Zara 26 settembre.
Abbiamo sempre udito dire che chi piglia a
difendersi di accuse e rimproveri che altri non si
pensa di dargli , fa credere che la coscienza gli
rimorda di veramente meritarle; onde dal credere
rivolte a sè, g li scrittori del Ntizioìinlc^ le nostre
parole in risposta alle Narodne Novine, o meglio
al loro corrispondente di Zara., e mostrarsene vi-
vamente punti, potremmo legittimamente dedurre,
€he delle impertinenze per noi segnalate eglino
non abbiano in tutto netti il pensiero e la penna.
Ma questa credenza noi non avevamo menoma-
mente fatta supporre, e se abbiamo detto, che
i probabili scrittori di certi articoli scritti con-
tro di noi in islavo, potevamo quasi indovinarli
poiché movevano da qui; gli scrittori del Nazio-
nale non avevano ragione di credere che noi in-
tendessimo solamente di loro. Non di soli gli
scrittori del Nazionale si compone il partito an-
nessionista, per esiguo che sia, nè solo essi è pro-
babile 0 possibile che ci scrivano contro: non
sono i soli scrittori del Nai-ionale, di cui non
abbiamo molta ragione di tener conto delie pa-
role; e, come scritti, slavi non potevamo mai cre-
derli di loro, che scrivono costantemente in ita-
liano, che è la lingua che meglio conoscono, e
forse quella che sola conoscono.
La corrispondenza poi di cui parliamo, contiene
espressioni così scurili, (come dove dice ironica-
mente l'autore entiarghsi il ventre pel dolore della
nostra morte) che noi dovevamo reputarle impos-
sibili a chi ha indole e natura e costume italiano,
ed ebbe italiana educazione, e potremmo crederle
soltanto proprie di tale che non ebbe da prim' anni
e fino a matura età altra coltura che la slava, nè
altra lingua che la slava conobbe, di tale che mal-
grado la successiva superficiale politura, "tiene anco-
ra del monte e del macigno. „ E questo sia ghistizia
agli uni ed agU altri, e "suggel che ogni uomo
sganni,,. Era pertanto assai meglio che gli scrittori
del Nazionale, che pure hanno tante Yolte passato
sopra a parole ben altrimenti severe, da noi volte
ad essi direttamente, si fossero tenuti cheti anche
adesso die non ci passavano neppure per mente.
Che poi gli scrittori del, Nazionale amino di
vederci lungamente in vita, ci rallegriamo assai, e
perchè siamo appunto, come sanno, in grado di
poter dar loro questa consolazione, e perchè mo-
strano a questo modo un singolare amore per
la verità che siamo soliti a dire sempre con molta
franchezza, anche quando giunge a scalfir loro la
pelle 0 a scuoiare le terga. E così questo amore
della verità fosse in essi costante, e non chiamas-
sero polemica il dimostrarla e l'ammirarla e
difenderla, come fanno poi quando noi diciamo at-
tendere dal Ferrari-CupiUi die ponga in chiaro delle
utilità che a Dalmazia vennero dall' Italia, utilità
che eglino tuttavia confermano, e colla istruzione
che hanno, e colla lingua che sola possono scri-
vere, e che adoperano anche quando s' avvisano
di combatterla e di imprecarla.
Nè maggiore amore di verità mostrano, nè molto
buon senso, quando, a guarentigia della immorta-
lità delle Narodne Novine, citano il nome del loro
redattore già passato nella storia! Del sig. Lodo-
vico Gay, noi non ci siamo sognati di far parola,
non ci siamo mai immaginati che egli fosse per
modo conglutinato col giornale da lui diretto, che
dovessero passare insieme nella storia, traendo seco
tutti i collaboratori, compreso il corrispondente di
Zara, e, per poco che lo conoscessimo, credevamo
aver egli migliori titoU a memoria durevole che le
Novine, Poi, dal passare nella storia, al passare in
un hbro di storia ci corre, dacché nomi sono re-
gistrati in certi libri di storie che vi stanno come
in un vero sepolcro, anzi in una bara, con la quale
insieme giacciono poi in eterno con la memoria
dello storiografo, nella polvere delle bibhoteche.
Da ultimo, li è parlato di un Gay di trent' anni fa,
il quale lasciamo giudicare agli scrittori del Na-
rionale se sia quel medesimo d'oggidì; lasciamo
giudicare se quello d' oggidì abbia mantenuto per
r appunto, sia letterariamente e scientificamente,
già civilmente, le })romesse di quello di allora.
— -r-
Un G. ad un I.
Lettera quinta.
(Conlinuazione del n. 35, e finej, ,
Dalle opere che i Veneziani distrussero nella
città di Zara, a quelle passiamo che vi edifica-
rono, ed anzi tutto alle nuove fortificazioni ar-
restiamoci. Udendo te, mio buon I, parrebbe che
queste siano state da loro eseguite a marcio di-
spetto dei cittadini, per tenerli megho in sogge-
zione, e che il timore dei Turchi fosse un mero
prelesto ad eseguirle. Quindi era, che i cittadini stes-
si, da cui ciò bene sapevasi, di tali opere favellando,
le dicevano ironicamente loro, cioè dei Veneziani,
come appieno comprovano documenti a te noti.
Altri documenti però noi teniamo sott'occhio, con
cui Zara prejaua il Senato di provvedere alla sua
tutela con rafforzamenti, e non soltanto per sè,
ma per Nona pregava, per Vrana, e per altri luo-
ghi che ne abbisognavano. Ned il Senato a se-
condare queste preghiere mostra vasi, per verità,
frettoloso, talché ancora nel 1570, quantunque
già da oltre un secolo i Turchi ne scorrazzassero
il territorio, non si trovava la città nostra in buon
ordine di difesa; laonde la Comunità, nel man-
dare in queir anno ambasciatori a Venezia, fra
le altre commissioni dava loro pur la seguente :
"Et perchè habbiamo il nemico fino sulle porte, si
può dire, di questa importantissùna città, la quale
non si attrovando in quel stato di fortezza, che
per così potente et vicino nemico bisognerebbe;
supplicar con ogni riverentia che Sua Serenità,
considerata V importanza, lo stato et bisogno di
questa città . . . . dia quell'ordine, che parerà
al suo sapientissimo giudicio, acciò che con cele-
rità sia ridotta in istato tale, che metta ter^we
al nemico, et sicurtà a noi poveri liabitan
questa città.,, —
Ed allora fu appunto che si dovè la Repub-
blica da buon senno incalorir nel!' impresa, portato
avendo la perdita ch'essa fece in quell'epoca del
regno di Cipro le conseguenze più gravi anche
per la Dalmazia, che invasa dai Turchi, vide le
mezzelune brillare di luce funesta fin sotto le mura
delle città sue marittime, nelle angustie medesime
ricadute che nove'secoli addietro saggiate avevano
per le invasioni barbariche. E tutto ciò dirassi
un pretesto alle difese che i Veneziani in Zara
eseguirono ? E per un mero pretesto avrà la Re-
pubblica sprecato milioni di ducati, colla ftidUtà
stessa con cui del diritto storico fecer altri a'dì
nostri un pretesto per l'annessione famosa? E le
storie che narrano le sanguinose e lunghe lotte so-
stenute dai Dalmati cogli Ottomani, e le oppressioni
e i danni patiti, non altro saranno che romantiche
fole spacciate per accreditare pretesti? — Ma
queir ironico loro, .col quale, a tuo dire, i vecchi
Zaratini le nuove opere veneziane additavano ? —
E come farlo poteano diversamente? Così le no-
mavano, perchè sapeano benissimo che il governo
solo doveva ad oggetti simili provvedere, nel modo
stesso che i Zaratini attuali non potrebbero cer-
tamente dir nostre le opere austriache di tale genere.
Nè soltanto le opere di difesa la trista politica
dei Veneziani ci testimoniano ; quelle pure d'ador-
namento non furono senza peccato, e peccato mor-
tale. Pruova la così detta loggia del Comune, dal-
l' orgoglio del dominatore, a tuo giudizio, costrutta
sulla principal nostra piazza nel decoroso modo che
tuttora si vede. — Le difese pretesto, gli abbel-
hmenti orgoglio-, lo dice un I, e tanto basta. —
Ma cosa rispondono ad esso i fatti? — Lasciamo
che dell'arricchir le città d'opere vaghe e gran-
diose fu sempre da tutti i civili popoli saputo
grado alla splendidezza dei principi, e che troppo
vorrebbesi Zara ingrata e scortese al governo ve-
neto, il quale tanto fu sempre colla sua magnifi-
cenza edilizia benemerito delle arti, ed a cui essa
deve il piìi delle mighori fabbriche ond' ora s'ab-
bella; nel caso della nostra loggia il fatto stà,
mio buon I, eh' essa era, molto prima del veneto
reggimento, ed anzi è da credere fino dai tempi
del tanto da te vantato Comune hbero, un edificio
ragguardevole e da colonne sorretta), come si ri-
leva dal Memoriale del nostro de'Paoli; e se
danneggiata dal tempo, i Veneziani la ricostruì-
sero dai fondamenti nella forma nobile in cui
l'aveano trovata, non servirono con ciò pinito al-
l'orgogho proprio, ma sibbene alla dignità del
luogo, ed .ai riguardi per una città, che usa alla
vista d' un edificio sontuoso, mal avrebbe potuto
veder fatto altrimenti. p]d altrimenti avesser eglino
davvero fatto; avessero invece o non pii^i rico-
strutta, 0 ricostrutta meno elegantemente la no-
stra loggia; cosa ora direbbesi da taluni? —
Griderebbero alla barbarie, come oraparlan d'or-
goglio.
Sulla piazza medesima dov'è la loggia, edifica-
rono i Veneziani anche il corpo di guardia ; ma
vedi malizia ! proprio di fronte a quella, e barri-
cato (sono, mio buon I, tue parole) di solida trin-
cea di pietra, con due fori ben profilati, da cui
vomitar morte al bisogno ; e contro chi, già s'in-
tende : contro i cittadini, che in essa loggia rac-
colti, non si ricordassero per avventura di non
essere più il Comune libero d'una volta. —• Io
non dirò dell'uso d'erigere simili principali sta-
zioni militari nei siti principali delle città, e del-
l'opportunità ch'ebbero i Veneziani d'approfittare
del fondo d'una soppressa chiesa, ceduto al go-
verno dal Capitolo metropolitano, per ivi costruire
il corpo di guardia nostro piuttosto che in altro
punto; non dirò che se la loggia nel tempo ve-
neto era il pubblico tribunale dei dominatori stessi,
ed i cittadini ridotti eran larve di libertà, e il
nome stesso di loggia del Cornane non era che un
mentimento di hbertà, cose tutte da te pretese,
tornava inutile affatto quel militare spauracchio
rizzato ad essa di fronte; non dirò, per ultimo,
che, comunque le cose fossero, sendo stato pian-
tato il corpo di guardia nel 1562 e rifabbricata
la loggia nel 1565, sarebbe questa che colla, sua
maestosa presenza venne a porsi dell' altro in faccia,
•e a sfidarne, per così dir, l'arroganza. Una cosa
dirò soltanto, che tutti distrugge i tuoi castelU di
carta, cioè: che il corpo di guardia non è, come
a te parve, di pianta opera veneziana; che i Ve-
neziani non ci tenevan cannoni ; e che quella trin-
cea di pietra coi ben profilati buchi pei medesimi
non fu veneziana idea, ma fattura della prima
dominazione austriaca, e disegno dello slavo in-
gegnere Gian Nicolò Voinovich - Nachich. La dif-
ferenza del materiale e del lavoro balza troppo
chiaramente all' occhio ci' ognuno, che turbato non
sia da traveggole, per distinguere l'opera del 1562
da quella del 1798, ed in ogni caso, tu che onori
di lettura i lunarii, potevi anche ciò rilevare dal
Rammentatore zaratino del 1844, e più precisa-
menle dall'altro La città di Zara del 1856.
Insieme colle fortificazioni surse anche la nostra
porta di terraferma, in cui tutto bello, tutto gran-
de, tutto magnifico, da te pur mio buon I, col
tuo solito ghigno, fu ritrovato; ma v'è un oggetto
anche là, sopra cui l'occhio tuo slavo mestamente si
ferma : il leone di San Marco, stemma di Venezia,,
molto più grandeggiante del cavallo di Stm Griso-
gono, stemma di Zara. Ed ecco in tal sproporzione
frisum teneaUs amici) il simbolo del più ingenerosa
dilegio del vincitore sul vinto, di Venezia su Zara.
Povero Sanmicheh! chi mai t'avrebbe detto che di
sì prave intenzioni sarebbe un giorno accusata
l'opera tua, e in ciò che all'occhio tuo sperto
consigliavan le norme del bello simetrico, altri oc-
chi, di tempra ben differente, scoperto avrebbero
dopo tre secoli un marchio di schiavitù, un sim-
bolo artificioso di soperchianza e d'insulto ! All' a-
cutezza di questi occhi sfuggiva però la bella i-
scrizione della porta stessa, in cui viene tant'o-
norevolmente indicata la città nostra con quelle
parole: Ciim urbeni Dalmatice princìpeni, oltni Po-
pali Romani Coloniam ecc.; parole tutt'altro che
di sprezzo e dilegio, e che poste daccanto a quel
civico stemma, compensano ben largamente la mal
notata sua piccolezza. Ad ogai modo, se la forma
pili rimarchevole dello stemma d'un regno in con-
fronto a quello d'una città puossi ritenere per un
dilegio, sarebb'esso già ricaduto su Venezia me-
desima, la quale vede ora nel proprio stemma
l'aquila con due teste accoccolata in proporzioni
molto più grandi sopra il leone con l'ali; e così
Zara ne sarebbe pienamente già vendicata, ov'ella
mai nutrire avesse potuto q'iaìche igimobile riseu-
fomerei slivaj, che è più appropriato a dinotare
concorso che è per-se.^tesso durativo. Dunque in-
vece ^di slecenje vlasinèUm- primUajem, proporrei:
stečaj mjslva primakom. E se si trattasse di indi-
care proprietà reaìe, materiale, direi mjina invece
di svojstvo, perciocché passa differenza da carstvo e
carevina, kraljevsto e kraljecina, baHl'mstvo e baština
ecc. che a dritto e rovescio si usano dagli scrittori.
V. Accettare pri/it^a/eVi, pW/ipaJa//; la cambiale—
prihvatili mjenieii.
Nego che prihvatiti è dire accettare, perciocché
vuol dire dar di piglio; e si può pigHare, chiap-
pare, ricevere, senza accettare. Io direi uzeti na
se, che mostra obbligo appunto, quindi invece di
prihvatiti mjenicu, direi uzeti (uzimati) na se minicu^
E ancora nella prima pagina del ridetto Ma-
nuale altri vocaboli ci trovano che non mi pac-
ciono, come sarebbero: zavedenje, ìakcemsta, okolnost
occ. che sono di minor rilievo dei precedenti.
Ritengo che ancora lingua formata non abbiamo;
che allora sarà, quando qualcuno dei nostri, dotato
di beli' ingegno e di mezzi, dopo aver compito le
scientifiche discipline per necessità in lingua non
nostra, invece di darsi alla tempestosa carriera uf-
ficiale, si riducesse in mezzo del popolo nostro,
che ancora non ha avuto i suoi missionari, e in
luoghi ancor vergini dove meglio la lingua si parla,
e dove non vivono nè concorrono i dotti ( per-
ciocché penso che questi diffondono e seminano
cattivi vocaboli ), ; onde studiare lingua e costumi
nazionali, e così dopo parecchi anni di cotal lo-
devole tirocinio, dopo essersi emancipato dal pen-
siero straniero, sapere scrivere dei buoni libri ad
istruzione degh ignari delle bellezze di nostra lin-
gua; e certamente che là arriverebbe ad ascoltare,
e ad approfittare di qualche lezione di filosofia
volgare, simile a quella che toccò al dottissimo
nostro Visiani; il quale mi raccontò, che aven-
dolo in campagna toscana incontrato una povera
villanella con un bambino in braccio, questi ve-
dendolo si mise a gridare ; ed egli alla donna :
ha paura! No, rispose: non ha paura, ma ha
timore. Bella lezione'.
Spalato, li 29 settembre 1862.
prof. ANTONIO KUZMANICH.
Zara 3 ottobre.
Il nostro teatro, che sta per aprirsi tra poche
sere allo spettacolo d'opera da due anni deside-
rato, quasi a farci gustare un preludio dei pia-
ceri musicah che ci attendono, fu rallegrato, la
sera del primo ottobre, da un'Accademia vocale
e istrumentale, datavi a beneficio del fondo pen-
sioni pei capo-banda dell'i, r. armata, dalla banda
di questo reggimento conte Thun, e dai sigg. di-
lettanti filarmonici gentilmente prestatisi.
Furono de'pezzi più notevoli, il concerto di
cembalo dato dalla sig. Carolina Weingartner iiob.
di Miinzberg, che vi eseguì un capriccio di Blu-
jneiìthal, intitolato La sorgente, e una grande polka
del M. Walace, con perfezione tale d^ disgradarne
qualsiasi concertista. Non i soli esperti nell' arte,
che sanno più giustamente valutare le difficoltà
superate, ma ognuno che ha orecchi sani dovette
ascoltare con maraviglia quel profluvio di note
ora fragorose e potenti, ora soavi e s^fuggevoli,
,come cinguettio di augelli, che con nitidezza
impareggiabile scaturivano sotto le agih dita della
suonatrice. Alcune variazioni per Euphonium, sopra
tema originale del M. Hojrny, furono eseguite dal
sig, Francesco Olbrich con rara valentia ; ma
forse la scelta del pezzo, mirabile per difficoltà,
non fu la più addatta a far sentire Iq, perfezione e
la natura di quello strumento, capace, dicesij di
tutta la scala e di tutti gli effetti della voce u-
mana, dalle profonde note di basso alle alte di
soprano. Eseguì pure, con grande esattezza e dol-
cezza di espressione, jl finale della, Luoia ridotto
per violoncello, il sig, Valentino Kolovrat. Né
è meno d^ notare la sinfonia del Guglielmo Teli,
eseguita magi^trj^Iiqente, a otto mani sul cembalo,
dalle signore Maria Q-yor^y de Diakona, Carolina
Weingartner nobile de Munzberg, e dai signori
Rodolfo Nejebse e4 Aatonip Bayasio.
Tra i pezzi di canto è a far cenno del duetto d(i
Masnadieri : T abbraccio Carlo, eseguito dalla sigii.
Cariotta Bianchi e dal sig. Riccardo Fabbrovich,
con passionata espressione e profondo sentimen-
to musicale. La Bianchi cantò poscia l'aria della
Maria di Rohan: Havvi un Dio che in sua clemenza,
provando una volta di più, come l' area del no-
stro teatro, tanto maggiore della sala Luxardo,
non tolga quasi nulla all'effetto della sua bella
voce' e del suo canto educato a sì perfetta scuola;
ma pure facendo nascere il desiderio che gli allie\i
deir istituto vengano esercitati in recinto più vasto,
affinchè le loro voci acquistino tutto lo svilup-
po di cui sono suscettibili, e che 1' arte perse-
verante e lo sforzo regolato possono rendere mag-
giore di molto. Così i trattenimenti musicali po-
tessero darsi in luogo più spazioso ed armonico!
così si potessero vincere ostacoH che vieta-
rono finora di darli ia teatro ! E, chi sa? Molti
di quelli die paiono ostacoli, gioverebbero invece
all' avanzamento e perfezione dell' istituzione. Tale
è il bisogno di sostituire in teatro al cembalo la
orchestra, senza la quale non vi può essere perfetta
esecuzione. Le spese a ciò necessarie, certo sareb-
bero gravi, ma la migliore quahtà dei trattenimen-
ti, e r agevolezza di proffittarne tutti i soci che
adesso non v'è, per 1'angustia del locale, ne ac-
crescerebbe il numero e le rendite, tanto da quasi
compensarle: la necessità poi dell'orchestra, mol-
tiplicherebbe i dilettanti suonatori, così da giun-
gere poi a possederne una tutta di dilettanti, con
poco dispendio. Se non chèj chi ha proveduto così
bene pel passato, continuerà certo i suoi sforzi per
il perfezionamento avvenire.
Il d.r de Stermioh cantò il prologo con cori
deìVEbreo: Salve a luce dei credenti, con maestria
ed effetto, quali erano da lui da attendere; il d.r
Milcovich, l'aria del Giuramento: Alla pace deglie-
letti, dando un bel saggio di quella sua vigorosa
e hmpida voce, che va facendosi più somore pro-
fonda, e che per cogliere l'effetto non ha bisogno
di sforzo. Mirabili soprattutto, per esattezza di e-
secuzione, e per effetto incantevole, furono poi quei
cori, di uomim e donué, che troppo ci fanvio pau-
sare con dolore all'Opera- ventura, dove saremo
costretti a far senza di donne e contentarci di dieci
0 dodici coristi stuonati. Ma forse noi siamo sover-
chiamente pessimisti. Non occorre poi dire che
la banda militare eseguì con la sua consueta esat-
tezza, sia la sinfonia della Semiramide che diè
principio, come la fantasia che diè fine al tratte-
nimento. Gli applausi poi e le chiamate, e i festeg-
giamenti del pubblico resero più che mai biillante
il trattenimento.
(Articolo comunicato)
NECROLOGIA,
Viveva nell' archivio di un tribunale un uomo
malaticcio, miope, silenzioso ; e quest' uomo aveva
un carattere onestissimo, un'intelligenza pronta e
comprensiva che gli diè facoltà di apprender pa-
recchie lingue, un retto giudizio, una calda premura
in compiacere a ogni onesta domanda, un raro di-
sinteresse, una rarissima modestia, un cuore tene-
rissimo per suo padre e sua sorella che aiutava
colle sue fatiche, un sentire nobile e liberale ; e
quest' uomo che si chiamava Michele Vezilich morì
a Ragusa li 22 settembre di 38 anni.
La stima universale C1IQ.VVÌVO godette, lui morto
coroni con pubbhca testimonianza. L. S.
Notizie politiche.
AUSTRIA.
Vienna, 27 settembre. Quest'oggi fu pronunciata
la sentenza nel processo Kalab. L'accusato fu con-
dannato a dieci anni di carcere duro.
GERMANIA.
Berlino 9 settembre. Neil' odierna seduta della
Camera dei Deputaii, il sig. de Bismark dichiarò
che il Governo ritirava il bilancio per l'anno 1863,
riservandosi di riprodurlo nella prossima sessione,
assieme ad un relativo progetto di legge.
Weimar, 29 settembre. All' assemblea per la rap-
p:esentanza popolare intervennero 180 membri-
Fries fu nominato presidente. Unruh e Brater vi-
cepresidenti. La commissione propose: Il cangia-
mento del diritto costituzionale germanico è am-
missibile soltanto colla cooperazione d'una rappre-
sentanza nazionale liberamente eletta; si deve re-
spingere la partecipazione a un' assemblea di de-
legati per la formazione del tribunal federale, ed
attenersi fermamente all' idea del Parlamento con
un potere centrale; conviene adoperarsi per con-
vertire la Confederazione di Stati in uno Stato
federativo; e risérbato l'ingresso dell' Austria te-
desca, ed escluso quello dell' intera monarchia au-
striaca.
Fu presentata poi la seguente proposta di con-
cihazione: L'unità mediante uno Stato federativo
a tenore della costituzione dell' Impero germanico
del 1849 è una necessità politica. Il Parlamento
deve uscire da libere elezioni popolari. Riguardo
all'Austria, la proposta è come quella della com-
missione. La proposizione conciliativa fu approvata
con 4 soli voti contrari.
ITALIA.
Leggesi nella Gazz. Ufficiale del Rìgno del 28
settembre.
Il matrimonio fra S. A. R. la principessa Ma-
ria Pia e S. M. il re don Luigi I di Portogallo
e delle Algarvie è stato celebrato stamane alle
ore 11 per procura nella cappella del palazzo
reale. Lo sposo venne rappresentato all'altare da
S. A. R. il principe di Savoia Carignano, qual
procuratore speciale per quest' atto.
La benedizione nuziale fu impartita dall'arci-
vescovo di Genova monsignor Charvaz, testimoni
i vescovi di Pinerolo, Biella, Cremona ed Alife.
Assistevano alla solenne cerimonia S. M. il re con
tutta la regia famiglia, e le LL. AA. II. il prin-
cipe Napoleone, la principessa Matilde.
Facevano corona agU augusti personaggi la Mis-
sione straordinaria di Portogallo, presieduta da
S. E. il marchese di Laulè, e quella regia Lega-
zione, i grandi uffiziali dello Stato e le Case del
re e dei principi e delle principesse presenti.
I corridoi, le sale, le scale del palazzo reale
erano affollatissimi di signore.
S. M. la regina Maria Pia di Portogallo partì
domenica da Torino alle ore undici e mezza per
Genova, accompagnata da S. M. il re Vittorio E-
manuele, dal principe Napoleone, la principessa
Clotilde, i principi Umberto ad Amedeo, la du-
chessa di Genova, il principe di Carignano, dalla
corte del re, dal presidente del consiglio e da pa-
recchi ministri.
INGHn.TERRA.
Londra, 27 settembre. Un rapporto del dottore
Pastridge al comitato di Garibaldi reca: L'infiam-
mazione e i dolori sono cessati. Dopo alcuni mesi,
il piede di Garibaldi sarà ristabilito, ma rimarrà
rigido.
AMERICA.
Nova-York 18 settembre. Assicurasi che Char-
lestown sia bloccato dalle cannoniere dei Confe-
derati. Anche il forte Sumter venne bombardato
e gravemente danneggiato. Il congresso dei Con-
federati approvò r invasione del Maryland e d'al-
tri Stati del Sud.
Telegramma.
Da Vienna, 3 (mezzodì): Tirino, 2. La Di"^eus-
sione porta : La principessa Pia do:nandò grazia
per quelli che presero parte agli ultimi avveni-
menti. La di lei preghiera fu esaudita. — Do-
menica ventura comparirà il decreta d'amnistia
per Garibaldi e complici. Esclusi puramjute i di-
sertori dell' armata. 0. D,
AVVISO
per r ediicaziono femininile.
L'istituto per l'educazione superiore delle fan-
ciulle in Fiume il quale riceve educande interne
e seminterne, continuerà i suoi regolari corsi annui
di undici mesi, incominciando col 1 ottobre. I re-
lativi statuti od opportuni schiarimenti si rice-
vono, a richiesta, dalla
direttrice ROSALIA WASSICH.
Tipografi« Fratelli BATTAEA/ VINCENZO DUPLANCICH Piedattore responsabile,
contadini, pubblico c privati, e si preparino a
questo gi'aiide iiiipiauto uell' ininiiiieiite autunno.
Si smetta però l'abitudine d'aspettare provvedi-
menti dal governo, poiché allora tutto Unirà nelle
carte.
Le autorità, fra cui comprendo aiicbe le co-
munali che, quantunque ultime, sono esse pure
ruote dentate cke aiutano il movimento della gran
macchiua amministrativa, fanno presto a diramare
circolari e dare ordini ai propri dipendenti ; ma
poi d'ordinario dell' esecuzione nessuno si cura
a quando si crede che tutto sia stato fatto, si
vede invece che non si è fatto che scrivere. Non
è già che tali appoggi sieno da trascurarsi, ma
non conviene fidare interamente su quelli.
Quando i possidenti arriveranno a persuadere
taluni fra i migliori contadini dell' utile che a tutti
ne deriverebbe dall'impiantagione estesa dell'.4/-
lanlJius^ e coadiuvati dai parrochi volonterosi, colla
loro influenza potranno far sì, che sulle vette dei
monti che ora sono quasi tutte di nudo sasso si
spargessero dei semi o si collocassero delie pian-
ticelle, oltre al prodotto surricordato, si avrebbero
in qua e là dei boschetti che somministrerebbero
un poco di legna, e col progresso dei tempo ri-
vestirebbero il suolo sassoso d'uno strato di quel
benefico humus che darebbe poi nuova forza pro-
duttiva anche alle sottoposte vallate; da ciò ne
verrebbe scemata senza alcun dubbio l'aridità di
quel suolo, che riduce poi 1' aria così secca da
rendere tanto meschina e stentata la nostra ve-
getazione. Agli estesi spazi incolti del continente
crederei preferire quelli delle isole, ove una po-
polazione meno scarsa, intelligente come l'altra
ma più assai laboriosa ed attiva, saprebbe di leg-
gieri apprezzare i vantaggi che da questo nuovo
genere d' agricola industria sarebbero per derivarle.
E così ritornando al punto donde sono partito
e per la conseguenza dell' assioma che i boschi
fanno le pioggie piìi regolari e frequenti ; racco-
mandando il mezzo più ovio, meno dispendioso e
più. pronto di rimboscare le denudate colline delle
nostre isole principalmente, veremmo alla più fa-
cile produzione dei fiori, che dopo avere abbellito
i nostri giardini, le i^iazze di mercato e le stanze
delle nostre abitazioni, potranno forse in epoca
non lontana arrivare all'ambito e sempre utile
onore di qualche pubblica esposizione.
Se le cure pel maggior bene della mia fami-
glia, unico oggetto per cui sono qui, me ne la-
scieranno il tempo, in un altra mia Le dirò bre-
vemente d' un' altra pianta che adattatissima alle
condizioni di suolo e di clima della nostra Dal-
mazia, potrebbe concorrere allo stesso scopo del
rimboscamento, dando alla stessa un nuovo e non
disutile prodotto-
Nella lusinga d' avere frattanto anche da lungi
contribuito a raccomandare perchè si faccia qual-
che poco di bene a quella nostra povera terra,
e soddisfatto oltremodo d'averlo potuto, come spero,
eoi mezzo del suo pregiato periodico, mi dò l'o-
tóore di confermarle i sensi della più alta stima
e di segnarmi
Suo aff.mo Conte BEGNA.
Verbagno, 3 setlemhre.
Dictuin est ne taccrctur.
S. Agostino.
Così è ; quando si è poveri di ragioni per ab-
battere gli argomenti avversarli, o si va anfanando
in parole, tanto per non tacere, come fa il sig.
B nel suo articolo pubblicato nel Nazionale n. 58
in risposta al precedente mio articolo inserito nella
Voce Dalmatica; oppure con più spedita maniera
si procede ad insulti, qualmente praticovvi il re-
dattore del Nazionale stesso in quella postilla, che
egli credette graziosamente di aggiungervi a pun-
tello: indizio di civiltà che tiene proprio della
ijausa eh' ei propugna.
Lifatti voi, sig. B, non potendo maneggiare di
punta e assalirmi di fronte, vi argomentate di co-
gliermi in isbieco almeno dai lati. Parliamo chiaro;
voi lasciando V essenziahssimo del mio discorso,
ine fate uh' illogica diversione nel rispondermi, tal-
mente, che io potrei fare a meno di favellarne in
mia difesa riposando tranquillo nel giudizio im-
parziale di chi ne abbia buon senno; tuttavia vo-
glio seguirvi alcun poco in quel tanto die mi si
riferisca, a nostro, s'è possibile, componimento.
E in prima sortite fuora con dire, che voi non
ci veggiate nelle mie mie coaseyneni-c i ildlami
della morale evangelica, ma sì un mio giudizio af-
fatto personale, e quel eh' è più sirananiente f il-
sato; e per provarlo vi appigliate all'asserzione
da me espressa, che io cioè ?io/i conosceva il va-
lore dei Montenegrini. Scusatemi, ma codesta è una
miserabile risorsa per esso voi; e non vi accorge-
ste, che io ciò esponeva per esuberanza unicamente,
e in quel senso, eh' è ben chiaro e distinto nel
mio articolo ? Ora poi, provocato, vi dirò : che ap-
punto per non essere io cascalo dal mondj della
lana, nè approdato dalle gelide regioni del polo, io
non potea bere all'ingrosso tutte le fanfaluche, che
recavanci tratto tratto certi periodici riguardo alla
lotta già esistente, atteso le passioni che pur trop-
po vi sogliono dominare nel calore partiti. E dei
in questo consisterebbero la mia ignoranza, i miei
pregiudizi? Ma non vedete, sig. B, che se io volessi
far caso di quanto voi stesso mi dite nel vostro
articolo, dovrei ammettore come effetto del valore
dei Montenerini fin le malattie, che ora soffrono
a mighaia dei Turchi nell' alta Albania ? Che que-
ste malattie, posto che vere, potrebbero anche a-
vere contribuito alla resistenza dei medesimi; e
che senz' altro vi contribuisce moltissimo, come o-
gnun sa, la naturale posizione dei luoghi in cui
essi trovansi? Afte, che ci vuole pazienza con certa
gente: tanto è l'affetto pei simpatici montagnardi,
che, se v'ingaggiano battaglia, ed eccoh annun-
ziati ai quattro venti ^^ome eroi sterminatori dei
loro nemici; se vi soccombono, si si conforta
dicendo :
Rimase a noi J'invitto ardir la gloria.
Se non che, dove mi fate veramente da ridere,
sì è nel leggere il rimprovero die nel momento
dell'entusiasmo voi mi date, perchè io non vegga
scolpito in caratteri di fuoco e nei vessilli e nei cuori
dei cristiani deW Erzegovina e del Montenero 1' og-
getto del loro combattere. Io quanto a me vi con-
fesso candidamente che non ìio vista così acuta,
nò così estesa; e se voi da Zara vedete a tanta
distanza, oltre monti, ed oltre mari, e attraverso
i corpi neir interno dei cuori, egli è un privilegio
tutto solo e tutto vostro nelle umane generazioni.
Kimanetevi pure nella vostra persuasione, che io
mi conduco a rispondere ad altra vostra sortita
non meno graziosa. Come ? per affermare che
i Montenegrini conoscano il pregio della fede, a-
vete tanta semplicità da approvare, o almeno com-
patire le loro discese nelle località finitime a fine
di rubare ed esercitare altre loro passioni? Io fi-
nora riteneva sempre, che il fine non santifichi i
mezzi, non altrimenti, che lo ritengono la retta
morale, il buon senso, e 1' ordine sociale. Sapete
per altro a che cosa diverrebbesi con codesti vo-
stri principii di morale troppo morbida? Al co-
munismo, a ridurre il mondo alla fin fine in un
gran parco di fiere. Vero è benissimo, che io non
credeva tutti i Montenerini dell' istessa risma, e non
li credo neppure adesso, lo confermo ; ma voi con
che fondamento li riducete, come tali, soltanto ad
una qualche poca mano di malandrini? Non vi ha
luogo, che non abbia più o meno tra il bel fiore
anche della crusca; eppure, dicasi il vero, non vi
è gente, che io mi sappia, fra di noi così in voce
sinistra comunemente, come i vostri protetti. Vi
vorrei quindi, o megho informato, o più sincero
nella cosa.
Quanto al resto della vostra sposizione, voi do-
vevate essere coerente al mio discorso senza sal-
tare di palo in frasca, dimostrarmi, cioè, il cangia-
mento che siasi effettuato in quella gente, e allora
sareste stato per me un magnus Apollo; ma in-
vece con una bonommia senza pari confermandomi
i suoi difetti, sebbene sotto un mantello di troppa
affezione, avvolorate il mio assunto. Vi dirò ancora,
che il Montenero, quantunque non di diritto, vivea
già da gran tempo indipendente di fatto, notum
lippis et lousoribas, e che nel 1852 dichiaravasi
poi indipendente affatto, come stato temporale, ri-
conoscendo la sovranità nel proprio principe; e a
che dunque intraprendere una pugna per la propria
libertà, come voi asserite, se già la godeva, e lo
ripeto andie soverchia.? Ci vuole, vi assicuro, una
bell'arditezza ji dare per forza il finocchio a chi uoa
ne abbia la volontà d'ingozzarlo. Insoiuiaa, trattisi
di furti, di rapine, di uccisioni, e sono effetto di
pressane esterna; vi succedono mutilazioni, owìe
inonidisce natura, e si dicono bazzecole, sfoghi
compatibili di pi 'iiule vendette. Io sono ben lungi
dal darne il buono ai Turclii; li considero, li ri-
tengo per quelli che sono; mase anco i Montenerini
ne sotìVissero ora qualche molestia dalla presenza
dei medesimi nelle loro care montagne, siamone
aeqni rerum judiccs. però sem])re commiserandoli,
poiché chi vuole una causa, ne vuole anche il suo
effetto.
In questa occasione vi vorrei avvertito sig. B.
di una cosa, ed è che chiunque rechisi a confutare
un altrui scritto, devo osservare ponderatamente,
dove vi abbiano le premesse, le conseguenze, e lo
scopo altresì del medesimo, e, vistene diff'ettose, od
erronee le une, o le altre, non basta 1" asserirne i
difetti 0 la falsità, ma si conviene o stabilirne altre
premesse, o dedurre altre conseguenze, e provarle
analogamente con migliori e più validi argomenti;
ciò che pure era debito vostro di fare rispetto al
mio articolo, prescindendo affatto dai miei subbiet-
tivi sentimenti in proposito, e che però non faceste
minimamente ; e sì che ne avete il baco di vedere
tanto oltre.
Quanto poi all'atto eminentemente generoso e cri-
stiano, eh non mi fate il dissimulatore. Considerate
un pò il soggetto, l'oggetto, il fine, le circostanze
all'uopo, e vi capaciterete ben tosto di ciò, che
io aveva in animo di significare nell' argomento :
r esporvelo per filo e per segno sarebbe forvi onta,
calcolandovi di poco discorso.
Nel congedarmi da voi rivolgo ora qualche pa-
rola al sig. redattore l'iguardo alla postilla da me
sopra citata, e gli dontando, d' onde ei tragga il
fango di cui va decorando i suoi avversarii di o-^
pinione? La città di Zara, per quanto io ne ab-
bia conoscenza, era netta a bastanza fino a non
guari di tempo. Con una faccia da imperador Do-
miziano, di cui scrive Tacito die non arrossiva mai
per pudore, egli sentenzia dittatoriamente sull' uso,
che gli altri fiiccia dei passi della Scrittura e dei
Padri, senza conoscerne probabilmente i cartoni;
e lancia insulti a dritta e a manca con una di-
sinvoltura, che direbbesi ne vada poscia tra se mor-
morando per compiacenza : libi Corozain, vce libi
Betsaida. Sappia però, che l'achille di argomenti,
eh' ei credeva di addurre, prova troppo, e quindi
non prova nulla nel caso mio. Con quest'interisreta-
zioneedapplicizion3 che fa del medesimo, nonché il
dominio turco sopra i cristiani dell' Ercegovina, il
quale data, se io non erro, dal 14® secolo, ma nessun
altro dominio sarebbe sicuro della propria legittimità
e sussistenza. Si disinganni; Papa Gregorio XVI era
ben d'altro pensare, eh' egU non è. Il dominio turco
è oppressivo, non vi è da dire ; e anche io desidero
al pari, e forse più del sig. redattore, la libera-
zione dei detti cristiani, ma lo desidero per fine,
e non per mezzo. Sappia ancora, che egli ha trav-
veduta la notata contraddizione nel mio articolo; o
se a lui i principii da me arrecati non vanno a
versi, e ne ha in uggia e le omelie, e quanto ad
essi si attenga, io non ci ho da fare; sono prin-
cipii, che non si mutano, nè si muteranno per ciè
che ei strilli e si contorca. Laonde, se altri da
parecchi luoghi ebbero a ricambiarlo degnamente
pei di lui meriti, io invece fai'ò voti perchè il cielo,
come di abito, così lo faccia cambiare di natura.
Intanto, intenzionato come sono di non rispondere
ulteriormente ad insulti, finché non ci vegga ra-
gioni tali da convincermi del contrario circa il mio
assunto, io riterrò, con buona pace del sig. re-
dattore, che
Non vide ine di me chi vide il vero.
S.
(Nostre Comspoiideiize).
Parigi, settembre.
Se l'assenza di notizie un po'importanti continua nella
nostra piazza, io dò le mio ùimissioni di corrispondente.
Non conosco vita più noiosa di quella di iin scrittore il
quale sia condannato a raceogliere sempre gli stessi rumori,
salvo a coranienlarli diversamente per non ripelcrsi.
B. 43, Kara 11 Oftolire 1§63.
Dalmatica
rrc/,70 d'iisKocInz'nnc in valiitiv niistrlaca pi>r
Zara: iin mino fioi-ini S; pi'r ^ei nn'si (litriiii -t ;
per Ire mesi fiorini a. l'rl rirnani'nle ikll;i l'r(ivini i;v
t fuori: piT un anno fiorini 9; per sci mosi fiorini 4
solJi 50; per Ire mesi (liiiini 2:25. l'or l'estero, e
l'cl Lomliardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
che del porto-posta.
Giornale polidco-letterarlo
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I rriippi e le cnniniìssìoni. franelii delle spesa
postilli, .<i diri cono in /ara a \ incenno Duplaneirlt Ke-
dailoiT di ll.i Voce Halliiatieil. e gli abbuonamenti, ai
neciixri librarli dei KÌ«noii fralelli Baltarn e Pietro
.Abclivli. lilr »vvi.vi di N linee cuslano I fiorino, e ogni
linea ili |iii'i snidi (i jlja t:issit ili finanza resi» a rarico
d'I ecnimiiienle. I n numero separato costa soldi IO
E aperta l'associazione pel trimestre
di ottobre novembre e decembre. 8i pre-
gano i gentili associati a rinnovarla in
tempo affine di evitare interruzioni nella
spedizione del giornale.
Rivista politica.
I giornali continuano a far congetture e dedu-
zioni sui documenti pubblicati dal Monilear sulla
questione romana, e di comune accordo tentano
di persuadere sè medesimi e altrui, essere quelli
un chiaro indizio dell'intendimento di Napoleone
di mutare politica, e por fine a quello siala quo
che tiene oggi in agitazione l'Italia e in incer-
tezza l'Europa. La partenza di Lavalette da Roma,
couduccndo seco tutta la sua casa, e facendo per
tal modo supporre, essere suo intendimento di non
più ritornani; perfino un nìlimalum che dicesi
essere stato spedito dall' imperatore al governo
pontificio, sono gli indizi che paiono dare consi-
stenza a questa opinione. Tra i giornali fi-ancesi che
si pronunciano in questo h W ConsliliUionel,
che, riserbato da principio, dichiara ora che la po-
litica dell' impei-atore, dopo la pubblicazione delle
note ufficiali, non può essere dubbia per nessuno. La
Francia, die' egli, non ha riconosciuto mai all' Italia
il diritto d'aver Roma per capitale; ma nessuno può
contendere ai Romani quello di disporre di sè me-
desimi. Ora, riconosciuta e diciiiarata apertamente
la impossibihtà che il governo pontificio ceda in
alcuna parte, e si acconci ad una conciliazione, la
presenza dei francesi in Roma diventa inutile, e
là questione và a risolversi dai Romani medesimi.
I giornali inglesi però non la intendono a questo
modo, e ne deducono conseguenze contrarie, o ri-
conoscono la necessitià di sospendere ogni giudizi ).
II Morniiig Post è il solo che interpreti quella pub-
bhcazione in senso favorevole all'Italia. Se gli è
vero, die'egli, che la Francia ha dichiarato che Roma
non sarà capitale d'Italia col suo consentimento,
non ha però detto che non possa divenirlo senza
di questo. Nè lo spodestamento dei principi, nè
l'annessione del regno di Napoh, nè 1'unit!\ di
Italia furono fatte col suo consentimento; non è
impossibile che succeda il medesimo anche per
Roma, e che anche senza consentire ella lasci fare.
Se non che, chi vuole trarre deduzioni stret-
tamente logiche, e naturalmente conseguenti dalle
parole e dagli atti degli uomini politici e dei go-
verni di cui sono a capo, corre rischio di stra-
namente ingannarsi, dacché e parole e fatti vanno
soggetti a interpretazioni varie, secondo la varietà
degli avvenimenti che seguono e delle opportu-
nità che sorgono poi. Che se ciò avviene quando
la significazione delle parole è evidentemente chiara
ed esplicita, in modo da non lasciare luogo a dub-
bio alcuno sul loro senso e dove le previsioni non
si hanno a dedurre da sè, ma sono già espresse e
dedotte; quanto più non è a credere che debba av-
venire dove delle conseguenze non è fatta parola,
e le deduzioni sono affatto libere e gratuite ? Nes-
sun dubbio pertanto che siffatta credenza, e i ra-
gionamenti logicissimi, non avessero a trarre in
errore i giornali ottimisti, se veramente i gior-
nali credessero cosi, e la loro voce non avesse
piuttosto lo scopo di tener viva la speranza e
la fiducia, e proclamare alto il loro desiderio, e
spingere per quanto è possibile il governo fran-
cese a soddisfarlo. Xoi, che non abbianvo siffatto
uffizio, e cui è unico intendimento di render
conto della situazione politica, e presentare l'in-
terpretazione dei fatti più ragionevole, noi non
possiamo non vedere che, malgrado il nostro de-
siderio, la Francia per ora nò si muove da Ro-
ma, nè intende permettere che Italia acquisti la
sua capitale. Nè vi vuol molto a comprendere che
il dichiarare impossibile la conciliazione non si-
gnifica sgombrare Roma, se la ragione dichiarata
del trattenervisi non fu mai la conciliazione, ma
la difesa-del papa; della quale egli ha tanto più di
bisogno quanto più la conciliazione è impossibile.
Ma non andrà molto che a questa nostra opi-
nione tutti si accosteranno i giornali, ora ad essa
più avversi, e già taluno comincia a vederci chiaro.
"Non bisogna dissimulare, dice uno dei corrispon-
denti di Parigi della Perseveranza, che malgrado la
interpretazione favorevole ch'io stesso diedi alla
pubblicazione del Monileur, in realtà nulla è ora me-
no certo d'un prossimo sgombro di Roma., È tan-
to è vero che poca è la chiarezza delle intenzioni
di Napoleone, che già sorge ora T opinione eh' egli
intenda di abbandonare la questione romana, per
rivolgere i suoi disegni contro la Venezia. Se non
che anche di questa versione è a fare il conto
che si merita.
La crisi ministeriale a Torino intanto perdura ;
il solo però che abbia veramente abbandonato il
gabinetto e la cui dimissione sia stata accettata
e il guardasigilli Conforti ministro di grazia e
giustizia. La discussione però tra i ministri, a-
vrebbe pertanto dovuto aver termine, poicliè il
partito della indulgenza prevalse, e 1' amnistia
venne accordata a Garibaldi e complici, detratti
i disertori dell'esercito, in seguito alla preghiera
della ora regina di Portogallo. Difatto Depretis e
Sella, dopo questa decisione ritirarono le loro di-
missioni; non così il Pepoli che insiste a voler
ritirarsi, e dicesi partito per la Svizzera e Parigi.
Garibaldi poi deliberò di recarsi in| quella ospitale
Ingliilterra, nel seno di quella nazione che mostrò
per lui sì grande simpatia, coi numerosi meeting
tenuti in suo onore, con entusiasmo indicibile, e
non senza trascorrere al sangue contro gì' irlan-
desi oppositori.
Giunta Provinciale.
nro-i'S«-
Airiiiclita i. r. Luogotenenza della Dalmazia.
Investito dalla dieta del mandato di provve-
dere alla diffu.sione dell'istruzione popolare, su-
premo bisogno di ogni popolo che tenda a civiltà,
questa (riuiita Provinciale si diede a studiare le
condizioni del paese e i mezzi per corrispondere
all' uopo ai)el!andosi ili sovente alla cortesia del-
l'inclita Luogotenenza, che dai rr. Ordinariati e dalla
i. r. Contabilità traeva dati per soddisftire ai di
lei desidcrii. Intanto la Giunta, sapendo quanto
il veicolo d(!lla lingua nazionale sia indispensabile
alla propagazione delle idee utili e morali nel
mnggior numero che altra lingua ignora, e come
nei maestri stia il profitto degli scolari, stiino-
lavx con premi l'attività degli attuali maestri, e
la fonnazione di nuovi.
Ma queste poche e insufficienti misure sono ben
lontane dal soddisfare ai voti della dieta, e ai
bisogni della Dalmazia; impulsi più energici si
voj^iouo per uscire in breve da questa deplora-
bile inferiorità. Conoscendo però quanto deboli
sieno le forze della provincia, quanto generose
le intenzioni del gOTcrno, che tino ad ora si pa-
lesarono con opportuni snssidii, quanto difficile
sia la perfetta conoscenza di questa materia sì
nella teoria pedagogica che nella pratica espe-
rienza, e quanti gli ostacoli da vincere; priva
dell' autorità di operare da se in questa materia,
di cui lo stato parte a se riserbò, parte colla
chiesa mediante il concordato divise, invocò dal-
l' eccelso Ministero di stato, che venisse aumentata
r annuale dotazione pel fondo scolastico della Dal-
mazia, e propose che fra 1' autorità dello stato, i
delegati concistoriali, e quelli della Giunta si fa-
cesse uno studio collettivo dei mezzi necessari e
possibili per dare un attivo impulso all'istruzione
elementare. Ove i sussidii dello stato non bastas-
sero, sarebbesi cercato come spingere le comuni
più agiate a nuovi sacrifizii : come il fondo pro-
vinciale nei limiti delle sue tenui forze vi potesse
concorrere; quai snssidii di opere pietose e di
cristiana carità potesse il clero fornire.
Que' postulati avi'ebbero provocato la soluzione
dei .seguenti coiicreti problemi:
1. Come si possa scuotere l'indifferenza delle
popolazioni per 1' istruzione — se nel Clero stia
la sola forza persuasiva — se qualche immediato
vantaggio materiale potrebbe muoverle?
2. Se r insegnamento abbisogni di modificazioni
per riescire più allettante e più proficuo — se
vi abbiano libri utili e dilettevoli in lingua illi-
rica — se metodi più spediti e meno noiosi, e
più conformi alla natura meridionale si potreb-
bero introdurre ?
3. Come l'insegnamento potrebbe combinarsi
colle occupazioni agrarie o artigianesche — se un
utile imitazione possa farsi delle scuole delle Pus-
zte ungheresi — se dovrebbe variare 1' orario e il
luogo della scuola secondo le convenienze locali?
4. Come potrebbe aumentarsi il numero dei
maestri — se gioverebbe aprire corsi pedagogici
a Spalato e Sebenico — come migliorare gli at-
tuali — quai premi e sussidii potrebbero allet-
tare gli studiosi — se per qualche anno non sa-
rebbero da ammettersi al magistero giovani suf-
ficientemente istruiti ma privi di una preparazione
pedagogica ?
5. Come potrebbe migliorarsi la condizione dei
maestri, ove la moschinità dei salarli sia un o-
stacelo alla loro vocazione — come si possa
sorreggere col minor pe.no delle comuni, o dello
stato — se orti comunali possano annettersi alla
scuola — se potrebbesi istituire una cassa di mu-
tuo soccorso fra i maestri, sussidiata anche dai
comuni e dalla provincia?
G. Come si potrebbero fonuare delle maestre
per le città e per le campagne — quali delle
scuole attuali potrebbero servire alla lor prepa-
razione — se a loro riguardo possano applicarsi
i quesiti sub 5 ?
7. Con quai mozzi si potrebbero creare nuove
scuole, 0 migliorare le attuali? — Se abbianvi
comuni che possano sostenerne il peso, e quali?
—. come possano indursi ad assumerU — quai
congrue dallo stato possano sperarsi, sia nei li-
miti del preventivo, cha sulla gestione del 1862
lascia una somma non esaurita, e nel 1863 pro-
mette lo stesso risultato, sia coli' aumento spe-
rabile oltre fior. 11000 proposti al consiglio del-
l' Impero ?
dizioni soltanto iu cerni succinti, partitamente, e
non al tutto esatte. Ora appfjna è riuscito al no-
stro corrispondente di Ragusa averle nella loro
interezza, tali quali erano registrate nell'atto ri-
spettivo, scambiatosi fra 1' Omer ed il principe, e
npi qjii ne riportianio la versione italiana tratta
da una copia in lingua francese.
J. L'amministrazione interna del Montenero re-
sterà tale quale è stata avanti l'ingresso delle trup-
pe imperiali sul suo territorio.
2. La linea di demarcazione tracciata dalla Com-
missione mista nell'anno J859 costituirà per l'av-
venire il confine del Montenero.
3. Il governo ottomano permetterà ai ppatene-
rini l'esportazione e l'importazione delle mercan-
zie nel porto di Autivari senza alcun diritto della
dogana. L'importazione di armi e munizioni da
guerra è proibita.
4. I montenerini avranno la facoltà di prendere
in affittanza terreni fuori di Montenegro nello sco-
po di agricoltura.
5. Mirko abbandonerà Montenero, e non vi po-
trà più ritornare.
N.B. Questo punto venne modificato, accordandosi
invece che rimarrà nel Montenero e vivrà da sem-
plice privato.
6. La strada dall'Herzegovina a Scutari, pas-
sando per l'interno di Montenero, sarà aperta al
commercio. Sul tragitto di questa strada i punti
necessari saranno occupati dalle truppe imperiali,
tenendo guarnigione nei Blockhaus. Questi punti
da occupare saranno designati più tardi.
7. I montenerini non dovranno più fare escur-
sioni ostili fuori delle loro frontiere Nel caso di
sollevamento d'uno o più distretti vicini a Mon-
tenero, i montenerini non. accorderanno ad essi
alcun appoggio nè morale nè fisico. Tutti i sena-
tori, capi di Nahie, ed altri dignitari di Monte-
nero dovranno dare al serdaro Ekren il loro im-
pegno in iscritto di osservare queste condizioni.
8. Tutte le questioni di minor importanza so-
pravenienti sui confini, saranno regolate di comu-
ne accordo. Ogni governo d'intorno al Montenero
avrà un rappresentante per 1' ordinamento delle
differenze, e nel caso che una questione d'impor-
tanza non possa trovare una soluzione soddisfacente
lo due parti, 1' amministrazione del Montenero s'in-
dirizzerà direttamente alla sublime Porta.
9. Alcuna famiglia non potrà entrare in Mon-
tenero senza un passaporto rilasciato dalla loro
autorità turca rispettiva. Ogni coutraventore dovrà
essere rigorosamente rimandato,
10. Sarà permesso ai montenerini nell' interesse
del loro commercio di viaggiare in tutto l'impero
ottomano. I viaggiatori avranno la protezione del
governo.
11. Tutti i delinquenti saranno arrestati "e con-
segnati alle autorità rispettive, sulla base di una
estradazione reciproca.
12. Da una parte e dall'altra i prigionieri do-
vranno essere posti in libertà, e rimandati ai loro
focolari. Tutti i raja rifugiati saranno rimandati
con la famiglia.
13. Sopra lo stesso principio di reciprocità tutti
gli oggetti rubati saranno restituiti, e gli autori
del furto puniti.
14. I montenegrini s'impegnano di non costrui-
^•e alcuna kula nè opera di fortificazione ai con-
fini dell' Albania, della Bosnia e deli' Herzegovina.
Scutari, 31 agosto 1862.
11 serdaro Ekrem Omer.
GERMANU.
Berlino, 9 ottobre. Neil' odierna seduta della ca-
mera dei deputati Bismark annunziò la dimissione
di BerustofF e di Holzbrinlc, nonché la propria no-
mina a presidente del consiglio ed a ministro de-
gli esteri. Significò pure alla camera che Itzen-
blitz assumerebbe iuterinalmento il portafoglio del
commercio. (0. T.J
ITALL4.
Napol', 7 ottobre. — Il principe Napoleone e
Ja principessa Clotilde trovarono ieri accoglienza
entusiastica a Torre Annunziata. Il miniicipio e la
guardia nazionale vollero accompagnarli a Pompei.
Ivi, visitate le rovine ed rssistito agli scavi, invi-
tarono a colazione, all'Albergo di Diogene, il ca-
valiere Fiorelli, direttore degli scavi, ed il mag-
giore della guardia nazionale a Torre Annunziata.
Ritornati a Napoli ieri sera, partirono stamane
per Casert?, accompagnati dal marchese Saluzzo.
Saranno nuovamente in città a mezzogiorno, e vi-
siteranno il Museo.
In esecuzione del decreto d' amnistia, furono
posti in libertà i deputati Mordini, Calvino e Fa-
brizi, e fra Pantaleo.
Le Nazionaliiès annunciano che conforme-
mente al voto del consiglio di disciplina, il re
firmò il decreto che cassa dal ruolo gli ufficiali
appartenenti alla brigata Piemonte, che offersero
la loro dimissione nello scorso agosto.
Napoli 8 ottobre. Il principe Napoleone e la
principessa Clotilde partirono per Ajaccio. Pare
abbiano rinunziato al loro viaggio in Egitto.
Il principe Napoleone e la principessa Clotilde
assistettero stassera alla rappresentazione al tea-
tro San Carlo, Furono applauditi con entusiasmo
molte volte,
FRANCIA.
Parigi 8 ottobre. Lettere dalla Persia dicono
che l'ambasciata italiana era attesa, ma che l'am-
basciatore è caduto gravemente ammalato. Fu pre-
parato un trattato simile a quello colla Francia.
Parigi, 9 ottobre. Il Moniteur publica un rapporto
del sig, Fould, eh' espone la situazione finanziaria
e riassume la situazione stessa nel modo seguente :
La somma de'disavanzi anteriori è ridotta di 157
mihoni. L'esercizio del 18G2 non presenterà di-
savanzo. Comincieremo l'anno 1863 con una ri-
serva di 80 milioni, per far fronte agli avveni-
menti imprevisti. Il bilancio del 1864 non aggra-
verà l'imposta.
INGHILTERRA.
Londra, 6 ottobre. — Ieri, da novanta a cen-
tomille persone, in gran parte armate, riunironsi
a Hyde-Park. Gh irlandesi occuparono il sito che
serv\ di tribuna nella domenica scorsa, al grido:
Viva il Papà ! risposero altre grida : Vioa Garibal-
di! Ne nacque un conflitto che durò due ore. La
tribuna fu presa e ripresa.
Trovandosi parecchi soldati tra i combattenti,
fu spedito un picchetto di soldati ad arrestarli.
Il picchetto prese parte alla lotta aiutando il par-
tito dei garibaldini. Questi vittoriosi, pronuncia-
rono discorsi contro 1' occupazione di Roma.
I disordini terminarono con l'intervento della
polizia. — I giornali biasimano la polizia d' essere
intervenuta tardi. — Un irlandese fu pugnalato.
II Times consiglia di consegnare domenica ven-
tura nelle caserme i soldati, perchè dicesi che i
soldati irlandesi vogliano battere i soldati che aiu-
tarono il partito garibaldino.
Londra, 9. — Il Times dice che una Commis-
sione di Milanesi presentò a lord Russel una sta-
tua simbolica rappresentante l'Unità italiana, in at-
testato di gratitudine. Lord Russell rispose loro:
"Fui sempre convinto l'Italia essere il miglior giu-
dice del modo d'assicurare la propria indipendenza.
Nessuno dovrebbe intervenire in questa grande o-
pera, eh' essa intraprese per sua gloria immortale,
r Italia ebbe la buona fortuna d'essere aiutata
sul principio da Napoleone III; la sua propria
forza, la moderazione e la pazienza ottennero al-
tri risultamenti..
Lord Russell spera cha la costanza compirà
queir edifizio a cui il genio nazionale pose le fon-
damenta.
Altra, del 7. — Ieri il lord magar, rispondendo
ad una deputazione, disse : Come persona ufficiale,
non posso partecipare ad atti che possono compro-
mettere il nostro governo verso il governo francese.
Il Times, biasima i magistrati per avere con-
dannato soltanto ad una multa gli iriandesi arre-
stati domenica. La multa non impendirà il rinno-
vamento dei torbidi.
Altra dell' istessa data. lersera ebbe luogo un
nuovo conflitto tra irlandesi e partigiani di Ga-
ribaldi,
Altra, dell' 8. Il lord mayor, rispondendo a una
deputazione, disse : " Garibaldi reclamerà più an-
cora le nostre simpatie quando sarà libero., .j}
lord mayor declinò formalmente la presidenza del
meeting, e disse che risponderà giovedì, se verrà
tenuto il meeting di Guildhall.
In un brindisi fatto al banchetto di Newcastle,
lord Gladstone disse che la condotta delle popo-
lazioni italiane dà loro nuovi titoli alla pubblica
confidenza, e soggiunse che spera un prossimo com-
ponimento della questione italiana.
PORTOGALLO.
Lisbona, 8 — Ieri le LL. Maestà furono ap-
plaudite calorosamente in teatro. All' andata ed al
ritorno una folla immensa acclamò con entusia-
smo. Il principe Umberto le accompagnava. Oggi
gran ricevimento a corte.
A]MERICA.
Vera cruz 11 settembre. Il vomito nero fa grade
strage nella flotta francese. Dicesi che i francesi
daranno 1' assalto a Jalupa. fO. T^j
Nuova York, 29 settembre. Mac Clellan ha co-'
struito ad Harpersferry un ponte per passare il
Potomac. I separatisti tengono occupata la linea
superiore del Potomac. Memfi fa i preparativi per
incenerirsi nel caso che avesse ad essere presa.
Corre voce che l'armata dell' unione sia per en-
trare quanto prima nei quartieri d" inverno.
(Articolo comunicato)
Eiconoscenza.
t'opo qualtofdici anni di ricordevole dimora Ira noi quale
Capo polilico-giudiziario del distretto di Curzola, nel mat-
tino del tì ottobre 1862, imbareavasi sul vapore del Llnyd
Austriaco iMalnnudiè» l'ottimo ed amatissimo signor Gin-
vanni Ooffiinis di Arbe colla famiglia alla recetilissinii sua
destinizione di Consigliere presso l'i.r. fribunale provin-
ciale dalmato.
Quest'uomo raro per mente e cuore, integerrimo, pni-
dentissimo, vide e senti negli ullim'istanti di sua partenza
la generale commozione di questi abitanti, i quali da lui
si accoinniiatavano come figli da padre per 1' ultima be-
nedizione. E ben se lo meritava l'uomo degno di tutta la
stima e della loro affezione, chè nessuno di essi e dell'in-
tiero distretto palava dire a sè stesso: egli mi fece dol male.
Fin dalle ore quattro del mattino accorrevano alla sua
casa intere famiglie — stipata la vicina piazza del duomo
di persone di ogni ceto — comparsa la civica banda non
invitata, ma spontanea. L'onorevole signor Dominis si av-
viava al vapore tra la folla accorsa a manifestargli omag-
gio, riconoscenza, sentito affetto. Alla riva delf imbarco la
famiglia iJominis prendeva congedo da noi con caldissimi
baci, chè, in tanta commozione di affetti, mancava la parola.
Preso imbarco sopra uno dei tanti pavesati piliscliermi
guidalo da settuagenario proto costruttore navale e remato
da proti e maestri di squero, onoranti la patria, dirigevasi
al vapore, l.o seguivano pavesati caicchi, con entro il neo-
elelto pretore de Toinassieh, i due assessori comunali Spon-
selli e Vlakovich, i due canonici dr Petkovieh e Bacbicb, il
corpo insegnante, il sindaco di blatta, gì' ii. rr. impiegati,
signore, persone diverse e la civica banda. Dalla riva ve-
niva salutai ) con reiterati entusiastici iivio, che le cento
volle furono ripetuti con — Dio renda felice il nostro Do-
minis— dalle pavesale barchette giranti intorno al vapore,
e che gli tenneio dietro fino a che l'occhio poteva ve-
dere lui, che ci veniva tolto.
Tania commozione di affetti pubblica, sincerissiina, non
fu mai prima veduta nè manifestala in Curzola, e se fu degna
dell'uomo, che da noi si dipartiva, fu copiosamente re-
tribuita dai sentimento di dolore, che nell' uomo adoralo
era visibile.
Sieno compiuti 1 nostri voti colla prospera conserva-
zione dell' uomo, che onora Dalmazia, e della sua famiglia,
i cui figli ebbero vita fra noi, e sieno rese grazie al go-
verno di Sua Maestà 1' augusto nostro Sovr.ino, per averci
mai sempre favoriti, destinandoci a pretori personaggi, per
mente e cuore distintissimi, per cui al nostro dolore pel
distacco dell'egregio ed ottimo signor Dominis, di cui ter-
remo grata ricordanza, troviamo un conforto nella persona
del sig. Francesco de Tomassich neo-eletto nostro pretore,
il quale e nella gentilezza delle forme e nelle prime ma-
nifestazioni pel nostro benessere ci rafferma la precorsa
fama delle sue stimabili doti.
Gli abitanti di Curzola.
Per questi articoli 1» Redazione non assume altra responsabi-
lità che quella voluta dalla legge.
Tipografia Fratelli Battaea. Vincenzo Duplancich Redattore responsabile.
stro Cirillo, ecc. E ci scoiametterei che Petrauo-
vich si dovette i>er ora adattare alla ie nel suo
famoso Manuale, e che C1311 brutto ghigno vede
la rostrata ortografia croata che la sapienza cro>
ata lo volesse iiiiialzare al sublime grado di Mi-
tìistro, credo di giustizia, iu quella parapiglia, che
fece volar lelacich a lunspruk. Inghiottiti 0 Fau-
sto anche questa pillola amara, ciiè tu costringesti
nn pericoloso avversario a dover spezzare una
kncia nel torneo ove tu lo chiamasti.
Serbi dunque per metà gaudenti, Croati indid-
dulgeiiti, scorazza lìti una strada, che a zig zag
mena in Serbia, la quale si trova piccina, e che
da lungi mostra la sua bandiera su cui sta scritto
Sèrbi SVI, i sonda - Serbi tutti, e dappertutto - e
la sapienza croata ancor uon s'accorge dove Tan-
drà a finire, oppur si accorge per divenir serba,
e sacrificare uu nome venerato antico, la Ilcrvat-
ska, che è pur nostra, trovando in compenso i B)-
goni'li, che distruggerebbero i pregiudizi! antichi,
La ie è una questione di stato signori miei, che
potrebbe convertirsi in ije serba colla forma ci-
rilliaim, e io prevedendo il pericolo, per affezione
e per calcolo, spiego la mia bandiera contraria,
e voglio Hènalsfi'i, e non Serpda in Dalmazia, non,
Fausto, per rinculare dalla tua annessione, ma per
proteggere a qualunque costo un ramo glorioso
della Slauia, illustrato dalla nostra regina Libussa,
che un dì esclamò dinanzi al suo popolo : Silni
hèrvatski narode da Svatopluk, da papa Giovanni
X. che manda epistola al suo figliuolo in Cristo
a Tomislav hcrvalshi, et. Se i Morlacchi fossero
serbi, così si chiamerebbero e non Vlasi; ed essi
parlano lièrvalshi, perchè son divenuti hèrvali in
terra antica slavicamente detta hèrvalska.
Così risponde Mefistofele al falso Fausto, e lo
spettabile pubblico che avrà letta quella catilinaria,
mostruosa imitazione del qiiomquc landem, non mi
troverà degno di rimprovero se scrissi con questo
stile.
Oltre a quello die dissi nel n. 41. sostengo an-
cora che la lingua nostra per sua proprietà esclude
il raddoppiamento delle vocali, i così eletti dittonghi,
che molti grammatici distinti negano esistere in
nostra lingua, ed lianno ragione. E come avviene
che nel.participio ad peripharasim, altrimenti detto
passato prossimo 0 compiuto, si sentono nelle tre
persone del singolare due vocali unite? Sostengo
che anche queste sono un dittongo come la ou fran-
cese, 0 la eau, che da noi non devonsi imitare.
Prendiamo per esempio ja sani mogao : ora mogao
è degenerazione di lingua surta dal contatto di
una parte di nostra nazione con genti che abbon-
dano di vocali, e per proprietà assoluta di nostra
lingua devesi dire 0 moga se volete anche apostro-
fandolo, 0 mogo senza apostrofo. Questo esempio
vale per mille e mille altri. L'antica nostra lin-
gua nel detto participio singolare mascolino aveva
la filosofica /, che ancor da noi in alcune isole
ben sì mantiene, e i croati riformatori diedero
gran ferita alla loro nazionalità col dispregiarla.
La stolta voglia di voler far parte comune coi
Serbi ne è la cagione. Quanto è meglio dire e scri-
vere p. e. zllit nèiìiil ce. ec. invece di zelio učinio
e tu vedi, 0 intelligenza dalmata, che quella / ben
necessariamente deve trovarsi nella terminazione
femminina e neutra del participio : ì'cli/, zelila, zc-
hlo; e arrivo a dir questo, che io adotterei que-
sta forma, e se non la ho finora adottata, è per-
chè sarei stato contradetto dalla nostra ignoranza.
La forza 0 signori fa anche le lingue, e la
penna che si prende in mano per scrivere segna
grandi errori di lingua. E ne commisi anche io
grandi ; ora li conosco, e mi trovo giustificato dalla
spontanea mia confessione.
E cosa diremo quando il particicipio termina in
io, no? Tutto prevedo: se non volete rimettere la
l, dovrete mettervi la j frammezzo, e invece di
lunio, melniio, scriver umiio meliiyo. Come questo?
Eppur così il popolo, ove la lingua è meno cor-
fotta, pronunzia, ed ha ragione, e anche i rifor-
jnatori che scrivono bio, invece di bil iu imperfetto,
scrivono bijah bifase, invece di biah biase, contra-
dicendo al hio. Non intendo con ciò sostenere nè
la ie nè la ije, chè noi abbiamo la i.
Il dialetto serbo meridionale è per le ragioni
suddette assai inferiore al nostro, non così T orien-
tile che vale quanto il nostro e non si distin-
guono fra loro che per la ^ e /, e sapientemente
in esso scrivono molti valenti Serbi. La te dun-
que è una mostruosità doppiamente apparente; e
parche non vi si mette frammezzo la 7 e perchè
restando così, contrasta colla proprietà di nostra
lingua. E Fausto che la metta via, chè non se ne
iutende di grammatica nemmeno ove dice che sim-
la la ie non si potrebbe scrivere gramm.itica cjlle
debite iutiessioni.
Nun regge la gratuita asserzione sulla e del
Vi l')^> Dm ; chi vedo scritto le non si arresterà
sulla i sorpassando la e, e già alcuni da noi pro-
nunziano tutte diie per torsi d'impaccio ; lo Schia-
vetto corrotto dai Croati, qui da n )i a Spalato
sporo che non verrà m.ii usato, e nemapno nelle
diocesi di Lesina, S.-benico, Zarii, fino a che non
sarà conculcato il diritto nazionale; e il montano
che ne ha ricevuto delle copie spero ch3 le porrà
in uno scattalo, conio memoria di dono croato. Xelle
diocesi di Ragusi e Cattare potrebbe essere usato
per la differenza di quel dialetto dal nostro.
E tu esclami: è un falto oompiuio ! Sarebbe
compiuto quando Dalmazia, che Dio ci guardi, per-
desse il senno, e da maestra volesse diventar sco-
lara, e di chi ? E con queste parole, non ho an-
cora compito il mio argomento, e più sotto farò
ritorno alla grammatica.
Ora ho un poco da fare col comitato presieduto dal
D.r Petranovich ; perciocché essendo esso venuto
in cognizione di un mio periodo che come dice
lo poteva riguardare; vomitò delle contumelie con-
tro di me, vestite dalle parole: indecorosa persona-
lità, presunzione, contradizione, e vaniloquio-, —
e il sacerdote Danilo che mosse questa sentenza,
composta in istile burocratico, calpestò il precetto
del Dottor delle genti a Timoteo, capo II, verso
24: "Serutini autem Domini non oportel litigare:
sed niansaetuni esse ad onincs, dnc/hilem, patienteni„.
Così non si convertono - i peccatori.; così si pro-
vocano litigi, e sconvolgimenti; e doveva ben im-
maginarsi che potrebbe cozzare con avversario forte,
che redattore già dì tre giornali, avrà a sua di-
sposizione delle armi sufficienti. E se io provoco
dei contrasti, mi obbliga la mia professione di let-
terato, e r errore da altri abbracciato con danno
della nostra nazionalità ; e io devo parlar forte
per combatterlo.
Audio sissitras esse inler vos, et ex parte credo.
Vorrei sapere, se il comitato quando spifferò quel-
r insulto, si trovasse in seduta plenaria, perciocché
conosco alcuni dei suoi membri che sono di na-
tura temperata e modesta, e che non avrebbero
dovuto approvare la draconica severità di alcuni
tribuni.
Il comitato composto di uomini culti, ma che
possono venir trascinati da passioni violenti onde
sostenere la propria carica, deve dopo il mio as-
salto 0 sostenevela dignitosamente, oppure scio-
gliersi. Presento ad esso questo dualismo, onde non
si incorra in contradizione 0 petizione : la Giunta
vuol una cosa, ed esso un' altra. Si spieghi cosa
intenda per lingua slavo-dalmata. Se intende quella
del Glasnik dalmatinski, 0 quella dell' appendice
slava del Nazionale; che ognuno del comitato vada
a casa sua, e se non volessero, li mandi la Giunta,
e se non volesse la Giunta, ripeto ella contradi-
rebbe a se stessa, 0 avrebbe parlato imboccata,
e ciò non credo.
Dovendo venire a tal risoluzione capitale, si
potrebbe a proposito a lui domandare : come si
chiama la lingua in cui è scritto il manuale del
D.r Petranovich? È ella slavo-dalmata? Sì, nò;
nò, sì; e che diavolo di lingua è quella? croata?
serba? — I^a lingua deve aver un nome, come
lingua francese, inglese, tedesca, etc. Io risponderò,
perchè vedo che il comitato si troverebbe imbro-
gliato. Ecco il suo nome panslavistico: Dalmatinsko
slov'ìisko-sèrpsko-liènmlsko-cernogorsko - bos insko-erce-
govacko-slavoìiski jezik, 0 jazik come vuole Ivichie-
vich. E così si contentano tutti, e ancor meglio
col mescolare assieme le regole di eufonia e di
etimologia, le sdolcinature, le inflessioni tutte, di
cui è ricchissima la aostia lingua; p. e. serivore
a piacere ora pomnja (diligenza, cara), ova pmstvo,
ora poninost, e far vedere agli ìt iìia;;! che si possa
dire e ddijenza, e dilige:izona, r diiijnt^i-ina. - Fo
ritorno alla grammatica.
Si potrebbe opporre che : iao, ovao, hotao, pakao,
jao, ecc. sono parole che uoii possono comparire
senza due vocali unite, ergo ie può stare. Ilis|X)ndo
che queste, come una moltitudine di altre consi-
mili, mostrano corruzione di lingua, e die la no-
stra veneranda antichità, che fu dal divino soff'io
ispirata, aveva z) 0 za come radici dei derivato
zaliti, che ancor si dice; e orai, k'itaL pakal, jo,
ancor si dicono da noi in quei luoghi che non
furono imbastarditi. E noi ramiiieiitandoci di cotali
cose non dobbiamo ciecamente seguire la bastar-
dagine impostaci dai Croati e dai Serbi, che an-
che io ho in parte seguita quando manco ci ve-
deva , e quando era costretto di seguire la mala
corrente. E se i Croati e i loro imitaturi, che se-
guono a qualunque costo una corratela per aspi-
rare ad una grandezza nazionale, la qual è ancora
ai secoli providenziali riservata, si accorgeranno
dell' errore, abbasseranno il rude orgoglio serbo,
giusto solo in quanto a miglior costruzione di con-
cetti ; e la gloriosa prisca Hèrva'ska ristabiliranno,
non puntellandosi colla forza materiale del Triregno,
ma colla morale, colla gran Dea Opinione ; e in-
vece di rivolger lo sguardo al mezzodì, e pensar
forse agli avanzi degli Slavi del IIj Antigono;
lo rivolgano al nord, ove le radici di nostra Ungua
più pure si mantengono, e in tal modo si avvici-
nino sempre più al gran nucleo slavo ; e i prodi
Serbi alla rivalità unendo testini raianza di stima,
non insulteranno nè a Croazia nò a Dalmazia.
Io già son persuaso, che come l'ignoranza fa
or perdere il suo seggio a Croazia e Dalmazia,
così la futura civiltà, quell'albero c!ie potrà colle
sue radici succhiare unuri stranieri , mi crescere
in nostra terra, dal suo seggio mirerà con sguardo
benigno la piccina Serbia, che or fa le sue rodo-
montate, e le dirà: non pavoneggiarti oltre; il tu
dialetto orientale è dialetto croato, i tuoi Mon-
tenevlnì sono uu ramo croato della Croazia del
presbitero Diocleate; nostra lingua seguita, e lascia
la tua impura, e la tua sentenza : Sèrbi sui i svuda,
che meglio dovrebbe trasmutarsi in: Svc Hervati;
svuda Ilervati !
Queste mie ardite riflessioni, che voglion ven-
dicare r onor nazionale perduto per cagione rifor-
matrice, non meritano dispregio nò da parte croata,
nò dalmata; e Dalmazia ancor ha i suoi geni, che
nefaste circostanze rattennero dalla sublime pa-
lestra; e ancor ricorda questo umile seminario di
Spalato, che nutrì la germogliante subhme natura
di Ugo Foscolo, e la inimitabile arte di Nicolò
Tommaseo, geni ambidue.
Spalato, h 20 ottobre 18G2.
Prof. A Kitzmanicit.
-) V. Nìzioiale 11, Co.
V. Filopomeno in Plutarco, tratluziono nuovissima di
Marcello Ailriani.
*) Al m ituiale dol D r Pelranovicli. che in ogni pngiiiii
ini |)re.scnl;i degli errori, o aneliti qii.i e là (Itagli spropo-
sili, f;irò ritorno a suo leinpo; [)ercl}ò .issai più mi premo
(li svolger!.' in appresso il mio coiicolto sulla Slavia liei
inezzoii'orno.
(Nostre Corrispondenze).
Parhp, 17 Qlliihrc.
I giornali oflìeiosi smontili ieri netlainenlo dal de-
creto pubblicato dal Moiiiteur, ohhoi'o almeno ragiono <i-
nora in quanto dissero cheruNCìta dal luiniìtoro di Thou-
venel doveva essere la sola modificizione minisieriale elio
stava per succcdere. Difillo per ora non si parla di nes-
sun'altra dimissione.
Quasi a compenso il Moniteiir annuncia oagj che il
maresciallo Canrobert va a prendere a Lione il posto la-
sciato vacante dalla morte del maresciallo Castellane, e
che il (bica di Magenta riinpiazzcri\ a Nancy il maresciallo
Canrobert.
II grande comando militare che ha per capoluogx)
Lilla si trova per tal modo senza titolare; ma dicesi che
in breve vi sani proveduto on la nomina di un mare-
sciallo di Francia, e, crcdesi, che tutto le probabilità sierro
per il generale di Martmiprey, 0 pel generale Cousiu Mon-
lauban.
Oggi si comincia a farsi un' idea esatta della significa-
zione dol ritiro di Thouvcne!, e della scelta del suo sue-
Kara »9 Ottobre J§63.
Voce
Prcz/o d'assofiiizii)iii> in viiluta Hustriaca per
Zara« per un anno lioriiii b; |it'r sei iiifsi fiorini 4;
per tr>' mesi fiurini li. P>'l liinrtiicnie deila Proviticia
a fuori: per un anno liorini 9; por sei mesi fiorini 4
«olili 50; per Ire mesi lidriiii "ì.'i'y. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
che del porto-posta.
Giornale politico-leiferario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I £rtip[ii e le eoiiHiiis.^ioiii, franchi ii.-1!t! spe-;«
po-iali, »1 ihri jii>iMi in Zai u ;i \ iiiceii/.o Dilplancieli He-
daltiii-.- (Il lh( [»alliiiitii'U. e s,li ;iltliuoh:u)ii-ini. ut
ni-ii)/,ii libr.'.rii il( i mìi.i'i i Iratelii Ballara e Pietro
A'ielii'li. (ili iiwisj ili s linee eoslaiio I lìuiino, e ogni
Ih.e.« .11 l'Ili Milili ti. ha ta-s;i di fiiiuiiza restii a carico
d i eiiiiiMiiiIiTiie. I n iidiiiero separato eo.^ta soldi 10.
Riepilogo e Conciliazione,
ir.
La principale ragione addotta dagli slavisti
dell'esigere l'uso forzato e immediato della lingua
slava in ogni pubblica faccenda, è il credere sif-
fiìtta misura, non che utile, indispensabile a dif-
fondere e generalizzare la lingua. Ora, non che ciò
appaia evidentemente vero, noi lo reputiamo de-
cisamente falso ed atto a più sempre allontanare,
jiiuttosto che a raggiungere lo scopo voluto.
Jia lingua slava è già conosciuta dalla grande
maggioranza del popolo, da tutto il popolo della
campagna ; è la sua lingua nativa e materna, che
sentì parhir sempre dalla gente con cui convisse ;
egli non corre pertanto pericolo di dimenticarla
0 perderla, nessuno sforzo che altri volesse fare
per imporgliene un'altra, sia l'italiana, o la te-
desca, 0 la russa, sarebbe efficace; egli non ha
bisogno di scuole che gliela insegnino, di tauina-
turghi che gli predicliino la nec.'s.sità di conser-
varla; è una cura questa e un affanno che gli an-
nessionisti e i slavisti ultra si danno indarno. Chi-
la lingua italiana continui ad essere parlata nello
città, ch'egli medesimo abbia bisogno di capirla,
c realmente la apprenda, non può nuocere alla sua
punto, nò torgliene il possedimento.
Ma ciò che può giovare ntirabilmente a farla
riuscir più gradita, a ftirne abbracciare F uso con
entusiasmo, non che a dileguare quella renitenza
ad apprenderla, quella ripugnanza a parlarla che
riscontrasi nelle città, e tra la gente colta; è il con-
durla a perfezione, è il darle (^uella finitezza che
renda leggermente accessibili a ciaschednii;) le
sue intime bellezze; a fornirla di q-iella copia di
vocaboh che risponda allo stato della universale
coltura, e vaglia ad esprimere e signilicare le idee,
le nozioni, e le cognizioni che i popoli civili pos-
seggono.
Ora ciò non si potrà ottennere coli' adoj)crarla
ad ogni uso della vita pubblica, prematuramente,
forzatamente; non si potrà ottenere con industrie
determinate, e mezzi artificiali e sforzi diretti,
non con studi e indagini filologiche, con })ubl)Ii-
cazioni di dizionari e grammatiche, con traduzioni
di opere straniere, con cattedre di liiigua e let-
teratura, non con malie,i c gabinetti di lettura o
c'daonice. Son cose queste che potranno in alcuna
parte giovare, che concorreranno, dove sieno bene
dirette, a raggiungere lo scopo ; ma non saranno
il mezzo unico, nè il più opportuno, uè il più po-
tentemente efficace. Ciò si otterrà con la coltura
del popolo che possiede la lingua; ciò si otterrà
quando, ed a misura che egli se T avrà procac-
ciata; si otterrà allora che sorgerà spontanea in
lui la necessità, e troverà da sè il modo più con-
veniente di creare i vocaboli mancanti, o di pi-
gharli d' altronde, come alla sua indole toi'ni ])iù
proprio; quando l'acquistata gentilezza dell'animo
lo avrà fatto accorto di ciò che v' ha ancora di
rozzo nel suo linguaggio, e gli suggerirà natural-
piente i modi da sostituire, e le politure da pra-
|;icare. 11 perfezionamento della lingua è elìetto e
jion causa, deve seguire e non precedere la col-
tura, cioè a dire, coltura e perfezionamento devono
operare sinpltaneamente, influire l'un sull' altro
a vicenda, e l'uao succedere a misura e in pro-
porzione dell'altra.
Ora questa coltura avanzata, questo sapere mol-
tiplice, questa educazione squisita, noli sorgono co-
me per miracolo dal seno medesinio della nazione,
e per insita forza; non coli'esclusivo uso ad ogni
costo, della propria lingua: l'asserirlo è uii troppo
evidente paralogismo; è una contraddizione all'atto
dei passati secoli, che non han potuto dar tali frutti.
Ciò forse potè accadere in tempi remoti quando
l'ignoranza era universale, le scoperte tutte da
fare, le scienze da creare, le cognizioni da trovare,
0 quelle che pur sussistevano rimanevano circo-
scritte al luogo e alla gente che le possedeva, la
vita d'ogni nazione correndo isolata e sequestrata
dalle altre. Ciò accadde, quando gli animi vergini
e gli spiriti giovani, dotati di maggiore vivacità
di entusiasmo, di maggiore impeto d'immagina-
zione, di più gran forza creatiice, poterono inge-
nerare una civiltà nativa e spontanea. Ma oggidì
che la coltura universale è tanto progredita e il
sapere ampiamente diffuso, che non v' ha popo-
lo che non lo abbia immediatamente alla mano;
che non abbia sotto gli occhi le utilità che sene
possono trarre e le pratiche applicazioni di cui è
suscettibile ; oggi che la umanità, quasi a dire in-
vecchiata, non è più suscettiva di entusiasmo e
slancio originale, è necessario e naturale che cia-
schediuia tenda la ni ino ad afferrare il bene che
trova e dove lo trova, o che se ne metta ansiosa-
mente in traccia, senza star oltre a Iridare.
I popoli, pertanto, che iat^ndomo iiscii-e dalla pri-
mitiva barbarie, è necessario che si affrettino a
mettersi in immediato e frequente commercio colle
nazioni civili; che piglino da queste gli insegna-
menti e le «lottrine, le norme prime e le ultime fi-
nitezze delle arti, che ne apprendano le lingue, e
dell' eleganza, della bellezza e della copia di qnelh»
si valgano a perfezionare e arricchire la propi-ia.
(()'iesto ni odo han tenuto, per progredire nella col-
tura, tutti i popoli che poi furono insigni, questo
tutte le lingue che poi riuscirono a squisita per-
fezione; nè v' ha forse coltura o civiltà conosciuta
oggimai, che si possa con sicurezza asserire, non es-
sere stata dedotta da un'altra anteriore e diversa.
I Greci non disdegnarono pigliare dovunque rin-
vennero le cognizioni e il sapere; nè vi fu al
cuno de' loro uomini insigni che non intrapren-
desse lunghi viaggi, in contrade remote, e tra genti
chiamate barbare, per studiarne e importarne con-
segnamenti e costumanze, scienze, lettere ed arti;
che non studiasse le lingue straniere e non se
ne giovasse a perfezionare la propiia. La civiltà
e la coltura latina sono per tre quarti greche, e
prese da' Greci di peso, la lingua, derivazione della
greca, la quale erano ben lontani dall' avere in ab-
ijorrimento, e il cui studio assiduo e la cui perfetta
conoscenza, raccomandavano caldamente. Non oc-
corre dire che le colture moderne tutte sono figlie
e imnragini della greco-latina, e le lingue o deri-
vano immediatamente da quelle, o gran parte ri-
traggono di loro bellezza. La lingua latina fu par-
lata, sino a tempo assai tardo, in tutto quello che
fu mondo romano, sebbene altra lingua propria ciar
scun popolo si fosse creata, la quale si guardarono
bene dall'usare esclusivamente prima che fosse giun-
ta a maturità. Gli italiani poi, lungi dall' affrettarsi
a smettere 1' uso della latina, non si peritarono a
servirsi della propria neppur quando questa aveva
raggiunta la perfezione. Dante dubitò gran pezza di
scrivere il suo poema in latino; in latino scrisse
Boccaccio; e Petrarca tenne iti pochissima stima le
sue poesie volgari che dovevano levarlo in sì gran
fama, facendo gran conto in qu^ella vepe dell'^Wca
e dair altre poesie latine, che caddero si tosto di-
monticate.
Non diversamente devono adoperare gli slavi,
se pure intendont» di raggiungere la civiltà e la
coltura degli altri popoli; e così per vero adope-
rarono quelli tra loro che alcun passo per questo
cammino hanno già tatto. 1 boemi sanno il tede-
sco non meno del boemo, e dalla coltura e dalla
lingua tedesca, gran parte è originata della coltura
loro. I croati, se qualclie cosa avanzarono nel sa-
pere, se fece alcun progresso la loro letteratura,
ad altro noi devono che al tedesco che conoscono
e parlano tuttogiorno. Sa poi ciascuno che i po-
lacchi, e i russi singolarmente, più por avventura
che non si convenisse a serbare l'indole nazionale,
si valsero della lingua e coltura tVancese, a far nel
sapere tanto cammino.
Così imitando solamente siffatti esempi anche
gli slavi della Dalmazia possono sperare di ot-
tenere gli effetti medesimi; giovandosi cioè della
coltura e della lingua italiana. Della lingua italiana
che ha grado di coltura e di perfezionamento-, su-
periore forse, nri certo non inferiore, a lingua al-
tra viva nessuna; della lingua italiana che eglino
possono apprendere ])iù facilmente, perchè più af-
fine di suono e di efficacia alla loro che verun' al-
tra, perchè hanno occasione prossima di farlo, cou-
viveudi) col resto del popolo che parla italiano,
perchè ha:ino necessità di saperla, per le continue
relazioni in che si trovano cogli italiani, e fin col
paese d'Italia. Xonchè dunque a bandirla dall' uso
comune, e dalle scuole, quanto sia prima possibile,
devono adoprarsi a tutto potere a mantenerla
gelosamente e a promiiovenie lo studio, pel quale
solo potranno avanzare il popolo, e la coltura, e la,
lingua slava. Ciò diciam;) più particolarmente della,
classe colta, di coloro che fre([iientano le scuole
pubbliche e fanno il corso regolare di stud', i quali
hanno ad essere il naturale veicolo, diremo così,
per cui l'istruzione agli altri ordini sociah si co-
munichi ; ciò non crediamo inopportuno neppur per
le scuole di campagna che si volessero istituire.
La mancanza e le difficoltà che a fornu-e un' istru-
zione pur mediocre s'incontrano nella lingua slava,
sussistono per la elementare non meno, onde il fornir-
la in italiano si rende più che mai necessario; e agli,
slavi dalmati non ò mestieri di maestri a imparare
la lingua loro, bene importa moltissimo di sapere
l'italiana, che hanno necessità di adoperare ogni
giorno, e la cui ignoranza nuoce loro bene altri-
menti, che non noccia agi' italiani l'ignoranza del-
lo slavo.
E della efticaccia della coltura itaUana, e della
studio di quella lingua, sulla cultura e sulla lingua
slava, i Dalmati stessi hanno avuto esperienza. Se lo
slavo fu coltivato in Dalmazia, meglio che ne'paesi
vicini, fu in grazia delV italiaiuì, dalla coltura ita-
liana furono sospinti a coltivare lo slavo quei pochi
scrittori di cui si mena sì gran vanto, e le cui o-
pere in gran parte da quella coltura ritraggono.
È solenne balordaggine T imprecare alla coltura e
all'influenza italiana; senza le quali, neppure alla
loro lingua, avanzamento nessuno sarebbe venuto,
Nè è da sgomentarsi che l'influenz i straniera
alteri la coltura, e la civiltà, e F i/i ioie nazionale,
0 guasti e deturpi, con modi ua i pro^ii, ;a iiìigua.
Ciò senza dubbio può avvenire, e non oceqrre cer-
care esempi a persuadersene; ma sappiani) che
non v' ha bene che venga schietto ed intero, e senza
mescolanza di inale, e non abbia mestieri di temila
spettare che per altrettanto terapo debba il con-
gedo del Consiglio durare.
Se non che, quand' è che questo Consiglio pi-
glierà una volta definitivo riposo dalle kiiigìie e
fruttuose sue fatiche? Qiiand'è che le Diete po-
tranno pigliare, almen' esse, un po' in cura, gli
interessi di ciascuna provincia ? E, poiché fu
detto che le Diete sarebbero convocate ogni anno,
cliè si bada a riaprirle ora che siamo al princi-
pio del novembre? Non sarebbe egli -tempo che si
potesse rendere un po' efficace la finora necessa-
riamente sterile operosità delle Giunte^ e i pro-
getti e le proposte, e i gravissimi studi fruttassero,
a si traducessero alla perfine in leggi utili, che
vagliano a temperare almeno in parte la nostra
miseria, e giustificare agli occhi del povero popolo
le nuove spese die lo si obbliga a fare, senza utile
nessuno?Non sarebbe egli tempo che questa legge
comunale, votata or fa un anno dal Consiglio, e la
«ola dal sovrano sanzionata, cessasse dall'essere
lettera morta, e trovando in ogni provincia la ap-
plicazione adattata, togliesse un tratto città e pro-
vincia dalla paterna, ma insopportabile tutela del
governo ? Ma neppure di questo, ci pare di scor-
gere indizio nessuno; e mentre un giorno si sparge,
con qualche apparenza di veracità, la voce che le
Diete abbiano ad essere convocate indilatamente, a
votare appunto la legge comunale, unica pratica ap-
plicazione dell' ordinamento costituzionale, il giorno
dopo ci pervengono dichiarazioni contrarie del co-
stituzionale e responsale ministro.
L'Austria che, quanto può, s'adopera a prose-
guire, con nuove apparenze e sotto nuove forme, nel
suo sistema di governare a suo senno, trova però
difficoltà e ostacoli, che per quanto possano parere
innocui, non cessano dall' essere una minaccia pe-
renne, e un pericolo imminente. I tentativi di conci-
liazione con l'Ungheria, di cui fu parlato tante volte,
0 non riuscirono, o non furono fatti, secondo le
asserzioni ministeriali. Intanto quel paese continua
ad essere governato eccezionalmente, cioè per forza ;
we cioè in uno stato di protesta e violenza con-
tinua. Ne molto diverse sono le condizioni della
Croazia; nò dell'una, nè dell'altra provincia per ora
è possibile convocare la Dieta. In Transilvania, do-
ve si pervenne a raccogliere gli elettori, l'assem-
blea si dichiarò incompetente, perchè uscita dalla
minoranza del paese. Ora è a supporre che siffatte
condizioni possano a lungo durare?È egli possibile
continuare a governare in questo stato di cose?
Nè le i^elazioni coir estero sembrano molto me-
glio favorevoli all'Austria. 11 congresso dei com-
mercianti raccolto a Monaco, (dove furono rappre-
sentanti di ogni città di Germania) risolse, con di-
sappunto degli austriaci, contro il voto della mag-
gioranza della commissione esaminatrice, che il
trattato di commercio franco-prussiano venisse ap-
provato, e all'Austria rifiutato T ingresso nello
Zollverein con tutte le sue provincie.
Le speranze degU amici delia libertà, messe da
ogni parte subitamente in fuga, (troppo subita-
mente a dir vero per concepirne gravi timori) ri-
spuntano dal fondo della povera Grecia — il sole dal-
l'oriente! L'annunzio della rivoluzione giunge quasi
contemporaneamente a quello della sua completa
dan, Viissojemh, Gazilo, Piperì, Poph'i, Pilelich, U-
zìska Klobuch, Kom Krijue, kr , . krj . . . kra ... al
diavolo quei nomi, che non posso tenere a memoria.
Non dico per vantarmi, ma quando ero alle
scuole, ero sempre in geografia il prjmo ......
nel banco dei somari ..... perciò al sentir quei
nomi, la cui esistenza m'era affatto ignota, pigliai
un trattato di geografia, una carta ... e cerca
. .. cerca . . trovai ... cioè fallo, non trovai
un corno. Se ebbi una sconfitta in geografia, la
sorte mi arrise- in matematica. Dai giornali slavi,
scritti nella barbara favella di Dante, seppi che
il numero de' morti Turchi ascende ad 85, 925
diconsi ottantacinque* mille novecento e cinque, e
quello de'Montenerini a 1181, mille cento ottanta
uno. Le ferite erano tra le spalle, o in quella parte,
dove la schiena cangia di nomo, ossia nella sedi-
cesima lettera deli' alfàbetto, e vicinanze.
In somma, onorevoli signori, io ne ho già ])ieni
.... i senlimenli, per rispetto ai rappretientanti
riuscita. Tutte le principali città insorgono ad un
tempo,Covunque le milizie fraternizzano col popolo;
il re, coti ammirabile rassegnazione, non dissimile
da quella die gli fé già consentire altre volte su-
bitamente alla costituzione, abdica, e sopra un ba-
stimento inglese prende amichevole congedo da
quel popolo che fu già suo. Un governo proviso-
rio è istituito; mentre l'ordine pii^i perfetto con-
tinua a regnare in tutta l'estensione del paese.
Le troppo scarse notizie finora ricevute, non ci
permetterebbero per vero, di far molte congetture
sulla causa di tanto rivolgimento, se già non sa-
pessimo da un pezzo come fossero tristi le con-
dizioni di quel paese, come la soggezione allo stra-
niero vi fosse impazientemente sofferta, e il prote-
torato delle potenze una assai grave somma di cui
quel popolo anelava sgravarsi. Ma di più sappiamo
che r angustia del territorio, a cui la Grecia era
stata circoscritta, era una causa ben più grave del
nazionale disgusto, come quella che rendeva im-
possibili ogni avanzamento e ogni speranza di pro-
sperità e di grandezza nazionale, al che non v' è
popolo che si rassegni volontariamente. Ora se
quest' ultima è veramente una delle cause della in-
surrezione , come non attendersi dal nuovo go-
verno imprese ardite, e tentativi d'ingrandimento?
Come non vedere che l'impero turco va nuova-
mente ad essere minacciato n3lla sua integrità, e
forse la questione orientale a ridestarsi ? E a ciò
non avrebbero a ridestarsi nuovamente i moti so-
piti violentemente degli slavi ?
Ecco quali sono le speranze, o i timori che dal
nuovo avvenimento sorgono naturalmente; ecco le
domande che ciascuno dee fare a sè medesimo.
Senonchè al succedere dei secondi pensieri, i so-
gni dorati tornano a scomparire; nò vedesi altro
rimanere che la riscossa di un piccolo popolo, che
Iia ogni diritto di voler essere governato meglio
che finora non fosse, ma che però ha troppo po-
che forze per tentare imprese arrischiate. Un pic-
colo popolo che le potenze, pel prevalente prin-
cipio del non intervento, lascieranno probabilmen-
te costituirsi a suo senno, ma a cui non permet-
teranno facilmente di sciomporre la pace di Europa,
0 di violare territori da esse ad altri garantiti.
Letteratura slava.
(Conliìiuazwne, vedi lY, 47J,
lY.
Dicentes enim se esse sapien-
tes, stilili sunt.
ad Romanos, Cap. I, 22.
Su questo grande altare di espiazione, che terra
si noma, il dolore è il magnifico motore di i1-
volgirnenti umani ; e la storia maestra della vita,
ne mostra i lacrimabili simulacri, innalzati alla virtù
candida, ed all' insanguinata. E nei fasti pagani
vive r immagine dell' amabile Tito, proclamato de-
lizia del genere umano, che sul cuore ha scolpite
quelle auree parole : Amici, dietn perdidi ! che val-
gon più delle vittorie, e delle conquiste di Ales-
sandro e di Cesare : d'altra parte sta il simulacro
di Catone, mostrante la sua lacera ferita; e Fi-
lopemene, ultimo dei Greci, con animo sedatissimo
della Nazione ; ma se ciò non fosse, avrei detto
die ne ho piene . . . ben altre cose.
Prego, e scongiuro adunque le Camere dei De-
putati, a valersi del diritto d' iniziativa per pro-
porre ed adottare una legge, che vincoli i gior-
nali, e ponga il pubblico al coperto del Luka,
del Mirko, del Niceforo, e di tanti altri mille nomi
inconcludenti, che succeder potessero mano mano
9, cotestoro.
Signori Deputati ! non è egoismo che mi fa par-
lare; mille, mille, e mille altri sono all' istesso caso,
e voi potrete restar convinti dai molti casi di feb-
bre cerebrale e di alienazione mentale tanto fre-
quenti in quest' anno.
Non provedendo alla salute di tante vittime,
tradireste il nobile vostro mandato.
Quantunque, onorevoli signori, io vi abbia rotto
.... i senlimenti, pure nutro speranza, che non
passerete all'ordine del giorno puro e semplice
sulla mia petizione.. Un futuro Candidalo,
beve il mortai veleno, e Bruto, ultimo della Bo-
mana virtù, tiene in mano l'insanguinata spada
con cui spense Divo Giulio, il più gran Romano'
e poi in se la immerse. ^ '
Taci 0 folle, grida il falso Fausto. — Non vò
tacere: è grido questo dell'ignoranza i[
folle non crede e non confessa mai sè esser folle-
ubbidisco all' imperioso ingrato comando di Archia
che mi trae fuori dal mio Delfo, ove ritrovo con-
forti alla vita.
Comparve il Giusto di Dio, al mondo com-
mosso da tanti inutili sforzi per arrivare al pia-
cere che non muore; mostrò la Croce, e provò
in Francesco Saverio, nel poverello di Assisi, e
in una moltitudine di altri, quanto questa umana
creatura sia capace di celeste pratica, che la scienza
mondana non ha potuto mai perfettamente imitare.
E riflettendo io su questi aurei passi, e rivol-
gendomi alle cose nostre ; quasi sdegnato discen-
do, per vedere una turba, che postergata la stol-
tezza della predicazione (Judeus qaidem scandalam,
Geritibiis autem slulhtiam, ad Corinth.), corre dietro
al sublime artificio di Victor Hugo, e vi compa-
risce meschina. Questo è progresso, ella esclama;
ed è . anche progresso la statua lagrimata da Ro-
land, che si erge sui precipizii, che conducono alla
meta della Dea Perfezione. E il pentimento sul
passato? e le rovine delle repubbliche, dei regni,
degli imperii; e il sogno di Nabucco, e la tre-
menda mano apparsa a Baldassare ; cosa è questo ?.
Squarcia il velo che ricopre tanto mistero, guarda
se ebbe ragione Eraclito o Democrito; poi cau-
tamente muovi il passo; chè umanità inferma
anela a grandi cose, che con sapiente mano porger
si devono. E io pur amo il progresso, ma separo
Italia dalla Slavia, e bado se i fiori dell'Eridano
possono convenire a Sava e Drava ; ed io non vi
scorgo nè la pietà del religiosissimo Numa, nè la
virtù dell' eroico Timoleone ; e qui grossolanamente
discendo sulla nostra arena.
E rapido scorrendo come dallo spirituale al
materiale, tocco un campo attiguo al letterario ,
senza lesione dell'ordine logico, chè le scienze
tutte si toccano ; vengo a svolgere il mio con-
cetto, che comprende due gran mali : corruzione
di lingua, e corruzione della nostra originalità, che
deve resistere alla civiltà ; la quale quando è a
sproposito applicata, degenera in inciviltà.
Tanto la letteratura, quanto la scienza, hanno
il suo magnifico, e il suo minimo; e quello che
talfiata sembra minimo, ad occhio armato di mi-
croscopio gj'ande appare, e fa vedere la natura
magna in minimis ; e le nostre minuzie letterarie
possono talvolta divenire ragion di stato. E Tibe-
rio Cesare si sdegnò quando vide introdotte in
latino alcune parole greche ; e Vespasiano Cesare,
corretto dal grammatico Floro, se la cavò con
graziosa celia, chiamandolo Flaurn.
Basta : non voglio ripetere delle prove più cul-
minanti che tutti sanno, in sostegno del mio còm-
pito; e per non comparire troppo gonzo dinanzi
alla sapienza croata, e sospendere il giudizio del-
l' oracolo comitale, mi appello ad Areopago migliore.
Nella grande impresa per la rigenerazione di
nostra nazione, la quale impresa mostrò sua faccia
irata nel 48, e giustamente, se si fosse appog-
giata a solido terreno; vi trovai la forza di lo-
quela, che fa presso il volgo, che si commuove
all'a/a «/a vi'-e, comparire grandi i predicatori bassi;
quel volgo che facilmente trascorre dall'espansione
di amore, all' odio mortale ; che talvolta è capace
di disprezzare le grinze della vecchiaia vedendo
la Neronica venustà; e la storia presso tutti i po-
poli questi fatti conferma.
E anche in questi tempi si diè ragione a chi
vinse, e tante volte ha ragione chi perde ; e con
boria nuova implicitamente si insulta a Dalmazia,
maestra alla Slavia passata, e che dovrebbe es-
sere maestra alla ventura. L'impulso, e la dottrina
venutale dall'Orsa, ella giustamente ricusa; mandò
suoi oratori a Carlo Magno e Napoleone ; ebbe
i suoi scrittori, che ne pubblicarono i guai, e i
lauri; ebbe le sue opere slave in caratteri gero-
limiani e gotici, che riportarono la lingua antica
e quella di Zvonimiro; ebbe i suoi Kacich e i
Grubissich; il suo giornale primaj ddla DanioH'
lederà ogni ìm diritto eferoriva il monopolio di
alcuìii primati. \
Dicendo che il deìrmca godeva di una indipen-
denza fiSsoltrta, noi abbiamo inteso di usare co-
dèsfcà Sei suo significato piò ampio. Sarebbe
errore lì suppotre che il demarca, anche dispo-
aendo a sua |)ost^ delle pubbliche tasse, fosse
vincolato tk ima prestabilita misura, il sorpassare
la quale gli avi-febbe cagionata una pena propor-
zionata alia gravità delio abuso commesso. Una
Mssra nei tributi dovuti allo Stato, non esisteva
cìiè allo stato di lettera morta ; chè la mancanza
di qualunque catasto e la riscossione delie impo-
ste natura (costume abolito sono appena sei
antìi) facilitavano ogni sorta di frodi, e ponevano
il contribuente in potere di un funzionario contro
la cui avidità non esisteva veruna sanzione penale.
- Parrà cosa assai strana al lettore come in tanti
anni la Grecia non abbia pensato ad istituire il
catastOy onde ripartire equamente la imposta ed e-
vitare la somma ingiustizia di caricare 1' uno in
modo eccessivo, per totalmente o in gran parte
esimere l'altro. Gionnostante il vero si è questo;
e noi ci sentiremmo venir meno la fede ne' de-
stini di essa, e considerando lo stato di quasi bar-
barie in cui essa tutto giorno si attrova, se potesse
venir meno la fede nel progresso della Umanità
e in queir incivilmento graduale che deve portare
la nazione più rozza allo stesso livello della na-
zione più culta. Ma finché 1' opera collettiva di
tutti j cittadini non si unirà nel medesimo intento
e fino a che un vago desio di ripentine e saluta-
rle riforme terrà lontano il pensiero nazionale dal
provvedere ai primi e più urgenti bisogni, sarà
stoltezza sperare non molto lontano il radicale rin-
novamento di un popolo, che non avrebbe mai do-
vuto obbliare essere il principio assai poca cosa
ove la continuazione non vi corrisponda e lo e-
guagli (Gonlinua.) D.r P.
flìimla Friulam). »«
Letteratura slava.
Et ex vobis ipsis eccurgent viri loqueoles per-
versa, ut abducant discipalos post se.
Act. Apost.
VII.
La navicella della mia vita ancor tese ha le
vele, alta la bandiera; e la rauca tromba, sbuf-
fante collera, del mascherato Fausto, non la ro-
vescierà. E quella maschera novellamente si op-
pone al mio cammino, canta vittoria e mi grida:
osserva! vuoi tu arrestar la locomotiva? E su
quella vidi stendardo spiegato, e le insegne di
Nemagna e di Bisanzio, Paleologo conGrisologo ;
poi udii: U tua Zvonimir che resti a Bribir; Hus
è Husl
Dunque la è finita per voi miei buoni autono-
mi ; è fatto conqoiuto ! Altro non mi resta che
ritirarmi nel mio buco, e piangere come Mario
seduto sulle rovine di Cartagine. Poi ripigliai:
Hus l Chi era costui ! E svolsi mia leggenda, e
trovai : costui fu eretico marcio ; maestro a Lu-
tero e a Calvino ; fu scommunicato e bruciato vivo.
L'ignoranza che non conosce se stessa, dice
all' ignoranza che conosce se stessa : anche tu
sei discepolo di Hus ; e non mi giovò il contrad-
dirle, perchè guai a lei se accennasse col capo alla
più i)iccola mia giustificazione.
In un paese, come è il nostro, comprendendo
anche il resto della Slavia meridionale, nomar
Hus, e occuparci di politica, e immaginarsi mari
e monti come fanno le grandi nazioni, mi sembra
una pericolosa buffonata. Vedo montagne nude,
pianure spoghe di alberi, miseri abituri; vedo mi-
seranda pastorizia, agricoltura, marineria depressa ;
eppur sempre il Nazionale, forte come il Times,
vuol discorrere di politica, e di auree torri, il che
io reputo una gran piaga della Dalmazia. Pružila
zaha nogu da i nju podku/u ! È non basta la Voce
Dalmatica, come organo di maggior intelligenza,
per avere notizie politiche? E il Nazionale non
anderebbe meglio che si occupasse unicamente di
mezzi adattati al graduato sviluppo dell'incremento
morale e materiale, studiando i luoghi e le con-
dizioni ? Ma allora esso anderebbe per terra, per-
chè più facilmente si trovano i denari per le mode,
di quello che per le cose miranti a sollevare la
miseria del popolo, e a moderare la tracotanza
aspirante.
Hus eretico, rivoluzionario, che potrebbe con-
venire a paesi stanchi dell' abbondanza, predicare
in Dalmazia, parmi assurdo di nuova data.
modus in. rebus!
È necessario forse, che noi sosteniamo le no-
stre ragioni nazionali, col cercare di mostrarci for-
midabili alla porta delle grazie, quasi che essa
non si possa aprire che colla forza; assumere un
contegno dittatoriale come se avessimo da fare
colla statua di Condillac? — Est modus in rebus]
e coir aver ottenuto quelle concessioni che il So-
vrano ci diè, a noi non resta che con immacolata
fruttifera virtù sostenerle e possibilmente ampliarle;
perciocché, pur troppo, noi per la condizione di
questo popolo, dobbiamo avere un reggimento com-
misurato alla civiltà slava, e io fermamente ri-
tengo, che la Slavia meridionale passerà gran
tempo, fino a che s.aprà reggersi da se. Ecco in
poche parole tutta la mia dottrina pohtica, dopo
aver studiata la storia, maestra della vita.
Popolo come il nostro, in istato di natura, deve
aver ben altre cure ; e quando il suo pensiero si
corrompesse con teorie, che ahmentano le passio-
ni, corromperebbe gli inveterati suoi costumi, san-
tificati da virtù patriarcale; laudatissima dagli sto-
rici stranieri che di lui ne scrissero, dipmgendolo
come figliuolo della gran madre antica, amico
della pace, e dell' agricoltura ; da cui non si di-
scostò che trascinato da tribù rapaci. Leggete
Saffarik, storico suo egregio, ove lamenta quei
degeneri suoi figli, che lo vollero abbeverare con
vizi stranieri.
Quante e quante invettive contro al mio ono-
rato petto in quel secondo articolaccio del ma-
scherato Fausto che ravviso per metà. E non sa-
pendo che fare, estrae dei passi dalla mia Epistola
ai Dalmati, cui prima egh non ci badava, perchè
parto di vaniloquo tutta quella spirante amor pa-
trio intemerato. Sì; gridai contro a quei poclil,
die ivi son numerati, rispettando la manifesta sa-
gacia della maggioranza della gente dalmato-lati-
na ; e credete voi che non griderei converso se si
rinnovasse la negazione della nazionalità nostra?
Perchè invece non attaccate i principii esposti nei
miei scritti italiani; che allora vedrei le vostre
difese in falsa via. L'istinto rai portò allora al-
l' annessione incondizionata ; e se or la ricuso, son
per questo divenuto nemico alla nazione-? E i vari
partiti che in ogni Stato si sono generati e mol-
tiphcati, somigliavano forse tutti ai Romani di
Giugurta? E i Girondini erano forse nemici a
Francia, se si ribellarono ai Giacobini? E perchè
tanto gridio contro di me, se sono l'unico oppo-
sitore ? Sì, io distinguo la nazione da chi arbitra-
riamente si arroga la sua rappresentanza; amo
quella, questa ripudio, perchè professante principii
erronei. Voglio vedere Virtù dominante.
Perchè, o maschera, profanate il nome del per-
sonaggio letteratissimo, canonico don Simeone Star-
cevich, cujus anima in beneilidinne sii! principe
degh scrittori croati, amoroso alla nostra nazione,
giusto castigatore delle immonde riforme? Perchè
mi chiamate nemico della nazione, perchè non stimo
ne voi nè i vostri partitanti ? Mi sono mai op-
posto al progresso della nostra letteratura; non
ho forse nei miei scritti italiani superato gli scrit-
tori del Nazionale col proporre dei radicali rimedi
ad utilità e decoro della nostra Slavia ? A voi tutti
discepoli striscianti dei Croati fortemente mi op-
pongo, perchè ricuso la sapienza croata; solo per
ora comparisco nel torneo, ma pur vi devono es-
sere molti e molti uomini di buon senso che non
ardiscono di contraddire alla vostra petulanza; e la
maschera che ricorda il direttore Martinez, se non
credesse alle mie imprecazioni contro la calunnia,
sia strascinata alle gemonie. Maschera forse che tu
sei maculata. Quid auleni vides feslucani in oculo
fratris lui : et trabeui in oculo tuo non, vides ?
Mi si oppone l'interesse come guida della mia
mutazione ; e io mi appello a tutti gli onorevoli
compatriotti che mi conobbero, se mai feci torto
al disinteresse, all' onoratezza e alla proibita. E
cosa sono i vostri inani conati, lo sviscerato a-
more nazionale con tanta furia da voi dimostro?
E il Nosce te ipsum non vi cade mai in mente,
per scandagliare i rimoti ricettacoli del vostro cuore?
È non vi sono forse degli aspiranti, che potrebbero
cambiar assisa? Siamo forse tutti Focioni o A-
ristidi?
Preradovich si meravigliò che non mi presen-
tai al bano Jelacich venuto a Zara ; Petranovich
forse non si meravigliò quando ricusai di men-
dicare un titolo accademico; e gli jalti miei su-
periori mi vedevano forse bussare alle loro porte
quando il servizio rigoroso non mi vi chiamava?
E ciò non feci per superbia, ma per timoroso ri-
guardo; e forse se mi fossi diportato altrimenti
non mi troverei così poveretto, e non me ne pento;
e da molto tempo son tanto ristucco per fisico ma-
lore, e per sentimento di questa tragedia mondana,
che se fossi più degno esclamerei coli' apostolo :
Desiderium hahens dissolvi, et esse ciim Clirislo. E
gran materia avrei ancora da scrivere se volessi.
Ora devo disfarmi di don Michele, e ancor rife-
rire qualcosa a don Giovanni.
Strana cosa è vedere due sacerdoti del Signore
patrocinare una causa sì pericolosa e precipite,
contro ai doveri del proprio ministero, che deve
essere banditore di celesti consolazioni, e portar
per insegna le parole dell' apostolo : Milli enim ab-
sil glonari, nisi in cruce Domini nostri Jesu Clirisli:
per quem mihi mundus crucifixus est, et egomundo.—
ad Galatas, c. VI. v. 14.
Cosa è queir inveire di don Michele: falso que-
sto ; falso quello, etc. per imporre o carpire con
un pugno di mosche all' ignoranza un' approvazione?
Nega risolutamente, appoggiandosi a vizio univer-
salizzato, perciò approvato, la da me esposta re-
gola, che dai verbi perfettivi non si devono costruir
verbali ; falsa reputa la mia asserzione, che in
nostra hngua (intendeva, parlata) non si trova vo-
cabolo che significhi aborto; mentre egli ne in-
venta di nuovi, eleggendone uno. L'atto dell' a-
bortire sempre intesi spiegato col verbo, e non
con nome essenziale o sostantivo ; perciò dissi che
vocabolo corrispondente ad aborto, nome sostantivo,
da noi non esiste. E qui so che si dirà come di
tutte le mie cose ledenti il partito contrario: no,
falso, no ; e io sarò un bel matto se ritornerò al-
l' attacco, chè la Voce Dalmatica non devesi im-
brattare con querele linguistiche, che riuscirebbero
sempre inutili al partito contrario, negante anche la
verità per sostenersi. Spiacemi solo che molti dei
nostri saggi non sieno giudici competenti in que-
sta materia, ma mi giova sperare che nei casi che
paressero dubbi, raccoglieranno con cauta riserva
le troppo intralciate ragioni.
Quello concerne i verbali terminanti in je, o
tje (će), dico che essi si introdussero in nostra
lingua traducendo le sacre carte dal greco e dal
latino; perciocché i traduttori timidamente obbli-
gati per rispetto a quelle, non dovettero dipar-
tirsi dal loro senso; quindi quando incontrarono
nomi essenziali, e non trovando in propria lingua
i corrispondenti, li costrussero dalla terminazione
passiva dei perfettivi ; e da quel tempo i nostri
scrittori quasi sempre li imitarono anche in scrit-
ture libere. Il che non mi pare giusto dove si tratta
di profana scrittura, e qui adduco ancora un e-
sempio, che vale per altri mille consimili. Podsti
0 pasti, cadere, è verbo perfettivo, che si distin-
gue dal suo imperfettivo padati. Ora, il nome es-
senziale deve essere pad, e padenje è contrario alla
regola più sopra accennata ; e così dovrò dire p.
e: pad Rimskoga Carstva, e non padenje Rimskoga
Carstva. Per ciò non regge skofenje, izbivenje ecc.
di don Michele, cui dà un arbitrario significato;
perciocché sostengo che anche cotali ingiusti ver-
bali devono aver nota con tempo come tutti i verbi,
e non nota senza tempo, che è proprietà dei nomi
essenziah, o perfettivi; quindi il suo izbivenje non
ha la forza perfettiva del sostantivo aborto, ma
quella MV abortire. 0 così o colà, la hngua voi'
gare riceve sempre tali voci dai servi di altre lingue.
Oltre a ciò, come già gli rimarcai, doveva scri-
vere dUesceta genitivo di ditesce, e non ditesea come
malamente fece ; e lo stesso izbivenje, è anche er-
roneo, perchè non si deve dire i^Mvenje ma izbijenje.
maggiore più sollecita dell' Ailanto nei terreni im-
produttivi, onde poter approfittarne come albero
boscliivo, e come nutrimento al relativo baco, del
quale la oggi, pegli studii del filatore Irancese si-
gnor Form egoi, si conosce il modo di dipanare il
bozzolo con continuazione del suo filo, di torcerlo,
renderlo bianchissimo, e tingerlo con qualunque
colore.
Zara, 5 novembre 1862.
Il Presidente
PETROVICH,
Il sig. ab. Lj ubidì.
Giacché dal chiarissimo sig. abate voglionsi da
me alterate a malizia le sue parole, m' è forza re-
carle quali ce le ridice egli stesso. Pag. 13: "Vi
"dirò soltanto, che ove tra noi sbiicca un qualche
"raggio di luce^ debile sì, chè gli splendenti sono
"ben rari, a mille si accalcano tosto per gettar-
"glisi addosso e spegnerlo col peslifero fiato. „ Pag.
17: "Ma grazie al Sommo Giove 0. /!/., che a que-
"sto tempo il buon senso è proprietà comune, e
"che i semi gettati dal sig. D. volarono per l'aer
cieco, spogli di polpe, cadendo tra sterpi e bronchi
"a pasto d^immondi animali.^ . . . . . . .
Imploro la benignità del eh. sig. ab. Lj ubidì,
che non voglia apporre a mia malafede se nella
stampa da me non potuta vedere corresse un qual-
che leggiero sbagHo a deturpare il suo stile, del
quale egli è tenero giustamente. Ma s'io volessi
citare tutte le pagine dove a un dipresso ammi-
rasi r eleganza che ne' due periodi dallo stesso
uomo erudito trascritti per renderceli piiì memo-
randi, dovrei copiare gran parte delle opere sue,
e cosi offendere il diritto della propriettà lettera-
rio. Basti il luogo seguente:
"La pretesa di escludere tosto l'italiano in Dal-
^'mazia dalla vita pubblica sarebbe certamente non
"meno strana di quella che V. S. va, non so con
"quanta coscienza cittadina insinuando; cioè che
"a^co là ove la lingua italiana non fu peranco
"introdotta tra noi, la si dovrebbe ficcare, a chiodi
^piir anco se duopo fosse, per far risorgere la
"Dalmazia; come se l'empiere le tasche vuote fosse
"pili d'una hngua che d'un'altra.„
E acciocché non si dica di' io detraggo all' o-
riginalità dell' autore, avvertirò che non solamente
Vinsinuare la pretesa, e V anco e il pur anco sono
maniere di lui; ma è tutto suo il ficcare a chio'ii,
ficcare a chiodi una lingua ; che credo anch' io che
la lingua non empie le tasche, ma tengo che la
lingua d'un popolo civile e vicino e i cui com-
merci a noi sono inevitabili, possa aiDalmati tutti
giovare, e possa non pur senza danno ma con van-
Ì;aggio della Slava essere conosciuta. Del potersi
dalle parole dell' uomo erudito sospettare che fosse
mio il desiderio del ficcare a chiodi una lingua, e
mia la sentenza che la lingua italiana possa far
risorgere la Dalmazia; io non mi dolgo siccome
d' atto di poca coscienza e di poca onestà, al modo
che usa verso di me l'uomo erudito, del quale
io avevo pur rammentato con lode uno scritto,
dove con pienezza di critica e con veracità sto-
rica e con prudenza esemplare era narrato dei
fatti e scritti di me, che non ambivo l'onore della
sua menzione. Ma il sig. abate, assalendo l'one-
stà di chi non ha intaccata la sua, fa torto alla
sua causa, al suo ingegno, al suo ministero sa-
cerdotale, al suo nome, che spira la fragranza
delle mammole e la dolcezza de'baci.
N. TOMMASEO,
Letteratura slava.
VI.
(Vedi il n. 71 del Nazionale}.
Pensarci frima j)er non pentirsi poi.
Al reverendo sacerdote don Michele Granich,
autore di quello scritto, rispondo colla dovuta mo-
derazione; perciocché egli è un uomo dotato di
carattere forte e indipendente; è la personifica-
zione del carattere nazionale in quanto alla for-
titudine. Peccato che é poco versato in letteratura
slava ; peccato comune più o meno a tutti noi,
e senza nostra colpa ; che il bisogno ci trasse a
coltivare libri non nostri; ma torno a dire, che
confrontato a prete Danilo, grandemente gli si
mostra superiore, perchè rifulge in lui un' ammi-
rabile indipendenza. Egli è mi annessionista che
franco muoverebbe guerra agli annessionisti, che
si dimostrassero contrari ai suoi principii ; è un
Girondino, che accanitamente si difenderebbe con-
tro a Giacobino; mentre Danilo si guarderebbe
dal mettere in compromesso il suo partito.
Di questo suo carattere egh die solenne prova
in un processo di stampa contro a lui intentato;
volle piuttosto essere condannato che cedere. Del
resto, non amo assai la sua compagnia, perciocché
è un istrice che punge dappertutto; e io che già
sono entrato in un gran vespaio, devo difendermi
da troppi pungiglioni.
In quello scritto non la perdona né a Petra-
novich, né a me; si fa giudice di tutti due; sarà
con torto; ma egli non rinunzia alla sua indipen-
denza, a costo di produrre una gran rivoluzione
nella penisola Slavo-Ellenica; francamente afferma
che nel Manuale si trovano delle cose pessime.
Ziuio !
Vede nella mia conversione un passo vile anzi
che nò; per cui non dimostro rammarico; per-
ciocché noi due andiamo perfettamente d'accordo
in punto di fermezza; io sono convinto del mio
principio; egU del suo ; e la sua dea Opinione,
che i pigmei tramuta in giganti e i giganti in
pigmei, giudicherà di noi due, ma in modo, che
non sia fatto torto alla nostra slava sincerità.
Ora rispettosamente invoco il rispettabile pub-
blico imparziale, di sospendere il suo giudizio o-
gni qualvolta vedesse proposta senza risposta in
affari di lingua slava; che per le scarse cogni-
zioni facilmente si potrebbero prendere lucciole
per lanterne; e io qui presento la mia difesa in
modo, da rendermi intelligibile anche ai poco ver-
sati. E siccome si tratta di approvare o disap-
provare; si tratta di compartire o lauro o mii'to,
e di accompagnare con laudi o biasimi ; vorrei
che si facesse uso della jiarola slavissima sprovo-
dni, e se si trattasse di zocchi o sassate, del na-
gomilali, a pag. 2. del Manuale per D.r Petrano-
vich, il quale anche gli atti della causa manda
alla magion dei morti : sprovoditi parnihie spise -, e
lascia il giudice in libertà di accumulare in una
petizione più oggetti litigiosi, come si fa delle pie-
tre : nakupiti, o nagomilati u trazbi vise prepirnih
prednielah; il che mi suona tanto bene, da prefe-
rire il bel paese ove il sì suona. Basta, a suo
tempo ne farò commentario.
Ora vengo a don Michele, ma con tutta creanza :
1. E prima di tutto prese un granchio ove ad-
dusse, che razstrojeno vuol dire organizzato, sem-
brando a me, che nel senso in cui lo devono pren-
dere e Croati e croatizzanti, voglia significare di-
sorganizzalo, per la forza che gli dà la preposi-
zione disgiuntiva ra^, appunto come in razciniti-
disfare. Coloro direbbero ?/.5//-o/^/io-organizzato ; n-
strojitv-ovgamzzaxe:, ustrojavati-^ndie organizzare in
frequentativo ; ustroj-organìsmo] ustrojan-organico ;
ùstrojen-orga.nìzz9.to ; e qui non c' entra la uz.
Secondo don Michele, alcune parole almeno si
dovrebbero scrivere con regola etimologica, come
far spiccare la raz che è congiunta a strof, come
egli mostra nel suo razstrojeno, che si guardò bene
di non confondere col mio rastrojeno, che come
ben sa indica tutto altra cosa—•; ma e Serbi e
alcuid Croati non seguono le regole etimologiche,
e in simili casi fanno male, perciocché non deve
comandare eufonia con sacrificio di una parte della
radice della parola. E siccome ho ben capito, che
nelle questioni grammaticali si debba minutamente
ventilare il prò e contra, specialmente dinanzi a
persone poco intelligenti di slavo; così io per non
discapitare, voglio il mio discorso tirar per le
lunghe, senza sfregio della Voce Dalmatica, che mi
si presta come madre pia ; a costo di andar a
vanti per molto tempo , se avrò forza ; e di ciò
grandemente dubito, chè la vita mi è di peso ; e
spezialmente in questa stagione più che. mai.
Del resto sono propenso nella maggior parte
dei casi a seguire eufonia ; e trovo che quà e là
sì segue anche in italiano, perciocché si scrive e
si psLvla, impunità, e inutilità. \
Ma non ho finito 1' affare dell' ustrojiti, che appo
Serbi e Croati suona organizzare ; mentre da noi,
e anche da loro, ustrojiti vuol dire conciar le pelli - ;
perciò mi pare, che sarebbe più a proposito detto :
iz-radili osnovu, e se ciò non piace, si trovi qual-
ché di meglio ; e così nella mia critica del Ma-
nuale proposi solo delle correzioni, dimostrando l'ir-
regolarità delle voci prescritte.
Don Michele con virulenza anzichenò osserva,
che io doveva usare nella mia Epistola a carte
34 koj, (voleva forse dire koji,) invece del mio
kqje; e parmi che l'acerba critica fu ingiusta,
perciocché scrittore slavo può talvolta usare koje
invece di sto ; e quel mio koje sve, seguito a suo
luogo da rastrojeno, é preso così in forma neutra
colletiva avverbiale per indicare in complesso molte
cose, non badando alle forme del dire straniero;
da cui io feci professione di allontanarmi in islavo
(seguendo le regole di questo). Per esempio: in un
passato mio scritto, accennai al detto Serbo: Serbi svi
i svuda, e mi parve che coli'avverbio sce, si direbbe
con più proprietà; quindi scrissi sve Hervati; e
infatti, se p. e. a Serajevo vi fossero soli Turchi,
piuttosto direi sue Turci u Sarajevu, invece di svi
eco. E non mi pare siano da disprezzare queste
mie novità ; e corro rischio di mandare in malora
e Manuale e tutti gli scritti miei ed altrui, e ta-
cermi, se in futuro trovassi degli oppositori in cose,
a cui risolutamente non rinunzio; e in mezzo a
tanta mediocrità nostra, nella quale pongo me stesso,
fia meglio che la gioventù dalmata ascolti il
manco peggio. — Aggiungono anche questo.
che forme neutre singolari si possono usare anche
dove l'azione si riferisce a molti; p. e. diglo ga u
visinu; zatvorilo ga ecc. invece di digli su, zatuorili
su ; e quella forma spesso si usa dal nostro po-
polo. Mit il marcio qui sta che noi conosciamo as-
sai meglio la lingua italiana, il che danneggia l'ori-
ginalità slava. Supponiamo che sapessimo più lo
slavo che l'italiano; cosa succederebbe ? Ne sorti-
rebbe una lingua da far ridere i morti; e ne offro un
piccolo esempio, ché questo giornale non é fatto
per la scrittura nostra: '•^Kad budem imao kad, o-
"/ici éu u njega, i pitaéu ga za zdravljey, "•Quando
"avrò quando, andrò in lui, e lo domanderò per la
"salute.,, Che bellissimo italiano! e noi abbiamo di
cotali bellissimi slavi. Non avete sentito come quei
pochi tedeschi che poco conoscono la hngua ita-
liana, la traducono a loro modo ? —-Sto meglio
come voi!
III. Don Michele quel mio raskrofiti se intende
a suo modo, e io lo intendo al mio. Scometterei
dodici paia di Indiani, che il nostro popolo direbbe
p. e. raskrotio se troskot po njivi-, došli soldati, te
su se raskrotili po selim, etc. Ma egli batte forte
sulla radice krot, ed io per converso batto sul-
r altra /i/eZ, da cui viene kleti - esecrare, e zakleti
se — giurare ; e anche klet invece di esecrato com-
parisce furfante. Non so se mi spiego. Intelligenti
pauca!
E qui chiudo il mìo articolo, primo : perché gli
articoli grammaticah più brevi che sono, più re-
stano in mente ; secondo : perchè questo scilocco
mi fa dolor di testa, e continuerò il mio ragiona-
mento sul n. 71 del Nazionale quando potrò e mi
piacerà; e facendo qui un salto da capriuolo, ri-
marcherò a don Michele che invece di izbivenje
(a suo tempo dirò se va hexieyditesca, doveva dire
diteiceta; perciocché i nomi animati neutri finienti
in e, in genitivo hanno età : pile, pileta ; jagnje,
jagnjeta-, ecc. e in qualche luogo se si dicesse di-
tesca, è mal detto. Ma don Michele in gramma-
tica é un esordiente. Dunque, o che la metta via
colla sua critica, oppure che dia incarico al Co-
mitato letterario di rivedere e correggere le sue
fatture, per non troppo sfigurare il Nazionale e i
croatizzanti.
Spalato, li 4 novembre 1862
prof, A. KxjZMAmcH,
Notizie politiclie,
AUSTKIA,
Vienna, 7 novembre, Il sig. ministro di stato,
in una conferenza avuta ieri con alcuni deputati,
comunicò che le Diete provinciali saranno convo^
eate per il 10 dicembre,