabcdiiiànd^ì^è' la imparziahtà'- ed il se-
condo la sollecitudine. TaU mozioni impetranti ciò
che è mero diritto d' ogni incolpato, e che si fa-
rebbe un torto di ricordare al giudice, dovendo-
losi presumere imparziale e sollecito nel definire
i processi, dovevano rimanere, come rimasero, pel
loro contenuto senz' effetto, e d' altronde non pos-
sono quahficarsi a passi in favore degl' incolpati,
perché nell' ipotesi che fossero riconosciuti colpe-
voli, ipotesi che di tutto cuore desidero che mai
si verifichi, effetto dell'interposizione sarebbe stata
la condanna più certa e più sollecita.
E da ritenersi che dopo la chiusura della nostra
dieta, abbenchè non sia stata resa pubblica, siasi
fatta udire presso l'una o l'altra delle Comuni
dissenzienti dai principii del Nazionale qualche voce
in favore degl' incolpati, come ciò infatti seguì
presso la nostra Comune. E siccome F espressione
del Nazionale ai seguaci d' altri principii implica
una taccia di poca generosità verso avversarii po-
htici, così,- a respingere questa taccia, mi veggo co-
stretto di rendere di pubblica ragione un mio ten-
fosse Jadasia, il secondo Jadesla o JadesHa, ed il''tativo, che sinora mi pareva inutile pubbhcare, e
Il n. 35 del Nazionale plaudendo af eoùchiuso
del Consigho municipale di Zara, di supplicare che
a Nicolò Tommaseo sia accordato il libero ritorno
in questi stati, osservava che siccome il partito
rappresentato dal Nazionale alzò solo la voce, per-
chè le peiie di Yra^oloy e del suoi compagni c^-
'perchè fallito, e perchè poteva compromettere i
p^i jìhe altrove forse s'intendeva promuovere.
jrià il 28 giugno 1861 produssi alla locale
Congregazione municipale nella mia quahtà di con-
sighere municipale, in iscritto, giusta il regolamen-
to , due separate mozioni, nelle quah rappresen-
tando che Sua Maestà l'Imperatore aveva ovun-
que con frequentissimi atti di grazia manifestato
la generosa sua inchnazione al perdono, proponevo
allo spettabile Consigho due suppliche a Sua M.
r una per amnistia di tutti i Dalmati compromessi
per crimini o delitti politici, é 1' altra per amni-
stia circa i fatti di Eagusavecchia ed i trapassi
tutti per avventura in- provincia successi, nella
mira di far prevalere le proprie tendenze relati-
vaniente alla questione dell'annessione.
Appositamente feci separata mozione pel secon-
do oggetto, abbenchè già compreso nella prima,
perchè qualora la prima non conseguisse il desi-
derato intento, potesse almeno raggiungerlo la se-
conda, che sembrava di più facile riuscita. A so-
stegno di entrambe, citai l'esempio di Comuni d'al-
tre Provincie interpostesi per scopi analoghi a prò
di loro connazionali, ed appoggiai la seconda par-
ticolarmente sul riflesso che l'invocata grazia po-
trebbe agevolare il ripristino della buon' armonia
fra noi in precedenza sempre regnata.
Consultai molti dei miei colleghi nel Consiglio,
e tutti eran pronti di favorire le mie mozioni.
Senonchè l'inclito Capitanato Circolare con suo
dee. 6 luglio 1861 n. 5743 dichiarando esser cir-
coscritte le attribuzioni del Consigho alla tratta-
zione dei soli affari che riguardano la propria am-
ministrazione, ordinò alla Congregazione di elimi-
nare ambe le mozioiii dalle trattative del Consiglio.
Insinuai ricorso, ma l'eccelsa Luogotenenza col
dispaccio 26 agosto 1861 n. 12790 confermò il
circolare decreto.
Un ulterior ricorso all' eccelso Ministero non
mi parve prudente, perchè se veniva rigettato pre-
cludeva r adito a qualunque altro passo, e perciò
mi riserrài di riproporle qualora in future sessioni
le trattative presentassero argomenti, che mi vi
abilitassero, valendomi del diritto di fare a voce
mozioni aventi nesso colF argomento discusso.
Tal occasione in' offerse la lettura dello scritto
di Nicolò Tommaseo per motivare la supplica che
fh anche votata.
Allora proposi anche la ^supplica per generale
àinnistia, e tutto il Consiglio 1' accolse con favore,
ina il ^ig. delegàto politico dichiarò che in vista
alle gili seguite decisioni, e perchè non éravi alcun
nesso fra questa mOzioiie e lo scritto preletto, noii
poteva permettere là ihscussione di questa secondi
pn
'Il II I I I I . ' Il" miaryj
Dovetti quindi ritirarla, e dietro mia espressa
preghiera non fu pubblicata nel resoconto della
ceduta.
Però r o^^ìrazìóìM del Nazionale, a cu! t|i^i
tbntàtivi'di Municipio riotf efTiiiio noti) tìii
costriii^ đ pWbblìeaMi, onde v^gp che i segU;^CÌ
d^ altri priricipif dertiaron sollefcitit d'iilterporsi; e
si persuada che gli stessi védr^hno con gìèiai ri-
uscire félicemerite i' conati a prò degl' incolpati in
detto processo e non mancheranno di concorrervi.
Zara, 30 giugno 1862.
VALERIO DE PONTIÌ'.
Stimatissimo sig. Redattore.
Siccomé r insulto così ingiustamertlente scagliato
all'illustre nostro compatriota Nicolò Tommaseo
nel n. 27 del Nazionale di Zara , dal redattore
dello stesso Sperato Nodilo , doveva- scuotere ogni
buon Dalmata, che non fosse traviato dà quello
spirito di fanatismo che sventuratamente da qual-
che tempo fra noi tutto deturpa e mina ; così la
direzione di questo gabinetto di lettura in piena
seduta e ad unanimità di voti stabilì di rigettare
il Nazionale dal numero de'suoi giornah.
Nél meltre si ha la compiacenza di renderla
avvertito d'una tal risoluzione, alla quale si è de-
venuti non già per vendicare l'tJomo, gloria e 0-
nore di Dalmazia tutta, me per inostrare, almeno
in parte, lo sdegno che sì basso trascorso in noi
tutti seppe destare; la sì prega di voler dare luogo
a questi brevi cenni nelle colotìné dèi j^àtriottico
suo gìornàie.
Càttàro, h 20 giugno 1862.
La direzione del gabinetto di IfelftursÉ.
Al sig. Sperato Nodilo redattore del Na^ionald
Arbe, 20 giugno i862.
Ella nel n. 27 del suo giornale si rese reo di
detrazione verso Nicolò Tommaseo, in cui Dalma-
zia venera mente e cuore. A Lei che vuol essere
figlio non indegno di questo suolo, non toccava
attentare alla fama e gloria del Grande, che, ri-
spettando tutti, sacro dovea essere ài Dàlmati
d'ogni opinione. Arbe , mentre le altre città sue
consorelle si eleggevano a giudici di tale operato,
non poteva rimanersi indifferente, nè vi rimase ;
dando pubbhca testimonianza di nobile sentire
nella seduta tenuta il 25 corrente dalla società
del Casino, ove per assoluta maggioranza di Voti
decideva di escludere dalla stessa il Nazionale. Élla
quindi cancellerà dal numero dei suoi abbonati là
società del Casino di Arbe. (segue la firma).
Continuano le firme all' articolo della Vocè Dal-
matica n. 7, dei signori di Sebenico.
Antonio Meneghelli, Antonio Doman, Gregorio Cicin-Sain,
Antonio Obratov, Tommaso Vlakov, Giov. Covacevieh, Fortu-
nato Beban; Vincenzo Persen, Antonio Sctigor, Mc.rino Co-
vacev, Rocco Lovrich, Tommaso Petcovich, Giovanni Jàrmt,
Giuseppe SaranelU, Giuseppe Slriseo, G. ZambelU, Francesco
Lappenna, Pietro Delfin. Matteo Costan, Andrea Yidovitk,
Benedetto Frari, Rocco Biondini, Nicolò Bettinelli, Benedetto
Sisgoreo, Matteo Ercegovich, Giorgio Milissa, Giov. Miletta,
Marco Miletta, Francesco Bidat qm Vincenzo, Filippo Cace,
Tommaso Giodrov, Domenico Giàdrov, Nicolò Grubich, Gio-
vanni Berkul. Antonio Inchiostri, P. Ciciii, Giocondo de Pe-
tris, Michele Bulat, Ferdinando HasUnger. Simeone Ticulin,
Matléo Escherizza, Angelo Cattalinich, Vincenzo Chirighin,
Giovanni Chirighin, Spiridione Ghialla, Tommaso Belamarich,
Antonio Raimondi, Nicolò Colombo, Marco Baianovich, An-
tonio Fatica, Dn. Antonio Brncin, On. Luca Gulin, Giuseppe
Boghich, Nicolò Barbiani, Matteo llias, Matteo Unich, Matteo
Steghich, Giov. Maria Matcovich, Domenico Bujns, Matteo
Nicollich, Matteo Bujas, Simeone Bujas, Antonio Chitarovick,
Simeone Modun, Antonio Mistura, Antonio Macale, G. Sup-
pancich, D. Gliubich, G. Stipancich, Domenico Matteglian, F.
Garma, Pietro de Zanchi, Riccardo de Zanchi, Agostino Lap-
penna, L. Grubissich, Vincenzo Supuk, Francesco Dalben,
Andrea Colombo, Innocente Colombo, Simeone Marenzi, Vin-
cenzo Marenzi, Natale Jajaz, Giuseppe Matcovich, Sebastiani)
Bastianello, Giacomo Pasini, Andrea Locas, Antonio Kralich,
Vincenzo Marenzi di Giuseppe, Michele .Mafehzi, Vincenzo dè
Pellegrini, Ferdinando Gilardi.
(Nostre Gorrisponietìae).
Vienna M giugno.
tutto r interèsse dèlia settimana parlamentare venne aS^
S'órbito dalla Càmerà dei à%nòri; la sèdutli dilfatto del 20
iiugno % ÌTi)p(bHlntrsliiià. ^^J^Vasi all' ordino del grortiì^
Kara 5 KiU^lìo Anno Voee Dalmatica
Prezzo d'associazione ii valuta aastriaca per
per un anno fiorini 8; per s'ei inn.si fiorini 4;
IH'f tre niesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
te fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
KOMÌ 50; por tre mesi fiorini 2: 25. Per 1'estero. e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in arj^^ento, irun-
vhi del porto-posta.
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gruppi (t le e^mniis.sioni, franchi dell« Hpe««
postali, iii dirigono in /dea a \ inoenzo Duplancich He-
dititore della Voce I>rtlmfttica, e s:)i abbuonamenti, ai
neeozii librarii dei sijnori friitelli Battara o Pietro
Al)elicli. Gli avvisi di 8 linee costano 1 fiorino, e ogni
linea di più soldi tì. Ija tassa <li finanza resta a carico
del committente. Un numero separato costa soldi 10
Que' signori soci che non avessero
peranco soddisfatto la rata scaduta; sono
pregati di versarla quanto prima, onde
evitare ritardi nel ricevimento del giornale.
Zara, 4 luglio.
Gli scrittori del Nazionale s'avvisano di distrug-
gere r efficacia dell' articolo / falli segreti e pa-
lesi del Tommaseo da lui dettato a spiegare la sua
asserzione, essergli note cose di Dalmazia e Croa-
zia bastanti a farlo risolvere contro 1' unione pre-
matura delle due Provincie, pigliando nel numero
36 del loro giornale, non a dimostrare l'insussi-
stenza delie sue prove, ma a buffoneggiare balor-
damente. Il lepore, l'ironia fina, il sarcasmo acuto,
ciie sono qualità di stile di alcuni rari uomini pri-
vilegiati di speciale attitudine da natura, e di arte
s luisitissima dal gusto eletto e dall'assiduo studio;
3-icercate penosamente da spiriti lenti e da menti
scarse d'ingegno e povere di sapere, riescono a
sciorinare freddure degne di pietà e a provocare lo
sbadiglio. Ma quando si usano a bello studio per
distogliere gl'ignari dal meditare seriamente e dal
considerare freddamente il valore delle contrarie
opinioni, quando si usano a tentar d'invilire e to-
gliere l'autorità della persftii?^.=.clie le proclama,
perchè non si vale a distruggere gli argomenti da
essa addotti a sostenerle; quando non si ha altro
intento del dire che di addensare le tenebre sugli
occhi altrui, e traviare la pubblica opinione, se la
questione discussa verte sul destino del proprio
paese, allora la stoltezza e la scipitaggine si mu-
tano in furfanteria.
E così fecero nel loro articolo gli scrittori del
Nazionale. Il Tommaseo, a loro dire, dopo aver ac-
cennato a rivelazioni importanti ha detto cose che
a nulla approdano, come il monte della favola ha
partorito il topo; ha narrato anedotti stranieri alla
questione, sfoderati argomenti che non fanno al
caso. Ha attribuito agh uni intendimenti vieti, di-
menticati e dimessi come vesti logore e fruste, ha
giudicato degU altri come povero cieco, vivente in
catapecchia deserta, in compagnia dei tassi e dei
APPENDICE,
Quando sul primo nascere della questione dal-
matica, i caporioni del partito annessionista videro
che N. Tommaseo, la cui autorità poteva da sola
far risolvere la opinione pubbhca, pigliava parte con-
tro r unione ; non potendo vincere i suoi argomenti,
e non pur valendo a combatterli con alcuna ap-
parente speciosità di sofismi, si appigliarono al di-
sperato spediente di far guerra alla persona, stu-
diandosi di toglierle, se mai potessero, presso il po-
vero volgo la fama dell'ingegno, del sapere e del-
l' animo. Certo il paese aveva troppo buon senso
perchè tale balorda impresa avesse probabihtà di
riuscita, onde ne uscirono colle fischiate, costretti
da ultimo a disdire il senso delle proprie parole,
e scendere ^ carezze, fino a degnare Tommaseo deh
l'alta loro protezione, onde di loro ben si può dire:
"Strali di piombo tirano
Tirano e non azzeccano,
Sbranar vorrien com' aquile,
E come pulci beccano ;
Son tanto secchi e cancheri
Ch'ance mordendo seccano,
ghiri, lungi da ogni occasione di conoscere le cose;
diversamente da loro i quali, dal centro di Zara
tendendo la destra dall' Adriatico al Baltico e al
Mar nero, tutelano dalle colonne del loro gior-
nale gl'interessi di 16 miHoni di slavi: sul buo-
no della questione poi, sul forte delle accuse, sul-
r acutezza dei rimproveri, non una parola, non una
giustificazione.
Ognuno che ha buon senso e giudichi di buona
fede vede come il presentare la cosa a questo
modo non è che effetto della piii profonda mali-
gnità. Accusato ripetutamente di contraddizione per
aver prima nelle Scintille esaltata la slava nazione,
magnificatane la lingua e incoraggiatone lo studio,
preconizzati i destini fortunati di quella stirpe, e
r assimilazione a quella gente dei^Dalmati, e poi
combattuta a tutta oltranza l'annessione della no-
stra provincia a Croazia; dimostrò egli come l'una
cosa non era a confondersi con l'altra; come del-
l' unione egli non aveva mai fatta parola nelle Scin-
tille e da nessuno avutane proposta. Chiarì che
idea diversa e più alta aveva egli dello slavo ri-
sorgimento e ben migliore speranza ; che, all' in-
tento nobilissimo, l'annessione di paese diverso per
qualità naturali, disgiunto per accidenti geografici,
il commescolamento di genti varie d'indole, e di
costume, di coltura, e di civiltà, che non ìiaiino co-
muni interessi, e cui l'interesse dell' una è il sa-
grificio di quelli dell'altra, non sono necessari. Di-
mostrò che gì' intendimenti, non del popolo della
Croazia, non di quel povero volgo nel cui nome si
opera senza che egU ne sappia nulla nè mai nè
profitti, e che si trae a operare senza sapere che
si faccia e che dell' operato suo ha l'infamia ed il
danno, ma degh agitatori egoisti, erano lungi dal-
l' essere così puri e generosi e liberali come
si dava a credere, lungi dall' essere così favore-
voh a Dalmazia da essere caldamente desiderata
r unione. Dimostrò che il momento del levarsi con
efficacia e del vincere, senza cui ogni sforzo è
delitto, vólto sovente a bene dalla previdenza, ma
non mai legittimato in chi lo commette, non era
ancor giunto ; che una .gente dispersa, disgregata
e diversa, che per un polo elemento di coesione.
Tanto a leccar son soliti
Ch' anco mordendo leccano
Senonchè, per far seinpre meglio vedere, anche
agii occhi dei piìi alieni da certe indagini, quale
uomo sia il Tommaseo, é in quale opinione tenuto
fuori di Dalmazia, e se si possa veramente porgli il
capo in grembo dove grattasi di risolvere certe
questioni alquanto ostiche e buje, crediamo bene
riportare dalla Perseveranza di Milano, il seguente
articolo sul Dizionario della lingua italiana, da lui
quasi per intero compilato, edito dal Pompa, e ciò
anche per invitare all' acquisto di quest' opera per-
fetta nel suo genere che l'Italia da tanto tempo
aspettava, e che invano aveva invocato per tanti
secoU da' suoi uomini illustri e dalla sua accademia.
Quando si spegnava la vita di Vincenzo Monti,
sorgeva la luce di un giovane dalmata, il quale,
cominciando con più vigore degli stessi toscani a
combattere le dottrine di lui e del Perticari, do-
veva infine piuttosto compierne che disfarne l'opera
gloriosa. Il Tommaseo, l'ardente oppositore, era
già appuntato nel 1826 da un annahsta lettera-
rio di Milano, di audacia, d'insofferenza, di quel
nè ha mille discordi che la tengono divisa in sè, '
più che dalle genti straniere, frammista ad altre
aventi intenti diversi ; senza aver raggiunto quel
grado di coltura e queir elevatezza di sentire che
sprona contro i pericoli e dà la risoluzione di non
dare addietro per eventi sinistri; una gente che
cammina a caso, senza sapere a che intento si ado-
peri, verso che meta proceda, nè per quali mezzi
la consegua nè quali sforzi le bisognino, siffatta
gente non ha prossima probabilità di riuscita. Che
per seguire pertanto gl' incitamenti di pochi me-
statori e fanatici non si deve rovinare il proprio
paese, rapirgli i pochi beai che possiede, spingerlo
incontro a mali la cui gravità non si può misu-
rar col pensiero; assoggettarlo a nuova e più gravo
dipendenza; costringere un popolo a snaturare sè
stesso e rinegare la sua indole, la sua educazione
la sua lingua, a rifarsi ignorante e barbaro.
E questo quello che Tommaseo avea dimostrato,
questo ahneno che dal suo ragionare ogni uomo
onesto doveva dedurre, e che gli scrittori del xYa-
zionale ben sentirono chiaramente, come dal sem-
pre più fiacco discutere e dal sempre più vuoto de-
clamare apparisce, ma che furbamente dissimula-
rono e adulterarono malignamente. Che se egli non
ha giustificate le taccie date di comunismo, aveva
torse bisogno di farlo? Non era notò al paese no-
stro, non fu a noi personalmente confessato dagli
annessionisti stessi alcuno di loro parte aver data
opera, nel primo sorgere della questione, a diffon-
dere tra i contadini la credenza che il possesso
delle terre dovesse ricadere in loro mano, e con-
sigliati a negare ai proprietari la loro parte dei
frutti ? Non fu ciò propagato per i giornali di Dal-
mazia; non ne furono portate querele e decise
liti in giudizio, non costretta 1' autorità a repri-
mere gl'insensati tentativi in via politica, e con
la minaccia dell'anni?
— Ma egU evita di ventilare le nostre ragioni,
e le nostre prove crede, distruggere chiamandole
ciarle. — Ben egh ebbe torto a chiamarle cosi;
ben egli, e secolui tutti di parte autonoma hanno
fatta prova di indulgenza soverchia trattando con
riguardo gh annessionisti che pur nulla avevano
fare dogmatico e imperativo che poi in politica
ebbe Guizot; ma il buon dottor Splitz (V. Lan-
cetti) vedeva già, tra i panni slavati che gli toc-
cava mettere in bucato, che nei nuovi scritti del
demolitore del Perticari e dell' adoratore del Man-
zoni erano fili di porpora e singolare artificio. Si
notava già possesso straordinario dei classici, e
indipendenza di giudizio, riverenza delle tradizioni
e spirito d'iniziativa, genio critico e affetto crea-
tivo. Questa luce dovea splendere lunghi anni sulle
lettere itahane, e scoprire ai nostri occhi stupiti
nuovi orizzonti nella storia civile e diplomatica,
nella politica, nel racconto, nella critica, nella filo-
logia, nella poesia dantesca e nella poesia popolare.
Vincenzo Monti avea veramente condito del sale
samosatense e volteriano le discussioni filologiche.
Nessun libro nostro s'accosta quanto la Proposta
al Dizionario filosojico del Patriaca di Ferney. V è
gravità di ricerche più che non si crede; ed una
festività che non piacerebbe tanto se non avesse
le sue radici nel vero, Il Dizionario estetico del
Tommaseo non ha tanta spontaneità ed amenità ;
perchè il Tommaseo, ricchissimo di spirito, lo frena ;
ha riguardi rehgiosi, filosofici, umani; non si la-
scia mai andare al tutto contro i suoi più dispet-
Ministro non possiede le qualità, che (}a lui si ha di-
riUo di chiedere : chiara conoscenza della situazione, sin-
cera volontà ed attitudine a ripararvi. U signor Mini-
stro aver mostrato d'ignorare le basi di una equa ri-
partizione delle imposte. Oggi appena dopo tre anni di
amministrazione aver egli pensato alla riforma del pessimo
catastro stabile. Le proposte finanziarie aver tutte trovato
opposizione ragionevole , o reclamato essenziali cambia-
menti. Niente essersi fatto per correggere la pessima ri-
partizione della fondiaria. La legge sull'imposta degli spirili
i>on aver soddisfatta nè 1' una nè 1' altra Camera, quella
sul vino essersi dovuta ritirarsi. 11 proposto convegno colla
Banca rimandare a rigenerazioni il ristabilimento della va-
luta. Nessun piano essersi prodotto; tutto accennare a ti-
tubanza, a difetto di stabili principii. Gli altri Ministri a-
ver fatte e proposte utili riforme e venir pereiò sostenuti
Quello delle finanze non aver diritto a fiducia. L'ap-
plauso di molti membri della Camera mostrò che Giskra
e Skene non erano isolati nelle loro opinioni. 11 llinistro
eon poche parole , quasi impercettibili , si riservò di di-
fendere in altro momento gli atti della sua amministra-
zione, e rassegnato dovette ancora ingoiarsi un'altra pil-
lola amara, preparatagli da Skene, ehe xjhiese scusa s'ei
non sapesse porgerla inzuccherala. Dopo questo incidente,
die destò m^ito interesse nelle gitll,efie assiepate d' udi-
torio, si passò al preliminare sulle imposte dirette, che
venne approvalo giusta le proposte della Giunta di finanza.
•<=——^—-
Milano 1 giugno.
La Noce Dalmatica fu in questi giorni per ben tre volte
citala da tutti o da quasi tutti i giornali italiani in grazia
dell'insulsa impudenza del signor Sperato Nodilo, redat-
tore del Nazionale di Zara, e più ancora in grazia della
nobile indignazione con cui tutti i Municipii dalmati e
tutta la gente onesta ha respinto le sacrileghe ingiurie
con che costui ha osato vilipendere uno dei nomi più
cari alla nostra patria, all'Italia ed al mondo. — L'inno-
cente eaasa di tutte queste citazioni sono stato io, che
appena ricevuto il vostro n. 7 (7 giugno) sono corso alla
redazione del giornale ufficiale la Lombardia, al quale ho
comunicato la notizia dello schiaffo morale che i 45 Se-
benzani Ijanno inflitto sulla marmorea guancia del sig
Sperato con quello che segue. Immaginatevi se quel foglio
accolse volentieri nelle sue accreditate colonne , tanto la
protesta quanto il breve articolo che le serviva di cap-
pello. 11 giorno seguente tutti i giornali lo riportarono
con parole sdegnose. Incoraggiato dalla buona accoglienz:i
«he il giornalismo italiano faceva a' miei comunicati, non
appena avuti i vostri numeri 8 e 12 (Il giugno e 25
• - X ••••,• Il • !• • 11 m
ratino, l'altro la risposta del Tommaseo, tornai di volo
alla Lombardia e le consegnai 1 preziosi documenti, ch'essa
si affrettò a mandare per le stampe e che furono riferiti
al par del primo da tutti gli altri giornali. Ed acciocché
non crediate ch'io esageri, vi citerò il titolo di qualcuno
di essi, quali sarebbero, la Gazzetta di Milano, la Perse-
veranza, il Pungolo, r Unità Italiana, la Politica del Popolo,
(di Milano); la Gazzetta di Torino, 1' Opinione, la Monarchia
Nazionale, la Gazzetta del Popolo, la Stampa, la Costituzione
(di Torino); la Nazione e la Nuova Europa (di Firenze);
il Corrierie Mercantile ed il Movimento (di Genova) ed altri
molti che non mi sono capitati per mano, o di cui non
ricordo il nome. — Tutti questi periodici hanno chiamato
indecorosa, impudente e abbominevole la condotta del
sig. Sperato con quello che segue: oltre a questi epiteti,
a me poi piace chiamare infame quella condotta
per cui fu posto all'ostracismo il Nazionale di Zara,
{Qià e in seguilo il nostro corrispondente soggiunge parole
ed epiteti offensivi al sig. Nodilo, che noi non credianfp di
poter pubblicare, ma dei quali egli potrà prendere notiiia, se
gli talenta, neW autografo che conserviamo presso di noi, e
che siamo pronti a offrire a lettura a lui, o a qualsiasi
persona onorevole di ciò incaricata).
Ho detto così perchè tale veramente mi sembra il dalmata,
l'uomo il giornalista, che dimentica la sua missione fino a me-
ritarsi il disprezzo di tutti gli onesti; che non rifugge del
farsi puntello alla libidine croata per iscalzare i sacrosanti
diritti della sua patria; che avvilisce la propria dignità fino
a scagliarsi con basse contumelie contro un esule, un as-
sente, un vecchio, un cieco; e specialmente poi (piando
l'offeso porta un nome così amato e rispettato com'è
quello del Tommaseo. Che se il signor Sperato si chia-
masse alla sua volta offeso di questa parola eh' io gli
scaravento in faccia come un guanto, ....... s'egli,
dico, si chiamasse offeso (del che non dubito, perchè,
quantunque io lo disprezzi, pure voglio usargli la cortesia
,di crederlo coragg'ioso come lo sono tutti i Da.lmatil, al-
lora vi prego di declinargli il mio nome e T indirizzo /che
se vi pare potete mettere anche in fondo a questa mia)
e di dirgli, che qualora egli volesse da me una riparazione
d' onore con l'armi alla rpano, io gli abbrevierò la metà della
strada, e sarò per quel giorno che meglio a lui parrà in
qualsiasi sito dell'estero cl^' ei yorrà accennarmi. Dico del-
l'estero, ¥i è la Svizzera, vi son le rive anconitane, non
assai distanU dalla Daltnazia, e n)iHe altri bellissimi siti, doye
due cristiani possono a tutto lor^ agio segarsi il collo ed
inviarsi una palla tra ciglio e ciglio, senita essere punto
disturbati dall' importuno intervento delle i. r. autorità.
Dopo la presente cantafera — la quale del resto mi
sembra abbastanza chiara! — che come uomo, come gior-
nalista, e segnatamente come Dalmata e come beneficalo
del Tommaseo dovuto vomitare (vomitare è la vera
parola) contro if^^urnbattuto sig. Sperato Nodilo, capirete
anche voi che per questa volta non ho piiì voglia di scio-
rinarvi le solite notizie politiche, delle quali, per com-
penso, vi prometto una" copiosa raccolta nella prossima mia.
Che se agli abbonali'non garbasse questa licenza punto
poetica tìe\ vostro corrispondente, ed esigessero ad ogni
costo il carteggio politico milanese, a cui in virtù degli
otto fiorini esborsati hanno legittimo diritto, allora dite loro
da mia parte che ho comincialo diffatti la presente con
r intenzione di farne una corrispondenza politica, ma che
poi trascinato dal soggetto, ho dovuto scivolare fino in
fondo al mio foglietto di carta, e che ora non mi rimane
Enrico Matcovicli. altra spazio.
Fiume, 2 luglio.
La volpe perde il pelo ma non il vizio. Questo antico
proverbio non potrebbe esser meglio applicato che al
Potor ed ai suoi bugiardi corrispondenti da Fiume, i quali
mentre si sbracciano a tutta possa a voler far loro que-
sta città, non rifuggono poi a guisa di famelici lupi dal
dilaniarla di continuo con ributtanti invetlivo e coi più
turpi attacchi personali.
Altro consimile esempio, fra 1 tanti offerti da quel pe-
riodico, lo abbiamo in altra sua corrispondenza da Fiume
del 26 decorso , degna compagna di tutte quelle che la
precedettero, perchè figlia anch'essa di quei ben noti cam-
pioni, il cui vero amor nazionale consiste nell'jmpiego più
o^meno rilevante che si sono procacciati o ^che tendon
a. procacciarsi.
É d'uopo avvertire che l'autore delle novelle ributtanti
accuse contro onorevoli cittadini fiumani, pria di vergare
i suoi insani attacchi, innalza a doppie mani il turribolo,
e bruceia un mondo d'incenso a prò di tutto quello che
possa urtare i Fiumani ; e dopo aver pronunciate delle
enfatiche apostrofi affinchè la Tavola giudiziaria di Fiume
divenga un Dicastero esclusivamente croato, e vi sia ban-
dita per sempre la lingua italiana, che è quella della no-
stra città, ;ialza l'incensiere verso il dalmata sig. Milich
noto per le corrispondenze dell'usciere di Zara , deside-
randogli presso quel giudizio una più larga sfera d'azione.
i\oi non dividiamo l'opinione di alcuni maligni, che in
qu sta parte della corrispondenza vorrebbero iscorgervi
l'ispirazione stessa dell'incensato, e desideriamo anzi al
pari dell'articolista pojoriano una sfera d'azione mollo più
vasta all' incensato signore, al quale intento gli auguriamo
altrove, per poter meglio che qui esser guiderdonato pei
suoi disinteressati sentimenti nazionali!!
Dopo l'incenso a'suoi, l'onesto corrispondente ù ài Pozor
non si dimentica, secondo il solito, di spargere il veleno
sui nostri, al qual' uopo gliene porgono materia le inve-
stigazioni avute luogo testé sulle ultime dimostrazioni, cui
i giornali croati si diedero ogni possibile cura d'ingran-
dire a mo' del microscopio solare, a seconda cioè delle
loro cieche impressioni e tortuose tendenze.
Non rispettando vilmente nem oeno la sventura , quel
fior di roba di corrispondente osa citare fra i caporioni
dei disordini menzionati il già Preside magistratuale sig
Giovanni Martini. Noi non possiamo a meno di ricacciare
in gola al vigliacco corrispondente quella calunniosa taccia,
con la quale osa manomettere la fama di una persona
onorevolissima e giustamente stimata fra noi, com'è il pre-
lodato sig. Martini, che appunto in quella spiacevole cir-
costanza in cui avvennero le deplorate dimostrazioni, si
vide fino ad ora assai tarda continuamente in mezzo al
popolo, amonendolo a ritirarsi e a mantenersi tranquillo,
mentre all'opposto non si ebbe il piacere di scorgere fra
quella stessa folla il referente di [)o!izia municipale,, sig
Jlanzpni, ora su.beiitralo al posto di Preside magistratuale
in luogo del precitato sig. Martini.
Secondo ad esser fatto segno alle impronlitudini del
corrispondente pozoriano è il Dr. Giacicfi, già altaccato
altre volte nello stesso periodico, e sempre per la stessa
ragione d'esser egli buon ciltadino fiumano e caldo di-
fensore delie nostre franchigie municipali, che gli scribi
del Pozor tentano negarci e calpe.stare in mille guise.
L' onorevole Dr. Giacich disse , parlando col Commis-
sario banale sulle cose di Fiume, es^cr đ uopo di venire
incontro ai Fiumani col cuore aperto, ed aver fìducia nel-
/' intelligenza, la quale conosce come stanno le co&e ; ed es-
sere ormai tempo che Uopo 14 anni di bugiarda pace e
dannose emozioni si vedesse spuntare finalmente un ulivo.
Queste schiette parole il cui intendimento non puossi a
nieqo di lodare, il corrispondente pozoriano svisa a suo
modo e si pone a parodiarle con quella rozzezza innata
negli esseri della sua risma, e nell' atto che ritiene di far
mostra di spirito, non mette clje a nudo la sua stoma-
chevole ignoranza e malizia.
Dopo »^ev date qtieste belle prove del suo spirito, e
dopo aver emessi alcuni altri biliosi sragionamenti anche
sulla Dalmazia, perchè sostenitrice della propria autono-
mia, lo seigpaicirta del Pi>3-or finisce con strillare come
un ossesso, pe/fchè in un-'èoiiieorso aperto non ha guari
dalla regia Luogotenenza pei maesUi della nuova scuola
croaia da erigersi a Fiume, si richiede per condizione che
i predetti maestri abbiano conoscenza della lingua italiana,
per cui si dovranno accardarc quei posti a concorienl»
fiumani.
Se i tanti fatti finora conosciuti non valessero a di-
mostrare qual sia la molla principale che guida certa gente
che tanto scrive e tanto si occupa nd Pozor di noi e delle
cose nostre, crediamo che possa bastare questo dei mae-
stri che ora accenniamo, e servire di provala più convin-
cente che tutti i chiassi, tutte le mene e tufi» gli attac-
chi degli scribi pozoriani a danno di Fiume, non sono mos^i
che dall'interesse e dalla mania di buscarsft posti, twypie-
ghi ed avanzamenti. E con ciò crediamo aver dello quanto
basti per dar luce su taluni, che sprecano troppe parole
per dimostrarsi eminentissirni patriotti, e che invece rite-
niamo per vera peste sociale, perchè fomentatori decisi
di discordie e disunioni. Alcuni Fiumatìi.
Ragusa, 4 luglio.
Dopo r ultima infelice spedizione di Dervisc pascià a
Niksich per passare ivi la frontiera ed entrare nel Mon-
tenero, e dopo il suo ritorno a Rudine, ivi si era accam-
pato ed avea cominciato a dar mano ai lavori di trincee.
Quando nella notte del 29 al 30, i montenegrini condotti
da Vukotich e gli insorgenti dal Vucalovich piombarono
sul campo di Dervisc, e trovatolo in qualche disordine lo
coslrinsero alla ritirata. Molli de' Basci-Bozuk approffitta-
rono dell'occasione per disertare; si vedeano soldati get-
tar le armi per essere più spediti alla fuga. In questa
circostanza, Dervisc fece T uffìzio di buon generale , con
ferire per fino alcuni fuggiaschi. Ma il terrore si era im-
possessato del campo, ed appena Dervisc avea potuto
metter in linea alcuni battaglioni di cacciatori per pro-
teggere la ritirala. Nel frattempo, avea chiamato in suo
aiuto il corpo di riserva in Trebigne, il quale, giunto nel
dopo pranzo del 30, rinforzò Derviše che potè rientrare
a Bilecia, e colà salvarsi.
1 montenegrini patirono poche perdite, mentre Dervisc
deplora incirca 1000 tra morti e feriti Grande fu il
bottino di armi e di provigioni, raccolte dai moiitenerim.
Vukotich e Vucalovich si ritirarono poi a B idine.
Dalla parte dell'Albania sappiamo, che il governo di
Costantinopoli, prestacido poca fede ai b-dlellini di ()<ner.
mandò qual carn:nis-;ario per inqiiirire solle cause della
mala piega della guerr.», un figlio del celebrt.' Heschid
pascià, ora defunto. Del resto, Abdi trovasi sempre al suo
posto di Spiiz; e non crede di avventurare 1' esecuzione
degli ordini di 0;ner per non cimentare il proprio onore
e l'opinione vantaggiosa già acquistala.
Zara, 8 luglio.
— Molti elettori si presentarono ieri a questa Re-
dazione, pregando che venisse inserita la seguente
proposta; noi vi abbiamo aderito di buon grado,
manifestando eglino in essa un sentimento di o-
nestà e di giustizia che U onora. —
Il sig Di Gaetano Bulat coli'accettazione del
conferitogli posto d'avvocato in S. Pietro della
Brazza deve hecessariamente rinunziare a quello che
attualmente occupa di Segretàrio di questa Camera
di commercio ed industria in Žara, e quindi tale ca-
rica rimaner deve vacante colla sua partenza.
Essendosi però sparsa la voce che esso sig. dot-
tore non voglia rinunziare allo stesso, ma chiedere
semplicemente un permesso indeterminato e sosti^
tuire frattanto altri a sè in quel posto per con-
servarsi anche quell' emolumento, ciò che devesi
ritenere e si ritiene assolutamente come falso ed
inventato, perchè non trattasi di momentaneo al-
lontanamento, ma di trasferimento alla propria de-
stinazione, e perchè nè lui nò altri possono dis-
porre di esso a proprio piacimeiito, ma la Camera
sola esclusivamente, a cui è devoluta tale nomina;
così onde distruggere ogni falsa voce o maligna
e poco decorosa supposizione in proposito, e per
evitare ogni dannoso ritardo e provvedere in tempo
agh interessi della Camera e de' suoi rappresen-
tati, si rivolgono gli elettori della stessa a quest' o-
norevole Presidenza, manifestandole il loro desi-
derio, che quanto prima sia possibile venga aperto
il concorso al posto di Segretario della Camera
di commercio e d'industria in Zara, onde fra più
concorrenti a sì importante posto possa esser scelto
il migUore. Alcum Elettori.
Il celebre medico oculista Dr. Paolo Fario di Venezia,
in seguito ad invito avuto, arriverà a Zara la mattina del
20 luglio corr. per eseguire l'operazione della cataratta.
Memori di quanto fece l'anno p. p. quando parimenti
invitato esirasse la cataratta a piij individui, si spera che
.vorrà essere largo di consiglio ed o[tera a vantaggio di
quelli, che della sua valentia abbisognassero. B.
Tipografia Fratelli BATTARA, DUPLANGICH Redattore responsabile,
^ara 12 liUgrlìo l§63. Anno I La Voce Dalmatica
Prez7,n d'associazione la valuta anstriaca por
Zara: per un anno fiorini 8: per sei niftsi fiorini 4;
per tro mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
« faorì: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
soldi 50; per (re mesi fiorini 3:25. Per l'estero, o
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi inargento, fran-
chi del porto-posta.
Giornale polUìco-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gruppi e le commissioni, franchi delle spese
postali, si dirii^ono in Zara a Vincenzo Duplancich Re-
dattore della Voce Dalmatica, e sii abbuonamenti, ai
ueuro/ii librarli dei sijjnori fratelli Battara e Pietro
Abelieli. Gli avvisi di 8 linee costano I fiorino, e ogni
linea di più soldi 0. La tassa di finanza resta a carico
del comuiittenle. Ua numero separato costa soldi IO.
Zara, 11 luglio.
Gli scrittori del Nazionale veduto che il con-
tendere con Nicolò Tommaseo, e talora anche con
la Voce Dalmatica, non fa loro molto prò, pehsa-
rono di prendersela con tale a cui, dimorando al-
quanto lontano, non avessero a cadere sott' oc-
chio le loro lucubrazioni, onde non ne dovessero
temere certi ripicchi pungenti e mordenti e scor-
ticanti, di cui sentono ancora in bocca un sapore
di forte agrume, e fecero cadere la scelta sul de-
putato Musolino: deputato, s'intende, al parla-
mento italiano. La sua mala ventura avea consi-
gliato quel deputato a pronunciare, in piena ca-
mera crediamo, l'enorme sproposito che la Dal-
mazia avesse diritto di venire rivendicata dall'I-
talia, come una delle proviucie che le mancano,
ovvero sia, ciò che torna il medesimo, che l'Itaha
avesse dovere o diritto (non contendiamo delle pa-
role) di rivendicare ecc. ecc. Quest' era difatto uno
sproposito sesquipedale come vede ognuno, ave-
gnacchè la Dalmazia sia, e abbia ad essere fino
alla consumazione de' secoli, roba dell' Austria. I
Nazionali (per farla più corta d'ora innanzi, con
una elissi un po' ardita, U chiameremo così) a que-
sta stranezza inaudita si sentirono solleticare for-
temente, non altrimenti che sogliano le papille ner-
vee delle narici veličate che siano dal noto in-
setto omonimo (da una 6- di più in fuori) del sud-
detto deputato, e diedero contro il mal capitato
in un rabuifo che Dio ne scampi i cani.
Come ognuno vede il deputato e i nazionali hanno
preso a ragionare sopra una base falsa, pigliando
a discutere i diritti sulla Dalmazia degli italiani
e degh slavi, dimenticando che il vero diritto era
del più forte, cioè del possessore di fatto, e po-
nendo fuori di questione l'Austria che sola era
in questione. Noi, posta in chiaro la vera situa-
zione delle cose, fatta giustizia del deputato Mu-
sohno, crediamo di poter entrare per vaghezza in-
nocente nel campo che ci vediamo aperto dinanzi,
crediamo di poter noi pure discutere la questione
astrattamente, porre per un momento l'Austria da
banda, portarci col pensiero in un tempo impos-
sibile in cui ella non fosse più, e giudicare da que-
sto falso punto di vista le ragioni dei due con-
tendenti. Affinchè poi niuno ci possa accusare di
parzialità pel contendente a cui finiremo col dare
ragione, non prenderemo neppure a leggere ciò
che egli disse, ma giudicheremo soltanto da quanto
ne scrissero i suoi avversari.
Secondo questi pertanto il Musolino pose per
ragione del diritto dell' Italia sopra questa ter-
ra il principio che ciascun popolo appartiene
a quella nazione della quale parla la lingua, e
con cui ha comuni origine, costumi, educazione,
intento e meta d'azione. Ora i Nazionali ammet-
tendo il principio, contrastano che per esso il po-
polo dalmato possa appartenere alla nazione ita-
liana; dicono essersi egli, come è notissimo, risve-
ghato pur ora a sentire e a volere far prevalere il
proprio carattere di slavo, (ad affermare sè slesso
dicono essi) : non soffrire la supremazia di stirpe
lingua e nazionahtà straniera di sorta alcuna, ben-
ché giustificata per ragione di prevalente civiltà.
Dicono che, se il deputato Musolino facesse una
rapida corsa in Dalmazia, ve drebbe che la nazio-
nalità del popolo è slava, nè sentirebbe parlare
itahano pressoché da nessuno; che in Dalmazia
quelli che hanno costumi lingua e coltura itahana
sono appena 20,000 e meno; quelli che parlano
ed hanno costumi slavi 400,000.
A queste cose, le medesime che furono dette
le mille volte, siamo noi pure obbligati ad opporre le
cose mille volte opposte, le quah sono le seguenti.
Che la maggioranza numerica del popolo dalmata
sia slava (se tanta come dicesi, noi non sappiamo,
nè contendiamo, nè importa molto verificare), noi
confessiamo. Siccome è tutto slavo il popolo della
campagna, il morlacco, il coltivatore dei campi ;
la maggioranza dev'essere necessariamente slava,
perchè la maggioranza di ogni popolo è sempre
costituita dal basso popolo, dagU ordini sociah in-
feriori. Le classi però civih, la parte colta della
popolazione, in minoranza qui, come è in mi-
noranza altrove dovunque , come sono sempre
in minoranza coloro che possedono il sapere e la
civiltà, coloro che attinsero un maggior grado di
perfezionamento e sviluppo delle facoltà dell' ani-
mo 0 della mente; siffatta parte della popolazione
è tutta per intero itahana. Di alcuni 1' origine
e il sangue è itahano, d' altri è slavo, dei più è
misto; ma ciò che costituisce la nazionahtà, cioè
r indole e il sentire (che vengono dalla lingua e
dalla educazione), il costume, la coltura, la sim-
patia, le somiglianze d' ogni maniera, sono in essi
schiettamente, esclusivamente, intrinsecamente, im-
mutabilmente italiane. Ora poi la stessa maggio-
ranza slava è mille miglia lontana dall' avere
e dal sentire il bisogno di predominare esclusiva-
mente, è mille miglia lontana dal sapere neppure
che cosa sia questo sentimento di nazionahtà sla-
vica che le si vuole far sentire nel cuore ; nessuno
sforzo umano potrebbe riuscire a innestarglielo nel-
1' animo, a farglielo entrare in mente. È falso che
ella si sia ridestata a questa,tome dicesi con paro-
le non so se più gonfie o barbare, coscienza na-
zionale : questo ridestamento artificialmente susci-
tato è in alcuni pochi fanatici della parte colta,
della minoranza itahana, in pochi die non hanno
il sentimento slavo, che non coposcono lo slavo, che
sono anch' essi italiani per Hngua, per coltura, per
civiltà, ma simulano e ostenta'no lo slavismo, perchè
hanno creduto vedere in esso l'opportunità e l'occa-
sione di trarne grossi guadagni d' ogni maniera. La
gran maggioranza poi della parte colta, vede chia-
ramente che non gioverebbe al paese il far pre-
valere la nazionahtà slava sopra F italiana; che
siccome il fine ultimo d'ogni umano adoperarsi è
il perfezionamento morale e materiale dell'indivi-
duo, a questo conduce assai meglio il coltivare e
fomentare la nazionahtà itahana , l'appartenere
alla itahana nazione, che non alla slava; perchè
r una è già progredita e già nel colmo dello suo
sviluppo, e r altra nei primordi : 1' una costi-
tuita e grande da secoli, l'altra da mettere insieme:
r una potente per forza morale ed educatrice ,
r altra per forza materiale e per nativa ferocia.
Ciò vede evidentemente e vuole pensatamente e
coscienziosamente la parte colta; ciò istintivamente
e spontaneamente la grande maggioranza slava i-
gnorante. Quest' ultima lungi dall' odiare il po-
polo dalmato italiano e italianamente educato,
dall' abborrirne la hngua, ella riconosce da lui tutto
il bene che possiede, e quello che può sperare,
da lui solo il suo avanzamento morale, e il mi-
glioramento delle sue sorti: la lingua ne ama e
desidera apprenderla, e quando alcuno di loro ha
l'occasione di farlo, mostra somma attitudine e som-
ma facilità a farlo. Quando scuole esclusivamente
slave si istituirono in alcuni dei villaggi, genitori
slavi rifiutarono di mandarvi i loro figli, dicendo
che lo slavo lo conoscono già, mentre quello che
a loro figli fa di bisogno è l'italiano per giovar-
sene nel consorzio coi cittadini, per valersene quale
unico mezzo d'insegnamento. Cogli slavi conter-
mini invece lo slavo dalmato vede di non avere
relazione di sorta, comprende nulla poter atten-
dere, nulla sperare da essi; li sente di sè, che pur
si conosce misero e abbietto, più miseri e più ab-
bietti ancora, e non ha punto desiderio di divi-
dere le loro sorti.
Tali sono le condizioni della Dalmazia, tali i
sentimenti del popolo d'ogni ordine, d' ogni na-
zionalità, d' ogni lingua. Tali sono e saranno sem-
pre in ogni altra parte del mondo dove le istes-
se circostanze si avverino. In popolo misto prevar-
rà sempre la maggioranza morale, avrà predo-
minio la schiatta colta sulla ignorante, la civile
sulla barbara. La maggioranza numerica avrà solo
necessariamente la preminenza^, dove le schiatte e
le hngue abbiano la stessa o poco diversa col-
tura e civiltà, ma dove sono notabilmente dispari,
dove neir una è tutto e nulla nell' altra, dovrà la
colta prevalere sull' altra, finché almeno per cir-
costanze estrinseche non giungano a pareggiarsi.
Conseguenza pertanto di tutto ciò è, che in nes-
suno dei dalmati, sia che appartengano alla classe
colta, sia che appartengano alla rustica, non è
ripugnanza per la stirpe italiana; non è, non solo
disdegno di appartenere a quella nazione, ma desi-
derio intimo e invincibile di appartenere ad essa
piuttosto che alla slava.
Contendono poi i Nazionali che l'Itaha, vogha
nè possa nè debba mai aspirare a possedere la Dal-
mazia. Abbiamo già detto che Io crediamo anche
noi, abbiamo detto che la Dalmazia è dell'Au-
stria e che noi parliamo sempre di una ipotesi non
avverabile. Certo ora Itaha ha troppo da pensare
a ricostituirsi nell' interno, a compiere la sua unità
necessaria, non può avere pretese e progetti esa-
gerati. Ma parlando in principio e nel caso che soli
slavi e italiani si stessero contro, diciamo che l'Italia
avrebbe mille ragioni per desiderare e volere, e nes-
suna per disdegnar la Dalmazia. L'Itaha da quan-
do è memoria nelle storie la tenne, da brevi epo-
che in fuori, come membro del proprio corpo e
non come suddita tiranneggiata. L'Itaha sa di
aver dato a Dalmazia quella civiltà e coltura che
possiede, quah nessuna altra stirpe, nessuna al-
tra nazione avrebbe potuto darle, e che pertanto
r unione con esso lei non potrebbe essere nè te-
temuta, nè abborrita. L'Italia sa che il dominio
dell' Adriatico è una condizione sine qua non della
sua potenza, e che non ha il dominio dell' Adria-
tico chi non ne possiede le coste ; sa che alla
sua sicurezza è necessario che l'Adriatico sia sgom-
bro da ogni altra potenza; che una flotta stra-
niera in questo mare sarebbe una continua mi-
naccia per le sue coste orientali, la costringereb-
be a tenere a sua volta con ingente dispendio
un'altra flotta, che pur sarebbe sempre in peri-
colo di essere sequestrata nel golfo di Venezia e
di venir tagliata fuori dal resto delle sue forze
navali; sa che il possesso delle coste dalmatiche è
chiaramente indicato come cosa di suo diritto,
ma non così quello delle isole greche affatto discoste
e ad altri destini sortite; sa che le potenze stra-
niere non potrebbero avere invidia dei possedi-
menti dalmatici a cui esse non anelano, i quali
&
ebbe lìome ed esistenza di corpo politica; l'aversi
proclamati liberi da ógni dipendenza dal gover-
no ungarico e còstitiiitisi in nazione signora di sè ;
appena consentendo all' Unglieria la speranza che
alcun vincolo di società o d' alleanza vogliano ran-
nodare con essa.
Or cM non vede die siffatti passi non che essere
tentativi di conciliazione, non che menare agli accordi;
tolgono ogni possibilità di componimento, fanno di-
leguare ogni speranza di regolare i necessari rap-
porti fra i due popoli senza 1' uso della violenza,
senza la lotta più aperta e pericolosa, senza un
inevitabile seguito di disordini e di sciagure.
Che siiiatto conchiaso della dieta abbia ottenuto la
sanzione sovrana non contrastiamo, ma che questa
r abbia innalzato a legge dello stato, non sappiamo
come possano crederlo gli scrittori dei Nazionale,
né come suppongano di darlo a credere ad altri.
Dove trattasi di regolare le i-elazioni tra due
parti e di comporre le differenze tra loro insorte,
lasciandole in hberlà di discutere e deliberare da
sè; come sanzionare, quale deliberazione definitiva,
Ja volontà di una soia parte imponendola all'altra
senza pure consaitarla del suo parere? La san-
zione sovrana pertanto riguarda bene 1' approva-
zione del concluso della dieta croata, dove per-
altro voglia aderirvi V Ungheria. I male accorti
scrittori, se loro intendimento fu al solito di il-
ludere gl'ignari e vendere lucciole per lanterne
al volgo , troppo furono mal consigliati a ripor-
tare le sovrane parole, dove è chiaramente detto
che il deliberato delia dieta croata sarebbe por-
lato alla Ungheria come proposta governativa per-
chè vi sia sottoposto a discussione ; e gh scrittori
del ISazionale sanno che non tutte le proposte go-
vernative sono dalla dieta assentite , nò presen-
tate a discussione con risoluta volontà che ab-
biano ad essere approvate. Come credere poi che
la dieta ungarica approvi la proposta croata, che
ella si lasci spodestare d'ogni diritto, togliere parte
così integrante del suo territorio, che essa si con-
tenti di non so quale legame di società e di al-
leanza? L'Ungheria che vive om?. -st. tpmno
in uno stato di violenza e di passiva opposizione
col supremo potere dello stato, per di non assen-
tire a perdere il minimo dei diritii a lei attribuiti
dalle antiche costituzioni, dai patti scritti che ella
non ha mai consentito a lacerare, e che, se si può
credere che gii avvenimenti del 1848, e la rir
conquista per la forza delle armi abbia ad essa
rapiti, la patente sovrana dell' ottobre I9 ha pie-
:namente restituiti?
Concludiamo pertanto. E evidente che la discor-
dia tra gli ungheresi e i croati sussiste tuttavia;
che le relazioni politiche tra l'uno e 1' altro popolo
sono incerte e difficih a regolarsi. La Dalmazia per-
ciò, unendosi improvidamente a Croazia, andrebbe
incontro a sciagure che non sono le sue e che ben
le hnporta evitare. Le cose dette cpiindi nel Nazio-
nale a dimostrare l'assunto contrario, non hanno
fatto altro che provare la debolezza della causa tu-
telata, la malafede adopeimta in difenderla e la po-
ca abilità a farlo con probabilità di buona riuscita.
Un C. ad un 1,
Lettera terza
Fratello carissimo!-
Abbiamo veduto che gli abitatori primitivi della
Dalmazia non furono Slavi, e che quest'elemento
soltanto colle invasioni del settimo secolo vi s'in-
trodusse; ma quah furono anche di questo fatto
le conseguenze? Io non dirò, come già disse un
erudito riputatissimo, che gì' invasori del secolo
settimo fossero nomi e non cose; ammetto anzi che
fossero quella grande massa di popolo nuovo, co-
munemente oggidì ritenuta;, ma non per ciò credo
che fosser eghno tali divoratori di uomini, d'an-
nientare sulla terra dove comparvero tutti gh a-
bitanti che vi trovarono. Non è possibile quindi
che tutti gì' Illirico-romani d' allora venissero da
quella piena desolatrice siffattamente assorbiti, da
non rimanerne anima viva, come asseverano ta-
luni oggidì, per accreditare la pretesa che la Dal-
mazia fosse allora tutta rimpastata di puro san-
gue croato. Che se ciò non è da credere per tutto
il resto della provincia, non lo è poi assolutamente
per quelle città marittime, che sappiamo di certo
restate immuni dall' invasione, e che anzi, oltre la
popolazione loro, gran parte accolsero di quella
sfuggita dagli "altri luoghi alle orde innondatrici.
Le quali città conservat^i al greco impero, de-
bole rappresentanza dell'lantico romano, continua-
rono a portare il nome di cUlà romane, ed i loro
abitanti quello di romani; nome, che ritenevano
ancora, secondo Porfirogenito, tre secoh dopo alle
dette invasioni, cioè nel decimo, in cui egli scri-
veva (Eorum liabitalores in odiermwi usque diem
Romani appellantiir; c. XXIX). Una di queste città
marittime, ed anzi la principale, fu Zara; che quindi
la sua popolazione d' allora non fosse punto slava,
è ben facile di comprendere. Nè tale neppure in
seguito essa divenne. Giovanni Lucio, parlando di
certa legge degh statuti di Zara circa gli Slavi
del suo territorio, avverte che "siccome h Zara-
"tini avevano nel loro contado delli rustici ch'e-
rrano Sciavi, così ne dovevano aver anco di quelli
"che non erano Sciavi, maDalmatini, come li me-
" desimi Zaratini„ {Memorie di Traiì, fac. 523);
e Giovanni Capor osserva che d' un centinaio
di Zaratini, mandati circa il 1240 a Venezia
l;)er riconciliarsi con quella repubblica, la mas-
sima parte è di nomi e cognomi illirici, come
IJssizza , Pelrich , Domilorich , Slarlich , Tubaricli,
mentre all' incontro di nomi creatici, che d' ordi-
nario finivano in slav, vlad, mir, goi, nemmeno un
solo si può scorgere in detti cento ; segno certo,
conchiude egli, che l'influenza croatica mai ha
potuto trionfare fDella lingua illirica fac. 155). Da
quest' osservazione due conseguenze notabili ven-
gono a rampollare : la prima, che fino a mezzo
il secolo decimoterzo la città di Zara nè si po-
tesse dlir slava, nè tale fosse riputata dagh eruditi;
la seconda, molto importante anche pei tempi no-
stri, che non tutti certi cognomi ritenere si pos-
sano di pretta slava derivazione, ma piuttosto di
ben più antica derivazione illirica. Ciò premesso,
rimettiamoci in via, ed all' argomento nostro prin-cipale riconduciamoci.
Tu dicesti, mio buon I, che i nostri due magni-
fici monumenti agrafi, il maestoso tempio della
Trinità detto di san Donato, e la grandiosa torre
del Bovo, dei quali non si sa precisamente quando
fossero costruiti, ma che non sono certo nè dei
Romani nè dei Veneziani, agli Slavi appartengano
e d' onorate memorie alia razza loro favellino. Per
ciò che riguarda il tempio della Trinità, le tradi-
zioni e le cronache lo dicono eretto dal santo no-
stro vescovo Donato, di cui prese indi il nome,
colla rovina d'antico romano edifizio ; e gì' intel-
ligenti ciò confermano in quanto all' epoca, come
pure taluni degli avanzi in esso impiegati la de-
rivazione comprovano de' suoi materiali. Certo è
che fu anteriore al decimo secolo, mentre diver-
samente non avrebbe potuto fare d' esso parola,
come la fece, il Porfirogenito (c. XXIX). Ora, quale
fosse a quel tempo la popolazione di Zara, 1' ha
detto lo stesso Porfirogenito fhabilalores Romani
appellanturj, e gli Slavi c' entrano fra noi come
Pilato nel Credo. Mai anzi questo paragone potò
dirsi meglio attaghato, poiché siccome quel giudice
iniquo non figura nel simbolo che quale autore di
patimenti per l'Uomo-Dio ; così gh Slavi non rap-
presentano per Zara in quel tempo che la trista
parte d'infestatori del territorio suo e del suo po-
polo ; motivo per cui, trascurata vedendosi dai Ce-
sari d'oriente, volgevasi per protezione, col mezzo
appunto del suddetto suo vescovo Donato e del
suo duca Paolo, a Carlomagno in Aquisgrana, e
trovavasi da ultimo costretta d'invocare 1' aiuto
dei Veneziani. Ecco succintissimamente le memorie
che degli Slavi abbiamo in queir epoca ; si giudi-
chi quindi se il tempio nostro di san Donato possa
dirsi opera loro.
Passiamo alla torre. Anch' essa tu dici, mio buon
I, non romana, nè veneta, ma slava. Eppure (giac-
ché ti degni leggere anche i lunarii), come legge-
sti per lanli anni il Raninientalore zaralino, se tu
letto avessi anche L'astronomo della torre di Bovo
d'Antona pel 1853, vi avresti trovato che delle
torri nostre pariavano iscrizioni romane e venete,
e che il primitivo sito dove tah iscrizioni esiste-
vano pare indubitato fosse quello appunto dov'e-
siste oggi la torre suddetta ; la quale può benis-
simo avere subito col tempo trasformazioni non
poche, ma in origine dev'esser» stata una delle
romane che Zara cingevano, ed a cui poscia anche
i Veneziani praticarono rinforzamenti e racconci.
E quand'anco ritenere la si volesse opera muni-
cipale, non per ciò, riguardata la origine della città
nostra ed i suoi abitanti d'allora, la si potrebbe
dire slava; sono anzi certo, che se quelF immagine
della città stessa, da te ravvisata nello stemma
postole sopra, potesse aver la favella che tu le dai,
e tant' orgogliosa fosse d'appropriarsi l'lo son ehi
sono di Jehovah, da te con islancio veramente poe-
tico attribuitole, lo pronunzierebbe in latino od in
italiano, ma non già in slavo.
Lo stesso dicasi del tempio di san Grisogono
(anteriore al secolo decimo in cui fu riedificato);
10 stesso del maggiore di sant' Anastasia (voto
dei crociati veneti e francesi, a quanto narran le
cronache, dopo la presa di Zara nel 1202); lo
stesso d' alcuni avanzi delle antiche mura della
città ; lo stesso di quante altre vuoi opere di quel
tempo. — A che riduconsi dunque i monumenti
slavi di Zara? Uno solo io ne vedo, e questo è
un' iscrizione in islavi caratteri esistente nel pub-
blico giardino ; ma fatalmente anch' essa non è di
Zara, sendovi stata recata pochi anni fa da Pod-
graje ; ed inoltre non è d' antichità remota, nè
d'importanza, perchè datata del 1400, ed appar-
tenente ad un povero servo, come appunto quelle
altre molte in cui tu, mio buon I, non vedesti
che servi romani.
Nè soltanto le opere d'arte, ma quello spirito
stesso d'indipendenza, di che tu meni cotant' or-
goglio, può dirsi egli slavo ? — Della seconda e-
poca di tale nostra indipendenza, 1' aristocratica,
11 Krcghanovich così scrive: "Questo coraggio su-
periore agli eventi e l'attaccamento de' nos ri, non-
ché dei Dalmati marittimi, alla libertà ed alle for-
me d' un governo patriziale indipendente, io non
snprpi ripeterli ispirati che dai fuorusciti italiani,
i quali fuggendo dalle proscrizioni, guerre e partiti
de'Guelfi e de'Ghibellini, de'Bianchi e de'Neri, e
dalle inimicizie del popolo e degh ottimati che squar-
ciavano da un secolo è piìi le città repubblicane
d'Italia, portarono anche in Dalmazia 1' animo
baldo e guerriero, la sofferenza muta nei disagi-
penosi, e ne' gravi pericoli la piìi ferma impertur-
babilità. La Dalmazia offerse sempre ricovero ai
migrati. I nomi de' nostri grandi e patrizi all' e-
poca di cui pariiamo, i Fioravanti, i Gallelli, gli
Asgoranti, h Zaiidolini ed altri, sono tutti nomi
già conosciuti nelle storie d'Italia, che qui man-
darono le rivoluzioni di Lucca, di Pisa e di Fi-
renze „ {Meni. V. II, fac. 142).
Non volere però da questo, mio buon I, cre-
dermi tanto fanatico per la stirpe itahana, d' at-
tribuire ad essa tutto che di bello e di bene si
fece un tempo tra noi ; gli altri pure v' ebbero
la loro parte, come il Kreglianovich stesso nel
suddetto caso già nota, e, fra gh altri, la par-
te loro pur ebbero gli Slavi fra noi dimoranti.
E che pel fatto ve ne dimorassero, non fa duopo
salire alle invasioni del secolo settimo affine di
comprovarlo. Come per la via del mare, così per
quella del monte, la Dalmazia fu sempre a tutti
dischiusa, e come d'altre nazioni, così della slava
eziandio è cosa certa che, in epoche varie, molti
siano calati a domicilio fra noi, per elezione pro-
pria od a causa di sciagure patite dai reami finitimi;
ned è meno certo che slave famighe in Zara stan-
ziate, rendendosi con l'onorato lóro diportamento ben
accette al paese, abbiano meritato di venir ascritte
alla sua cittadinanza ed alla nobiltà sua, e di par-
tecipare a tutti gh uffizii del civile, militare ed
ecclesiastico reggimento. Una di queste, eh' io sap-
pia, è la famiglia Fanfogna, che, giusta qualche
memoria dell' archivio suo, venuta precisamente
dalla Croazia nel principio del secolo dodicesimo,
fu decorata dalla città nostra del suo patriziato,
e dal governo veneto del titolo di Conti; famigha
che, come in ogni tempo, così anche oggidì pro-
segue a benemeritare di questa sua nuova patria,
senza però nè rinegare il nome, nè tradir gl'in-
. 19. %ai*a 19 T^ii^Sio ;tllllO Iflb^ Dalmatica
Pri'zzn il'assopiazionc in vnlqta a«.strÌ!)o;i pT
Zara: pvr un anno fiorini 8: per sei «(•'si llorini i;
per tre mfni fiorini Pel riiiianiMite delia Pruvinci:«.
e fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi .fiorini 4
»olili 5(1-, per ire mesi fiorini 2:25. Per 1" estero, e
pel Loml)ardo Veneto gli stessi prezzi inargento, fran-
chi del porto-posta.
Giornale politico-lederario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
1 le ooiiiiiiibsioiu. franchi dell« »pes«
poslali, ei liiriiDno in Zara a V'iner컫« Uuplancirh Rer-
diiiture dclli Vuie Dnliiiitits. e jfli 8bbu»w»ni,eiiti, ai
«e-oKii librari! dt-i hitiiori rrat.'iii BaUara o Piutro
Abeiich. (jili .»wisf di b liniMr rostrtn» I fiorirro, «jcrwi
line» di più («oidi IvU tiisi* di finanza resta » pari'»
rfrl conimitt»-n(e. L'u numero »«parato costa sjliti tC.
Rivista politica.
Il ricoiioscimento del regno d'Italia per parte
della Russia, pei buoni uffici della P4:'ancia, e suc-
cessivamente della Prussia, è il fatto più importante
della presente situazione politica. Prenunciato da
luago tempo, disdetto poi, preceduto da voci dub-
bie sui motivi, sui modi e sulle condizioni, fu an-
nunciato formalmente prima alle Camere inglesi,
poscia a quelle di Torino, dai rispettivi ministri.
Annunciato da John Russel a quella dei lordi, come
probabile, benché non ancora ufficiale, e ottenuto
alla condizione che il governo italico dichiarasse
di non avere intenzioni ostiH contro gh stati con-
termiiìi e assicurasse da ogni attacco V Austria e
la Germania, fu poi partecipato ai Comuni da Pal-
nierston come fatto compiuto, toltene le condi-
zioni, che, fatte bensì dalla Russia, furono rispet-
tosamente dall' Italia rifiutate. Rattazzi, rispondendo
a una interpellanza del Massari in proposito, disse
alla Camera dei deputati nella tornata dei 10, del
ricoKOScimento incondizionato pervenuto a Torino
ufiìciaioiente ; il giorno successivo poi il ministro
degli esteri Durando partecipò l'arrivo della nota
russa che riconosce l'Italia e oflfre di ristabilire
le relazioni diplomatiche ; nonché di un dispaccio
di Berlino che assicura vicino il riconoscimento della
Prussia. La stessa notizia è recata dal lìlonileur,
senza far cenno di patti.
Tuttavia, che alcune condizioni piìi o meno im-
portanti sieno state imposte e accettate, risulte-
rebbe evidente da un articolo della Patrie^ nel
quale a ciò è chiaramente accennato. E detto in
esso che in seguito alle trattative corse tra la
Russia e la Francia le due potenze si sono po-
ste d'accordo sopra tre principali punti. L'uno
riguarda il modo di regolare la situazione e gli
interessi dei cristiani in oriente, per cui alla Fran-
cia sarebbero affidati quelli dei cattohci, e quelli
de' scismatici de' varii rit', alla Russia. L' altro
verte sulla situazione dell'Italia, onde sarebbe
deciso di riconoscere i fatti esistenti, e di consi-
gUare il gabinetto di Torino ad evitare pel re-
sto ogni atto che potesse far nascere nuove com-
plicazioni in Europa e pullulare nuovi pericoli per
l'Italia. L'ultimo si rapporta alla soluzione del
Conflitto che divide da tanto tempo la Danimarca
e gli Stati tedeschi. ^Noi non vogliamo, segue la
Paine, dare soverchia importanza a tutto ciò, ma
ci pare difficile di non vederci gli indizii di una
alleanza tra Francia e Russia.,, Comunque siasi
di tutto ciò, ché F Italia abbia consentito a smet-
tere il pensiero di condurre a fine il suo risor-
gimento, di acquistare la sua capitale, e compiere
l'unità desiderata, non ci pare probabile. Con que-
st' atto entra ella invece nel concerto europeo,
e neir equilibrio politico ; i vecchi principii già
smessi e disconosciuti dalla Francia e dall' In-
ghilterra, lo sono pure oramai dalle potenze che
più tenacemente parevano ad essi legati ; dalla
Russia soprattutto, la rappresentante e il cam-
pione della Santa Alleanza. Un altro avvenimento
favorevole all' Italia, è il matrimonio della princi-
pessa Pia figlia del re col re di Portogallo, an-
nunziato anch' esso ufficialmente.
Che la Russia poi precipitosamente cammini per
una via diversa da quella seguita lìnora, e voglia
sinceramente abbracciare principii di una politica
jriformatrice e liberale, fatti sempre nuovi ce ne
danno ogni giorno maggioro assicurazione, L'at-
tentato contro il,fratello dell'imperatore, spedito
a Varsavia per inaugurare e porre in atto le ri-
forme e le libere istituzioni promesse, e ferito da
un colpo di pistola all' uscir del teatro, nonché
provocare nell' animo del granduca e dell' impe-
ratore pensieri di pentimento o di reazione, li
spronano a dichiarare, di intendere a proseguire
nella nuova via scelta. Costantino ne dà ampie
assicurazioni al clero e alla nobiltà presentatesi
a complimentarlo ; nè dubita di stendere la mano
al conte Zamoyskj il capo più risoluto e influente
del partito nazionale; pregandolo di aiutarlo nel-
l'ardua impresa assuntasi.
La questione del Messico rimane tuttavia in i-
stato incerto e stazionario. Le dichiarazioni del
ministro, gli articoU successivi della Putrii', del
Costilulionnel, paiono dare certezza che il Governo
francese non intenda di imporre a quel popolo un
governo contrario a' suoi desideri! ; ma che a rin-
contro sia suo intendimento decisivo di giungere
a Messico, e di consultare e seguire la volontà
del paese sul governo da costituirsi, ma di non
togliersi di là finché l'esecuzione del trattato non
è assicurata. Considerevoli rinforzi intaiji^o sono
colà spediti sotto il comando del generale Ferey :
diconsi 30,000 uomini con ragguardevole artiglieria.
Importanti sarebbero le ultime notizie sulla guerra
del Montenero. Da un rapporto di Omer Pascià,
comunicato per via telegrafica al Diavuklto, da Ra-
gusa, sarebbe questa sul punto d' esser finita. In
seguito all'arrivo al campo turco del caimacan mu-
scir Abdi Pascià sostituito nel comando ad Ab di
Pascià ritiratosi spontaneamente, sarebbe il giorno
6 stata presa una posizione montenegrina al sud
del villaggio Piava, dalla quale i turchi non avrebbero
potuto esser scacciati dai 15,000 montenegrini che
s'erano accinti la sera a riconquistarla. Il giorno
8 i Turchi attaccarono l'altura di Piava difesa
da mura e forti, la quale è la chiave della strada
di Cetinje, e domina la linea di congiunzione dei
Turchi tra Zenikoi e Oralucca. Respinti i Monte-
negrini da tutte le parti al secondo assalto, a-
vrebbero perduto munizioni, la tenda di Mirko
ec.; sarebbe rimasto morto il senatore Pietro Fi-
lipiov, quattro capitani e 600 combattenti. Dall'altro
parte Dervis Pascia.-^ nei giorni 7 e 8 avrebbe
presa la forte posizione di Ostrog e respinti i
Montenegrini da ogni banda, poscia avanzatosi nel
giorno 11 più sempre, si sarebbe ricongiunto con
Abdi che ai 12 s'era avanzato per la destra
sponda della Zetta per Orialucca, penetrando così
nel cuore del Montenegro. Di sifflitte vittorie de-
cisive, di cui è voce già da alcuni giorni, tutta-
via finché notizie più certe e dettagliate e uffi-
ciali ci giungano, è molto da dubitare,
A don Simeone Paulinovich.
Zivio illustrissimo deputato di Vergoraz, reve-
rendissimo curato di Podgora zivio ! Se da molto
tempo io non avessi apresi i titoli, che voi avete
all' ammirazione ed alla riconoscenza lei figli del
triregno, mi basterebbero all'uopo l'articolo da
voi inserito nel n, 28 del sedicentesi Nagnale,
e la parte che nel successivo p, 81 prendeste, col
capovilla Sablich e compagni, nell'assoluzioue in
ariiculo morlis ai peccati di don Sperato Nodilo,
già colpito dalla morte civile, Ziim dunque, terqne
qualerque zivio. Perdonatemi, egregio patriota, lo
scherzo ; ma che volete ? malgrado la tristezza dei
I tempi e la mia abituale serietà, voi destate in me
! il buon umore, e quando io. penso a voi, ve lo
j dico in confessione, rido. Xè codesto umorismo
data dalle due recenti drammatiche vostre com-
parse nel Nazionale, oibò ; son diciotto mesi che
io vi collocai nel panteon dei genii slavi, son di-
ciotto mesi che di tempo in tempo io rido a vo-
stro merito. Si, io risi allorquando nel carnovale
dell' anno decorso, pellegrinaste in compagnia del
celebre padre Puratich nelle contrade del monta-
no, e maschera di missionario, redim di emissa-
rio, picchiaste alla porta di ogni canonica e di
ogni monastero, a darvi l'imbeccata, e probabil-
mente a raccogliere firme per quel famoso indi-
rizzo di parrochi diretto alla Conferenza banale
e stampato nel n. 33 del Pozor, indirizzo che dap-
poi due parrochi onesti, a cui si erano carpite le
firme, rinegarono ; risi quando, dopo tante mano
novre il sacristia, vi nominarono, maschera di e-
conomista e statista, in deputato; risi quando, à
guadagnare popolarità e maschera di patriota, in
un viag^gio col vapore, armato del kalpak nazio-
nale, mangiaste cipolla e sardelle salate, ed inni
slavi cantaste, che vi rimeritarono cordialissimi
applausi in Sebenico ; risi quando, in maschera
da martire, ve la svignaste da Zara, per farvi,
trédici di numero, fotografare a Vienna ; risi quan-
do, in maschera da profugo, vi presentaste ail in-
furmandu/n al Parlamento di Za.gabria, e vi pro-
clamaste voi primo Croato d' oltremonte ; risi . .
.... rido ancora, e quando anche vi nominas-
sero veliki Zupano di Podgora, riderò.
Scusatemi la troppa franchezza, ma che volete?
se a don Sperato può essere pennesso di raccogliere
quel fango che gU sta d'intorno per macchiare
le pili splendide nostre glorie; se a voi è permesso,
plaudendolo, farvi solidale di queir eroe ; se a voi,
sacerdote e deputato, é permesso l'insulto contro
r inclita Giunta ; non mi sarà, spero , negato il
diritto, dirò meglio, l'innocente conforto, di scher-
zare. Ed é proprio quel vostro articolo contro la
Giunta, che mi caccia tra le mani la penna ; non
già eh' io creda di convertirvi, ché anzi sono per-
suaso di perdere ranno e sapone ; ma spero che, se
siete accessibile al pudore, voi sarete in avvenire
più dignitoso, più civile, più cristiano : vi mostre-
rete più degno della veste di sacerdote, di depu-
tato, di patriota.
Sì, carino che siete, voi fate guerra alla Giunta,
ma il fate con un cinismo sì selvaggio, con tanta
mala fed«, con tanta indiscrezione, che non è per-
messo lasciarvela impunita. Potete discutere, po-
tete criticare, e, se ne avete il talento, potete i-
struire i vostri colleghi, gli egregi ond' è costi-
tuita la Giunta ; ma dirne inesperte le mani, de-
ridere i lor travagli, schernirne e falsarne V idee,
voi, loro collega e sacerdote, ciò" non vuol es-
sere tollerato, nè lo sarebbe presso popolazioni
selvagge. Se nessuno della Giunta porta il kal-
pak; se nessuno di essi crede prossimo il mo-
mento del sognato impero slavo ; se alla Giunta
non siedono, come erat in votis, il Mattas, il Sun-
decich, ed jiltri reverendi ; se ciò può addolorare
il vostro cuore, o don Michele ; non per quésto
potete pigliarvela cogli egregi che compongono la
Giunta, e pagare i loro studii, il loro patriotti-
smo, il laro ingegno, con beffarda ironia, con in-
sulti villani. E nell' accusarli, nel dirne inesperte
le mani, voi fate torto alla Dieta che h nomina-
va ; voi fate torto a voi stesso. Codesta ironia,