Un precursore. chi, che questo primo e franco assertore delle nostre ragioni,
; D nostro modesto giornale ebbe questo benemerito predecessore
yn predecessore, un omonimo, la passasse liscia, continuan^
Vi è stata a Zara ^un altra „Vo- do tranquillo le sue meditazioni
ce Dalmatica"v Moveva tondata, e le sue letture in un angolo om-
dcl 60, V^ccnzo Duplancich, uo- broso del pubblico giardino ^
flio di forti studi, poeta gentile Nessuno può, ne deve crederlo
e patriota inflessibile. Oggidì'o- E tanto più ci gloriamo nella
pera sua pare auspicio al fatto nostra umiltà di avere avuto ad
meraviglioso della nostra reden- antesignano Vincenzo Duplancich •
zionc. E la sua vita pare, ed è, e tanto più siamo lieti di fregiare
un magnifico esempio. il nostro giornale col titolo stesso
Ci piace .ricordare brevemente del giornale da lui fondato, in-
che cosa fosse quella prima „Vo- quantochè Vincenzo Duplancich
ce Dalmatica" e chi T uomo che
l'aveva fondata.
Vincenzo Duplancich, che avreb-
be potuto poltrire nell'ozio, o
vivere solitario coi suoi cari libri,
volle scendere nell' arringo poli-
tico al primo affermarsi dei due
non sfuggì alle accanite persecu-
zioni della imperiai regia polizia
e seppe la dolorosa via della fuga
e deir esilio.
La „Voce Dalmatica*', assog-
gettata alle più minuziose e tor-
1 11 . f . tuose disamine, venne segnata dai
partiti che allora si eran formati poliziotti con matite di ogni co-
ncila nostra provinciali autonomo, lore. E contro l'animoso suo di-
divenuto poi il partito itahano, e rettore venne, senz'altro, imbastito
I annessionista, spezzato poi m ^^ processo, con vari capi d'ac-
tnolte fraziom. Vincenzo Duplan- cusa, il più grave dei quali era
cich che per acclamazione di quello dell' alto tradimento. 1 era pur stato eletto de- funzionari della Procura di Stato
ebbero, però, un insolito pudore.
Intuirono che avrebbero commes-
sa una gaffe incomparabile,
facendo. arrestare il Duplancich :
e lo lasciarono a piede libero,
mentre cessava la libertà della
„Voce", semplicemente soppressa.
Il Duplancich vide chiaro il suo^
avvenire. Coli' aria che anche al-
lora spirava, qualche anno di er-
gastolo non gli sarebbe forse
mancato. Preferì di mancare lui
stesso alla citazione del tribunale,
pel famoso processo. Simulò di
sce-
ani-
putato alla Dieta dalmata ^
se neir arringo politico con
mo fiero, e rigida dignità Ai giu-
dizio. Non asservito a cricche
burocratiche, libero nell' animo e
nel pensiero, egli aveva fondata
la „Voce Dalmatica" in opposi-
zione all'imperiai regio „Osser-
vatore", che in quei tempi era
pur troppo r esponente del gior-
nalismo paesano. E le sue prime
armi lucenti furono dirètte a
colpire quanto di retrivo e di
meschino serpeggiava nella morta
gora della vita pubblica.
rinchiuso nella sua biblioteca:
solo suo svago un breve indugio
giornaliero in uno dei caffè della
galleria Vittorio Emanuele. E —
biste cosa! — quando Vincenzo
Duplancich morì, non ci fu nes-
suno dei nostri che l'avesse ac-
compagnato al cimitero, nessuno
che avesse data una lagrima di
riconoscenza su quella fossa, che
racchiude il primo e il più stre-
nuo e preciso difensore del no-
stro idioma e della nostra nazio-
nalità. Solo qui, nel „Dalmata",
Vitaliano Brunelli scrisse degna-
mente di lui.
Al fondatore della prima „Vo-
ce Dalmatica" — primo e gene-
roso grido di riscossa — diamo
oggi reverente tributo. Se nella
regione serena degli spiriti giunge
l'eco, degli eventi terreni — e
perchè non vi ha da giungere ?
— lo spirito di Giuseppe Du-
plancich deve esultare con gioia
di paradiso. La sua Zara — la
città cara ai suoi studi e alle sue
speranze — è oggi ridata, come
egli auspicava, all' Italia. L'antico
sogno del cittadino e dell' esule
è divenuto realtà.
l vigli vii i • i* i • . • -i*
Sulla formola vaga e incompleta ¥} T^^'/fX! \
dell' autonomia, e^i fece rifulgere "t"-®"-®*' dibattimento,
— primo fra tutti i Dalmati —
il raggio solare di un' afferma-
zione recisa^ Egli fu il primo a
proclamare l'italianità della Dal-
mazia. Egli fu il primo asser-
tore del diritto della nostra stir-
pe, chiamala— scriveva — ad un
posto eminente, perchè in essa
sono le più elette facoltà morali.
E^i fu il primo che, nel trattare
la questione delle nazionalità,
avesse avuto il coraggio di scri-
vere: „Riguardando il paese no-
„stro come parte del corpo mag-
„giore a cui sia geograficamente,
„e ddbba essere amminìstrativa-
nmente cosgiunto, colluderemo
»senza titubanza appartenere noi
»alla nasuone italiana, perchè
„alla regione italica fummo uniti
„politicamente , più a lungo e a
„ qu ella regione ci stringono re-
„lazioni intimè ® feiproca utili-
„tà e necessità immutabile. Ar-
„dua e squallida catena di monti
„ci divide dai vicini riòstri, te*
„nuti da noi, per lungo teihpo,
„come nemici, mentre all'Italia
«ci unisce T agevole via dell'A-
„driatico".
Possono credere, i giovani,
che del 60, qui ff Zara, si osasse
impunemente di scriver così ? E
possono^ credere, e giovani e vec-
in una sua villetta agli Scogli. E,
in una serena notte dell' estate
del 63, col favore di un amico,
fuggi in Ancona col bragozzo
chioggiotto „Fedele Zaratino",
del padrone Giuseppe Pagan.
Arrivato, telegrafò, consolando con
tenero affetto la madre, e conso-
lando nel tempo stesso la imperiai
regia polizia — esasperata e af-
fannata nel ricercarlo ~ con
le parole ben altrimenti affettuose :
„Sono qui; se volete qualche cosa,
venite pure a prendermi."
Il Duplancich prese poi stabile
dimora a Milano, ove visse, mo-
destamente, sino al novembre del
1888. Vi visse coi suoi libri e
con le sue memorie, conosciuto
ed amato dai più eletti del suo
tempo, tra i quali ci piace ricor-
dare Alessandro Manzoni, Niccolò
Tommaseo e Pacifico Valussi.
Pubblicò di quando in quando
qualche suo scritto nella „Perse-
veranza", e fu assiduo collabora-
lore della „Vita Nuova" con
poésie e prose assai rimarchevoli
e degne di apparire assieme a
quelle dei più illustri scrittori
d'Italia. Col trascorrere degli^nni
e collo sparire della vecchia ge-
nerazione»" egli si sentì sempre più
isolato, e voile sempre più star
Spunti e appunti.
Voglio farvi la confessione d'una mia
debolezza. To\ viviamo in tempi di
democrazia e di libertà, e ora si pos-
sono snocciolare al prossimcr certi
greti e parlare con franchezza, perchè
il periodo delle orecchie lunghe lunghe e
larghe larghe dei poliziotti austriaci ce
l'hanno tolto d attorno i marinai e ì sol-
dati d'Italia. Dunque, volevo dirvi che ho
avuto anche in passato il vezzo di
sciupar qualche minuto, leggicchiando
nei giornali, persino sugli „avvisi di
quarta*^ pagina che viceversa nella tecni-
ca giornalistica moderna son divenuti
gli „avvisi di terza pagina ultima co-
lonna."
E non mi son mai pentito me-
no d'aver sciupato quei tali minuti
che F altro giorno, quando ci capi-
taron d* un tratto con la posta tre
numeri del „Corriere". Finito di legge-
re il sodo, vo a quella tal colonna per
cui v^ ho confessate le mie simpatie e
ci trovo . . . Dio mio, una ridda di
milioni da metter le vertigini anche ai
Cresi pullulati durante la guerra. La
società Manifatture Rotondi vuole emet-
tere nuove azioni per portare il capitale
sociale da? a 15 milioni di lire; U of-
ficina elettro-ferroviaria di Milano non
s accontenta di 6 milioni, ma ne vuole
la società industriale Eridania va
da 6 a 19 milioni; il Lloyd mediter-
raneo, che ha già 100 milioni intera-
mente versati, emette sottoscrizióni per
altri 85 ; la Banca popolare di Intra
triplica il suo capitale ... e vi taccio
altre due poste minori per non notarvi.
. Ma invece non vi noierà quella che
i nostri vecchi solevan chiamar la
„morale della favola". E quesfè dop-
pia. Anzi tutto che non c'è da
pentirsi neanche a leggere le minuzie
dei giornali; poi — e quest' è il più —
che r Italia troppo spesso guardata co-
me il paese degli analfabeti, degli emi-
granti, dei parolai e degli eroi del col-
tello, ha resistito per tre anni a tutti i
casi avversi, a tutte le mene delittuose
dei nemici interni ed esterni, e dopo il
trionfo delle armi s appresta ora a fi-
gurar degnamente fra le prime e più
civili nazioni del mondo nella gara
nobilissima del lavoro, per la prospe-
Àbbonamenti per ora non si
ricevono.
Un numero cen^^.
Redazione ed AmministmjEl^fr
provvisoriamente nellaTipografia
E. de SchOnfeld.
rità di tutto il suo popolo. È dire
che anche noi siamo' e resterertio Ita-
liani !
La Cronaca
Pel genetliaco di S. M. la Regimi
madre. Mercoledì sera, a festeggiare
il genetliaco di S. M. la Regina Mar-
gherita, la Banda Comunale'percorse,
suonando alacremente, le principali
vie cittadine, seguita da una folla ^
straordinaria, la quale, alle canzoni della
Patria, alternava fragorosi evviva alla
Grande Italia, al Re e all'augusta fe-
steggiata.
La Banda Comunale eseguì, ferma Z
in Piazza del Plebiscito, la Marcia ,
Reale, salutata da entusiastiche accla-
mazioni.
li telegramma^ del capo dello stato
maggiore delia regia marma. In ri-
sposta ad un dispacciò di plauso e di
omaggio, r illustre capo dello stato
maggiore della regia marina, Thaon de
Revel, telegrafò al nostro Sindaco : „A
Zara italiana, nel giorno in cui si fe-
steggia r auspicata redenzione, invio
commosso con anin^o grato 1' affettuoso
saluto mio e dei nostri marinai. Il
capo dello stato maggiore della marinja
Thaon di Revel".
Altri teiejgrammi. Il nostro Sindaco
inviò questi telegrammi:!
Senato Roma. — Al Senato, la cui
anima è tutta vibrante per la grandez-
za d'Italia, Zara fiera ed esultante di
far parte della grande famiglia italiana,
manda un saluto commosso, fidente
che la vittoria magnifica dovuta all' e-
roismo dei soldati ed alla virtù del
popolo tutto segni il compimento dei
suoi destini gloriosi sui dalmati lidi.
Sindaco Ziliotto".
„Onorevole Marcora, presidente Ca-
mera Roma. — Zara che esulta orgo-
gliosa di esser ridata alla patria man-
da un augurale saluto all' assemblea
nazionale, espressione altissima della
grandezza d'Italia, e confida nel san-
cimento delle sacre aspirazioni sulle
dalmate marine dove Roma e Venezia
impressero le orme imperiture^ a che
r Italia madre abbia compiuti con tutte
le sue alpi e tutti i suoi mari i fatti
gloriosi. Sindaco Ziliotto".
„Consiglio provinciale Sassari. Zara
nel gaudio e nell' orgoglio di eàser ri-
data alla patria dopo il lungo martirio,
ringrazia commossa pel saluto vibrante
di italiano sentire che le viene da Sas-
sari, la cui eroica brigata diede cosi
insigne contributo al compimento dei
gloriosi destini d'Italia. Sindaco Ziliotto".
Un altro nobilissimo saluto. La pre-
sidenza del „Comitato di Mestre del-
l' Associazione Nazionale Pro Dalma-
zia" inviò al nostro Sindaco un' arti-
stica cartolina, in cui è disegnata una
bandiera dalmata, fregiata di nastro
tricolore. E vi è scritto : „Agitando ài
vento il bel vessillo colle tre teste di
leopardo, con tutta la foga del nostro
sentimento, lanciamo il grido : „Viva la
Dalmazia '
Il cuore dell' ammiraglio Millo. Ap-
prendiamo che r ammiraglio Millo, con
atto di squisita generosità, che spe-
riamo sarà apprezzato al suo giusto
valore anche dai soliti mestatori, ha
graziato i due colpevoli dell' oltraggio
fatto giorni sono alla bandiera italiàna
a Zaravecchia.
— L'ammiraglio ha pure largito
l'importo cospicuo di 1000 lire a be-
neficio della fabbriceria del Duomo.
I prigionieri italiani liberati dai no-
stri fratelli, in procinto di ritornare
alle case loro, inviano a Zara questo
saluto: »Addio Zara — Ora che U sóle
DALMATICA Abbonamenti per ora non si ricevono. Un numero cent. 20. Redazione ed Ammfnistrazione provvisoriam ente n ellaTipograf ia E. de SchOnfeld.
PENSIAMO ALLE SCUOLE.
Da tre settimane, da quando
una modesta torpediniera con a
poppa il tricolore ormegsriaKidosi
alla nostra riva riaffermava i àacri
diritti d'Italia su questa sponda,
è un vibrante fervore di patriot-
I tiche dimostrazioni. Il fremitó
^ di gioia che erompe libero e
I spontaneo e assunie forme v cla-
I morose è una manifestazione
schiettamente umana e civile del-
l' anima collettiva del popolo
troppo duramente e troppo a
lungo provato alla scuola del do-
lore e della repressione d'ogni
più nobile idealità patriottica. Gli
affetti si possono comprimere con
male arti di governo, cancellare
mai.
Ma conviene tuttavia rilevare
che anche in questo periodo di
assestamento e di preparazione
a un ordine definitivo di cose,
anzi-appunto in esso, è neces-
sario raccogliere gli spiriti e l'e-
nergie su quel cumulo di pro-
blemi nuovi o rinnovati, che si
affacciano piiì urgenti per Zara
e la Dalmazia e per i quali oc-
corre la fede fervida, la vigile e
previdente operosità e 1' aiuto di-
sinteressato di tutti ì cittadini.
Non bastano i cauti e i cortei:
chi ama veramente e fortemente
la patria ha da agire, da purificare
sè stesso e l'ambiente; bisogna,
ora che l'Italia finalmente s'è
compiuta, rifare la coscienza e la
vita degl'Italiani di queste terre
redente.
Compito complesso e irto dei
più gravi problemi, tra i quali ci
piace oggi accennare a quello
4ella scuola, che è dei più vitali
4 urgenti e, nell'imminenza del-
l' apertura degl' istituti cittadini,
ha anche tutto l'interesse dell'at-
tualità. Non c' è fattore di ci-
vismo, di progresso, di grandezza,
di benessere più nobile e im-
portante della scuola, che forma
e tempra i caratteri, dà la co-
scienza del valore individuale, dei
propri diritti e de' propri doveri,
eleva il cittadino a fattore e coo-
peratore della grandezza dello
Stato. Ma perchè la scuola non
venga meno al suo compito e
possa dare questi frutti, occorre
anzi tutto che sia improntata a
un indirizzo schiettamente nazio-
nale nei programmi e conti sul-
r opera di fervido patriottismo
dei maestri.
L'Austria, per alta ragion di
Stato e per tradizioni ormai se-
colari, avvelenava le istituzioni
scolastiche colla peste dei sistemi
burocratici, polizieschi e milita-
reschi e mirava a snazionalizzare
tutti i popoli non tedeschi, ap-
poggiandosi in cotesto program-
ma ai dissidi fra nazione e na-
zione fomentati con tutte le arti
d'una raffinata organizzazione.
Dalla scuola dovevano uscire dei
buoni, docili e fedeli sudditi
austriaci: ecco tutto.
In Dalmazia le condizioni della
scuola italiana primaria e secon-
daria erano poi aggravate dalla
dipendenza da autorità provin-
ciali esclusivamente o prevalente-
mente croate, cui spettavano le
nomine dei docenti e il controllo
degli istituti. Onde maestri e pro-
fessori privi d'ogni cultura ita-
liana, ignari sin della lingua e
biascicanti un ibrido gergo, con!ie
quelli che dì solito eran usciti da
istituti croati ; e il lento, ma con-
tinuo regresso delle scuole ita-
liane nel numero degli alunni e
nella qualità degli insegnanti ; e
la lotta contro le scuole della
„Lega Nazionale", che con gravi
sacrifizi s'industriava di supplire
ai bisogni della cultura e dell'a-
nima italiana di queste terre ; e
il prevalere, in certe coscienze
deboli e vacillanti, di considera-
zioni di gretto interesse materiale
o di basso opportunismo sul ci-
vile dovere d'educare i figli alla
patria.
In cotesto clima storico e po-
litico anche i fiori più belli del-
l' intelligenza e della volontà eran
costretti a intristire ; la necessità
di comprimere i più nobili senti-
menti e le più sacre idealità per
sfuggire all' occhiuta vigilanza del-
le autorità politiche e scolastiche
falsava con gli anni il carattere
dei nostri giovani e favoriva il
germogliare di coscienze dubbie;
sì che di giorno in giorno sce-
mavano le forze vive e fattive
per la lotta immane che un pu-
gno d'uomini conduceva contro
le arti raffinate del governo au-
striaco e la selvaggia invadenza
dei croati. Le migliori intelligen-
ze, insofferenti delle strettoie di
simili sistemi, cercavano sull'altra
sponda quella libera estrinseca-
zione delle loro doti e idealità,
eh' era un sentito bisogno del-
l' anima.
Urge dunque che il problema
scolastico abbia le cure intelli-
genti e sollecite del governo ita-
liano. I programmi, anche se per
ovvie ragioni non si possono di
punto in bianco radicalmente mu-
tare e pareggiare a quelli, della
penisola, possono tuttavia con
moderati.e sapienti ritocchi so-
disfare i più sentiti bisogni del
momento e preparare le trasfor-
mazioni future; l'eliminazione de-
gli elementi meno adatti o addi-
rittura anacronistici darà moda ad
altre forze più idonee di rinsal-
dare e rinvigorire la compagine
dégl'insegnanti, assicurando alla
scuola una salda base di cultura,
d'ordine, d'efficienza nazionale
e al paese i benefici della par-
tecipazione alla grande e pura
corrente del pensiero e della vita
italiana.
Sappiamo che V ammiraglio
Millo, animato da affetto profon-
do per Zara e la Dalmazia affi-
date alla sua amministrazione.
divide con noi V alto concetto dei
doveri dello stato verso la scuola^
conscio dell' importanza della fun-
zione sociale che spetta particolar-
mente ai nostri istituti d'educazione;
e sappiamo pure che s'è già pen-
sato a togliere dalle dipendenze
degli organi croati la direzione e
la sorveglianza delle scuole ine-
die. Un primo passo è fatto : at-
tendiamo che si continui sulla
buona via.
Ma intanto non ci possiamo
esimere dal ripetere a tutti gli
spiriti fiacchi, a tutti i padri ten-
tennanti dell' era dell' obbrobriosa
oppressione austro-croata: ricor-
datevi il vostro dovere. Crescete
i vostri figlioli italiani, italiani di
coltura, di spiriti, di sentimento;
non uno diserti il suo posto alla
scuola nazionale. La Patria vi
sarà più grata che di tutte le
acclamazioni e gli sbandieramenti.
Nostre corrispondesize.
Da Spalato.
Un banchetto e disordini. Domeni-
ca sera nel Caffè Troccoli la Vlada
diede un banchetto ai sig-nori ufficiali
americani che presero possesso delle
corazzate „Zriny" e „Radetzky". Gli
americani si impossessarono domenica
scorsa alle 11 di notte delle navi, im-
posero all' equipaggio di abbandonarle
e partirono di mattina alle 6. Su que-
sto argomento il „N. Doba" non fa
neppur cenno ; ma se, invece degli a-
mericani, si fosse trattato di italiani —
apriti cielo! — chi potrebbe resistere
alle ingiurie? Ritorniamo al banchetto.
Quando gli americani sedevano in
caffè, vi sopraggiunsero dei socialisti e
dei contadini — questi ultimi passivi
a tutte le dimostrazioni croate — ed
emisero le grida di „Abbasso il Re
Pietro, Evviva la Repubblica, Abbasso
gli strozzini !" ed a tre piià gravi an-
cora. Gli astanti intervennero per cal-
marli, ma^ usciti fuori del caffè, le di-
mostrazioni si rinnovarono più clamo-
rose. Su questo fatto il „N. Doba"
non ha una parola, per non far cono-
scere al di fuori che qui regna un
vivo malcontento.
Aggressione. 11 ben noto Ivan K.
Benzon impiegato comunale ag-gredi un
benemerito cittadino, perchè questi,
durante la guerra, scoperse delle gravi
irregolarità al Comune. Si chiede che
senza scrupoli il nuovo Consiglio pro-
ceda, pev dare esempio di giustizia.
Terribile disgrazia. Venerdì scorso
si ormeggiò al molo il vapore trasporto
„B. Kemeni" con a bordo 2500 uo-
mini di truppa ungheresi e tedeschi,
che, dopo tante fatiche, ritornavano
alle lor case. Ma durante il viaggio
scoppiò un grave incendio nei depo-
siti di carbone. Nellgi catastrx>fe peri-
rono 74 uomini, e non già 200 com2
il „N. Doba" partecipò. La città è
costernata. Domenica seguirono i funerali
di due ufficiali francesi, del capitano
e del macchinista del piroscafo. Un
lungo stuolo di cittadini accompagnò
all' ultima dimora i quattro graduati,
mentre gli altri 70 asfissiati furono po-
sti nelle maone e così portati a sep-
pellire. Fra le vittime si scoperse anche
un maggiore tedesco; ma non si potè
identificarlo.
Di male in peggio. Finché durava
la guerra si viveva male, ma ora, con
la „Vlada", è impossibile il vivere. La
carne è a 26 C., le maride a C. 10,
il pesce pili grande a C. 24-30. Ben-
ché si fossero trovati molti vagoni di
farina, il prezzo della farina fu alzato.
La verdura pure è a prezzi esorbitanti.
Le patate a C. 6, un uovo a C. 3.20.
Di tutto questo il „N. Doba" non dice
sillaba, mentre durante la guerra gri-
dava conjtro ogni più piccolo strozzi-
naggio.
Un eroe. L'ardivo dei caccia-torpe-
diniere francesi attrasse alla banchina
molta gente. In un gruppo di signori-
ne, che discorrevan tra loro cheta-
mente, era pur la giovane Albina Bu-
kowsky, vostra concittadina. All' im-
provviso il prof. Virgilio Meneghello
Dincic — fabbricatore dei numerosi
diplomi di benemerenza civica assegnati
all'jex luogotenente conte Attems —
si scagliò sulla signorina Bukowsky e
le somministrò due sonorissimì schiaffi.
„Brutto mascalzone — le gridò indi-
gnata la signorina — perchè mi per-
cuote ? — „Perchè ? Perché lei è di
Zara." OccOrron commenti?
La Cronaca
li saluto di Roma a Zara nostra.
Il nostro Sindaco ricevette, in risposta
a quello da lui inviato al Sindaco di
Roma, questo bellissimo telegramima :
„A Zara italianissima, che mai smentì
il suo affetto per la gran madre, Roma
esultante ricambia il fervente saluto,
oggi che il lungo martiriq della figlia
diletta è intangibilmente consacrato
dalla gloria del trionfo. Il Sindaco
Colonna".
Una lettera di S. E. Rava. Il nostro
Sindaco ricevette dall' on. Rava, vice-
presidente della Camera dei deputati,
questa bella lettera : „Illustre signore.
Con antico affetto, con reverenza, con
devozione un saluto a Zara italiana di
diritto, come fu sempre italianissima,
nobilissima e carissima nell' opera che
tutti ammirammo ed onorammo, se-
gnalandola sempre come insuperabile e-
sempio di patriottisiho. Evviva Zara !
Aff.mo L. Rava".
Associazione daimata „Arturo Co-
lautti" a Milano. A Milano vi è un'as-
sociazione di comprovinciali, che si
fregia col nome del nostro illustre e
compianto concittadino, Arturo Colautti.
11 4 novembre, raccolti in assemblea
plenaria, votarono unanimi questo no-
bilissimo ordine del giorno :
Gli Italiani di Dalmazia residenti a
Milano, mentre uniscono il loro palpito
d' esultanza a quello della Nazione :
Confidano in una pace di giustizia
che non sancisca il cinquantennio di
sopraffazioni dalla Dalmazia subito ;
Ricordano il mistico gesto della po-
polazione di Zara la fedele, inginoc-
chiata quasi per un rito dinanzi alla
bandiera della Patria così come un
giorno dinanzi a quella di S. Marco ;
Fanno appello allo squisito senso
umanitario deiritalia tutta perchè anche
gli Italiani di quella parte della Dal-
mazia sulla quale non sventola ancora
il tricolore non vengano abbandonati
allo strazio della fame e della violenza.
E inviarono in pari tempo i seguenti
telegrammi :
A S. M. il Re: „Nel giorno in cui
10 sbarco a Zara, la fedele, inizia la
realizzazione del voto secolare, i Dal-
mati fuorusciti nel Regno manifestano
alla M. V. l'espressione di una gioia
che non avrà l'uguale nella vita".
A S. E. Sonnino : „A Voi, nel Vo-
stro austero silenzio, eloquentissimo,
magnifico assertore degli italici diritti,
si volgono in questo difficile momento
gli sguardi ansiosi dei figli di Dalma-
zia fuorusciti nel regno, ed, imitando
11 mistico gesto della popolazione di
Zara la fedele, da Voi attendono il
compimento delle loro aspirazioni".
il!
Ancora pochi anni fa, pur nelle
loro megalomanie statali, i Croati
si degnavano, bontà loro, di fare
un'eccezione per Zara, ricono-
scendone la schietta italianità. Ma
poi non iu più cosi. L' appetito,
si sa, viene mangiando ; ed anche
Zara entrò a far parte del loro
programma di conquista, espli-
cato tenacemente con mille arti-
fici, ciie, se ferirono e dilania-
rono Zara, non riuscirono però a
menomarne il carattere, o a fiac-
carne r animo. Anzi : piìi vee-
mentemente è percosso 1' acciaio e
più bello e più terso diventa.
In una cittadetta come la no-
stra — con una popolazione che
non sa parlare il croato e ove
l'accento croato, soli trent'anni
fa, era completamente estraneo
— i Croati riuscirono a posse-
dere nientemeno che nove isti-
tuti scolastici, aperti a spese del
governo e a beneficio, non già
degli zaratini, ma delle famiglie
croate, che, come in una trasmi-
grazione biblica, ogni giorno, e
quasi con ogni piroscafo, afflui-
vano a Zara, a ingrossare il nu-
mero dei combattenti e ad affi-
lare le armi per la conquista.
Non sappiamo se altra città,
anche più grande della nostra,
avrebbe potuto subire senza al-
terazione tante scuole slraniert :
ma è certo che Zara le subì senza
cambiare la sua fisonomia e la
sua fede.
La croatizzazione tattica della
provincia ; V azione lungamente
ostile agli Italiani dell'i, r. go-
verno austriaco ; il moltiplicarsi
inutile e ingombrante di funzio-
nari alti e bassi nei dicasteri ; il
dono fattoci dai Croati della fa-
^ mosa polizia di stato, che con-
centrò a Zara numerose famiglie
di poliziotti slavi ; l'invio settario
a Zara di studenti slavi dai più
remoti luoghi della provincia ; gli
istituti croati, infine, — tutto con-
comitò a creare, rimpetto all'au-
toctona e pura popolazione ve-
nata, un elemento torbido, irre-
quieto, intransigente, provvisto di
tutti i possibili appetiti e saturo
di tutte le invidie possibiU.
Estraneo alle ingenue tradizio-
ni, alla storia, alle usanze, al dia-
letto, alla vita stessa di Zara,
questo elemento di importazione
e di minorità osa proclamare la
conquista dì Zara anche nell' ora
H solenne in cui lo spirito di Zara
esulta con quello dell'Italia ìibe-
•ratrice.
, Non è in noi intolleranza. Non
da noi può venire l'incitamento
al disordine. Tutt' altro. Ma è
certo che i Croati, che qui ban-
gio domicilio, non potevano, nè
, |><ìSsono ripagar peggio la edu-
cata bontà dei cittadini in loro
riguardo.
Zara, al prinćipio di questa
tiuova e fortunosa vicenda, aveva
ivuta una illusione, ' ma fugace
come tutte le illusioni. Ai cortei
popolari, nei giorni della rivolu-
zione e dei primi sbarchi delle
truppe liberatrici, presero pur
parte gH Slavi; e il tricolore ita-
liano venne portato assieme a
quelli della Serbia e della Croa-
zia. I cittadini pensavano che,
nei Croati, purificati per la libe-
razione dal giogo austriaco, do-
vuta essenzialmente al valore del- '
l'esercito italiano, si fosse svi-
luppato un senso di doverosa e
profonda gratitudine per V Italia.
E trattarono i Croati da fratelli.
L'inganno fu breve. L' odio te-
nace, l'odio ereditario contro l'I-
talia si manifestò subito, e creb-
be nei Croati cosi come cresce-
vano le affermazioni del diritto
d' Italia su queste nostre città
secolarmente italiane. Gittaron la
maschera. E — mentre il loro
organo magno, il „Narodni List",
aizzava alla resistenza e all' of-
fesa contro le truppe liberatrici
— essi, con le successive gaz-
zarre, intesero di dimostrare una
cosa sola, assai semplice e pre-
cisa : che, cioè, Zara non era
niente affatto italiana, ma, e
nelle bandiere e nell' animo, tutta
quanta croata!
Questo — e nessun altro —
il significato grottesco, e nondi-
meno infinitamente provocatore,
delle povorke ancillari organizzate
qui dai Croati. E, per questo, fe-'
cero nei borghi grande incetta di
bandiere. Gli arrivi di piroscafi
con soldati di ritorno alìe loro
case, o il semplice passaggio per
Zara di ufficiali e di soldati ame-
ricani o giapponesi, non erano
che pretesti, solo pretesti, per
far baccano, nella matta pretesa
di fare apparire Zara croata.
Si esorta alla calma. Noi stes-
si esortiamo alla pace, per non
turbare la solennità di questa no-
stra cara iniziazione alla vita na-
zionale. Il comando militare ha
anzi imposto freno alle dimostra-
zioni, che, da parte della citta-
dinanza, si svolsero sempre, per-
chè dominate da un entusiasmo
plebiscitario, nell' ordine più per-
fetto. Ma noi chiediamo quale
tribù di santi o di anacoreti
avrebbe potuto rimaner passiva
di fronte a questa premeditata e
organizzata perfidia avversaria, a
questo criminoso tentativo di ma-
scherare una città, che appena
comincia a respirare l'ossigeno
puro della libertà. Erano i neo-
venuti che — dopo le gesta com-
piute dai loro soldati in Serbia
e in Italia — gridavan loro preda
la nostra città. Erano gli affigliati
del Sokol e della Citaoniza, i
quali intimavano il bando ai cit-
tadini, che qui hanno le loro
culle e le loro tombe e che, tutti
sino all'ultimo italiani, vogliono
qui nascere e vivere e morire,
all' ombra del tricolore. Il va
fuori straniero ! era gridato a noi,
da questi intrusi, e in casa no-
stra : essi i padroni, si capisce, e
noi i padronissimi di andarcene.
Ora è intuitivo, e comprensibile,
è umano, se gli zaratini hanno gri-
dato un basta! tanto sonoro. A
Spaiato si passò a brutali vie di
fatto contro singoli espositori di
drappi italiani. Qui nessuno si
sognò di ledere i Croati nella
ostentazione delle loro bandiere
e delle loro stonature insino a
che non rivestirono il significato,
netto e preciso, di un'adultera-
zione del carattere urbano.
La concordia degli spiriti e
degli intenti — nel nome sacro
Abbonamenti per ora non s
' - ricevono.
Y Un numero cent. 20.
Redazione ed Amministrazione
provvisoriamente nellaTipografia
E, de Schònfeld,
d'Italia r— nella stragrande mag-
gioranza di Zara è perfetta, mera-
vigliosa.
Quei pochi Croati, che sono
piovuti di recente nella nostra città,
non vogliano dunque provocare e
•avversare con inutile tenacia 1' o-
pera nostra e quella della nazione :
opera di rigenerazione italica su
suolo d'Italiani. Smettano il loro
lavòrio assurdo di adulterazione,
e r armonia della civile convi-
venza sarà, come ce lo augu-
riamo tutti, duratura e completa.
Navi giapponesi a Zara.
La notizii! della venuta di due navi
giapponesi fu accolta venerdì sera
dall' intera cittadinanza con grands pia-
cere. Eravamo felici di poter avere per
qualche ora tra noi questi magnifici
figli deli' estremo oriente, i rappresen-
tati di una nazione tanto importante
nel concerto delle potenze mondiali.
E subito il solerte comitato dei festeg-
giamenti allestì bandiere giapponesi
che assieme al tricolore nostro dove-
vano fulgidamente brillare al sole.
arrivo.
Degli squilli di tromba annunziarono
sabato verso le 11 che le navi erano
in vista. E tosto un' enorme folla sj
riversò alla Riva nuova ad attendere
gli ospiti graditi. Dopo breve attesa
ecco i due superbi cacciatorpediniere
del Giappone solcare maestosamente
le .acque del Canale di Zara dorate dai
raggi di un fi^èpido sole mentre in
cima alla banchina la banda municipale
suona r inno nazionale ed una schiera
di signorine e di giovani sventolano
entusiasticamente le bandiere del Giap-
pone e d'Italia. Quando si vide i caccia
dirigersi verso il porto, la folla corse
subito per calli e callette e raggiunse
Riva vecchia in un batter d'occhio.
Le due navi approdarono davanti i
Magazzini commerciali, tra grida assor-
danti di „Evviva" al Giappone e al-
l' Italia.
„Banzai Nippon".
Vivissimo era l'entusiasmo della
folla raccolta a Riva vecchia. Si voleva
far comprendere agli ospiti dell' O-
riente tutta la gioia che avevamo nel
vederli tra noi. E per farsi comprendere
la folla ricorse ad una cara remini-
scenza dei tempi della guerra russo-
giapponese e si abbandonò entusiasti-
camente al grido di „Banzai Nippon".
1 giapponesi, del resto impassibili a
qualsiasi dimostrazione, non poterono
mostrarsi indifferenti a questa magnifica
manifestazione d'affetto, non poterono,
non commuoversi alla vista di questa
bella festa di bandiere e di luce, e,
visibilmente commossi, ringraziavano
agitando i berretti. Ancuni erano più
espansivi, altri invece agitavano il ber-
retto macchinalmente quasi obbedendo
ad un comando. Un simpatico ufficiale
grida dall' alto del ponte di comando :
,, Vìva Zara taliano /"
Intanto i due caccia si ormeggiano
alla banchina, uno dietro 1' altro. Sono
il „Keide", al comando del cap. Morita,
e il „Zatsura" al comando del cap.
Egudji. Si reca tosto a bordo una de-
putazione del Municipio, condotta —
in assenza del Sindaco^malato — dal
prosìndaco signor Ascanio Persicalli.
Della deputazione fa parte anche il
consigliere Simonelli, dirigente il capita-
nato distrettuale. Essa porge agli ospiti
ii benvenute, ed il comandante ringra-
zia comniÉf -si» per 1' entusiastica acco-
goglienza ricevuta.
11 saluto col tricolore.
La dimostrazione d' affetto continua
con indiminuito ardore. La folla fa
ressa sotto le navi. Chi vuole un na-
stro, chi aina cartolina postale, e i
marinai nipponici acconscentono e fan-
no scambi e regali. Sono commossi
per lo festosa, cordiale accoglienza.
Alcuni di essi fanno scattare ripetute
volte 1' obbiettivo degli apparati foto-
grafici.
Tutto ad un tratto il comandante
dà r ordine di issare il tricolore nostro
in segno di saluto. E' un momento in-
difnenticabile. La dimostrazione rag-
giunge il colmo. Tra le note della
„Marcia reale" e gli inni patriot-
tici, tra lo sventolio di una selva
di bandiere s alzavano al cielo assor-
danti ed entusiastiche le grida di ev-
viva'al Giappone, all' Italia, agli Alleati.
L' entusiasmo è s! grande che il mari-
naio non sa decidersi ad ammainare
la bandiera.
Gli equipaggi delle nostre navi :
„Ascaro", „Aquilone" e della torpe-
diniera 22, ormeggiati dinanzi la Do-
gana, assistono a questa bella festa
dall' alto delle loro navi.
Penoso incidente.
Purtroppo questa indimenticabile
giornata fu turbata da un deplorevole in-
cidente, causato unicamente dalla fana-
tica inframettenza dell' elemento croato
italofobo, che mal ricambia 1' ospitalità
di Zara. Già prima dell' arrivo delle
navi i così detti Jugoslavi tentarono
di uscire con la fanfara dai locali della
società del „Sokc 1", ma una quarantina
di nostri concittadini sorse a protestare
e il corteo fece mostra di ritirarsi. Pa-
reva che tutto fosse finito così, ma
invece i Socolassi, scortati da soldati
italiani, poterono passare per le vie
della città, gridando a squarciagola
„Abbasso l'Italia".
Dobbiamo osservare a questo punto
che ai membri del Sokol, notissimi
aizzatori di disordini, non fu mai per-
messo, dacché Zara esiste, di uscire
dalla sede e percorrere in corpore le
vie della città con la fanfara alla testa.
I cittadini di Zara, stipati a Riva
Vecchia, sbarrata dalle truppe, erano
costretti a veder sfilare sulle mura il
corteo di croati, che emettevano grida
insolenti e vigliacche contro l'Italia, i
cui fanti gloriosi pur li proteggevano.
Durante il passaggio del corteo per le
mura ci fu qualche scambio di sassate.
L' incidente occorso sabato è in
ogni caso deplorevole. E necessario che
tutti mantengano in queste giornate un
contegno calmo e dignitoso, corrispon-
^ dente^ al grande momento storico che
viviamo. Ma d' altro canto la colpa va
ascritta tutta ai Croati, i quali cer-
cano in ogni modo di provocare di-
sordini e scandali per strombazzare
poi ai quattro venti che a Zara non
regna l'ordine, che la sicurezza per-
sonale vi manca, mentro sono essi i
di Strassburgù e Metz, sintesi della
g-rande anima francese, g-iunga a voi,
illustre uomo di stato, che con la vo-
stra, mirabile energia cooperaste in
modo sì insigne insieme con 1' eroismo
dei soldati e con la costanza di tutso
il popf'lo alla vittoria magnifica che
segnò il compimento dell'ardente voto
di veder le sacre terre d'Alsazia e
Lorena ricongiunte alla madre francese,
— il saluto augurale di Zara, che, e-
sultanle dopo il lungo servag-gia per
virtìi del vittorioso esercito e della te-
nace fede d'Itiilia, fu ridata alla sua
patria, il cui vessillo sta perenne tutela
delle dalmate marine. Sindaco Ziliotto."
„Paolo Boselliv presidente della Dante
Allighieri Roma. Z^ra che, spezzati per
sempre i ceppi del servag-gio, esulta
di g-ioia ineffabile per la realizzazione
del suo sogno p;ù caro, inv.a a voi,
valoroso e costante propugnatore dei
suoi intangibili diritti, il suo riverente
saluto. Sindaco Ziliotto."
„Sindaco Venezia. Zara con gratitu-
dine immensa e con legittimo orgoglio
riceverà commossa il glorioso gonfa-
lone di San Marco, che Venezia glo-
riosa, di cui fu per quattro secoli fe-
dele figlia, vuole nobilmenie donarle.
S.ndaco Ziliotto."
Sindaco Firenze. Zara, superba per
la sua indissolubile unione alla gran
Madre, corrisponde commossa e grata
al fervida saluto di Firenze nobilissima,
da cui sarà fiera di ricevere la glo-
riosa bandiera della patri che aleg-
gerà protettrice, ora e sempre, sui
templi romani e sulle venete sue torri.
S'ndtìco Ziliotto."
Associazione dalmata „Artaro Co-
lautti".. Sono da otto giorni fra noi i
nostri carissimi amici Milis Amos, ra-
gioniere, Rovero Brizzi Giuseppe, com-
merciante e Toliia Simeone, impiegato
di banca, venuti a portare il saluto
dell' associazione „Colautti" a Zara re-
denta e ad affiatarsi suU' ulteriore col-
laborazione nella grande Patna per il
conseguimento dei nostri supremi scopi
nazionali.
Già nel 1916 sorse a Milano l'idea,
apparsa subito come urgente necessità,
della fusione di tutti i Dalmati, che
venivano ad affluire nella grande me-
tropoli lombarda, in un ^.solo ente so-
ciale, che r unisse tutte le forze colà
presenti ed incanalasse gh sforzi co-
muni a quella che doveva essere la
poliiica integrale dei Dalmati. Per la
.serietà degli intenti e per la rettitu-
' d.ne con cui furono propugnati la so-
c^e'à raccolse le generali simpatie;
a.n?j non. ci fu piìi in Italia riunione,
Xiiìferenza o comizio, a cui ' non fos-
ro chiamati i rappresentanti di que-
società che a mezzo di propri ora-
\ di ordini' del giorno, di telegram-
nviati alle più ahe personalità po-
; del regno riaffermò energica-
3 i T ogni coritìnge;ì5:a i nostri di-
«r bri della società sono circa
sede ne è in Via Chiara-
labaro sociciJe, ultimato pro-
ra fa, fu giudicato una mera-
ago pìitura.
- ripromettiamo che la- so-
' coronale di succe sso le
Fczionì, diamo con ani-
, ' V^m-Kjsso il benvenuto at
"'i d-legati, i quali uni-
' -azione la loro opera
! della patria riscattata.
•'3 all'„Idea Nazio-
\ è aìicora compiuta,
c.i Nazionale" : „In
ii'i ; .irico Cprradini,
Lti);7Ì Ziliotto, dopo
di iisrensa gratitudine
Jia e per quanti han-
tii! ; iato l'italianità
scnv- queste appas-
ia Condizione di
ostano la profonda
\polazioni italiane del-
r ; l^e sue parole:
:,r ^ ' v^irvi la mia ammi-
" ; " dine di tutti noi
i^ece che r 0}>era
compiuta. Zara
^ reth^a^ne non
Va: ZaràxQpn si
^ se non viene
„Vedo oggi Spalato fatta cèntro
della vita d'un altro popolo, la cui
alba di libertà anch' io saiuto con ve-
race affetto ; ma centro di quella vita,
Spalato fu fatta soltanto per 1' opera
senza scrupolo di cinqu nta anni di
queir Austria che voleva escloderci dal
mare nostro. Quando io ricordo —• e
1 on ero allora del tutto fanciullo —
la Spalato di Antonio Bajamonti, di
Antonio Radman, di Simeone Rossi-
gnoli, di Giorgio Giovannizio, e con-
sidero che Spalato ha oggi Ercolano
Salvi, Leonardo Pezzoli, Atitonio Tac-
coni, Giacomo Marcocchia e cento e
lento altri in cui non saprei se sia più
viva la luce dell' intelletto o le fiamma
del cuore, dico a me che tutta quella
vita che oggi vorrebbe imporsi all'at-
tenzione del mondo non è che una
sovrapposizione artificiale, e che la più
classica città romano-veneta di questa .
sponda dell'Adriatico non può non
appartenere alla più grande Italia.
„Come non deve non appartenervi
anche quella graziosa cittadina veneta
che diede i natali a Marcantonio Do-
miniSv
Al vostro valore, giornahsti d'Italia,
noi commettiamo che tutta intera 1' 1-
talia questa volta sia fatta.
Suo obbl.mo Luigi Ziliotto'^.
I giornali della Patria abbondano
tutti questi giorni di articoli e di no-
tizie «-he trattano diffusamente di cose
nostre: contengono discussioni impor-
tanti sulla Jugoslavia, sulla sicurezza
nazionale, e sui maggiori problemi
adriatici. Non occorre qui riprodurre
articoli o ritagli di notizie: tutti leg-
gono avidamente i nostri giornali, an-
che gli Jugoslavi, benché fingano di
non intendere le nostre ragioni e pro-
curino di infonde e fiducia ai loro pro-
seliti. Gioverà invece riprodurre argo-
mentazioni o affermazioni di giornali
meno letti a Zara, i quali rispecchiano
il sentimento dei centri minori d' Italia,
ove ferve del pari il più intenso lavo-
ro per il conseguimento delle nostre
giuste rivendicazioni nazionali. Nel
„Corriere Meridionale" di Lecce del
28 novembre N. De Padova, presi-
dente della „Trento-Trieste", ricorda,
in uno smagliante artìcolo, i nostri
diritti, il nostro martirio e scioglie un
inno entusiastico ai fratelli di Zara li-
berati dal giogo absburghese. Dopo
aver parlato dei disordini causati nei"
giorni scorsi da orde barbariche-, sog-
giunge: „Per Fiume ormai lo sconcio
è finito ; non così per Zara e Sebeni-
cò, dove i moti con inuano ancora,
benché sì a'^bia piena fiducia e con-
vincimento che r intervento patriottico
del nostro Governo varrà ad elimi-
narli, spizzando dall'intrusa ciurmaglia
la nostra Dalmaz a e Uberando quei
popoli dalla vessazione e dal terrore".
Dalmazia monumentale. £ un la-
voro importante di Fattore Pais, Adolfo
Venturi e Pompeo Molmenti, prece-
duto da una prefazione e corredato di
note di Tomaso Sillani. Intendimento
di questa opera, alla quale hanno col-
laborato Ettore Pais, lo storico di Ro-
ma, Pompeo Molmenti, lo storico della
vita veneta, e Adolfo Venturi, il fer-
vido storico dell' arte nostra, è chiaro
ed immediato; si vuol con essa com-
porre r immagine italica della Dalma-
zia così come resulta dalla organica
mole de' suoi mirabili monumenti af-
facciati sulla riva dell' Adriatico mare.
Per questo il testo ne é breve e molte
sono, invece, le immagini che lo do-
cumentano. 11 testo, in questo volume,
vuol esseire soltanto una rapida ed ef-
ficace preparazione dello spirito alla vi-
sione delle nobili bellezze raccol.epiù
oltre. La dimostrazione della nostra tesi
deve essere compiuta dalla verità che o-
gnuna delle immagini reca nel suo stile,
nel suo spirito, nella sua forma.
Mancavano, per la Dalmazia, libri di
tal sorta, compiuti. Alcuni dei bellis-
simi che si possono vedere soltanto
nelle biblioteche più ricche, non sono
stati concepiti per una proporzionata
documentazione. Vasti, pesanti, essi
raccolgono talvolta, in prevalenza, par-
ticolari di un sol gruppo di monumenti
appartenenti-tutti ad una stessa ep^ca
o ad un'epoca derivante; tale. altra
si limitano ad offrirci i caratteri anche
minuti di una città sola. Sono cioè, o
troppo tecnici o troppo pittorici , Utili,
i primi, agli studiosi, agli architetti,
agh archeologi; i secondi a coloro che
si^ contentano soltanto di sensazioni
icevoli. Cosicché questo volume a-nello p:a( gilè e poco ingombrante, ma
stesso tempo completo nella trattazione
e nella illustrazione, colma anche una
lacuna.
Omissione involontaria. Ci duole
che il noatro amico Silvio Delich, nel
suo articolo sul martirologio di Zara,
apparso ntW Idea nazionale, si sia.scor-
dalo di nominare altri buoni patriotti,
i quali subirono parecchi anni di mar-
tirio e di persecuzione austriaca e in
ogni incontro dimostrarono il loro at-
taccamento alla nostra santa causa.
Sarebbe stato forse opportuno o tacer
nomi, facendo emergere che tutti, an-
che i nostri bravi popolani, concor-
sero col loro sacrifizio al trionfo della
causa o nomin rli tutti, senza incre-
sciose eccezioni : melius est silere quam
pavca dicere.
Fu dimenticato, tra altri, anche quel
fervido italiano che è il signor Giu-
seppe Boniciolli, il quale sofferse un
lungo e doloroso internamento a Gol-
lersdorf nell' Austria inferiore, mentre
qui lasciava la consorte gravemente
malata e numerosi figli. Anche altri
congiunti del Boniciolli furono colpiti
da misure draconiane della polizia.
Accenniamo qui a costoro ; ma chi
potrebbe porre nel giusto rilievo lo
strazio interiore di tanti martiri oscuri,
di tante vittime dimenticate?
Riceviamo e puLbìichiamo : „Il cons.
di finanza Simeone de Regner, ora a
Spalato in qualità d'ispettore delle im-
poste e di ... caposezione al ministe-
rietto jugoslavo, ha chiesto d' urgenza
il trasferimento alla Direzione di Fi-
nanza a Zara, la quale, allo scopo e-
vidente di favorirlo, si sarebbe messa
in carteggio col sullodato ministerietto.
Il Regner è persona conosciutissima
pel suo animo ultra-austriaco ed ultra-
croato, per la sua non comune itrlofo-
bia e per altre cosucce ancora, sulle
quali, all' occorrenza, ci riserviamo di
ritornare.
Ci sono poi qui già df parecchi
giorni, reduci dal Montenegro, dove
prestavano servizio presso il governa-
torato militare, il commissario di fi-
nanza Antonio Danilo e il consigliere
sup. Giovanni Galzigna, noti entrambi
per il loro odio a tutto ciò che sa
d' italiano.
Il posto del Danilo è a Lesina, quale
ispettore delle imposte, ma egli si ri-
fiuta di recarvisi e intanto fa propa-
ganda antitahana in città e per i vil-
laggi delle vicine isole, a spese dello
Stato eh e lo paga.
Anche il propagandista Galzigna si
rifiuta di riassumere le funzioni d'in-
tendente a Ragusa e briga a tutt' uo-
mo per rimanere a Zara italiana.
L'alt ccamento di certi croatomani
alla nostra città non è di certo casuale ;
giriamo quindi la cosa a chi di dovere".
La lavanderia a vapore — a quan-
to ci dicono — non funziona più da
quattro mesi : durante la guerra fun-
zionava con interruzioni, spiegabilissi-
me allora per mancanza di materiale
e di operai. Ora speriamo che il la-
voro sarà ripreso con grande sodisfa-
zione del pubblico quanto prima, vista
r enormità di prezzo che esigono le
lavandaie e le stiratore. Sarebbe desi-
derabile che gli azionisti prendessero
più vivo interesse all' andamento degli
affari.
L'esportazione delP olio. Ci scrìvo-
no daila città : „1 prèzzi dell' olio sono
aumentati di nuovo. E sapete per quale
ragione ? Alcune contadine dell' isola
di Pago, per continuare 1' opera di
strozzinaggio svolta durante la guerra
vanno attorno per i villaggi, facendo
incetta di tutto 1' olio che trovano,
pagandolo, naturalmente, a un prezzo
maggiore, e dicendo ai contadini: „Ven-
dete l oho a noi e non portate niente
in città, lasciate crepar di fayne quei
miserabili italiani I" Ed infatti così av-
viene : il prezzo dell' olio sale conti-
nuamente e salirà ancora, se i fattori
competenti non vi porranno un pronto
rimedio, vietando severamente ed effi-
cacemente l'esportazione dell'olio fuori
del Comune di Zara."
Zaratini ufficiali nel regio eseìrcito.
Numerosissimi sono i nostri concitta-
dini arruolati nel Regi j Esercito. Ecco,
intanto,il nome degli ufficiali: maggiore
Rennto Perlini, capitani : dott. Edmondo
de Hoebert, Nic dò Luxardo e Nino
Nakic d' Osljak, tenenti : dott. Antonio
Bucevich, Nicolò Benzoni, Vincenzo
Marussich, Renato Giuras, Ernesto Ghi-
rin e Giovanni Calussi, sottotententi :
Renzo de Sisgoreo, Gino de Sisgoreo,
Pietro Marincovich, Gino Uskok, Gino
Biasutti, Antonio Troiani, Pasquale
Confilonieri, Alfonso Tripalo, Addo-
bati Francesco e Dcvescòvi Giovanni.
Aggiungeremo i nomi, eventualmente
omessi, di altri ufficiali.
Un parroco bellicoso. Domenica
scorsa il parroco del villàggio di Ne-
vigiane sull isola di Pa? mano ha tenuto
ai suoi fedeli il solito discorso dome-
nicale durante la messa; e disse loro
tra l'altro. „Come ben sapete gli Ita-
liani hanno occupato il nostro comune
di Zaravecchia e sono intenzionati di
venir ad occupare anche il nostro vil-
laggio ed a portarci dei viveri. Nes-
suno li deve accogliere e ognuno deve
senz' altro rifiutare sdegnosamente i
viveri."
Si noti che la popolazione del vil-
laggio vive nell estrema miseria, e,
priva affatto di vettovaglie, è tagliata
fuori dal mondo per mancanza di com-
municazioni; e si noti che, invece, i
poveri villici sospirano un pronto soc-
corso da parte dell' Italia.
Questi sono gli insegnameuti che ^
certi parroci danno ai loro fedeli ; que-
sti i buoni consigli che il curatore
d'anime somministra ai cristiani, dei
quali dovrebbe essere sempre, in tutte
le occasioni, il consigliere amrrevole,
che li dovrebbe dirigere nella via della
pace e dell'amore fraterno. Questo
eroe della parola cristiana, che rispon-
de al nome di don Antonio Paleka, è
uno dei tanti seminatori di discordie
tra la popolazione rurale e la nostra
città, uno dei numerosi parroci italo-
fobi, che all' occasione si camuffarono
da agitatori o da agenti provocatori,
al servizio prima del governo austro-
croato e del fu jugoslavo poi.
Le gesta di un' ex guardia austria-
ca, Domenica nel po-iiieriggio passeg-
giava alle Colovare la signorina Erne-
stina Duro in Compagni® di una sua
amica, quando ad un tratto le si avvi-
cinò un gruppo di giovinastri croatofilì
capitanati dall'ex guardia Anzulović.
Dapprima 1' Anzulović cercò di strap-
parle il tricolore, e poi, alle energiche
proteste della signorina, oltremodo sde-
gnata dall' incivile comportamento del
mascalzone, questi le- diede due
potenti ceffoni. La povera signorina
dovette ricorrere al soccorso della
guardia medica. E contro l'aggressore
venne fatta denunzia.
Non è la prima volta che alle Co-
lovare succedon - fatti consìmili. E ciò
va ascritto alla solerte propaganda
italofoba di quelle pie anime che sono
i frati terziari di S. Michele. E' in
questo modo che i reverendi spiegano
la loro attività religiosa, proprio se-
condo i dettami del Vangelo e della
regola di S. Francesco d'Assisi.
Direttore responsabile: Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia : E. àe Schoafeld & Co.
N
BancaPopolare diZara
UFFICIO CAMBIO
Moae vsBlia del Baeu Hi napoli
Agenzia della Società di Navigazione
Servizi marittimi italiani.
U VOCE DALMATICA Abbonairienti per ora non si ricevono. Un numero cent. 20. Redazione ed Amministrazione provvisòriamente nellaTipografia E. de SchOnfeld.
Alla Camera, in un' adunanza
del gruppo nazionale romano, nei
convegno della Dante Alighieri
al Quirino di Roma e dalla stam-
pa, il grido di dolore di Spalato
venne accolto con affetto fraterno.
„Zara - aveva già scritto ad
Enrico Corradini il nostro Sindaco
— non si sente ctel tutto redenta,
se non viene redenta anche Spa-
lato." E, nelle adunanze, l'animoso
giovane nostro, dott. Guido Rug-
geri, descrisse con impressionante
efficacia le condizioni della città
consorella, data in balia di un
terroristico govervo jugoslavo ; e
l'on. Federzoni — ardentissimo
animo di patriota — rievocò l'o-
pera mirabile di ostinata, eroica
resistenza degli Italiani di Spalato,
affermando che Spalato dev' es-
sere ricongiunta all' Italia sopra-
tutto per la fulgida nobiltà della
sua tradizione ; e Roberto Giglia-
novich — ascoltato con commo-
zione e salutato con plauso pieni
di amore — delineò infine in uno
smagliante discorso la missione
jrecisa d'Italia, che deve salvare
a povera città torturata.
Tutto ciò è doveroso e bello.
Se redimire vuol dire reintegrare,
nessuna città piìi di Spalato è
degna di reintegrazione. Il diritto,
che si vorrebbe far dipendere dal
soverchiare del numero, non ha al-
cuna consistenza morale quando
si sa che, come a Spalato, la
maggioranza venne creata artifi-
ciosamente, dopo le pili crudeli
esperienze a preg-iudizio degli I-
taliani. I giovani — che affilano
le armi jugoslave nella fucina del
Novo Doba, e che gridano alla
provocazione se solo odono a
parlare in italiano per le vie di
Spalato — dovrebbero farsi in-
segnare, poiché vogliono essere
ignoranti, che cosa fosse Spalato,
quando Antonio Éajamonti le im-
primeva il suggello del suo genio.
Era la vera Spalato, quale la vo-
levano sinceramente i suoi abita-
tori; ed era tanto italiana da dare
esempio ed impulsa di civiltà i-
taliana alle altre città della pro-
vincia. La prima ad erigere un
teatro degno dei tempi, e desti-
nato ad accogliere soltanto la
produzione scenica italiana, fu
Spalato ; là prima a raccogliere
e a conservare e ad onorare gli
splendidi a\&anzi della civiltà ro-
mana fu Spalato; la prìnaa nel
risveglio edilizio, con arehitettùre
ricordanti le Procuratie di Veiv^zia,
Spalato ; la prima a balz^è
come leonessa ferita a difesa dei
suoi diritti di italianità, fu Spalato :
imitata poi da tutte le altre città
della costa. Ognuna volle avere
il suo teatro moderno ; ognuna
sentì, nella conservazione degli
antichi monumenti, la religione di
Venezia e di Roma ; ognuna si
fece vigile tutrice di due principii:
1' autonomia, che significava abor-
rimento dal servaggio; a Crbàzia,
e la civiltà italiana, che significava,
in fondo, l'Italia. L'araldo di
Spalato italiana, Antonio Baja-
monti, era stato il suscitatore, lun-
go tutta la spiaggia dalmatica, di
nuove energie e di mai spente
fedi.
Si obbietterà che queste son
morte cose, che il passato non si
riedifica e che l'onda generosa
del popolo slavo ha tutto travolto,
trionfando sulla ruina. Queste o-
biezioni, rettoricamente comode,
sono sostanzialmente false. La
violenta inversione delle cose in
Dalmazia — dovuta quasi esclu-
sivamente alla perfidia del governo
austriaco, interessato a cancellare
ogni traccia di italianità fra i
Dalmati — non pòrtò già in alto
r onda del popolo lavoratore, ma
i detriti di cento ambizioni e di
mille interessi volgari. Sulla ruina
fatta appositamente dall' Austria,
salirono soltanto professionisti e
affaristi scaltri, certamente croati,
croati d' un pezzo, ma assai lon-
tani dall'associare la loro missione
giornaliera a quella della elevazione
del popolo. Dura da quarant' an-
ni il martirio degli Italiani della
Dalmazia e la grande fiera di
beneficenza dei Croati ; ma il po-
polo slavo è rimasto sempre lo
stesso. O si è fatto peggiore.
Nel caso peculiare di Spalato
si è fatto certamente peggiore.
Senza il bisogno di battere gran-
casse democratiche, gli Italiani
della città amavano fraternamente,
con vero spirito democratico, gli
Slavi dei sobborghi ; né mai uo-
mo politico in Dalftiazia fu piìi
adorato da slavi di Antonio Ba-
jamonti. Cacciato via dal Comu-
ne il grande patriota, e abbeve-
rato di fiele insino alla morte, i
conquistatori croati, aiutati da
quanti turbolenti affluivano a Spa-
lato per le loro cupidigie, si fe-
cero a plasmare la materia che
avevano in mano a loro similitu-
dine. Assicurati in perpetuità del
potere dall' Austria, avrebbero
potuto e dovuto inslegnare la tol-
leranza, r ordine, il lavoro. Invece,
col pretesto di ridestare in esso
la coscienza nazionale, avvelena-
rono il popolo, attoscandogli le
fonti stesse della vita: la scuola,
la casa, la chiesa. Qli diedero un
unico insegnamento: l'odio: un
odio continuo, brutale e impla-
cato contro gli Italiani, e fossero
pure i pili vecchi e i piìi bene^
meriti cittadini. E, così, mentre
si fucinavano questi elementi di
barbarie nuovissima. Spalato di-
ventava il centro di quegli eccessi
criminosi, che avevano ripercus-
sione nell'intera provincia. Al ge-
nio del Bene, alla civile irradia-
zione . itàlica del Bajamonti, era
succeduto il genio del Male, che
dava soltanto fosche luci di rap-
presaglia. Qui, fra là nostra edu-
cata popolazione, le imprese della
teppa croata di Spalato desta-
vano r esasperazione. Altrove of-
frivano il destro ad inveire con
sevizie contro gli Italiani. Ma era
sempre Spalato, la Spalato adul-
terata dai Croati, la gran pietra
dello scandalo.
Pareva che, scoccata la grande
ora storica, tutte le antiche ver-
gogne dovessero dileguarsi come
fantasimi. Ma non fu così. £ poi-
ché a Spalato l'italianità, invano
compressa, afferma sempre la sua
efficienza, ecco scatenarsi di nuo-
vo gli eccessi furibondi. Quanto
oggi ci scrivono da Spalato è,
semplicemente, enorme. La ban-
diera italiana vi viene di nuovo
insultata, e i marinai d'Italia vi
vengono percossi, o arrestati. A
Spalato non regna già un gover-
no jugoslavo; ma una demente
anarchia.
L'anarchia, che proscrive, per-
cuote e destituisce ; l'anarchia,
che priva della libertà gli italiani,
neir ora stessa in cui l'Italia scri-
ve la pagina più gloriosa della
siia storia; l'anarchia che, per
li alto prestigio d'Italia, non può,
né deve durare.
I nostri cari fratelli di Spalato
^ molto martoriati perché con-
tano molto — non possono es-
sere abbandonati alla mercè di
un consesso arbitrario, e, nei suoi
propositi di terrore, lugubremente
grottesco. Spalato — latina in
tutti i suoi monumenti e italiana
v^ tutti i suoi più nobili cuori —
invoca pur essa, a buon diritto,
l' ora della liberazione.
L'ora della più legittima delle
liberazioni. Perchè ecco che oggi,
al fatale andare d'Italia e al sof-
fio di libertà che ne fa garrire i
vessilli, la Spalato degli impera-
tori romani e dègli umanisti ita-
liani non sa opporre altra bar*
riera che questo suo governetto
provvisorio, non si sa se più sol-
lazzevole o scellerato.. Con i
suoi livori istintivi, con le sue
vendette brutali, con le sue
intimidazioni da periodo eletto-
rale, col suo linguaggio da frut-
tivendola contro l'Italia, non rie-
sce a dimostrare che una cosa
sola: di essere, cioè, il degnissi-
mo successore dell' i. r. governo
austriaco e di non possedere
neanche la più remota intuizione
del servizio immensurabile reso
dall'eroismo dei soldati d'Italia
alla causa della libertà slava. Non
é un reggimento, non è neanche
una parodìa di reggimento : è un
anacronismo^ che offende la sto-
ria civik di Scalato è che deve
esser spazzato.
Gli italiani di Spalato, che
hanno saputo custodire la lam-
pada sacra della loro fede nazio-
nale pur sotto la lunga oppres-
sura crudele, devono esseré, è
sono, i figli più diletti della Na-
zione. E i più degni di riscatto.
Nella „Morning Post" del 23 no-
vembre 1918 è uscito sotto U titolo
„L'Italia e gli Jugoslavi" e col sótto-
titolo „Una replica a critici radicali"
un articolo di un corrispondente ita-
liano che merita di venire fatto cono-
scere ai nostri lettori.
Ecco l'articolo:
„Sotto il titolo „I termini dell'ar-
mistizio neir Adriatico'S Sir Arthur
Evans pubblicava nel „Manchester
Guardian" dei 18 novembre un note-
vole articolo in dilesa delle preten-
sioni, jugoslave nell' Adriatico. Nessuno
oserà mettere in dubbio la di lui buona
fede, ma è lecito stabilire che alcuni
fatti sui quali 1' argomentazione è ba-
sata, hanno nonpertanto quella sola
consistenza che lóro fornisce la fede
dello scrittore a del lettore. Da ciò
inevitabilmente segue che le deduzioni
di Sir Arthur, che hanno per punto di
partenza erronee premesse, devono
condurre a conclusioni erronee. Non
è mio propòsito oggi di discutere opi-
nioni, ma di stabilire i seguenti fatti:
,1. Il moderno e giusto principio che
condanna la diplòmazia secreta, implica
r assoluto rispetto per < tutto quanto è
legittimo e obbligatorio in fòrza dei
trattati già da prima conclusi. Fino a
che la nuova diplomazia non sia di-
venuta, come senza dubbiò è deside-
rabile, organismo funzionante dèlie re-
lazioni iitternàzidnali, la lealtà esige la
stretta osservanza di tutti i trattati le-
galmente stipulati, e non importa se
conchiusi secretamente o pubblica-
mente. L' asserire, come fa Sir Arthur,
che il trattato di Londra è „discredi-
tato" é appartiene a un mondò ormai
morto per sempre, vale quanto il far
proprio e mettere in applicazione il
principio germanico degli „stracci dì
carta". Nessiko, nemmeno Sir Arthttr
stesso, può ritenere la Gran Brettag'na
capacfee dì una simile azióne. II mondo
sa che si fu precisamente a càgione
dello „straccio di carta" di Bethmann
Hollwegg che l'Inghiltèrra sguainò la
spada- Ebbene, sir Arthur Evans non
può ritenere che l'Inghilterra agirà ora
differenteffiente.
2. Il Patto di Roma, che sir Arthur
vorrebbe sostituire al Trattato di Lon-
dra, è, insieme coi suoi antefatti, un
accordo privato, non obbligatorio,
privo di ogni carattere ufficiale, e non
può, in conseguenza, servire da solido
fondamento „per la futura opera della
diplomazia", ^uor che in quanto si ac-
cordi con gli impegni ufficiali. 11 capo
del governo italiano, Orlando, salutò
il Patto di Roma come tutti gli Ita-
liani, coli simpatia, dappoiché la na-
zione italiana è sinceramente deside-
rosa di aiutare gli Jugoslavi nella loro
opera di redenzione nazionale, in ar-
monia coi pili puri principi di Maz-
zini, che era, è bene ricordarlo, il
primo e il più grande italiano.
3, E bensì vero che per intanto le
Potenze dell'Intesa non hanno ricono-
sciuto lo Stato Jugoslavo, probabil-
mente per qualche ragione: tangibile.
Sir Arthur insinua che sìa a causa
dell'opposizione dell' Italia. Màèduop^
avvalorare con documenti una simile arf-
fermazione perchè possa venir accolta.
Opinion personali non sorrette da
prove documentarie non han«o valore
in pplitica. Documenti sono necessari
per provare che venne fatta opposi-
zione soltanto da parte italiana, anche
per darci occasione di giudicare sé e
in quanto sia giustificata l'opposizione.
11 caso degli Czechi-Slòwacchi è
affatto differente. Per seco^lì gii Czechi-
Sloyacchi hanno formato un' entità po»
litica, religiosi morale, culturale e ter-
ritoriale» Invece fino al pres!^fè lo
jugoslavo non è mai stato una
entità pòlitica, nè religiósa, morale,
culturale e territoriale; La storia ri-
corda re boemi da Venceslavo 1, nel
trecento, a Luigi nel seicento^ Ma non
ricorda' sovrani della Jtìg<itólavia> ptàr
la semplice ragione che una Jugoéhiwia
chè non vi sieno più Italiani piegati
sotto giogo straniero e costrettf a
mendicare la libertà;
esprime la convinzione che il gover-
no saprà compiere con la più sicura e
più sollecita energia le condizioni del-
l' armistizio ;
e confida che la nazione tutta ap-
poggerà con risoluta vigoria quegli
italiani dell'Istria e della Dalmazia che
ancora combattono per la loro reden-
zione."
Durante la riunione furono distri- "
buite bandierine con stemmi delle città
dalmate a cura del dott. Giacomo
Vinzi, presidente della società italiana
di Curzola e della signora Emeli
Zovetti.
La solenne cerimonia è proceduta
col massimo ordine e tra il più vivo
entusiasmo.
Vi erano rappresentanze di Trieste,
Zara, Spalato, Fiume, Sebenìco, Traù,
Scardona, Ragusa, Cattaro, Cittavec-
chia, Curzola, Lissa, Lesina, Arbe, Der-
nis, Sign, Veglia.
Mentre quelli delle altre città re-
dente della Dalmazia avevano al petto
il nastrino tricolore con la scritta della
città. Spalato aveva la scritta su na-
strino a lutto bianco e nero e la ban-
diera velata e abbrunata in segno di
attesa della redenzione.
Quando il sindaco Felici chiuse il
convegno le musiche intonarono dap-
prima gli inni degli alleati che furono
applauditissimi, specialmente quelli del
Belgio martire e della grande Repub-
blica Americana, eppoi l'inno di Trie-
ste, r inno di Garibaldi, l'inno di Ma-
meli e la Marcia Reale, che furono
ascoltati in piedi tra un sventolio dì
bandiere ed applausi scroscianti.
Parla U rappresentaste
degli Stati Uniti.
Farla infine sir Beningtoiì, fervido
propagandista della causa della civil-
tà, il quale dice che come è stato or-
goglioso di portare sei mesi or sono
il saluto di gratitudine dell'America
air Italia, e specialmente all' esercito
valoroso, ora si sente fortunato di par-
tecipare in Ancona alla solenne di-
mostrazione.
„Ora che Wilson è venuto in Europa
nè io nè ajtri possiamo parlare a suo
nome, ma lo posslaaio a nome
centodieci milioni di uomini liberi; e io
in nome del popolo americano voglio
gridare: evviva l'Italia per sempre
riunita.
Tutto il pubblico grida entusiasta :
viva Wilson, viva l'America !
Il T« Deum al Duomo.
Monsignor G. B. Ricci, arcivescovo
di Ancona, pubblicò un patriottico ap-
pello, accolto degnamente dalla citta-
dinanza e dagli ospiti.
Nella cattedrale, celebrato l'ufficio
divino, il canonico Sartini, nelle rap-
presentanze dell' arcivescovo, intuonò
il Te Deum, se^ito dal popolo.
E monsignor Pietro Pomares ha sa-
lutato i fratelli redenti con un vibrato
discorso.
Le impressioni.
I nostri concittadini, tornati ieri a
sera, hanno riportato da Ancona im-
pressioni graditissime, incancellabili. 11
disagio del viaggio ' venne infinitamen-
te compensato dalle entusiastiche acco-
glienze e dalle dimoitrazioni di affetto
avute in Ancona, degna della sua tra-
dizionale, nobilissima ospitalità.
Nostre eorrispondetia^
Da Spalato.
Per^olsizioni nottnme nelle case
degli italiani« Ieri a sera sul tardi,
il nostro consenziente Francesco Gon-
zani venne stveigUato ali' improvvisò da
vioi«Rti colpi battuti dlla porta di casa.
A sua domanda gli venne ingiunto di
aprire tosto sdla guardia, ^pena apw-
ta la casa vi irruppero 6 soldati ^^ai
armati di schioppo e baionetta e ifoe
guardie di polisàa con la rivoltella
spianata. La pattuglia sembrava con-
dotta da tali Marco Uvodié ed Anto-
aio Pl^ibat, impiegati di cancelieda
al locatèr Tribunale.
Questi dichiararono al Conzani che
avevano l'incarico da parte „dèi locale
Governo Nazionale" di impossessarsi
di certi fogli di soscrizione che avreb-
bero circolato fra gli italiani di Spa-
lato e che gli stessi si sarebbero tro-
vati presso di lui, essendo egli anzi in
>rocinto di portarli alle autorità ita-
iane di Sebenico. Quando non li aves-
se a consegnare d1tt|^opria volontà,
avrebbero proceduto^B^na perquisi-
zione d||nicil!£y^
Il Go'ani protesta contro un
tale inqualificsMI|[w^itrario procedere,
opponendosi in parM|^Ìare da sua parte
alla minacciata perquisizione.
Fosse il franco contegno del Conzani,
o l'impressione ritratta dagli aggres-
sori, che quanto stavano cercando non
si trovasse presso di lui, sta iF fatto
che dopo di ciò senz'altro si allon-
tanarono.
Nel frattempo un' altra pattuglia di
armati, condotta da tal Vrcan, coman-
dante della Guardia Nazionale, era
rimasta di piantone dinanzi alla casa
del Conzani.
Senonphè le gesta notturne degli
armigeri serbo-jugoslavi non dovevano
arrestarsi a quanto esposto, che poco
appresso gli stessi figuri irruppero
nella abitazione della signora Ca^sani,
italiana del Regno qui domiciliata, si-
gnificandole che avevano appreso che
doveva partire il giorno dopo per Se-
benico e che erano venuti pertanto
a perquisirle il bagaglio, onde sin-
cerarsi, se essa per caso non portasse
secò i famosi fogli di soscrizione. E
difatti mano armata aprirono e rovi-
starono il bagaglio della signora, già
approntato per il viaggio, naturalmente
senza alcun risultato.
Inutile quasi di rilevare la gravità
del fatto che così si porta a fiub-
blica notizia.
E' la solita tattica degli attua-
li dominatori di Spalato, cui ogni
mezzo par lecito pur di annientare ogni
segno di italianità in questo paese,
che ricorre ad un nuovo espediente
caro a tutte le tirannidi, la perquisi-
zione domiciliare, circondata anzi'^di
tutto il contorno classico, dagli sgherri
armati alla propizia notte.
Alla violenta manomissione e * proi-
bizione delle bandiere dai colori na-
zionali italiani di ieri, oggi doveva far
seguito la soppressione a quanto pare
di xma supposta manifestazione scritta
dagli italiani di Spalato diretta al go-
verno italiano di Sebenico.
Resta a vedersi quali ulteriori prove
riservi il prossimo avvenire agli italiani
di Spalato abbandonati a simili metodi
di governo.
Continnando. Abbiamo già scritto
dell' odioso privilegio riservato in que-
sta città ai marinai italiani, affidati alla
vigilanza del pubblico, incaricato di
indirizzarli appena rintracciatone pur
uno al locale corpo di guardia.
Apprendiamo successivamente che i
marinai già tradottivi in effettuazione
di tale ordine furono resi attenti dal
locale comando militare serbo, come
esso non poteva rispondere, ove fos-
sero rimasti in divisa italiana, della
loro sicurezza personale. E da lì tra-
vestimento dei detti marinai in bor-
ghese o nelle uniformi loro prestate
dai loro commilitoni appartenenti alle
altre marine qui di stazione.
Dòpo le perquisizbni gli arréiH.
Vi abbiamo già reladonato delle per-
quisizioni notturne effettuate da pattU'
' ^ie di soldaia serbi tuefie case di ita-
liani, nel presupposto che gli stessi
stessero per partire per Sebenico.
Vi si aggiunge che ieri a sera due
nostri popolani, mentre scendevano
dal treno della sera, di ritomo da una
gita di un giorno a S^bn^ko^ vennero
seor' altro arrestati ccd concorso ^
soldati serbi e tradotti alle locali car-
ceri, ove ancora vengono detenuti.
Fra i ben informati vociferasi che
sieno stati mestati, perchè durante ii
loro soggiorno a Sebenico si sarebbero
espressi in laodo poco favorevole sulle
condizioni vigenti a inalato e per aver
rilevata la necessità cfté gli italiani vi
vengano a porre dell' ordine.
Se una tale motivazione ha da essere
ritenuta per sufficente a giustificare
l'arresto dei nostri connazionali, le
carceri di Spalato dovranno in breve
rigurgitarne. O che forse, esposti a so-
prusi e violenze di Ogni specie, ha da
essere loro tolto anche il diritto alla
protesta ?
11 giuoco delle locali autorità si pre-
senta quanto mai trasparente. Vogliono
con le perquisizioni e con gli arresti
impedire ai nostri connazionali T ac-
cesso in quella Sebenico, ove trovano
il conforto della parola amica, fraterna.
Stiamo a vedere quali altri mezzi ver-
ranno ulteriormente escogitati per con-
seguire il, desiderato fine.
Da Sebenico.
Conferenza „Fascio Giovanile," Do-
menica nel pomeriggio, nella sala del
Casino letteralmente gremita di gente, il
signor Epicarmo Corbino, capitano del-
la capitaneria di porto, parlò sul „Con-
tributo dell'Italia alla vittoria dell'Intesa."
L'oratore cominciò salutando nella vit-
toria d'Italia l'auspicio sicuro della
grandezza della patria. La parola ele-
vatissima dell' oratore suscita subito un
uragano d'applausi e grida di „Viva
il re, viva 1' esercito." Continuando,
r oratore espone in forma sintetica lo
svolgimento della guerra nelle crisi
successive da essa provocate in Italia
e per riflesso nella situazione auropea.
Dopo di avere illuminato lo stato a a-
nimo dei dieci mesi di neutralità ed
esposte le ragioni per l'intervento,
passa ad un esame della guerra d'Italia
e dei fattori che determinarono poi la
sciagura di Caporetto Esamina quindi
la risurrezione d'Italia, esaltandola nel-
la resistenza sul Piave e nella battaglia
del giugno scorso, ed illustra il valore
dell' ultima grande battaglia italiana,
fra le più importanti della storia. Di-
mostra che l'Italia con la sua guerra
è stata un elemento decisivo della vit-
toria dell* Intesa ed ha mostrato di
potere assolvere la sua missione sto-
rica ; lo smembramento dell' Austria.
Sicuro della forza d'attrazione della
civiltà italiana, l'oratore ritiene che
r Italia saprà assolvere la sua. nuova
missiontr storica; dirètta "a creare nei
Balcani una situazione che precluda la
marcia della Germania verso il sud.
Chiude il suo dire con una visione
magnifica delle fortune d'Italia e con
un ricordo affettuoso ai suoi martiri e
ai suoi morti.
La parola elegante ed efficace del-
l' oratore fu in vari punti interrotta da
fragorosi applausi.
Quand' egli accennò all' opera del-
l' on. Sonnino, un' acclamazione entu-
siastica scoppiò nella sala. Dopo la
chiusa gli applausi non volevano ces-
sare e molti del pubblico si congratu-
larono con r oratore.
= Si è costituita qui in data 11
corrente una società che s'intitola
„Fascio Giovanile". Suoi scopi : educa-
zione del popolo, propaganda nazionale
da effettuarsi per mezzo di pubblica-
zioni, conferenze, distribuzione di libri
(Biblioteca popolare) ecc.
La neocostituita società intende an-
che di istituire nella prossima prima-
vera un riparto autonomo ginnastico,
comprendente tutte le sezioni sportive.
La Cronaca
Apertura solenne delle 8ea<4e me-
«Se^ Nel nostro liceo-ginnasio si sonò
riprese regolarmente le lezioni. Ieri
mattina il dirigente prof. Domiacussic
raccolse nell'aula maggiore dell'istitu-
to professori e scolari, ai quali tenne
questo caloroso discorso:
«Se la scuola nòstra oggi appena,
dopo SI lungo intervallo, si riapre, h
causa è da cercarsi in tristi e lieti e-
venti. Tristì eventi. Echi non ricorda,
TOnte quando ancor gravava su di noi
1 incubo della guerra e la vita nostra
era tutta una trama intessuta di tre-
pide ansie e di vigili affanni, se pur
ci sentissimo ormai animaià alle più
liete speranze per l'eroica resistenza
che V impareggiabile nostro esercito
aveva saputo opporre sul Piave «lU
tracotanza nemica, chi non ricor^
come nella città nostra infierisse «ti
morbo pernicioso che mietè numere««
vittime ed a molti valorosi nosfari coa-
cittadini, a molti generosi patrioltì
dall'anima ardente tolse la suprema
consolazione di vedere realizzato il
sogno, che con serena, immutata fed,e
avevano perseguito fino all' ultimo loro
anelito? Ma anche lieti eventi. E voi
tutti ricordate che in sul finire del
mese di ottobre come per virtù magica
cessò ad un tratto il secolare nostro
servaggio e noi vedemmo cader in-
franti gli emblemi dell* odiata tirannide.
La città nostra fu tutta pervasa da ua
fremito gioioso di libertà quarantot-
tesca ed a chiudere la malinconica
parentesi della gerenza governativa, il
Consiglio comunale, genuina espressione
della libera volontà popolare, col be-
namato Podestà alla testa, fra le accla-
mazioni del popolo festante, riprendeva
il suo posto e la sua funzione nella
vita cittadina. Ma sfumata la fugace
ebbrezza dei primi istanti l'orizzonte
tornava ad incupirsi, un' ombra oscu-
rava i nostri volti, all' incontrarci ci
stringevamo la destra come a vicen-
devole conforto e intendendo lo sguar-
do suir orizzonte a spiare 1' apparire
dell' amico stendardo ci ripetevamo
r un r altro V eterna domanda : Quando
verranno ? Finalmente il 4 novefhbre,
accolta da acclamazioni frenetiche di
tutto un popolo in delirio, giungeva la
55 con un pugno d' eroi a portarci il
bacio della redenzione ed a proclamarci
cittadini d'Italia. Il grande avvenimento
era compiuto. Il sogno degli avi e dei
padri nostri, il sogno da noi sempre
vagheggiato nel segreto de' nostri
cuori, il sogno da noi vagheggiato
anche allora quando potè parere cn esso
dovesse esser condannato e restare in
perpetuo una generosa utopia, il sogno
da noi vagheggiato anche allora quando
qualcuno parlando di noi potè dire che
„senza speme vivemo in desio", il so-
gno che aveva consolato i martiri no-
stri nelle amarezze dell' esilio e nelle
segrete del carcere, quel sogno final-
mente era diventato realtà! Zara, la
fedele di Roma e di Venezia, era en-
trata a far parte della famiglia italiana,
per non uscirne mai più. (Grandi ac-
clamazioni e grida, „viva l'Italia"). In
quest' aula, che tante volte risuonò di
codardi oltraggi contro tutto quello,
che noi avemmo di sacro, in quest'aula
in cui per opera di sciagurati tante
volte si tentò vanamente di travisare,
di mascherare, di contaminare il vostro
sentimento purissimo, in quest'aula e-
gheggi finalmente quel grido che in
rapida sintesi riassume tutté le nostre
ansie e tutte le nostre aspirazioni, tutte
le nostre gioie e le supreme nostre
consolazioni. Prorompa, dai vostri gio-
vani petti quel grido, che voi, giovani
carissimi, aveste sempre nel cuore e
spesso pur sul labbro, anche quando
quel grido sul vostro labbro vi espo-
neva a persecuzioni, a castighi, a ves-
sazioni, a maltrattamenti, anche quando
quel grido sul vostro labbro infliggeva
supplizio per voi atrocissimo — ai
vostri genitori torture ed amarezze
ineffabili. (Tutta la scolaresca prorompe
m un entusiastico grido „viva l'Italia").
Proronipa ancora una volta dai vostri
giovani petti quel grido, che noi pure
avemmo sempre nel cuore e più di una
volta pur sul labbro, e più che mai
I avemmo nel cuore e sul labbro, quando
forse potè parere che qualcuno di noi
per ragione d' ufficio lo condannasse
in voi. (Ripetute grida „viva l'Italia").
E r eco di questo grido, ripercotendosi
sulle onde del glauco nostro mare,
vada di'altra sponda ed arrivi ad An-
cona, la cara città marinara, che tante
prove di affettuosa solidari^à ci ha
dato in questi giorni, ad Ancona, la
nobilissima città, che ha voluto man-
darci gli uomini suoi migliori a dirci
parole di fede ardente e di accesa
^rità, ad Ancona, dove ora appunto
fu suggellato quel patto di amistà,
che da gran tempo avvince le due cit-
tà sorelle delle opposte sponde. E pe-
neri eco di questo nostro grido in
tutte le cento città d'Italia, e ^i bor-
.ghi pm modesti e ne' villaggi più
re-
LA VOCE DAL
I dirttti iX^ Italia.
Un'importante affermarione della Giunta esecutìva dell'Associazione Nazionalista italiana.
La Giunta fsecutoa dell'Asso- rata da Alleati meno interessati NIo7irknaii<;t:a italiana. Hnrtrt rli ». • r ... in ciazioneNazionalistaitaliana.dopo di noi a garantire i frutti della
ampia trattazione dei pr^lemi nostra vittoria, e adottando una
fondamentali della pace, afferma politica chiaroveg^^ente e pronta,
che la vittoria delle armi italiane, sia sventato ogni possibile in-
decisiva per r Italia e per gli trigo federalìstico per cui si fac-
Alleati, conferisce alla Nazione eia risorgere al nostre fianco una
assunte dagli Imperi Centrali nel
loro programma orientale.
Nella risoluzione del problema
coloniale e particolarmente afri-
cano, ricordando il contributo ar-
recato mediante la lotta sostenuta
Abbonamenti per ora non si
ricevono.
Un numero cect. 2Q.
Redazione ed Amministrazione
provvisoriamente nellaTipogràfia
E. de Schònfeld.
zioni dall'esperienza di una ci-
viltà millenaria e dalle necessità
di un popolo, giovane, di forze,
provato dal sacrificio e temprato
dalla vittoria alla nuova storia
del mondo.
Rintegrazione.
eia risorgere al nostre fianco una in Libia e la piena solidarietà g^Ji^"^^
potenza militare dalie eredità del- della nostra azione coloniale con regno di Dalmazia; ma appunto tale
la vmtaMonarchia n-ìi Àìl^of; Monarchia austro-ungarica, gii Alleati, afferma che nei nuovi mancanza 'di notìzie è forte argomento
Raggiunte cosi T unità, T indi- aggruppamenti derivanti dalla P&r la sua antichità. E' slata immagi-
pendenza e la sicurezza in Adria- spartizione delle colonie tedesche
Italiana il diritto e il dovere di
assicurarsi nel nuovo ordine eu-
ropeo e mondiale la compiuta
unità nazionale e le coadizioni di
indipendenza, di sicurezza e di tico, afferma che il principio di sia fatta'air ìtaìia^^una''po^
sviluppo segnando decisamente, garantire Io sviluppo pacifico delle che le consenta la libera, totale
in obbedienza a»la volontà di sa- nazioni nella nuova Società eu- valorizzazione delle colonie già
crifizio della presente generazione, ropea e mondiale deve essere conquistate, con nuove organiche
il passaggio da un epoca su cui fondato sul riconoscimento della integrazioni territoriali che garan- ^ u r tu j • n i •
"^'T capacità di espansione demogra- tiscano in avvenire pacifici svilup-
nata dall' Austria, dalla Francia, dal-
V Ungheria, da Venezia, da Costanti-
nopoli, dalla Croazia? La storia non
sa dircelo; ma ci sa dire òhe Austria,
Francia, Ungheria, Venezia. Costanti-
nopoli e molti principi slavi la posero
tra le altre armi delle provincic a loro
secolare oppressione a quella in fica e civile fuori dei confini: e
cui l'Italia assuma liberamente la quiadi sulla necessità di posse-
sua missione nel mondo.
In rapporto agli scopi suddetti
afferma che il principio di nazio-
nalità, enunciato a fondamento
della guerra dell' Intesa, deve es-
sere valutato nella sua funzione
storica di tradizione e di civiltà
pi, in modo che:
1. siano dati alla Libia i suoi
dere territori ricchi di materie naturali confini ad oriente verso
prime occorrenti all' indipendenza 1' Egitto, ad occidente verso la
economica e punti sicuri di ap- Tunisia, assicurandole anche il
poggio nelle principali vie di co- retro terra, sottratto già alla Tur-
municazione del mondo ; senza di chia dall'accordo anglo-francese
che la tanto proclamata Lega del- del 1899; sia ottenuto il disinte-
le Nazioni si risolverebbe in una ressamento degli alleati per quan-
e non nelle possibili brutali so- pura riconsacrazione degl' Impèri to riguarda la penetrazione eco-
„^•tc^ I : J^l — JL:!...:^: _ • i n • i ii> i. i* • T".« praffazioni del numero, spesso
strumento di violenze tiranniche,
quale è stata 1' invasione slava
voluta dalla Monarchia Austro-
Ungarica nelle terre Adriatiche ;
deve inoltre costituire una norma
solo per i po'^poìi, Cùme i ìtalìàno,
che hanno lottato, sofferto e vin-
già costituiti e accresciuti dalla nomica dell' Italia in Etiopia ; sia
dalla guerra, a scapito di Nazioni^ assicurata la continuità territoriale,
come r Italia, costrette prima del- dall'Eritrea alla Somalia, integrata
la guerra a cercare in una de-
pauperante emigrazione, errante
per terre straniere, io sfogo per
una caoberiinza di p^ijpolo, che
oggi finalmente deve diventare
to per esso, acquistando così il potenza di Nazione. Dichiara per-
dalla piena disfSonibilità del bacino
del Giuba ;
2. siano garantiti gli interessi
ìltrlbftttì nella sìstem^aìon^ xi^Zqgabrm.
rabia, specie sulle coste del Mar
Rosso che è esclusivamente mare
tra Austria, Ungheria, Venezia e Co-
stantinopoli, r arme sua rimase sempre
e dovunque immutata; il che significa
che essa arma esisteva prima del fra-
zionamento del nostro paese, e che i
vari signori di casa nostra, o barbari
o civili che fossero, la rispettarono, e
furono superbi di aggiungerla ai loro
blasoni, senza confonderla con le altre.
L'imperatore Alberto li sino dal
1439, e Uldèrico, conte di Cilli, sino
dal 1443 hanno nei loro suggelli V ar-
me di Dalmazia; Vladislao 11(1490—
1516) e Lodovico II (1516—1526), en-
trambi re d'Ungheria, di Boemia ecc.
ecc., segnano le carte pubbliche con
r arme di Dalmazia. E questo ce lo
insegna un croato, il prof. V. Klaié,
nella storia del suo paese, pubblicata
La repubblica di Venezia portava
l'arme di Dalmazia, o sola, o inquar-
diritto alla loro piena sicurezza.
Dichiara pertanto che Y adempi-
mento di detto principio supera
i limiti fissati territorialmente dal
patto di Londra, i quali furono
determinati per transazioni in con-
fronto della Russia, perseguente
una politica panslavista, ormai
priva di base; e però, fermo re-
stando r impegno consacrato in
quel patto, e che V Italia per la
sua parte ha adempiuto e sorpas-
sato con la sua vittoria, è neces-
sario :
1. che il confine settentrionale
portato al Brennero, raggiunga
dalla Vetta d'Italia al passo di
Tarvis la fascia mediana del mas-
siccio alpino;
2. che Fiume e la Dalmazia
tanto che V adempimento di detto anglo-italiano;
principio riconferma ed estende
i diritti che nella nuova sistema-
zione mediterranea e africana fu-
rono già riconosciuti all' Italia nel
patto di Londra, e che, oggi, per
la vittoria totale dell' Intesa e de-
gli Stati Uniti, della quale è stato
elemento decisivo e può dirsi con-
clusivo la vittoria italiana, inte-
grata dalla partecipazione dell'e-
sercito italiano su tutti i fronti
di battaglia, ricevono una più
larga sanzione. Quindi, tenendo
conto di quanto già hanno di fatto
3. sia assicurata la possibilità di
larghe penetrazioni industriali e
commerciali nella nuova sistema-
zione dell'Africa occidentale e
dell' Estremo Oriente.
Infine, riconoscendo che il pro-
posito spesso ripetuto in enun-
ciazioni generiche, non ancora
fissato in proposizioni concrete,
di voler ispirare il nuovo ordine
europeo e mondiale a criteri di
giustizia internazionale, importi
parità di trattamento per le na-
zioni che hanno contribuito alla
realizzato e ipotecato gli Alleati vittoria e di quell' ordine vogliono
in questa guerra, e misurando le e debbono essere garanti, afferma
necessità elementari di vita per
l'Italia, paese di grande popola-
zione, povero di materie prime,
tutta facciano, secondo il loro di- geograficamente e storicamente nelle stipulazioni per il tonnellag-
gio e' le materie prime occorrenti
nella fase non breve di assesta-
mento susseguente alla guerra,
l'Italia non soffra diminuzione al-
cuna nei suoi diritti, che facil-
mente si è tratti a misconoscere
come è avvenuto nella questione
della flotta austro-ungarica.
Confida che, per l'adempimento
di tale opera, il Governo possa
contare sulla piena e leale soli-
darietà degli Alleati, impegnati
dal trattato di Londra, e degli
Stati Uniti con i quali è saldo il
vincolo del comune titolo di par-
tecipazione libera e volontaria al
conflitto, e sappia essere interprete
ripartizione di tutte^ le linee fer^ sicuro della volontà nazionale, che
l' Austria, già largamente^ adope- roviarie e concessioni industriali, prende misura per le
che nelle questioni dei risarci-
menti di guerra, del possesso
definitivo del bottino di guerra, descritta dal Siebmacher, come si piiè
vedere tra le fonti, addotte dalt Heyer
tata a quelle di Croazia, Rascia e Al-
bania. È neir arme maggiore di tutto
10 staio, che è uno scudo partito di tre,
e spaecato di tre, su cui erano sovrap-
poste le armi dei cinque regni, soggetti
a Venezia, attorno al leone, occupante
11 centro, lo stemma di Dalmazia e
delle Provincie contermini stava a sini
stra dello stemma ducale. (Coroneli-
Il libro d'oro, Venezia 1715).
Ai paesi occupati dai Turchi appar-
tiene poi queir opuscolo in caratteri ci-
rilliani, citato dal Galvani nel suo Re
d'armi di Sebenico (Venezia, 1884,
voi. II pag. 95), in cui è pure figurato
il nostro stemma.
Anche in Germania fu conosciuta
per tempo /' arme della Dalmazia, per-
chè è compresa in un manoscritto dei
1483, appartenente alla biblioteca reale
di Monaco, illustrato da G. Griìneberg
in Wappenbuch des Kostnitzer Gon«
ciles. L'arme medesima è stata pure
ritto nazionale, parte integrante
dello Stato italiano, per la com-
piuta unità di questo ;
3. che sia conseguentemente
raggiunto uno dei più immediati
scopi della guerra : la sicurezza
in Adriatico, in modo che con
gli ampi sbocchi commerciali as-
segnati alle popolazioni slave del
sud, e con l'integrità dell' Alba-
nia sotto la protezione dell'Italia,
sia esclusa per sempre qualsiasi
competizione militare da quel
mare ;
4. che, esercitando la facoltà
concessa dall' art. 4 delle clausole
militari dell'armistizio per l'oc-
costretto all' espansione, afferma
che nella sistemazione del Medi- •
terraneo orientale e dei territori
dell'Impero Ottomano deve essere
riconosciuta all' Italia una posi-
zione proporzionata agli acquisti
degli Alleati dopo la scomparsa
della Russia e la esclusione della
Germania, in modo che siano
assicurati all' Italia :
1. un territorio nell'Asia Minore
tale che consenta uno sfruttamento
e uno sviluppo organico in Egeo,
nel Mediterraneo e nel xMar Nero,
dove sono antiche e fiorenti co-
lonie italiane ;
2. un' equa assegnazione nella
nel suo Wappenbuch des Konigreichs
Dalmatièn (Norimberga, 1^814, pag. XX).
Nei libri più comuni, che si conser-
vano nelle nostre biblioteche, V arme
nostra adorna II regno degli Siavi di
M. Orbini (Pesaro, 1601), la Regiae
Illyricanae foecunditas di T. Marnarnek
(Roma, 1630), Il regno di Dalmazia e
Croazia di G. Lucio (Amsterdam, 1666),
La nobiltà veneta delFrescot (Venezia,
1706), la Stemmatographia del Ritta
(Vienna, 1701), l'Illirico sacro del Fur-
iati (Venezia, 1770), e tutte l'edizioni
del Coronelli.
Delle famiglie private, ai tempi del
governo veneto, gli Zavoreo portavano,
inquartato nel loro scudo, /' arme della
Dalmazia ; così pure, sotto il governo
napoleonico, la portava il maresciallo
Soult, che ebbe il titolo di duca di
Dalmazia.
• Dell' arme di Dalmazia ci sono due
sue aspira- varianti :
VOCE DALMATICA
Abbonamenti per ora non si ricevono.
Un mimerò centesimi 25 [. 20 — Zara, 28 dicembre 1918 Rèdazione ed amministrazione provvi-soriamente nella Tipografia Schonfeld.
Il pericolo dell' irredentismo slavo
A nostro modo di vedere non ci dovrebbe
;ssere neppure un solo italiano, il quale,
incliè dura la lotta per la grandezza della
'atria — e sia essa impostata sul campo
osso di battaglia o sul tappeto verde del
congresso per la pace — sminuisca l'effi-
cacia o l'autorità dì chi per la Patria com-
jàtte con r armi o con la parola, pur sola-
nente enunziando alle sue spalle tendenze
; propositi contrari. E' stolto
.... in campo
Cinto d' oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, aceibe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
E sia pure, lo ripetiamo, col brando della
parola.
Noi riteniamo che in g-ran parte questo
enomeno, così dannoso alla Patria si debba
I informazione mancante o inesatta delle
nostre condizioni e dei termini veri del
nostro problema. Ce lo confermano gli ar-
romenti principali coi quali si vuol soste-
lere dagli Italiani micromani la tesi a noi
jontraria. Si dice e si teme che col realiz-
zare le aspirazioni italiane sulla Dalmazia si
attirerebbe addosso alla Nazione il flag'ello
|5Ìnora sconosciuto di un irredentismo slavo.
Noi supponiamo che nessuno degli opposi-
tori intenda rinunziare alle isole dalmate che
devono costituire la cintura di protezione
della Penisola, come proprio di questi giorni
ha dimostrato la parola inconfutabile di
Thaon de Revel. Ma in tal caso non vedia-
mo come sarebbe evitato il pericolo del-
l'irredentismo slavo. Il numero degli Slavi
inclusi nello Stato italiano col limitare il
possesso alle sole isole verrebbe certamente
ridotto ; ma ne resterebbero entro i nuovi
confini parecchie decine dì migliaia, che
fwebbero indubbiamente politica di decisa
opposizione nazionale. Anzi il pericolo che
si vuole scongiurare rinascerebbe pili gran-
de per due potenti rag-ioni. La prima che
le isole dalmate e curzolane non hanno vita
economica propria, indipendente dal conti-
nente dalmata, da cui devono ricevere ogni
cosa necessaria alla vita giornaliera, fuori
pochi prodotti' della terri» ette eoporlano."
Queste relazioni economiche imposte dalla
jfiacitura geografica alimenterebbero Io spi-
rito di ribellione, lo riaccenderebbero ove
accennasse a stancarsi. Il continente dalmata
lasciato in potere della Jugoslavia diverrebbe
in breve ora tutto un focolare di odio al-
l'Italia, riacceso di continuo dal vedersi
sottocchio dall' altra parte deg-lì stretti passi
mare 1' onta della custodia nemica.
L'altra ragione per la quale non sì rag-
giungerebbe lo scopo voluto, sta in ciò che
rinunziando alla costa del continente si ab-
bandonerebbero alla Jugoslavia appunto il
maggior numero e i più forti nuclei citta-
dini italiani della provincia, alterando a pro-
prio danno la proporzione delle forze na-
^onali, e rendendo possibile appena con
ciò quella slavizzazione completa del conti-
nente che appoggerebbe così potentemente
il movimento irredentista slavo delle isole,
invece, a chi conosce le condizioni nostre
riesce perspìcuo che nessuna influenza simile
sarebbe da temersi dalle provincie slave
^ntermìni sul continente dalmata, quando
vènisse annesso all' Italia, specialmente ove
lo fosse in tutta la sua estensione consacrata
dalla storia, perchè pochi assai sono ì con-v
tatti spirituali tra le rispettive popolazioni,
queste di coltura italiana anche se politica-
mente avverse all'Italia, quelle di coltura
tedesca, e pochi furono sinora anche gli
scambi commerciali.
Gubello Memmoli ha dimostrato sul „Tem-
po" che vana sarebbe la guardia delle isole
ove sì lasciasse in mano di chi all' occasio-
ne potrebbe divenire nemico, il doppio ma-
gnìfico porto dì Spalato, fra la Riviera delle
Castella e le ìsole dì Bua, Solta e Brazza.
Pur aderendo alle sue idee non entreremo
ora in una discussione strategica, ma ci ter-
remo nei lìmiti che ci siamo proposti.
Continuando diciamo che Sarebbe uno
sbaglio separare il problema dell'irreden-
tismo slavo in Dalmazia da quello della
Venezia Giulia.
Anche gli oppositori piij contrari ai con-
fini strategici che includano una popolazione
straniera numerosa,concedono che non si possa
: far a meno dì portare il limite al crinale mas-
I Simo delle Alpi nel Tìrolo. Non hanno esi-
j tazìonì adunque quando si tratta dì paesi
i -fton popolazioni di lingua tedesca, elevano
^ invece obbiezioni e contrarietà solamente
; quando si comincia a trattare dì paesi con
popolazioni slave, illudendosi dì averle ami-
che nel futuro. E allora ragionano cosi:
poiché il displuvio della Giulia non ci da-
^ reljbe un confine strategico che ci esìma in
caso dì guerra da uno sforzo militare po-
i deroso da quella parte, ebbene ritiriamo il
nostro lìmite indietro in modo da compren-
dere, nel nostro territorio il minor numero
ai Slavi, e solo prendendo quanto è ne-
cessario per assicurarci il possesso dì Trie-
ste, dì Fiume ^ delle altre città istriane. II
V^^gionamento è specioso e può far breccia.
Noi lascieremo da parte la questione del
confine orientale suU'Alpi Giulie, ci occu-
per^o soltanto delle conseguenze che, an-
che se venisse adottata la soluzione ora
esposta, sarebbero immancabili per noi, e
diremo che anche in tal caso il numero
degli slavi, che resterebbero inclusi nel
territorio italiano, sarebbe pur sempre molto
ragguardevole, appunto perchè' si tratta di
un paese di nazionalità siffattamente miste
che non è possibile tracciare una lìnea dì
demarcazione netta fra di esse, e deve in-
vece l'una all'altra sacrificare non poche
parti della propria popolazione. È naturale
e giusto che gli Slavi restino in ciò mag-
giormente perdenti, perchè la storia, la geo-
grafia, )a maggiore civiltà, la maggiore ric-
chezza fanno pendere la bilancia da parte
dell Italia, e perchè in ultimo il nodo gor-
diano venne tagliato dalla spada vittoriosa
dell'Italia- Ma ciò non toglie che agli slavi
la soluzione sarà ostica, e la osteggeranno
anche dopo che sarà sanzionata dal con-
gresso della pace. Credere altrimenti è da
ingenui. Dove allora la soluzione ideale che
^ncilia gì' interessi e i sentimenti di ^ tutti ?
Questa è una utopia, nel perseguire la quale
si disperdono forze preziose. Miglior con-
siglio accettare la situazione che impone la
storia, e affrontarla con animo liberale e
umano bensì verso le altre nazionalità che
verranno costrette entro i confini d^lla Pa-
tria, ma virilmente, senza false debolezze.
Supremo scopo, nell' interesse stesso della
pace universale e perpetua, chiudere le porte
di casa propria per terra e per mare, in
modo di svogliare chiunque a violarla. Non
divìdere terre che la storia tenne sempre
congiunta per millenni, come fu della Dal-
mazia prima a Roma e poi a Venezia, ri-
velando cosi una . legge storico-geografica
che dovrebbe richiamare una più profonda
meditazione da parte dei nostri oppositori.
Sarebbe pericolosa illusione il credere dì
poter disarmare l'inimicizia degli Jugoslavi
cedendo loro le coste del continente della
Dalmazia. Non disarmerebbero nemmeno
ove si abbandonassero loro tutte le isole
dalmate. Pretenderebbero allora Fiume, e
poi r Istria, e poi Trieste, perchè li direb-
bero porti necessari alla Croazia o alla
Slovenia, ìsole nazionali costituite da sin-
o-ole città italiane circondate da campagne
slave, mancanti di continuità territoriali cò-
me la massa compatta del popolo italiano,
Morale germanica
Air imperatore tedesco e alla sua degna
prole primogenita non erari bastati gli allori
dell'iniziativa e della correità nelle orgie di
sangue, nelle soverchierie, nelle rapine e ne-
gli eccessi di libidine, de quali tutto il mon-
do civile e libero accusa inorridito i novis-
simi lanzichenecchi di Germania) non tonta
di una pavida fuga imperiale pur nella tra-
gica catastrofe del popolo tedesco, educato
da trent qnni di pose cesaree al sogno me-
galomane dell'impero universale e in un
istante disingannato atrocemente nella sua
dabbenaggine dalla rotta degli eserciti e dalla
fuga dei vecchi idoli; non era bastata la
suprema vigliaccheria del dinasta e del figlio
che cercarono i capri espiatori della sconfitta
e delle atrocità fra ministri e generali, men-
tre nel tempo felice menaron vanto di non
temere che Dio, nè rispettarono nel larvato
assolutismo alcun altra volontà che la pro-
pria; r ultima fronda d'alloro sul sepolcro
dagF idoli prussiani infranti la portò giorni
addietro una vezzosa donnina diWieringen,
r isoletta che alberga il fuggiasco principe
ereditario di Germania.
Costei a tutta prima ti aveva l'aria più
sorniona di questo mondo: aprì un negozio
di modista per avvezzare quelle villane sem-
pliciotte a smettere la vecchia cuffia classica
che il mare slavo deve inghiottire. Così in
qualunque ipotesi è inevitabile l'aversi in
casa un irredentismo slavo. E allora la vera
questione non sta più nel cercare dì avere
il minor numéro possìbile di Slavi, ma il
costruirsi la casa più. forte che sia possi-
bile, non per un imperialismo che nessuno
sogna, ma per la pace pr«>pria e del mondo.
Sarebbe un pernicioso errore il credere
che gli Sloveni possano mai spontanea-
mente rinunziare a Trieste, o ì Croati a
Fiume o alla Dalmazia. ,^utte queste. son
terre che l'Austria aveva jpromesse alla loro
conquista nazionale e politica, e già le te-
nevano o stavano per ott^ierle. La illusione
fu mantenuta per troppo irèmpo, perchè se
ne possano spogliare a ciior leggero. Essi
tanto calcolavano sulla rèalìzzazìone delle
loro aspirazioni con l'appoggio dell' Austria
che combatterono accaniti'^ente per l' Au-
stria contro l'Italia e c1)ntro la Serbia.
Neanche caduta l'Austria seppero rinun-
ziare alle loro speranze e^ientare dì froda-
re delle loro legittime coi|quiste e l'Italia e
la Serbia, l'Italia in prim« luogo col giuoco
indegno della flotta, la St rbia con progetti
subdoli dì confederazioni repubblicane. A-
desso fanno guerra apert# all' Italia con la
parola e affilano già le ami contro dì lei.
E non già per la sola Dalmazia, ma per
tutti ì paesi fino all'Isonzo. Lo dicono aper-
tamente. Tali sono ì cornpaciscentì del
Patto di Roma.
E cercano alleati. Non poi faremo il torto
ai fratelli francesi dì crederli capaci di man-
care, per i nuovi amici, ai patti giurati. Ma
pure vorremmo metterli in guardia, ricor-
dar loro che con gì' Italiani possono avere
contrasti quanto mai vuoisi numerosi e con-
tinui, ma che al momento decisivo le due
nazioni sorelle si trovano sul campo di bat-
taglia dalla stessa parte, per il diritto, la
giustizia e la libertà. 1 croati invece com-
batterono sempre contri la libertà degli
altri popoli. Informino il 1848 e questa ul-
tima grandissima tra le guerre. Se i Fran-
cesi ricorderanno come l'iianno ricambiati i
Russi, non sarà possibile che sì fidino dei
Jugoslavi e non abbiano la visione netta della
solidarietà d'interessi con l'Italia. Cade così
anche l'altro principale argomento degli
oppositori alle nostre aspirazioni che con
r annessione della Dalm?^ l'Italia sì pro-
cùréfe"5Be hemìci àncftelfa pi òdièrhfiàìléc^^
olandese per il cappellino ultima creazione
parigina ; ma poi, in pochi giorni, se /' in-
tese sin troppo bene col Kronprinz e si die-
de a insegnale gratuitamente la morale. E
poiché in Olanda con certi argomenti non
si scherza, il popolo fece presto festa finita:
r eroe di Verdun se la cavò con molte in-
giurie e qualche sassata nella schiena e la
banditrice delle troppo cortesi e morbide co-
stumanze s'ebbe . . . il biglietto gratuito per
il rimpatrio.
Il fatto per sè non è gran cosa ; ma rac-
costato a cerf altre marachelle di vecchia e
nuova data — a esempio i ricordi df^le or-
gie universitarie del principe e certe rivela-
zioni di giornali repubblicani e socialisti sui
suoi spassi alla fronte francese, anche in
momenti di suprema responsabilità per un
generale — getta di riverbero una luce si-
nistra sui campioni della vantata moralità
germanica, la quale, almeno pei minchioni,
era in sintesi nella famiglia e nella parola
del Kaiser magnificante a tutto spiano as-
sieme al suo vecchio dio germanico il dovere
patriottico per ogni buon tedesco di avere
una famiglia di vecchio stampo e prole ab-
bondante per sopraffare la Francia degene-
rata persino con la forza delle statistiche.
Ora cotesti coronati maestri di moralità
spicciola è bene finiscano tra le grasse risa
della chronìque scandaleuse.
Propaganda triestina prò Dalmazia
La bandiera della „Pro Dalmazia.'' Trie-
ste 24.11 comitato di propaganda „Pro Dalma-
zìa," tenne il giorno 19 nella sala maggiore
della^Società operaia una adunanza, nella quale
fu inaugurata la bandiera, che d'ora in poi
alla testa dei dalmati qui residenti svento-
lerà in tutte le occasioni, in cui ci sarà da
manifestare la ferma e tćnace volontà degl'i-
taliani dalmati di appartenere alla grande
patria italiana.
Il presidente del comitato on. Smerchìnich
parlò ai convenuti che gremivano la sala,
dello scopo che si prefiggeva il comitato e
fece un riassunto chiaro dell'attività finora
spiegata ; indi, apparsa U bandiera, fra in-
terminabili ovazioni dell'uditorio fremente
dì emozione, tenne un discorso magnifico
di forma, elettissimo dì pensieri, illustrante
il significato simbolico e nazionale del ves-
sillo. Accentuò il fatto che le bandiere degli
stati costituiscono il segno simbolico, la ma-
nifestazione esterna del carattere dei popoli.
Ciò avviene — continua l'oratore —" là
dove il complesso statale costituisce il vero,
sincero esponente dei sentimenti, degli ideali,
ai iquali con unisone concordia di pensiero,
di volontà, di coscienza, tendono le regioni,
sparte nel complesso statale riunito. Ma per
noi dđlfiaati
dmV epoca fatale della caduta di Venezia,
dopo finito il breve e glorioso domìnio
francese^ ìa Dalm&jia venne incorporata al-
l'Austria, per forza bruta, non per volontà
sua ; e con quell'ìbrida compagine statale ì
dalmati nulla ebbero mai dì comune : non
vìncoli dì lìngua, non pensiero o comunità
dì aspirazioni, non sentimento di ricono-
scenza. E qui l' oratore, con calda parola,
sì diffonde su le persecuzioni patite, su le
soperchìerìe a cui ì dalmati furono fatti se-
gno dal passato dominio, su la violenta sla-
vizzazione di comuni, di scuole; onde il
distacco delle anime e dei pensieri dall' ì-
brido governo impeciale, e il raccogliersi
dì tutte le coscienze intorno al vessillo, che
simboleggiava la patria e una fede e il voto
supremo che uh giorno venisse, in cui la
bandiera dalmatica sì fondesse nel simbolo
del tricolore italiano.
„Questa, dice l'oratore, la spiegazione
logica e storica del nostro regionalismo,
questa la giustificazione pur nelle liete con-
tingenze odierne del nostro vivo attacca-
mento al modesto ma caro vessilo di Dal-
mazia che abbiamo voluto sia segno augurale,
sìa il Sìmbolo aleggiante sulla spirìtualè
riunione del pensiero e del sentimento dei
Dalmati italiani residenti nella gentile Trieste.
„Caduta Venezia, lasciando sulle rive del
nostro Adriatico tutte quelle traccie di ita-
lianità che nella lìngua, nei monumeiiti, nel-
le tradizioni, nella civiltà resìstettero alla
nequìzie austriaca e alla brutale soprafazìone
croata, nel vessillo di Dalmazia furono con-
cepite e svolte tutte le epiche lotte dei no-
stri uomini migliori per conservarne la indi^
pendenza territoriale, e salvaguardare ad un
tempo la lingua e le tradizioni, da cui sca-
turì ed assurse a coscienza nazionale il
pensiero ed il sentimento italiano.
„Ed è perciò che anche oggi, in cui la
redenzione di Dalhiazìa va compiendosi ed
il simbolo del Regno d'Italia sventola su-
perbo tra le case e dalle torri riconquistate,
il modeste gonfalone dalmato conserva cio-
nondimeno il suo grande significato. Esso
ci ricorda nell' azzurro della sua stoffa il
nostro dalmatico cielo, le ridenti città co-
stiere, rievoca memorie e pianti dì cui è
intessuta la nostra vita di ieri, ci riafferma
nel suo simbolico linguaggio che le lagrime
di dolore che ì fedeli Schiavoni avevano
versate nel seppellire a Perasto il vessillo
dì S. Marco, lasciarono quel solco indele-
bile che ritemprò le nostre resistenz.e e sulle
cui traccie si avviò e fu raggiunto l'ideale
della redenzione.
Salutiamo con mentato affetto il nostro
caro vessillo, augurando che 1' opera reden-
trice sia piena, che la grande Italia compiuta
costituisca ben presto la più bella realtà."
Il bellissimo discorso, ascoltato dai pre-
senti con intensa commozione, fu accolto in
chiusa da una entusiastica unanime ovazione.
Cessati gli applausi, parlò poi il signor
Giorgio Tamino. Nel suo discorso alato,
egli riaffermò con calore il diritto dell' Italia
su tutta la costa dalmata, rilevando il ca-
rattere veneto dì tutte le nostre città della
costa. Fra vivi applausi, furono rinnovate le
dimostrazioni prò Spalato in chiusa al di-
scorso e fu deciso che il comitato pren-
desse parte, con la bandiera, alla comme-
morazione di Oberdan, fissata per il giorno
dopo. Indi r adunanza sì sciolse.
Pro Àrbe e Spalato. Nella stessa sera
dell' inaugurazione del vessillo dalmata, in
quella stessa sala, poche ore dopo, furono
ospiti graditi e festeggiatissimì della Società
operaia i signori prof. comm. Onofrio Fat-
tori e il pubblicista Manlio Gozi^ presidente
r uno e segre^rìo 1' altro del Comitato go-
vernativo „Pro fratelli combattenti dì S,
Marino." Il comitato prò Dalmazia fu pure
presente al ricevimento degli ospiti e dopo
che questi ebbero con inspirata parola por-
tato ù iraterno saluto, ed__espressa la
loro simpatia per la causa della Dalmazia, ,
„sospiro eterno delle anime loro," il dott.
Ugo Inchiostri fu incaricato di porgere, a
nome dei dalmati, il saluto ai due rappre-
sentanti dì quella repubblica.
Il dott. Ugo Inchiostri disse che i dal-
mati qui residenti erano fieri dì porgere il
loro commosso saluto ai nobili figli della
gloriosa repubblica di S. Marino ; superbi
nel ricordare che due liberi dalmati, Marino
e Leo, sui primi albori del medio evo, cer-
cando pace e lavoro in vetta al Titano,
avevan fondato quel sacro asilo dì libertà.
E continuò :
„Oggi in Arbe, patria dì Marino, sventola
il vessillo d'Italia, ma nella romana Spalato,
su le isole che le fanno corona ed usbergo,
dove ì due dalmati, fondatori dì repubbliche,
approdarono tante volte a cercar materiali
per r opera loro, su quelle terre ì dalmati
aspettano ancora dall' Italia la luce del tri-
colore, la gloria della redenzione.
„Noi ricordiamo questo doloroso fatto
anche ai nobili figli di quella gloriosa re-
pubblica, che seppe resistere indomita al-
l' attentato della curia papale e dell' Al-
beroni, alla repubblica che, in tempi tristi
per r Italia, seppe impavida dare asilo a
Giuseppe Garibaldi, stretto da presso da tre
eserciti della tirannide straniera.
„Bandite, o figli generosi dì S. Marino,
reduci alla terra vostra, questo verbo dì fede
e di speranza dei dalmati cuori ; dite dal
libero Titano a tutti i fratelli d'Italia che
Arbe, nel nome del suo santo, vuole ricon-
giungersi per sempre all' Italia ; che Spalatq
da tutte le sue arche, da tutti ì suoi mo-
numenti, da tutte le anime piene di singultì,
sì protende disperata, oltre l' Adriatico no-
stro, come figlia abbandonata che anela alla
santa, alla dolce carezza della madre libera-
trffce.
E voi, Signori, figli, fondatori, assertori
dì libertà, fatevi interpreti e araldi dì chi
della libertà non sa ancora le gioie, dì chi
da oltre un secolo combatte per conquistar
questo bene supremo."
Tutto r uditorio scattò in piedi al grido
di „Viva la Dalmazia italiana," „Vìva Spa-
lato," „Viva Arbe !" Il comm. Fattori disse
air oratore che trasmetterà alla sua città
questa fraterna invocazione, ma che è lieto
di poter annunciare che già TU corrente
la reggenza aveva inviato un promemoria
all' on. Sennino, propugnando ì diritti dì
Arbe e dì Spalato.
Nostre corrispondenze^
Da Spalato
pimostrazioni ed eccessi contro g-li !-
taliani. Ieri ed oggi, 14 e 15 corrente, si
ebbe qui una serie di festeggiamenti per
la proclamazione dell' unione» degli sloveni,
croati e serbi.
Naturalmente la nota distintiva delle riii-
nionì, dei cortei e discorsi furono
violenze contro gli italiani.
I nostri connazionali, donne ed uomini,
vennero, senza ragione dì sorta, al dì fuori
del fanatismo nazionale, insultati, aggrediti
e percossi per le vìe. Sotto le loro abita-
zioni gruppi di eccedenti s" iraiteiDero àd-
ìnveire e a minacciare.
L' operaio Giovanni- Buglìan venne assa-
lito alle sette dì sera mentre usciva dall' O-
pèraia da sei o sette individui, che prima
Io spìnsero contro un muro, indi uno ^ìi
assestò un calcio, mentre tutti gli altri sta.
vano ad insultarlo e minacciarl^.^^jUo: stu-
dente Valentini Giuseppe, poco, dì poi, pUre
nei pressi della piazza, venne del pari ag-
gredito da una quindicina di giovinastri,
che lo colpirono al ventre e contemporanea-
mente lo assalirono e picchiarono alle spalle.
La Signora M. unitamente alla figlia e ad
altra signorina vennero insolentite da un
gruppo di studenti croati, ai quali non andò
a genio che parlassero in italiano; poi, quando
sì furono alquanto scostate, vennero prese
a sassate. Due delle pietre lanciate colpirono
la signorina E. B. al fianco.
II signor F. mentre usciva dal Gabinetto
di Lettura fu minacciato e rincorso da un
gruppo dì violenti e riuscì a sottrarsi al
peggio, riparando nell' Hotel Bellevue.
Oggi infine sul tardi in chiusa della festa
ed a coronamento delle perpetrate violenze
vennero presse a sassate ed infrante le ve-
trate delle finestre della Società Operaia e
gettati pure dei sassi contro i balconi del
Gabinetto di Lettura. Agli italiani, cui si
rende pericoloso il transito per le vie, vuoisi
rendere impossibile pure il radunarsi nei
loro locali sociali, attaccandone le sedi ed
aggredendo chi osa accedervi. E come già
s' è detto, pur nelje abitazioni private essi
non vengono lasciati tranquilli, chè e di
giorno ed in ìspecie dì notte sOtto le case
degli italiani sostano dei gruppi dì violenti
per insultarli e minacciarli.
Senonchè un' impressione ancor più di-
sgustosa lasciò il corteo pattìottìco, in cui
la scolaresca delle locali scuole assieme agli
insegnanti passò il giorno 14 di mattina at-
traverso le vie cittadine, iniziando cosi i
festeggiamenti e dando loro quella intona-
zione che dovevano mantenere per tutta la
giornata. I) primo sap-o^io dei metodi didat-
tici fornito con C50 dalla Iugoslavia non è
dì certo prometterite per ie sue sorti future.
Cmmn 7 righe
Alla volgare scenata offrivano de-
gno contorno e significante completamento
i membri del corpo insegnante che guida- ^
vano la scolaresca. •
Va da sè che gli ' scolari italiani E; ÌÌÌO
stati trattenuti a casa dalle loro famiglie, e
così per questa volta sottratti alla parteci-
pazione a tali deplorevoli scenate.
I>a Sebenico
Vita sociale. La nostra secolare Sócìeià ,
del Casino, antico retaggio veneto, che ìi
defunto governo profanò usandola come
meglio gli piaceva, dopo la storica giornata
del 31 ottobre, in cui, incoraggiata? dagli
avvenimenti che sì svolgevano al Piaye, un
gruppo dì nostri ne rioccupò ì locali, stac-
cando e rompendo i suggelli dell'obbro-
briosa polizia, e piantò sul balconr^^ > il, tri
colore, raccoglie ora il fiore della |cfltadi-
nanza di Sebenìco. Svegliata dal suo~ sonno
forzato, rivìve e si rinnovella. È IV che si
concentra tutta la vita nazionale fegl ita-
liani. Il suo gabinetto dì lettura è aperto
giornalmente e vi accorrono, oltre agi'Ita-
ìiani del luogo, gli ufficiali della R*. Marina
e del R. Esercito, restando meravì|^Ì3ti al
vedere la splendida sala e gì'importanti
oggetti antichi che vi sono racchi. Più
volte la settimana vi sì danno ^atteni-
menti famigliari, in cui tra il wal^ e la
quadriglia s'intonano i canti patrìoftìci che
la nostra gioventù sentì, vivo bìs^no di
cantare dopo tanti anni dì schìavitfc
Dì queste festicciole due non le idimèrrtì-
cheranno gl'Italiani di Sebenìco. Il 2B no-
vembre S. E. l'Ammiraglio Millo, pél*invito
della cittadinanza, sì compiacque dì ^torare
i locali della sòcietà con la sua j^es^jza.
• ìli' addoi '
imati S(
».i« gremita dì soci (questa n. i «.
spondénte dì Sebenìco del „Novo. Doba
col suo naso qhe s' allunga syemjpre più per
bile, non dev'esser riuscito a contarli
perciò che òrganizzò una dimostrazìoncella). .
Air entrare di S. E. un' orchestrina intonò ;
la „Marcia reale", méntre due spa^iere di
leggiadre gìovanette biancovestite àccol-
sero gettando fiorì. Alle parpiè d'|»taaggio
che il presidente avv. Pini Involse prostro
governatore, S. E. rispose'commo;^, men-
tre un piccino vestito da marinar«to ipi-
Hano al grido dì „Vìva l' Eroe d#:Pai-da-
nelli" gli porgeva un mazzo di Bof»^^
ì nastri delle cinque torpedìni|H j|^ COI m sero allora glorioso il nome (K
La simpatica e maschia figura
nature non andrà mai cancella^ ,
nostri, che gli serberanno .^itu^mé pe
renne.
Un altro festino beij^/Tuscito e crt-ganii-
zato in due ore da tìn'alàére sanerà di
giovani, fu quello di sere fa, quAndp gh
^Mara, 4 gennaio 1919
dalia ostentàjjpdmp&rzialità fra la propria
MATICA
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schonfeld.
(AGGIORNATA DALMATA' A ROMA
ha manifestato solennemente lunedì dell’ ammiraglio Millo, V on. Rava, 1-on. A-
mici ecc. Apre la serie dei discorsi il prof
lancili J~ll’ . • A.'..r*ai re ■
b' volo^à. Vuole riunita all’Italia tutta
n-lrtiazia, che fu già di San Marco. Alla
‘^stazione si unirono pure, in forma
'7’biscitaria, Genova, Napoli, Milano ed altre
fìp Italia afferma altamente il suo volere,
une della nostra martoriata provincia.
£’•' ultimi giornali recano diffusissimi par-
la
patria'e 4o str;.1" Ifutta questa miseria
intellettuale e Borale e>a passata sull’Italia.
E vi era'pasšatđiliho frutto più maturo,
più tristeitìente^'rnatUrìq: Adua ! Che mera
viglia, 'dùnque/*sei^fiè^ìtre le due più grandi
ticcì61’1 sulle imponenti manifestazioni dellale. S’iniziarono con un corteo popolare,
‘ , raccolse davanti al monumento a Vit-
Emanuele. Numerose le . associazioni
' olfi-he ciie vi Pres.ero Parte coi vessilli,
p\pe personalità civili e militari, ufficiali di
e ai mare, studenti, studentesse, sol-
• s.j , un’enorme massa di popolo. Sono
' ‘ .Senti anche molti dalmati: i delegati di
?.ra di Spalato, di Sebenico, < di. ,T?aù. Il
To el , rettore de l’ università, ^affermando
che alla vittoria debbono, corrispondere giu-1 Hm * °
sti compensi e conchiude gridando, „Viva aspirazioni nazìorialu^ Trento e Trieste
la Dalmazia 1« „viva l’Italia." LAon. ’ Feder- apparivano e^une^gno lonta ino, co
zoni tiene poi un discorsi, denso di conte- ~ '&,a nunatn.^ ~~
nuto e magnifico nella forma, che vorremmo
poter riportare per intero. Egli ribatte *e
distrugge tutti gli argomenti dei rihùnciatori,
e argutamente osserva che „contro il diritto
dell Italia sulla Dalmazia non vi è, oggi,
che il rinascere di vecchie gelosie interna
zionali, „superate dalla storia." Parla poi il
aYv- Talpo che sostituisce il sindaco
Z.iliotto, indisposto, dichiarando che laDal-
^a-mantenuto sempre il suo carattere
me
una cosa a ćnr si-’potev pe sare, ma par
larne era inùtile quasi, l’aspirazione alla
Dalmazia fosse andata., man mano oblite
randosi, nella ^spiiei&àjdegli Italiani?
E come qvrébbe potato essere altrimenti?
Mentre F Jtalia^tùttà chiusa nella sua me
schina vita inferiore, . sembrava aver smar
rito la* sua via, l’Austha appariva sempre
più formidabile, solida bella sua massiccia
^armatura secolare, disciplinata, ben orga
nizzata, forte dei suoi milioni di abitanti
italiano, malgrSdó la .««miodal.zzaiió'ne vo- ’ « di, un fra 1 primi del
hita dall’-si j’ . mondo. t-Lte wentò m tali condizioni eraimponentissimo, sul quale sventola- lu Austria e 'conchiudè còl dire che
fra i tncolon anche 1® bandiere di Spàlato è nel cuore di ogni dalmata.'Una
irenetica acclamazióne accoglie al suo ap
parire 1 on. Salvi ; tutti gridano„viva Spa
lato italiana," la banda suona F „Inno di
Mameli" cantato in coro dalla fòlla* impo
nentissima : è un momento di commozione
intensa. Anche il discorso dell’on. Salvi
meriterebbe d’ essere riportato«'per intero ;
. ma a noi lo spazio difetta, e A lettóri lo
51 qu.de, dopo aver ricordato che T Italia hanno già letto nei giornali d’Italia. Basterà
5;. v inato tre volte T intesa, disse che si dire che T on. Salvi fu efficacissimo e lun-
đevfc fare un solenne giuramento : „Finché gannente applaudito.
sHe le città dalmate, si mùove dà Piazza
ùa per la salita di Magnanapoli, can-
;gli inni di Mameli e di Garibaldi. In
, - i 'dell’Esedra parlò l’assessore Valli
f l 1 Comume di Róma, dando espres-
L..s,e alla volontà dell’Italia vittoriosa: la
i .®,<.«»izione della Dalmazia. Cessate le ac-
ck..v,žiotii della folla, parlò il prof. Rocco,
un solò italiano si troverà sull’ altra sponda
sol! l’egida straniera, non deporremo la
spaiai* Dopo di lui parlano il tenente Mar-
iiiuH òhe porta il saluto dei soldati corn
uti, e il tenènte degli arditi Carli chee-u
Chiuso il comizio, il prof. Tonelli logge
il seguente ordine del giorno che viene
approvato per acclamazione :
„Roma, raccolta all* „Augusteo" in solen
ne comizio, mentre saluta con materno af-
glit tr
ao.tr '
vòìti
rono
univi
c .r,
grida
fa a
La
T Au
asšor
loro
crnih
1 saluto, il voto e la solidarietà di tut- fettoed orgoglio i dalmati convenuti per
ufficiali e soldati dei gloriosi batta- riaffermare il loro avito attaccamento all’ I-
d’assalto. Prende poi la parola il talià, deplora che nel raggio di rivendìca-
Umberto Nani che afferma il nostro zione nazionale già compreso dai trattati
d’essere italiani. Tutti i discorsi fu- ed occupato dalle armi manchi una parte
pplauditissimi. Un gruppo di studenti essenziale: la Dalmazia; esprime la ferma
: ~z': ---- T~ volontà che tutte le città, le spiaggie e le
isole di Dalmazia, che già ebbero comuni
col popolo italiano le sorti, le tradizioni e
la phHtlta, sian ricongiunte alla patria, redi-
Ip dalla sopraffazione snazionalizza-
trice, cui furon sottoposte dall’Austria, è'
da riùove e più gravi minacce e pericoli
tanto per la loro individualità nazionale che
per la sicurezza, T integrità, la pace e il
decoro della Nazione". r - _ ' ....
Di Tr o in
permesso parlare; lungamente si accarezzò
la sp ; « iza dF poterlo, .avere per trattativa
diplomatica. Trieste era lontana nella spe
ranza, ma era vicina jq^ó spazio, nelle re
lazioni,„ nello scambio •continuo delle per
sone e delle cose, neile -spmunicazioni rapide
e frequenti. La sua loda tenace contro lo
slaviSmo, appoggiato cOTÀustria, era una
cosa viva,* di cui si seguivano giorno per
giqrno gli episodi’e eh® appassionava. Al
contrario la Dalmazia era lontana, le comu
nicazioni, per la pigrizia dei nostri armatori,
per la neghittosità dèi governo erano scarse
al.confronto di quelle continue che legava
no l’Italia a Trieste. Anche laggiù, sulla
spenda vigilata dalle; òànfumerevoli isole che
la proteggono4 e la nascondono, si combat
teva una lòtta ostinata, -feroce, tra le citta
dine in cui una tradizione millenaria man
teneva il culto della italianità e la campagna
abitata da masse ignoranti di contadini, fra
cui pochi -^póliticanti 'avevano praticato il
per l’italianità, oggi riceve il meritato pre
mio. Perchè noi non vogliamo, noi non pos
siamo credere che la più gran parte della
Dalmazia, che Spalato, cuore della Dalma
zia, debba essere sacrificata. Contro i cla
mori di un piccolo popolo, che si appog
giava ieri sull’ antagonismo storico fra l’Au
stria e l’Italia, che tenta appoggiarsi oggi
su i rinascenti miopi antagonismi di altre
potenze europee, sta la vittoria italiana. La
vittoria, che ha schiantata T Austria, la
creatrice di queste piccole nazionalità tu
multuose, non può senza sovvertimento d’o-
gni legge morale volgersi contro chi ne è
stato T autore. Lo sappiano, non già le tur
be fanatiche che al di là del nostro mare
si agitano incomposte, ma i protettori po
tenti che in odio nostro si sono loro prof
ferii altrove : T Italia non intende transigere
col suo diritto, con le sue necessità, col
suo sentimento. Essa vuole avere tutto quel
lo che al di là dell’ Adriatico è suo per
millenaria tradizione, perchè non vi è forse
nel cuore stesso d’Italia alcuna regione che
sotto questo punto di vista sia più italiana
della Dalmazia. Ma sopra tutto l’Italia non
intende trattare da pari a pari con un pic
colo popolo, che per sè non ha che la pe
tulanza, 1’ assenza di ogni intelligenza poli
tica e la protervia tutta balcanica. Forte
della sua storia, della sua cultura, dei suoi
quaranta milioni di abitanti, della sua ric
chezza, del suo esercito, della sua marina,
T Italia ha il diritto di dire che le è intol
lerabile di lasciare anche uno solo dei suoi
cittadini nella ignominiosa servitù di un
popolo numericamente, intellettualmente, po
liticamente di tanto inferiore. Chè se vio
lenza le dovesse esser fatta, essa non la
dimenticherebbe mai ; e troppo breve sod
disfazione ne potrebbero avere i protettori
grandi ed i protetti piccoli. La storia è
ammonitrice. L’inimicizia italiana è stata
Elicti
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.zar,
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.ilari percorse poi la via Nazionale
bandiere dalmate e i tricolori, con
di*„evviva Spalato italiana" „evviva
bastìa," cantando T inno di Oberdan,
limostrazione continuò alla sera al-
isteo. Impossibile annoverare tutte le
zioni ^intervenute, la vasta sala èra
issìma. Fra le personalità che con le
esenza resero più solenne e più si-
m là serata,., si notavano i sottose-
-tfh. -F\recart-eiWot pur^5,-t?’ famiglia-
^a commemorazione di Francesco Rismondo
Roma, 30 dicembre.
i delle scorse sere, davanti ad un pub-
celto e numerosissimo, raccolto nella
.ichetti, il prof. Alfredo Rocco celebrò
.i i vibrato discorso la commemorazione
oncesco Rismondo, T eroe che, nel no-
Spalato, diede in olocausto la gio-
i forte esistenza. Eccovi un largo
del nobilissimo discorso, che pur
ria le vere condizioni di Spalato —1
più martoriata che mai — ed il suo
alla redenzione:
18 luglio 1916 Cesare Battisti, preso
aspra lotta sul Monte Corno, cadeva
degli austriaci e alcuni giornimani
gio alla sua tomba. In verità anche Rismon
do, come Battisti e come Sauro, finì per
mano del carnefice, e un anno prima dei
suoi compagni di gloria accresceva col suo
nome e col suo martirio la schiera degli
eroi e dei martiri del Risorgimento italiano.
Eppure di Francesco Rismondo non si è
che poco e poco di frequente parlato. Non
una lapide gli fu murata, non una via gli
fu intitolata, non una nave fu dal suo nome
chiamata. Non accusiamo nessuno di questa
grande ingiustizia. Su Rismondo è pesata la
triste fatalità che è pesata sul suo Paese,
la Dalmazia !
Battisti: il Trentino nostro, l’aspirazione
di tutte le generazioni che si sono succedute
da Bezzecca fino ad oggi. Sauro: Trieste e
T Istria, la vocazione storica dell’ Italia, T a-
mcre appassionato di tutti i giovani nati
tra il ’60 e il 1900. Si comprende che ad
essi sia andato il compianto, sia andata la
glorificazione, sia andata la promessa del-
T Italia combattente. -
Francesco Rismondo rappresentava invece
il suo cadavere penzolava dal legno
nel tetro cortile del castello del
Consiglio. Poche settimane dopo Na-
Sauro, vittima di un ardimento che lo
cento volte condotto presso alla mor-
biva il martirio sulla terra dell’Istria,
aveva veduto nascere e dove la sua
andò a riposare in attesa della ven-
e della rivendicazione. I due nomi, di
io era già illustre e l’altro del tutto la Dalmazia, che, ahimè ! non era altrettantof -11 _ JL — —~ 4- a m -s-i 4-» »-»,0.1 ridirgli iFoliam 1 Trio rrxcmiA>, furono circondati immediatamente
iaì ureola della gloria, venerati e pianti
': ni parte d’ Italia, da ognuno che fosse
**4 del nome di italiano. La lotta mor-
*' 'a l’Italia e l’Austria ebbe nel duplice
!i ‘ io nuovo alimento, e parve d’allora
;!i combattesse con più implacabile vo-
r’;- di vittoria da parte nostra, con più
' ato furore di difesa da parte della
' ■ nemica storica e tradizionale. E’ per-
- ’ * stupire che in tali condizioni di spi
la sfuggita alla commossa sensibilità
1 pinione pubblica italiana un’ altra mor-
:r cui un altro italiano delle provincie
, ':,jnte aveva nei primi mesi della, guerra
' /ato ti sacrificio dei martiri di Belfiore,
ier Fortunato Calvi, di Guglielmo
’ ' dan.
fisamente un anno prima della impic-
ue di Cesare Battisti e di Nazario
, periva per mano del carnefice un
,’taliano suddito austriaco: intendo dire
1 a esco Rismondo di Spalato, catturato
, ‘ 0 austriaci sul Monte San Michele il 21
1 ' 1915 dopo un glorioso combattimen-
1. quale egli venne gravemente ferito
cui meritò la medaglia al valor mi-
• JHa fine di Francesco Rismondo corsero
4' che erano eroiche leggende^ Si disse
{* 2aduto in mani dei nemici, fosse stato
f J a colpi di baionetta dalla soldatesca
i aca ^he lo aveva riconosciuto per ope-
il soliti rinnegati, i quali non mancano
; -jSSun popolo per quanto generoso. Si
. ‘ 'S*- anche che il suo cadavere sia stato
ÓL7lato e le ceneri disperse, perchè non
presente nel cuore degli italiani. Una specie
di oblio era disceso sulle speranze che an
cora nel 1866 nella vigilia di Lissa erano
fiorite nel cuore di tutti. Nel 1866 era an
cor vivo il ricordo di Venezia e di Campo-
formio, e del grido di dolore con cui i Dal
mati accolsero la notizia che Napoleone li
aveva venduti agli austriaci. Nel 1866 an
vangèlo di una «nazionalità nuova e istillato fatale all’ Austria : non se ne possono ral-
l’odio verso ogni cosa Italiana. Di questa
lotta tenace tra T intelligenza e il numero,
.tra T attività e l’ ignavia,* tra la ricchezza e
il bruto favoli manuale, giungevano a rari
intervalli gli èchi affievoliti in Italia. Ma i
gridi di angoscia nelle; città nostre, il cui
governo cadeva uno dopo T altra nelle mani
dei croati — Cattare, Rògusa, Spalato, Se-
benico — erano copertiìdalle vociferazioni
politicanti e, dalle ’ chiacchiere di un
jtrgritmrcrrto irf^tutt’àftreèfaccentlè affaCOeif-
dato.
Solo quando nel 1914 la guerra europea
scoppiò come folgore e risvegliò gli addor
mentati, non solo la rivendicazione del Tren
tino, di Trieste e dell’ Istria fu immediata
mente nel pensiero e nel cuore di tutti ; ma
anche il movimento a favore della Dalmazia
finì col trionfare. E il problema della Dal
mazia fu impostato, non solo come un pro
blema di integrazione nazionale, ma anche
di sicurezza strategica e di espansione com
merciale nell’ Oriente balcanico. In questi
termini il governo italiano lo propose nelle
discussioni che precedettero la partecipa
zione dell’ Italia all’ Intesa e il suo intervento
contro l’Austria. Disgraziatamente, mentre
dalle potenze occidentali non veniva alcuna
obiezione alla rivendicazione italiana della
Dalmazia, un grave duello diplomatico si
impegnò tra T Italia e la Russia, che, quale
tutrice dello slaviSmo, ci contese a palmo a
palmo i territori che erano nostri per lingua,
per spirito, per millenaria tradizione di ci
viltà. E T Italia dovette così acconciarsi a
una transazione, in cui, insieme con T eroica
e italianissima Fiume, era sacrificata la mag
gior parte della Dalmazia: Spalato compresa.
E anche qui parve che il destino si acca
nisse contro Francesco Rismondo : proprio
nel momento in cui sembrava che contro
un fato inesorabile la Dalmazia riuscisse al
meno in parte a redimersi, la patria di
Francesco Rismondo----Spalato — la città
più importante della Dalmazia, T erede del-
T antica Salona, che quando Venezia non
esisteva e Trieste era un villaggio di pesca
tori, costituiva la unica grande città del-
cora non era spenta T eco dei lamenti che l’Adriatico, Spalato era sacrificata. Era sa
avevano accompagnato la consegna del ves
siilo di San Marco agli austriaci. Ancora si
ricordava che in Zara esso fu portato nel
Duomo dove, intonato il De Profundis, fu
laciato fra le lagrime dei cittadini dolenti e
sepolto. Si ricordava ancora che a Perasto,
la bianca cittadetta delle Bocche di Catta-
ro, il vessillo glorioso ebbe esequie solenni
nella Cattedrale e fu deposto sotto T aitar
maggiore come reliquia nazionale. E quando
l’ammiraglio Di Persano salpò con la sua
flotta alla volta dell’Isola di Lissa, gli ita
liani volsero T animo' trepido di speranze
all’ opposta sponda dalmatica, e dalla Dal
mazia i figli e i nipoti dei sudditi della Se
renissima spiavano il fumo e le vele della
flotta italiana.
Ma troppe cose da quell’ epoca erario
sopravvenute. Lissa sopratutto, che aveva
sepolte le speranze degli italiani e riaffer
mata la padronanza austriaca sul mare Adria
tico. E poi, più fatali di Lissa, le beghe
meschine della vita italiana dopo la scon
fitta, T oblio dell’ idea nazionale, il culto del
più grossolano materialismo, la rissa dei
criticata cioè la città che è il centro della
Dalmazia, T organo vitale di tutta quella re
gione, la quale forma un tutto unico che
invano si vorrebbe scindere: era sacrificata
Spalato, culla di Diocleziano, patria di Ba-
iamonti, il più puro assertore > dell’ italianità
della Dalmazia. Era sacrificata Spalato, vei
colo dei commerci da tutta la regione bal
canica all’ Adriatico ! ’
Ma dopo tante ore grigie doveva anche
per T Italia venire T ora del trionfo. Quello
che sembrava assurdo è accaduto : T impe
ro austriaco, secolare organismo statale ricco
delle più antiche tradizioni militari, crollava
sotto i colpi dell’esercito italiano. Spetta
colo nuovo nella storià di un paese che,
dopo quindici secoli di'imbellicosità e di
viltà, dopo cinque secoli di servaggio, del
più ignominioso servàggio, rinasceva alla
gloria delle armi e conquistava la più com
piuta e grandiosa vittoria della storia mi
litare I tri’ questo momento tutto ciò che gli
eroi della-lotta italiana in Dalmazia durante
lunghi decenni hanno fatto e sofferto per
conservare accesa la fiaccola dell’italianità
partiti, la lotta di classe, di categorie, di sull’altra sponda fruttifica a prò della Patria,
gruppi, 1 assalto allo Stato, il clamore dei La lotta che Francesco Rismondo nella
demagoghi, le declamazioni dell’ umanitari- Società , ginnastica, nella Lega nazionale,
legrare troppo i suoi minuscoli eredi. Ma
noi siamo certi, e siamo certi perchè fer
mamente vogliamo, che non vi saranno de
lusioni per l’Italia vittoriosa e che il voto
fatto dai doloranti amici di Francesco Ris
mondo, il giorno in cui giunse la nuova
del suo martirio e della sua gloria, sarà
fra pochi mesi un fatto compiuto, e sulla
marina di Spalato sorgerà T effige di Lui,
simbolo della fede incrollabile, della vo-
IpàhndLZia4ord~ c^Qr sèm
pre italiana."
Nostre corrispondenze
Da Sebemco
Fascio Giovanile. La sera del 28 decem
bre, il „Fascio Giovanile" diede una cena
nella sala maggiore della Società operaia,
splendidamente addobbata, in onore dei sottuf
ficiali del R. esercito e della R. Marina. La
cena fu apprestata sontuosamente dal nostro
ottimo consenziente Nicolò Delich, proprie
tario del „Miramar." Oltre agli invitati vi
presero parte cinquanta soci del „Fascio
Giovanile." Durante la cena un’ armonia
formata da suonatori della „Banda cittadina"
suonò gli inni patriottici.
Allo spumante prese la parola il dott.
Giov. Miagostovich, il quale salutò i fratelli
liberatori a nome del „Fascio Giovanile"
„non giovanile per gli anni, ma per i sen
timenti nuovi, scevri da mistificazione e da
vanagloria"; salutò il tricolore, per il quale
tanto combattemmo e soffrirne, e chiuse il
discorso conciso, ma significativo, con un
evviva al Re, all’ esercito e alla marina tra i
fragorosi applausi degli astanti.
Grande ilarità destarono poi i versi di Tri-
lussa, detti da un sottufficiale del regg. 263.
La serata riuscì animatissima e rimarrà
un caro ricordo nel cuore di quei valorosi
figli d’Italia.
Telegrammi. Al congresso „prò Dalma
zia" a Roma vennero inviati i seguenti te
legrammi :
„Ai fratelli d’ Italia raccolti in Roma im
mortale ad affermare i supremi ed inviola
bili diritti della Patria, Sebenico redenta
plaude con inconcussa fede ed indomito
amore. Il Comitato nazionale".
„A Roma, madre eterna di nostra gente,
nella solenne affermazione dei sacrosanti
diritti dei Dalmati, giunga il saluto forte ed
il plauso più fervido del „Fascio Giovanile
di Sebenico".
Cinematografi. Per la ricorrenza delle
feste natalizie venne solennemente inaugu
rata la riapertura dei due cinematografi con
films patriottiche. Per i nostri soldati vi fu
rono rappresentazioni gratuite durante i tre
giorni. All’ ultima rappresentazione cinema
tografica al Teatro Mazzoleni, ebbe luogo
un imponente manifestazione patriottica da
parte del pubblico italiano di Sebenico, che
vi concorse unanime.
Il proprietario signor Ugo Fosco si ripro
mette di soddisfare pienamente le esigenze
del pubblico con T offrire sceltissime films.
Concerti. Dopo quattro anni di noiosis
sima musica austro-ungarica, siamo allietati
da ben altre produzioni musicali. Le Bande
del regio esercito svolgono molto spesso
degli splendidi programmi, e, sotto T abile di
rezione dei loro valenti maestri, ci fanno
Navi giapponesi. Arrivarono giorni sono
nel nostro porto due cacciatorpediniere della
marina nipponica: „Urne" e „Kusumoki".
Gli ufficiali vennero invitati ad una festa al
„Casino".
In pescheria. E’ ornai tempo di regolare
le cose nella locale pescheria, con la ridu
zione dei prezzi, non solo in teoria, ma an
che in pratica, e con l’obbligare i pescatori
a mettere il pesce in vendita nella locale
pescheria, cosa che questi ricusarono di
fare quando venne dato fuori il calmiere.
E’ tempo di finirla con lo strozzinaggio
tanto in pescheria che nelle macellerie.
Da Stretto
Menzogne. Nel „Novo Doba" del 21 de
cembre, in un tendenzioso trafiletto da qui,
il corrispondente si lagna delle perquisizioni
praticate ai possessori d’ armi, e grida per
ciò che questa venne estesa anche ai locali
del Giudizio, sottacendo però che precisa-
mente al Giudizio furono trovate delle armi
che ora poi si vorrebbero far passare quali
„corpus delieti" di anteriori processi.
Non corrisponde al vero T accusa che fu
rono operati degli arresti, poiché finora qui
— forse per eccessiva gentilezza — nessuno
venne arrestato.
I pochi mestatori del paese sono irritati
ed avviliti per ciò che la propaganda jugoslava
non ebbe il desiderato successo. Non tutti,
come da loro si aspettava, vollero firmare
la loro adesione allo stato in gestazione.
Così anche questo trucco austro-croato fece
il fiasco che si meritava.
II consiglio comunale fu sciolto e venne
nominato gerente il nostro consenziente
Francesco Salamun. Vennero presi in pos
sesso dall’ autorità italiana gli uffici postele
grafico, doganale, portuario e quello d’ im
poste, sui quali sventola il tricolore.
Un telegramma. Dal nostro Comitato
Nazionale, reduce dalla gita, fu inviato un
dispaccio di ringraziamento al sindaco d’An
cona, per la fraterna accoglienza avuta in
quella gentile città.
Spr r tr-CCìa e f°sse Per sempre vietato smo imbelle e pacifista, la vanità professo- nelle organizzazioni sportive, in mille modi sentire i dolci concenti dell’ insuperabile
« nahani di accorrere in pio pellegrinag- rale avida di trarre motivi di piccola gloria e sotto mille forme òonduceva a Spalato musica italiana.
La Cronaca
Sati Sslvests*«». la .n otte dLfiììè—
d’anno passarono tra noi con una straor
dinaria animazione. Alle 19 la Banda Muni
cipale sostò brevemente sotto il Municipio
in Piazza del Plebiscito, ove si formò un
imponente corteo. Di lì Banda e corteo per
corsero le vie principali, sostando sotto le
sedi del governo civile e del comando mi
litare. Al corteo presero parte migliaia di
cittadini d’ogni classe. Donne e fanciulle
agitavano banderuole tricolori; tutti alter
navano ai concenti musicali i più fervorosi
canti italiani e le acclamazioni più entusia
stiche al Re, all’ esercito liberatore, alla
grande Italia, a Spalato italiana. Alle 22 la
Fanfara del Reggimento suonò in piazza la
ritirata, dando occasione a nuove dimostra
zioni dell’ esultanza popolare. Per parecchie
ore — e la temperatura era abbastanza mite
— Zara visse di esultanza, avvalorando ma
gnificamente il suo sentire patriottico.
Sino dalle 22 il Caffè Centrale —- con
vegno spesso alle più nobili manifestazioni
nazionali di Zara — offriva un aspetto pa
rimente straordinaria. Alle 23 il trovarvi un
posto diventava un problema d’impossibile
soluzione. Alle 24 suggeriva il trito para
gone del barile di acciughe. Il pubblico, in
una democratica fratellanza, non pure lo
gremiva, ma straripava fitto al di fuori, sotto
le arcate e perfino in Calle larga. Frater
nizzavano coi cittadini, in un enterite cordia
lissima, i numerosi ufficiali di terra * e di
mare, qui di presidio. Spumeggiava lo cham
pagne nei calici, in un prorompere di brindisi
lieti, in mezzo a canti e ad acclamazioni.
In punto alla mezzanotte, il prof. Pietro
Domiacussic salutò con vibrata parola il
nuovo anno, che sorgeva a Zara esultante
sotto T egida del tricolore, innalzando fer
vidi evviva al Re e all’ esercito valoroso.
E, ricordando il grido di dolore di Spa
lato, romanamente italiana, espresse il voto
che anche la nobile città sorella venga ri
data alla Patria. Chiuse infine coll’esprimere
la certezza che tutti i nostri voti e tutte le
nostre aspirazioni si compiranno, dandoepsu
ciò affidamento T augusta persona del Re,
primo assertore dei diritti d’Italia e primo
tutore della sua dignità.
Il discorso del prof. Domiacussic sollevò
vivo entusiasmo.
Nel cuor della notte un’ affettuosa dimo
strazione venne improvvisata in onore del
sindaco dott. Luigi Ziliotto, sotto la. sua
casa dì abitazione. E sinA quasi all’ alba
durò l’animazione nelle vie e nei pubblici
convegni, a festeggiare Tanno nuovo, ma
più ancora i nuovi e felicissimi eventi.
Gli augurixdi Zara pel capo d’anno. 11
nostro Sindaco ha inviati a capo d’anno
questi telegrammi :
„Eccellenza Orlando presidente consiglio.
Roma. Accolga espressione fervido augurio
e devoto omaggio, che a Vostra Eccellenza,
vigile tutore del diritto d’Italia, invio in
nome di Zara, ferma nella immutabile, fede
e purificata dal lungo martirio, di veder
nell’ anno che iniziasi la definitiva sanzione