che le altre potenze occidentali hanno toccato,
dietro l'influsso valente delle tecniche scuole.
La maggior parte delle città surriferite non
tardò gran fatto a compenetrarsi dell'importanza
dello scopo neir istituzione delle nuove scuole
tecniche, e molte v' accorsero anche senza in-
dugio con quei mezzi che meglio potevano, per
vedersele sorgere quanto prima; al che riusci-
rono non solo, ma eziandio a vederle frequen-
tate con passione singolare, e ad ottenere da
queste in pochi anni un popolo nuovo, un popolo
che, intollerante dell' ozio non soltanto, ma d'o-
gni opera che non fosse pria antiveduta dalla
niente che realizzata dal fatto, s'avvia a dar vita
novella all'industria ed al commercio, per modo
da sperarne in breve tempo un gigante progresso.
Chi viaggiò la Germania negli ultimi tempi,
0 chi fosse semplicemente informato degli affari
in quella parte, non istenterebbe ammettere per
vere le mie asserzioni.
Senonchè, per quanto vorremmo noi ralle-
grarci delle altrui risorse, come d' un bene dei
nostri simih, altrettanto saremmo costretti a do-
lerci perchè tra noi, nella nostra Dalmazia, es-
sendosi disconosciuta affatto 1' importanza delle
scuole tecniche, si neglesse con pace ogni e
qualunque mezzo che avrebbe potuto promuovere
la loro piena istituzione, e così fummo destituiti
dal benefizio della stessa fortuna, la quale di-
gnitosa per eccellenza, vuole la si cerchi in-
stancabilmente, affinchè s'induca a prodigare i
suoi favori.
Dal 1852 in tutta la provincia appena una
scuola reale inferiore, e questa ancora locata in
sito ove figura più come pienezza d' un nesso
d'uffizi, che come vivaio opportuno a racchiu-
dere i veri motori della prosperità nazionale.
E donde ciò ? Non c' è che a dire: o dalla
poca conoscenza che si ha tra noi dell' istituto
d' una scuola tecnica in tutti i suoi rapporti col
benessere tanto morale che materiale delle po-
polazioni, 0 dall' indifferenza per tutta quella pro-
sperità che appena si raggiunge col tempo, e con
una costante non meno che faticosa e dispen-
diosa operosità. Egli è strano veramente che o
r uno 0 r altro di questi due difetti, e più an-
cora tutti e due insieme si possano riscontrare
tra noi, tra noi, che tanto d' intelh'genza, come
di cuore possiamo andar riconoscenti al largitore
d' ogni bene; eppure dobbiamo in santa pace la-
sciarceli rimarcare, sia da coloro che non vor-
rebbero aver motivo d' esprimersi sfavorevolmente
a nostro carico, sia da quegli altri che si ral-
legrano di ritrovar sempre nuovi argomenti per
giudicarci una nazione di poco conto ').
J) Nel luglio del 1857 la Rivista Eupnea di Padova in un
suo articolo, con troppo arguto sascasmo ne ricordsva
un detto con cui in tempi più remoti si classificava la
In mezzo al sempre crescente progresso
delle scienze tecniche in cui nuota 1' epoca no-
stra, ed in mezzo ancora ai rilevanti vantaggi
che ad ogni ora scaturiscono da questa madre
creatrice, ovunque si sanno cogliere gì' infallibili
suoi precetti a regola della propria attività, egli
deve riuscire molto difficile il persuadersi che in
qualche paese s'ignori tuttavia la sua influenza
sulla propria prosperità, e piìi ancora che, ri-
gettando ogni amico suggerimento che da que-
sto ne viene, a tutt' altra via si si abbandoni,
neir illusione d'incontrare altrove la propria ri-
sorsa.
Le mie parole le riferisco non lontano, co-
me ognuno s'accorge; le riferisco ai membri
della casa mia, a' miei fratelli, figli tutti d'una
madre comune, la patria, che, risentita del torto
che noi le vorremmo fare, giudicandola incapace
di nutrirci delle sue vìscere, ne taccia di cecità,
d'inerzia e di prodigalità non meno.
Di cecità, perchè non sappiamo scoprire i
tesori eh' essa in sè racchiude; d'inerzia, perchè
non vogliamo adoperarci di mettere a profitto
ogni suo avere; di prodigalità in fine, perchè quei
doni che ci dispensa, noi o ignari del loro va-
lore li abbandoniamo alla dispersione, od inca-
paci di perfezionarli, ed ingordi soprattutto d'un
pronto, qualunque egli sia interesse, li cediamo
altrui.
E chi pretendesse scolparsi da siffatto rim-
provero, non potrebbe che andar contro i fatti.
È un fatto che dei 2,222990 iugeri di terreno
coltivabile, che è in dominio della nostra pro-
vincia, appena un sesto è coltivato, e questo
ancora con certa cura da farne pietà. È un fatto
che dai boschi, che tra noi sono abbastanza e-
stesi, si ricava tenuissimo profitto, e quantunque
tanto regalo lo potremmo forse attribuire alla
grazia dei Veneziani, che con poca regola vi
impiegavano sopra la loro scure; tuttavia in quasi
14 lustri di un nuovo reggime avremmo potuto
risanar tutte quelle ferite, se amor più vivo a-
vremmo avuto al nostro interesse. È un fatto
che delle fiumane, delle sorgenti, dei rivi di cui
altre nazioni sanno così bene approfittare a van-
taggio del proprio paese, da noi non si fa verun
conto. È un fatto che i nostri ruderi, che per
molte altre località formerebbero soggetto di ac-
curate investigazioni, a noi servon d'ingombro.
E questa non la è cecità forse; possedere e non
saper che cosa si possieda? Non la è inerzia
ancora; avere il materiale necessario, e non vo-
lerlo mettere a profitto?
È un fatto che degli escrementi, degli a-
vanzi della combustione, di tante altre materie
disorganizzate, di cui altri paesi più maturi sanno
nostra nazione. Quel detto suona: I Dalmati ti dormono
sul libro così come sul remo.
Si fa avvertenza che nelle proposte com-
petenze di viaggio è compresa anche la dieta.
In complesso adunque le spese della pre-
sente sessione ammonterebbero a fior. 5415.
II.
In quanto alla Giunta provinciale si propon-
gono :
Pel presidente, giusta il voto della maggio-
ranza del comitato, annui . . . fior. 5000
Si fa avvertenza che dal mo-
mento in cui incomincierà a decor-
rere tale assegno cesserà 1' altro di
fiorini dieci anteriormente indicato.
Pegli assessori fiorini 2000, in
complesso „ 8000
Totale fior. 13000
III.
Venendo ora alla nomina e sistemazione
dello stato del personale, salari degli impiegati
ed inservienti, ed oggetti di amministrazione per
la Giunta provinciale, non trovò il comitato di
concretarsi in un determinato e completo progetto.
Questo potrà essere assoggettato ai saggi
vostri riflessi dalla Giunta, tostochè avvenga una
nuova sessione della Dieta. Frattanto ritiene suf-
ficiente venga stabilito :
«} che alla Giunta abbia ad essese addetto in
via stabile un segretario generale collo stipendio
di annui fior. 1200;
6) che per le spese di cancelleria e di am-
ministrazione venga fatto, sotto obbligo di resa
di conto, r annuo assegno di fior. 3000;
c) che dall' assegno di questi fiorini tremille
abbia ad essere provveduto anche ai compensi
del personale di cancelleria e di servizio ; rite-
nuto in tale riguardo che al servizio della can-
celleria abbia ad essere provveduto in via eco-
nomica, e tranne il segretario generale, non ab-
biano ad essere assunti neppure in via provvi-
soria altri impiegati;
rf) che il diritto spettante in forza del ^ 25
del regolamento provinciale alia Dieta, circa la
nomina e sistemazione dello stato del personale,
degli inservienti, del salario, la procedura disci-
plinare, e le istruzioni relative al servizio, venga
devoluto per questa prima volta alla Giunta, sotto
condizione di provvisorietà e di rassegnare l'o-
perato alla prima convocazione della Dieta per
la sua approvazione.
IV.
Resta ora a dirsi del modo onde far fronte
alle spese dell'attuale sessione della Dieta e del
primo semestre di attività della Giunta.
Dovendo le spese andar a carico del fondo
provinciale, sembra opportuno di fare un cenno
circa allo stato di quello.
*) Ridotti dalla Dieta a 4,000.
Il preventivo delle rendite del fondo pro-
vinciale ammonta ad annui fiorini 147,714, for-
mato dalle seguenti partite:
Interessi attivi da rendita del fondo fior. 2,400
Introiti del ramo infermi . . . . „ 4,951
Introito del fondo esposti . . . ,, 45
Dotazioni dello stalo „ 64,034
Addizionale provinciale 37,950
Addizionale circolare „ 38,334
Il preventivo delle spese del fondo provin-
ciale ammonta ad annui fiorini 147,714 costi-
tuito dalle seguenti generali partite:
Infermi, da coprirsi colle ad-
dizionali circolari fior. 43,285
Esposti, partorienti e maniaci,
da coprirsi colla dotazione dello stato yy 640,79
Altre spese provinciali coperte
colle addizionali provinciali . . . „ 40,350
È da osservarsi però che il fondo provin-
ciale, istituito* neir anno 1853, diede annualmente
dei sopravanzi che ammontano in oggi a fiorini
61,990, dei quali in assegni ipotecari della banca
nazionale fior. 50,500, in obliligazioni di stato
pel valore nominale fior. 11,490.
Lo stato di cassa a tutto marzo a. c. pre-
sentava un disavanzo di fior. 3084 : 46
disavanzo apparente, che deriva unicamente da
giri non per anco effettuati fra le diverse casse
di esazione e la cassa principale di Zara.
Lo stato Sconfortante di cassa* deve però
attribuirsi olire alle maggiori spese preliminari
per la Dieta, alla circostanza che ad ogni anno
rinnovasi, vale a dire a quella per cui nei primi
quattro mesi di esercizio affluiscono scarsi i ver-
samenti, nel mentre aumentan al secondo qua-
drimestre, ed abbondano nell'ultimo.
Basati quindi all' esperienza degli anni scorsi,
sulla quale gli stessi amministratori consigliano
di far calcolo sicuro, è a ritenersi che supplito
alle spese preventive, si avrà anche alla fine di
quest' anno un sopravanzo approssimativo fra
gli otto e dieci mila fiorini. — Su questo adun-
que si può far fondamento onde supplire alle
spese incontrate e da incontrarsi, che sono :
Attuale sessione della Dieta . fior. 5,415
Per un semestre alla Giunta . 6,500
Per un semestre al segretario . 609
Anticipazione per spese d' am-
niinistrazioné 3,000
fior. 15,515
A queste si devono aggiungere
in via approssimativa e verso resa
di conto per residuo pagamento della
costruzione della sala della Dieta, ste-
nografi, ammobigliamento d' uffizio,
stampe ecc. fior. 5,000
Somma fior. 20,515
mente a questa parola, rifiuterei il coraplimento ;
e se ad un popolo altri desse il nome di buon-
tempone^ io ritengo che questo popolo avesse il
diritto e 1' obbligo di protestare. Imperciocché, in
quella ^guisa che il buonuomo è d' ordinario un
uomo poco avveduto e poco attivo: un indivi-
duo, che fa buon viso e sorride a ciascuno che
incontra per via: che è capace di chiedere scusa
perfino a chi gli calca sul piede: un essere che
si soiTre, ma non si rispetta: un cittadino che
commette difficilmente alcun che di male, ma che
d' altronde è inetto alFatto a porger soccorso alla
patria, allor quando sovrasta il pericolo; così un
popolo, il quale ha fama d'allegro, raramente è
popolo tale, che mostrisi amico della fatica; che
si spinga con cura indefessa nella via del sa-
pere e del potere; eh' abbia in mira grandi e
nobili scopi, e che con vigore e costanza s'ar-
gomenti di conseguirli. Una lode che derivi dalla
semplice allegria ha per me un senso, se non
ironico, almeno ambiguo. Io direi eh' essa na-
sconda sotto il velo della gentilezza, il senti-
mento della superiorità di colui che la dà, e
faccia in lui travedere una certa compiacenza
neir osservare la maggior parte del popolo, ch'ei
loda, trascinato da indistinte velleità, ed offeren-
te un vasto campo alle fredde riflessioni di chi
appartiene ad una nazione meno allegra, ma più
calcolatrice.
Chi legge alquanto la storia, non tarda a
persuadersi che i popoli, i quah formano la storia,
non erano certamente popoli allegri; tali non fu -
rono nè gli Spartani, nò gì' Israeliti, nè i Ro-
mani, nè i Germani, nè gli Arabi, e se alcuno
mi dicesse che a Roma si chiedeva del continuo:
panem et circenses, risponderei che tali erano i
gusti della plebe in tempi corrotti, e che del
popolo del tempo illustre la storia ci ricorda la
gramlas romana.
L'allegria si manifesta specialmente presso
quei popoli, i quali soffrono maggior difetto di
libertà: essa somiglia al succo, che scorre da u-
no strettoio, in cui vengono compresse le uve.
Quando le masse degli schiavi ammalano nelle
carceri, che veleggiano sull' oceano, i traficanli
non hanno altro uopo che quello d'allestire una
festa, e nulla v' ha che possa paragonarsi al tri-
pudio sfrenato, a cui que'miseri si abbandonano.
Tale è parimenti la natura del fanciullo, il quale
vive soltanto nel momento, ed è ludibrio di qua-
lunque impressione passeggiera. Si è osservato
che, fra tutti i popoli dell'Europa, gì' Irlandesi ed
i Polacchi mostransi 1 più gioviali; e chi ignora
d' altronde, le condizioni pohtiche e civili di que-
sti popoli essere in fatto le più deplorabili? Il
vecchio Arndt avea detto con molta sapienza :
"tu puoi gettare in un mortaio un Irlandese od
"un Polacco, e triturargli le ossa e le midolla,
^finché le riduci in poltiglia; chiamavi sopra l'in-
"cantesimo di Medea, e dalla poltiglia uscirà un
"monello assai vispo ed allegro^. Io non ne-
gherò che codesto temperamento giulivo sia in
gran parte conseguenza della stirpe o della razza;
ma la storia d'un popolo, se molto ritrae dal
carattere della nazione, esercita anch' essa a sua
volta una grande influenza sullo stesso carattere
nazionale. Le nazioni hanno il loro sviluppo, e
percorrono diversi periodi. Dov'è andata la lieta
Inghilterra antica; quella che gli storici inglesi
appellano: the old mernj England? E chi po-
trebbe negare che da oltre sessant' anni i Fran-
cesi vadano ogni dì perdendo della loro natura-
le gaiezzH ? Il fatto si è che, quando gì' Inglesi
ed i Francesi vivevano spensierati ed allegri, erano
ancora sotto la pressione del feudalismo, dove i
nobili pensavano per le masse, ed il popolo,
senza coscienza di sè, doveva prestare la sua
opera ad un ricco ed inerte signore. Cotesto
popolo consumava negli anni ubertosi i frutti di
quelle rendite che, per difetto di comunicazioni
e di strade, non potevano essere altrove traspor-
tate, e veniva mantenuto in quelli di carestia da
chi aveva, più che obbligo, interesse di non la-
sciarlo perire d'inedia. Qual bisogno avea dun-
que di pensare all'avvenire? perchè dovea dar-
sene pena, risparmiare e capitaleggiare ? E dalla
vita del popolo ritrassero questo carattere le in-
tere nazioni. Sul finire del secolo XVI i conta-
dini vassali scompariscono dal suolo inglese, e
da quell'epoca datano i periodi seri della storia
d'Inghilterra,
"Quanto ingoiamo è nostro,, dice un pro-
verbio polacco, che s' allaglia mirabilmente al-
l' epoca feudale. L' uomo fatica e risparmia allora
soltanto, quando i frulli del suo lavoro riman-
gono sua proprietà; non cosi dove avvenga al-
trimenti ; dove un provento maggiore, una mi-
glioria nei campi sieno vantaggi esclusivi del si-
gnore, ed il colono non possa e non debba ri-
trarne veruno. Laonde è storicamente provato,
che il pensiero di migliorare la propria condi-
zione coH'inlelligenza e colla fatica, dove regna
il feudalismo, è" impossibile ; la previdenza e la
costanza sono parole vuote di senso, e gli uo-
mini, a guisa di pecore distratto, o imbizzariscono,
0 ruzzano e belano sul sogliare della beccheria.
Io non intendo però d'asserire che ogni •
gaiezza, ogni ilarità derivi dalle condizioni lut-
tuose, a cui va soggetto il lavoro. I contadini
del Tirolo p. e. non soffrono da parecchi secoli
la tirrania dei Signori, e sono nondimeno un po-
polo, che, come suol dirsi, ha il cervello a suo
luogo. Fortemente affezionati alla loro patria, sem-
pre uniti e concordi, provveduti d' una modesta,
ma sufficiente benestanza fino ai tempi a noi re-
centissimi, avevano ragioni ben forti per non
tri tutt' air opposto maledicono ai governo veneto
per averci, secondo essi, alienali da ogni senti-
mento nazionale non solo, ma per avere contri-
buito cogl'influssi dell'italianismo a spegner fra
noi ogni coltura di lingua e lettere nazionali, in
guisa, che a nulla di bene riescissimo poi nè in
illirico nè in italiano, e l'ignoranza fosse il no-
stro solo retaggio. — Esagerazioni patenti (per
non dir peggio) e le une e le altre, le quali non
tanto dimostrano un poco studio del nostro pas-
sato (non si potendo ciò credere di tutti colo-
ro che così scrivono), quanto un ostinato accie-
camento di passione, che trae certuni ad ingan-
nare sè stessi e gli altri, e ad avvilire la patria
in guisa, che molto perdono d'amarezza gì' in-
sulti ad essa recati da qualche ignorante o ma-
ligno straniero, posti a quelli di fronte ond' ag-
gravarla s' attentano i suoi medesimi figli. —
Spenta fra noi d'ogni sapere la luce? Colpa il
governo veneto di tale stato misero nostro an-
che in questa materia ? E la serie dei valentuo-
mini avuti da noi in ogni tempo dov'ella è ita?
Ed a chi dovetter eglino di esser tali riusciti
sapere grado ? Agi' influssi venutici da quel monte,
da cui non ci scese mai altro che il soffio ge-
lido boreale, od all'aure portateci da quel mare,
a cui ci legarono sempre tante relazioni ed in-
teressi tanti, ben prima che l'adriaco Leone sten-
desse l'ala su queste rive? E dopo ch'ei vi si
adagiò stabilmente nei primi decennii del secolo
XV, è poi vero che tanto la nazionale coltura
fosse dall' italianismo soperchiata e conquisa? No;
r italianismo nè valse, nè pensò a questo giam-
mai, e la coltura illirica e la italiana procedet-
tero sempre di buon accordo tra noi, secondo le
condizioni degli studi generalmente predominanti a
queir epoca, e le altre, tutte speciali, in cui pei
continui trambusti politici e per le funeste lor
conseguenze, si trovava la patria nostra. Molti
perciò fra gli scrittori nostri possiamo noi con-
tare, che delle tre lingue italiana, latina ed illi-
rica coltivatori, ben lungi dal volgere le due
prime a nocumento della terza, gustar anzi le
fecero quell' azione benigna, che una civiltà più
raffinata e gentile deve necessariamente eserci-
tare sopra d' un' altra meno sviluppata ed estesa,
e delle amene ed utili cognizioni attinte mercè
gl'idiomi di Virgilio e di Dante la patria gio-
vando e l'idioma suo, lasciarono nell'uno o nel-
r altro d' essi, e taluni in tutti e tre, dei lette-
.rarii esercizii loro monumenti durevoli.
Di ciò, tra gli altri, ci fa testimone il buon
prete che menzionato abbiamo in principio, e ce
lo fa col suo medesimo nome, il quale, secon-
do che in italiano, in latino" o in illirico si scri-
va, Budini e Budineo, Budineus, Budinich si tro-
va scritto. Il più comune però sendo quello di
Budineo, da lui medesimo usalo anche in illirico.
con questo 1' appelleremo pur noi, incerti dell' o-
rigine vera di sua famiglia, trovandosi in più do-
cumenti di Zara tale cognome con l'una o con
r altra delle desinenze suddette, senza che forse
in tutti si tratti della famiglia stessa.
Poche sono le notizie che abbiam di Si-
meone, e dopo aver detto che visse in Zara nel
secolo XVI, e vi morì ai 13 dicembre 1600;
che fu canonico di questa chiesa, notaio publico,
e cancelliere dell' arcivescovo Muzio Calini; che
da lui nel sinodo tenuto l'anno 1566 (primo
dopo il concilio di Trento al quale intervenne)
gli furon commessi i carichi d' esaminatore dei
parrochi, e di giudice delle cause da delegarsi,
prova onorevole della stima in cui lo teneva un
prelato di tanta vaglia; dopo questo aver detto,
non ci rimane se non conchiudere dover egli
essere stato uno di que' buoni preti che solea
produrre quell'epoca, i quali accoppiando all'e-
sercizio del ministero loro la coltura delle sacre
e profane lettere, cercavan di rendersi coll'opera
e con gli scritti doppiamente utili ai patrii altari
ed ai propri concittadini.
Ma come a ciò fare il nostro Simeone si
disponeva? con quali studii? con quali mezzi?
— Cogli studii, coi mezzi, che offrir potevagli
la sua patria, e di cui essa non difettò mai, ma
specialmente in un secolo, tanto allo sviluppo
delle umane cognizioni propizio, quanto fu il se-
stodecimo. Sappiamo, di fatto, che scuole c' e-
rano allora in Zara e per secolari e per eccle-
siastici, ed il testimone abbiamo del P. Noè Bian-
co, il quale transitando per la città stessa nel
suo viaggio a Gerusalemme (1566), ci assicu-
rava che i zaratini sono dediti molto alle armi
ed agli studii d' umanità^ ed hanno molli mae-
stri di scuola: tra i quali che ve no fossero di
valenti, pervenuti a noi dall' Italia, com' era uso
anche pria della veneta dominazione, dimostrato
già venne altre volte (v. Programma del nostro
Ginnasio pel 1858-59, fac. 71). Ned, oltre le
scuole, taluna mancavaci di quelle società lette-
rarie, che col nome generico d'accademie, giun-
to vene qualche altro particolare, molto erano
allora in voga, e d'una detta degli Animosi tra
noi esistente nel 1562 ritroviamo memoria, la
quale portava per impresa, o come altrimenti di-
rebbesi per insegna o stemma, una nave che tra
scogliose rive s'inoltra, col motto Regna pene-
trai intima^ tolto da quel luogo in cui Virgilio
del peneirare d' Antenore nei liburnici regni fa-
vella. Nè soltanto per quello di maeslri, come
dicemmo, ma per tutti anche gli altri urbani uf-
ficii si cercavano e s' avevano de' valenti, e fra
questi sappiamo che fosse a Zara in quel secolo
per cancelliere criminale il padovano Palladio
Fosco, che della città nostra parlando nella sua
operetta De situ arce Illì/rici^ la dice urbs inter
che ora del giorno riesce non solo all' uso
già detto, ma anche bevibile, alterando le ore
del suo assottigliamento a misura delle sta-
gioni, delle crescenze e decrescenze del mare,
e forse anche de'moti lunari. Ad ogni caso
di penuria, si dovrà nelle ore più opportune
far cavare 1' aqua necessaria al bevere, ed as-
sicurare, garantire, o almeno minorare quegli
effetti perniciosi, che dall' uso dell' aqua grossa
potrebbero esser causati in quelli, che doves-
sero beveria continuamente^. —
Sull'esistenza reale d'un altro antico aqui-
dotto, oltre quello detto di Trajano, derivante
da Malpaga, nel lunario zaratiuo U astronomo
della forre di Boco d' Arilo na pel 1854, si
leggono i cenni seguenti : "Dell' altra consimil
opera si rinvennero le vestigia l'anno 1657,
iieir escavare la fossa ed erigere il fortino sot-
to la Spianata. In quel sito allora si scoper-
sero degl'indizii di terme, ed un aquidotto vi
si vide far capo, del quale esaminato diligen-
temente il corso e la sorgente, si potè rile-
vare che derivava da poco lontano della villa
Malpaga. E ciò si venne a confermare nella
costruzione del nuovo nostro aquidotto. In ta-
le circostanza si denudò per lunghi tratti l'an-
tico canale, che si trovò formato da una gron-
da di viva pietra, diligentemente tagliata, e
consolidata nel fondo, con le sponde piìi o me-
no rialzale di muro in cemento, e con la co-
perta di grosse pietre greggiamente lavorate.
In qualche luogo si rinvennero le gronde di
forme diverse, parte in pietra e parte in cot-
to, ed una qualche diversità nei muri di spon-
da, lo che fu attribuito a ristauri fatti in e-
poche disgiunte. Rinvennesi pure in vicinanza
alla linea della doccia un pavimento di cotto
ed alcuni pezzi di muro, indicanti una delle
vasche, che fino dai più antichi tempi di tratto
in tratto si usarono, perchè le aque avessero
spazio di espandersi e di spogliarsi delle ma-
terie eterogenee. Ma nè lapidi, nè segni par-
ticolari, che somministrassero lume sull' epoca
della primitiva costruzione, fatto non venne di
ritrovare, e soltanto si giunse a conoscere,
che serpeggiando arrivava presso le falde del
monte di Malpaga, ov' esistono un pozzo ed
alcune sorgenti, che, a memoria di vecchiardi,
si mantengono abbondanti anche nella più o-
stinata siccità, e dove pure s'incontra una
grande vasca, ora imbonita, con mura solide,
ed intonachi ben conservati, di finissimo ce-
mento impermeabile. Da di là, e non d' altro-
ve, giudicasi che prendesse origine tale se-
condo aquidotto, che fosse dall' altro affatto
indipendente, e che, al par di quello, ora chiuso
sotterra, ora elevato sopra muraglie, ma per
via diversa, giungesse al sito preindicato, vi-
cino a cui, dove sono gli orli dei borghigia-
ni^ è tuttodì visibile una vasca rettangolare,
con altre contermini minori, di forma elittica,
forse ad uso di bagni. E diciamo forse poi-
ché, per sentimento d'un classico, là dove di
cose tanto antiche si tratti, se ciò che appar
verisimile accollo viene per vero, è abba-
stanza,,. —
{Speranze nella G^iunÉa.
La questione fatta insorgere inopinatamente
dell' unione della Dalmazia alla Croazia, ollrec-
chè ne' suoi primordii tenne agitati gli spirili di
questa tranquillissima provincia, ci privò delle
benefiche istituzioni, concesse da S. M. l'Impe-
ratore a tutti i suoi popoli colla patente 20 ot-
tobre 1860, nè ora tutte le possediamo, stante
la pendenza della sua decisione; ed appena da
pochi giorni, in grazia a Sovrana risoluzione, la
Giunta dalmata si è potuta costituire.
11 programma ch'essa indrizzò alle Comuni
dalmate fa conoscere che gli uomini che la com-
pongono all' amore patrio ed a soda dottrina con-
giungono senno pratico. Essi stabiliscono su basi
solide e reali i principii di prosperamento di que-
sta provincia, promettendo l'opera anzitutto ai
suo miglioramento naturale ed ai rami d'industria.
Saggio pensiero: 1' agiatezza e la ricchezza con-
ducono allo sviluppo morale ed all' aquisto di
cognizioni di popoli civili; la miseria genera i-
gnoranza. Qui non si comincia dunque con ac-
cademie meridionali e set lenir ionali^ le quali so-
no tra gli ultimi effetti dei beni sociali che go-
dono nazioni progredite in civiltà, ma si va se-
condo il corso naturale nell' aquisto di tali
bepi.
I Comuni sono chiamati dalla Giunta a coo-
perare specialmente, come elemento nazionale,
all' effetto della sua istituzione. Risponderanno essi
pronti air invito ? entreranno nella nuova via senza
pregiudizi, e dimettendo gli abusi che impaccie-
rebbero l'azione della Giunta?.. Primo assunto
di questa sarà rilevare le condizioni attuali della
Dalmazia, i suoi germi di risorsa, ed i mezzi atti
a svilupparH. I Comuni, che sono i migliori in-^
terpreti dello stato e dei bisogni dei luoghi da
loro amministrali, attenderanno specialmente a
quest' opera, partecipandoli per iscritto diretta-
mente alla Giunta, oppure (ciò che sarà più pro-
ficuo) li renderanno di publica ragiono sul no-
stro patriottico giornale la Voce Dalmatica. La
publicazione di tali atti, e di quelli di maggior
entità relativi all' amministrazione, farà meglio
conoscere le specialità di ciascun distretto, istrui-
rà i cittadini che saranno chiamati a sostituire i
sortili dall'incarico comunale, e nella loro va-'
nente e più delicato rig-uardo. In civiltà, in di-
sposizione intellettuale, in ricchezza nazionale,
talento ed energia, Dalmazia è assai più avan-
zata di Croazia, e con questo paese, miserando
sott' ogni aspetto, cui si appoggia per una breve
impraticabile linea di confine, non tiene relazioni
intellettuali, ma solo qualche piccolo traffico. Spo-
gliare Dalmazia della sua provinciale autonomia,
impedire le sue immediate relazioni colle coste
dell' Italia e di Venezia, farla declinare dai paesi
che le stanno in ischiena, per incatenarla a Croa-
zia, sarebbe così errato come se si volesse stac-
care la contea di Vales dall' Inghilterra per u-
iiirla alla Bretagna francese, che alla sua volta
dovesse venire staccata dalla Francia, o restare
con essa unita in una unione puramente perso-
nale, per ciò solo che arabidue quei paesi sono
di derivazione latina e parlano un dialetto latino.
Senonchè, coloro 1 quali si sono proposti
quello scopo, devono pur anche escogitare i mezzi
per conseguirlo, senza scrupolo di verità o di
moralità. Uno di colali mezzi loro sembrò quello
di rappresentare lo stato attuale di Dalmazia per
il più deplorabile che mai si potesse pensare,
celando naturalmente da maestri quanto piìi in-
felice addiverrebbe colf unione a Croazia. Cosif-
fatta esposizione della condizione di Dalmazia è
da leggersi in uno degli ultimi numeri di certo
giornale viennese, che si è arrogata la missione
di rappresentare gì' interessi degli Slavi, nuovo
Temistocle cui la vittoria niega il riposo del sonno.
Queir articolo esordisce raccontando che il
mare dahnato è stato dato in pegno ad una so-
cietà non nazionale di Trieste, sotto la quale
enfatica espressione viene designata la società di
navigazione del Lloyd austriaco, la quale man-
tiene le regolari corse postali fra le piazze della
costa '). Il partito croato sogna forse il ritorno
ai beati tempi patriarcali, quando giorni e setti-
mane si richiedevano per andare da una città
all' altra, che il vapore raggiunge in poche ore;
ossivero quel partito guarda invidioso le cartelle
del Lloyd che segnano tuttora il 50 % sul loro
valore nominale.
L'articolo lamenta dippoi il ristagno delle
saline, ma tace quali sacrifizi ripetuti dovette fare
il governo per il loro prosperamento, e come
ogni premura andò ad arenare per l'ignavia della
popolazione e per la scarsezza di capitali in
paese, od, a meglio dire, perchè questi vengono
pili vantaggiosamente impiegati nella navigazione.
Deplora ancora la decadenza della pesca e della
navigazione; ma da un secolo indietro, la navi-
gazione della Dalmazia non fu mai così viva
Guai per noi se la posta non venisse portata per mare
coi vapori, poiché troppo frequenti sono gli svaliggia-
menti sulle strade croate.
Non dividiamo le vedute dell'autore su questo punto.
quale nell' ultimo decennio, ed anche la pesca
va riavendosi, quantunque per un inesplicabile
fenomeno le aque del mare Adriatico abbiano
perduto T antica ricchezza in sardelle e sardel-
line. Astraendo dal numero di navigli a luniro
corso, Dalmazia conta 119 bastimenti di grande
cabotaggio, della portata complessiva di 7,600
tonnellate, e 1.157 di piccolo cabotaggio, della
portata di 14,000 tonnellate, e nell' anno 1859
sono entrali nei porti dalmati 19,600 bastimenti
con 526,800 tonnellate, e ne sono usciti 19,900
con 535,600 tonnellate.
L'articolo infierisce ancora contro i dazi,
eppure non vi ha paese in Europa ove i dazi
fossero più tenui e meglio calcolati, puri dazi
di finanza. Il commercio cresce di anno in anno,
e questa è la prova migliore del progressivo
prosperamento del paese. Dall'anno 1851 fino
1858 si è aumentato da 11,916.000 a 16,(337,000
di fiorini. La grande differenza tra i dazi del ter-
ritorio doganale dalmate e quelli del territorio
doganale generale austriaco, è ciò che impedisce
la libera introduzione dei prodotti dalmati nelle
altre provincie austriache; però sono tali le fa-
cilitazioni in queste accordate all' introduzione dei
principali prodotti della Dalmazia, quali sono l'o-
lio, il vino, il formaggio ed il pesce, da soste-
nere non solo, ma da paralizzare la concorren-
za straniera. Sopra un punto soltanto le lagnanze
dell' articolista si presentano fondale. Anche noi
non possiamo comprendere per qual motivo il
governo non permette in Dalmazia la coltivazio-
ne del tabacco '}. Non dubitiamo che vi abbiano
colà delle contrade nelle quali il numero dei fondi
atti a questa coltura siano così vicini fra loro,
da renderne possibile la sorveglianza da parte della
finanza, senza grandi spese.
Però siamo giusli. Questa lagnanza per se
sola non potrebbe fare dimenticare quei molti
altri vantajr^i che Dalmazia si ebbe dal governo
austriaco. Questa provincia paga imposte minori
di ogni altra; essa ottiene sussidi per le Comuni
^3; il denaro che il governo spedisce nel paese
ogni anno supera per più di 100,000 fior, quello
che ne ricava. Furonvi costrutte strado, miglio-
rati porti; si diede impulso alla produzione della
seta; furono istituito scuole; vennero promosso
società ed istituzioni pie; hi sicurezza publica fu
Abbiamo ripciutanienle inleso vociferare olio le Autorità
provinciali proposero di attivare la colliva/.ione del tabacco
in Dalmazia, e sa|)piumo pure che nel circolo di Uagusa
si fanno esperimenti dalla finanza. Per (iiumlo dicesi, la
decisione dipenderebbe dal precedente, invio (F un impie-
gato ministeriale in Dalmazia, onde riconoscere e stabilire
le contrade atte alla coltivazione. Ignoriamo poi il motivo
per cui quejr impiegato non arriva.
2) Le Comuni furono sussidiate per un certo periodo, ma
dair anno 1852 non lo sono più.
chinesi, ma che non può che destare le risa in
Europa. U equilibrio politico^ principio che ora
tiranneggia i varii stati, fu posto in moda dopo
la pace di Westfalia : T esperienza ne comprova
che questo principio, anziché essere una caparra
di pace, è più presto una nuova occasione di
litigii : il timore di rompere il preteso equilibrio
dà luogo a più guerre di quello che ne preven-
ga 1' equilibrio stesso; il tribunale deflnilivo^ che
in fine coincide colla confederazione e col con-
gresso proposto da Saint-Pierre.
Di queste teorie si occupa a dilungo Gentz
nel giornale storico, dicembre 1800. È sempre
nelle epoche di maggiori guerre che si parla più
volentieri di pace.
Più tardi fu posto in gran voga un nuovo
principio: /a fratellanza dei popoli^ i cui soste-
nitori vengono chiamati anche cosmopoliti.
La fratellanza dei popoli, questa grande e
feconda idea, qualora non venga come spesso
esagerata, non è come si pretende tanto recente.
Essa è tutta intera nel vangelo, che la creò di
pianta in mezzo alle popolazioni antiche, che ab-
borivano gli stranieri. La civilizzazione greca e
romana non aveva alcun principio benevolo pei
barbari: i filosofi antichi limitavano i loro studi
e le loro idee esclusivamente alla loro nazione.
Il vangelo proclamò primo: non esservi più in
Gesù Cristo nè giudeo, nè gentile, nè gr^co, nè
barbaro; un solo corpo essere noi divenuti per
esso, ed mia sola famiglia.
Alla religione ed alla morale unì di recente
i propri sforzi una scienza moderna, ma tanto
più potente, in quanto che si dirige ali' idolo dei
nostri giorni, 1' interesse materiale. Pochi anni
or sono era universale sentimento, che nessuno
potesse avvantaggiare se non mediante il danno
degli altri; che una nazione non potesse prospe-
rare che coir abbassamento delle vicine, nè un
popolo arricchirsi che con T altrui impoverimento :
dottrina umiliante ed infame, la cui fallacia non
meriterebbe che un sorriso di disprezzo, se non
destasse compassione e dolore tanto sangue e
tanta miseria che la sua autorità costò per tanti
secoli alle nazioni. L'economia politica ha dimo-
strato in modo inconlestabile, che il prosperamento
e la ricchezza degli altri non è che di vantag-
gio a noi stessi. Le città circondate di fertili
campagne trovano infatti numerosi e ricchi com-
pratori dei propri prodotti industriali: e nelle vi-
cinanze di una città opulenta le campagne pro-
ducono maggiori valori. In un rapporto identico
sono le nazioni vicine (e coi mezzi attuali di
trasporto le nazioni sono tutte vicine). Ognuna è
interessata che prosperino le altre. Le produzioni
di una nazione servono di alimento e di inco^
raggiamento alle produzioni dell' altra nazione :
poiché se r una vuol comperare dall' altra, deve
produrre prima i valori con cui ottenerne il cam-
bio: poiché se una delle nazioni vuol vendere
all' altra, é interessala che questa possa produrre
valori congrui da darle in correspettivo. Anche
la scienza adunque delle ricchezze, questa scien-
za che sembrerebbe così materiale e grossolana,
non è che ausiliaria della morale e dei principii
evangelici sulla fralellanza dei popoli. La verità
infatti é sempre una sola e la stessa, da qual-
siasi punto di vista la si riguardi.
Se la fratellanza dei popoli si intende nel
senso della loro concordia, della loro pacifica-
zione, di una benevola reciproca assistenza; se
questa fratellanza si vuol diretta a fine di to-
gliere in modo efficace e permanente le rivalità,
le invidie, le ostilità assurde ed inumane, all'ef-
fetto di mantenere la pace fra essi, ed un ami-
chevole concorso per lo sviluppo regolato di
tutti; chi più di noi sarebbe propenso a questo
principio.^ Ma taluno per medicare le piaghe che
vede sanguinanti propone un rimedio il più ri-
soluto ed inopportuno. Per pacificare le naziona-
lità, non altro ideò che sopprimerle. Più poeta
che filosofo, in questo senso appunto cantava il
Lamartine (Marsigliese della pace nella Béveif
des deux Moudes del 1 giugno 1841}.
Et pourqiioi nous hair et mettre enlre les races
Les bornes et ces eaux que abhorre T oeil de Dieu?
De frontières au eie! voyons-iious quelques traces?
La voùte a-t-elle un mur, une borne, un milieu?
Nation ! mot pompeux pour dire barbarie ?
L' egoisme et la baine ont seules une patrie
La fraternité n" en a pas.
Chacun est du pays de son intelligence ;
Je suis concitoyen de tout homme qui pansé:
La verité c' est mon pays.
No! risponde Reybaud (voi. II, pag. 286):
la nazionalità non è la barbarie; essa servì anzi
al contrario a trarre il mondo dalla barbarie ed
iniziarlo tilla civiltà: essa ha unito le forze di-
sperse, ha creato un centro d' azione dove non
vi aveva che isolamento, un diritto dove non
regnava che la violenza. L' amore è simile a quei
circoli concentrici progettati dalla luce d'un a-
stro: dei quali quanto è più lungo il diametro,
quanto più estesa la periferia, tanto minore è la
purezza delle tinte, la vivacità dello splendore.
La nazionalità é destinata a continuare nella
civilizzazione la missione della famiglia, della
casta e della città. Le prime società infatti non
furono che patriarcali, le più avanzate (greca,
romana, e dei tempi di mezzo) non furono che
municipi. Non vi ha dubbio che giungerà quel-
r epoca in cui lo spirito di esclusività nazionale
lascierà luogo ad una affezione più espansiva,
la fratellanza universale. Ma chi vole&se adesso
opporsi allo sviluppo di codesta forza^ farebbe un
anacronismo simile a quello di chi volesse ri-
staurare lo spirito di casta, lo spirito di esclu-.
fabbriche Ghiglieri di Milano, Solai e Chilizola di
Torino; delia fabbrica reale di stoffe e tappezze-
rie presso Caserta di Napoli; delie fabbriche Pieri
e Trulli/li di Firenze, quest'ultima in tessuti d'o-
ro e d' argento; delle stoffe vellutate di Caflaneo
e Petiiti di Torino e di Guillot pure di Torino,
Osnagi, Bricio di Milano, di Bologna; della
tintoria di seta Devale in Torino in colori e gra-
dazioni d'una bellezza stupenda, e di nastri di
seta della manifattura privilegiata di Torino. Poi i
tessuti di cotoni di Zeppini di Pontedera, Caìi-
toni di Milano, Osculati Piromno di Monza, fra
i tanti altri; i prodotti della filatura e tessitura
meccanica di Cusani a Cassano d'Adda e Raf-
faele Rizzoli di Bologna; i tessuti iti lana della
fabbrica nazionale di Firenze, ed una lunga se-
rie di tellerie, incominciando dalle più fine ad
uso di Fiandra, e discendendo alle più grosso-
lane per adattarsi a tutti gli usi ed ai diversi
mezzi delle famiglie, anco i più limitati.
La fabbrica Passaglia di Firenze, oltre a
molte carrozze bellissime ed elegantissime, solide
e comode, ha esposto una nuova ruota con cer-
chione di ferro cilindrico; poi vengono in primo
luogo le carrozze della rinomata fabbrica di Ce-
sare Sala di Milano; indi quelle della fabbrica
Casolini di Roma, Trinei di Pistoia, e finalmente,
fra le altre, una carrozza tutta di ferro, detta
Americain^ eseguita da Sleffani di Modena; e
siccome questa carrozza non viene con nulla ri-
vestita, così quando gli si desse una vernice, la
potrebbe sembrare di canna d'India. Le fabbri-
che Zanfirii e Menzini^ e Gori di Firenze hanno
esposto fornimenti di cavalli bellissimi. Un rile-
vante spazio della grande galleria occupano i
vari pianoforti, grandi e piccoli, a coda e ad ar-
madio, fra cui mi piace enumerare le fabbriche
Gherardini e Giordani di Parma, Stancampiero
di Palermo, Berrà ed Amò di Torino, Pini e
fratelli Reali di Firenze, Stecchi di Milano, Lu-
chin di Padova, Helzel di Napoli, ed Aijmonino
di Torino, che ha un pianoforte coli' armonium.
Ci sono poi gli organetti di Brusco da Genova
e Giachetti da Chigliano. Ammiransi nel mezzo due
grandi telescopi del prof. Giot>. Batt. Amici di
Firenze. Una delle cose che più sorprendono si
è la quantità, la bellezza, la varietà, la ricchez-
za, la magnificenza delle mobilie d' ogni genere
ed uso, che occupano gli spazzi di mezzo in
quasi tutte due le corsie. Fra le prime nomine-
rò quelle delle fabbriche Leverà e Cena di To-
rino pella loro magnificenza, Giuseppe Cairoli di
Milano, Nicola Ricci di Firenze; le mobilie in-
tarsiate di Lanceiti di Torino, Grosso di Genova,
Corridi di Livorno, Ragoliri di Palermo, e Ro-
sario pure di Palermo; i mobili chinesi di Zam-
pini di Firenze; quegli intagliati della fabbrica '
Majochi di Livorno, Polcerelli di Rimini, Papi
di Firenze; le mobilie e scrigni delle fabbriche
Massone^ e Lanza di Biella; quelle di Cerruli ài
Genova, Pazzi di Livorno e Fontana di Pisa; i
lavori maravigliosi dell' ebanista intarsiatore Ber-
tololti di Savona, che fu sempre premiato a tutte
r esposizioni mondiali; le mobilie di ferro della
fabbrica Catalano di Palermo ; quelle della pia
casa di lavoro in Firenze, e tante altre, che dalla
massima ricchezza discendono fino a rendersi ac-
cessibili alle più modeste fortune, essendovi letti,
che quantunque eleganti, non costano più di ital.
lire 14 l'uno. Vi è un bellissimo candelabro
metallico della fabbrica Vetrano di Palermo; e
belle mobilie intagliate da Barbetti di Firenze.
Fra i panni e tessuti di lana d' ogni sorta, pri-
meggiano quelli della fabbrica Rossi di Schio, ed
altri di Bologna, Biella, Catania e Torino. Ci sono
i bronzi dorati della fabbrica Pandiani di Milano;
altri pianoforti, e molti, della fabbrica Sercens di
Napoli; una quantità di mobilie dorate ed intar-
siature di mosaico e pietre dure della fabbrica
Bosi di Firenze. I signori Descalzi e Campanino
di Genova hanno esposto delle mobilie, fra cui
delle sedie di paglia, di quelle che sono tanto
conosciute e generalizzate sotto il nome di sedie
di Genova, al modico prezzo di ital. lire tre
per cadauna. Il signor F/lla di Firenze molti
nuovi planisferi, fra cui uno con un orologio
mondiale.
Nella sala delle gemme, oltre ad una quan-
tità di ornamenti femminili in pietre preziose e
perle, trovansi grandi lavori di argenteria ed o-
rificeria, tanto per uso domestico, che per uso
di chiesa; lavori in cesello, lavori in filagrana,
lavori di commesso in pietre dure, fra cui alcuni
tavoli mirabilissimi; in questa sala, fra gli og-
getti preziosi, ammiransi quelli di Venturina, e
fra questi due bellissimi tavoli rotondi della fab-
brica Bigaglia di Venezia. In questa sala istessa
infine vi sono due sedie a bracciuoli in amala-
chite, eseguite per commissione del principe I)e-
midolF. L' altra sala dalla medesima parte desti-
nata alle mobilie è tutta ripiena degli oggetti e-
sposti dal sig. Marlinoli di Torino; una lettiera
magnifica con bassirilievi metallici e ricco corti-
naggio; tavoli, sedie, e seggioloni ricchissimi; spec-
chiere con cornici d'un lavoro stupendo; e final-
mente un nuovo genere di mobili d' appartamento
da esso inventati, per modo che 1' arredo com-
pleto d'una stanza da letto per un uomo solo,
consistente in dodici distinti capi di mobilia, può
essere rinchiuso in duo sole casse, colla massima
facifità trasportabili dalle persone che devono per
doveri del loro ufficio, come impiegati civili e
militari, cangiar soggiorno di spesso.
Dall' altro lato del piano terreno vi sono le
sale della scultura, ma senza un catalogo di que-
ste non posso parlare; ci sono gessi ed alabastri
funzionario, non iscambiabile a guisa d' una merce
di moda, nè da rendersi capitale d'un rivendu-
gliolo come un arnese smesso dall' uso.
Le propolazioni fattesi in questi ultimi giorni,
apprensive e costernanti pei poveri impiegati do-
ganali dalmati, cioè: che sarebbero assunti molti
impiegati foraslieri, e così rimarrebbero scapitati
essi nella loro carriera, e forse totalmente esclusi
dai collocamento; che i meglio dotati posti sa-
rebbero egualmente occupati con estranei, o na-
zionali ma di un ramo diverso dal doganale, e
tante altre dicerie, non devono certamente, od
almanco non dovrebbero aver fondamento, perle
svillupate ragioni; essendo anche di peso signifi-
cante la condizione dell'avviso di concorso testé
publicato, che cioè i postulanti debbano, fra gli al-
tri requisiti, dimostrar assolutamente di avere co-
gnizione della lingua illirico-dalmata; lo che deve
far ritenere che un impiegato doganale d'Istria,
per esempio, o di Trieste, il quale non siane in
possesso, non può esser assunto ad uno dei no-
minati posti organizzati — se però le parole
scritte non fallano.
Dal lato poi dell' utile a conferirsi gli or-
ganizzati posti agl'impiegati doganali dalmati, l'am-
ministrazione publica deve sapere già che niuno
potrebb' essere più di loro provetto, e meglio co-
noscente di questo ramo, sendo essi ben istrutti
e dei regolamenti e delle infinite norme apposite
che vigono solo in Dalmazia, e ciò tanto per
pratica, come per teoria, mentre 1' estraneo do-
vrebbe cominciare dall' istudiarle ed apprenderle.
Non si deve poi rigettar dalla considerazione, che
fra gl'impiegati doganali dalmati, ve ne hanno
di tanto capaci e di tal consumata dottrina ammi-
nistrativa, da esser meritevoli e degni di posto
distinto in qualunque luogo ed in qualche ramo
finanziario, nonché in impieghi superiori di con-
cetto presso le Autorità e Dicasteri della sfera
loro, dove si trattano gli affari in idioma italiano.
Le apprensioni quindi ed i timori degl' im-
piegati doganali dalmati, che possan con le no-
mine prossime ad essere publicate aver esclu-
sione totale, 0 preterizione rimpetto al forastiero,
per ciò che riguarda anche i migliori posti, sa-
rebbero inopportune per ogni ragione; nè quelli
da cui ciò dipende vorranno permettere l'intru-
sione d'estranei, o di un qualunque di ramo di-
verso, a danno dell' impiegato doganale dalmate,
che abbastanza si meritò pella sua lunga e co-
stante soffereijza e miseria; al qual effetto anche
r eccelsa Giunta della Dieta provinciale, seguen-
do gl'impulsi del suo caldo amore di patria, dei
sentimenti dell' onesto e del giusto, e dell' affi-
datole patrocinio d'ogni affar nazionale, saprà,
speriamo, interporre la riputata sua mediazione.
Camera ili commercio ed industria di Zara.
Alla commissione fungente presso la Camera
di commercio ed industria qual comitato filiale
per l'esposizione di Londra del 1862, oltre quelle
annunziate nel n. 43 di questo giornale, si sono
presentate le seguenti notifiche :
L r. privilegiata fabbrica rosolio maraschino
di Francesco DriolL
Brazzanomch Nicolò polvere contro gl'insetti.
Potremmo anche annunziare come oggetto
d' esposizione il prodotto delle saline del nostro
circondario, ma il solito ritardo delle operazioni
finanziarie non ce lo permette ancora. Di fatto:
nel mentre la Camera concertava 1 passi da farsi
presso le publiche autorità per ottenere che sia
permessa 1' esposizione del prodotto delle saline
del circolo di Zara, l'eccelso Ministero del com-
mercio con dispaccio telegrafico n. 4165-1468
dichiarava alla Camera il desiderio che fossero
indotti i proprietari delle saline di Pago, Arbe,
Dignisca, a partecipare all' esposizione col pro-
dotto della loro industria.
Incontratesi per tal modo le intenzioni della ^ (
Camera coi desiderii dell' eccelso Ministero, essa
si rivolse all' i. r. Direzione delle finanze, perchè j
in base al disp?>ccio suddetto rilasciasse gli or- \
dini apportuni alle autorità subalterne, acciocché i |
proprietari delle saline possano ottenere dai pu-
blici magazzini la quantità di sale necessaria,
verso corrisponsione del prezzo di tariffa; e quan-
do l'i. r. Direzione di finanza avrà a ciò sod-
disfatto, entrerà anche il nostro sale nel novero
degli oggetti dell'esposizione mondiale.
La Camera inoltre nutre speranza che in
seguilo all' appello ripetutamente fatto ai produt-
tori, specialmente agricoli, del suo circondario, i
medesimi a quest' ora avranno deliberato sulle
qualità dei prodotti da inviarsi, ed è perciò che
li prega di spedire a mano a mano le insinua-
zioni loro a questo comitato, essendo il termine
prefisso a tutto il 30 corrente.
Zara^ 12 novembre 1861.
Relativamente all' esposizione di Londra
pervennero a questo giornale parecchie puntale
di regolamenti e direttive per servir e di guida
agli espositori ; ma la pubblicazione loro non es- ,
sendo conciliabile con la rislrette:zza del gior^
naie stesso^ com era desiderato da chi ce ne
fece V invio., non possiamo che annunziarne re-
sistenza presso di noi^ ad uso di chi ne volesse
approfittare.
Red.
Tipografia Deniarclii-Rous^ier. 6. terrari Cupiiii Redallere r«p.
ognuno d'assoggettarsi. Quanto un simile esame e si vedovano le medesime dei più abili. Astretti
disti da quella prova sicura che si dovrebbe ot-
tenere, ce io palesano i contrari effetti che siam
costretti rimarcare continuamente. Noi vegliamo
non pochi maestri con un brevetto da esposizio-
ne, che messi all' atto pratico prestano alle volte
un ufficio più dannoso che utile 'j. E la cosa
non riesce per nulla difficile a spiegarsi, spe-
cialmente se bene si consideri il modo con cui
questi esami vengono tenuti.
Quand' uno versato pienamente in solide co-
gnizioni, conscio di sè, del suo sapere, dignitoso
si presenta innanzi al tribunale solenne che deve
giudicarlo; intanto che la sua mente fa appello
alle scientiilche idee per tenerle pronte all'assal-
to, gli viene dall' alto interrogatorio una tesi: la
coglie, r esamina, ma non sa rilevarne il vero
spirito, è uno di quegli atomi del grande scibile
che si nascose al suo studio: tenta con analogìe
di definirlo, ma non soddisfa: profondo silenzio
occupa r interrogatorio e 1' esaminando, nè si va
oltre da questo chiovo fatale. Intanto l'indice
dell' orologio ha descritto 1' assegnato suo corso;
la penna tenuta in sospeso, finalmente si sgrava
del suo umore, e segna un elisse cogli assi a
rovescio, stampa un bel zero. Si invita il can-
didato ad uscire; a suon di campanello lo si ri-
chiama, e quando è giunto, ode la fatai sentenza
che lo dichiara incapace.
Succede un secondo candidato: timido s'in-
noltra e tremante: s' asside in scranna preparala
nel mezzo della sala, occupa precisamente il po-
sto del primo. Questi va ripetendo col pensiero
le poche formolo che a colpi di martello conficcò
nella sua nuca, e fa una giaculatoria a Dio per
essere interrogato su quelle: la sua fervida prece
vien anche esaudita: sente toccata una delle po-
che molle del suo macchinismo, leva il cuneo
che lo rafferma, e ruota precipitosamente fino a
far sbadigliare l'uditorio, che non ha forza da
opporre resistenza a quel moto di rotazione e
rivoluzione insieme. Esce; nuovo tintinnio il ri-
chiama, e la bella frase ad manimia il fa balzar
dalla gioia. E per questa via si fanno e disfanno
i maestri: si empiono le scuole dei meno provetti,
alla forma, si bada alla superficie, e superficiale
riesce eziandio il prodotto.
Quanti begli ingegni non ha la nostra pro-
vincia, anche sull' altare delle scienze esatte, che
poi od errano peregrini in estranea terra, o
sconosciuti e derelitti vivono sullo stesso suolo
nazionale 1 Perchè non vengon chiamati costoro
a maestri, e non s' innalza una scuola tecnica
coir opera di questi? E difetlo del crisma solen-
ne d' abilitazione che li tien discosti? Ma in che
cosa consiste siffatta abilitazione? Non la si fa
dipendere in oggi dalla maggior mostra che uno
sa fare delle proprie cognizioni? E se questa
mostra il candidato la spiegò sott' altra veste
presso islituti i più accreditati; se la si palesa per
mille forme nell' atto pratico; se 1' opinione generale
r acclama; non la potrà bastar forse, ma vi sarà
d' uopo d' un altra piìi lussureggiante per forma?
Potrebbe essere forse che si ricusasse di
accettare al magistero quelli che non fossero
formalmente abilitati, per tema che non riuscis-
sero a sostenere la parte didattica, siccome una
cosa è il possedere le cognizioni per sè, ed u-
n' altra per comunicarle altrui in via d'insegna-
mento; ma e quanti non ricevono il brevetto di
abilitazione senza esser slati mai maestri?È ve-
ro del resto che tali non vengono confermati se
non dopo un anno di prova, ma quanti si con-
tano che in questa prova non riescissero, o me-
glio che non si son fatti riuscire? E la prova
sul possesso dei mezzi didattici non si potrebbe
esigere anche dagli altri? Oh sì, tutto si potreb-
be, purché, venerando la legge nella sua sag-
gezza, si sapesse cogliere il vero spirito della
medesima; né si persistesse a credere che non
la possa essere osservata per altre vie in fuori
di quelle che essa in generale ha tracciate.
Allorquando un tale ha compiuto con esito
felice il corso superiore delie matematiche, e
mena buona fama di sè per le cognizioni prati-
che e sicure che dimostra di possedere; egli ha
già il primo requisito per essere raccomandato
a maestro d' una scuola tecnica. Onde rassicu-
rarsi poi del secondo fattore indispensabile nella
Su questo proposito riporterò T opinione del dotto Arenstein eminessa nel suo opuscolo "Die Lehr mittel au der Pa-
riser Austelliing: 1855,,. L'opinione è questa:
"Die Lehramts-Candidaten-priifungen hòrten wohl nicht
8uf ein geistvolles Tournier zu sein, aber der praktische
Nutzen ihrer Resultate entsprach nicht dea Hoffnungen, wel-
che der Glanz dieser Kàmpfe hervorrief. Nur zu oft wurden
aus den siegreichen Lehramts-condidaten nur mittel-màssige
Professoren. Die glùckliche Rednergabe, welche am vagen
Felde der allgemeinen Bildung die Prufungsrichter bestochen,
utid das Publicum des òffentlichen Tourniers enttusiasmirt
hatte, besass nicht inimer die Macht Kinder zu regieren. Die
erste Bedingung des guten Lehrers, cine Classe in Ordnung
zu halten, wurde imrner seltener, weil man sie in der Ècole
normale andeni Forderungen hintansetzte, wàhrend sie alien
bàtte vorajigehen solien„.
"Gli esami dei candidati maestri non cessarono d' es-
sere un valoroso torneo degli ingegni, ma la pratica utilità
de' loro risultati non corrispose alle speranze- che il pom-
poso apparato di siffatto cimento prometteva in sulle prime.
Si videro bene spesso trionfanti candidati, riuscir mediocri
docenti appena. II fortuito dono della facondia che sul va-r
go campo della coltura generale aveva illuso gli esamina-
tori ed entusiasmato l'uditorio delle publiche prove, non
possedeva spesso la potenza di governare sui ragazzi- La
prima dote d' un istruttore, quella cioè di saper mantenere
r ordine in una classe, venne sempre posposta alle altre e-
sigenze, mentre avrebbe dovuto far capo a tutte„.