ìiiversale di nostra nazione, perciocché diciamo
e scriviamo Slavjaui, Sluveni, Slav.'ni, Slovi nei
SUivenci, Slavonci, <loLmei; mentre il Tedesco ci
chiama: die Slaiven ; ritaiiano: gli Skivi; il Fran-
cese: les Slaw's, etc.; ed è pur vanità il soste-
nere che Slavjaui viene da Slami, gloria ; G Slo-
vi nei da Slovo, parola^ verbo (si intende anche per
discorso e lettera dell' alfabeto ; e noi intendiamo
volgarmente per parola, rt'-) ; nome che pinttosto
gli stranieri ci imposero udendo T antico nostro
intercalare a quel modo, come appunto da glagulj
uscirono i glagoUti. E a Safarik, storico nostro,
anzi il primo e il migliore dei nostri storici, non
sembrava quello fosse un nome nazionale, e dopo
grandi fatiche nella ricerca del vero, lo trovò na-
zionalissimo, in Plinio e in Tolomeo, sotto quello
di Sorbi 0 Sirbi, pei'chè lo scorse di derivazione
pura slava, e lo vide fino ai nostri dì usato da
quelli che si dicono Serbi, e che reputa Slavi di
sangue puro; anzi, dopo aver letto un passo di
Procopio, sostiene quello essere stato 1' antico no-
me della maggior parte di nostra nazione, E Pro-
copio dice, che gli Slavi ed Anti prima si chia-
mavasi Spori, che in greco significa sparsi; men-
tre Jornandes afferma che prima si chiamavano
generalmrnte Winidi, poi li suddivide in Slavi ed
Anti. Phnio però colloca i Serbi fra il Volga, la
Meotide e il Don in mezzo ad altri popoli, che
egli chiama: Maeotici, Vali, Arrechi, Zingi, e Psesii;
donde risulta, che i Serbi nel primo secolo del-
l'era cristiana dovevano costituire un piccolo po-
polo; e così anche nel secondo secolo al tempo
di Tolomeo, il quale li nomina anche Sirbi, e li
colloca con altri popoli in sito differente. Ma, dal
secondo secolo fino al settimo, la storia di loro
serba alto silenzio, con tutto che fino a questo
tempo succedessero dei grandi avvenimenti, che
rovesciarono r impero romano di Occidente, e molte
differenti stirpi di barbari, che ne ebbero parte, vi
sono nominate; e più volte, dopo il regno di Ze-
none fino a Eraclio, dagli storici Bizantini sono
raccontate le scorrerie degli Slavi, ma non dei Serbi.
Safarik credette, dopo tante sue faticose ricer-
che, di aver finalmente a suo conforto trovato quel
vero nome di nostra nazione, e tosto vide che
Spori fu grecamente contrafatto da Procopio, per-
chè non sapeva pronunziare Srb; ma questo suo
ragionamento parmi che non possa pienameute sod-
disfare ; perciocché per quanto Procopio fosse stato
ignaro della lingua slava; pure non poteva ag-
giungere quella sillaba po, che tanto si allontana
da Srbi, e Costantino Porfirogenito nello scrivere
Chrobati, o Chrovati, che gli itahani dicono Croali^
doveva avere sentito chiaramente in quel nome la
o, e messa la Gh invece della //; e buone memo-
rie abbiamo, che slavicamente si chiamassero in
antico i Croati Uorvatì, e non Uervatl o Hrvati;
il che si sente anche oggidì.
Provai con Plutarco che il nome Slavo fu più
anticamente conosciuto di quello che credeva Sa-
farik, il quale lo ritrova ripetuto negli storici Bi-
zantini, che vissero nel medio evo; e poi quel suo
sostenere che il nome Serb fosse il più universa-
lizzato anche perciò che lo ha trovato riportato
in parecchie scritture di autori nostri e stranieri
(però dopo i tempi in cui i Serbi si fecero cono-
scere neir Illirio e nella Tracia, il che avveinie
nel 635—38); può servire tutto al più di prova
certa che colla loro emigrazione da oriente in oc-
cidente fossero prima degli altri venuti a contatto
con popoli, che ne serbarono memoria nei loro
sci-itti, e che potevano aver esagerato il loro nu-
mero, che ora si riduce ben a poco, supponendo
che come si chiamano i vicini così anche i lon-
tani; anzi è ragionevole il ritenere che se quello
fosse stato un nome principale di nostra nazione,
non si sarebbe così in molti paesi estinto, spe-
cialmente dopo il passaggio dalla rozzezza a certo
grado di civiltà; e già nel nono secolo si forma-
rono le due prime gran masse slave sotto Svato-
pluk in Moravia, Boemia e Pannonia, e sotto Bu-
rico in Russia, che non accennano a Serbia; e
oltre a ciò, nello stesso secolo, la storia nomina
una gran quantità di tribù slave sotto altro nome,
da stancare lo storico ; e nella metà dell' ottavo
cero tanto forti gli SA,H-/, che gli sturici (i'allura
temevano the non si sIa\i/2a>SL' tutto l'inipcru grecu.
Inoltre non è presumibile che, -uttu un gran
nome nazionale, conoscessero genti, che secondo
alcuni storici vivevano in povere capanny sparge,
e democraticamente, dedite unicamente alla pace
della vita agricola, da cui talvolta forzatamente
vennero distaccate da altre straniere e rapaci. 11
gran nome nazionale allora surge quando le na-
zioni barbare in gran masse si uniscono per reg-
gersi 0 per conquistare o conservare una conqui-
sta sotto a gran capi. D'altronde non convien
credere, che i Bulgari, Serbi ed altri nel conqui-
stare alcune provincie della Tracia, e dell'Illirio
fossero discese in gran masse con cui popolarono
quei paesi; sapendo dalla storia che gli Kruh, i
Goti, i Lombardi ed altri, che conquistarono gran
parte d'Italia, furono pochi; e così i Serbi, che
dapprima occuparono la Tessaglia nel settimo se-
colo, poi lo abbandonarono per ritornare all' antica
culla, e infine si invogliarono di unirsi ai Croati,
non dovevano esser molti.
Oltre a che Safai-ik doveva provare se i Serbi
fossero in origine di razza slava, non bastando,
fra tanta confusione di popoli rimarcati dalla storia,
r asserire che serb è vocabolo slavo e indica gente
0 nazione, il che in islavo non si conosce; e die
ora è confermata la loro nazionalilà perchè par-
lanti slavo. Chi non prenderebbe oggimai i Bul-
gari per slavi, se la storia avesse taciuto della
loro origine finnica? II fatto sta, che io osservai
e Croati, e Gehi, e Polacchi, e Russi, ecc. e vi
distinsi un egual tipo ; ma nei Serbi, specialmente
in quelli che parlano il dialetto meridionale, salvo
1 Montenegrini, e in questi di confessione orien-
tale viventi in Dalmazia, io non scorgo il tipo slavo.
Ma di ciò parlerò più a lungo in altro tempo ; e
solo come per incidenza avverto, che i Morlacchi
da Engel e dallo stesso Safarik con tutta proba-
bilità vengono ritenuti di origine avara ; però io
dovrò distinguere i veri Morlacchi da altri che
ingiustamente passano per tali.
È certo che la nazione slava ab antico è grande:
già mille anni fti occupava più della metà della
Europa, e oggidì ognun sa -quanto si estende. Pro-
copio scrive: Anianim popuUinfluUl, Q sotto que-
sto nome comprende gli Slavi; e nella vita di
San Demetrio sta : Selamrmi gens imnwro infinito;
qui potrei riportare ben altre prove in propo-
sito. Dei suoi primordi non si può saper niente
come neppur gli Italiani, che in ogni tempo stu-
diarono la loro origine, non ne sanno con certezza
che dire ; le origini di ogni nazione primitiva sono
sepolte nelle tenebre; e per dirne qualche cosa
convien ricorrere al miracolo dell' arca di Noè,
ed al posteriore della torre di Babele. Gli storici,
senza poter precisare l'epoca, fanno comparire dei
popoli nella deserta Europa; per esempio i Celti
passano a traverso della selva Ercinia, e, col nome
di GaUi e Cimri, si fermano nella Gallia, poscia
si diffondono in Italia col nome di Ombri, in Bret-
tagna con quello di Gallesi; e la famiglia slava,
di cui una parto probabilmente seguì anche i Celti,
dopo la Germanica al nord dell' Europa occupa
mano mano le terre che da questa erano deserte,
finche si stese dal Baltico al mar N'ero, e dai Car-
pazi! ai Poia; e la stirpe uralica stretta fu dalla
slava verso settentrione, donde sbuccò nel medio
evo col nome di Unni e di Ugri, e che ora, come
scrive Cantù, si distinguono in ramo finnico nel-
r Estonia e nella Laponia; ÌNIagiaro o Ungarese
nel lembo della Germania; Cermisso in riva al
Volga, e Permiano presso gli Urali.
Secondo Blumenbacli ed altri tra lo grandi classi
di uomini si distingue la caucasiana centrale bianca
a cui appartengono gli Europei, quindi anche gli
Slavi, eccetto i Laponi, i Finlandesi e i Magiari;
e dalla maggior parte dei dotti si ammette che il
genere umano scaturì da un centro solo. Ma, al-
quanti anni fa, Morton Quacquero americano, me-
dico e fisiologo dottissimo sortì, con una dottrina
nuova, contraria a tutte le credenze sull' unità della
specie umana; e così i nostri antichi Slavi, come tut-
te le altre razze primordiali, sarebbero usciti come
funghi dalla terra. La dottrina di Morton è quella
trina dei io-ili. e dalla i)al. nntol<»;jria : e mo>tra
coiivÌ!it<j ( Itf il L'f iu re uniàiio -c.it;!i ! da jtiti centri,
i (piali furono croati ab initio iti (jiiulihe regione
della tt-rra, che erano alia rt-ica loro natura più
opportuni. Come poteva esser (|uesto y Si trovò
r involucro ten'oste in uno -tato di calore; si fe-
cero i condensamenti cristallini, quindi nè consegui
anche la vita organica, uniforme in tutto il globo,
perchè fomentata daunifonne interno calore; quindi
la successiva evoluzione dei germi potè continu-
arsi dai primi embrioni della vita anfibia sino alle
più sensitive e intelligenti a]q)arizioni della vita
terreste. Gran tempo passò in questo lavoro della
gran madre antica, ma nel seno dell" eternità non
v'è penuria di tempo. Spunta a quelli luce l'i-
potesi sublime^ della evoluzione continu i: 1 rnp.'g^-ia
alla mente attonita la continuità della civa/.ione.
Monton fece una gran raccolta di cranii ameri-
cani, egizii ecc.; li studiò in modo da saper a prima
vista riconoscere a che nazione uno o l" altro ap-
partiene; quindi sostenne che gli umoricani abo-
rigeni dal Labrador fino alla Patagoiiia hanno un
tipo proprio, gli Kgi/i un altro, ecc.; quindi la
permanenza dei tipi fin dai primi limiti di ogni
u'uano ricordo. Non solo il negro dell'Afi-ica in-
teriore fin d'allora fu negro; ma la forma lanosa
dei suoi capelli, le labbra tumide sovercliiauti, ogni
altro suo lineaniento, il fronte arrotratto, l'angolo
faciale del craiiio, erano già determinati da quel-
l'arcana mano, che ancora oggidì lo seguala fra
tutti gli uomini. Io già avevo inteso son trenta e
più anni da un naturalista tedesco, che p. e. i
Laponi ebbero la loro origino colà ove si attro-
vano, e che è una ciancia il dire, eh ' popolo nato
in clima temperato o caldo, fosso }).)i andato a
vivere fra quei geli. Certamente che sorgeranno
dei dotti a combattere questa nuova dottrina, la
quale, se fosse dimostrati vera, rovescierebbe la
credenza universale sull' origine di tutti gli esseri
organici. *). —• Spalato, li 22 dicembre 18G2
prof. A. KuxMAxica.
»C
secolo nella Tessagha, Hellàs e Pelopoiieso si fe-1 della pluralità dei centri, suggeritagli dalia dot-
Pregiatissuiio Signor licdulloro!
Nella necrologia da me scritta all' occasione
della morte del benemerito Presidente Kirchma-
yer, da Lei gentilmente inserita nel riputato suo
giornale — la Voce Dalmatica — al n. 61 di
questo mese, laddove io, accennando ai meriti del
defunto, come magistrato, dicevo, di' egli fu il primo
ad usare con bollo esempio della lingua nazionale
slava nei dibattimenti, Ella, apponendovi una sua
annotazione, osservava, che 1' esempio ent bello ,
ma precipitoso troppo. Per questa osservazione io
non vorrei che nè Ella ned altri mi credesse
un'esaltato partigiano della lingua slava, da vo-
lerla tosto e nelle più ampie proporzioni sosti-
tuire alla lingua italiana. Mai nò, Signor mio. Io
intendevo esser debito di giustizia che al popolo
nostro slavo, il quale altra lingua non sa della
sua nazionale, si espongano i motivi della sua
colpa nella lingua eh' egli intende, onde sappia
r accusato di che trattisi e perchè egli venga
punito. Ben io so che nello stato attuale delle
cose sarebbe e ingiustizia e pregiudizio gravissimo
bandire la lingua italiana dal foro ; che, colle mi-
gliori intenzioni del mondo, non si potrebbe così
subito attivare la pertrattazione degli affari giu-
diziarii in lingua slava, perocché la maggioranza
degli impiegati, seppur la intende quanto occorra
ad adempiere il proprio dovere, non la sa in modo
da esporno con precisione i concetti giuridici, e
tanto mono quantochè la lingua slava, come la
parla e la intende il popolo nostro della campa-
gna, non ne ha ancora i termini preparati, per
cui è prematuro persino insistere per ora alla e-
quiparazione delle due lingue nei pubblici uffizii.
Per conciliare gli scopi rigorosi della giustizia, che
dev' essere assolutamente eguale per tutti, io stesso,
tenendo sempre le mie conclusioni ai dibattimenti
in lingua italiana, le riassumeva poi tradotte in
lingua slava all' accusato, ond' egli, eh' era il sog-
getto della questione, non se ne stesse lì ignaro
*) Xcl precedente articolo pa»:. scconda . colonna linea
settima: invece di un noms distintivo si imposero — corrige —
un nome distintivo non si imposero — e nella 3.c col. ćakavoi
non čekavci.
spazio minore di tempo, cioè in due - mesi, offrire
i bramati risultati, Trattandosi poi che tutti i di-
Btretti non sono in pari condizioni topografiche
e perciò non eguahnente soggetti alla trista condi-
spione di sopportare il peso della malvivenza, jo repu-
terei, che come già venne riconosciuta la necessità, ed
ammesso anche il principio di localizzare le co-
lonne, le stesse, aumentate ad otto, cosi si ripar-
tissero :
2 Nel distretto di Knin
2 Nel distretto di Ohbrovazzo
1 Nei distretti di Sebenico e Dernis
1 Nei distretti di Scardona e Kistagne
1 Nel distretto di Bencovaz
1 Nel distretto di Zara.
Tale aumento di forze non apporterebbe spese
maggiori, e diverrebbe quella stessa da eseguirsi
in due anzicchè in quattro. Si avrebbe poi, se non
la matematica certezza, almeno la persunzione che
perseguitati con raddoppiate forze i malviventi, do-
vrebbero cadere in mano della forza, e così ri-
torneremmo alla desiata tranquilUtà ed al tanto
bramato giorno di veder repristinata, se non in
tutto, almeno da questo lato, la pubblica sicurezza.
Occorrerebbero ancora altre indispensabili mi-
sure, Sarebbe cioè necessario che alla direzione
delle colonne, in generale, fosse messo a capo un
impiegato superiore, come altrettanto era stato
fatto in altri tempi di eguale sventura, quando li
signori D.r Paulovich, D.r Mary, e Giurich diri-
gevano le loro mosse, e come altra volta in questo
giornale era stata tenuta parola, indicando il Pre-
tore di Obbrovazzo quale persona cui sarebbe da
affidarsi questo incarico.
Importerebbe poi sommamente che a capi delle
rispettive colonne fossero prescelti uomini di fi-
diìcia^ che, in eguaU servizii, diedero indubbie prove
di buon servire, perfettamente conoscitori sia dei
liioghi che delle persone, che non sieno costretti
procurarsi queste indispensabilissime qualifiche ora
dirigendo le colonne. La scelta sarebbe facile a
farsi, e importerebbe cadesse sopra persone for-
nite di conoscenze locali e personali|, e che die-
dero prove indubbie di buon volere in proposito.
A maggiore incitamento, importerebbe che tutti
i prescelti dirigenti di colonna fossero notiziati
dell' intendimento superiore di voler distrutta la
malvivenza, e quindi assicurati che le loro pre-
stazioni sarebbero condegnamente rimeritate dalla
J]ccelsa I, R, Luogotenenza con corrispondenti gui-
derdoni per quelli chi si distinguessero; assicu-
randoli che in casi di evenibili infortunii, le fa-
miglie di quelh che vi fossero colpiti sarebbero
con riguardi alla circostanza, in via eccezionale,
trattate, e ciò tantoppiù che la mercede loro con-
cessa di fior, 3, se si considera le gravi priva-
jgioni cui sono soggetti ed i patimenti a cui va
congiunta 1' opera loro, non è che assai meschi-
nissimamente retribuita. Eguali intimazioni sarebbe
necessità pure di fare a tutti i componenti le
colonne, i quah, pagati col tenue importo di soldi
50 per giorno, espongono se stessi, le loro fami-
glie, e le sostanze, per il pubblico bene. Ogni ri-'
tardo esser può dannoso,
La stagione propizia ci è, ed altro non resta che
disporre § sollecitamente.
Notizie politicli0,
GJEEMANIA,
Berlino^ 23 dicembre. Nell'assemblea dei mem-
bri del comitato dei quattro distretti elettorali di
Berlino fu consegnato dagli elettori della Capitale
nn indirizzo di ringraziamenlo e fiducia coperto
da 40,000 firme alla Camera dei deputati.
Altra del 23, Talleyrand ha rimesso le sue let-
tere credenziali. Nei loro discorsi, il re e Talley-
rand si felicitarono per V accrescimento delle re-
I?,zioni amichevoli delle due nazioni,
ITALIA.
S^nvono da Torino alla Perseveranza',
La Fronce accennava stamane, sulla fede di
so quale corrispondenza o dispaccio da To-
II VI F.J -
rino, a disaccordi fra taluni membri del Ministe-
ro ; Io stesso giornale e qualche altro accennavano
altresì a voci d' imminenti modificazioni ministe-
riali. Posso smentire ricisamemte entrambi queste
notizie.
Avrete visto che 1' Opinione mantiene, a di-
spetto della smentita del Costitutionnel, quanto
aveva asserito circa ai colloqui tra il conte di
Sartiges il cav. Farini, e le dichiarazioni di que-
st' ultimo a riguardo di Roma. Io credo che tutti
e due i giornah abbiano in qualche modo ragione.
Ritengo che nè il Farini aJ Sartiges, nè il Nigra
al ministro degli esteri francesi abbiano fatto di-
chiarazione esplicita che il governo italiano vuol
lasciare per ora, a riguardo di Roma, le cose come
si trovano, stante 1' attitudine poco favorevole a
una soluzione presa da qualche tempo dal Go-
verno imperiale.
Ma d'altro canto lo stesso programma politico
esposto dal cav. Farini alla Camera esprimevasi
a questo proposito in modo abbastanza chiaro.
Può darsi quindi benissimo che nei colloqui se-
guiti tra il conte di Sartiges e il conte Passolini
e tra il primo e il cav. Farini, questo concetto
sia stato posto in maggior luce, senza che per
altro i ministri italiani abbiano fatto formali di-
chiarazioni. Tale è l'interpretazione che si dà co-
munemente a Torino a questo fatto, e lo ripeto,
parmi che, ove lo si consideri sotto questo punto
di vista, se r Opinione non ha torto, anche il Cott-
stitutìoml ha ragione.
Le voci secondo le quali il partito garibaldino
tornerebbe ad agitarsi continuano a correre nei
crocchi politici e ad essere accolte da alcuni pe-
riodici. Da informazioni recenti, attinte a fontt
sicura, mi risulta che queste voci non sono sol-
tanto esagerate: esse sono prive di fondamento
Giungono dalle Provincie napolitano numeros
rapporti i quah lodano il contegno patriotico er
energico della guaj'dia nazionale a fronte del bri-
gantaggio. Molti cittadini appartenenti a quest;
arma sonosi segnalati in parecchi combattimenti co
briganti, e a costoro spetta di diritto un segno d
distinzione. Ma, come vi facevo notare l'altro
giorno, la Commissione incaricata di assegnare que-
ste ricompense avrà un bel da fare prima di sod-
disfare le giuste esigenze del paese. Questa Com
missione siede ora regolarmente : ma è da notare
che, da sei mesi a questa parte, prima che il nuo-
vo Ministero non ve la incitasse, essa non si era
più riunita.
Oggi era corsa voce che il Lamarmora avesse
rassegnato le sue demissioni : era una notizia del
tutto priva di fondamento.
Voi sapete che una delle cause principali del
brigantaggio sta in questo, che in alcuni paesi le
autorità locaU sono tutt'altro che nemiche dei
briganti, I membri del Consiglio comunale di S. Vi-
taliano (provincia di Terra di Lavoro) non bril-
lavano, a quanto sembra, nè per ispecchiatezza, nè
per patriottismo, nè per fedeltà al re e alle leg-
gi : e il governo, il quale sembra deciso di tron-
care il male dalla radice, sciolse, con decreto del
14 corrente, quel Consiglio, e nominò a reggere
interinalmente 1' amministrazione il consighere pro-
vinciale Vincenzo Barone.
FRANCIA.
Parigi^ 23 dicembre. La France dice, che mons.
Chigi comunicherà prossimamente a Parigi la li-
sta delle riforme realizzate a Roma e di quelle
decise a compiersi. De Merode e Montebello si
sono riconcihati, L'autorità militare francese pren-
derà a Roma le misure da lungo tempo reclamate
dalla Santa Sede.
Secondo la Patrie, Lincoln,, dietro i reclami
della Spagna, privò il capitano del ^lontogomery
del suo comando, e promise di accordare le in-
dennità necessarie.
Altra del 23. La Patrie dice che l'Inghilterra
subordinerebbe la cessione delle Isole Ionie alla
condizione che la Grecia mantenga la forma mo-
narchica e rispetti i trattati che hanno fin qui
regolato l'esistenza del regno greco.
Parigi 26 dicembre. La France assicura die
due delle grandi potenze si mostrano contrarie
che l'Inghilterra ceda le isole Ionie.
SPAGNA.
Madrid, 22 dicembre. Le voci di crisi ministe-
riali sono false. La Gazzetta annunzia 1' abolizione
di tutti i passaporti.
Nel Senato, il generale Chonca combatte la po>
litica di Prim e Collantes, e critica gli atti dei
plenipotenziari alleati al Messico. Crede la mo-
narchia necessaria, ma la scelta di un principe
spagnuolo pericolosa.
RUSSIA.
Pietroburgo 24 dicembre. Il giornale di Pie-
troburgo d' oggi porta una circolare del ministro
russo agli affari esteri in data 14 corr. Dopo a-
ver dilucidato le anteriori trattative, dice la me-
desima: "I rappresentanti la Russia in Parigi e
Londra ricevettero, li 30 novembre, 1' ordine, di
dichiarare, che noi non abbiamo mai proposto la
candidatura del duca di Leuchtemberg. Questa can-
didatura non esisteva giammai per noi politica-
mente, ad onta che qualsiasi spiegazione avesse po-
tuto ottenere il trattato in via giuridica. Dopoché
il governo inglese si era appagato di questa di-
chiarazione, propose il nostro ambasciatore, di for-
mulare un accordo comune. Delle note scritte in
tal senso furono firmate li 4 corr. e scambiate
fra lord Russell ed il barone Brunnow. Esse ri-
cordano il trattato il quale esclude le tre grandi
potenze dal trono greco, e riguardano quale una
30sa naturale, che 1' elezione del principe Alfredo
;onie quella del duca di Leuchtemberg venga cal-
colata come non successa, se si eleggesse l'uno
•) l'altro di quelli. Il giornale suddetto smentisce
' asserzione del Mord, il quaie disse, che le tre
potenze avessero richiesto l'abolizione dell'articolo
iella costituzione greca, la quaie obbliga il re-
gnante di appartenere alla Chiesa greca.
IH' trohurgo 25 dicembre. L' odierno Journal
^e St Pe'ers'ioarg scrive: Se l'Inghilterra è li-
bera di cedere le Isole Ionie, allora non può de-
cidere che l'Europa intorno alla loro sorte avvenire.
Varsaida, 24 dicembre. Ieri scoperse la polizia
la t pografia delle stampe segrete. I partecipanti
furono colti sul fatto mentre componevano il de-
cimo numero di questa pubblicazione.
AMERICA.
Nuova York 13 dicembre. La maggior parte
dell' armata di Burnside passò il Rappatrannok.
Sigei si congiunse con Barnside. I confederati si
concentrarono dietro due batterie a tergo di Fre-
deriksburg. È imminente una battaglia. Il Con-
gresso ripetè la risoluzione, la quale condanna il
proclama di emancipazione.
Altra del \ 5. Sigei ha raggiunto Burnside.
I separatisti hanno costruiti due linee di bat-
terie dietro Fredericksbourg.
La battaglia è incominciata.
(Articolo comunicato)
Ad alcuni passeggieri del Bosforo (??.••)
(vedi n. 82 del Na%ionule')
Quando, con la proterva impudenza ddla pro-
stitute, non vi fate scrupolo d'invertire il senso,
d' altronde chiarissimo, dell' articolo indirizzatovi
nel n. 55 della V. D., crederei esser tempo spre-
cato l'occuparmi piiì oltre di voi e del vostro protetto.
Trovo necessario soltanto l'avvisarvi, ove l'i-
gnoraste, che una corrispondenza da Spalato nel
n. 85 del Nazionale accenna a parecchie man-
canze verso noi Dalmati da parte della società del
Lloyd e di alcuni capitani addetti al suo servizio.
Che quel lagno sia giustissimo , e che il bisogno
d'una riforma apparisca necessario, credo nessun
Dalmata oserebbe negarlo.
Ma voi Paladini del secolo XIX che ne dite
in proposito ?
^ 'l'ipp^r^ìfk Fratelli BATTAJI^, YMOENZO DUPLANOICH Redattoi'G responsabile.
ta del traduttore ; — in quella di Temistocb
Ih i\"oclc noia iVkock: in quella di I-^e-
lopida p. 391 Fcras c Ferei^ non Farcs nò Fard;
in Pericle p. 301 Reiske e Hutten lessero
rppohoti, Dacier lesse Ip/wbati, E così si vede una
ìnoltitudine di alti'e critiche iinnotazioni ; e come
mai poteva succedere che si lasciasse correre quel
grande arbitrio che si suppone, ben seivolte ri-
petuto? Se la cosa è così, ben fu sbadataggine sin-
£>-Qlare dei critici quale deve ingannare qua-
Tanque lettore slavo, che, in tanta miseria di no-
stra storia, potrebbe scorgere, in quei punti, un
grande interesse ; ed io cke particolarmente mi vi
dedicai, e con buon fondamento posso sostenere
che non solo il Illiria, ma ben anche in Tracia
vi dovevano vivere delle genti di mia nazione,
doveva quei passi prendere sul serio; e in un
qualche giornale italiano, che si manda a Roma,
ove vivono quei due editori, si farebbe opera buona
d'inserire un articolo ad hoc, onde quelli potes-
sero sciogliere ogni dubbio.
Al chiarissimo mio amico Giuseppe Ferrari Cu-
pilli non rispondo direttamente per non variare
il seguito dei miei articoli.; ma egli mi farà cosa
grata di esternare un' altra volta il suo riputatis-
sinio parere; che se anche non avesse a corri-
spondere al mio desiderio, sempre lo udrò col
dovuto rispetto; perciochè sempre la civiltà fu
per me veneranda; e poi avrei gran piacere che
illustrasse quel gran passo del suo illustre con-
cittadino Kreglianovich, il quale, come conviuto
che i popoh dell' antica Illiria fossero slavi, si
esprime così: "Per convincersene sempre più, giova
riflettere che Teodoreto, il Biondo ed il Sabellico
affermano che ,oltre la metà del quarto secolo, si
tenesse, sulle spiagge delP Adriatico, un sinodo, detto
di poi l'illirico, nei quale i vescovi ad Elpidio
prete della chiesa romana e legato di papa Libe-
rio, ricercarono di poter celebrare la liturgia e
recitare i divini uffizi nella propria lingua. Que-
sta traduzione, che precede di due secoh l'ultima
invasione (634-35) degli Slavi, non è una prova
luminosa dell' anteriore esistenza in Dalmazia del-
l'idioma nazionale primitivo?^ (i/emorie per la Sto-
ria della Dalmazia^ pag. 278 voi. /.) Qui biso-
gnerebbe avere alle mani quei tre succitati scrit-
tori, per vedere quanto e come si estendono in
proposito; chè quel gran punto sarebbe di nostra
storia da convincere del contrario coloro che pre-
tendono che la liturgia slava ebbe principio appena
nel nono secolo. Povera è la nostra storia come
dice ronorevole Ferrari; ma pochi da noi se ne
occuparono; e mi persuado che ella si potrebbe
arricchire di belle memorie qualora, in mezzo a
noi, col tempo, sorgesse qualche ricco e di beli' in-
gegno dotato, che le andasse a cercare nelle grandi
biblioteche, perciochè stando in Dalmazia, non si
è in grado di avere i materiali necessari per tes-
sere una possibile nostra storia.
Spalato, h 29 dicembre. Prof. A. KUZMANICH.
L' arie è cosa per sè stessa più umana che
nazionale. Avrebbe torto chi volesse limitarsi alle
forme indigene, se pure ve n'ha che sieno esclu-
sivamente italiane, li genio latino non è accusato
di questo. Noi abbiamo imitato anche troppo; e
massime in ciò che concerne il teatro, siamo stati
troppo a lungo tributari! e pedissequi dei Fran-
cesi. Non sono molti anni che i capi d'opera del
teatro inglese e tedesco erano quasi ignoti fra
noi. Gustavo Modena fu sonoramente fischiato
quando volle rappresentare FO/e/Zo, che ora ap-
plaudimmo tanto e sì giustamente, ripetuto dal
Salvini e dal Rossi. Il teatro drammatico ebbe la
sua culla in Italia, ma si arricchì mano a mano
colle spoglie dei vinti; e, come Roma, aperse il
suo Panteon a tutti gli dei delle genti. L' Ervoh
serbo arrivò troppo presto e troppo immaturo a
Milano. Bisognava farlo precedere da un roman-
zo, come usano fare a Parigi, e preparare così
r opinione ai nuovi tipi e ai nuovi fiitti che si
volevano arrischiare alla scena.
Non importa. Marco Cralievich era nome nuovo
per voi fino a ieri. Oggi lo conoscete non solo,
ma l'avete fatto conoscere ai numerosi lettori del
vostro giornale : bene o male non monta i con ,
Zara 2 gennaio.
Un cenno del ISazionale dello scorso merculeiil
annunda essere corsa voce, non dovere io prender
parte alle sedute della Dieta provinciale, nella mia
quahtà di deputato, perchè sottoposto ad un pro-
cesso di stampa per crimine politico, e, recando
il paragrafo della nuova légge sulla immunità dei
deputati del Consiglio dell' impero e delle Diete
provinciali, mosti'a che a queste spetta il diritto di
sospendere, darante le sessioni, ogni inquisizione,
incominciata in confronto dei propri membri anche
fuori del tempo delle sessioni, e che quindi il pro-
seguimento del mio processo, ed ogni sua conse-
guenza, per parte di qualsivoglia autorità, senza il
consentimento della Dieta, non può essere che ille-
gale. Invita perciò l'inchta Giunta a manifestare pub-
blicamente ciò che v' ha di vero in questa voce,
affine di tranquillare la pubblica opinione già
messa in timore.
Benché io sappia che 1' atto del Nazionale fu
suggerito dall' interesse della pubbUca cosa, e non
da riguardi personali; pure, siccome nel caso con-
creto non è possibile prescindere dalla persona,
e che la utilità generale che ne consegue, riflette
necessariamente sopra di me ; mi sento in dovere
di rendere pubbliche grazie al Nazionale, tanto
più che r atto generoso muove da avversari po-
litici ; mentre non posso che pienamente assen-
tire, ed unirmi alle dette dichiarazioni, nell'inte-
resse comune, come redattore della Voce.
La sola rettificazione che tuttavia io credo di
dover fare, riguarda 1' esi)ressione inesatta del
cenno, dove dice, non poter io perdere il posto
di deputato quale indiziato legalmente, senza
V assenso della Dieta. Il semplice indizio non
potrebbe far perdere a chicchessia posto o di-
ritto nessuno, nò per 1' assenso della Dieta, nè
senza. Nessun diritto si perde, se non per la pro-
vata e sentenziata reità, e conseguente condanna
Bene la Dieta potrebbe consentire che il diritto
di esercitare le funzioni di deputato, venissero so-
spese, permettendo che la procedura continui.
Rispetto poi r azione dell' inclita Giunta in
proposito, già presagita dal Nazionale, sono in
grado di poter asserire (e mi corre obbligo di
farlo) eh' ella fu in passato, e sta per essere in
seguito, quale veramente s'addice a un corpo che
sostenne sempre dignitosamente gì' interessi dei
suoi rappresentati. Avuto 1' avviso ufficiale della,
incamminata procedura, diede ella notizia del fatto
alla luogotenenza, avvertendo come pei paragrafi
combinati, 6 del regolamento provinciale e 17 del-
l'elettorale, non fosse il caso eli procedere a nova
elezione ; dovendo rimanere in me intatto il ca-
rattere di deputato, finché una sentenza giudiziale
non venisse a privarmene, e invocando dalla me-
desima una dichiarazione conforme. Siccome poi,
pei paragrafi della legge sull' immunità dei depu-
tati citati dal Nazionale, luminosamente appare
essere in facoltà della Dieta di sospendere, du-
rante la sossiune, le ini|uiiizioni aYvi;it'' in cou-
fi-onto de' suoi membri aiicae fuori d.-l tejnpu
delle sessioni: sarà ci<ra delia Ghinta, di' aprirsi
della Dieta, di presentarle relativa proposta, afìin-
chè agni procedura contro (ìi iiie venga sospesa,
avuto riguardo alla che il posto di de-
putato non rimanga scoperto, e il collegio eletto-
rale che mi onorò di sua riuiioia, non resti senza
rappresentanza, V. DupluucìclL
lode 0 con biasimo non vo'dire. Ad ogni modo
mi avete dato mano a preparare al mio dramma
un uditorio più benevolo o almeno più istrutto.
Ve ne ringrazio per me e per la letteratura slava,
la quale non ha che a guadagnare ad essere co-
nosciuta.
Nato a Venezia al pari di voi, ho dovuto fiu
da'primi anni della mia vita artistica cercare un
asilo in quella estrema appendice della terra ita-
lica che giace fra l'Adriatico e il Quarnero. Ho
contribuito a fondare ed ho scritto per molti anni
a Trieste il primo giornale italiano che svegliasse
in quelle popolazioni il germe sopito degli studii
e degl'interessi comuni.
Suir orme del Tommaseo, italiano e illirico a
un tempo, mi sono adoperato a trasmettere ai
Dalmati i documenti della letteratura italiana, e
agh Italiani i primi vagiti dell' arte slava. Il mio
dramma è nato in quel tempo,'e fu tradotto fino
dal 1845 nella lingua tedesca ed illirica. Era una
prima parola di pace, un' arra dell' alleanza che
le nazioni finitime stringeranno un dì colla no-
stra. Le alleanze cominciano nel mondo delle idee
prima di compirsi sul terreno dei fatti.
Era ancor fresca la memoria di Gara Giorgio
Notizie poiiticlie.
AUSTKiA.
Vie lina 27 dicembre. Le riforme dol Governi)
pontificio abbracciano T amministrazione dello fi-
nanze, la polizia e il militare. La Russia parte-
cipa le vedute della Francia relativamente alla (pie-
stione romana. Il ministro Bach ebbe incaiico di
congratularsi con Sua Santità per le riforme ac-
cordate. Il Papa regalò 10,000 franchi agli ar-
tieri bisognosi delle fabbriche di Rouen, esprimendo
verso Druyn de Lhujs il dispiacere che F attuale
ristrettezza delle sue finanze non gii permette di
mostrare in maggior grado la sua gratitudine verso
la Francia.
Vienna, 29 dicembre. Ieri al ministero di raa,-
rina fu aperta la sezione della marina commer-
ciale. (Guzz. del popolo.)
ITALIA.
Napoli 26 dicembre. Rapporti ufficiali dei sot-
toprefetti di Ariano e Nola costatano il felicis-
simo successo della leva.
Il capobanda Cucito, autore dell'assassinio del
sindaco di Mola di Gaeta, ari-estato sul teritorio
pontificio, venne consegnato dai francesi alle no-
stre autorità, e tradotto a Santa Maria per es-
sere processato.
Cagliari, 2'ò dicembre. Il generale Garibaldi è
giunto ieri a Caprera.
Roma, 25. — Sua Santità, essendo leggermente
indisposta, non potè pontificare nelT odierna solen-
nità: tuttavia, domani riceverà il corpo diplomatico.
•• ' FRANCIA " -
Parigi 24: dicembre. Si ha dal Messico che gii
arcivescovi di Gunajuato, Lerida e S. Luis scrissero
al generale Forey, offrendogli l'appoggio del clero.
Parigi, 25 dicembre. — Il bollettino del Mo-
ni t>ur dice che il nunzio apostolico rimise al sig.
Drouyn de Lhuys 10,000 franchi per gh operai
della Senna inferiore. Nel presentare questo do-
no, il nunzio di Sua Santità disse non potere,"
atteso lo stato delle finanze, spedire un'offerta
più considerevole ; ma volere testimoniare con ciò
la sua simpatia pel popolo francese e la sua gra-
titudine per le prove di devozione jicevute dalla
Francia.
La France afferma che due grandi potenze in-
teressate si oppongono alla cessione delie Isole
Ionie, adducendo che diventerebbero un centro per-
e di Milosio, che aveano sveghata la Serbia dal
lungo sonno. Reggeva la Croazia il bano Jeliacich,
poeta e soldato, che poteva essere il Marco Cra-
lievich della Slavia meridionale, e ci avea dato
qualche segno d'intendere la sua missione . . .
.Gli
eventi di quell'epoca softbcarono questo germe, o
almeno ne ritardarono lo , sviluppo. Ma il germe
vive, e ciò che l'aride per avventura non potò
fare, faranno i comuni pericoli e gì' interessi comuni.
Non mi pento di aver composto il Marco Cra-
lievich, qualunque sia per essere la sua fortuna.
Nè mi starò dal dar l'ultima mano al mio Gio-
vanni Corvino, {ìev i'iiv conoscere all' Italia un
eroe ungherese, dopo d' aver abbozzato il tipo
deWErcole serbo. Che volete, mio caro Filippi!
seguo il mio vecchio istinto di rompere il ghiac-
cio, a rischio d'insanguinarmi le mani e di re-
stare sommerso sotto i densi e gelidi strati. Per-
chè la critica milanese si divertirà a gettarmi dei
sassi, anziché porgermi la mano ed aiutarmi nel-
opera buona?
Milano, 23 dicembre 1862.
F. Dair Ongaro,
Zara 7 Oennaio Anno l¥o
a Voce
Prezzo d'associazione in valuta austriaca prr
Zara: per un anno fiorini 8; por sci mesi fiorini i;
per tre mesi fiorini 3. Pel rimanente delia Provincia
a fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
soldi òO; per tre mesi fioi-ini 3:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi inargento, fran-
che del porto-posta.
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I {eruppi e le commissioni, franclii dellp spcs«
postali, si dirigono ni ZAVA a Vincenzo Uuplanc eli lle-
dattore della Voce Baliiuitiini. e ^li nbbuonamenti, ai
negozii librarli dei sia;nori fratell: Battara e Pietro
Abelieli. Gli avvisi di 8 linee costano 1 fiorino, e ogni
linea di più soldi (Ì.JjU tassa di linanza resta a carico
di.l committente. Un numero separato costa soldi 10.
Crediamo non inutile di riportare il seguente
ri<assiinto della Perseveimnza sugli avvenimenti
d'Italia del 1862.
L'Italia nel 1862.
Eccoci al nostro solito rendiconto, al nostro
periodico esame di coscienza. Ad ogni anno che
passa, noi guardiamo affannosi al solco che ha la-
sciato. Noi vorremmo chp, nell' aspro e periglioso
cammino, l'Italia potesse contare ogni anno una
clifticoltà superata; vorremmo che non avesse mai
a ripetere per uno de'suoi anni la frase di rim-
pianto che rese per sempre memorabile uno dei
giorni di Tito.
Può egli dirsi che quel sublime rimpianto debba
essere l'unica epigrafe da collocarsi sul feretro
del 1862 ? Non lo crediamo. Se l'anno ora scorso
non fu di risultati fecondo, fu, in quella vece, ric-
chissimo di esperienze ; e, nella lunga vita dei
popoli, le seconde valgono, bene spesso, i primi.
S'è detto, da nemici e da amici, che dopo la morte
di Cavour, l'Italia non aveva più fatto un passo,
nè ottenuto un vantaggio. Errore. Dopo la morte
di Cavour, gl'Italiani furono educati alla scuola
del dolore, questo possente levigatore delle anime
grandi. Noi non ebbimo piìi, come ai tempi del-
l' eminente statista, il vanto di segnare i passi
colle vittorie. Ma le popolazioni, cessando di ab-
beverarsi alla tazza inebbriante della fortuna, ap-
presero che i grandi successi non si mantengono
senza grandi e durevoli sforzi. Ciò che perdemmo
in facilità di trionfi acquistammo in serietà di ca-
rattere e saldezza di tempra. Non più minacciati
dal pericolo delle vertigini, abbiamo imparato che
non si rinnovano ogni anno Solferino, Marsala,
Castelfidardo. E dallo stesso rovescio delle illusioni
nostre attingemmo la fede nei principii, la fer-
mezza nei propositi, la pazienza e il coraggio ne-
cessari a ottenerne il compimento.
L'anno 1862 era incominciato con lieti auspi-
eìi Dalla pubblicazione della corrispondenza di-
plomatica scambiatasi fra il sig. di Lavalette e il sig.
Thouvenel traspariva chiaro il concetto, sorto nella
mente dei due uominidi Stato, essere ormai disperato
ogni sforzo della polilica francese per trarre il
papa a consigli di moderazione e di pace. A que-
sta convinzione aggiungeva forza la confessione
fatta alle Camere francesi dal ninistro Billault,
che l'occupazione di Roma era una violazione del
diritto nazionale dei Romani. E più confortavano
a speranza i discorsi pronunciati in Senato dal prin-
cipe Napoleone e dal sig. Pietri, in cui era franca-
mente richiesto l'abbandono della potestà temporale.
Questo complesso di fatti e di opinioni sem-
brava indicare che, nelle intime risoluzioni del Ga-
binetto imperiale, avesse finalmente prevalso il
pensiero di porre un termine all' occupazione di
Roma; unica soluzione, che la logica impone alla
Francia, e il sentimento nazionale all' Italia. Nò
poteva dirsi, dopo tante istanze e dopo tante ri-
pulse, che quella soluzione non fosse matura. Se-
nonchè fiu d'allora cominciava a prevalere sul-
r animo dell' imperatore Napoleone l'influenza di
quella setta, che l'odio all'Italia abilmente na-
sconde sotto la preoccupazione di rehgiosl inte-
ressi. Di là quel giuoco perpetuo di altalene e di
contraddizioni, che informa da gran tempo quasi
ogni atto della politica napoleonica; di là quel
concerto di resistenze, che cominciarono e conti-
nuarono a strepitare, fin nei più intimi recessi
del palazzo imperiale, contro il pensiero di far
cessare, per qualsivoglia ragione, l'odioso assurdo
che obbliga i soldati di Francia ad essere in Ko-
ma gli sgherri del cardinale Antonelli.
Sventuratamente, a questi sforzi della fazione
clericale e legittimista in Francia porgeva ina-
spettato sussidio l'indirizzo preso, a quei dì, in
Italia, dalla politica interna e la situazione parla-
mentare del gabinetto Ricasoli.
Ognun vede che tocchiamo qui a un punto
delicatissimo, la cui storia vera e completa è an-
cora ben lungi dall' essere fatta. Avversari della
amministrazione testé caduta, a noi corre il de-
bito d'essere ben parchi di biasimo verso coloro
che hanno subito il giudizio del Parlamento e
della nazione. Però i fatti non abbisognano d' al-
cun commento, e, nel breve riassunto che stiamo
per esporre, cercheremo di ricordarci che oggi
non siamo più nel campo della polemica, ma in
quello della storia.
La situazione del gabinetto Ricasoli s' era fatta
difficile sino dal giorno in cui 1' onorevole Min-
ghetti aveva abbandonato il portafogli dell' interno ;
0, per rimontare più addietro, sino dal giorno in
cui r onorevole Rattazzi era tornato dal suo viag-
gio a Parigi, forte degli appoggi francesi e dei
colloqui avuti coli' imperatore Napoleone.
Quel viaggio e quei colloqui avevano dato a
Rattazzi un posto eccezionale nella politica par-
lamentare. Non era più possibile che il barone
Ricasoli assentisse a dividere il potere con un
uomo che, a torto o a ragione, si presumeva de-
positario di secreti diplomatici della più alta im-
portanza. Non era possibile che una crisi ministe-
riale desse agio al Rattazzi stesso di assumere
immediatamente le redini del governo, giacché la
maggioranza era allora compatta intorno al ba-
rone Ricasoli, e sarebbe stata indignatissima di
un mutamento ministeriale, che poteva sembrare
inspirato dall'improvvido zelo di alcuni giornah
stranieri. D'altra parte gh antecedenti politici del
signor Rattazzi, la sua ambizione, il complesso
delle sue relazioni personali, la memoria delle sue
opposizioni a Cavour gli rendevano impossibile il
sedere a capo della maggioranza parlamentare;
chè anzi il suo posto di presidente della Camera
gli era pretesto a serbarsene completamente ap-
partato. La situazione del signor Rattazzi era dun-
que inevitabilmente quella di un erede presuntivo
del Ministero : e, malgrado l'appoggio apparente
che i suoi voti pariamentari davano alla politica
ministeriale, le rivelazioni del deputato Nicotera
provarono poi che l'impazienza dell' erede era per
lo meno assai viva.
Ognuno vede di quanto pregiudizio dovesse tor-
nare un tale stato di cose alla libera azione del
gabinetto Ricasoli. Minato a dritta da intrighi con-
servativi, a sinistra da intrighi democratici, rim-
proverato dagli uni d' essere troppo rigido ne' suoi
rapporti col gabinetto francese, dagli altri di non
essere abbastanza deferente alla politica del gene-
rale G-aribaldi, il barone Ricasoli vedeva con sor-
presa tutte le speranze e tutte le ambizioni, ben-
ché opposte fra loro, metter capo ad un uomo, che,
colla stessa riservatezza del suo contegno, sembra-
va accettarle tutte e a tutte offerirsi mallevadore.
E quest' uomo inoltre era stato ed era onorato da
amicizie così influenti e così illustri, che le stesse
innegabili sue doti vi attingevano uno smisurato
aumento di riputazione e di autorità.,
Contro queste difficoltà lottava energicamente il
barone Ricasoli, forte della rettitudine de' suoi in-
tendimenti e della sua divozione all' Italia costi-
tuzionale. Senonchè la marea, come diceva egli
stesso, andava innalzandosi ; la maggioranza, scom-
buiata da così contrarie correnti, attiepidivasi ; gli
amici di Rattazzi spargevano a diritta e a sinistra
promesse magnifiche, e lasciavano intendere che
la sua comparsa al potere sarebbe stata il magico
segnale di una concordia imponente dei partiti in-
terni, e di un indirizzo diplomatico così efficace,
da condurci, senza troppi ostacoli, al lieto compi-
mento dei nostri destini. Allorché il commendatore
Minghetti abbandonò, nell'ottobre 1861, il porta-
fogli dell' interno, la crisi incominciava. Il barone
Ricasoli avrebbe avuto bisogno, per affidare a ma-
ni robuste quel dicastero, di poter dare la sua
dimissione e ricomporre in modo più omogeneo
r intiero suo gabinetto. Questo egli sentiva impos-
sibile, davanti all'attitudine assunta dall'onorevole
Rattazzi e alle influenze che lo patrocinavano, on-
de, dopo altri quattro mesi di una combattuta au-
torità, noiato da un equivoco che ripugnava alla
sua franca natura, desideroso d'impedire, se pur
era possibile, una fatale scissione della maggio-
ranza liberale conservativa, nel febbraio 1862 il
barone Ricasoli abbandonava il potere. Lo raccolse
senza contrasto il commendatore Rattazzi.
Fino d'allora non mancarono gli ammonimenti
e le previsioni. Quelli che del governo di Rattazzi
avevano potuto far prima una qualche esperienza,
non omisero di parlare francamente a coloro cui
quel nome presentavasi nuovo e favorito dal pre-
stigio dell'incognito. Ci ricorda che noi non na-
scondemmo i nostri timori; dissimo che l'onore-
vole Rattazzi, fornito quanti altri di patriottismo
e d'ingegno, non era, per le sue speciali attitudini,
l'uomo da potersi incaricare della presidenza di
un Ministero; dissimo che, per una deplorabile
combinazione, attorno il nome di Rattazzi s' agi-
tava e s'agita ordinariamente una folla d'influenze
secondarie, le cui guarentigie morali e intellettuali
non sono sempre le più sicure; dissimo che coi par-
titi politici egli soleva usare ora troppa indulgenza,
ora violenza eccessiva ; che il suo sistema di ap-
poggiarsi alla protezione napoleonica e alla pro-
tezione garibaldina ad un tempo era necessaria-
mente fallace, e che la forza delle cose ci avrebbe
condotto in breve a rompere violentemente o col-
l'uno 0 coir altro, e forse coli'uno e coli'altro. ^ ^
Di queste facih profezie, che noi e gU amici
nostri vedemmo poi con dolore sì tristamente av-
verarsi , fu, dagli amici del Ministero, cercata la
spiegazione in rancori privati, in ambizioni deluse,
in ispiriti di consorteria. Oggi, che la verità s' è
fatta luce e 1' esito ci ha dato ragione, noi non
ripagheremo della stessa moneta. Diremo solo che
gli amici del ministero Rattazzi si sono ingannati
nel patrocinare una combinazione impossibile, e
che speriamo non abbiano quind' innanzi a ripro-
dursi errori così fatali.
n Ministero aveva cominciato con un atto sa-
vio e vigoroso : la fusione dell' esercito meridio-
nale ; però le conseguenze del nuovo sistema po-
litico non tardarono a manifestarsi. Il generale
Garibaldi abbandonava, in quei giorni, Caprera e
sbarcava a Genova, colla ferma intenzione di trat-
tenersi sul continente. Dopo la pubblicazione del-
l' opuscolo di Celestino Bianchi, dopo le rivela-
zioni fatte, intorno a tale argomento, dai perso-
incivilito; perciockè è da ritenersi che, sotto l'in-
fluenza del dominio romano uell' Illirico, molti de-
gli Slavi si saranno convertiti al cristianesimo
prima della conversione dei Croati e dei Serbi;
e la storia ci offre di questi esempi.
Si può sostenere che la lingua or dominante
in Serbia e Croazia, non fu la lingua portata in
quella invasione; e, nel principato di Serbia spe-
cialmente, sonovi dei dialetti, che meno degli altri
della Slavia meridionale si accostano alla lingua
slava antica, o ai dialetti nordici or vigenti; men-
tre nella Croazia dvile o provinciale, nel nostro
isolarlo, e in alcuni luoghi del litorale, si man-
tiene da secoli un dialetto, che conserva la forma
antica, il che dipende dall' isolamento in cui si tro-
varono i popoli che Io parlano.
È da rimarcarsi che quei del principato gene-
ralmente non fanno sentire il suono della lettera
gutturale H, che si pronunzia con forte aspira-
zione dalla maggioranza degli Slavi in moltissimi
vocaboli; e, oltre alle molte variazioni nelle desi-
nenze, pronunziano la si, come p. e. nelle parole
Sleta, slap, ecc. propria solo ai Bulgari, mentre
da noi si sente comunemente la U: sórto, séap,
il che è affine alla pronunzia della universalità
degli Slavi.
E lo stesso dicasi in parte dei Croati; i quali,
sebbene venissero con gran forze, non per que-
sto popolarono i paesi che ora portano il loro
nome, come se fossero stati spopolati ; perciocché
eglino pure si divisero ; una parte rimase in Dal-
mazia, r altra si sparpagliò fino alla Drava ; e la
loro primitiva lingua dovette subire più o meno
delle variazioni secondo i dialetti predominanti
che vi trovarono; ed è questa la cagione che in
Slavonia, nel Sirmio, nella Croazia militare, tutte
terre assolutamente di dominio antico croato, si
parla un dialetto, e nella Croazia civile un altro
ben fra loro differenti; e il nome Slavonia ven-
ne applicato dai re ungheresi a quella parte
che era realmente parte della Croazia. E i Croati
hanno il vantaggio sui Serbi di aver siibito dap-
principio imposto il loro nome, che tuttodì si con-
serva, alle Provincie conquistate, compresa anche
la Dalmazia mediterranea oltre il Cetina, perchè
Imoski era lor zupania, e quella parte della Bos-
sina che ò tra il Verbas e i Confini militari, che
si chiama Croazia turca; mentre i Serbi non nn-
posero il loro nome alla Bossina, all' Ercegovi-
na e ad alcuni altri paesi. E con ciò io non ho
esaurito la materia in discorso; ma solo di tratto
in tratto aggiungo qualche prova, onde rischia-
rare la nostra nazionalità, che ora è in contrasto
in punto di origine e di titolo, il quale deesi cir-
coscrivere unicamente a quello di un antico dominio.
Spalato, H 5 gennaio 1863.
Prof. A. KUZMANIGH.
sociale
Spalato, 31 dicembre 1862.
Non avrei mai creduto che le lagrime di do-
lore versate sulla tomba d'un onorevole amico,
m' avesser dovuto obbligare a giustificarmi delle
massime da me professate ; ma tant' è che su que-
sta misera terra bisogna piangere e combattere.
Le sinistre interpretazioni date alla mia lettera
20 dicembre corrente inserita nel n. 64 della Vare
Dalmatica, mio malgrado mi costringono a svilup-
pare quei pochi concetti che ivi accennai, affine
di tutelare 1' onestà del mio carattere, che mi è
più cara d'ogni altro bene. Tre erano i punti
culminanti di quel mio scritto :
la convenienza dell' uso della lingua slava nella
trattazione dei pubblici affari in Dalmazia, relati-
vamente alle attuali condizioni del paese nei rap-
porti dell'intelligenza e della politica sua situa-
zione: le mie idee sui due partiti autonomo e
nazionale in cui ora è divisa la pubblica opinio-
ne : il desiderio di veder ripristinata la concordia
per poter cooperare, con unità di forze, al nostro
pubblico bene.
^ Quanto all'ultimo, credo che ogni onesto citta-
dino debba apprezzare le mie pure intenzioni.
Quanto al primo, è fuor di dubbio che l'intel-
Jigenza ha sempre e dovunque diretto il progresso
è un fatto che la nostra intelligenza
sia oggidì quasi tutta di educazione italiana, e
finché ella non potrà e non dovrà venir sostituita
dalla educazione slava, noi cometteremmo niente
meno che un suicidio coli'abolirla.
Quanto al secondo punto, ho detto che io non
voglio npparlen're a verua jvirtito Iranne a quello
della ragione va u o'Jnseata dalle nebbie delle pas-
sioni.
E lo ripeto. Ben mi sarei astenuto dal dire
assolutamente di non voler appartenere a veruu
partito, perchè so che non si dicono gratuita-
mente sciocchezze.
Ogni uomo intelligente deve avere un' opinione
politica e queir opinione è l'impronta del suo ca-
rattere. Ma quando dissi che io voglio appartenere
esclusivamente al partito della ragione, mi pare
aver spiegato abbastanza di voler stare con tutti
coloro che alla ragione si attengono, senza riguardo
se essi sieno od autonomi o nazionali. E il par-
tito della ragione credo sia quello che, indagando
con calma la situazione delle cose, cerca quel giu-
sto mezzo, ossia quel punto massimo di sociale
equilibrio, in cui trae dal presente il miglior bene
possibile per farne base della prosperità avvenire.
Sulle lunghe lotte sociali vince sempre il princi-
pio dell'ordine. La storia luminosamente ce Io
attesta. E, per non ricorrere ad esempii antichi.
Napoleone, dopo la rivoluzione, organizzò la chiesa
in Francia col concordato del 1802 e l'Impero
ereditario nel 1804, e furono questi i due atti che
fondarono la sua potenza. ^—• La prudenza deve
consigliarci di nulla arrischiare che possa condur
a ruina, ma ad usare di quei mezzi che ne è
lecito disporre col maggior profitto possibile, in-
sistendo con franchezza e lealtà perchè si stabi-
liscano quelle instituzioni che il razionale progre-
dimento esige, ed allo quali, o prima o dopo, i go-
verni denno prestar esaudimento, essendo questa
una necessità politica della loro stessa conserva-
zione.
Il partito autonomo accettò i principii fonda-
mentali del 20 ottobre e del 26 febbraio, e con-
corse all'opera che il governo si propose, dello
sviluppo degli interessi delle singole provincie, ran-
nodandole in una forza centrale.
Il partito nazionale voleva in vece lo sviluppo
degli interessi della Dalmazia coli' annessione alla
Croazia, preferendo al sistema centralizzatore il
sistema federativo. Ma come si può presumere di
obbligare il governo ad un sistema che egli ri-
pudia, se non riuscirono a costringerlo nò Croa-
zia stessa nè Ungheria. ?
Tutti due però questi partiti hanno in se stessi
e nelle loro tendenze del buono e del profittevole.
L'autonomo nel coglier occasione dalle conces-
sioni governative, per sviluppare, nelle piìi ampie
forme, gli interessi del paese ed educarlo nei di-
ritti politici.
Il nazionale nel destar le scintille di quel sacro
fuoco che riscalda la vita delle nazioni, senza cui
elle sarebbero un freddo cadavere, e nell'insistere
pella diffusione e pello sviluppo della lingua slava,
unico mezzo a sollevare il popolo nostro dall' ab-
bieta coudizione in cui langue, ed educarlo al
sentimento della propria nazionalità. Lungi dall'es-
sere ostile e riprovevole questo sentimento, il go-
verno deve apprezzarlo siccome molla la pii^i po-
tente alle grandi e nobili azioni, al risorgimento
degli stati — vuoisi soltanto dirigerlo con accortezza.
Ecco dunque spiegato in che cosa io sto con
ambi i partiti -— col primo nell' assecondare il prin-
cipio del governo e lealmente aiutarlo — col se-
condo nello sviluppare e diffondere il sentimento
e la hngua nazionale slava — ossia sto colla parte
ragionevole d' entrambi, e credo senza contraddi-
zione.
La Provvidenza, suprema regolatrice del progres-
so, condurrà, senza dubbio, col maturare de'tempi
e degli avvenimenti la grande famiglia umana a
quello stato di civile perfezione cui tende, e se uno
dei mezzzi più efficaci per giungervi fosse quello
di costituirla per nazioni, in allora tanto il partito
autonomo quanto il nazionale, nei sensi esposti,
avrebbero preparata la patria nostra al suo grande
avvenire.
E dall' una parte e dall' altra vi sono uomini
per dottrina, per ingegno, per onestà rispettabi-
lissimi , uomini che altamente onorano il proprio
paese, che lo amano e vogliono il suo bene, vi-
cino ad essi sorge quella eletta schiera di giovani
animosi ed intelligenti che, coli'ardore delle ver-
gini loro anime, ci assicurano come il sacro fuoco
dell' amore alla propria nazione non si estinguerà.
E gli uni e gli altri aiutandosi lealmente ed ef-
ficacemente in così nobilissimi propositi potrebbero
metter solide basi al bene avvenire dei figli nostri
—• e poiché nella loro sfera d'azione non vi po-
trebbe essere urto nè contraddizione, io perciò li
esortava a stendersi amica la mano, e cominciare
una volta a vivere in quella concordia senza cui
non havvi bene sulla terra. Il vangelo, comunicato
agli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi, di-
venne principio di civilizzazione generale e per-
fettibile, perchè predicò l'amore e i a carità ; quelle
firtù cioè che rendono felici e perfetti l'individuo,
la famiglia, la società.
In mezzo al frastuono delle rimbombanti de-
clamazioni di libertà, non siano tanto idolatri di
questa seducente Dea, ma occupiamoci di prefe-
renza a studiare praticamente questo importante
problema: Come debba e possa una nazione op-
portunemente formarsi, onde il suo preteso per-
fezionamento non degeneri in corruzione e rovina.
Ma asteniamoci dagli eccessi. Ricordiamoci che
molti dei moderni Edippi furono divorati dalle Sfingi
partorite dai loro cervelli. Pretendere di rigenerare
il mondo a forza di belle frasi è un errore. —- Ovo
manchino i sodi principii religiosi, sociali, nazio-
nali propri, poco possono le artificiali instituzioni.
E a questa sodezza di principii dobbiamo d'ac-
cordo prepararci.
L' egoismo che tutto concentra nell' individuo,
e r utopìa che tutto promette per la specie, s' al-
lontanano del pari dal retto sentiero, nè il primo
conserva, nè la seconda crea, ma distruggono en-
trambi.
Il correre in traccia di una perfettibilità forse
sognata e precipitosamente maggiore, è una trista
illusione.
Chi troppo furiosamente spinge al nuov^, può
anche, nel vortice del tempo, condurre a ruina. La
prima rivoluzione di Francia ne fu una grande e
terribile prova, e dimostrò al mondo che la reli-
gione garantisce l'osservanza del dovere — che
il trono rende stabile ogni istituzione. Io non in-
tendo fare il dittatore, io porto rispetto alle opi-
nioni di chichessia, ed espongo di buona fede que-
sti principi, onde ognuno si persuada che mio su-
premo desiderio è quello di raggiungere i mag-
giori vantaggi possibili dalla nostra pi-esente poli-
tica situazione col mezzo efficacissimo e santo della
nostra comune concordia. K voglio sperare che, que-
sta volta, ognuno mi avrà capito.
D.R GIOVANNI CAMBER.
(Nostra Corrispondenza).
Àrbe, 5! dicembre 18G2.
Al sorger del cristianesimo la Dalmazia, pella
sua posizione topografica, fu una delle prime che
intese il suo benefico influsso, e nel suo grembo
racchiude delle Chiese d' origine apostolica ; essa
pure ha avuto innaffiato il suo terreno dal san-
gue dei martiri, o in altri termini, coli' elemento
cristiano ha avuto civiltà sua propria. Ed è per-
ciò che le nostre tradizioni religiose sono cospi-
cue, e gli avanzi del sentimento meraviglioso de-
gli avi nostri restano scolpiti, a nostra edificazione,
nei superbi monumenti che d' ogni parte s'innal-
zano nella nostra provincia, e nei nostri statuti
spiranti un unzione religiosa senza pari, in uno
ad uno spirito d'indipendenza, che ne è il sino-
nimo. A concretare questo sentimento, sursero in
ogni luogo monasteri, confraternite, capitoli, e con-
seguentemente episcopati. Nell'anno 1830 in uno
a parecchi altri episcopati della Dalmazia, veniva
soppresso quello di Arbe, e, colla soppressione, si
videro tolti i beni annessi, ed il principio : chiesa
libera in libero stato, ha trovato la sua vera ap-
plicazione. Noi non sappiamo come il non mai ab-
bastanza compianto Cavour avrebbe attuato quel
la divisione francese, di gradire gli omaggi e gii
augurii più affettuosi e devoti.
Il Santo Padre, con voce alta e chiarissima, e
in bel francese, rispose con un discorso magnifico
die durò un quarto d'ora. M'è impossibile in-
viarvelo qual fu detto, perchè mi mancò l'agio
di stenografarlo ; £Ccovi p^rò i tratti principali, o
fiUneno quelli che la niemoria meglio conservò:
"Invoco le più elette benedizioni su questa
gloriosa armata francese : grande sui campi di bat-
taglia, ancor più grande qui, dove difende la li-
bertà della Chiesa, impedisce alla rivoluzione di
compiere il suo trionfo, e le vieta di conquistare
questa sacra città cui anela, non tanto per farne
la capitale di non m qual regno, quanto per di-
struggere, col dominio temporale, la libertà eccle-
siastica, anzi, se fosse possibile, la Chiesa istessa.
— Ma quest' armata possente fa come la parola
del Signore, che disse al mare : qui frangerai i
tuoi flutti. Io la benedico ; benedico questi degni
ufficiali e le loro famigli« ; benedico 1' ammirabile
{admirable) Episcopato e Clero francese, e tutta
ia Francia, questa grande e generosa nazione,
che ini dà prove sempre più assidue e generose
d'affetto. Benedico pure la Famiglia imperiale, e
specialmente l'imperiale fanciullo, al quale mi le-
gano pii^ particolari vincoli di parentela spiritua-
le. —^ Ma, come Padre universale de' fedeli, non
posso disgiungere dalla Francia i cattolici di tutto
il mondo, ai quali tutti di cuore benedico, rin-
graziandoli del generoso aiuto che danno a que-
sta Sede nelle presenti strettezze cui è ridotta. „
Qui il Santo Padre levò gli occhi e le mani
111 cielo, e diede alla sua voce un affetto inespri-
ìoibile, quindi soggiunse :
^Ed ah! perchè non posso io benedire ezian-
dio tutti gli altri].... i nemici ^i questa Sede, gli
nomini della rivoluzione^ miseri, ignari di ciò che
fanno ! Leggiamo nell' Antico Testamento che il
patriarca Giacobbe lottò lungamente nelle tene-
bre contro uno sconosciuto, poi, fattasi la luce,
e accortosi che era un Angelo, si prostrò r terra,
dicendogli: "non ti lascierQ sinché tu non mi ab-
bia benedetto^. Possano anche quei miseri cono-
scere l'Angelo contro cui lottano, che è la Chiesa,
e, prostrati, chiederne, colle parole di Giacobbe,
a perdono.»
Questo magro, ma non infedele sunto vi darà
appena un' idea della bellissima parlata ; Fimpres-
gione fu oltre ogni dire profonda.
^ In altra corrispondenza romana alla Gaz-
zetta di Torino troviamo, per opposto, il seguente
proclama pubblicato da quel Comitato nazionale :
Eomanl,
Tina prepotente forza straniera ha aggiunto an-
cora iin altr'anno alla storia del vostro servag-
gio, alla s^rie miseranda delle vostre sciagure.
Ha, per sollievo ai vostri dolori, vi si promettono
delle pretese riforme amministrative ; vale a dire,
la parziale ed effimera attuazione di una legge
municipale, promulgata a Gaeta sino dal 1849,
una modificazione dell' ordinamento postale, e la
privativa del sorteggio dei lotti. Ciò è quanto il
generoso governo di Francia ha ottenuto dal Pon-
tefice e dal Sacro Collegio dopo tredici anni di
occupazione militare ; ciò è quanto il Pontefice ed
il Sacro Cellegio han potuto concedere al gene-
roso governo di Francia, in benemerenza dell' aver
mantenuto il potere temporale in Roma contro
la volontà dei Romani.
. Romani ! La gratitudine vostra deve essere e-
guale per chi vi ottiene e per chi vi concede
cotanto beneficio!
È frase magnifica far la guerra per un'idea;
ma mantenere, colle armi, per tredici anni, un po-
tere riconosciuto inetto da quello stesso che lo
mantiene, condannato dalla intera Europa e ma-
ledetto da quelli che gli si trovano soggetti, è un
fatto che offusca qualunque più splendida luce di
gloria. Quando ragioni di alta politica impedisse-
ro di lasciare il governo papale solo di fronte a
quelli che chiama suoi sudditi, meglio sarebbe su-
bire in silenzio la triste necessità, di quello che,
in sembianza di benefattore, insultare ingenerosa-
mente alla miseria di un popolo che si tiene op-
presso. Insulto e scherno sono le ridicole riforme
che vi si promettono, come insulto e scherno sa-
rebbe pure qualunque altra riforma vi si conce-
desse.
La questione, che da anni occupa le nienti e
gli spiriti dell' intera Europa, non consiste già nel
sapere come il potere temporale debba seguitare
ad esistere, ma come quest' ultimo e tristo avanzo
del medio evo debba cessare.
Roma, che in tal questione è principalmente in-
teressata, Roma non può nè dimandare nè accet-
tare concessioni o riforme quali che siano. Essa
sente che suo primo e prepotente bisogno è quello
di appartenere alla nazione che la reclama ; e
quindi domanda che le sia lasciato libero 1' eser-
cizio del diritto di esprimere intera la sua vo-
lontà, domanda che anche per essa sia ricono-
sciuto ed ammesso il principio di non-intervento,
che cessi infine uno stato di cose che conduce
all' ultima rovina le pubbliche e private fortune, e
getta nel lutto e nella disperazione migliaia di
famiglie.
Ciò è quel che Roma ha le mille volte doman-
dato per vostro mezzo, o Romani, sia cogli indi-
rizzi al Re d'Italia ed all' Imperatore dei Fran-
cesi, sia colle splendide dimostrazioni, l'importanza
ed il significato delle quali fu constatato dinanzi al
Senato di Francia dagli stessi ministri dell'Impe-
ratore.
Perchè le vostre domande ed i vostri reclami
siano rimasti ancora insoddisfatti, non deve, o
Romani, scemarsi in voi la fede, la certezza che
il giorno della giustizia verrà. Vogliano o non
vogliano i prepotenti della terra, l'Italia esiste per
virtù propria, non per grazia o beneplacito di
chicchessia. Quando una nazione conta ventidue
milioni di abitanti concordi di pensiero e di vo-
lontà, un esercito prode ed agguerrito, ed un re
che si chiama Vittorio Emanuele, non può dubi-
tare delle proprie sorti. L'Italia è per la massi-
ma parte in mano degP Italiani e dal sonno e
dalla virtù degl'Italiani dipende il trarre a com-
pimento la grand'opera del riscatto e della uni-
ficazione nazionale.
Anche a voi, o Romani, è assegnato in essa il
vostro compito. Molto attende l'Italia dal vostro
senno e dal vostro civile coraggio. Sebbene il vo-
stro Comitato, per prove recenti, non possa du-
bitare che nè le giuste impazienze, nè le soffe-
renze troppo prolungate v'indurranno mai a com-
promettere la vostra causa, pure stima utile l'e-
sortarvi nuovamente a non dare ascolto a chi
tenta di trarvi a fatti riprovevoli. Non per gU ec-
cessi colpevoli, 0 per intemperanze di pochi in-
dividui, potrà liberarsi la patria ; ma colle prove
ripetute di coraggio civile, colle costanti manife-
stazioni della vostra volontà. Verrà il giorno di
queste prove, e sarà quello il giorno di dare d-
voi degno spettacolo all'Europa. Respingete dun-
que risolutamente ogni suggestione di amici mal-
cauti, ogni provocazione di nemici insidiosi. Ri-
spondete ai primi, che solo colla abnegazione e
col sagrificio i popoli si redimono a hbertà; ai
secondi, col sorriso del disprezzo. Infatti che fa a
voi se cento bocche, fra stupide o venali, accla-
mano al papa-re^ se una schiera meschina e co-
darda di impiegati famelici e di nobili ignoranti
si fanno campioni del potere temporale ? Razza
d'uomini moralmente evirata non può dare ad
un cadavere la vita che non ha.
Coraggio e senno, o Romani ! troppo anormale
è la vostra condizione, perchè possa durare lun-
go tempo. Sta per voi V Italia ed il suo Re, l'Eu-
ropa civile e la sua opinione. Proseguite adun-
que fiduciosi e concordi; tenetevi pronti a com-
piere con fermezza e coraggio quanto può gio-
vare alla gloria ed alla liberazione di Roma; chè,
se può tardare, non può fallire il giorno in cui
il sole della libertà splenda sfolgorante sulle ci-
me dei sette colli.
Viva r Italia! Viva il Re!
Roma, 30 dicembre 1862.
H Comitato nazionale romano.
FRANCIA.
Parigi, 6 gennaio : Il Constituzionel reca quanto
segue :
A Belgrado si è molto allarmati della concen-
trazione di truppe turche alla frontiera Serba. Que-
ste truppe non solo non sono state diminuite in
seguito alla transazione stipulata fra la Porta ed
il principe Michele, ma ricevono invece dei rin-
forzi continui a dispetto della cattiva stagione. Da
un' altra parte, in Bosnia l'agitazione cresce ra-
pidamente, e si cerca d'aizzare a tutt' uomo il fa-
natismo monsulmano contro il governo cristiano
dei Serbi.
Noi ignoriamo se le relazioni che reca il a/z-
derer intorno alle provincie turche Hmitrofe alla
Serbia siano vere o meno; ma siamo però certi
che la Porta non vorrà tentar niente contro quei
principati, i cui diritti sono garantiti dai trattato
di Parigi. Attaccare la Serbia, sarebbe quanto at-
taccare tutte le potenze segnatario del trattato.
A Costantinopoli non lo dimenticheranno di certo.
— Leggesi nella France:
Tutti i ministri hanno presentato dei rapporti
speciali; che serviranno per formare un rapporto
generale sulla situazione interna.
Altra del 7. Leggesi nella Franco d' oggi: Di-
spacci di Costantinopoli assicurano che il cangia-
mento di ministero fu diretto contro coloro i quali
volevano menomare l'autorità del Sultano. Il nuovo
ministero non è favorevole all' influenza russa.
La France dice che le riforme pontificie furono
fatte senza condizioni. Secondo notizie d'America,
i negri possono diventare per legge cittadini degh
Stati Uniti.
SPAGNA.
Madrid, 5 gennaio-Assicurasi che Coello, amba-
sciatore a Bruxelles, abbia dato le sue dimissioni.
Il generale O'Donnell ha ricevuto dalla regina
nuore prove di fiducia.
Furono presentati alle Cortes i progetti di mo-
dificazione nelle tariffe doganali sul ferrro, sui co-
toni ed altri articoh.
INGHILTERRA.
Londra, 8 gennaio. I giornali di Nuova-York
del 27 dicembre assicurano che la situazione del-
l' esercito francese nel Messico è critica. Le ma-
lattìe decimano le file di esso. Le vettovaglie scar^
seggiano; in seguito anche furono mandati agenti
a Nuova-York per acquistarvi provvigioni. L'in-
viato degh Stati-Uniti nel Messico protestò che
Seward non interverrà.
Altra delV iitessa dala, (Dalla France). Tutti i
ministri consegnarono i rapporti speciali del lor
ministero per formare il rapporto generale sulla
situazione interiore ; questo rapporto verrà distri-
buito alle camere. Lettere dà Vienna recano che il
conflitto austro-prussiano sarà allontanato mercò
un prossimo compromesso. L'ambasciatore prus-
siano a Parigi, co. Goltz, è giunto ; le sue istru-
zioni sono improntate della più profonda simpatia
per la Francia.
La France dicesi incaricata di smentire la no-
tizia d'un viaggio di Vittorio Emanuele a Parigi,
e d' una missione del sig. Nigra a Torino
Londra, 7 gennaio. L'odierno London Gazzet-
te reca :
Elliot presentò un memorandum al governo gre-
co : La regina desidera di promuovere la prospe-
rità dei greci. Il governo provvisorio si è pronun-
ciato per il mantenimento d'una pacifica monar-
chia costituzionale. Se l'assemblea nazionale scio-
glierà questa promessa eleggendo un sovrano i-
nappnntabile, la regina esporrà agli ionii il desi-
derio di unirgli alla Grecia, e, se questi vi con^
sentiranno, chiederà il consentimento delle grandi
potenze. L'annessione verrebbe abbandonata se si
eleggesse un principe inclinato alla rivoluzione e
ad una aggressione contro la Turchia. La regina
attende l'elezione d'un principe tollerante, pacidco
e costituzionale.
Tipografia Fratelli BATTAJ^, Ymmzo PUJPM^CIOH Redattore respon&auiie.
titilla patente promulgata sotto i suoi auspicii. Quantunque
tifl SI brusco passaggio possa da taluno venir ta-cciato
4Ì'esagerazione, esso non cessa d'essere uu siraoi«^ si-
gnificante dell'impressione prodotta all'estero dulie -misare
non troppo libernli del nostro gabiaetlo.
Qual ne sarà poi l'impressione in Ungheria? Puos^i
farse io ta'l gaisa lusingarsi di giungere alla soluzione
titilla questiofle la più vitale <lella monarchia? Cli organi
officiosi ed ispirati hanno un bello spargere notizie color
di rosa, che non hanno nu-ila <ii vero all'infuori del de-
siderio del loro realizzarsi e p-redire la prossima apertura
della Dieta ungarica: perchè ciò possa aver luogo e con-
durre ad un ravvicinamento durevole, ««nviene preparare
il terreno col battere una via costantemente liberale, an-
zici'hè limitarsi a far pompi, quando si traWa di votare
un bilancio, di principii che si pongono in non cale non ap-
pena chiusa 1* sessione parlamentare.
Poiché vi Ino parlato dell" apertiara della Dieta ungarica,
non posso passare sotto silenzio una poleinica insorta
quest' ultimi giorni fra la Corrispondenza generale e la Cor-rispondenza Seharff. La Corrispoadenza Seharff fino a po-
che settimane or sono, sovvenzionata riccauiente, a quanto
tlicesi, dal gtìvemo. da cui riceveva ispiraziosi, soccom-
bette agli intrighi ed ai raggiri. La Corrispondenza gene-rale succedette al suo posto, prese forme e maniere of-
lìciose, ed a ragione, imperocché dessa, lo tengo da buona
fonte, oltre al ricevere una cospicua sovvenzione sta sotto
r immediata sorveglianza del Ministero. La Corrispondenza Schar/f a sua volta divenne bensì organo privale ed in-
dipendente, ma non si rifiutò dei resto dall' attingere
alla Cancelleria aulica informazioni e cenni, che la met-
tono a giorno di tutto quanto succede riguardo alla que-
stione ungherese. Ora la prima di queste corrispondenze
avendo, all'occasione dell'apertura ielle Diete provinciali,
spinto il suo ottimismo più o meno officioso fino a dire
che prima che queste volgano al fine deNa loro sessione
potrebbe ineominciar quella della Dieta ungarica, l'ultima
rispose con un articolo mordace ed ironico, nel quale
smentiva rotondamente ogni più lontana probabilità del-
l'avverarsi dell'ipotesi vagheggiata nei campi ministeriali.
La Corrispondenza generale ridotta al silenzio , cercò pal-
liare la sua sconfitta sconfessando quasi il carattere d'or-
gano officioso, locchè non rimase senza predurre sul pub-
blico una spiacevole impressione.
Il eonfììtt<3 che minacciava di scoppiare fra l'Austria e
la Prussia in seguito alh duplice conferenza tenutasi a
Vienna fra il conte Rochberg e il conte Werther , a
Berlino fra il Ministra Bismark ed il conte Karoly, sarà
bentosto appianato in seguito alla mediazione di alcuni
stati della Germania e grazie allo spinto di moderazione
jšpiegato dal nostro gabinetto. Si avrebbe torto però a
considerarlo come una nube di passaggio, imperocché
rantagonismo fra i due gabinetti avrà troppo spesso oc-
casioni d'inacerbirsi perchè sia cauto l'abbandonarsi a lu-
singhe di una completa coneiliazioae.
Milano 11 gennaio.
Dal ministero degl' interni furono diramate in questi
giorni diverse circolari, alcune relative al brigantnggio, al-
tre risguardanti il clero, ed altre infine aventi per iscopo
r armamento nazionale. In una di queste ultime, dopo ri-
ferite le operazioni che incombono ai consigli di ricogni-
zione per la formazione dei ruoli dei 2Ž0 battaglioni di
guardia nazionale mobile, il ministro incarica i prefetti di
voler sollecitare il compimento delle sovraccennate ope-
razioni, e li invita a voler fargli conoscere non più tardi
del giorno 13 corrente gennaio l'epoca precisa in cui i
lavori preparatorii per la formazione dei 220 b:ittaglioiìi
saranno ultimati. — Un' altra circolare poi promuove una
sottoscrizione a favore dei danneggiali dal briganla^ugio
nelle provincie meridionali. Tutti i giornali, non esclusi
quelli del ministero, fondandosi su altri esperimenti che
ebbero esito infelice, vaticinarono male per questo progetlo,
e dissero che l'Italia nun è mica l'Inghilterra o l'America,
soli paesi dove il sistema delle pubbliche sottoscrizioni ha
prodotto risultati soildisfacenti. E credo diiratti che il fi-
lantropico pensiero del ministro Peruzzi sarebbe rimasto
senza eftetto, se la generosa Milano non avesse anche
questa volta dato per la prima un esempio di patriottis-
mo che ora sarà emulato da tutte lo altre citià della Pe-
nisola. Airmdoitìani della pubblicazione della circolare mi-
nisteriale i tre grandi giornali di Milano iniziavano la sot-
toscrizione a sussidio dei napolitani con le seguenti ci-
fre: la Hedazione della Lombardia per fr. 550; quella
(lolla Ferseveranz-a |ier fr. 100; quella ( ella Cazzelta di Milano per fr. 100. Il giorno susseguente il Pungolo, il Lombardo e gli altri fogli più piccoli posero pure le loro
colonne a disposizione dei soscnttori, i quali affluirono in
modo così straoidinariK) che al presente (n<»lale che sia-
mo appena al secondo giorno.^ i milanesi hanno versato
più di 50,000 franchi, senza contare i 50,000 fr. notati
quasi all' unanimità quesf oggi dalla Giunta Municipale.
Andando, di questo passo fra otto o dieci giorni si toc-
cherà il milione. Le altre città d'Italia seguiranno l'e-
sempio dt'lla nostra, e fra un mese preparatevi a vedere
sui giornali delle cifre enormi. Vengano ora a dirci i nostri
nemici che l'unità d'Italia non si compierà inai! — Quando
un popolo dà simili prove di patriottismo e di abnega-
zione, non temete, la sma risurrezione è certa!
Non fu presa ancora alcuna risolu/.ione nel consiglio dei
ministri circa il giorno in cui si adunerà d Parlamento;
se le mie informa^itini sono esatte, credo di non errare
annunziandovi che la riapertura avrà luogo per i primi
giorni del venturo febbraio.
Notizie che ricevo da Parigi constatano la influenza
sempre crescente cfee le idee reagionarie esercitano sull'a-
nimo dell'Imperatore dei Francesi. Si dice ch'egli pensi
perfino a wsandare a Roma il principe imperiale per rice-
vere la cresima dalla mano del papa ! !
Garibaldi contigua a rimanere pacifico a Caprera, at-
torniato d^lle cure di otto o dieci de' suoi più inlimi a-
mici. Egli è ora quasi intieramente guarito e passeggia
per la sua stanza senza alcun impedimento. Alcuni dic-ono
che egli tra breve farà ura viaggio a Napoli.
(Jui a Milano avremo quest'.anno un carnovale brillan-
tissimo: tale almeno ee lo fanno sperare \é feste finora
date dal Prefetto, dal Sindaco, .del generale Petitti e dalla
Società del Giardino che riuscirono assai numerose e vivaci.
Anche quest'anno, come gli alki, il giornalismo ricevette
molte lettere d' invito.
schiude le porte, ve ne oflfre il mezzo. Essa vi
detterà leggi sicure per poter operare nei diversi
rami d'industria ai quali vorrete applicarvi, e
nel commercio ; vi additerà poi la via piìi retta
ad inoltrarvi, ove inclinazione vi trasporti ed il
genio v'ispiri, negli studii di più austere discipline,
e per tal modo avrà fatto di voi e intelligenti o-
peratori e sommi artefici.
Eccovi in poche parole esposto il quadro delle
vostre aspettative; ma V istituzione per sè stessa
sarebbe incapace di realizzarvele, nè basterebbe
la più sollecita cura e la più profonda scienza
degli istruttori vostri, ove un altro fattore non vi
cooperasse, e questo siete voi stessi. Voi dovete
concorrervi non solo colla vostra presenza, ma
con una decisa volontà di approffittare di tutto quello
che vi verrà insegnato. Perseveranza soprattutto,
e vi stia sempre impresso nella mente e nel cuore
queir aforismo del Pellico che „ il perseverare
è sempre bene fuorché nella colpa. „
Di che mezzi dovete giovarvi per sussidio a
questa volontà, eh' io vorrò senza fatica supporre
in ognuno di voi, eccovi in brevi cenni.
Iniliaa Sapienlice est timor Domini. Grande
sentenza 1 . ., fondamento d'ogni sapere è il ti-
mor di Dio.
Sì, dilettissimi, il primo mezzo è questo. Rico-
noscere Dio autore d'ogni nostro sapere ed infor- :
Notizie politiclie.
AUSTRIA.
Vienna, 9 gennaio. Questi giornali recano tele-
grammi suir apertura di dieci diete provinciali.
L'apertura seguì dovunque con solennità. Le stesse
proposte furono presentate a tutte le diete.
Altra del 10. Il muiìicipio deliberava d'inviare
una deputazione a S. E. il ministro Sclimerling per
ottenere la permissione di tenere adunanze elettorah.
mare così la morale alle leggi di lui; quando il
cuore è puro, anche la mente è più pronta a
qualunque disciplina per quanto seria si fosse.
Pretenderebbe il sofista che i cultori delle scienze
esatte nel continuo investigar delle cause per cui
la ritrosa natura palesa i suoi segreti intendano
indebohre, se non annullar affatto, la causa pri-
ma ; ma che sia falsa, che sia iniqua questa pre-
sunzione, senz' altra prova, io spero, lo vedrete da
voi medesimi. Nelle cose che di mano in mano voi
verrete ad apprendere, scoprirete palesemente il
nesso intimo della creazione, e conchiuderete da
voi soli che se v'ha classe d' uomini, la quale deb-
ba più lodar Dio, siete voi; voi, a cui più espli-
citamente si andrà rivelando la misteriosa architet-
tura del suo creato !
Vi ricordi che voi siete chiamati a comporre
quella massa della società in cui sta la vita rea-
le dell'essere civile , e che quindi se in voi la
morale non riflette i migliori suoi raggi, voi di-
venite, per naturai conseguenza, gU autori del
sovvertimento sociale.
Vi ricordi che, se Dio vi diede dei diritti sulla
società, vi impose non pochi obblighi ancora e
come cittadini e come sudditi ; obblighi a cui
siete tenuti di soddisfare con la più scrupolosa
esattezza, se volete il necessario, l'indispensabile
aiuto nelle azioai vostre e dalla patria, e dal So-
GERMANIA.
Berlino, 8 gennaio. Essendosi ammalato il re dei
Belgi, il professore Langenbeck è stato chiamato
a Brusselles per fargU un' operazione.
ITALIA.
Napoli, 7 gennaio. È ritornato il vascello inglese
San Giorgio, a bordo del quale trovasi il principe
Alfredo.
Altra delP istessa dala. Leggesi neWhi'lipendenle:
Alle ore sei pom., ieri 1' altro, nel palazzo posto
ai Banchi Nuovi, n.o 13, e propriamente nelle scale
del generale marchese Tupputi, veniva, da persone
rimaste ancora ignote, lanciata una bomba che
scoppiando faceva rompere molti vetri e cadere
poche pietre dalla soffitta. Del resto, nessuno fu
ferito, solo corse molta gente per sapere la cagione
del rumore.
Altra dall'8. L'autorità sorprese alcune corri-
spondenze borboniche da Roma, rivelanti gh sta-
tuti e la organizzazione di comitati reazionarii da
instituirsi in queste provincie. Quegli statuti furono
presentati nell'ottobre scorso dai duchi di Popoli
e Della Regina a Francesco Borbone, che U ap-
provava.
MUano, 9 gennaio. Rilevasi dalla Perseveranza
che in soli cinque giorni furono sottoscritti in Mi-
lano 76,000 lire in favore delle vittime del bri-
gantaggio nelle provincie meridionali.
Bari, 5 gennaio. Il capitano Bolosco, alla testa
di una sezione dei cavalleggieri di Saluzzo e di al-
cime pattuglie di guardia nazionale, incontrò una
banda di briganti comandata da Romano.
Successe un vivo combattimento: 20 briganti
furono uccisi.
Torino, 10 gennaio. V Opinione constata che la
situazione finanziaria permetterebbe al governo di
aggiornare l'imprestito al 1864. Tuttavia, consi-
derazioni politiche lo inducono a domandare subito
l'autorizzazione onde contrattarlo in momento op-
portuno.
Scrivono da Torino alla Perseveranza :
Nei giornali che difendevano 1' antico ministero,
si continua ogni giorno più a vedere una smania
di distruggere il nuovo. E questa smania mi pare
punto nascosa, nè tale da ammettere convenienze
di sorta. Tutta la macchina ora è in questo, nel
distruggere il Peruzzi, mettendolo in riputazione
di uomo non adatto a guarentire il partito liberale
e moderato. Il manubrio di questa macchina è il
procurare che nasca gara tra il ministro dell'in-
terno e il suo segretario generale, biasimando il
pri no e lodando ii secondo. La Discussione è tutta
dentro in questo lavorìo. È bene notarlo, e dire
anche che da questa intenzione procede ciò che
leggerete nel numero d'oggi di questo giornale,
che lo Spaventa si preoccupi, molto più del Pe-
vrano. Per soddisfar poi a questi obblighi, non
vi varrà la scienza; forza sarà die abbiate in-
formato il vostro cuore ai sentimenti del giusto
e dell' onesto, in una parola : che siate specchio
d' una fina morale.
Amore verso gh istruttori vostri e confidenza
nei dettami che da essi vi verranno porti, sia il
vostro secondo pensiero.
A chi vi presta un benché piccolo ufficio, siete
larghi in ringraziarlo ; vi salva taluno da un pe-
ricolo, e la vostra riconoscenza cessa appena colla
vita. Quanto non dovete adunque a coloro che, no-
bilitando il cuor vostro, sollevano la vostra mente
fino a costituirvi capaci di reggervi da sè nel va-
sto mondo con quella dignità che viene unica-
mente dalla coscienza di sapersi degni del posto
che la società vi destina ! Nò questa apologia in
favor nostro io intendo di farvi per nostro inte-
resse. Noi andremo superbi sì del vostro afletto,
ma lo desideriamo più per voi che per noi stessi.
Noi soddisferà la coscienza del dovere adempiuto
laddove voi, quando porterete amore agli istrut-
tori vostri, non solo darete segno di nobiltà d'a-
nitno che vi farà sempre più stimabili, ma avrete
colto ancora il vostro massimo vantaggio. Por-
tando amore ai vostri istruttori, tutte quelle dot-
trine ohe essi vi sapranno infondere scenderanno
iu voi con una scorix'volezza tale, che le vi pa-
lissiiiia in quanto, aborrendo da «goisticlie mire,
lieii conto di tutti gli interessi dalmatici, che
nessuno vorrà credere condensati in mi solo
punto, quantunque importantissimo. Si potranno
chiamare tali aspirazioni pazze e chiraeridie?
Io non lo credo, o sigood, Nell'epoca, in cui
viviamo, hen altd progetti, al cui annunzio le
labbra del saggio si aprivano ad un sorriso di mi-
sericordia, videro la luce del sole, e furono salu-
tati dalla incredula moltitudine eoi grido dell'am-
mirazione. A queste classe non appartengono quelli,
di cui ho r onore d'intrattenervi. —
Quantunque però la iniziativa fosse partita dalLa
nostra Camera, ho creduto che essa non potesse ba-
stare a tanto affare, né a muovere efficacemente
la pubblica opinione; e perciò ho ìni-ocato l'ap-
pogio di questo Municipio: cosa questa che mi pare
tanto pii^i importante, in quanto che vuoisi dar
merito al nostro egregio podestà conte Begna di
aver intravveduta la possibilità di una ferrovia nella
linea stessa aucor nell' anno 1856, allorquando nel
giornale ufficiale Osservatore Dalmalo n,r 74 dei
7 maggio 185G comparve un'articolo dell'altro
nostro dotto concittadino sig. conte Borelli, intorno
alla possibilità di una ferrovia, che partendo da Bel-
grado passasse presso Serajevo e giungesse al
r Adriatico in Spalato o Narenta.
Per tale guisa il centro della direzione dell' i
dea, od a meglio dire dei mezzi atti a darle corpo
dalla Camera di Commercio è passata a quella
autorità cittadina, a cui per la natura della sua
istituzione vuoisi sempre concedere il primo posto
quando trattasi dei nostri patrii interessi.
Senonchè è mio avviso che la Camera di Com-
mercio, come quella che è chiamata a vegliare prin-
cipalmente sopra gì' interessi commerciali, deve
prestare all'autorità cittadina tutto il concorso
tutta la cooperazione possibile.
A questo scopo ho creduto, o signori, dovervi met-
tere a parte dei passi intrapresi invocando la vostra
approvazione, ed inoltre affinchè mi vogliate auto-
rizzare di far conoscere al Municipio il vostro vivo
interessamento per la cosa, nonché la piìi ferma
vostra disposizione di secondarlo con tutti i mezzi
che stanno in vostro potere, movendo a vantag-
gio della medesima l'opinione di tutto il ceto com-
merciale ed industriale.,, —
L'adunanza desiderosa di manifestare al sig Pre-
sidente Abelich la propria approvazione al di luio-
perato, e dimostrargli l'illimitata fiducia che ripo-
neva nelle sue patriotiche intenzioni, il sig. con-
sigliere Luxardo facendosi l'interprete di quei sen-
timenti, rivolto allo stesso, si espresse nei seguenti
termini :
die la Camera altamente apprezzava la felice
idea di quella strada ferrata che colla sua attua-
zione avrebbe per sempre assicurato il più bril-
lante avvenire a questa diletta patria un dì, come
esso ricordava, sì potente e gloriosa; esserle si-
cura guarentigia dell'opportunità e giustezza del
concepimento, la scossa sì potente che il solo suo
annunzio avea dato agli spiriti, e le speranze de-
state noli' animo d'ogni ceto di cittadini. Elargiva
i più larghi encomi al sig. Presidente pel modesto
riserbo nel far di pubblica ragione le pratiche pre-
corse prima che avesse potuto presentare qualche
lusinghiero risultamento delle stesse.
Interessava esso sig. Presidente ad esprimere
al benemerito patrio Municipio la riconoscenza di
questa Camera pel zelo col quale venne in soc-
corso alla stessa in così patriottica impresa.
Lo incoraggiava a persistere con alacre volontà
e forte anùno nel bene incominciato affare, avendo
il suffragio di tutto il paese, e assicurandogli il
pili leale e sincero appoggio della Camera, la quale
con non dubbi segni gli avea fatto conoscere i
sentimenti che l'animavano.
Rifletteva che il sacrificio di se stessi, fatto pel
preteso bene dell' universale, appoggiato ad idee
asti-atte inattuabili utopistiche, non era nè eroico
nè virtuoso, ma da ritenersi invece per irragio-
nevole ingiustificato ed ingiusto, non riflettendo in
modo sensibile nel miglioramento dell'individuo
stesse* Non doversi scoraggiare pegli ostacoli che
si fr^ponessero all' attuazione di quel progetto,
€0)isi(}erand0 che mai sempre ed ora precipuamente
le conquiste nell'ordine materiale sono assai più
faciliche nell'ordine morale, non mancandone splen-
didi esempi tuttogiorno ; che il solo tornaconto è
arbitro assoluto in tali speculazioni, che questo
non potea mancare all'attuale impresa offrendo e^a
mezzo allo scioglimento del piiì interessante dei
problemi che tormenta in oggi l'umanità ed occa-
sione a sopperire ad una suprema necessità, al piij
facile modo di condurre l'Oriente coi suoi grani in soc-
corso all'Occidente, e questi a quello con la sua civiltà
ed industrie. Che la via più diretta e facile indubbia-
mente si è quella che venne ideata, poiché, oltre ai
grani dell'Ungheria Slavonia e Panato, salendo il
Danubio, dopo breve viaggio di mare da Odessa, i
grani di questo emporio imboccando la strada che li
condurrebbero a Zara, la quale pella sua felice posi-
zione, pelle magnifiche sue condizioni topografiche
potrebbe corrispondere ad ogni più grande sviluppo
ad ogni esigenza clic in avvenire potessero avere pel
nuovo indirizzo le relazioni ed i bisogni commer-
ciali, in poche ore si troverebbero in Ancona che
le stà di faccia, e da quivi mettendosi in comu-
nicazione col sistema di strade ferrate Italiane, in
breve ora pure a Genova ed a Marsiglia, nella
più vantaggiosa opportunità d'approvigionare la
Francia e V Inghilterra, evitando la fatale naviga-
zione del Mar Nero, ed abbreviando la via di più
che mille miglia nel traversamento di quel mare,
di quello di Marmora del Arcipelago greco, nel
giro dell'Elesponto e dell'Italia tutta, che non
riescirebbe, esponendosi a tutti i pericoli di una
sì lunga navigazione, alla quale quegli implacabili
mari esigono una miseranda annuale ecatacombe di
infinite vittime, che nel punto stesso ove per retta
via verrebbe far capo la strada in discorso. Pose
quindi termine al suo discorso augurando il più
fehce esito a quel progetto, a cui tutti i presenti
fiduciosi ed unanimi si unirono coi segni della più
espUcita approvazione.
diocesi di Sebenico, invitato dallo scrivente, venne
qui oggi per celebrare domani la s. messa in questa
chiesa di s. Pietro.
Si ha r onore di renderla di ciò a^Tertita ri-
verendola distintamente.
Siverich 3 dicembre 18G2.
V. Galvani.
Questa lettera che non è d'invito, ma di sem-
plice avviso, non contiene un'espressione che possa
suscitare l'irritabilità del parroco, lèdere o meno-
mare i suoi diritti, e non poteva quindi esser causa
del rifiuto.
Che il sig. F. D. M. sostenga la sua polemica
col sig. Rosani come meglio crede, che sfoderi
quanti argomenti può aver tra mani, sta bene; ma
che non s' allontani dalla verità, e che non abusi
del nome di chi può vivere lieto e ortodosso senza
la sua preziosissima approvazione.
V. Galvani. • »«—„
Notizie politiche.
AUSTRIA.
Vienna
veva oggi
12 gennaio. Il ministro di stato rice-
( Articolo comunicato)
Siverich li 14 gennaio i 863.
Nel Nazionale 7 gennaio corrente vidi un
articolo, scritto dalle falde^del Promina [e|segnato
F. S. M., col quale, fatta menzione di me e giuo-
catovisi, non saprei con quanto d'innocenza e ca-
rità evangelica, colle voci eterodosso ed ortodosso,
vorebbesi lasciar credere ai lettori due cose: la
prima che il parroco di Dernis non fu mai da
me invitato a funzionare a Siverich nel giorno di
s. Barbara, e che, se ci venne, fu di moto suo
proprio —- la seconda che causa del fatto e quindi
una deputazione del consigho munici-
pale, la quale gli presentava una deliberazione del
consigho concernente le riunioni degli elettori. Il
ministro dichiarò che in uno stato costituzionale
bisogna anzitutto osservare le leggi. Il governo
aver dato prove della sua hberalità nell' esecuzione
della legge sull'associazione. GU elettori non co-
stituire una società; la loro riunione non poter
riguardarsi ora come unione elettorale bensì come
una radunanza popolare eh' è inebita dalla legge.
Attesa la disposizione degh animi nella capitale
proseguì il ministro, il governo non esitérebbe a
permettere queste adunanze. Ma dai resoconti che
si ebbero delle adunanze tenute in Boemia risulta
che in forma di proposta si davano istruzioni agli
elettori per ottenere la riduzione del servizio mi-
htare, esenzioni da tasse ecc. ciò eh' è evidente-
mente contrario allo statuto.
GERMANIA.
della polemica insorta tra esso articolista ed il
sig, Rosani di Sebenico fosse una lettera per squi-
sitezza d'ironia qualificata gentile, eh' io avrei di-
retto a mo' d'invito a detto parroco. Non perchè
mi caglia dell'opinione che il sig. F. D. M., può
aver concetta di me e della mia ortodossia che,
occhio umano non vedendo l'interno animo, ben
potrebbe esser pari e fors' anche maggior della sua,
ma perchè non mi garba ch'altri sia indotto in
errore, e sulla fede delle di lui parole mi stimi
inurbano o peggio, credo mio dovere di dichiarare
;)er le stampe :
1. Che se il pa,rroco di Dernis abbia funzionato
a Siverich nel giorno di s. Barbara dall' apertura
della miniera a tutto il 1856 per invito dei di-
rettori eterodossi ch'ivi stanziavano allora, o per
spontaneo molo, ignoro; ma che dal 1857 al 18G0
inclusive vi funzionasse dietro mio invito, è un
atto che nessuno potrà negare, come nessuno po-
trà dire che da altri e non da me venisse egU
convenientemente elemosinato.
2. Che nel 1&61 mi venne volontà d' invitare
a ciò un abate mio amico, e lo feci senza il più
piccolo sospetto d'aver peccato. Mi credevo in di-
ritto di farlo e fu per questo che anche nel 1862
feci venire lo stesso abate. Ma rilevato che il
parroco aveva chiuso i sacri apparati e portate
seco le chiavi, gli scrissi la lettera, se non gentile,
nemmanco inurbana, che qui trascrivo :
Molto rev. padre IfJarin
Parroco di Dernis.
Il molto rev. sacerdote D.n Giuseppe Bioni della
Berlino, 14 gennaio. - yìpsrtura della Dieta. -
Bismark legge il discorso del Trono. Eccone il
riassunto :
Desidera che si ristabilisca l'accordo sulle que-
stioni rimaste in sospeso. La soluzione ne sarebbe
facile, se si adottasse per base il rispetto reci-
proco dei diritti costituzionali.
La situazione finanziaria è perfettamente sod-
disfacente. Le rendite sorpassano le previsioni e
coprono anche le spese straordinarie. Il Governo
sottoporrà il bilancio passivo del 1862 e chie-
derà r approvazione posticipata per le spese fatte ;
presenterà il bilancio rettificato pel 1863 e quello
del 1864.
Eseguirà l'articolo supplementare alla legge
1814 sul servizio militare. Il Gabinetto fu una-
nime nel mantenere la progettata organizzazione
dell'armata, e spera poterla condurre a termine
colla fissazione legale delle spese relative. L'an-
niversario della chiamata dei volontari nel 1813
sarà celebrato colla presentazione del progetto di
legge concernente Tannata.
Il Governo adottò la risoluzione irremovibile
di non privare il paese dei vantaggi derivanti dal
trattato di commercio colla Francia al di là dei
termini fissati dal trattato vigente collo Zollverein.
La Prussia è convinta che il patto federale non
risponde più alle condizioni del tempo, ma prima
di tutto essa vuole la scrupolosa osservanza dei
trattati esistenti, ed è decica ad osservare una com-
pleta reciprocanza adempiendo i propri doveri.
ITALL':.
Scrivono alla Perseveranza- 't'orino li gennaio.
La Stampa di questa sera dà una lunga espo-
sizione di un disegno in cui il ministro dei la-
vori pubblici e quello della guerra si sono accor-
dati, e che è certo eccellente. Il disegno è inviare
nelle Provincie più infestate dal brigantaggio dei
battaglioni del genio militare ad aprirvi strade Lo
stat§ delle comunicazioni soprattutto in Capitanata,
e nel distretto del Gargano, è una delle princi-
sarel}be una via politica ; la nostra assolutameute
commerciale. D'altronde, la giungesse a Sissek, ed
allora la Società che la imprendesse, troverebbe
il suo tornaconto a farla discendere a Segna o
Fiume ; la giatìgesse a Brod, e allora Spalato sa-
rebbe sfl^or più vicino che non sìa 2afa.
Sicché, 0 Signori, voi Vedete, nulla abbiamo n
temere da sitfatta concorrenza », cì6 èssendo, ve ne
prego, asténiamoci da qualsiasi dimostražione che
possa alterare quella armonia di che abbiamo co-
tanto bisogho tra i Dalmati Municipii. Abbiamo,
0 Signori, di fronte un partito, se non esteso, in-
telligente certo ed operoso in modo da lasciarci
pur troppo desiderare maggiore operosità tra noi
stessi. ~ Beh ! adunque che ulteriori partiti non
sorgano; ci bastino le lotte che ci vengono da
quella parte, senza che la nostra imprevidenza o
leggerezza ne crei di nuove, — Tiriamo innanzi,
0 Signori, senza badare alle spine, e noi coglie-
remo le rose. ~ D'altronde ci consta che nè tutti
1 Signori di Zara condividano le vedute della
Sp^tabile Camera, nè, molto meno, che tutti vor-
rebbero chiamarsi jnsolidarii delle parole, non
certo patriotiche, dell' accennato giornale.
Un' altra opera su di cui erano pure assai va-
ghe le nostre speranze, siamo lieti di potervi as-
sicurare quest' oggi che Spalato vedrà incomin-
ciata neir anno prossimo e conipiuta al più tardi
entro uh sessehio. Accénno alla diga. ~ Fatal-
mente la relativa pertrattàzione dormiva sul ta-
volo di persona che avea trovato il tempo di am-
mogliarsi e di procreare due figli, senza aver a-
vuto quello di evadere un semplice atto. — Ma
lasciando di ciò, mi giova annunziarvi che il Mi-
nistero, a merito particolare dei due nostri ono-
revoli deputati a Vienna Dr. Lapenna e degìi Al-
berti, che come in questo progetto, così negli altri
tutti duraiite la mia dimora a Vienna mi pre-
starono, come ho pur detto ieri, il più valido ed
affettuoso appoggio, è ormai compreso dell' im-
portanza dell' opera iion solo, ma sì pure del do-
vere di assumerla interamente per conto erariale,
Sgravando il Comune, il quale ha pure a che pen-
sare pella ricostruzione dell' aquedotto, d'ogni ob-
bligo assunto, -r Quanto prima verrà spedito ap-
posito tecnico ad istudiare e migliorare il pro-
getto e nel budget dell' anno corrente verrà in-
trodotto, speriamo, il primo assegno di fiorini 100
0 120 mila e così ogni anno in que' da venire,
fino a che l'opera, che si valuta 6 0 700 mila
fiorini, sia interamente compiuta.
Ed ho pure il conforto di potervi annunziare
che Sua Kccellenga il «uovo Ministro della ma^
*) Quell'amore della concòrdi^, di cu| l'j Bajamonti si dà vanto,
ponsiglia noi a non soggiungere parole acerbe a queste in--
considerate che egli si lasciò sfuggire di boeoa, A smen-
tirle basta la lettura del nostro conno , e il giudicio che
Opi onesto ha, in questa qi^estione, già dato; a con-ientirci
di passarvi sopra, basta U riflessione che V amore di mu-
hicipio e la passione de'la gloria, possono trarre anche i
migliori a intemperanze troppo strane perchè non si debbano
perdonare. Nalu della liedazdo-ita.
Una compagni;} che vanta i celebri nonni d' una Medori,
d'una Chaftòn, d'un Mazzoleni, e quelli distintissimi del
Bellini, della Suher, d«! Biacchi, del Minetli, a cui s'ag«^
giunge il rinomato basso Vialetti, che esordirà nella Bor^
già, non può che passare di trionfo in trionfo.
Kella Gàzzèitd tM Tmtri, hr. 48, anno 1862 :
Notizie d'avana. Parte degli artisti condotti dal sig.
Maretzek, esordì a questo teatro Tacon il 25 ottobre col
Trovatore di Verdi. Siccome questa compagnia costa oiolto,
l'impresa credette bene d'aumentare i prezzi d'abbona-
mento e d'ingresso. Per questo nìotivo e perchè gli ar^
listi erano preceduti da gran fama, crebbero l'esigenze
di questo pubblico intelligente e severo. Eseguivano il
Trovatore , , . . ^
Alazzoleni nella parte di M^inrico riportò un grande
trionfo. La voce di questo celebre tenore è davvero fe-
nomenale, com'è polente il suo c;into elezione, in modo
da trascinare il pubblico a veri entusiasmi Accentò stra-
ordinariaipente ben e le romanze entro le quinte, che gii
valsero applausi frenetici, \ quali si rinnovarono ad ogni
suo pezzo, ad ogni Ip.se Benché la parte del tenore sia
stata eseguita egregiamente da valentissimi ailisti. pure il
Mazzolem ci sembra il Mjnrico modello. In tutta la sua
grand'aria l'entusiasmo non ebbe piCi confine, particolar-
mente nella cabaletta, nella quale emise un do 41 petto
così potente, da far urlare il pubblico, che volle a forza
la replica, e nella replica il da gli uscì ancor più nitido
e squillante : il iMazioleiii si è ormai guadagnale tutte le
simpatie d«! pu{)b!i0o.
rina Barone de Burger, che entro la primavera
spero dì vedere tra noi, mi ha espresse intenzioni
e sentimenti, dai quali non dubito la nostra pro-
vincia, quanto agli interessi marittimi, riceverà
quanto prima un nuovo ed ampio sviluppo.
Quanto all' aqiiedotto fra un mese circa vi da-
remo principio. - 11 denaro è trovato : ho la pa-
rola di Sua Eccellenza de Schmerling, nè questa,
certo, potrebbe mancare. -- E non solo trovai i
fiorini 100,000 occorrenti per la costruzione delle
gallerie, ma sì pure altri 50,000 pei lavori addi-
zionali, per la canalizzazione della città, per le
fontane ecc. E, dacché avea l'opportunità di farlo,
credei non inopportuno il chiedere a dirittura
200,000 onde impiegare i residui 50,000 nella
costruzione del macello e botteghe per la vendita
delle carni al minuto e in quella del bazzaro,
onde risparmiare l'importo delle cartelle del pre-
stito nazionale, essendo assolutamente un bisogno
urgente il tenere in pronto un capitale pel caso
le avvanzate pertrattazioni del principale nostro
progetto, la ferrovia, lo richiedessero.
Queste sono le tré opere di cui ho voluto in
quest' oggi tenervi breve parola, e per la loro im-
portanza, e come quelle ~ certo le due prime,
se non la terza ~ le quali presentavamo altra
volta più come desiderii, che come progetti, la cui
attivazione fosse prossima o non di troppo lontana.
Di tutto il resto al momento indicato: aggiu-
gnerò qui solo che abbiamo pure non infondate
speranze di essere compresi nelle pubbUche lotterie
per scopi di beneficenza per un capitale almeno
di 40,000 fiòiini onde fondare un istituto di ri-
covero e d'istruzione per gli oifani abbandonati
0 viziosi, istituto che sarebbe anello di congiun-
zione tra r asilo infantile, creato dall' operosa fi-
lantropia del Decano cav. Manger (asilo che ove
fosse più validamente sorretto dalla publica carità
potrebbe essere riorganizzato con vantaggio non
lieve) e la casa di ricovero e lavoro, fondazione
Martinis-Marchi, che si va ora a costituire. ~ Vo-
glia Iddio che al cedere quesf onorevole seggio io
possa darvi più positive notizie, e la munificenza
dell' x'Vùgusto Monarca, cui particolarmente ci siamo
rivolti per quest' opera di iirgenža e di pietà, spero
vorrà soddisfare i suoi Dalmati in un momento
in cui essi, da parte propria, si sobbarcano a gravi
sacrifizii per spingere un passo di più sulla via de'
civili progressi.
Dopo ciò, 0 Signori, non mi Hmanè che di as-
sicurarvi come nei breve tempo che mi rimane
a compiere la affidatami gestione, raddoppierò, se
pure mi fia possibile, le forze, onde dare ai no-
stri progetti una forma, quanto lo permettano le
circostanze, concreta, e ad invitarvi a deporre nel-
r urna il nome di colui che raccogliendo le vo-
stre simpatie, destinate a capo di questa diletta
terra, i Cui interessi, qualunque la posizione ove
io mi trovi, pubhca o privata, staranno mai sempre
in cima a' miei pensieri e la cui prosperità, fino
11 Bellini
Dopo tre sere del Trovatore, accolto con crescente en-
tusiasmò, andò la sera del 31 ottobre la Norma, il cui
successo fu colossale, straordinario, completo.
Esordiva in quest'opera la celebre Giuseppina Medori,
Mrizzoleni fu grande sotto a'panni di Pollione, ed ebbe
momenti di Vera ispirazione, in ispecie all'aria, al ter-
zetto ed al duetto finale in cui levò a rumor di viva l'in-
tero uditorio Non si è mai udita eseguir cosi bene l'in-
grata parte del crudel romano^ Fu una gara tra lui e la
Medori, dejna dei due esimii artisti.
Un complesso simile nella Norma è impossibile trovare
alti"ove. Nelle tre sere in cui fu data, l'entusiasmo dello
atfollattissimo pubblico si mantenne costante, e gli artisti,
particolarmente la Medori e Mazzoleni, vennero accolti con
grandi applausi, e al loro presentarsi e ad ogni pezao.
Nella ma nr. 49, anno 1862:
Avana. — Abbiamo notizie dei successi splendidissimi
ottenuti dalla compagnia lirica nel Trovatore. Norma e
Sonnambula. Artisti sommi v«ìnoero giudicati la Medori. la
Charton, e il tenore Mazzoleni. Quest' ultimo fu un Pol-
lione e un Manrico del bel numero uno. I giornali lucali
non fanno òhe parlare del famoso do di petto che il Maz-
sjoleni fa udire seralmente nella cabaletta, Di quella pira,
e che gli conviene sempre ripetere. Piacquero moltissimo
il baritono Bt'llmi, la Sulzér, il basso Biacchi e il tenore
Minetti. Però lo dimoslràzioni d'entusiasmo furono perle
signore Medori e Cljifftoii e pt-jl Ma^^olcnij ahe godono
a che ei n'abbia un palpito, sarà mai sempre il
voto piti ardente del mio cuore.
iJn quesito.
Se sìa peggio non aver leggi, od averne e che
non vi sia il mezzo di farnele eseguire.
Qualunque dirà che entrambe le suesposte con-
dizioni del quesito sono tristissime. E siccome fra
noi sembra strano un quesito di siffatta natura,
pure conviene che anche la risposta si risolva o
per l'una o per l'altra condizione. Diifatti ogni
stato ha le sue leggi, e soltanto nelle parti le più
barbare, dove ancora il dispotismo regna, e dove
mancano tribunali, codici, ecc. sarà forse che la
mancanza di leggi sia causa di dispotico procedere
per parte di chi è al potere, ma fra noi certa-
mente nò, giacché oltre le esistenti leggi, dall'anno
1848 (anno di grazia) tante e tante se ne pro-
mulgarono, e di nuove si pubblicarono, e con suc-
cessive declaratorie, che già negli archivi degli
uffici si veggono tanti volumi, indici, repertori,
commentari, da far intisichire chi volesse tenervi
dietro. Io dunque per me risolverò il quesito così:
Che sia meglio non aver leggi, ma esser gover-
nati da persona saggia, coscienziosa, non acces-
sibile alla corruzione, anziché aver leggi e che vi
manchi chi debba farle eseguire e rispettare. Nel
primo caso s'andrà incontro ad una sola sventura,
ma nel secondo guai e guai senza fine. E preci-
samente qui nel caso di cui intendo parlare si
conviene quel grande detto "Che la legalità ci
amazza,„ Diffatti fra noi parlando, della povera
nostra Dalmazia, tante leggi esistono che regolano
il ramo forestale che migliori non posson deside-
rarsi, e se queste leggi giacciono innosservate, ed
il male progredisce, a che^ e perchè sifiatte leggi?
Pure il legislatore coli' emanazione delle legge avrà
provveduto al mezzo perchè la legge sia eseguita,
ed i disordini vengano repressi. Qui sta il male.
Fra noi dunque le leggi esistono, ma vi manca
il mezzo esecutivo, e in difetto di questo le più
provvide leggi cadono, e così ecco risolto il quesito.
Siccome poi provarlo conviene, così io dirò che
non occorre molto, e che basta andar al nostro
mercato delle legna, ove a fronte di tanti precetti
suir escavo dei zocchi, continuamente se ne ven-
dono con sutterfugi, cioè, con dichiarazioni esser
provenienti da fondi dissodati di privata ragione,
quasicchè anche in proposito non vi fossero leggi
apposite. Se qui ciò succede, io lascio figurai^si al
benigno lettore cosa segua altrove, specialmente
lungi dai centri, e dove per mancanza di vigilanza
il rustico fa da sè a seconda che gh talenta. Ep-
pure nella provincia nostra viaggiaron per lo scopo
appunto di regolare questo importante ramo d'in-
teresse, sì pubblico, che privato, commissari fo-
restali appositi, ed uno anche appunto per l'effetto
vi è anche addetto a quest' eccelsa i. r. Luogote-
nenza. Nulla importa tuttociò, giacché o si saranno
nonie veramente celebre nell'arte. Al prossimo numero
particolareggiate notizie.
In altro numero della Fama:
Avana. — Teatro Tacon. — Corrìspondenz-a. — Eccomi
a darvi, secondo la fattavi promessa, particolareggiate no-
tizie intorno all'aperiuru di questo grande teatro colla
compagnia italiana scritturala dal sig. Maretzeck. — La
sera 23 novembre i dilettanti d'Avnna empirono la vasta
sala per assistere al Trovatore. Verdi, nel quale face-
vano la loro comparsa la signora Charton-Demeur e il
tenore Màzzoleni, precedali da gran rinom^'nza, il baritono
Bellini, la sign. Sulzer (contralto) e il basso Biacchi, nomi
favorevolmente noli nell'arte. Benché il pubblico, che sa il
suo conto in fatto di musica, fosse molto esigente;! sn-
che per certe novità introdotte dall' impresa, e tw^chè d
Trovatore fosse stalo eseguito più volte da arti^tì.,^simii,
l'esito della nuova compagnia fu il più splen(Xtd#roe im-
Uiaginar si possa. Dal primo racconlo del baàà^®^
ultime appassionate frasi del tenore e ifwa 'à^ria, d
plauso si fti' sentire costantemente, e preiJ^VaiiS'Si in og"'
pez^o, particolarmente a quelli del
ton , le proporzioni dell' entusiasmo. L,a, .-sr^t^Irj^^Cbar-
lon II tenore ^
ormai la delizia del pubblico, ci ammaliò
rara potenza della sua Voce, coli'espre.ssio|^\AT4v»®3<l'W'ltt
col gesto intelligentissimo fe eoi canto ci*
sente, Noi non abbiamo udita voce più _ ,,
artistà di maggiori risorse e come attore •^e'ék^bif«^'^'
h tutta l'opefa egli sojlera entusiasmi; ma
M. 4 Bino IV
Voce
Prezzo d'associazioiifl in valuta austriaca per
gara: p^r un anno tioriiii 8; per sei mesi fiorini 4;
per- tre mesi fiorini 2. Pi'l riitiancnie deilu Provincia
8 fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
eoidi 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
che del porto-posta.
Gioniaic politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
ì gruppi e le commissioni, franchi delle sjie^e
postali, sidii isono in Zara a V incenzo f)iiplane eh IÌL-
dattore della Vocs Dalmatica, e sii abbiionair.enii, ai
nea;oxii librarii dei sia;nori tVateìli Battara e l'ietro
Abelich. Oli avvisi di 8 linee costano I fiorino, e o^!!!
linea di più soldi tì. La tassa di tiiianza resta a carico
di.l committente. Un numero separato costa soldi 10
Zara, 27 gennaio.
L' accorcio seguito tra i membri della Dieta del
partito aimessioiìista, e gli autonomisti liberali, da
noi annunciato nel nostro numero 5, che è un fatto
generalmente accolto da tutti i buoni con sincera
esultanza, comincia a dare i suoi frutti. Le scelte
dei membri del Comitato per l'esame della legge
comunale ,e il linguaggio concordemente franco u-
sato neir ultima tornata dai deputati, per altro di
diversa opinione, e quale deve attendersi da chi
non ha interesse che non sia quello del proprio
paese, sono forieri, a nostro credere, di un lieto
avvenire. Il Nazionale anch' egli si abbandona
alle medesime speranze, se non che egli annuncia,
e r accordo, e le conseguenze, come una gradita
probabilità di cui non si tiene bastantemente sicuro;
laddove noi reputiamo il primo un fatto compiuto,
e le seconde sicure, per ciò che dipenderà dal
buon volere dei deputati.
Noi abbiamo detto altra volta, ed ora ci è gra-
dito ripeterlo, e porlo piìi evidentemente in chiaro,
che la divisione tra Dalmati, di cui pur troppo
abbiamo offerto finora spettacolo disgustoso, non
era che apparente, nè andava più là di quella di-
screpanza parziale e inevitabile, e talora utile di
opinioni, che non è mai stata reputata discordia.
Se non che 1' essersi trovato per avventura il go-
verno favorevole all'opinione degli uni, sovra la que-
stione dell' unione a Croazia, ha fiitto sì che egli
credesse di averli aderenti per sempre in ogni
altra questione, e che gli altri dessero loro accusa
di essere di lui fautori a ogni costo. Indi le re-
ciproche recriminazioni, indi, noli'accendersi delle
passioni, la vicendevole diffidenza, il niegare ve-
racità alle asserzioni e sincerità alle parole, il
malignare le intenzioni, l'interpretare sinistramen-
te ed esageratamente ogni cosa. Tolta di mezzo
la questione Male, l'accordo doveva rinascere, e
ormai non può essere che sincero e durevole e com-
pleto j tra chi ama egualmente il proprio paese,
ha sentimento di umana dignità ed egualmente
detesta il despotismo straniero ; tra gente cui batte
egualmente il cuore pei nobili sentimenti della
libertà e dell'indipendenza, egualmente ha fede
e coscienza delle proprie forze, e anela ad usarne
per ricercare e provvedere da sè al proprio ben-
essere.
Nella questione dell' unione, certo noi non po-
tevamo sentire ad un modo. Noi non sapevamo ve-
dere differenza dall' esser sudditi della corona au-
striaca, ad esserlo della ungarica, non potevamo
non vedere che 1' unione ad Ungheria non aveva
in passato, nè avrebbe in avvenire procacciato il
trionfo della slava nazionalità, nè ci appariva via
di conseguirlo per ora altrimenti. Non potevamo
vedere nello Statuto ungarico, nè piìi che nello sta-
tuto, nelle leggi, nell'ordinamento sociale, nel grado
di civiltà, nelle costumanze vetuste di quel paese
cosa alcuna conforme all' indole nostra e opportu-
na alle nostre condizioni, da metterci nell' animo
il desiderio di accomunarcele. Noi non potevamo
credere che, succeduta 1' unione a Croazia, ci fosse
più consentito, o, se consentito per necessità del mo-
mento, non ci fosse indirettamente osteggiato l'uso
della nostra lingua, e il profitto della nostra col-
tura. Noi sapevamo che, per l'unione, non il bene
dei dalmati slavi avremmo conseguito, ma 1' op-
pressione degli italiani. Che il povero popolo croato
sarebbe rimasto chino sulla sua povera gleba, o
curvo sotto il fatale fucile ; ma qui avrebbe fatta
irruzione una folla di gallonati e inciondolati, che
col diritto della comune nazionaUtà, e senza i
freno del doversi dire stranieri, ci avrebbe messa
nelle orecchie, e forse imposta sulle labbra, non
la favella de' padri loro, ma quella de' loro pi^
droni. Ad ogni modo, non potevamo assentire a
rinunciare all' essere e al nome del nostro paese,
e a permettere che le bisogne nostre fossero
deliberate altrove da una maggioranza straniera
e a stranieri interessi posposte, piuttosto che di-
scusse a casa nostra, e tra noi, come lo Statuto
austriaco ci prometteva.
Per ogni altro riguardo, il sentir nostro non
era diverso da quello degli annesssionisti più caldi.
Noi sapevamo quant'essi, che il popolo dalmato
è di due stirpi, per origine in parte, e in parte
per educazione, diverse ; che se 1' una prevale in-
negabilmente per civiltà e coltura, 1' altra sover-
APPENDICE.
Una parola
8 n I 1 a (Il (> r t «a
di Dn. Giovanni FraneescM.
Una di quelle gravissime perdite, a cui non è
sì facile trovare un compenso, ebbero a deplorare
non ha guari, nella morte di D.n Giovanni Fran-
ceschi, la Religione e le Lettere. Pochi morti hanno
cagionato un dolore pii^i sincero ed universale, co-
me la morte dell' uomo egregio, sulla tomba del
quale vogliamo, sebbene tardi, ardere un granello
d'incenso, e versare una lagrima invocata dal me-
rito e dalla virtù.
Nacque egh in Almissa l'anno 1811. Non sor-
rise a'suoi vagiti nè la nobiltà del sangue, nè
r auge della fortuna. Sortì da natura un' anima
buona, ed un cuore ben fatto e retto ; fu educato
alle massime ed agli esempii della pietà dome-
stica. Iniziato agU studii, diè segni non equivoci
di non comune ingegno, di amore all'apprendere
e di vocazione al sacro ministero. Terminate le
scuole normali, pa§sò nel seminario di Spalato a
fornire lo scolastico tirocinio. A quei tempi uo-
mini nella scienza invecchiati insegnavano a' gio-
vani alunni le filosofiche scienze, e maestri di spi-
rito sperimentati dirigevano la vocazione di quelU
che abbracciavano lo stato chiericale: perciò le
giovani pianticelle del santuario cresceano belle
e rigogliose, per dare a suo tempo frutti abbon-
danti di dottrina e di pietà II nostro giovine le-
vita era una di queste rare pianticelle. Amante
dello studio, pose il suo cuore nelle umane let-
tere, svolgendo, giusta il detto d'Orazio, con ma-
no diurna e notturna i più grandi scrittori che
vantar possono il La^io e l'Italia. Informato a
que'modelli sublimi, non è dire quanto ne appro-
fittasse. Fornito di una immaginazione vivace, di
una facile intelligenza, e di un animo temperato
a miti affetti, si formò uno stile vivo ed abbon-
dante, tanto in versi quanto in prosa. Ma 1' a-
more delle lettere in lui non iscemò lo spirito
della sua vocazione. Benché celebrato ed applau-
dito, non si lasciò impennare ad orgoglio : la mo-
destia fu sempre la sua fida compagna.
Per due anni, fa cancelliere del pio e colto
monsignor Miossich, vescovo di Spalato. Dappoi
si portò a Zara quaje professore ginnasiale. Quivi
chia per numero e forza. Noi sapevamo, e la-
mentavamo com' essi, che il popolo slavo fu per
raddietro abbandonato tra noi nella ignoranza,
non perchè era slavo, ma perchè era popolo
benché sia certo che in luogo d' essere oppresso,
tali condizioni sociali gh furono costituite, e tut-
tavia durano, tali relazioni coi suoi padroni gli
vennero consentite, da renderlo loro eguale ; ben-
ché la stessa ignoranza non fosse tale, da non
permettere che dal suo seno uscisse una classe
colta numerosa, come altrove agli slavi non è ac-
caduto. Noi sapevamo che nel popolo slavo è il
nerbo della nazione dalmata, e nel suo cuore
e nella sua intelligenza la speranza di un fu-
turo migliore, e che 1' educarlo e 1' ammaestrarlo
è un dovere, cui dee soddisfare ogni uomo che
ama la patria e che può. Che se si fé lamento
che i fatti non corrispondessero alle parole, era
a riflettere che i fatti non stavano in nostra mano
crearli; non erano in nostra mano i capitah e
l'arbitrio per disseminare di scuole le remote cam-
pagne, non in nostra mano il provvedere di de-
coroso sostentamento i parrochi, da poter rivestire
dell' alto ufficio i più degni.
Né meno sapevamo che la lingua slava era un
tesoro da disseppelUre, e che il difìbnderia e il
perfezionarla era dovere. Noi non abbiamo mai
cessato dal condannare la trascuranza e l'obblio
in cui era da noi lasciata, e la niuna premura
dell' apprenderla e del coltivaria di cui siamo tutti
coIpevoM; non abbiamo mai negato di contribuire
per nostra parte alla creazione di istituzioni op-
portune a riparare il male. Che se ne contendem-
mo e tuttavia sentiamo il dovere di contenderne
1' uso nel foro, e la introduzione nelle scuole come
hngua d'insegnamento ; non è (come fu detto)
per negare, con maligna e stolta contraddizione,
i mezzi al fine consentito ; ma perchè non cre-
diamo che sieno questi i mezzi migliori. Come
non giovasi alla giustizia coli' adoperare lingua
non conosciuta dal giudice ; così non si perfeziona
nò si diffonde una lingua coli'usarla a forza ad
ufficio cui non è ancora atta, e però coli' ingom-
brarla di barbarismi raccattati prima per neces-
egli seppe armonizzare insieme i doveri del suo
ministero coli' amore a' pacifici studii, di maniera
che procacciandosi 1' affetto de' suoi discepoli, si
attirava pur anche l'ammirazione e la stima di
tutti i Zaratini, nonché de'suoi superiori, ed i
quali lo stimavano degno d' un seggio più elevato.
Infatti, reso vacante il posto di direttore presso
il ginnasio di Spalato, D.n Giovanni ne fu tosto
sostituito. Come direttore, egli fu veramente esi-
mio; umile e modesto in mezzo alla gloria dell'in-
gegno ed all' altezza del posto ; nella carità, più
che moderato, abbondante: atìabile con tutti, os-
sequioso ai grandi, prudente e mansueto nel re-
gime, comandando più colla preghiera, di quello
sia coir autorità ; paziente nei mali che soffriva,
mite di cuore, senz'irà, e senza passione. Taluno
avrebbe in lui desiderato una maggiore energia
di carattere, ed anche una migliore circospezione
nella scelta delle persone, al consiglio delle quah
si rimetteva. Ma l'animo suo era da natura tem-
perato, più che al sentir forte, al delicato e dolce.
Buono com' era, voleva far prova di bontà, piiit-
tostochè di fortezza. Se dagli uomini di sua fi-
ducia non fu sempre ben consighato, la colpa è
di loro, non sua. JE qui pure convien essere asr