E inoltre la «celta di certe immanità spaven-
tevoli togliendo il luogo all'ingegno (1) e scernan-
«tane il pregio, è tosa Contraria all' intendimen-
to dell' arte poetica; M 1uaI fntentIimento è
rappresentare 1$^Satura fisica o morale coll'aju-
to dell'ingegno, ossia colle strumento della parola.
Perciò nell'opere di letteratura l'ingegno dello scrit-
tore, sebbene dissimulato dall'arte stessa, dee pur
trasparire in modo da prevalere sulla materia o da
equivalere ad essa; e allora soltanto il poeta può
far imjiressione e destar vera simpatia nell'animo
altrui; poiché solo la mente nostra può efficacemente
operare nella mente altrui. Se ciò non fosse, l'ef-
fetto chimico della luce nella camera oscura sarebbe
preferibile a un bel dipinto. Figuratevi per esempio
d'esser in un teatro inglese. All'alzar del sipario
si vedono sulla scena tre .personaggi, un uomo di mal
viso che ha in mano due strumenti di ferro destinati
ad accecare un prigioniero, e due barbuti manigoldi
mezzo mascherati. Il primo dice a bassa voce a
quei due :
Arroventate questi ferri, e clieti
Dietro a quell'uscio v' appostate: quando
Col pie la terra io batterò, sul prence
Avventatevi, e forte a questa teggia
Annodatelo. Attenti!
Se poi vien fuori un nobile giovinetto con oc-
chi bellissimi e piangenti, se si ode dentro le sce-
ne il soffiar del mantice e lo stridor del fornello
ardente, e quindi il battere del piede del primo at-
tore nel tavolato del palco scenico, certo che vi
sentite freddar le vene o convellere i nervi; e se
poi un manigoldo "verrà in palco con un ferro ro-
vente in mano voi sentirete urlare tutti i cani clic
sono in platea. Ma la maschera e il viso e la voce
degli attori e più la gola e l'anima del mantice, o
io scintillare del ferro infocato e con l'impegno del
poeta avranno la principal parte nella vostra com-
mozione e le pietose parole (3) dei giovinetti trop-
po facili ad immaginarsi dallo spettatore in quel
(1) A questo preposto vedasi nel romanzo, Le
dernier des Beaamaneir come l'ultimo dei Signori di
tieaumanoìr nacque da un' unione simile al supplizio
inventato da Mezenzio, ossia simile al Matrimonio del
Campanajo Quasimodo {Xotrc Marne de Paris. Chap.
dernier): ma qui la parola matrimonio significa quat-
tro delitti in uno, adulterio, doppio sacrilegio ecc.
( <ì) Con queste parole s'apre l'atto quarto del
Ke Giovanni di Shakespear.
(3) Vedila tragedia sopracit. atto 4." scena 3.
frangente, parran cosa secondaria e in parte inu-
tile; poiché queste puonno benissimo esser sup-
plite dal viso e dai gesti dell'attore, potendo in tal
caso una scena tragica esser facilmente ridotta a
mero ballo o pantomima senza molto discapito. Cosi
(per valermi d'un altro esempio) un deputato del
popolo francese (1) colla virtù dell'animo e colla
forza delkt parola, sfidò dalla tribuna il furore e la
potenza di Marat, e l'accusò d'aver disonorato e
tradito la libertà e la Francia; Marat gli rispose
con un gesto da sgherro, cavando di tasca una pi-
stola, e fingendo di volersi uccidere sulla stessa
tribuna. Sebbene questi vincesse il partito, noi chia-
meremo il primo, oratore; l'altro ciarlatano: poiché
nell'atto di costui, la pistola era tutto; il dicitore,
nulla o men che nulla.
L'ingegno, nell'oratore e nel poeta, si mimi-
festa nella scelta, nell' ordinamento non meno che
nell'imitazione parlata o scritta del soggetto e de1
suoi aggiunti o circostanze; talvolta s'appalesa, non
ch'altro, nel celare in gran parte un'azione e un
oggetto che sia troppo commovente, e allora la parte
espressa ha la virtù di risvegliar nella nostra fan-
tasia l'imagine del tutto; ed è veramente più viva
ed efficace della rappresentazione del tutto; poiché
in questo caso l'ingegno dell' uditore o dello spet-
tatore è stimolato a consentire e a cooperare con
quello dell'autore.
E a proposito dell'esercizio dell'ingegno, ciò
eh' ho accennato qui sopra sulla qualità degli og-
getti s'applica ancora alla loro quantità; poiché ve-
ramente poco imgegno richiedesti in un poeta o in
un romanziere, pcrch'egli occupi l'animo del let-
(1) Si questionava nella Convenzione nazionale
se si dovesse accusare il terrorista Marat, o se come
opinava Desmoulins, gli si dovesse innalzare una sta-
tua. „ Io, dicera quell'oratore, ho sempre riguardato
Come indegni di far parte di questi assemblea, non so-
lo Marat e quei tristi che gli aderiscono, ma quei vili
ancora che sotto colore di libertà, così lungamente lo
soffrono. Per esser libera, bisogna esser forte. Io ac-
cuso Marat d'aver predicato in Francia il latrocinio,
l'assassinio, la querra di tutti contro tutti; lo accuso
d'aver rivolto e di rivolgere in questo stesso momento
j contro di noi la furia delle tribune e i pugnali de'suoi
sgherri, per disperderci, per ordinar l'anarchia, per
render necessario, e quél eh' è peggio, desiderabile il
despotismo; lo accuso di aver reso infame ed orrendo
all' Europa tutta, il nome di libertà francese ec., Ve-
di fra gli Atti dell'Adunanza della Convenzione, queir
lo dei 13 e i A aprile 1793. Discorso d'Auge Marie
Chiappe d'Ajaccio.
generale sul proposito dello stile perpetuamente me-
taforico convien fare un'altra avvertenza. Ogn'idea
ha suo proprio segno ossia la sua propria paro-
la, colla quale per lungo uso è cosi intimamente
congiunta, che s'identifica e direi quasi si trasforma
in essa; e a dimostrar questa verità con una prova
di fatto basti l'esempio della rivolta accaduta nel ge-
novesato l'anno 1797 per una perifrasi; cioè per
la parola ente supremo sostituita negli atti publici
alla parola Dio. La nostra mente abituata a quei
segni, non riceve più l'impronta viva e fedele delle
idee, quando a queste si scambiano i veri caratteri
che le rappresentano. Quindi V uso frequente delle
parole metaforiche, e sopra tutto, come costuma in
Parigi, ironiche, falsa ed oscura i pensieri, e li
rende sempre meno efficaci nell'animo altrui. Egli
è vero bensì che il lungo uso rende alla fine pro-
prie e vive quelle parole metaforiche; ma l'uso ap-
punto, che le appropria alla lingua, è quellq stesso
che le abolisce ; perchè le fa uscir di moda per so-
stituire ad esse nuove parole metaforiche. Così que-
sto frasario posticcio, dovendo esser sempre variato
per serbarsi metaforico, riman sempre inefficace o
falso pei lettori contemporanei, Inintelligibile pei po-
steri; e per questi divien talvolta ridicolo, come pa-
iono a noi le foggie di vestire dei nostri nonni.
Passando a parlare del quarto vizio che vuoisi
rimproverare ad alcuni moderni romanzi, cioè del-
l'ignobiltà, io dirò che questa si scorge sovente
così ne'personaggi come nelle azioni e nel linguag-
gio. E rispetto ai personaggi certo è che in un poe-
ma o romanzo la morale o politica grandezza del
protagonista giova non poco ad atterrare e a com-
movere gli animi degli uditori; anzi è attissima a
sorreggere e a rendere veramente più elevato e ca-
pace l'animo dello scrittore; e a questo proposito
si può alfermare che gli alti porsonaggi esaltati con
tante lodi del Bossuet nelle sue orazioni funebri co-
„ La France est la tète du Monde,
„ Cyclope dont Paris est l'oeil
In un dramma dello stesso, un Conte nemico del
Cardinale Richelieu, paragona il cardinale a una
fiaccola; e soggiunge:
„ Oh! puissions nous un jour, et ce jour sera beau,
„ Du vent de notre épée, éteindre ce fiambeau
E notate che qui la fiaccola (Richelieu) è chiu-
sa fra i vetri della lanterna., eh' è Luigi XIII.
^ Il est le fiambeau, lui; le ltoi c'est la lanterne
„ Qui le sauve du vent sous sa vitre un peu terne.
municarono veramemte una reale elevatezza ai con-
cetti e allo stile di lui. Ma rispetto ad alcuni mo-
derni poeti che scelsero a protagonisti dei loro dram-
mi certi personaggi d'umile condizione, e non seppero
per qualche altro verso nobilitarli, cioè con la gran-
dezza delle virtù che supera la grandezza del lin-
guàggio e del grado ; si può dire che tolsero a se
stessi stimolo e forza ad altamente pensare, e a
scrivere con isceltezza e gravità d'elocuzione: e
d'altra parte credendo di piacer meglio al popolo
colla rappresentazione di personaggi popolani, s'ac-
corsero poi con loro biasmo, che in tal guisa con-
trariavano per l'appunto opinion popolare, vero
e solido fondamento di questa grandezza ideale. Ma
l'ignobiltà si scorge principalmente nelle azioni e
negli affetti di certi personaggi romanzeschi. E qui
senza far parola delle arrabbiature e monomanie dei
suicid^j, o eccidj per un frivolo puntiglio o per un
amoretto o amorazzo volgare; io dirò in generale
eh' ogni passione gagliarda, la quale non ritrae la
sua forza dalla grandezza dell'oggetto, e che non
è un po' frenata o almeno combattuta dalla ragione
oltreché non induce nella mente altrui sospensioni
o contrasto, dà indizio d'animo debole e non libe-
ro, e riesce sempre per se stessa alcun poco spre-
gevole; ma allora più quando spinge l'uomo ad a-
zioni molto disoneste od atroci, perchè la mera atrocità
o inverocondia è sempre per sè cosa bassa ed igno-
bile. A ciò s'aggiunga che il delitto, sempre intesò
a nascondersi, va spesso e necessariamente unito
all'astuzia e alla frode; e questa, com'effetto di
viltà e d'impotenza, ha in sè un non so che di
turpe e d'abietto, nè dee servire a lungo d'argo-
mento a nobili scritture. (sarà continuato). N
Tbapig.a.jtoi<ie iw (Xtaftuo^ta ai tempi di @Lu.efut>io.
(Continuazione).
Già una dopo l'altra tutte le città della Dal-
mazia erano venute in potere de'Romani, già l'an-
tica forma della publica amministrazione erasi af-
fatto mutata per l'introduzione del nuovo governa-
mento, e colla fondazione delle colonie e l'antica
cultura e le arti e il commercio si cangiarono dal
modo pristino, modellandosi se non del tutto, alman-
co in .gran parte sulle istituzioni, sulle abitudini,
sulle leggi di Roma. E questo mutamento suol su-
bire ogni nazione che passa sotto estraneo governo,
e perdere talora.-per l'intiero la nazionale origina-
lità , ritraendo molto dalle costumanze, dagli usi,
cffSb 314
nei Bergentini, et venissi»» arLffeioa a mezzogiorno,
che sono miglia SO, /
Liesina è isola et <itt&j che circonda miglia
140, lolita Iatga ' & latitudine farfa. Secondo
Plinio e come piace a Strabone pharos quasi paros
a pariis coiiditay ma si dubita, se anticamente que-
sta città fosse in questo luogo, che ora si chiama
Liesina-Vecchia (1} ovvero Città Vecchia. Di che
ne fa menzione Polibio veridico istorico, il che fa-
cilmente si può credere, perchè quel luogo ora chia-
mato Città Vecchia lontano da Liesina circa miglia
£0, è situato in pianura belissima, et nel più fertile
èt più vago sito di tutta l'isola (2), ove sono an-
fcorà molti belli edifizii, e dóve è un gran portò da
•sorger ogni legno navigabile et ogni armata, ma è
àssai fuori di mano, et incomodo ai naviganti; con
vicine a questo luogo due belissime ville cioè Ver-
Ijo^ta et Gelsa, nella quale apprèsso marina è una
diiarissima fontana d5 aqua viva dolcissima, che mai
manca. In Città Vecchia abitano molti gentiluomini,
li quali sono admessi nel consiglio di Liesina, ove
si crede che la città fosse ridotta et refabricata nel
luogo dov' è ora per aver il porto più comodo (3)
-1 .. .» ... .... . . i •— i
(TI) lnsimil guisa viene appellata Città vecchia
dall' antico e classico poeta nazionale P. Ektorevich
(Stari Hvar -Rib. Dan Drugi} e dal celebre geografo
Cantelli, il che viemmaggiorrAente conferma la verità
delX asserzione di coloro, ì quali dicono, che Pharus
vi siedesse ove oggi sorge Città vecchia.
(3) Dunque questo scrittore sta dalla parte di
coloro, i quali basati sulla descrizione PoUbiana, e
quel eh' è più su canoni archeologici indubitati (vedi
f erudito lavoro del sig. Alf. de Frisianì al-n. 2 di
questo foglio) vogliono, che Pharus si deve porte a
Città vecchia e non a lesina.
Ecco come qui viene narrata la fondazione
di Lesina in data posteriore alla dìstruziohe fft'Pha-
rus, oggi Città vecchia, Nondimeno avendo affermato
VArcid. Tomaso, M. Marulo, Arcip. Dotino ecc. che
i profughi Salonitani rimasti all' eccìdio della loro>
patria ripopolarono risola e su dessa sfan-ziaronsi,
prendo congettura, che da costoro Lesina vi fosse
fondata. Alcuni però non le concedbnomia tanta an-
tichità, portando opinione, eh' essa fossevi fondata
dai Narentanicon%e luogo opportuno alla pirateria,
•mentre questi fatti padroni dell' isola ('sotto Mie ha eie
III. Barn-man storia della Dal t. 2 p. 89) con tanto
calore e con prosperità molta in questi maris'eser-
citavano. Che i Narentani tenessero un arsenale a
Lesina l'attesta Gio. Lucavi ne' suoi annali di Ra-
gusa, ove dice (Kb. 2) „ assaliti da Pietro Or scolo
doge di Venezia furono rotti nella pugna navale, e
passando a Lesina, brucciò V arsenale, che i jSaren-
tanì tencvawf m quel luogo „. Quando poi contro co-
teste fondate opinioni alcuno vi avesse ad opporre
a tutti i navigli, che tàAno in Levante et in Po-
nente il qual per essere scala a tutti comoda è fre-
quentatissimo appresso la marina, la bocca del quale
è in Garbino ét in Ponente. Ha un bel borgo in pia-
nura con molte case. Contigua al borgo è la città
situata in monte, cinta di mure vecchie e tristissime
che girano passa 300. Nel luogo più eminente cioè
nella sumità del monte, sopra il quale giace essa
città, è un castello fortissimo in forma quasi qua-
drangulare, ma non perfetta perchè verso Greco ha
un Henelino, che spinge poco fuori, anzi tirato in-
dietro, e fa parere il corpo del castello ne quadran-
gulare ne triangulare, il che è per difetto del monte,
il quale manca in quella parte, la quale però è da
se fortissima ancora che da quel lato il detto castello
potria essere molestato dai monte ivi vicino, che vi
è eavaglierro, sopra il quale vi è posta la casa della
guardia, che stà continuamente per far segno dì
tutti i navigli che vengono da Levante e da Ponente,
et d'ogni armata, che si scoprisse. Ma per essere
quei msonte angusto, rotto et dì solo sasso durissimo
impossibil cosa saria il coridurvi Artellaria. Verso
Tramontana ha un bastione bello et gagliardo, dalia
•qual parte questo castello saria più espugnabile, che
da nessun altra, perchè a questa banda il monte è
assai piano fino sotto il pie del castello, nel qual
piano vi potria star un buon numero di gente et fa-
cilmente vi si condurla ogni Artelleria da batterlo.
Ha questo castello due altri bastioni, che si diffon-
dono 1' un 1' altro, uno eh5 è in Levante verso terra
et verso la marina in garbino et in ostro> et l'altro
che è in maistro verso terra et verso la marina in
ponente et in garbino, dov' è la bocca del porto.
Sta alla custodia d' esso un castellano Nobile Vene-
ziano M. Marco Sanudo, il quale va già in la città
a suo buon, piacere il giorno, ma la notte non si
parte,, et appresso vi stanno 12 soldati da guazzo
pagati dalla città di Liesina, li quali li danno spesa
ogni anno di ducati 320. Bisogna metter in questo
qualche casa, rammenti, essere ornai indubitato, che
la fondazione di Lesina non si può assolutamente
riffetere da'tempi de'Romani o prima, non trovan-
doci alcun monumento, che ciò comprovi. Dunque non
a proposito ebbero ad asserire siffatta cosa il Priboe-
vo (De origine Sclavorum ecc.), il Ga%%arì(pegli
Avvenimenti Istorici ec. m.s.) ed i loro seguaci, male
basandosi sulla descrizione PoUbiana, adattandola
a tutta forza e con sacrifìcio del vero alla topografica
posizione di quella città, svisandola e contorcendola
a proprio modo lasciandosi in ciò a divedere troppo
passionati amatori della terra nativa.
slruirsi per la vantaggiosa sua posizione (li tant!
inleressi conciliatrice.
Saranno coteste illusioni?Se tali le conside-
ra il sig. Nisiteo, spero che vorrà perdonarmi, ed
attribuirle a quell'amore di patria, che arde anco
nel suo petlo con forza attiva e potente.
A. FEKZI.
Critica Letteraria.
MARCO MARULO.
(Continuaz-ione e fine. Vedi i Numeri 2, 3 e 4).
« Morí ai 5 di gennaio del 15a4> con
animo non affranto, come si suole per lun-
ga malattia, ma con Iodar Dio Creatore, al quale
presentó lo spirilo ed una vita integerrima, incol-
pata e cristianamente fornita. Ebbe onoratissima
sepoltura nella chiesa di s. Francesco, fu orí dei-
la citta, dove riposavano anche i suoi maggiori ?
come egli stesso volle per testamentarie disposizio-
ni, in cu i legó a' poveri tullo il suo. II suo volo
alia patria celeste, scopo, a cui erano ognora in-
diritti i suoi voti, fu accennato da onorevoli epi-
taíi che vi si leggono scolpiti
Ecco quanto scrisse del Marulo un suo con-
temporáneo. Siccome perianto avvi molta disso-
nanza nel rapporto delle circoslanze, che ci fu ro-
ño sposte dai suindicati scrittori Costantini e Na-
tali, e siccome ritengo non sara per riuscire dis-
caro a'nostri leggitori di conoscere i modi, con
cui l'illustre Marulo venne dalla Providenza gui-
dalo negli awenirnenti della sua mirabiie carrie-
ra, cosí per misurare la fede, che prestar dobbia-
mo a ciascuna delle suaccennate relazioni, mi faro
a disaminarle, e, confróntate, ardiró di esternare
il debol mió giudizio, onde stabilire, che si deb-
bano ammettere i fritti rapportatici dal Natali, e
rifiutare quelli, che ci vennero narrati dal Costan-
tini, in quanto, come gia dissi, applicar si vo-
lessero a quel Marulo, di cui parló il Natali.
E prima di tutto osservo, che per canone di
prudenza in riguardo alia cognizione del fatti av-
Dopo tungo scorrere di anni si erano perdute le traccie
di tali iscrizioni. Laonde in seguito i suoi pronipoti ristauraro-
no ileenotafio, ed a lustro del proprio casato v'apposero la se-
gnente iscrizione:
MARCO MARVLO MAGNO PATRVO
Vita; Candore,
Nobililate, ac Doctrina Presclaro:
Patrique Ejusdem Nominis
Optime Mérito
ALEXANDER MARVLVS AC FRATRES
Monumentum instaurarunt.
non che anche questo epitafio non vi si legge piú, mentre
,gli venne di recente sovrapposto un selciato.
verati, si debbano sempre preferire le relazioni
del nazionale alio straniero, d'uno, che attinge le
sue notizie a'fonti sicure, in confronto di chi lo
fa a'fonli dubbie ed incerte, d'uno ch'é spettato-
re oculare del fatto, in paragone di chi espone
cose puramente udite; in una parola dJun testimo-
nio immediato a confronto d'un mediato. Ora po-
sti come base, questi caratteri d'un testimonio de-
gno di fede rispetto alia notizia de'fatti, chi di
noi con preferenza credera alia leggenda del Co-
stantini, anziché alia testimonianza del Natali? II
Costantini remoto di eta, di luogo e di allre cir<<
coslanze, non venne a cognizione dello stranissimo
fatto narratone, che dietro il racconto che gli fu
fatto da persona sconosciuta ed irideterminata,
della cui fede noi non possiamo avere la necessa-
ria certezza. Le fonti da cui il Costantini tras-
se l'enuneiato awenimento sono dubbie; e se dub-
bie sono, ravvenimento stesso deve riuscirci incer-
to e sospelto, e non puó meritare la nostra cre-
denza. Se codesti fatti parlano a scapito del Co-
stantini, non segua lo stesso del Natali. Questi,
testimonio oculare degli awenirnenti, che riguar-
dano il Marulo suo amico intrínseco, lo conosce
in tutto e per tutto; discorre su tutte le circo-
slanze della vita di lui con quella certezza, che de-
riva in ognuno dalla conoscenza perfetta de' fatti;
é infine il pittore d'ogni particularita, che forma
il chiaro-scuro di qnesta esistenza. Nel Natali in-
tanlo abbiamo un testimonio capacissimo per far-
ne rilevare la verita, di cui qui si tiene ragiona«
mentó. Se non che resta ad esaminare, s'egli ab-
bia voluto narrarcela pura, o se abbia per avven^
tura alterate le notizie che riguardano ii Marulo
per lo troppo amore , che portava all'amico? Su
codesto proposito rispondo asseverantemente, che
non ewi motivo, che c'induca a sospettare di nul-
la. Imperocché all'epoca che scriveva il Natali, il
Marulo era gia estinto, e cessava allora ogni mo-
tivo di nascondere fatti, che potevano eccitare
spiacevoli reminiscenze; né é verisimile, che il Na-
tali abbia voluto spacciare, come notorio e rile-
vante, un fatto falso, senza che la publica voce
lo avesse indi smentito. Che se i contemporanei
non lo contraddissero, se contxo il silenzio di essi
non sursero de'posteri ad accennare airinfedelta
di quella biografía, se in quest' ultima ei prende
per mano il Marulo, e lo fa passare per tutti gli
stadii della vita, e lo presenta maisempre spirante
in ogni detto ed atto una soavita di mirabiie fe-
de , e d'intemerata píela; se ivi sono nominati
ianti cospicui personaggi e nazionali e forestieri
presso cui si fa godere al Marulo somma stima ed
affezione; se ira essi sono stati nominati anche
Anno SI® 1 S 4 6. ar. §»
F0GL10 LETTERARIO ECONOMICO
Inteso agli interessi delta Provincia.
SulPantîca peligione degli Slavi
e degli Illiril.
Nei miei lavori storici, che conservo fra le
mié schede, e che risguardanú la storia nostra
antica , mi sono occupalo per quanto sta nelle
modiche mié forze dell'investigazione de'cosiumi
degli antichi popoli Ulirici, comparad con quelli
degli antichi Slavi. Ho raccolti lumi, per me suf-
fieientemenie soddisfacenti concernenti i riti mor-
tuarii di queste due vetuste popolazioni, i balli,
i giuochi ginnastici, il balio guerriero individua-
to col nome di pirrica} i riti nuziali, le super-
stizioni magiche ec.1). In queste mié ricerche ebbi
per iscopo di riconoscere quale grado di analogía
avessero gli antichi èostumi degli Illirii con quelli
degli Slavi, e qual grado di nazionale relazione
esistesse tra loro. A quali risultamenti io sia giunto,
giudicheranno gli eruditi, se potro ridurre i miei
lavori meritevoli d' essere publicati.
L'argomentó, che richiede il più accurato e-
same, perché il più sicuro, onde poter con criti-
ca sana provare una relazione d'origine, s' ella vi
esiste fra due nazioni, elleno sono le religioni. Le
quali quantunque tutte false, tranne l'ebrea, sino
all'epoca della nostra redenzione furono mantenu-
te dai seguaci loro ferinamente ed ostinatamente.
Di questa funesta veri ta noi abbiamo numerosi
esempii nella storia delle missioni antiche e mo-
derne della nostra sacrosanta religione. Basta il
dire, che sino all* incominciare del sesto secolo
dell' era volgare durarono in Roma i nefandi riti
dei Lupercali, e che poco prima cessarono i mi-
Quest'erasi appunto l'ordine che giusta la mente del
chiarissimo autore tali articoli dovevano tenere nel nostro gior-
nale. Veggasi Rolo N.i 32 e 33 a. p. I riti mortuarli
dei popoli slavi N.i 35 a. p. e 1 a. c.
steri del Dio Mitra. Per acquistare delle notizje
sulla falsa "religione degli antichi Slavi, ho apro-
fittato dei lavori dei benemeriti storici alemanni ;
ed in principalità di quelli del celebre Linhart,
e colla acorta di questi io entro nell'ardua materia
di cui vado a discorrere.
La sovrana dei ta benefica porta va differenti
nomi appresso i diversi rami del grande ceppo
della nazione slava. Sotto il nome di Bog¿ Beli-
bogj Belinez, Vlinz^ Svantevid, Svetivid, vene-
ravano gli Slavi un solo dio sovrano. Dice Pro-
copio (1. 3. c. ¡4-J unum enim Deurn fulguris
effectorerris dominum hujus universitatis solum
agnoscunt. E perché questo Dio troppo eminente
a doversi occupare del reggimentó della terra, ha
riservato per sè la sovranità, e l'amministrazione
del cielo soltanto. Non diffitentur, si legge nella
Chron. Slav. L. i. c. 83. di Helmold unum
Deum in coelis cœteris imperantemy illum prœ-
potentem ccelestia tantum curare. Immaginaro-
no dell'essenze divine alia sovrana deità benefi-
ca subalterne e da essa procreate, incaricate a dif-
ferenti ufficii e consideravano le più prossime in
parentado col supremo loro dio le più prestanti.
Distributis officiis obsecjuentes de sanguine ejus
processisse, et unumquemque prcestantiorem quo
proximiorem illi deo deorum. Multiformia vero
deorum numiria, quibus arvas sylvcis, tristitias
atque voluptates attríbuunt (Helmold l. c.). L' i-
dolo, che rappresentava la suprema divinità era
quadricipite con in mano una conchiglia od un
corno empito di bevanda e eon una lunga spada
al fianco (Vedi Helm. I. c.3 e Le Clerc. Hist.
de la Russie i. p. 209.), ove awi una immagi-
ne rappresentante la statua di questo Dio , tro-
vata nel tempio di Arkon. II sig. Mochsen osser-
va, che gli Slavi abitanti la Germania settentrio-
nale preferissero di rappresentare tricípite il loro
Dio supremo, e lo nominassero TriglaVj in ono-
ventü anche volgare. La cansa, a cui si (lee at-
tribuire questa dannosa e funesta circostanza, io
non la voglio investigare, perché dovrei scrivere
vincolato a non diré ció che vorrei e quanto vor-
rei. lo amo la mia nazione, e so che basta am-
monirla senza mortificarla e discredltarla, come
fanno taluni eolio scopo illusorio di alzar loro
stessi in crédito, non couoscendo, che cosí scri-
vendo, il discredito maggiore cade sopra di loro.
Diró soltanlo, che i nobili solazzi ginnastici, cioé
i semplicissimi dellTllirio antico, non . gli atletici
dei Greci, non i gladiatorii dei Romani, miseran-
do speltacolo dell'umana societá depravata, inspi-
ravano, alimentavano e conservavano vivi sensi
d'illustre ambizione nazionale, che tanto valsero
anco a que' popoli, che ne abusarono.
I giuochi, dei quali abbiamo discorso nella
loro antica origine, erano semplicissimi. Arrivati
nella Grecia, gli ha essa complicati e poscia in-
crudeliti, usando degli atleti piú per dare spasso
al popolo di Atene, di quello che per ingagliar-
dirlo e deviarlo dalla mollezza, a cui discendeva.
Ma Roma , che si enlusiastava alie scene di san-
gue, gli ha resi barbari e disumani. Questi giuo-
chi si estinsero in Atene ed in Roma, e non se
ne trovano tracco, per quanto mi fu dato a sapere,
neppure fra il basso popolo greco e romano. All'in-
conlro si trovano in uso tutti questi giuochi nel-
la loro primitiva semplicitá fra il popolo illirico.
Non avvi villaggio si puó diré, ove nei giorni fe-
stivi non si vegga la gioventü esercitarsi in uno
o piü di questi ginnastici divertimenti. Se la data
dell'antichitá dell'illirica gente rimonta ad época
piü lontana di quella della greca, come mi lusin-
go d'aver provato nei miei scritli non publicati,
non si potra diré verisimile, che 1'lllirio abbia
ricevuti questi giuochi dalla Grecia. lo parlo di
questi giuochi nella primitiva loro semplicitá, che
íu adultérala dall' imaginosa fantasía della popo-
lazione di Atene. Appoggiato a questi cenni, che
ci da la storia, si puó opinare con critica verisi-
miglianza, che in etá remota facessero uso di que-
sti giuochi i popoli dell'Asia minore, intendo
diré gli antichissimi Frigi; e perché a loutana
época i Frigi, i Traci e gli Illirici erano una slessa
popolazione, sara permesso a presumere, che gli
Illirici nell'uscire dall5Asia, porlassero seco i loro
giuochi. Egli é vero, che simili invenzioni possono
essere originarie ed indigene a piü d' una nazio-
ne. Ma é naturale il credere, che la nazione se-
conda contermine o derivata dalla prima, abbia
approfittato ed accettato da questa gli elementi della
sociale coltura, non la prima dalla seconda; nei
caso che si volesse far questione, se i' lllirio ab- !
bia appresi questi giuochi dalla Grecia contermi-
ne, invece che la Grecia dall'lllirio. Ella é cosa
propria dell' Índole dell'umana specie, 1'essere at-
taccato e nverente alie costumanze degli antichi
proprii autori. E quanto é piú semplice un popolo
e piü vicino alio stato primitivo, tanto egli ne é
piú attaccato e riverente. Il veder abbandonati que-
sti giuochi dal popolo greco ed italiano ,*ed il ve-
derli in uso fra noi, mi da a poter congetturare
essere indígena all'lllirio, oriundo Frigio, i"ori-
gine dei giuochi ginnastici, coi quali la Grecia
ascese a tanta guerriera celebrítá, e Roma a tanto
abominio di barbarie. Non avvi dubbio, che i giuo-
chi, dei quali abbiamo discorso, siano a noi per-
venuli da remoto tempo, e verisimilmente dalle o-
ríentali contrade. Una circostanza, che porta vali-
•iissimo appoggio alie míe indagini, egli é il po-
ter diré, che i giuochi ginnastici, di cui abbiamo
falla parola, sono tuttora in uso fra i passatempi
del popolo delTalta Albania. Ció dico sulla testi-
monianza di mons. Albertini, d'illustre memoria,
decesso sulla sede episcopale di Sculari. Ghi dirá,
che gli antichissimi Schipatari siano derivati da-
gli Slavi? e meno che gli attuali Albanesi siano
d'origine slava ? se ció non si puó asserire degli
antichi né degli odierni Albanesi , propriamente
detti, perche lo si potra diré,, come taluno vuolev
degli antichissimi Illirici l
lo non conosco autore che parli dei passa-
tempi della nazione slava, usati nella lontana etá
per addestrare allarmi la loro gioventü crescente.
Dice il sig. Linhart (Gesch. von Kmin. n.), che
amavano strkordinariamente il bailo, del quale fa'
viva descrizione a prova evidente della singolare
rozzezza di quella gente, e del quale io parlai
nell'art. del bailo Kollo (V. il N.° 3a, a. p.). Questo
ripulato scritlore discorre in serie di tutte le co-
stumanze degli antichi slavi religiose, nuziali,
mortuarie ec., derivando da quelle le costumanze
odierne del popolo slavo della Carniola, e delle
contrade a quella contermini; e parlando dei giuo-
chi, egli dice; se gli slavi avevano inclinazíone al
giuoco, saranno stati al certo i passatempi ginna-
stici. 1 laneiulli della Carniola hanno diversi giuo-
chi, fra i quali preferiscono quelli, nei quali get-
tano o scaricano verso una meta. 11 nostro autore
intende diré il bersaglio e non dice di piú. I giuo-
chi del nostro popolo non sorio al certo di sla-
va derivazione; sono gli stessi dei quali Omero
parla , e li descrive usati dai Greci e dai Troia-
ni. Se fossero proprii degli Slavi, e portali gli
avessero fra noi all'epoca del loro funesto arrivo
alie nostre terre, li si vedrebbero in uso appo
le allre popolazioni slave, se non in quelle da noi
c 103 y
ECONOMIA
COSTRLZIONE NAVALE.
(Btano d'un articoloyin di fesa de'porti-franchi
austriaci, publicato nel N. 38 del Journal des
Óesterreichische Lloyd).
Non sono più que'tempi , ne'quali il Litorale
austríaco, generalmente considerato, possedeva in
principalità gli elementi d' una florida costruzione
navale : la mancanza di materiale domestico, ac-
concio all'uopo, va pur troppo mancando in ra-
gione inversa della destrezza che i nostri costrut-
tori navali s'acquistano. I bosclii delT Illirio e della
Croazia, sono stati diradati per coprire il biso-
gno di stati marittimi stranieri; e tali non poiino
ANNI . . 1835 1836 I837 i838
io i4 3o
tonellate 1473 2297 3664 1 1
Grande cabotagg. bast im. 4 ^ ^ 2 19
tonnellate 2093 2007 1905 963
Piccolo cabott. bastirn. 3i 4$ 49 35
tonnellate 371 4°^ ^25 5o 3
B arche da pesca: bastim, 123 226 271 267
tonellate 638 246 274 266
Lungo corso: bastimenti 5
corrispondere a quanto ci occorre, in vista deü'alto
lor prezzo, del pari che i prodotti delle ferrierc
della Stiria e della Carinzia, per cui questi rami
d'industria nazionale non ponno vincere la con-
correnza di prodotti forestierí. Il rame, il canape,
il catrame, le macchine a vapore e le altre parti
componenti di ferro o di ottone devono ordinarsi
all'esterno.
Ad onta di tutte queste difficoltà , dai can-
tieri di Trieste, Venezia, Fiume, Chioggia, Por-
torè , Rovigno, Lussin, e della Dalmazia furono
varati in un decennio, dal I83Ô-I844J llon mono
di 3367 bastimenti della capacita di 96,955 ton-
nellate, dei quali 5i5 di tonn. 87,698 sono de-
stinali al lungo corso, mentre anche i bastimenti
della seconda categoría, come lo moslra il rilc-
vante numero delle tonnellate, sono destinati al
lungo corso entro i limiti del mediterráneo :
1839 1840 1841 1842 i843 Ï 844 TOTALE
4' 44 3° 25 17 21 237
1 3139 13617 8204 7780 4622 5838 69,945
25 35 i6 2i 22 28 278
2005 2871 1102 I29I 3096 17,753
36 27 3o 24 33 46 36o
366 45o 363 320 555 775 4,633
3i3 77 275 3o6 324 3io 2,492
269 420 552 737 770 452 4?öa4
Totale bastim. 2o5 316 368 351
tonnellate 4g55 6368 11043
Questo prospetto non dimostra un regolare pro-
gredimento nella coslruzione navale, nè lo puô
fare, regolandosi il complemento nel numero del
bastimenti resi inservibilí, o periti per naufragio,
giusta ćerti periodi di durata; di più il maggiore
o minoré aumento della costruzione navale, di-
pende spesso da allre circostanze. Cosí, per modo
a esempio, la grande ricerca de'frumenti perl'In-
ghilterra negli anni 1838-4«, è la causa della né-
cessita, che allora si conobbe di avere grandi ba-
stimenti da condurre grani in Inghilterra. Di pre-
sente régna pure grande attività su tutti i cantie-
ri ; imperciocchè vi si trovano a Trieste sul can-
tiere Paníili 2 piroscaíi della forza di 100 e di
120 cavalli; sul cantiere di san Marco una gran-
de nave di 555 tonn., un brigant. di 400 tonn.,
un nettaporti (cavafango) e più altri legni rninori.
A Fiume, dove la costruzione navale sombra vo-
glia corícentrarsi a molivo del tenue prezzo dei ma-
teriali, oltre a 16 navigli minori, sono in co-
struzione 5 grossi bastimenti da guerra destinati
ad essere venduti in America méridionale. Un tal
bastimento venne non ha guarí ammirato in que-
sta rada per reccellente sua costruzione. A Sus-
415 183 351 376 397 4o5 3,367
15777 17358 10221 10128 7369 9161 96,954
sak, Pignol, Pechine, Cosulich, Martinschizza
presso Fiume, a Portorè, Ika, Cherso, Ragusa,
Curzola, Lussin, Venezia e Capodistria, si stan-
no costruendo 6 navi, 12 brigantini, 5 scune ,
e molti altri bastimenti minori, il più dei quali
è destinato pel trasporto dei grani.
RIMEDIO PER LA CLOROSI DELLE PIANTE.
La clorosi delle piante è una profonda alte-
razione organica delle foglie, che da principio im-
pallidiscono, poi ingialliscono ; il deperimentó della
píanta n' è quasi sempre la conseguenza. Questa
malattia atlacca sopratutto le più delicate, e quelle
la di cui cultura esige più cure e spese.
Il sig. Gris, ha più volte esperimentato il
solfato di ferro (vitriolo verde di commercio), co-
me rimedio, e sempre ne ha ottenuti soddisfacenti
risultatí. II modo di adoperarlo consiste nell'inaf-
fiare il terreno con una soluzione di 10 a 20
gramme di solfato in un litro di aqua; cioè i a
2 partí di solfato in 5o di aqua. Più pronto si
TEATRO DI ZARA.
Se nel tempo della reallá fredda e del calco-
lo, in cui gli affelti nobili e il sentimento del
bello paiono quasi sopíti nei cuori, un'apparizio-
ne gentile viene a riaccenderne le íiamme, e par-
lare di nuove speranze; se questo accade nelle
regioni di un'arte piu che niun altra caduta in
fondo, ma piu che niun' altra alta a dilevarsi; e
se ella viene inaspetlatamente a posare fra noi,
gli ultimi per solito a godere del bene; allora gli
applausi e le lodi che prorompono piu non sono
uíficio di cortesía e d'amicizia, iría sfogo dell'en-
tusiasmo e tributo del cuore; non si loda allora,
ina si ringrazia, E a questo intendo, parlando di
madamigelia Jdelia Arrivabenej che da alcune
sere é la delizía del noslro teatro, vi chiama fre-
quenza inusata, ci fa provare le piu forti e deli-
cate emozioni, slrappa applausi clamorosi e sinceri.
. Preceduta da bella fama, festeggiala al pri-
mo apparire, con la soavitá dell'indole, la ele-
ganza dei modi, la squisitezza dell'arte sua, su-
scito negli animi ammirazione e simpatie non can-
cellabili. Di aspetto leggiadro, lirteamenti ed oc-
chi espressivi, di educazione e coltura accurate,
di non comune intelligenza , reca nella drammati-
ca qualila rare, e quella sopra tutte che sola puó
rendere eccellente un'artista, quella che fa polen-
te ogni mezzo, e senza cui non havvi dote che
vaglia : il férvido amore dell'arle. Resa accorta dal
fine suo gusto, edúcala alia scuola del Modena,
lasció ella i gran gesti le grida assordanli, le af-
fantiose smanie, gli artificii convenzionali e falsi
della maggior parte dei comici, per farsi única-
mente studiosa della natura e del vero. Con mez-
zi semplicissimi, il gesto parco e naturale, il va-
rio atteggiare del viso, la verita dell'accento ottie-
ne maraviglíosi effetti. Con intelligenza squisiia ed
artistico tatto comprende il carattere che vuol rap-
presentare , se ne impadronisee , lo rende, dalla
minima inílessione della voce all'ultimo moto del-
le dita, dalla prima all'ultima scena, con unita
e verita perfette. Nella parte della fiera duchessa
nel JBicchier d'aqua, delT appassionata Teresa,
della Clotdde3 diede ella sfolgoranti prove di si
preziosa attitudine.
Dove non si stanchi di osservare il vero, di
studiarlo , di attenervisi piu stretlamenle, che non
ai modelli non imilabili, ella attingera senza dub-
bio invidiabile meta di perfezione.
Sabbato (25 aprile) ci diede per sua benefi-
cíala la Danae del sig. Dali'Ongaro, e fu un'in-
sólita festa pel nostro teatro. Addobbato a fiori,
riboccante di luce, affollatissimo. Nembi di poesie
e di fiori, scoppii di applausi la salutarono al
primo apparire, e andarono rinnovellandosi pella
serata.
Del dramma faremo due sole parole. Noirin-
graziamo il Dall'Ongaro deH'affeUo e della stima
ch'ei mostra sentire pei Dalmati, lo ringraziamo
dell' inlenzione ch'egli ebbe di rendere on ore al no-
slro nazionale carattere, ma l'ha egli fatto veramen-
te nel suo dramma? Si conveniva a un dalmata
al Nico leale degli alti primi, l'atroce vendetta
dell'ultimo? Attendere lunghi anni, e volare ai
confini della terra , a raggiungere il suo abbietto
nimico , e apertamente affrontarlo poleva egli, non
assassinarlo vilmente né involgere i u una strage
tanli ínnocenli.
Per niun modo possono essere scusabili si-
mili azioni , meglio convengono agli eroi dei Mi-
steri di Parigi, che a'slavi leali.
L'esecuzione fu in generale assai buona. II
Ninfa Priuli rese spesso con naturalezza la parte
di Nicoj il bravo Terzuolij non lasció nell'ombra
quella piccolissima di Ive, ma XAdelia¿, ci parve in-
superabile. L'aspetto infermo e patito, il passo
dubbio e ineguale, 1'ansio terrore ch'ella prova pel
pericolo del colonnello, 1'ultimo spaventoso delirio,
rese con tale slraziante verita, cui nessuna attrice
varrebbe a superare.
A rendere compiuto il trattenimento nel mo-
do piu gradito esegui l'orchestra una muta di wal-
zer¿ bellissimo lavoro del sig. Giovanni Salghet-
ti. Fu egli chiamato piu volte sul proscenio , e si
volle la replica del pezzo. Questo giovíne ingegno,
che, come il Tommaseo scriveva, ama la música
di nobile amore, possiede qualitä distinte, e de-
cisa attitudine a riuscire ncU'arte. OíFriva gia egli
in varié romanze e canzoni, rese di pubblica ra-
gione saggi tali del valor suo, da darci diritlo di
esigere qualche cosa di piu. Che egli atiende a
lavoro di maggior lena, noi gia sappiamo, perse-
veri egli costantemente, non día addietro per diffi-
colta nessuna; pensi che la patria e l'arte mollo
attendono da lui, e ch'ei deve avverarne le spe-
ranze.
Di questa straordinaría serata noi serberemo
memoria gradila, e a coloro che ne fecero gusta-
re emozioni si dolci, gratitudine vera.
-C 166 )-
Intorno alie Carovane di Spalato.
(Dal giorn. ital. del Lloyd Ans. N. 75 a. c.)
Vivaient en paix
Certain pamphlet survient
Et voilà la guerre alumée.
Annnnziava uno zelante nostro concittadino
nella Gazzettadi Zara, e nel Giornaie del Llojd
austríaco N. 148 anno i845 , l'esultanza degli
abilanti di Spalato all'occasione del primo arrivo
delle carovane turche a questo lazzaretto, preco-
nizzando altresî con fondati motivi que'beneficî al
commercio ed ail'industria nazionale, cui allude-
vano i voti ardentissimi délia sua patria, e che
mossero le paterne Sovrane cure a concedere la
riaperlura del lazzaretto medesimo. L'opposizione
ed il contrasto, che, come nel físico, cosí nel mo-
rale, costituiscono il vero elemento dell'attività e
della vita, si destarono sensibilmente nell'animo
del ch.mo sig. A. Fenzi di Sebenico, allorchè col-
Tarticolo inserito nella Dalinazia, al Num. 7, di
quest'anno, si pensó di attaccare di fronte la spe-
rata utilità del commercio di Spalato a mezzo
della nuova istituzioue già detta. — Si consoli pero
il mió concittadino coll' idea , che nella natura e
nella società tutto vive appunto peí contrasto e
per l'opposizione, li quali rattenuti ne'giusti li-
miti della saviezza e della moderazione, conduco-
no alla fine pur essi al felice risultamento della
medesima combattuta intrapresa. -- Nel ramo il
più complicato dell' industria umana, com* è il
commercio, le dispute di opinione ci trascinereb-
bero nel pelago dell' imaginazione che non ha
limiti : per tale motivo il testo adottato dal sig.
Fenzi, ed il libro sul commercio, publicato dal
celebre metafisico, che veneriamo cjual autore del
trattato dei sistemi e delle sensazioni, incontrarono
degli oppositori, anzi furono vivamente combat-
tuti da tanti economisli suoi contemporanei ed a
lui posteriori. E se le opinioni di Condillac su-
birono questa sorte, non dovremo forse appigliar-
ci alia modesta divisa del dotlissimo Montaigne ,
per esclamare in ogni caso di dubbio e d'incer-
tezza: Che cosa so? — In falto di commercio fia
sempre miglior partito l'attenersi al positivo, alia
verità effettuale delle cose, anzi che all' imagi-
nazione, o, per meglio spiegarci, all' interesse
generale o particolare, che ci guidera sicuramen-
te nel campo della realtà -- La sincera storia del
lazzaretto di Spalato, e del suo commercio colla
Turchia, riepilogata nel giornale del Lloyd ai Nu-
meri 1 19, 121 e 122 della. 1842, le tradizioni di
tanti illuslri concittadini uniformemente accennano
alia grandiosa esporlazione del sale regio, che gli
Ottomani facevano a mezzo della carovane acce-
denti al lazzaretto, ne adducono i motívi, come
pure 1' indispensabile necessità di questo traffico
per I' interesse comune dei due popoli , il quale
versava altresî più milioni ogni armo nelle publi-
che casse. L' interesse del fisco collegato maisem-
pre con quello dei sudditi e viceversa, favorito in
cotai modo a dovizia nelle peculiari sue esigenze,
sosteneva dolcemente la reggenza del paese, il
quale andando esente dal pondo di maggior im-
posta publica, benediva la causa di una condicio-
ne cotanto avventurosa e felice. Questi decisivi
fatti furono dal sig. Fenzi preteriti, e nell asseri-
re, che i dalmali commerciavano ne'tempi andati
utilmente co'Turchi, anche senza del sale, prese
di mira soltanto quei punti della provincia, ove-
rano attivate le cosí dette bazzane, siccome a Srar-
dona, Sebenico ecc., e nelle quali era permessa
1' importazione de' soli generi di Turchia non su-
scettibili, o d'immediato espurgo coll'aqua , vale
a dire, il bestiame , calrame, cereali, írutta, fer-
ro ecc., scambiati con vino, aquavile, olio ecc.
Ma la limitata sfera delle operazioni inerenti a
quel traffico si trova bastantemente bilanciata col-
l'esporlazione cd importazione vicendevole de' ri-
spettivi prodolti dei due paesi, oltrecchè del sale
gli Ottomani confinarii con que' distretti facevano,
come al presente, pochissimo consumo. — 11 com-
mercio di Spalato e del suo lazzaretto non s* re-
stringe va pero a quei minimi termini ; laonde a
maggiori fonli di risorse alludono le sovrane con-
cessioni, ed il voto de' Spalatini nell'avvenuta rial-
tivazione dei rapporti d' interesse colla Turchia.
-- E impossibile dubitare che Spalato in confron-
to d'ogni altro paese della Dalmazia , sia il pun-
to adattato dalla natura peí commercio sí d' im-
portazione che d'esportazione colla Bosnia, col-
r Erzegovina, colla Servia e perfino coli'Albania,
costituendone lo scalo più prossimo, più sicuro,
men dispendioso e più opportuno per le comuni-
cazioni eziandio co'paesi esterni dell'una e del-
l'aitra riva deü'Adriatico. 11 suo lazzaretto con-
corre a migliorarne eminentemente la condizione;
ma dacchè fu riaperto, scorsero appena i pochi
mesi di necessaria sterilità nell' ordinario moto
commerciale, il cui breve periodo era insuficien-
te a dar nuova vita agli anliquali rapporti colla
Turchia, logori dall'inazione e dall'ozio in cui
per ben 33 anni circa furono mantenuti. — Ma
gli Ottomani ricordando con esullanza il passato,
e sapendo moho bene calcolare il proprio inte-
resse, non hanno perduto inútilmente un'istante:
ripetule domande innalzarono alia reggenza pu-
blica , onde fosse loro çoncesso il sale regio a
—C 174
levo gli aiiimi, e n pert o il suo pensiero con le nobili famiglie ungheresi, pássate a ripararsi nei veneti dominii, cominciô a traltar del modo di levar di dosso il giogo oltomano. Non manca-rono queste di conforli e di promesse per parte del veneto señalo; ed egli spargendo più sempre i semi del malcontenlo, dipingeva con forti paro-le la facilita del rinvollarsi contro i nemici della religione, la gloria che ne ritrarrebbero, e il van-taggio, le concessioni che la clemenza veneta per tale azione largirebbe. -- Non pero gli fu dato di condurre a termine il suo disegno, per ¡inmatura morte, ea lui segui Giorgio Pavich.
P. Franceschi.
ICON 0ÏIIA
Intomo alie Caro vane di Spalato.
(Vedi il N. preced.). 11 travaglio diceva l'immortale Adam Smith, co-stituisce la ricchezza per eccellenza; egli è la vera misura d'ogwi valore; une chose ne vaut que la quantité de travail qu elle peut acheter. Questa è la teoria, che dev'essere bene compresa dai dal-mati, e che decider puo della lor sorte futura, menlre le citazioni del sig. Fenzi concernono úni-camente il commercio di permuta, che non è il solo scopo del commercio colle carovane e di quello di ogui allro paese. Se non potremo sempre utilmente permutare, locchè niente decide della ricchezza di un paese, dovremo acquistare con economia per noi medesimi, e per conto allrui, dovremmo sfor-zarci di lavorare anche in commissione, purchè Je braccia e. le forze intelligenti siano coslantemen-te impiegate. L'attività dell'uomo esercitata nel sod-disfare ai proprii bisogni, offre iu risullato l'ab-bondanza delle ricchezze , siccotne viceversa Y ina-zione, e l'insufficienza cagionano la miseria, es-sendo altresi ritenuto fermamente, che il danaro sebbene formi una delle più eminenti espressionî della ricchezza, non potrebbe perô mai isolatamen-te costituire il capitale esclusivo di una nazione. — Niente importa , che il danaro sorta per un momento di soverchio, e per una o più eventuali operazioni dalla provincia, quando i veri elementi del capitale nazionale ne síano compensali mediante una riproduzione equivalente ; locchè appunto si verifica nel gran movimento del commercio, in cui lutte le intelligence, ogni ramo d'industria hanno distintamenle e senza interruzioni di che occuparsi. Ció, speriamo, avverrà nelle transazioni, e nel con-
sorzio co'Turchi nel nostro lazzaretto, in cui sen* za ostacoli, ed anzi per necessilà caleranno a basso prezzo i prodotti delle vicine ricchissime provincie oltomane, lorquando la saggezza del governo nel secondare i desiderii di quelle popolazioni, vorrà eoncedere la vendita del sale a prezzo di lavore anche nel lazzaretto stesso, e di tal modo ¡1 con-sumatore, 1'industrioso, l'economo, il navigante, il facchino troveranno motivi di esercitarvi gior-nalmente vantaggioso lavoro. Non pretendiamo perció di lar rieco ognuno mediante il nostro commercio colla Turchia, nè di sbandire imme-diatamente ogni miseria dalla provincia. Fieri del sentimentu di patria, iutendiamo opporci alie idee del sig. Fenzi, colle quali in chiusa del suo ar-licolo vorrebbe perlino negar all uomo la capacita di crear circoslanze utili al proprio interesse, di-menticando quanto disse Bacone, che la scienza è potenza, e che l'uomo sapiente comanda alia natura stessa. Le innumerevoli creazioni dell' in-telletlo e dell' ingegno umauo , che alia giornata si succedono e rendono stupefatli gli osservatori, furono pure da lui dimenlicate. E che dir do-vremmo deli'eminente condizione della Granbre-tagna, che opera dapperlutlo, e che si scuole per ogni cosa che awenga in ogni parte del globo , e ció non solo nel seguire, ma nel creare eirco-stauze, che facciano al bene ed alla prosperilà del suo commercio ! Gl' Inglesi nel travaglio del-le lor mani ritrovano il miglior prezzo, e col su-dore della fronte rinvennero negli innumerevoli loro possedimenlí abbastanza forza e ricchezza per farsi invidiare e temere dovunque. Venezia, Ge-nova, Pisa e tante altre, perché abbagliate da pronte acquisite fortune hanno preterilo il lavoro, dimentícando ch'esso solo poteva garantiré la du-rata del loro splendore, da cui per queslo prin-cipale motivo sono decadute. La vicinissima e fio-renle Trieste, che gareggia colle prime piazze com-mercial'! del mondo, non sarà forse il più lumi-noso esempio del prodigioso risultato del lavoro e deU'attivilà, quantunque le più importanti ope-razioni del suo traífico apparlengano alia commis-sione ed al transito?
E sebbene l'agricoltura possa offrire a lungo andaré de' beni men passeggieri e non esposti a vicende, concillando ¡n conseguenza speranze di maggior agiatezza; tuttavia non esiteremo in-nanzi all'alluale condizione física e morale della provincia, di eccitare gl¡ animi, a donarsi con tutla possa anche al commercio, che sostenulo da costante lavoro ed operosità in ogni suo ramo di speculazione, di commissione e di economia, sarà il più pronio e sicuro mezzo alla costiluzione di