^Mara, 4 gennaio 1919
dalia ostentàjjpdmp&rzialità fra la propria
MATICA
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schonfeld.
(AGGIORNATA DALMATA' A ROMA
ha manifestato solennemente lunedì dell’ ammiraglio Millo, V on. Rava, 1-on. A-
mici ecc. Apre la serie dei discorsi il prof
lancili J~ll’ . • A.'..r*ai re ■
b' volo^à. Vuole riunita all’Italia tutta
n-lrtiazia, che fu già di San Marco. Alla
‘^stazione si unirono pure, in forma
'7’biscitaria, Genova, Napoli, Milano ed altre
fìp Italia afferma altamente il suo volere,
une della nostra martoriata provincia.
£’•' ultimi giornali recano diffusissimi par-
la
patria'e 4o str;.1" Ifutta questa miseria
intellettuale e Borale e>a passata sull’Italia.
E vi era'pasšatđiliho frutto più maturo,
più tristeitìente^'rnatUrìq: Adua ! Che mera
viglia, 'dùnque/*sei^fiè^ìtre le due più grandi
ticcì61’1 sulle imponenti manifestazioni dellale. S’iniziarono con un corteo popolare,
‘ , raccolse davanti al monumento a Vit-
Emanuele. Numerose le . associazioni
' olfi-he ciie vi Pres.ero Parte coi vessilli,
p\pe personalità civili e militari, ufficiali di
e ai mare, studenti, studentesse, sol-
• s.j , un’enorme massa di popolo. Sono
' ‘ .Senti anche molti dalmati: i delegati di
?.ra di Spalato, di Sebenico, < di. ,T?aù. Il
To el , rettore de l’ università, ^affermando
che alla vittoria debbono, corrispondere giu-1 Hm * °
sti compensi e conchiude gridando, „Viva aspirazioni nazìorialu^ Trento e Trieste
la Dalmazia 1« „viva l’Italia." LAon. ’ Feder- apparivano e^une^gno lonta ino, co
zoni tiene poi un discorsi, denso di conte- ~ '&,a nunatn.^ ~~
nuto e magnifico nella forma, che vorremmo
poter riportare per intero. Egli ribatte *e
distrugge tutti gli argomenti dei rihùnciatori,
e argutamente osserva che „contro il diritto
dell Italia sulla Dalmazia non vi è, oggi,
che il rinascere di vecchie gelosie interna
zionali, „superate dalla storia." Parla poi il
aYv- Talpo che sostituisce il sindaco
Z.iliotto, indisposto, dichiarando che laDal-
^a-mantenuto sempre il suo carattere
me
una cosa a ćnr si-’potev pe sare, ma par
larne era inùtile quasi, l’aspirazione alla
Dalmazia fosse andata., man mano oblite
randosi, nella ^spiiei&àjdegli Italiani?
E come qvrébbe potato essere altrimenti?
Mentre F Jtalia^tùttà chiusa nella sua me
schina vita inferiore, . sembrava aver smar
rito la* sua via, l’Austha appariva sempre
più formidabile, solida bella sua massiccia
^armatura secolare, disciplinata, ben orga
nizzata, forte dei suoi milioni di abitanti
italiano, malgrSdó la .««miodal.zzaiió'ne vo- ’ « di, un fra 1 primi del
hita dall’-si j’ . mondo. t-Lte wentò m tali condizioni eraimponentissimo, sul quale sventola- lu Austria e 'conchiudè còl dire che
fra i tncolon anche 1® bandiere di Spàlato è nel cuore di ogni dalmata.'Una
irenetica acclamazióne accoglie al suo ap
parire 1 on. Salvi ; tutti gridano„viva Spa
lato italiana," la banda suona F „Inno di
Mameli" cantato in coro dalla fòlla* impo
nentissima : è un momento di commozione
intensa. Anche il discorso dell’on. Salvi
meriterebbe d’ essere riportato«'per intero ;
. ma a noi lo spazio difetta, e A lettóri lo
51 qu.de, dopo aver ricordato che T Italia hanno già letto nei giornali d’Italia. Basterà
5;. v inato tre volte T intesa, disse che si dire che T on. Salvi fu efficacissimo e lun-
đevfc fare un solenne giuramento : „Finché gannente applaudito.
sHe le città dalmate, si mùove dà Piazza
ùa per la salita di Magnanapoli, can-
;gli inni di Mameli e di Garibaldi. In
, - i 'dell’Esedra parlò l’assessore Valli
f l 1 Comume di Róma, dando espres-
L..s,e alla volontà dell’Italia vittoriosa: la
i .®,<.«»izione della Dalmazia. Cessate le ac-
ck..v,žiotii della folla, parlò il prof. Rocco,
un solò italiano si troverà sull’ altra sponda
sol! l’egida straniera, non deporremo la
spaiai* Dopo di lui parlano il tenente Mar-
iiiuH òhe porta il saluto dei soldati corn
uti, e il tenènte degli arditi Carli chee-u
Chiuso il comizio, il prof. Tonelli logge
il seguente ordine del giorno che viene
approvato per acclamazione :
„Roma, raccolta all* „Augusteo" in solen
ne comizio, mentre saluta con materno af-
glit tr
ao.tr '
vòìti
rono
univi
c .r,
grida
fa a
La
T Au
asšor
loro
crnih
1 saluto, il voto e la solidarietà di tut- fettoed orgoglio i dalmati convenuti per
ufficiali e soldati dei gloriosi batta- riaffermare il loro avito attaccamento all’ I-
d’assalto. Prende poi la parola il talià, deplora che nel raggio di rivendìca-
Umberto Nani che afferma il nostro zione nazionale già compreso dai trattati
d’essere italiani. Tutti i discorsi fu- ed occupato dalle armi manchi una parte
pplauditissimi. Un gruppo di studenti essenziale: la Dalmazia; esprime la ferma
: ~z': ---- T~ volontà che tutte le città, le spiaggie e le
isole di Dalmazia, che già ebbero comuni
col popolo italiano le sorti, le tradizioni e
la phHtlta, sian ricongiunte alla patria, redi-
Ip dalla sopraffazione snazionalizza-
trice, cui furon sottoposte dall’Austria, è'
da riùove e più gravi minacce e pericoli
tanto per la loro individualità nazionale che
per la sicurezza, T integrità, la pace e il
decoro della Nazione". r - _ ' ....
Di Tr o in
permesso parlare; lungamente si accarezzò
la sp ; « iza dF poterlo, .avere per trattativa
diplomatica. Trieste era lontana nella spe
ranza, ma era vicina jq^ó spazio, nelle re
lazioni,„ nello scambio •continuo delle per
sone e delle cose, neile -spmunicazioni rapide
e frequenti. La sua loda tenace contro lo
slaviSmo, appoggiato cOTÀustria, era una
cosa viva,* di cui si seguivano giorno per
giqrno gli episodi’e eh® appassionava. Al
contrario la Dalmazia era lontana, le comu
nicazioni, per la pigrizia dei nostri armatori,
per la neghittosità dèi governo erano scarse
al.confronto di quelle continue che legava
no l’Italia a Trieste. Anche laggiù, sulla
spenda vigilata dalle; òànfumerevoli isole che
la proteggono4 e la nascondono, si combat
teva una lòtta ostinata, -feroce, tra le citta
dine in cui una tradizione millenaria man
teneva il culto della italianità e la campagna
abitata da masse ignoranti di contadini, fra
cui pochi -^póliticanti 'avevano praticato il
per l’italianità, oggi riceve il meritato pre
mio. Perchè noi non vogliamo, noi non pos
siamo credere che la più gran parte della
Dalmazia, che Spalato, cuore della Dalma
zia, debba essere sacrificata. Contro i cla
mori di un piccolo popolo, che si appog
giava ieri sull’ antagonismo storico fra l’Au
stria e l’Italia, che tenta appoggiarsi oggi
su i rinascenti miopi antagonismi di altre
potenze europee, sta la vittoria italiana. La
vittoria, che ha schiantata T Austria, la
creatrice di queste piccole nazionalità tu
multuose, non può senza sovvertimento d’o-
gni legge morale volgersi contro chi ne è
stato T autore. Lo sappiano, non già le tur
be fanatiche che al di là del nostro mare
si agitano incomposte, ma i protettori po
tenti che in odio nostro si sono loro prof
ferii altrove : T Italia non intende transigere
col suo diritto, con le sue necessità, col
suo sentimento. Essa vuole avere tutto quel
lo che al di là dell’ Adriatico è suo per
millenaria tradizione, perchè non vi è forse
nel cuore stesso d’Italia alcuna regione che
sotto questo punto di vista sia più italiana
della Dalmazia. Ma sopra tutto l’Italia non
intende trattare da pari a pari con un pic
colo popolo, che per sè non ha che la pe
tulanza, 1’ assenza di ogni intelligenza poli
tica e la protervia tutta balcanica. Forte
della sua storia, della sua cultura, dei suoi
quaranta milioni di abitanti, della sua ric
chezza, del suo esercito, della sua marina,
T Italia ha il diritto di dire che le è intol
lerabile di lasciare anche uno solo dei suoi
cittadini nella ignominiosa servitù di un
popolo numericamente, intellettualmente, po
liticamente di tanto inferiore. Chè se vio
lenza le dovesse esser fatta, essa non la
dimenticherebbe mai ; e troppo breve sod
disfazione ne potrebbero avere i protettori
grandi ed i protetti piccoli. La storia è
ammonitrice. L’inimicizia italiana è stata
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.zar,
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.ilari percorse poi la via Nazionale
bandiere dalmate e i tricolori, con
di*„evviva Spalato italiana" „evviva
bastìa," cantando T inno di Oberdan,
limostrazione continuò alla sera al-
isteo. Impossibile annoverare tutte le
zioni ^intervenute, la vasta sala èra
issìma. Fra le personalità che con le
esenza resero più solenne e più si-
m là serata,., si notavano i sottose-
-tfh. -F\recart-eiWot pur^5,-t?’ famiglia-
^a commemorazione di Francesco Rismondo
Roma, 30 dicembre.
i delle scorse sere, davanti ad un pub-
celto e numerosissimo, raccolto nella
.ichetti, il prof. Alfredo Rocco celebrò
.i i vibrato discorso la commemorazione
oncesco Rismondo, T eroe che, nel no-
Spalato, diede in olocausto la gio-
i forte esistenza. Eccovi un largo
del nobilissimo discorso, che pur
ria le vere condizioni di Spalato —1
più martoriata che mai — ed il suo
alla redenzione:
18 luglio 1916 Cesare Battisti, preso
aspra lotta sul Monte Corno, cadeva
degli austriaci e alcuni giornimani
gio alla sua tomba. In verità anche Rismon
do, come Battisti e come Sauro, finì per
mano del carnefice, e un anno prima dei
suoi compagni di gloria accresceva col suo
nome e col suo martirio la schiera degli
eroi e dei martiri del Risorgimento italiano.
Eppure di Francesco Rismondo non si è
che poco e poco di frequente parlato. Non
una lapide gli fu murata, non una via gli
fu intitolata, non una nave fu dal suo nome
chiamata. Non accusiamo nessuno di questa
grande ingiustizia. Su Rismondo è pesata la
triste fatalità che è pesata sul suo Paese,
la Dalmazia !
Battisti: il Trentino nostro, l’aspirazione
di tutte le generazioni che si sono succedute
da Bezzecca fino ad oggi. Sauro: Trieste e
T Istria, la vocazione storica dell’ Italia, T a-
mcre appassionato di tutti i giovani nati
tra il ’60 e il 1900. Si comprende che ad
essi sia andato il compianto, sia andata la
glorificazione, sia andata la promessa del-
T Italia combattente. -
Francesco Rismondo rappresentava invece
il suo cadavere penzolava dal legno
nel tetro cortile del castello del
Consiglio. Poche settimane dopo Na-
Sauro, vittima di un ardimento che lo
cento volte condotto presso alla mor-
biva il martirio sulla terra dell’Istria,
aveva veduto nascere e dove la sua
andò a riposare in attesa della ven-
e della rivendicazione. I due nomi, di
io era già illustre e l’altro del tutto la Dalmazia, che, ahimè ! non era altrettantof -11 _ JL — —~ 4- a m -s-i 4-» »-»,0.1 ridirgli iFoliam 1 Trio rrxcmiA>, furono circondati immediatamente
iaì ureola della gloria, venerati e pianti
': ni parte d’ Italia, da ognuno che fosse
**4 del nome di italiano. La lotta mor-
*' 'a l’Italia e l’Austria ebbe nel duplice
!i ‘ io nuovo alimento, e parve d’allora
;!i combattesse con più implacabile vo-
r’;- di vittoria da parte nostra, con più
' ato furore di difesa da parte della
' ■ nemica storica e tradizionale. E’ per-
- ’ * stupire che in tali condizioni di spi
la sfuggita alla commossa sensibilità
1 pinione pubblica italiana un’ altra mor-
:r cui un altro italiano delle provincie
, ':,jnte aveva nei primi mesi della, guerra
' /ato ti sacrificio dei martiri di Belfiore,
ier Fortunato Calvi, di Guglielmo
’ ' dan.
fisamente un anno prima della impic-
ue di Cesare Battisti e di Nazario
, periva per mano del carnefice un
,’taliano suddito austriaco: intendo dire
1 a esco Rismondo di Spalato, catturato
, ‘ 0 austriaci sul Monte San Michele il 21
1 ' 1915 dopo un glorioso combattimen-
1. quale egli venne gravemente ferito
cui meritò la medaglia al valor mi-
• JHa fine di Francesco Rismondo corsero
4' che erano eroiche leggende^ Si disse
{* 2aduto in mani dei nemici, fosse stato
f J a colpi di baionetta dalla soldatesca
i aca ^he lo aveva riconosciuto per ope-
il soliti rinnegati, i quali non mancano
; -jSSun popolo per quanto generoso. Si
. ‘ 'S*- anche che il suo cadavere sia stato
ÓL7lato e le ceneri disperse, perchè non
presente nel cuore degli italiani. Una specie
di oblio era disceso sulle speranze che an
cora nel 1866 nella vigilia di Lissa erano
fiorite nel cuore di tutti. Nel 1866 era an
cor vivo il ricordo di Venezia e di Campo-
formio, e del grido di dolore con cui i Dal
mati accolsero la notizia che Napoleone li
aveva venduti agli austriaci. Nel 1866 an
vangèlo di una «nazionalità nuova e istillato fatale all’ Austria : non se ne possono ral-
l’odio verso ogni cosa Italiana. Di questa
lotta tenace tra T intelligenza e il numero,
.tra T attività e l’ ignavia,* tra la ricchezza e
il bruto favoli manuale, giungevano a rari
intervalli gli èchi affievoliti in Italia. Ma i
gridi di angoscia nelle; città nostre, il cui
governo cadeva uno dopo T altra nelle mani
dei croati — Cattare, Rògusa, Spalato, Se-
benico — erano copertiìdalle vociferazioni
politicanti e, dalle ’ chiacchiere di un
jtrgritmrcrrto irf^tutt’àftreèfaccentlè affaCOeif-
dato.
Solo quando nel 1914 la guerra europea
scoppiò come folgore e risvegliò gli addor
mentati, non solo la rivendicazione del Tren
tino, di Trieste e dell’ Istria fu immediata
mente nel pensiero e nel cuore di tutti ; ma
anche il movimento a favore della Dalmazia
finì col trionfare. E il problema della Dal
mazia fu impostato, non solo come un pro
blema di integrazione nazionale, ma anche
di sicurezza strategica e di espansione com
merciale nell’ Oriente balcanico. In questi
termini il governo italiano lo propose nelle
discussioni che precedettero la partecipa
zione dell’ Italia all’ Intesa e il suo intervento
contro l’Austria. Disgraziatamente, mentre
dalle potenze occidentali non veniva alcuna
obiezione alla rivendicazione italiana della
Dalmazia, un grave duello diplomatico si
impegnò tra T Italia e la Russia, che, quale
tutrice dello slaviSmo, ci contese a palmo a
palmo i territori che erano nostri per lingua,
per spirito, per millenaria tradizione di ci
viltà. E T Italia dovette così acconciarsi a
una transazione, in cui, insieme con T eroica
e italianissima Fiume, era sacrificata la mag
gior parte della Dalmazia: Spalato compresa.
E anche qui parve che il destino si acca
nisse contro Francesco Rismondo : proprio
nel momento in cui sembrava che contro
un fato inesorabile la Dalmazia riuscisse al
meno in parte a redimersi, la patria di
Francesco Rismondo----Spalato — la città
più importante della Dalmazia, T erede del-
T antica Salona, che quando Venezia non
esisteva e Trieste era un villaggio di pesca
tori, costituiva la unica grande città del-
cora non era spenta T eco dei lamenti che l’Adriatico, Spalato era sacrificata. Era sa
avevano accompagnato la consegna del ves
siilo di San Marco agli austriaci. Ancora si
ricordava che in Zara esso fu portato nel
Duomo dove, intonato il De Profundis, fu
laciato fra le lagrime dei cittadini dolenti e
sepolto. Si ricordava ancora che a Perasto,
la bianca cittadetta delle Bocche di Catta-
ro, il vessillo glorioso ebbe esequie solenni
nella Cattedrale e fu deposto sotto T aitar
maggiore come reliquia nazionale. E quando
l’ammiraglio Di Persano salpò con la sua
flotta alla volta dell’Isola di Lissa, gli ita
liani volsero T animo' trepido di speranze
all’ opposta sponda dalmatica, e dalla Dal
mazia i figli e i nipoti dei sudditi della Se
renissima spiavano il fumo e le vele della
flotta italiana.
Ma troppe cose da quell’ epoca erario
sopravvenute. Lissa sopratutto, che aveva
sepolte le speranze degli italiani e riaffer
mata la padronanza austriaca sul mare Adria
tico. E poi, più fatali di Lissa, le beghe
meschine della vita italiana dopo la scon
fitta, T oblio dell’ idea nazionale, il culto del
più grossolano materialismo, la rissa dei
criticata cioè la città che è il centro della
Dalmazia, T organo vitale di tutta quella re
gione, la quale forma un tutto unico che
invano si vorrebbe scindere: era sacrificata
Spalato, culla di Diocleziano, patria di Ba-
iamonti, il più puro assertore > dell’ italianità
della Dalmazia. Era sacrificata Spalato, vei
colo dei commerci da tutta la regione bal
canica all’ Adriatico ! ’
Ma dopo tante ore grigie doveva anche
per T Italia venire T ora del trionfo. Quello
che sembrava assurdo è accaduto : T impe
ro austriaco, secolare organismo statale ricco
delle più antiche tradizioni militari, crollava
sotto i colpi dell’esercito italiano. Spetta
colo nuovo nella storià di un paese che,
dopo quindici secoli di'imbellicosità e di
viltà, dopo cinque secoli di servaggio, del
più ignominioso servàggio, rinasceva alla
gloria delle armi e conquistava la più com
piuta e grandiosa vittoria della storia mi
litare I tri’ questo momento tutto ciò che gli
eroi della-lotta italiana in Dalmazia durante
lunghi decenni hanno fatto e sofferto per
conservare accesa la fiaccola dell’italianità
partiti, la lotta di classe, di categorie, di sull’altra sponda fruttifica a prò della Patria,
gruppi, 1 assalto allo Stato, il clamore dei La lotta che Francesco Rismondo nella
demagoghi, le declamazioni dell’ umanitari- Società , ginnastica, nella Lega nazionale,
legrare troppo i suoi minuscoli eredi. Ma
noi siamo certi, e siamo certi perchè fer
mamente vogliamo, che non vi saranno de
lusioni per l’Italia vittoriosa e che il voto
fatto dai doloranti amici di Francesco Ris
mondo, il giorno in cui giunse la nuova
del suo martirio e della sua gloria, sarà
fra pochi mesi un fatto compiuto, e sulla
marina di Spalato sorgerà T effige di Lui,
simbolo della fede incrollabile, della vo-
IpàhndLZia4ord~ c^Qr sèm
pre italiana."
Nostre corrispondenze
Da Sebemco
Fascio Giovanile. La sera del 28 decem
bre, il „Fascio Giovanile" diede una cena
nella sala maggiore della Società operaia,
splendidamente addobbata, in onore dei sottuf
ficiali del R. esercito e della R. Marina. La
cena fu apprestata sontuosamente dal nostro
ottimo consenziente Nicolò Delich, proprie
tario del „Miramar." Oltre agli invitati vi
presero parte cinquanta soci del „Fascio
Giovanile." Durante la cena un’ armonia
formata da suonatori della „Banda cittadina"
suonò gli inni patriottici.
Allo spumante prese la parola il dott.
Giov. Miagostovich, il quale salutò i fratelli
liberatori a nome del „Fascio Giovanile"
„non giovanile per gli anni, ma per i sen
timenti nuovi, scevri da mistificazione e da
vanagloria"; salutò il tricolore, per il quale
tanto combattemmo e soffrirne, e chiuse il
discorso conciso, ma significativo, con un
evviva al Re, all’ esercito e alla marina tra i
fragorosi applausi degli astanti.
Grande ilarità destarono poi i versi di Tri-
lussa, detti da un sottufficiale del regg. 263.
La serata riuscì animatissima e rimarrà
un caro ricordo nel cuore di quei valorosi
figli d’Italia.
Telegrammi. Al congresso „prò Dalma
zia" a Roma vennero inviati i seguenti te
legrammi :
„Ai fratelli d’ Italia raccolti in Roma im
mortale ad affermare i supremi ed inviola
bili diritti della Patria, Sebenico redenta
plaude con inconcussa fede ed indomito
amore. Il Comitato nazionale".
„A Roma, madre eterna di nostra gente,
nella solenne affermazione dei sacrosanti
diritti dei Dalmati, giunga il saluto forte ed
il plauso più fervido del „Fascio Giovanile
di Sebenico".
Cinematografi. Per la ricorrenza delle
feste natalizie venne solennemente inaugu
rata la riapertura dei due cinematografi con
films patriottiche. Per i nostri soldati vi fu
rono rappresentazioni gratuite durante i tre
giorni. All’ ultima rappresentazione cinema
tografica al Teatro Mazzoleni, ebbe luogo
un imponente manifestazione patriottica da
parte del pubblico italiano di Sebenico, che
vi concorse unanime.
Il proprietario signor Ugo Fosco si ripro
mette di soddisfare pienamente le esigenze
del pubblico con T offrire sceltissime films.
Concerti. Dopo quattro anni di noiosis
sima musica austro-ungarica, siamo allietati
da ben altre produzioni musicali. Le Bande
del regio esercito svolgono molto spesso
degli splendidi programmi, e, sotto T abile di
rezione dei loro valenti maestri, ci fanno
Navi giapponesi. Arrivarono giorni sono
nel nostro porto due cacciatorpediniere della
marina nipponica: „Urne" e „Kusumoki".
Gli ufficiali vennero invitati ad una festa al
„Casino".
In pescheria. E’ ornai tempo di regolare
le cose nella locale pescheria, con la ridu
zione dei prezzi, non solo in teoria, ma an
che in pratica, e con l’obbligare i pescatori
a mettere il pesce in vendita nella locale
pescheria, cosa che questi ricusarono di
fare quando venne dato fuori il calmiere.
E’ tempo di finirla con lo strozzinaggio
tanto in pescheria che nelle macellerie.
Da Stretto
Menzogne. Nel „Novo Doba" del 21 de
cembre, in un tendenzioso trafiletto da qui,
il corrispondente si lagna delle perquisizioni
praticate ai possessori d’ armi, e grida per
ciò che questa venne estesa anche ai locali
del Giudizio, sottacendo però che precisa-
mente al Giudizio furono trovate delle armi
che ora poi si vorrebbero far passare quali
„corpus delieti" di anteriori processi.
Non corrisponde al vero T accusa che fu
rono operati degli arresti, poiché finora qui
— forse per eccessiva gentilezza — nessuno
venne arrestato.
I pochi mestatori del paese sono irritati
ed avviliti per ciò che la propaganda jugoslava
non ebbe il desiderato successo. Non tutti,
come da loro si aspettava, vollero firmare
la loro adesione allo stato in gestazione.
Così anche questo trucco austro-croato fece
il fiasco che si meritava.
II consiglio comunale fu sciolto e venne
nominato gerente il nostro consenziente
Francesco Salamun. Vennero presi in pos
sesso dall’ autorità italiana gli uffici postele
grafico, doganale, portuario e quello d’ im
poste, sui quali sventola il tricolore.
Un telegramma. Dal nostro Comitato
Nazionale, reduce dalla gita, fu inviato un
dispaccio di ringraziamento al sindaco d’An
cona, per la fraterna accoglienza avuta in
quella gentile città.
Spr r tr-CCìa e f°sse Per sempre vietato smo imbelle e pacifista, la vanità professo- nelle organizzazioni sportive, in mille modi sentire i dolci concenti dell’ insuperabile
« nahani di accorrere in pio pellegrinag- rale avida di trarre motivi di piccola gloria e sotto mille forme òonduceva a Spalato musica italiana.
La Cronaca
Sati Sslvests*«». la .n otte dLfiììè—
d’anno passarono tra noi con una straor
dinaria animazione. Alle 19 la Banda Muni
cipale sostò brevemente sotto il Municipio
in Piazza del Plebiscito, ove si formò un
imponente corteo. Di lì Banda e corteo per
corsero le vie principali, sostando sotto le
sedi del governo civile e del comando mi
litare. Al corteo presero parte migliaia di
cittadini d’ogni classe. Donne e fanciulle
agitavano banderuole tricolori; tutti alter
navano ai concenti musicali i più fervorosi
canti italiani e le acclamazioni più entusia
stiche al Re, all’ esercito liberatore, alla
grande Italia, a Spalato italiana. Alle 22 la
Fanfara del Reggimento suonò in piazza la
ritirata, dando occasione a nuove dimostra
zioni dell’ esultanza popolare. Per parecchie
ore — e la temperatura era abbastanza mite
— Zara visse di esultanza, avvalorando ma
gnificamente il suo sentire patriottico.
Sino dalle 22 il Caffè Centrale —- con
vegno spesso alle più nobili manifestazioni
nazionali di Zara — offriva un aspetto pa
rimente straordinaria. Alle 23 il trovarvi un
posto diventava un problema d’impossibile
soluzione. Alle 24 suggeriva il trito para
gone del barile di acciughe. Il pubblico, in
una democratica fratellanza, non pure lo
gremiva, ma straripava fitto al di fuori, sotto
le arcate e perfino in Calle larga. Frater
nizzavano coi cittadini, in un enterite cordia
lissima, i numerosi ufficiali di terra * e di
mare, qui di presidio. Spumeggiava lo cham
pagne nei calici, in un prorompere di brindisi
lieti, in mezzo a canti e ad acclamazioni.
In punto alla mezzanotte, il prof. Pietro
Domiacussic salutò con vibrata parola il
nuovo anno, che sorgeva a Zara esultante
sotto T egida del tricolore, innalzando fer
vidi evviva al Re e all’ esercito valoroso.
E, ricordando il grido di dolore di Spa
lato, romanamente italiana, espresse il voto
che anche la nobile città sorella venga ri
data alla Patria. Chiuse infine coll’esprimere
la certezza che tutti i nostri voti e tutte le
nostre aspirazioni si compiranno, dandoepsu
ciò affidamento T augusta persona del Re,
primo assertore dei diritti d’Italia e primo
tutore della sua dignità.
Il discorso del prof. Domiacussic sollevò
vivo entusiasmo.
Nel cuor della notte un’ affettuosa dimo
strazione venne improvvisata in onore del
sindaco dott. Luigi Ziliotto, sotto la. sua
casa dì abitazione. E sinA quasi all’ alba
durò l’animazione nelle vie e nei pubblici
convegni, a festeggiare Tanno nuovo, ma
più ancora i nuovi e felicissimi eventi.
Gli augurixdi Zara pel capo d’anno. 11
nostro Sindaco ha inviati a capo d’anno
questi telegrammi :
„Eccellenza Orlando presidente consiglio.
Roma. Accolga espressione fervido augurio
e devoto omaggio, che a Vostra Eccellenza,
vigile tutore del diritto d’Italia, invio in
nome di Zara, ferma nella immutabile, fede
e purificata dal lungo martirio, di veder
nell’ anno che iniziasi la definitiva sanzione
9e
Abbinamenti per ora non si ricevono.
------Un numero centesimi 25
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schònfeld.Anso 2. - N-. 5<iB Zara^ 1S gennaio 1919
Coscienza di oppressi
In tutta Italia c è oggi un fermento di
indignazione contro la politica di rinunce,
- suggerita da inesperienza, da viltà, da uto
pie generose, ma poco circospette e sane.
Attorno a Bissolati, onesto campione di fa
tali idealità, si stringono pochi gregari in
coscienti, che vorrebbero avvilire la dignità
della patria. C’ è il Gallenga che dona 800
mila lire agli agitatori jugoslavi, c’ è' il Bor-
gese, volubile critico e ancor più volubile
giornalista, portato dal suo ingegno inco
stante a rinnegare le sue stesse idee, c’ è
la cricca ostile del Secolo, il quale s’ arroga
il diritto di parlare agli altri di incoscienza,
méntre egli stesso ha una coscienza amorfa,
variamente plasmabile dagli umori mutevoli
dèi suoi amici francesi. Tutta questa con
grega, formata da politicanti faciloni o inetti,
fu ridotta al dovere e sonoramente fischiata
nel suo capo, 1’ on. Bissolati. I dalmati, of
fesi nella loro coscienza d’ oppressi, più mo
ralmente forti e resistenti di tutti gl’ inco
scienti dell’ Italia e dell’ estero, elevano fiera
ed alta la loro voce contro ogni inutile ten-
x tativo di sopraffazione, contro chiunque vo
glia, armato della lancia traditrice austriaca
o croata, soffocare la loro vitalità politica
ancor sempré vigile e pugnace. 1 dalmati,
consci che la parte maggiore e migliore
d’Italia è con loro, fieri dei loro diritto i-
noppugnabile, sorretti dalla loro tenace vo
lontà, ripetono al piccolo gruppo di jugo
slavi ‘ d’Italia che una nazione di 40 milioni
di abitanti non lascerà calpestare i suoi di
ritti da utopisti brancicanti nella tenebra nè
dà vili prezzolati avvolti nel fango ; che non
si può cooperare a un assetto definitivo del
mondo senza riparare tutte le ingiustizie, e
prima di tutto quelle perpetrate dall’ au
striaco e dal croato in Dalmazia e che il
grido lanciato nel congresso di Roma „La
guerra non è ancora finita,, e giunto e vie
ni; raccolto anche da noi, che non siamo
- affatto intimiditi dalle meschine paure del-
l’on. Bissolati.
Certamente l’ideale d’ una Società delle
Nazioni è elevato, attuabile; ma questo i-
deale, per cui l’Italia combattè e vinse, non
deve essere immiserito da una concezione
. troppo recisamente semplicista o parziale,
perchè, mentre gli alleati non rinunciano
alle loro egemonie sui mari, sui confinanti
e sulle colonie, l’Italia non deve far la par
te del vaso di terra cotta tra tanti vasi di
ferrò nè lasciarsi contestare quegli stessi po
stulati nazionali, che la Francia e le altre
nazioni alleate sanno far valere con ostinata
fermezza. La Società delle Nazioni può es
sere tradotta in pratica soltanto allora, quan
do tutte le nazioni siano stabilmente forma
te : e l’Italia non può essere integrata sen
za la costa orientale dell’ Adriatico che fu
sua dagli albori della stòria fino ai nostri
giórni, che soltanto da quarant’ anni venne
adulterata dà soprusi austriaci e croati, che
attènde -ancora il sole della giustizia e-della
rinàscita nazionale. Questi sorto i doveri
della Vittòria : ristabilire i gittSti é naturali
cortfini d* Italia dal feennero alla costà dal
mata, Che dóve essere per sempre italiana,
sopra Ógni mistificazione, sopra Ogni rinun
cia e ógni viltà; altrimenti la vittòria ita
liana sancirebbe !’-ingiustizia artstro-ctoata.
Questi ^sórto i doveri della vittòria, -e non
quelli - indicati, con triste annunzio di danni
irreparàbili, da quell’ ideaì&tà impenitente
che/è-l’-ón. Bissolàti.
Wilsón, véSsilhtefo -del ^pensièro italiano,
sonìmdvitó/e di idée mazziniane, -assertore
d’ ógni giusta riparazióne, ha cèrtamente una
visióne più Chiara dei nostri diritti che non
1’ on. Bissolàti. Egli Sa "che noi non voglia
mo Vendette Storiche, come -le chiama il
Secolo; ma che vogliamo la solenne con
férma delle nostre aspirazioni nel congresso
della pace, come la pretende la Francia per
1’ Alsazia Lorena. 1 croati, che ci hanno fi
nora offesi, minacciati di sterminio e op
pressi, non possono farsi anche oggi arbitri
della nostra sorte nè aggiogarci a un ser
vaggio ancora peggiore di quello che sop
portammo per quasi mezzo secolo. Nessuna
logica o rettorica, per raffinata che sia, po
trà traviare la nostra coscienza nè gettarci
nel baratro della rinuncia e del dissolvimento.
E 1’ on. Bissolati che pure ha difeso la pa
tria dalle orde dei croati, accaniti nella lotta
contro i principi più generosi del mondo
civile, dovrebbe una bella volta compren
derlo !
Ma 1’ on. Bissolati, come uomo poli
tico, è oramai tramontato. Voleva parlare
per V Alto Adige, ma le generose popola-
• ziòni trentine V hanno pubblicamente scon
fessato; voleva parlare di rinunce dalmati
che, ma i dalmati hanno fieramente reagito
e protestato a difesa delle loro zolle native ;
voleva parlare per il popolo d’Italia, ma
l’Italia, con recisa e nobile compattezza, non
ha tollerato 1’ oltraggio della sua parola.
L’on. Bissolati non può oggi contare che
sul .consenso e suJT appoggio degli jugo
slavi e degli altri nostri nemici; il che è
davvero piccolo argomento d’onóré per un
, ex-mirtistro italiano. Il vittorioso popolo no
stro. ha già pronunciato a Milano il severo
e gìdsto verdetto. Nel nome della patria non
si rinnegano i fratelli oppressi. Non basta
andare in trincea, bisogna lottare con la co
scienza ‘del dovere e dei diritti : questo
hanno détto gli eroi d’Italia" all’ on. Bisso-
lati. E lo hanno isolato. Oggi tutta la na
zione freme del nostro dolore e- esulta del"
nostro entusiasmo. Sia benedetta questa
guerra che ha avuto per effetto la vittoria
delle armi e delle coscienze.
punta deiiQlfi della tesi
Il discorso di Bissolati è superlativamente
ideale. Ma come il patriotismo non fa velo
a noi in questo punto, vorremmo che anche
chi si lascia trasportare da ideali, che pos
sono sembrare più alti nella scala dei var
lori umani, non disconoscesse il lato debole
del ragionamento di Bissolati. L’ha sentito
egli stesso là dove si è proposto il quesito,
se con le rinunzie da lui consigliate si avreb
be la gratitudine dei Jugoslavi e se essi ri
sponderebbero all’Italia con uguale spirito
di conciliazione e di amicizia. Col suo no
bile cuore egli risponde di si, e ne aggiun
ge subito il motivo, „perchè non avrebbero
„più interessi vitali da rivendicare contro
„1 Italia, e i sentimenti finiscono per mo
dellarsi sugli interessi*.
Ma egli dimentica ciò che il „Corriere
della Sera1* degli 11 corrente mette nel suo
articolo di fondo in bellissima luce, che
Trieste sarà dagli Sloveni considerata sem
pre una questione vitale. E allora? Allora
così conclude Bissolati il suo discorso : „che
„se, ciò malgrado, volessero esserci nemici,
„noi avremmo di fronte alla loro ingiusta
„ostilità, la coscienza del mondo per alleata".
La quale però non muoverebbe un dito per
noi in una questione così particolare, e non
ci fornirebbe un fucile contro quelli dei Ju
goslavi. Meglio dunque serrare le porte di
casa.
Ma com’ è che dalla parte dei Jugoslavi
non si levi nemmeno uno ad enunciare pro
positi simili e congruenti a quelli di Bisso
lati ? Se n’ è chiesta Bissolàti una ragióne ?
Nostre corrispondenze
Da Sebenico
Telegrammi di ringraziamento. S. M.
la Regina Elena inviò i seguenti telegrammi
di ringraziamento :
„Presidente dott. Luigi Pini. S. M. la Re-
gina* ringrazi^ -fa- -S. V< e co-
desta fedele popolazione per il gentile saluto
augurale dì cui Ella fu interprete. D’ordine:
11 gentiluomo di corte di servizio, conte
Ludovico Guicciardini."
„Presidente „Fascio Giovanile* Sebenico.
S. M. la Regina ringrazia dei gentili senti
menti molto graditi. D’ ordine : La dama di
corte di servizio contessa Guifferdini Corsi."
Congresso prò „Dalmazia" a Milano. In
occasione della giornata dalmata a Milano
domenica tutta la città venne imbandierata
a festa. Si spedirono i seguenti telegrammi:
„Presidenza Congresso prò „Dalmazia*
Milano. Il Dio delle nazioni, che benedisse
il Piave e le valorosi armi d’ Italia e sacrò
la sospirata redenzione della patria di Tom
maseo, coroni il vostro nobile slancio, 1’ o-
pera vostra fraterna, iniziata sotto auspici
sì fulgidi, per la redenzione di Spalato, la
patria di Antonio Baiamonti. Per il Comi
tato Nazionale, dep. Pini".
„Presidente Congresso prò „Dalmazia"
Milano. Dopo lunghi decenni di martirio
sotto il nefasto governo austro-croato la
Dalmazia deve essere ricongiunta alla gran
Madre Italia. Alla forte Milano, che oggi
solennemente afferma questi sacrosanti di
ritti, giunga 1’ adesione ed il saluto augurale
del „Fascio giovanile* di Sebenico redenta.*
Squadra inglese. Dal giorno 10 corr.
fino a stamane (13) furono ospiti del nostro
porto f esploratore inglese -H. M. S. ,,La-
vestofte* con a bordo il contrammiraglio
Kelly ed altre tre cacciatorpediniere.
La sera dell’11 corr. furono ospiti al
„Casino" il contrammiraglio inglese Kelly
col suo seguitò e altri comandanti ed uffi
ciali delle navi. Alle 6.30 pom. all’ arrivo
degli ospiti F orchestra, diretta dal maestro
Ferrara, intonò l’inno inglese, che venne
ascoltato in piedi. Dopo V esecuzione del-'
l’inno V onorevole dott. Luigi Pini pronunciò
il seguente discorso : „Negli annali di questo
secolare sodalizio, che dal 1775 raccoglie
gl’ Italiani di Sebenico in questa sala co
struita nella veneta loggia, verrà scritta a
caratteri d’ oro questa data, in cui noi si
ebbe 1’ alto onore di accogliere le signorie
Loro, rappresentanti della valorosa marina
britannica, del regno alleato all’ Italia che
ci redense. La storia di venti secoli non si
cancella con un tratto di penna, e meno
poi con soprusi o paradossi dedotti da sta
tistiche deliberatamente adulterate. Gli uo-
Jmini si pesano sulla bilancia della civiltà e
non si contano come pecore. Noi siamo
italiani per nascita, per civiltà e per senti
mento e come tali vogliamo rimanere per
sempre uniti àlla gran Madre Italia che ci
ha redenti. Dì questa nostra volontà incrol
labile si facciano interpreti presso i rappre
sentanti del glorioso Loro governo e la ma
nifestino alla conferenza della pace, ove in
base ai, principi enunciati dal grande WiJson
si discuterà del destino dei popoli. Evviva
l’Inghilterra, evviva l’Italia, evviva il nostro
Re Vittorio Emanuele III".
Dopo il discorso V ammiraglio ringraziò
cortesemente. Nella sala di lettura, addob
bata artisticamente, da un comitato di si
gnore, venne servito agli ospiti graditi un
thè con dolci è liquori. Dopo il thè si ballò
animatamente. All’ atto di congedarsi gli
ufficiali furono salutati da unanimi evviva
alla grande Inghilterra, all’ Italia, a Spalato
ed alla Dalmazia italiana, ai quali essi ri
sposero con un evviva all’Italia.
Festa marinara. Il comandante, capitano
di fregata Tagliaviar con gli ufficiali della
R. nave „Europa* e altri ufficiali di marina
invitarono il giorno 12 corr. gl’ italiani di
Sebenico alla festa marinara eh’ ebbe luogo
domenica a bordo della nave.
Il programma era attraentissimo. Dopo
1’ estrazione dei doni per la lotteria, i mari
nai eseguirono diversi giochi che divertirono
assai ; si fece della musica, si cantarono
canzonette napoletane; qualche marinaio si
produsse come macchiettista e illusionista.
Le coperte di prua, e di poppa erano ma
gnificamente adobb'ìte di bandiere e di
un’ infinità di lampadine tricolori. A poppa
sullo sfondo c’ era Un’ aquila reale fra lam
padine multicolori, éhe poggiava su di un
trofeo fatto con bandiere dell’ Intesa. Du
rante la festa suonò un’ eccellente orchestra
di bordo, diretta dal valente maestro Fer
rara. Alcuni ufficiali del cacciatorpediniere
inglese 72 presero pure parte alla festa. In
onore agli invitati fu servito uno squisito
buffet. ,
Con danze animalissime, si chiuse questa
indimenticabile festa, per la quale i cittadini
italiani di Sebenico ringraziano infinitamente
il sig. comandante Tagliavia e gli altri uffi
ciali della R. nave ì,Europa*.
Da Scardona.
Primavera italica» S’incominciano già a
notare anche nella nostra cittadina i segni
benefici dell’ Italia. Il nostro gabinetto di
lettura, dal tugurio in cui durante V oppres
sione s era ridotto, per le prestazioni inces
santi e infaticabili cure degli ufficiali del
presidio risorse già a novello splendore.
Artigiani di ogni sòrta scelti fra i soldati e
messi a nostra disposizione sotto la guida
dei loro capi in brhvi gjorni rimisero a nuo
vo il nostro circolo, che giustamente fu ri-
battezzato „Circolo^ Armando Sarlo", a ri
cordo dell’egrègie? o^loiracllo Armando Sarlo,
che tanto affetto mostrò per questa nostra
istituzione e tante benemerenze s’è acqui
state in paese, d’aver diritto alla nostra
perenne gratitudine.
= A memoria indelebile del loro gratis
simo soggiorno tra noi, gli ufficiali del 15°
reggimento della brigata Savona vollero
donarci una pergamena fregiata di due
quartine della geniale nostra contessa Pina
de Marassovich-Coretti, che con bella inspi
razione esprimono i patriottici sentimenti di
Scardona liberata. Sulla pergamena sono
apposte le firme autentiche di tutti gli uf
ficiali.
== Fra i molti beneficati dalla nostra re
denzione c’ è pure un povero impiegato co
munale, certo Enrico Vidovich, bersagliato
in passato, perchè italiano, e fatto oggetto
delle più ingiuste vendette dai croati del
luogÓ. Egli con la venuta dei fratelli libe
ratori fu riassunto al suo posto nel muni
cipio, ora retto dal gerente signor Borii di
Zara, che si va acquisendo le generali sim
patie per lo spirito d’imparzialità e di giu
stizia che dimostra nell’ amministrazione co
munale. Quando il signor Vidovich, già pa
dre di numerosa prole, si vide nascere un
altro bambino, pensò di pregare il Colon
nello Sarlo di fungere da patrino dei neo
nato. La preghiera fu accolta con sollecitu
dine e in una giornata dello scorso mese,
presenti tutti gli ufficiali del presidio e pa
recchi cittadini invitati alla cerimonia, ebbi-
mo il conforto di sentire il parroco-jugo
slavo, non certo di buona voglia, imporre
al fortunato bambino il nome di „Vittorio
Emanuele Armando*, che sintetizza l’ affetto
per il nostro Re e la gratitudine per il no
bile gesto del comandante. Il quale volle
anche far dono al suo figlioccio di un pre
zioso ricordo e si ebbe lagrime di ricono
scenza dalla famiglia Vidovich.
= Dopo 1’ occupazione si sono migliorate
le nostre strade e riassestati i ponti, e già
è imminente V installazione della luce elet
trica, tanto desiderata ^e sempre invano
promessa dal cessato governo.
Fu già riattato anche l’acquedotto, qhe
per la trascuranza del regime austriaco e
per l’incuria degli anni di guerra era inqui
nato di fango e ostruito da pietre.
E che dire della animazione straordinaria
che regna nella nostra cittadina al giungere
di centinaia di tonnellate di ogni sorta di
viveri destinati alla città ed alle ville ? Sor
ride di gioia il nostro villico, nella certezza
che la fame è per sempre bandita balla sua
casa e che V Italia ne ha il merito esclusivo.
Il paese è corso e ricorso da automobili
e autocarri d’ogni , forma e grandezza, che
provvedono ai servizi logistici per i vari
presidi dislocati nella regione; . ed è uno
spettacolo attraente e confortevole a Un
tempo il vederli neh ritorno carichi di con
tadini e 'contadine delle 'ville circostanti,
. che ne approfittano con pariicolare,sodisfa-
.adone e ^piacere - per ritornare in città.dai
campi con gran risparmio di tempo e co
modità. Piovono le benedizioni dei nostri
contadini alla grande Italia per la sua ge
nerosità e al prode esercito per le affet
tuose cure e lo squisito tatto che dimostra
nelle relazioni quotidiane coi terrieri. E que
sto è un buon augurio per il nostro avve
nire.
Da Arbe
Il genetliaco della Regina» Anche Arbe
volle festeggiare solennemente il genetliaco
di S. M. la nostra graziosissima Regina. Le
sale del „Grand Hotel* erano addobbate
con eleganza. Diede inizio alla festa il co
mandante del presidio capitano Rolandino
Gùidotti, il quale con notili parole tratteg-.
giò le elette virtù della Regina quale ma
dre, sposa e angelo di conforto per i feriti
e i morenti per la patria. Quindi il presi
dente del Fascio nazionale Lauro Galzigna,
parlò sulla storia e sulle nobili tradizioni di
Casa Savoia. Infine la graziosa signorina
Maria Galzigna disse con brio una poesia
dedicata alla Regina. I marinai del presidio,
intervenuti numerosi alla festa cantarono,
fra applausi, l’inno del reggimento. Il trat
tenimento riuscì animatissimo e in fine si
intrecciarono le danze, che si protrassero
fino al mattino.
Conferenze. Per iniziativa del „Circolo
italiano* il sig. Bruno Galzigna tenne una
conferenza sul tema: „Gli eroi del nostro
mare". Il conferenziere esaltò il grande e-
roismo e gli atti di valore dei marinai ita
liani durante la guerra mondiale e le dure
prove sostenute degnamente dalla marina
italiana che destò 1’ ammirazione del mondo
intiero.
Addì 9 gennaio, in occasione del qua
rantesimo primo anniversario della morie
del Padre della patria, Vittorio Emanuele II,
il presidente del Fascio nazionale sig. Doimo
Lauro Galzigna tenne una conferenza sul
Risorgimento italiano, rievocando la grande
figura del Re galantuomo sui campi di bat
taglia e quale fattore dell’ unità italiana. Il
numeroso pubblico accorso alle conferenze
rimeritò di calorosi applausi ambedue gli
oratori.
Soci onorari. Il Circolo italiano di Arbe
nominò quali soci onorari Sua Eccellenza il
viceamiraglio Enrico Millo, S. E. V ammira
glio Umberto Cagni, il sindaco di Zara dott.
Ziliotto, il sindaco di Ancona on. pelici, il
deputato dott. Roberto Giglianovich ed il
professore Giovanni Cardona di Roma. Il
sindaco di Zara ringraziò per la nomina con
una lettera piena di patriottismo e Sua Ec
cellenza il viceammiraglio Enrico Millo
espresse la sua ammirazione per il sentire
patriottico degli italiani di Arbe e ringra
ziando per la nomina inviò al Circolo una
cospicua elargizione.
La Cronaca
Dono al Comune di Zara. Gabriele d’An
nunzio mandò in dono al „Comune italiano
di Zara" cento copie del famoso dittico,
nei quale sono riprodotte due pianteaella
nostra città. A sinistra si legge la scritta
„Zara: A. D. 1680"; addestra „Zara: A. V.
1918." Sotto il dittico, magistralmente ese
guito, ci sono le seguenti parole autografe
del messaggio a Zara : ,,O Zara, che sei
tuttora quale fosti per Antonio Barbaro
scolpita nel bassorilievo di Santa Maria
del Giglio, simile a un’ ala con la sua giun
tura forte, simile a un’ ala d’Italia sul mare.
23 dicembre 1915. Gabriele d’Annunzio."
Il nostro sindaco gradì con verace commo
zione il dono altamente significativo del-
l’Eroe d’Italia, al quale Zara serberà grati
tudine imperitura per )’ opera geniale spie
gata in ogni contingenza a favore dei diritti
dei Dalmati. Le cento copie verranno messe
in vendita, per iniziativa del Sindaco, inter
prete della volontà del Poeta, a favore del
fondo degli scolari poveri delle scuole
medie.
Seduta comunale. Questa sera ha luogo
la prima seduta ordinaria del Consiglio Co
munale nella „Biblioteca Comunale Paravia".
Ordine del giorno: conti consuntivi co
munali pel 1917 ; conti preventivi pel 1919.
Dimostrazione patriottica. Martedì il no
stro popolo che aveva avuto notizia dai
giornali giunti in mattinata del fiasco fatto
da Bissolati col suo discorso alla Scala,
volle dare espressione pubblica ai suoi sen
timenti di sdegno e disapprovazione per
l’inconsulta politica di rinuncie propugnata
dal ministro dimissionario. Già nel corso
della giornata erano stati affissi largamente
in città — dei manifestini con scritte accla
manti S. M. il Re, la grande Italia, gli on.
Orlando, Sonnino e Giglianovich, frammiste
ad altre poco lusinghiere per Bissolati e
Milcovich. La séra poi finita la ritirata in
Piazza del Plebiscito, s’ improvvisò un corteo
che seguì fino alla caserma la banda mili
tare e cantando inni patriottici percorse le
principali vie della città per sboccare di
nuovo verso le 20 in Piazza.
„ Sulla gradinata della Biblioteca Parayia
salirono due ufficiali militari e il tenente
Celestino Trombetti, nostri ospiti, venuti a
^portare i .doni .delle donne bolognesi e ro
magnole ai bimbi di Zara. Cedendo alle
acclamazioni della folla il tenente Trombetti
prese la parola per ringraziare il popolo
dell’ entusiasmo suscitato in lui e nei suoi
compagni mutilati dalla fervida manifesta
zione d’ italianità, a cui avevano assistito.
Egli porterà alla gran Madre questa voce
di fede nella redenzione della Dalmazia. E
la Dalmazia sarà italiana per quel diritto '
che ci danno gli eroismi compiuti sulle vette
delle Alpi, sulle petraie del Carsp, sulle rive
del fiume sacro; sarà italiana, perchè ita
liana la gridano le voci di migliaia di morti
che s’ alzano dagli avelli e dagli abissi dei
mari. All’ invito di gridare „viva la Dalma
zia italiana" rispose acclamando tutto il po
polo che gremiva la piazza e agitava fre
neticamente i tricolori. I mutilati e 1’ oratore
furono portati in triónfo e il corteo si sciolse.
Una grande serata patriottica al „Teatro
Verdi*. Un’immensa folla, come da molto
tempo non si vedeva, si raccolse merco
ledì sera al teatro „Verdi* per ascoltare la
parola del dott. Giovanni Miceli, corrispon
dente di guerra della ,,Prensa* e membro
del consiglio centrale della „Trento e Trie
ste*.
Precedettero il discorso del Miceli le no
bilissime parole di saluto delle donne e del
popolo bolognese recato dal capitano Giu
lio Steimetzer, mutilato di guerra, e del
tenente Celestino Trombetti, segretario del
la „Trento e Trieste*, sezione Bologna e
invalido di guerra. Sedeva al proscenio,
assieme agli oratori, anche il tenente Tito
Sbolci, membro dell’ „Associazione mutilati
ed invalidi* di Bologna, che assieme ai pre
detti aveva portato ai nostri bimbi il dono
graditissimo delle donne bolognesi. Pre
sentò gli oratori l’on. Krekich con sentite
parole.
II capitano Steimetzer portò con commos
se parole il saluto e il voto concorde delle
Romagne e dei mutilati. Oltre il tenue do
no delle donne emiliane, egli reca il fer
vido voto da tutti profondamente sentito
che l’Adriatico divenga il „Mare nostrum*.
Ricorda i martiri Rismondo e Sauro, ri
corda il podestà Bajamonti e Niccolò Tom
maseo, artefici di questa grande rinascita.
Le sue parole destano entusiasmo: tutto il
pubblico applaude freneticamente.
Parla poi il tenente Trombetti. Quando
dice: „Abbiamo salutato Zara più italiana
di tutte le città italiane", scoppia ua-lungo
unanime applauso. In ogni cittadino di Zara
e di Dalmazia, egli continua, noi vediamo
un italiano, dal quale ognuno di noi po
trebbe imparare ad essere italiano. Ogni
patriotta venga qui in santo pellegrinaggio
(voci: venga Bissolati!). Non turbatevi! La
vostra passione verrà coronata dal compi
mento dei vostri voti. Lo dico oggi come
lo dissi ieri in Piazza: „la Dalmazia sarà
italiana". L’entusiasmo del pubblico è al-
colmo: tutto il teatro acclama l’oratore.
Parlando poi di Bissolati, dice eh’ egli è un
uomo, un uomo solo, e impotente. L’Italia
cammina per le vie del suo diritto verso i
destini assegnatile dalla storia, destini che
si compiranno oggi, domani, sempre. E per
questo la Dalmazia sarà italiana. Questo
vogliono i nostri morti dai quali noi rice
vemmo un sacro retaggio.
E per noi e per i nostri morti io dirò
oggi a voi, „Viva la Dalmazia italiana".
Superfluo dire che il pubblico fa all’ora
tore un’ imponente ovazione.
Giovanni Miceli, che aveva scelto a tema:
„Il diritto e la missione d’Italia", incomin
cia portando il saluto della „Trento e Trie
ste", che deriva da quella „Pro patria*,
che ebbe a presidente il generale Garibaldi,
poi il generale Avezzana e poi Giovanni
Bovio, e a segretario Matteo Renato Im-
briani. Manda quindi un saluto all’ esercito,
alla marina, al Re, primo soldato d’Italia,
al gen. Diaz, al Duca D’Aosta, all’ ammi
raglio Millo, al Duca degli Abruzzi e al-
l’ammiraglio Thaon de Revel, l’assertore
intrepido dei nostri diritti sull’ Adriatico.
Saluta poi i mutilati di guerra, cavalieri di
un nuovo ordine, che Imbriani avrebbe chia
mato l’ordine supremo dei cavalieri del
piombo austriaco.
Ricorda l’eroismo delle Donne d’Italia,
prime fra esse Margherita ed Elena di Sa
voia ed Elena di Francia, duchessa d’Aosta.
Rileva poi come l’Italia cooperasse con
la sua dichiarazione di neutralità nell’ago
sto del 1914 alla vittoria francese sulla
Marna. Due volte venne arrestata su questo
fiume V invasione barbarica : Ezio nel 452 vi
arrestò gli Unni di Attila ; nel 1914 il ge
nerale Joffre arrestò gli Unni novelli, i
Germanici. E nel maggio 1915 l’Italia di
chiarò la guerra all’ Austria' senza attendere
che f aquila bicipite fosse spennata, ma
quando i suoi eserciti avevano respinti i
Russi, quando cioè era più che mai incerto
V esito della guerra. E la guerra ha rivelato
gli Italiani maestri nella guerra d’ alta mon
tagna. Nell! antichità gli eserciti sceglievano
le pianure per lo spiegamento delle forze e
così pure nel medioevo affine di agevolare
le mosse della cavalleria. Solo dopo l’in
venzione delle armi da fuoco l’arte militare
. scelse le alture, per arrivare da ultimo, nel-
V epoca presente, all’alta montagna. E il
valoroso pubblicista inglese Whythney-War-
ren rilevò come l’esercito italiano, sotto il
continuo fuoco dei cannoni austriaci, sia
Anno 2. - N. 6 Zara, 22 gennaio 1919
Abbonamenti per ora n®n si ricevono.
— Un numero centesimi 25------ - Per le inserzioni rivolgersi all’ amministrazione Pagamento antecipato —
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schonfeid.
riafferma i diritti dP Italia sulla Dalmazia
La solenne seduta del Consiglio Comunale 1
Sabato, poco prima delle 19, vieiie aperta
la sala della „Biblioteca Comunale Paravia"
per la indetta seduta del Consiglio comu
nale ; e, in un batter d’occhio, si riempie
di pubblico. Mai anzi tanto pubblico ha
assistito ad una seduta del Consiglio. Il
Sindaco Zìliotto, al suo apparire nell’ aula,
viene fatto segno ad una calorosa manife
stazione d’affetto da parte dei consiglieri
e del pubblico fitto.
Tra il religioso silenzio degli astanti il
Sindaco, dichiarata aperta la seduta, pro
nuncia questo discorso :
Il discorso del Sindaco
„Onorevoli signori consiglieri, permette
temi che prima di passare alla trattazione
degli affari ordinari io v’intrattenga sopra
un altro argomento d’assai più vitale im
portanza. Oggi sembra che abbia avuto
principio la Conferenza della pace. Noi che
per oltre due mesi fummo confortati da
quasi giornaliere solenni affermazioni sulla
profonda convinzione di tutto il popolo ita
liano che la Dalmazia è parte essenziale
della Nazione, e suH’ incrollabile volontà di
esso che sia del tutto integrata la Patria;
— noi abbiamo invece avuto in questi ul
timi giorni Pimmenso dolore d’udire una
voce che dovrebbe dirsi autorevole, la voce
di uno che fu fino a ieri ministro d’Italia,
che vorrebbe abbandonata la Dalmazia ai
Croati. Leonida Bissolati ha espresso con
la maggiore chiarezza codesto suo pensiero,
e lo ha espresso proprio alla vigilia del
Congresso della pace quasi avesse voluto
(ciò eh’ era, io spero, assai lontano dalla
sua mente) gettar nuovo olio nel fuoco di
quei numerosi nemici d’Italia che per vec
chi rancori, per nuove invidie e per recenti
appetiti fanno un’ immonda gazzarra che
vorrebbe assordare P alto consesso chiama
to a far finalmente presiedere la giustizia
» all’ assetto del mondo.
-A noi che la verità e la giustizia in que
sta nostra questione non abbiamo avuto
bisogno di apprenderle perchè sono con-
, cresciute ** »«»roo nostro,--sòn«-risse s »
5 neanche di comprendere come persone illu
minate della nostra stirpe possano conce
pire pensieri siffatti ;, ma per questo pro
viamo un dolore tanto più acuto se una
cosa simile si avveri.
Si è tanto parlato e scritto a favore della
nostra causa che non si potrebbe far opera
più vana del ritornare sugli argomenti che
la suffragano; anzi credo che, se un male
fu fatto, è d’aver troppo accumulate le ar
gomentazioni : anche per gli spiriti più esi
benti quando si adducano sia pur poche
ragioni ma tali da non ammettere contrasto,
quando si veda la robustezza dei piloni
che fanno sentire l’incrollabilità dell’ edi
lizio, tutta Popera accessoria che voglia
concorrere a dimostrarne la stabilità non fa
che diminuire il sentimento di essa. Ba
stano così per la nostra causa poche con
siderazioni, anzi a codeste è opportuno li
mitarsi.
Chi è che, sapendo leggere una carta
geografica, ne prenda una dell’ Adriatico e
non dica della Dalmazia; questa è Italia?
Per chiunque anche profano la Balcania non
incomincia che al di là delle Alpi Dinari-
che : questo lo dimostra la conformazione
geografica, quella geologica, il clima, la
fauna, la flora, tuttee
E sta in nesso con ciò la condizione
etnica degli abitanti. Sebbene, cioè, gli abi
tatori della campagna dalmata parlino una
lingua identica a quella degli slavi d’ol
tralpe ed essi derivino in buona parte dal-
l’emigrazione di quei popoli, pure le or
dette condizioni naturali in unione con le
condizioni storiche fecero della popolazione
della campagna dalmata un complesso che
per qualunque osservatore non superficiale
ha un’ affinità di abitudini, di costumi, d’in
gegno, «di gusto di gran lunga maggiore
con gì’ italiani che con gli slavi balcanici.
Ma comunque sia, la costa dalmata è da
oltre venti secoli latina e tale rimase senza
interruzione fino al presente. Quale è la
persona vecchia da noi la quale non ricordi
che fino a meno di 50 anni fa tutte le nu
merose cittadette della Dalmazia, da Arbe
a Cattaro, tutte le borgate erano esclusi
vamente italiane? E se così era; se le con
dizioni etniche dell’ elemento di campagna
erano quali le dissi or ora e ad ogni modo
esso non era assurto dalla semplicità pri
mitiva nè aveva mai potuto prendere corpo
di nazione ; se tutto l’elemento civile era
quindi italiano, se questi Italiani non erano
essi gl immigrati ma la popolazione auto
ctona del paese, chi potrà negare il carat
tere italiano della terra?
O si vorrà forse negarlo per ciò che le
cose mutarono da 50 anni a questa parte ?
Ma esse non mutarono per forza propria
bensì per un piano bene prestabilito d’ un
nemico senza scrupoli e messo in esecuzione
con tutte le violenze e gl’inganni di cui
capace una fantasia di delinquente. Per
abbattere questo potere l’Italia è scesa in
guerra, e, dopo ottenuta una vittoria supe-
riore ad ogni speranza, le si dirà che la
realtà delle cose non è quella di 50 anni
fa, ma quella creata con la violenza e con
la frode dall’Austria ora distrutta? Nonio
dirà certamente il mondo civile che unani
me dichiarò che il carattere vero' dell’Al-
sazia-Lorena non è quello che apparisce
oggi, ma quello eh’ era realmente* 50 anni
addietro.
Ed allora se io vorrò pensare a un ple
biscito di Spalato non avrò che a richia
marmi alla memoria i funerali di Antonio
Bajamonti. Al vedere il popolo raccolto
nella chiesa e quello che seguiva il feretro
-io aveva creduto di veder tutta Spalato,
mentre poi mi si presentarono lungo la
riva altre migliaia di persone che facevano
ala piangendo in ginocchio al passaggio
delia bara.
Ma perchè ricorrere a quello che oggi
non si vede ? Ben disse non vi son molti
giorni uno straniero imparziale mentre ri
guardava estasiato il duomo di Sebenico :
Quali altri plebisciti si domandano da voi ?
E di codesti plebisciti ne abbiamo, senza
una sola linea d’ interruzione, da Arbe a
Cattaro, mentre invece nessun segno da noi
di civiltà senza il suggello italiano. Disse
or sono pochi giorni P illustre critico e sto
rico d’arte Adolfo Venturi, parlando dei
due forse più grandi figli della nostra Za
ra, di Luciano e Francesco Laurana : „quale
temperamento artistico più classicamente
italiano del loro?“ E dimostrò in un mira
bile Studio come „la virtù, sempre perenne,
di nostra gente, abbia dato in Dalmazia
frutti che ne spiegano la natura, la origine,
P organica struttura, la grandezza così schiet
tamente italiana, classica non per riflessione
dell’ antico, ma per forze ingenite, profonde,
continue'^
E codeste forze apparirono al mondo fino
a ieri, fino ad oggi, perchè, volendo pur
tacere dei viventi, chi potrà negare l’italianità
della Dalmazia fino a che essa dà frutti
come un Niccolò Tommaseo ed un Arturo
Colautti ?
E-ru-nriacri-rirùtti'“più rnodestr’Tkhì diurno*
prova minore. Noi qui a Zara abbiamo ora
la fortuna che i nostri fratelli d’Italia ci
possono liberamente visitare e vengono in
realtà numerosi. Ora, quello eh’ essi ci di
cono è certamente superiore al vero, ma la
loro commozione è prova indubbia della
loro sincerità. E quanto dissi per Zara vale
per Sebenico, per Arbe, per Lesina, per
tutti i luoghi aperti «ai nostri fratelli d’ol
tremare. Ma per Spaiato, per Traù, per gli
altri luoghi ove P Austria dalle molte vite
tiene ancora lontana l’Italia, io credo che
le voci che da lì sono pervenute, che la
parola di Ercolano Salvi, di Giovanni Lubin
e dei cento altri che vanno pellegrinando
per la Penisola abbiano ben persuaso quelli
che ne dubitassero che in tutta la Dalmazia
c’ è P Italia viva.
E che tutta Italia ne sia persuasa — ad
onta della voce di Leonida Bissolati — mi
sembra che le prove siano superiori ad ogni
dubbio. Io ebbi la sfortuna di non essermi
potuto recare in quest’ultimo tempo nel
Regno fuori che al convegno d’Ancona,
ma dall’impressione ritratta a codesto con
vegno, da quanto leggo in tutti i giornali,
dai telegrammi e dalle lettere innumerevoli
che mi pervengono ogni giorno traggo la
persuasione che tutt’intera l’Italia ha la
convinzione profonda che non soltanto Za
ra, della cui italianità non so che alcuno
mai e neanche lo stesso Leonida Bissolati
abbia dubitato; ma che tutta la Dalmazia
sia da considerarsi parte integrante d’Italia.
Io sono abbastanza democratico per non
dare un’importanza senza limiti a codesto
plebiscito di tutta l’Italia; ma per me esiste
una prova ancora più potente della voce di
tutto il popolo d’Italia. Io penso che la
voce d’ ognuno di noi piccoli mortali conti
pure qualche cosa quando si tratti di sa
pere ciò che sta nell’ animo nostro ; ma la
provvidenza ha disposto che vi sia qual
cuno che conosca ciò che sta dentro all’ a-
nimo nostro meglio di noi medesimi : sono
questi i grandi poeti, i geni della stirpe. A
un grande poeta è dato di sentire meglio
che a tutti insieme i suoi contemporanei il
più profondo sentimento della sua gente,
ciò che sta alla radice dell’ essere di lei. E
l’Italia ha avuto (forse sola, oggi, fra le
nazioni) la grande fortuna d’avere nell’ ora
magnifica che corriamo un grande poeta,
Gabriele D’Annunzio. E Gabriele D’An
nunzio ha rivelato al mondo quale è l’ in
timo sentimento della nazione italiana sul-
P italianità di questa sponda dell’ Adriatico.
Egli ha parlato. La parola, quando essa è
veramente degna di questo nome, è verità
vera. I neonati che strillano qualcosa che
parrebbe il contrario della parola di lui,
pronunciano suoni inarticolati, balbettano,
non parlano ; egli -solo ha parlato. Se PI-
talia non disdegna di fare della propaganda
(non per certo di quella che fanno quegli
altri a Nuova York, a Londra, a Parigi) io
non domanderei da essa se non che a tutti
i membri del Congresso della pace siaf atta
arrivare la parola di Gabriele D’Annunzio,
e la nostra causa non ha bisogno di altro
avvocato.
1 telegrammi
In esecuzione al voto del consiglio ven
nero inviati telegrammi, includenti P ordine
del giorno, agli on.i Orlando e Sonnino, al
presieente Wilson, a Giorgio Clemenceau e
a Lloyd George. A Gabriele d’Annunzio
venne inviato questo telegramma;
„Gabriele d’Annunzio Venezia, Squadra
San Marco. Nel giorno che il Consiglio Mu
nicipale di Zara col consenso plebiscitario
di popolo ha espresso il voto solenne che
la Dalmazia tutta sia ricongiunta alia madre
patria, invio a Voi, assertore validissimo dei
nostri diritti, plauso e riconoscenza perenne.
Sindaco Ziliotto.
Signori consiglieri,
quand’io ho richiamato alla mia mente,
alla vostra mente P immagine del, poeta e
noi sentiamo nell’ animo nostro l’eco della
musica della sua paròla, a -me non è possi
bile, non mi sarebbe lecito di andare più
oltre. Ond’è che finisco, e finisco col pro
porre alla vostra approvazione la risoluzio
ne seguente: „Il consiglio comunale di Za
ra, 'capitale della Dalmazia, sicuro interprete
del sentimento degl’italiani di tutta la pro
vincia, esprime la ferina volontà che laDal-
mazia intera sia ricongiunta alla madre pa
tria Italia". « ?
11 plebiscito
L’on. Krekich paria ai popolo
Il discorso, interrotto spesso da applausi
entusiastici, viene accolto in chiusa da una
imponente ovazione. 'Tutti i consiglieri as
surgono acclamando, mentre il pubblico, in
preda a viva commozione, erompe in una-
ferventissima manifesl azione che dura mol
ti minuti, e alla filale fa eco il popolo
raccolto nella piazza? La fanfara militare,
che suonava la solfea ritirata, attacca la
marcia del „Sì", tra entusiasmo delirante
della folla. 11 momento è altamente solenne.
Molte persone hanno gli occhi inumiditi da
lagrime di commozione e di gioia.
Ristabilita a stento la quiete, domanda la
parola il consigliere comunale on. Krekich,
il quale propone che. data la solennità del
la manifestazione, non si passi all’ordine
del giorno, ma si tolga la seduta, e si co
munichi teìegraficam. ate il voto del Consi
glio ai ministri Orlando e Sennino, al go
vernatore Millo, al presidente degli Stati
Uniti d’America Wo^drow Wilson, al pre
sidente del Consigliò? francese Giorgio Cle-
menceau, al .primo ministro .inglese Lloyd
George e al poeta Gabriele D’ Annunzio.
Propone ancora che,? finita la seduta, il Con-
-sigìie si rechi Ira nativamente - al Palazzo
dei Provveditori, dove ha sede P ufficio per
gli affari civili, onde comunicare al capo di
quell’ ufficio, cav. Umberto Ricci, il tenore
della decisione del Consiglio, che è pur
quella del popolo.
lì Consìglio approva con vivissimo plauso.
Quindi il Sindaco — causa le sue con
dizioni di salute — prega P on. Krekich di
comunicare al popolo raccolto nella „Piazza
del Plebiscito" la decisione del Consìglio.
E P on. Krekich comunica — fra gli applau
si della folla — il conchiuso accolto ad
unanimità, e, nella certezza che la presa ri
soluzione riempirà la cittadinanza di legit
tima compiacenza e farà vibrare i suoi no
bili sentimenti patriottici, la prega — a
nome del Consiglio comunale —- di voler
dimenticare nella foga del suo entusiasmo,
per non turbare o sminuire la solennità e
la grandezza dell’ atto compiuto, popoli e
persone che si dimostrarono ostili alle più
sacre aspirazioni della nazione.
L’on, Krekich rileva che Zara, mediante
la sua legittima rappresentanza, ha dichia
rato la sua ferma ed incrollabile volontà, e
quest’atto unanime, solenne è la più elo
quente risposta alle riprovevoli rinuncio già
seppellite da tutta P Italia sotto il peso del-
P indignazione pubblica. Egli accentua che
la nazione, sdegnosa di ogni ignobile tran
sazione, vuole appagate a pieno tutte le
sue aspirazioni, come 'lo esigono il suo buon
diritto e la vittoria ottenuta colle armi,
perchè l’Italia non ha fatto il sacrifizio di
460.000 dei suoi figli migliori caduti sul
campo dell’ onore, non ha lasciato che un
milione dei suoi prodi soldati si coprisse di
gloriose ferite, non ha profuso a dovizie
nell’ immane conflitto i tesori della sua ric
chezza nazionale per contentarsi dell’ ele
mosina di un „parecchio" avviliente.
L’Italia non rinuncia a nessuna delle ter
re che le sue armi invitte hanno redento,
come non àbdica a nessuna delle altre sue
aspirazioni che, compiute, consacreranno la
sua grandezza, la sua gloria.
L’on. Krekich accentua che il soldato
d’Italia, là dove ha posto il piede, non si
ritira ; che P Italia, là doye ha spiegato la
sua immacolata bandiera, non P abbassa, e
conchiude, eccitando il popolo ad attendere
con animo sereno che il trattato di pace
sancisca ufficialmente la sua redenzione, già
avvenuta felicemente ed irrevocabilmente
per virtù delle gloriose armi italiane. Anche
le parole «delPon. Krekich vengono spesso
interrotte e salutate in chiusa da fervidissi
mi applausi.
Il Consiglio municipale si reca corpora
tivamente dal cav. Ricci, che si di
mostra molto sodisfatto della risoluzione
votata dal Consìglio comunale. La folla, in
tanto, raccolta in „Campo Vincenzo Dan
dolo", applaude ed acclama.
Poco dopo i consiglieri scendono dal'Pa
bulo e la folla, tra il canto degli inni pa
triottici « gli evviva, si scioglie lentamente.
Aggiungendo che tutta la stampa tori
nese appoggia con fervore di convinzione le
nostre aspirazioni, avremo data P ultima
prova di [quell’ affetto veramente fraterno,
onde la nobilissima capitale del Piemonte
eroico ci obbliga alla più viva gratitudine.
Onore a tutti gli amici della causa buona,
a tutti gli italiani memori del nostro mar
tirio.
Fiume respinge il baratto
Il popolo di Fiume ha tenuto un solenne
comizio contro la minaccia del „parecchio"
adriatico.
Nel teatro Comunale, affollato in maniera
incredibile, ha parlato Orazio Pedrazzi ri
cordando come il „parecchio" trentino fu
respinto, con sdegno, nel 1915 dal popolo
italiano e riaffermando il diritto dell’ Italia
su Fiume e sulla Dalmazia. Il discorso fu
accolto da entusiastiche acclamazioni. Venne
quindi presentato ed acclamato, in mezzo
ad indescrivibile entusiasmo, il seguente or
dine del giorno :
„Il popolo di Fiume radunato in solenne
comizio, mentre riafferma la volontà asso
luta di esser unito all’ Italia, respinge ogni
mercato che faccia del nome di Fiume il
simbolo della schiavitù di altri fratelli e
riaffermando la solidarietà di tutti gli irre
denti, protesta contro il „parecchio" adria
tico e confida che P Italia vittoriosa avrà
tutto il premiò, cui le danno diritto la lun
ga guerra e la radiosa vittoria".
Così Fiume, dopo il magnifico discorso
tenuto dal suo Sindaco Vìo a Roma a fa
vore dei diritti dei Dalmati, riafferma in
modo commovente la sua solidarietà eoi
fratelli adriatici, duramente provati dalla
minaccia jugoslava. Tali prove di vera fra
tellanza e di sincera abnegazione, nell’ ora
delle rinunce ' codarde, i Dalmati, sensibili
a ogni voce amica di consenso, non dimen
ticheranno mai.
1 nostri studenti nel Regno
La visita dei nostri studenti accademici
ai colleghi del Regno, stando alle relazioni
che se ne leggono nei giornali, non ha
mancato al suo scopo, ch’era di stringere
coi fratelli di studio e di fede nuovi e te
naci legami ideali, d’interessare in un mo
mento di eccezionale e forse decisiva impor
tanza la generosa gioventù degli atenei ita
liani alla causa della giustizia e alla difesa
degli oppressi, per 1 onore e la grandezza
d’Italia. Dietro le legioni degli studenti i
figli della nostra terra trovarono dovunque
la borghesia, con le sue liberali tradizioni
di patriottismo, gli ufficiali e i soldati, fer
vidi assertori dei diritti della nazione, e la
grand’ anima del popolo dalle cento vite,
insigne artefice della prosperità della pa
tria. Le maggiori città, sedi operose del
pensiero e del lavoro, inneggiarono alla re
denzione degli oppressi.
Persino quella Milano, che poteva parere
di lontano il terreno più arido e repugnante
alla nostra giusta càusa, poiché la perni
ciosa influenza di giornali rinunciatari sem-
brava giustificare la presunzione della fred
dezza, ci diede le superbe dimostrazioni di
simpatia attorno, al monumento di Garibal
di, in Galleria e al Teatro della Scala, do
ve echeggiò P indomito grido di Fiume, di
Spaiato, di Traù; ci diede i cortei di mi
gliaia di persone d’ogni ceto sociale sfi
lanti per le vie del centro dietro la ban
diera dalmata; e Milano manifestò ancora
con imponenti dimostrazioni ostili il disgu
sto e la disapprovazione per i paladini delle
vili mutilazioni.
Ieri abbiamo avuto il piacere di udire la
conferma di tutto questo da due testimoni
oculari da noi intervistati, il doti. Miago-
stovich e il prof. Lobasso, di passaggio per
Sebenico, reduci daPia tournée degli stu
denti. L espressione del loro entusiasmo
per le bete e oneste accoglienze avute nel
Regno si accompagnava a parole d’incon
dizionata approvazione per gli Organizzatori
della visita degli studenti nostri ai colleghi
d’Italia, la quale ebbe un influsso decisivo
sulP opinione pubblica e non mancherà di
portare i frutti migliori.
Ci furono narrati i momenti più salienti
dei fatti di Milano, che non ripeteremo,,
perchè già noti dai giornali del Regno; ci
fu detto delle superbe accoglienze di Pa
via, sempre patriottica, che, per quanto
inattesa fosse la venuta degli ospiti, accol
se i Dalmati con la viva spontaneità del-
P affetto e per bocca del Sindaco e del suo
deputato al parlamento espresse tutta la
sua simpatia alia causa nostra.
Ma più unanime, più intenso ed eroico fu
P entusiasmo destato dai nostri giovani stu
denti nella cittadinanza dì Torino. La culla
del nostro risorgimento risentì il fremito
antico delle sue tradizioni patriottiche, co
me quando nell’ èra fortunosa delle cospi
razioni e dei preparativi alla riscossa, acco
glieva dentro le sue mura ospitali gli esuli
e i proscritti d’ogni parte della penisola.
L’ anima dei festeggiamenti, P organizzatore
dei comizi, che merita la più viva ricono
scenza nostra, fu il venerando Commenda
tore Cesare Pola Faìletti, sostituto procu
ratore generale alla corte d’ appello. Nel
ricevimento solenne alla „Pro Torino" l’ex
ministro Danèo parlò in appoggio delle no
stre aspirazioni con commozione intensa;
nel comizio tenuto nell’ aula magna dell’ U-
niversità, il prof. Gian, in rappresentanza
del Rettore, si rese degno interprete della
parte più eletta della cittadinanza ; il Sin
daco senatore Frola accolse il corteo dei
Dalmati in Municipio e con vibrate espres
sioni d’ affetto promise tutto P appoggio mo
rale e materiale al trionfo della causa della
giustizia; il nostro immacolato vessillo garrì
alle libere aure subalpine sul balcone del
Comune accanto alla bandiera di Torino;
nei privati ricevimenti-in casa del Comm.
Pola e dell’illustre scultore Tancredi-Pozzi
regnò signorile intimità e affetto cordiale ;
nel banchetto di 60 coperti nell’ atrio del
Teatro Scribe si ebbe il suggello della fra
tellanza col popolo, che mandò alcuni rap
presentanti della Società Operaia ; e in fine
nel teatro stesso, presenti le più spiccate
personalità del mondo politico, della scien
za, della finanza, studenti e popolani, dopo
applauditissimi discorsi inneggianti alla re
denzione della Dalmazia, si ebbe una deli
rante manifestazione di simpatia, degnamente
chiusa dalla Marcia reale.
Nostre corrispondenze
Da Ragusa
Arbitri e procediiaenti illegali. (Ritar
data). li 22 decembre 1918 incominciarono
nuovi e più gravi atti di violenza contro
gl’ italiani di Ragusa.
Con citazione del capitanato vennero quel
giorno invitati a comparire alla presenza
del comandante serbo, tenente colonnello
Mundžić, alcuni cittadini italiani di Ragusa,
con alcune signore e signorine che avevano
partecipato al Congresso delle città adria-
tiche ad Ancona il 15 decembre 1918. Ad
essi venne fatta la seguente intimazione :
„Vi ho chiamati quali rappresentanti degìi
italiani di Ragusa, per ammonirvi di non
provocare e di non agitare contro la Jugo
slavia, perchè il nostro stato dei Serbi-
Croati-Sloveni tende alla piena unione dei
territori Jugoslavi, e, come voi bene sapete,
le relazioni fra noi e P Italia ufficiale sono
molto tese, in maniera che in ogni momento
possono precipitare gli eventi.
„Viene considerato come provocazione
P avvicinarsi ad una regia nave o ad un
ufficiale italiano ed il recarsi nei territori
occupati o nell Italia stessa. D’ ora in poi,
senza un permesso speciale della autorità
di polizia, col placet del comando serbo,
nessuno potrà assentarsi. Vi avverto che qui
ci va della testa."
Subite queste minacele affatto illegali,
perchè lo stato Jugoslavo non è riconosciuto,
nè siamo obbligati a fedeltà prima della
conclusione della pace e prima di avere
rinuaciato al beneficio di opzione, il Fascio
nazionale presentò una protesta scritta al
governatore francese di Ragusa. -
Il 24 ed il 26, mentre il prefetto si ac
cingeva a concedere il permesso di viaggio
a parecchi concittadini di nazionalità italiana,
il medesimo colonnello serbo lo proibì as
solutamente ; ed ora si. sta dinanzi al fatto
compiuto di essere confinati a Ragusa, fino
alla conclusione deila pace.
A Natale, senza alcun riguardo alle festi
vità cattoliche, vennero spiccate d urgenza
nuove citazioni ; ed ai comparsi fu dal me
desimo tenente colonnello serbo vietato ogni
viaggio in italia, e qualsiasi comunicazione
coll’ Italia, con comminatoria di procedura
pedale militare, arresto e minaccia di pena
capitale.
Su ciò fu di nuovo elevata una protesta
al governatore francese del luogo.
Tutto il servizio di polizia in città, alle
partenze e all’ arrivo dei treni e dei piroscafi,
viene esercitato' da ex gendarmi e guardie
di finanza austriache, che continuano nei
sistemi dei loro antichi padroni, e si distin
guono per P odio contro gli Italiani. Quindi
noi temiamo gravi e funeste conseguenze
per il solo fatto che siamo italiani e vo
gliamo conservare ad ogni costo il nostro
carattere nazionale.
Si capisce chiaramente che gli JugoslavF
vogliono assolutamente che almeno da que
sta parte della Dalmazia non giunga alfcuna
voce italiana in Italia ; ma ciò noi non per
metteremo in alcun caso. Finché uno solo
di noi potrà parlare, non cesserà di chiamare
La Cronaca
Il Ministro Fradeletto inviò al nostro
Sindaco il seguente telegramma:
„Sindaco Ziliotto. Ringrazio Lei e saluto
con devota effusione codesta nobile città
particolarmente cara alla mia Venezia, fo
colare inestinguibile d’italianità sulla sponda
fratèrna. Ministro Fradeletto“.
Adesioni al plebiscito. Riceviamo all’ ul
timo momento il testo di dieci telegrammi,
in parte indecifrabili» diretti da Spalato al
Sindaco di Zara. Contengono fervide ade
sioni al voto plebiscitario di Zara per V u-
nione di tutta la Dalmazia all’ Italia. Questi
telegrammi sono inviati dal fascio nazionale,
dalle donne italiane, dal fascio giovanile,
dalla società operaia, dalla società ginna
stica, dagli studenti universitari, dalla bi
blioteca popolare, dalla banda cittadina, dal
gabinetto di lettura e dalla società del tiro
a segno.
Rileveremo i più significativi e leggibili:
A Zara, degna del nome e dei diritti d’ I-
talia, riaffermante con unanime consenso di
popolo, nel patrio consiglia voto secolare
unione Dalmazia alla gran Madre ricono
scenti plaudono. Le donne di Spalato.
Là Società ginnastica afferma plaude e
consente voto plebiscitario Zara perchè tutti
i figli di questa terra trovino accoglimento
in grembo alla gran Madre Italia.
Una conferenza sulla Dalmazia. Il no*
stro G. T. ci scrive da Trieste :
. „La vittoria nostra non sarà mutilata".
Ecco l’argomento della conferenza tenuta
sere or sono al Politeama Rossetti. Il capitano
Colantuoni che a Trieste è popolarissimo
Eer la robusta eloquenza nutrita da un no- ilissimo ingegno e animata da un sacro
patriottismo, tratteggiò dinanzi ad un udito
rio affollatissimo ed attento i diritti sacro
santi dell’ Italia sulla nostra Dalmazia. Op
pose mirabilmente all’ affermazione d’impe
rialismo argomentazioni solide ed efficaci ;
parlò della civiltà croata, magnificando la
superiorità storica e letteraria degl’ Italiani,
ed accentuò al doloroso spettacolo che of
friva un ex soldato italiano rinunciatario ai
sacri diritti, riconsacrati dalla strepitosa vit
toria, decisiva per la pace. /
Ricordò il lungo martirio dei Dalmati :
1’ assalto ai loro municipi, V ostracismo alla
lingua, le- frodi elettorali, le aggressioni dei
croati, sostenuti dall’ infausto cessato go
verno ed infine ricordò, glorificandola, 1’ o-
pera di Anlonio Baiamonti.
Per i diritti storici, etnici, geografici e
militari della Dalmazia, ciascuno profonda
mente definito, e per il sangue dei caduti
sulle petrue del Carso arido, sul greto dei
fiumi o sulle cime nevose delle Alpi, il con
ferenziere eccitò con una volata lirica tutti
gl’ Italiani ad affrettare il giorno della libe
razione completa di quelle terre sacre, dove
ancora si piange e si soffre.
~ JLjwbliiOO. jrwnai»itò » con calorogrrapptausi^
il valoroso conferenziere, il quale durante la
conferenza lesse vari periodi di articoli della
Voce Dalmatica, che destarono profonda
impressione nel pubblico nell’udire le vio
lenze consumate contro i propri fratelli,
scattò unanime nel grido „abbasso i bar
bari".
A conferenza finita, erano circa le 11 di
sera, la dimostrazione di simpatìa alla Dal
mazia continuò per qualche tempo per le
vie. Lo sbocco di Via San Francesco, sede
del famigerato giornale sloveno, era chiuso
da un cordone di carabinieri.
Ad Alberto Colantuoni ho detto la pro
fonda riconoseenza di tutti noi ; di quanti
dalmati hanno salda e tenace la fede e la
speranza di veder realizzato quello che fu
il sogno più caro della loro vita".
A proposito delle famose rinunce. A
proposito delle famose rinunce di Leonida
e dei suoi trecento seguaci, Benito Mussolini
stabilisce nettamente non esservi al mondo
un solo jugoslavo, il quale rinunci a Zara,
a Fiume, a Trieste, a Gorizia e alla Valle
del Natisone.
Aggiungiamo, da parte nostra, non “esservi
un solo Jugoslavo, il quale proclami di voler
assicurati i più ampi diritti politici, linguistici
e colturali agli Italiani, che dovessero per
loro sciagura diventare sudditi della Jugo
slavia.
11 solo diritto riservato a codesti disgra
ziati sarebbe quello dell’emigrazione.
Nel cuore di 'Zara italiana la maggioranza
dietale croata tentò cinicamente la croatiz-
zazione del nostro ginnasio, I’ unico ginnasio
italiano superstite, per togliere agli Italiani
anche V ultimo mezzo di coltura. Poi, a ga-
rantirci la libertà politica, ci fece il dono
della polizia di Stato.
Lé delizie, ora create agli Italiani di Spa
lato, di Traù, di Ragusa e d’altre nostre
città irredente, sono indice dell’ esistenza
riservata ai nostri connazionali — che il ciel
li scampi e liberi 1 — dal regime Jugoslavo.
Il podestà di Ragusa è l’esponente più
completo della cricca, che ha già decisa
la distruzione dei nostri fratelli.
L’ineffabile dott. Cingria ! Circondato da
una dozzina di padri di famiglia, che do
vrebbero prendere per tre giorni la santonina
se incontrassero un cavallo imbizzito davanti
alla porta di casa, ha opposto il magnanimo
patto, fasciato di flanella igienica, all’ Italia,
giurandone, come Annibaie, 1’ esterminio.
Il terribile giuramento venne giorni sono
pronunciato in un comizio à Ragusa/ senza
che a nessuno dei presenti balenasse il pen
siero che vi è qualcuno più lacrimevole di
chi commette una scempiaggine, ed è colui
il quale la promette con la convinzione di
non poter commetterla mai.
Comunque, e per quanto sollazzevoli pos
sano riuscire, questi ruggiti, o questi ragli,
intuonano la situazione. I Croati', ora vestiti
in maschera da Jugoslavi, sono senza remis
sione.
E la speranza di suscitare fra questi odia
tori selvaggi un lampo di rettitudine politica
a nostro favore è una follia.
Una profesta di Antonio Cippico in di
fesa dell’italianità dalmata. Il nostro illu
stre concittadino Antonio Cippico, profes
sore di italiano all’ Università di Londra,
scrive nella „Morning Post" a proposito
dell’ intervista dell’ on. Bissolati :
„Le statistiche che vengono spesso citate
a proposito della popolazione italiana del-
l’Istria e della Dalmazia sono statistiche au
striache. L’Istria e la Dalmazia, malgrado
la violenta snazionalizzazione compiuta dal-
l’Austria,- sono ancora paesi tipicamente
italiani. Nessun’ altra nazionalità oppressa
soffrì tanto nelle mani degli austriaci quanto
gli italiani dell’ Istria e della Dalmazia e
ogni italiano o inglese che parli contro 1’ I-
talia per le sue moderatissime rivendicazioni
sulla costa adriatica fa il giuoco dell’avver
sario più accanito dell’ Italia".
Cippico conclude, domandando ai veri
amici dèli’ Italia di agire colla massima cir
cospezione prima di condannare il trattato
di Londra, che costituisce la testimonianza
più evidente della moderazione dell’ Italia.
I nostri studenti a Bergamo. A Berga
mo, la città che diede 200 dei mille di
Marsala, ebbe luogo domenica 19 gennaio la
giornata dalmata. A rappresentare la nostra
studentesca vi si portarono gli studenti Ba
rone e Raimondi, che furono attesi alla sta
zione dal Sindaco e da numerose associa
zioni patriottiche con vessilli, fra entusiastiche
acclamazioni alla Dalmazia italiana. Forma
tosi un corteo, vennero traversate le princi
pali vie della città. A Teatro si tenne un
comizio. Dopo la forbita parola del Sindaco
e del Provveditore agir studi Maùara, i due
giovani nostri concittadini portarono il saluto
delle loro terre e il dolore dei Dalmati per
non essere ancor compiuti i destini d’Italia.
Un elettrizzante discorso tenne 1’ avv. U.
Riva, tenente di un gruppo alpipo e dopo
di lui Ettore Bortolazzi, suscitando infiniti
applausi.
Dopo il comizio e la visita della città,
venne servito un sontuoso banchetto, du
rante il quale si pronunciarono dei discorsi
patriottici inneggianti alla Patria comune e
alla redenzione di tutte le città nostre.
Bologna e Zara. Come fu già pubblicato,
le signore di Bologna hanno inviato svariati
doni ai fanciulli della nostra città mediante
i gloriosi mutilati, che furono qui tanto fe
steggiati. L’atto cortese fu appreso con
grande piacere da tutta la cittadinanza per
il suo significato patriottico. Ormai V illustre
città di Bologna è unita alla nostra Zara
col comune vincolo della solidarietà nazio
nale. A titolo d’onor ” ’ ' ;
cogliere i doni si pr .. tsr . ..;
la signora Luisa Belli: ‘ • b
Margherita e Annina .. di Bc
quali il locale Fascic aa-ioiiaie
inviò, i piu yivi jingra:uiur:enti.
11 cacciatorpedinier
giorni s’ è ormeggiato ;
Vecchia. La bella nave, oggi al comando del
conte Giuseppe degli Oddi, ha al suo attivo
una bella serie di fatti gloriosi. Nel 1915,
il giorno stesso della dichiarazione di guerra
dell’ Italia all’ Austria, fu a Porto Buso sotto
la direzione del capitano Arturo Ciano ; un
anno dopo con Nazario Sauro compì due
audacissime imprese spingendosi il 12 giugno
e V11 luglio fino nel porto di Parenzo fra
il tempestare delle artiglierie costiere ; in
fine nei giorni 1 e 2 novembre del 1916
penetrò arditamente nel canale di Fasana.
Le gloriose gesta dello „Zeffiro" sono
ricordate in una targa infissa sul fumaiolo.
Un bando del governatore. Un bando
del governatore della Dalmazia e delie isole
dalmate e curzolane avverte che sarà pu
nito con la reclusione da quindici a venti-
quatr’ anni chiunque nel territorio della zona
occupata, arruolando o armando cittadini,
farà sorgere in armi gli abitanti dei territo
rio stesso contro i poteri degli stati occu
panti. Ad insurrezione avvenuta, chi ìa pro
mosse o diresse, sarà punito con l’erga
stolo.
Il bando commina pene a chi dà rifugio
o assistenza ai colpevoli ; a chiunque spe
disce corrispondenze contenenti espressioni
di disprezzo o di vilipendio per i Capì de
gli Stati occupanti ; a chiunque rifiuta di
indicare ai funzionari dipendenti dal gover
natorato il proprio nome e le proprie qua
lità personali ; a chiunque stacca o lacera
affissi del governatorato o delle autorità di
pendenti ; a chiunque, infine, trasgredisce
ad un ordine legalmente dato dal governa
torato.
Martiri nostri. I principali giornali di Roma
e di Milano hanno pure pubblicate affettuose
necrologie su Orazio Detoni, il giovinetto
nostro ćoncittađino, che subì a lungo cru
deli sevizie, conobbe le carceri dell Austria
e la prigionia in Russia e provò le ansie
della fuga, e, nelle squallide stanze degli
ospedali, i dolori acerbi del male che io
trasse a morte. Era un adolescente lieto e
di gentile aspetto, cui la vita si schiudeva
piena di promesse. Per amore d’Italia V eb
be invece miseramente torturata e spezzata.
Onore alla memoria del nostro martire !
Per gli studenti accademici^ 11 rettorato
dello studio patavino rende noto che le
iscrizioni per questo semestre si chiudono il
9 febbraio.
Il giorno otto poi avrà luogo a Padova
la commemorazione dei moti rivoluzionari
degli studenti di Padova nell’ anno 1848.
Refezioni scolastiche. Per cura del Fascio
nazionale femminile, presieduto dalla signora
Maria Ziliotto, da lunedi, verranno distribuite
agli scolari poveri della scuola popolare di
San Grisogono delle eccellenti refezioni
gratuite.
!■■■ 11 m ! — '»nmniLttimiiraw
La stessa cosa verrà fatta anche nelle al
tre scuole
L’ iniziativa presa dal fascio femminile è
quante?' mai lodevole ed è da augurarsi, che
le gentili e caritatevoli nostre signore pos
sano svolgere interamente il loro nobilissi
mo programma. _ ‘
' Opinioni. Pubblichiamo questa lettera,
fedeli al nostro principio di ammettere
un’ ampia discussione di tutti ì pareri e di
tutti i problemi inerenti alla vita politica ed
economica :
Spettabile Redazione,
Ho letto con vero piacere nell’ ultima
„Voce dalmatica" la relazione sulla costitu
zione del „Fascio Nazionale". Tale gioia
però andò scemando quando constatai che
anche in questo caso invalsero alcuni dei
vecchi sistèmi, tante volte dai cittadini ri
provati. ’*■ *
A fianco di uomini e nomi nuovi che
rappresentano parecchie caste saciali si tro
vano alcuni cittadini, le cui energie e atti
vità sono richieste anche per altri scopi,
così che non c’ è affidamento completo che
sempre opererebbero come dal loro patriot
tismo si potrebbe attendére. E così parec
chi sono pur elètti in due e più comitati
costituitisi ; se tali comitati dovessero venir
convocati contemporaneamente,a quale que
sti cittadini dovrebbero a preferenza parte
cipare ? '
Vennero poi- costituiti dei comitati che
hanno da occuparsi esclusivamente di que
stioni di natura economica cittadina. E con
io credo, si sia invaso il campo di at
tività del Comune, perchè il Fascio ha cer
tamente diritto di occuparsi di tutto quanto
si riferisce alla vita e all’ econopiia cittadi
ne, ma non quale promotore, sibbene in via
di controllo sul Comune, dovendo le sue
•attribuzioni essere sopra tutto politiche. E
mi sorprese di non aver veduto invece co
stituito un comitato di propaganda, col
quale paralizzare, sè anche tardivamente, la
poco leale campagna fatta all’estero ai no
stri danni da parte avversaria. e
N°n si sa poi se i membri costituenti il
„Fascio vi facciano parte per nascita (gra
zia di Dio), per nomina o per elezione,
perchè mi consta che parecchi cittadini non
vennero per nulla convocati a concorrere
all elezione dei rappresentanti delle diverse
caste. E in proposito non starebbe male
una dichiarazione.
Quanto fu da ine espresso potrà forse
esser errato ; se ciò fosse, valga a mia scu-
/a la buona intenzione. Con devota osser
vanza. Avv. Pompeo Allacevich
Un po’ di luce. Un giornale locale an
nunzia che il governo jugoslavo di Spalato
nitore e
aiit;
’.nminbe
ivlé, ad b
■ i
aio
normativa per i capi degli uffici la dispo
sizione che vieta trasferimenti d impiegati
senza il consenso del governo occupante e
se in caso di arbitrario trasferimento dei
nominati dalle loro sedi di Sebenico e Zara
a. Spalato essi verranno trattati quali rinun
ciatari ai posto sino ad ora coperto oppure
verrà anche per loro, come per i signori
dott. jero Girolamo Moscovita, giudice di
strettuale, Nicola Nisiteo, ascoltante. Dra
gomiro Jovié, cancellista assistente, Giorgio
Kaìiniè e Antonio Dakié officianti di can
celleria a Zara, adottato il sistema che que
gli impiegati i quali prestano un qualche
servizio nella Jugoslavia vanno senz’ altro
riconosciuti e rimunerati, anche quando la
presidenza del loro ufficio dovrebbe rite
nerli prosciolti dal servizio, non essendosi
entro tre mesi presentati ai loro posti nè
curati di giustificare 1’ assenza. ;
Invero un po’ di ’ luce nei meandri della
presidenza d’ Appello va assolutamente fatta.
Il silenzio, in questa e in altre questioni
importanti e delicate, potrebbe essere in
terpretato come trascuranza e debolezza.
l’azione contro gli speculatori. L’on.
Ministro Crespi ha Emesso recentemente un
decreto diretto a farla finita una buona
V£f ^a 6 Per semPre con le manovre degli
affamatori del popolo.
Gli alimenti elencati nel decreto servono
alla mensa del ricco e a quella del povero
e sono: burro, carni fresche, bovina, suina,
ovina, equina, pollaci, cacciagione, conigli;
carni in qualsiaài modo conservate comprese
quelle in scatole, insaccate, salate e i grassi;
cioceolatte, cereali e derivati, conserve di
pomodoro, fagioli, formaggi, frutta fresche
e secche nei depositi e nei luoghi di ven
dita, olio, paste alimentari, patate, prodotti
della pesca, freschi ed in qualsiasi modo
conserVati, uova e zucchero,
I provvedimenti presi dalla saggia dispo
sizione del ministro sono spicci ed avranno
1 effetto di far cessare tutti gli abusi* che
ora si riscontrano e gli eccessivi prezzi che
vengono fatti ai generi di prima necessità
sopra elencati. A tal uopo una speciale com
missione, con poteri giudiziari,-potrà com
minare multe, arresto, prigione, confisca
delle mercanzie, chiusura deli’ esercizio e ciò
tanto nei riguardi dei commercianti grossisti
che dei rivenditori, che dopo aver sfruttato
per circa cinque anni i pubblici mercati, per
impinguarsi le tasche tentano ancora di pro-
vo<?ar? a* danni delle pazienti popolazioni
artificiose carestie.
Ora che il decreto N.ro 1745 del 21 no
vembre u. s. è stato emesso, attendiamo
che le autorità lo mettano in esecuzione. E
la popolazione tutta sarà così sempre più
grata al regio governo.
Per gli agricoltori. Il ministero di Agri
coltura ha invitato tutte le [Fabbriche di
produzione di concimi chimici, che sino ad
ora lavoravano per 1’ industria bellica, a in
tensificare la produzione dei loro prodotti
per ! agricoltura.
Si spera che questo incoraggiamento, li
ndo alle agevolazioni che si faranno per le
comunicazióni con 1* estero, metteranno in
condizione, fra breve, la nostra agricoltura
di usufruire di quél quantitativo di conci
me di cui usufruiva prima della guerra. An
che le nazioni alleate ed amiche, che ave
vano dovuto sospendere 1 invio di concimi
per motivi bellici, potranno ora riprenderne
l’invio ; il Chili e le fabbriche di Terni ri
prenderanno l’invio della calciocianamide :
la Tunisia riprenderà quello della fosforite,.
Gl’italiani di Tenin. 11 Sindaco ricevette
oggi questo telegramma : „il Fascio Nazio
nale di Tenin neìl’atto della sua costituzione
saluta Zara la nobile città che tenne viva la
fiamma dell’ italianità dalmata e rende il
dovuto omaggio a Vossignoria degnissimo
cittadino e primo suo Sindaco per suffragio
di popolo e sanzione del regio governo,
gli italiani di Tenin".
li ballo della Ginnastica. 11 primo con
vegno con danze della Società Ginnastica
ebbe luogo sabato nella sala maggiore del
:Teatro Verdi e riuscì brillantissimo. Le gio
vani coppie ballarono con fervore e la festa
si protrasse, animatissima sempre, fino oltre
la mezzanotte. Furono ospiti graditissimi
numerosi ufficiali dell’ esercito.
Stasera il secondo convegno.
Tessere del tabacco. L’autorità di finanza
ha emesso una notificazione, giusta la quale
tutte le persone che sono in possesso di
tessere altrui pel prelevamento di tabacco
(a nome di assentì; morti, ecc.) sono obbli
gate a restituirle al locale distaccamento
della Guardia di finanza, a scanso di grave
responsabilità.
SI vaiuolo. Provvedimenti sanitari. Ve
niamo informati dall’ autorità sanitaria : 11 27
del mese scorso approdò qui, proveniente
da Fiume il piroscafo „Rakoczky", il quale
sbarcò venti passeggeri borghesi e dieciotto
soldati del R. E. Durante il viaggio, in un
marinaio dell’ equipaggio, dieciottenne, si
manifestò il vaiuolo. Il malato, con le più
rigorose cautele, venne trasportato nell’ ospe
dale militare alla Maddalena di Sebenico.
Le persone, sbarcate a Zara il 27 col
suddetto piroscafo, sono invitate, nel loro
stesso interesse, di presentarsi all’autorità sa-
mtaria comunale per le opportune misure
profilattiche.
Il 25 del mese scorso -— e quindi senza
la menoma relazione col caso precedente —
ebbe qui a manifestarsi il vaiuolo in una
abitante in Calle del Paradiso.
disirettui-ì in Dalmazia poé-r.i inori
della j.ona di occupazione, ed ii dott ìgna-
KèdaimL a presidente di un dittarti-
mento ' rr:
d--; n d<
le
pò rigorose, procedendo alla vaccinazione
aciìc persone ch’ebbero ad avvicinare ìa
domestica, alla disinfezione. ..... .... ip ». ~ dell’ appartaci, -i. .. , . ... . ...... .FD il ùb pev
hdetfive.
Lina balena arenata suua nostra owSta.
— Sabato, 25, a tarda sera, una balena si
arenò sulla spiaggia, che fronteggia il- Ca
nale della Fiumara piccola presso Castel
Venier.
I pescatori, subito accorsi, introdussero in
uno dei fori della testa del cetaceo una ca
psula di dinamite. Ma 1’ esplosione non ebbe
subito alcun effetto apparente. La balena
diede soltanto alcuni balzi e appena dopo
ventiquattr’ ore mori.
balena misura sedici metri e mezzo
di lunghezza. La sua bocca misura quattro
metri in larghezza e in altezza.
II suo peso è di circa cento quintali. Si
calcola di ricavarne molti quintali di grasso.
La cattura di un cetaceo sulle nostre spiag-
gie è un caso straordinario. Comunque si
vede eh’ è passato il tempo del... baccalà
per la Dalmazia.
Piccola cronaca. Una delle scorse notti
degli ignoti tentarono di scassinare la porta
dell’orificeria di Simeone Pernar in Calle
San Vito. Ma il proprietario, che abita so
pra il negozio, diede l’allarme e i ladri
fuggirono.
Ieri, verso le 21.30, i soliti ignoti aspor
tarono mediante scasso, dalla vetrina del
negozio di Emma Cecconi, in Calle Santa
Maria, alcuni oggetti pel valore di circa L. 40.
L’ arma dei CC. RR. indaga per iscoprire
gli autori del tentativo di furto e del furto.
Teatro Cine Radium. Una folla enorme
alla serata d’onore del simpatico artista
Carlo Fiorello, il quale, assieme ai suoi va
lenti compagni, riscosse calorosissimi ap
plausi. Il Fiorello s’ ebbe numerosi doni da
gli ammiratori.
Direttore responsabile: Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia : E. de Schonfeld & Co.
RINGRAZIAMENTO.
A tutte quelle gentili persone che in va
rie guise vollero onorare la memoria del-
1’ indimenticabile mio marito
Giuseppe Demicheli,
consigliere di finanza, sia col gentile invio
di fiori che coll’ accompagnarne all’ ultima
dimora la cara salma, e specialmente al-
l’illustrissimo signor Vice Presidente Di
rettore di finanza Vidulich, all’ egregio me
dico curante dottor Giorgio Ostoich che
9 ebbe per lui tanto amorevoli ed infaticabili
cure e che con inapprezzabile capacità sep
pe lenire in parte i dolori dell’ amato mio
marito, nonché al Reverendo Raimondo Sor
rentino vadano i più sentiti .ringraziamenti.
Sarina ved. Demicheli.
. U... 1I.IIHWII ■■MJIlUILU
R. Stazione Aerologica di Zara
Bollettino metereologìco.
del 1 febbraio 1919 (ore 8)
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762.1 0.5 70 6
leggerai.
mosso
m. 3.3
da ENE 6.2 1.3 0.6
Occasione per Grossisti e Negozianti in Manifattore
E di passaggio per Zara il sig.
GIUSEPPE ROVARO-BRIZZI,
con una partita di tessuti e di cotonerie
da Milano.
Riceverà per alcuni giorni soltanto al
pianoterra della casa Boxich a Porta Catena
(vis-a-vis 1’ Agraria)
dalle 9—12 e dalle 15—18.
PREZZI CONVENIENTI. 2_,
Annunzi economici.
Domande d’impiego e di lavoro 10 eent Ia parola, minimo
Offerte d’impiego e di lavoro « cent, la parola, minimo
Avvisi diversi e «T indole commerciali 20 cent, la parola,
minimo !.. 2.—
Calle Carriera N. 1. Ili piano ove riceve [dalle
10-12 a. m. e dalle 3-5 p. m. 6—6
J. Domi
ingrosso - TESSUTI - ingrosso
Telefono 53-01 MILANO
10 Piazza Paolo Ferrari
(accanto Teatro Scala)
Grandi Partite Tessuti di Cotone e Lana.
5—10
■ola
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•••
►
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►►
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-a ,-.y /f./CxriWfoXjQg
Guglielmo Grilli
Succursale di Ancona
EMPORIO:
Biancheria, Camicie per uomo e
donna, Calze, Guanti, Sciarpe, Giac
che, Camicette * per Signore, Cra
vatte, Busti, Scarpe, Ombrelli, Sa
poni, Maglierie, Portafogli ecc. ecc.
ZARA - [alle Larga, amala s. Antonio - ZARA
»
»a®»»
provincie da! confini della Svizzera a quelli
del Montenegro, sommante in tutto a meno
di un milione, venivano trattati col massimo
sospetto e diffidenza, inquadrati per siste
ma in unità composte di elementi estranei
più fidati, e cosi isolati, sorvegliati, erano
ridotti all’impotenza di nuocere. 1 Jugo
slavi, numeranti oltre 7 milioni, formavano
intere grosse unità militari sotto proprio
comando, e avrebbero potuto ben altrimenti
giovare alla causa della libertà sulla fronte
di battaglia, mentre invece furono i più
pertinaci sostenitori dell' Austria e gli ul
timi a cedere.
Avevano in Croazia un regime autonomo,
un* rappresentanza propria, la Dieta del
Regno, ma prima della finale disfatta non
un passo fu tentato, non una manifestazio
ne fu emessa da questi organi a favore
della indipendenza propria ed altrui, atta a
scuotere la compagine delia Monarchia au
striaca.
Nel 1848-9 i Jugoslavi stettero dalla parte
dei vincitori, ma furono dal tiranno defrau
dati del premio, giusta nemesi storica. Nella
guerra recente furono dalla parte dei vinti,
ma adesso vorrebbero darsi 1’ aria di alleati
dell’Intesa per lucrare dopo la sconfitta i
benefizi della vittoria. Hanno organizzato a
tale scopo una propaganda senza pari, fa
vorita dalla poca conoscenza delle nostre
condizioni, dalla conseguente buona fede di
mezzo mondo, nonché dall’invidia per la
nuova fortuna d’Italia. Cosi di tratto in
tratto come supplemento ai loro giornali esco
no fogli volanti in francese o in inglese,
che non rifuggono alle volte dalla menzogna
e dalla calunnia. Noi, forti dei diritti con
quistati dalla nostra nazione a prezzo di
tanti sacrifizi di sangue e di denaro, di pri
vazioni e di sofferenze assai maggiori di
quanto si crede, durate per tanti anni da
tutto il popolo, non esclusi noi che geme
vamo sotto il gi->go austriaco, sdegnavamo
occuparcene, tanto limpida era in noi la
coscienza del dovere compiuto, tanto inof-
fuscabile ci sembrava la faccia della verità.
Ma ormai per segni non dubbi dobbiamo
ricrederci, dobbiamo constatare il successo
incredibile di quella propaganda, e com
prendere la necessità di alzare la nostra
voce a nostra legittima difesa.
Non seguiremo gli avversari in tutti i
particolari, perchè ciò ci trascinerebbe troppo
in lungo ; ci accontenteremo di occuparci
dei punti più importanti, di ristabilire la ve
rità nei suoi aspetti principali.
Poiché tutto il mondo conosce la umanità,
la mitezza, la gentilezza del soldato italiano,
e la liberalità, anzi la eccessiva condiscen
denza che impronta ogni atto del Governo
italiano, e la squisitezza di forme che usano
nel disimpegnare le mansioni i funzionari
italiani, sarà perfettamente superfluo spen
dere una parola a confutare i Jugoslavi là
dove giungono a imputare i soldati o i fun
zionari italiani jii maltrattamenti alle nono»-
làziòni dei paesi occupati, o di oppressione
dei loro diritti. Se qualche imprigionamento,
o confinamento, anche questo al più di po
chi giorni, o qualche scioglimento di società
ebbe luogo, lo si deve ascrivere esclusiva-
mente a colpa di coloro che ne furono col
piti e che, ad onta di ripetute ammonizioni,
volevano continuare, non già a difendere le
loro aspirazioni nazionali, ma a seminare
l'odio e il disprezzo contro l’Italia e a su
scitare disordini. E quello precisamente che
avvenne al rev. Bianchini, redattore del
„Narodni List". Del resto, poiché si volle
ricordare il suo articolo „Per la verità",
è bene si sappia che egli in quello esaltava
i fasti militari dei Jugoslavi contro l’Italia
sull* Isonzo ; lasciamo giudicare agli altri con
quanta coerenza verso la nuova tesi di pre
sentarsi come alleati e collaboratori del
l’Intesa.
Non possiamo invece fare a meno di oc
cuparci più estesamente di quella parte che
si riferisce alla storia e alle condizioni della
nostra Dalmazia. Come queste furono fog
giate in un secolo d’oppressione austriaca
potrebbero a uno straniero che fosse ignaro
del nostro passato apparire degne di essere
poste a base della decisione per il nostro
avvenire e sarebbe una grave ingiustizia che
si commetterebbe a nostro danno.
I Jugoslavi accusano gli Italiani d’ignorare
la storia della Dalmazia, di non considerare
nemmeno da quale epoca i Croati ed i Serbi
sono calati alle rive dell’Adriatico ; ma nello
stesso momento omettono di dire quale po
polazione vi trovarono, e fingono che questa
popolazione sia stata tutta esterminata dagli
invasori, e sostengono che gl’italiani di
Dalmazia furono una importazione posteriore
'di molti secoli sotto il Governo di Venezia,
accarezzata e favorita in ultimo ancora più
dal Governo austriaco. Come se non fosse
nota nel mondo la propensione speciale che
nutriva l'Austria per tutte le genti italiche!
La storia documenta invece, che gl’ invasori
trovarono una popolazione romanizzata di
lingua, di costumi, di sentimenti e già cri
stiana, che non tutte le città dalmate dove
viveva, vennero allora distrutte dalle orde
selvagge, che i profughi da quelle distrutte
fondarono altri centri come Spalato e Ra
gusa. Basta all’uopo leggere Tommaso Ar-
cdiacono. Le città alla costa e sulle isole,
che cosi conservarono la impronta nazionale
latina, continuarono a formare la „Dalmazia
romana" in contrapposto al Regno di Dal
mata, Croazia e Slavonia dell’interno. Di
mano in mano che il potere centrale del
l’Impero romano s’indeboliva, si sviluppa
rono a staterelli di fatto indipendenti, se non
di diritto, con propria costituzione, con
propri statuti, redatti prima in latino poi in
italiano. Sollecite sopra tutto della propria
libertà, nelle competizioni dei più potenti
vicini si dedicavano a quello che momen
taneamente era il più forte, salvo a scuoterne
*1 ?'°go alla prima occasione favorevole,
conservando sempre la propria individualità
politica e sfruttando tutte le contingenze per
farsi confermare o addirittura ampliare i
propri privilegi. Si ribellarono, sicuramente
parecchie" volte a Venezia, non per avver
sione derivante dal sentimento nazionale,
ma per la ragione suddetta, per la quale
facevano nelle medesime circostanze la stessa
cosa contro ai Re croati e ungheresi, ri
chiamando Venezia, finché al principio del
XV secolo soggiacquero definitivamente alla
dominazione veneziana.
Falsa la storia , chi da quelle ribellioni
vuole trarre argomento per determinare il
carattere nazionale slavo delle città dalmate.
Bisogna invece osservare il fenomeno nel
suo complesso, e allora non può sfuggire
la stretta somiglianza che ebbe lo sviluppo
e il carattere dei comuni in Dalmazia con
quelli d’Italia. Non vi mancarono nemmeno
le guerre esterne tra comune e comune, du
rate talvolta per decine di anni, nè le fa
zioni interne cittadine perpetuantisi di ge
nerazione in generazione, quali quelle degli
Intrinseci e degli Estrinseci, e della plebe
contro i nobili. Una prova del carattere ita
liano dei comuni dalmati, Oltreché dalla fi-
sonomia e dai tratti caratterestici della loro
vita politica si può dedurre ancora dal fatto
che un simile sviluppo municipale mancò
affatto nelle limitrofe terre croate e serbe.
Il fenomeno rimase circoscritto alle rive del
l’Adriatico, certamente perchè determinato
dal carattere etnico di queste città e dagli
influssi della civiltà latina.
Naturalmente in tanto volgere di secoli e
di vicende non poteva non avvenire che
anche l’elemento slavo della provincia non
finisse col penetrare nelle cittadinanze co
stiere e col formarne una parte cospicua.
Ma non riuscì mai a sopraffare l’elemento
italico indigeno. Glottologi insigni come
l’Ascoli e il Bartoli dimostrano l’esistenza
di un volgare dalmatico evoltosi dalla par
lata latina su tutta la costa orientale del
l’Adriatico, e spentosi circa un secolo fa,
lasciando il posto al dialetto veneto. Nulla
meglio di ciò prova il nostro indigenato. La
lingua della vita pubblica delle città dalmate
rimase nei primi secoli il latino, e non fu
un fenomeno da ascriversi all’ influsso gene
rale della coltura, bensì propriamente etnico,
perchè nei secoli successivi il latino non fu
sostituito dallo slavo, ma dall’italiano, fuor
ché a Ragusa, dove infine sull’italiano pre
valse lo slavo per deliberato proposito po
litico, onde meglio premunirsi da! dominio
veneziano. Ma anche a Ragusa l’origine
della maggior parte della aristocrazia che
dominò durante la repubblica era ita
liana; tutti gli scrittori coltivarono oltre il
latino e lo slavo con pari amore e padro
nanza anche l’italiano, e tutta la popolazione
usa ancora oggi uno strano dialetto in cui
ogni poche parole si alterna l’italiano allo
slavo.
I Jugoslavi vantano per quasi ogni luogo
della Dalmazia qualche scrittorello che può
avere "na certa importanza nella storia dellaiwj —----- ...----- --------------
al tempo presente. Senonchè il fatto non ha
l’importanza di indice nazionale che gli vor
rebbero attribuire, perchè altrettanti nomi
per quasi ogni paesello possiamo fare noi,
di scrittori latini e italiani dai tempi più
antichi ai presenti, e ci limiteremo per amore
di brevità a ricordare per 1’epoca più antica
il giureconsulto romano Modestino, e il padre
della Chiesa S. Girolamo; per l’epoca del
Rinascimento i nomi di Francesco Patrizi di
Arbe, uno dei precursori della moderna fi
losofia, di Marco Antonio Dominis pure di
Arbe, un precursore di Galileo e di Newton,
del più grande storico dalmata, Giovanni
Lucio da Traù, degli architetti e scultori
fratelli De Laurana di Zara, noverati tra i
più grandi artisti italiani, e per il tempo mo
derno del grande patriotta e scrittore Nicolò
Tommaseo da Sebenico. Essi ebbero ben
altra importanza nella storia e per la cultura.
Da tutto ciò si può ragionevolmente con
cludere soltanto che le due nazionalità erano
commiste.
La Cronaca
Il nostro Sindaco è partito parecchi giorni
fa per Roma, dove attualmente si trova an
che 1’ on. D.r Pini, proveniente da Sebenico.
La sua partenza che aveva offerto a suo
tempo a nemici e amici lo spunto ai più
svariati commenti e a induzioni arbitrarie, è
sufficentemente spiegata dalle importantis
sime questioni economiche e politiche, che
attualmente interessano l’amministrazione
municipale e l’avvenire della città e di tutta
la regione.
Intanto a nessuno può sfuggire nel mo
mento presente l’alta importanza dell’ u-
dienza privata concessa al D.r Ziliotto da
S. M. il nostro Re il giorno 14 corrente,
Dai giornali di Roma si rileva che il no
stro Sindaco ha voluto presentare all’Au
gusto Sovrano i sentimenti di profonda de
vozione della capitale della Dalmazia e che
il Re ha molto gradito questo omaggio.
Nel colloquio, durato mezz’ ora, S. M. si
mostrò straordinariamente affabile col Sin
daco, il quale rimase commosso della cor
dialità del nostro Sovrano.
Apprendiamo da fonte competente, che il
Sindaco Ziliotto approfitterà del suo sog
giorno nella capitale anche per avvicinare
tutte quelle personalità del mondo politico,
il*cui valido appoggio potrà giovare note
volmente al trionfo delle nostre aspirazioni.
D'altra parte la competenza del D.r Zi
liotto nelle varie e multiformi questioni in
teressanti le rivendicazioni italiane su que
sta sponda potrebbe determinare i fattori
responsabili a valersi dell’ opera sua anche
altrove.
E certo in ogni modo che il Sindaco reste
rà assente da Zara ancora per qualche tempo.
11 vice-ammiraglio Cagni a Zara. Ai 15
la nostra città ebbe l’altissimo onore di
ospitare S. E. il vice-ammiraglio Umberto
Cagni, eh' è una deljlorie più belle della
nostra marina.
Reduce da un vialq in provincia, arrivò
a Zara verso le 10 bezzo con il contro
caccia „Rosolino Pil| atteso a riva .vec
chia dalle rappresetjze civili e militari,
dalla Banda Municfe e da un’enorme
folla festante, recancentinaia di tricolori.
E pur la città era tà pavesata e imban
dierata a tricolori. ì
Salutato all’atto silo sbarco dal pro
sindaco Persicalli e i rappresentanti delle
autorità, S. E. si iò per Calle Larga al
Municipio, seguito i un imponentissimo
corteo di cittadini £ ogni classe, i quali
alternavano alle nohnusicali il canto degli
inni patriottici e le iclamazioni, fervidissi
me e sonore, all* os;e illustre e alla gran
de Italia.
Piazza del plebiso, ove si fermò il cor
teo, offerse lo speicolo, ornai consueto,
delle grandi manifeizioni d’italianità della
nostra Zara. Un imfo il refrenato di accla
mazioni e di canti Un bagliore immenso
di bandiere. Si E., »stretto ad affacciarsi
al poggiuolo del Micipio, pronunciò, visi
bilmente commossojelle care parole. Disse
che il suo vecchio tore esultava al cospet
to dei cittadini di ara, sintesi dell’ italia
nità dell* intera proncia. E portò il saluto
delie terre d’Itali? stringenti in un solo
amplesso tutta la dmazia.
La Banda intonai Marcia Reale; e l’en
tusiasmo eruppe i magnifico modo, tra
l’agitarsi dei tricori e lo sventolio dei
fazzoletti e dei capelli. i
L ammiraglio s’trattenne famigliarmente
coi consiglieri comnali, ai quali diede le
più ampie e constanti assicurazioni sulle
nostre più care astrazioni per l’avvenire,
raccomandando pa.enza, calma serena e fi
duciosa e assoluta:oncordia.
Finita la solennererimonia, quando, S. E.
lasciò il Palazzo mnicipale per attraversare
nuovamente Piazzadel Plebiscito, il popolo
fece ala al suo pasaggio,Reclamandolo con
viva commozione;
L’ammiraglio sirecò quindi a visitare i
principali monumetti cittadini e il Museo di
S. Donato, sotto i guida dell’ egregio prof.
Smirich. Qui s’interessò particolarmente alle
preziose antichità -ornane che sono una te
stimonianza gloria* dell’ indelebile latinità
di queste sponde.
A mezzogiorno ebbe luogo una colazione
intima e alle 13.3) seguì la partenza, alla
quale assisteva di nuovo gran folla che non
cessò d’acclamare l’ospite insigne, 1* Italia
e la gloriosa marna italiana, finché il „Ro
solino Pilo", filando velocissimo, non fu al
largo fuori del porto.
L’arrivo della commissione degli ammi
ragli interalleati. Sabato dopo il tocco
sono arrivati a Zara i contrammiragli com
ponenti la commissione interalleata di am
miragli che, provenienti da Pola, hanno ini-
sono arrivate
al comando del comandante Miraglia con a
bordo il contrammiraglio Ugo Rombo, la
H. M. S. Diamond al comando del coman
dante Scott con a bordo il contrammiraglio
inglese E. G. Kidle e la nave americana
Maury al comando del comandante Newton
con a bordo il contrammiraglio americano
Niblack.
Ieri poi è arrivato S. E. il Governatore
viceammiraglio Enrico Millo assieme al con
trammiraglio francese Ratyè.
La città, in questi giorni, era tutta imban
dierata a festa. Le navi sono partite stamane
per la provincia.
Sui festeggiamenti, fatti agli ospiti illustri,
diremo nel prossimo numero.
11 dittico di Zara che, come già annun
ziammo, venne donato dal poeta della Pa
tria al nostro municipio, è esposto nella ve
trina della libreria de Schónfeld.
I giornali croati asseriscono che qual
cuno intenda di formare nella nostra città
un partito democratico slavofilo, avverso
all’ attuale amministrazione comunale.
A questa notizia, inesatta e tendenziosa,
n<--n si dà alcun credito da persone che
devono essere bene informate. Ora gl’ita
liani — lo sappiano amici ed avversari —-
vogliono essere soltanto Italiani, cioè com
patti e forti; gli screzi non esistono che
nelle fantasie dei gazzettieri jugoslavi. (
Quanto a noi, restiamo fedeli ai principi
propugnati nel programma politico, che svol
giamo anche oggi e svolgeremo ancor più
ampiamente in seguito, proponendoci di con
tribuire, per quanto sta in noi, al migliora
mento materiale e morale del paese. Questa
nostra opera, frutto di profondi convinci
menti, come non è soggetta a influssi di
persone o di istituzioni, cosi potrà svolgersi
completamente spontanea e indipendente
anche per 1’ avvenire.
Stonature di Curia. Mi è capitato tra
mano, non so come, il „Folium Dioecesa-
num" di gennaio, organo ufficiale della Cu
ria Arcivescovile di Zara e della Curia Ve
scovile di Sebenico. Non è nelle mie abitu
dini di leggere i fogli curiali, ma tant è ;
la mania del leggere ci ha pervasi così,
che quando si son letti tutti i giornali che
ci favorisce il Nani, si legge anche il . . .
„Folium Dioecesanum".
Naturalmente a Zara italiana e finalmente
redenta, con tanti sacerdoti italiani, con
tutto un popolo italiano, io mi immaginava
che almeno la Curia arcivescovile di Zara
avesse qualche cosa da dire anche a noi
italiani. E’ ben vero che, uscita di neutralità
l’Italia, anche il foglio curiale, più radicale
nelle conclusioni dello Stesso giornale del
governo, dichiari guerra all’italiano espel
lendolo dalle sue colonne; ma oggi la, si
tuazione politica è ben diversa. Un po’ di
riguardo a Zara italiana m’era sembrato
naturale almeno oggi. M’ingannai. Nella
curia arcivescovile di Zara come in quella
di Sebenico siamo in piena Jugoslavia,
taliano è stato bandito del tutto; anzi n
c’è più posto neppure per il latin.°’ Pe.rc, ,
in tutto quel foglio di latino, all infuori del
titolo, non trovi che un decreto papa.e e
l’esecuzione di un decreto papale che, na
turalmente, non potevano apparire in veste
jugoslava.i , .
li resto, sette pagine di testo, in lingua
croata, o più modernamente, in lingua serba-
Vi trovi commenti §al diritto canonico di
certo Bock di Sarajevo, vi trovi il notiziario
di curia che ti dà relazione sulle funzioni
in duomo; c’è anche un decreto destinato
ai sacerdoti diocesani; vi sono due cenni
necrologici; tutto in croato. E passi il ne
crologio croato di prete Perié, gran pa-
triarca croato, che, a detta del redattore
Kirigin, avrebbe avuto gran fama di filolo
go e di poeta. Ma che madre „Klaudija
Cerati", nata a Cesano-Maderno nella pro
vincia di Milano, e che per giunta è morta
a Zara nell’ educandato italiano di S. De
metrio dopo 54 anni di vita religiosa, debba
subire un necrologio croato nel foglio della
Curia Arcivescovile di Zara, eh via, signor
redattore Kirigin, è una stonatura di cui
non si sarebbe resa rea neppure la defunta
i. r. Smotra d’infausta memoria!
Reverendi 1 che non si possa esser più
seri e più oggettivi ? Che non abbiate an
cora capito che Zara è italiana e italiana
resterà ?
La vertenza tra operai e proprietari di
tipografia è stata risolta con vicendevole
sodisfazione. Il lavoro è stato ripreso sabato.
Ma, intanto, sul nostro tavolo, si sono
accumulati molti manoscritti, che, con la
migliore nostra volontà, non possono ,esser
oggi pubblicati. Lo faremo nel prossimo
numero. Nel prossimo numero daremo rela
zione delle sedute del Fascio Nazionale di
Zara, della cerimonia di consegna della ban
diera del Fascio Nazionale femminile di Roma
al Fascio femminile di Zara, delle feste
della Ginnastica, del Casino e pubblicheremo
altri stelloni di cronaca, oggi rimasti indietro.
La lettera ai dalmati riprodotta in un
opuscolo. La lettera ai Dalmati di Gabriele
d’Annunzio, è stata ora riprodotta in ele
gante opuscolo destinato ad avere la più
larga diffusione nel Paese, poiché la Lettera
in una forma mirabile con una passione
trascinante esprime il sentimento dell’ intera
Nazione e 1’ angoscia dei fratelli doloranti
dell’ altra sponda. Nessuno vorrà lasciar
passare 1’ opportunità di procurarsi la bella
pubblicazione che riproduce la più alta pa
rola detta da italiano in difesa dell’ italianità.
Gabriele d’Annunzio e il secondo col
legio di Roma. Siamo autorizzati a dichia
rare che a Gabriele d’ Annunzio non fu of
ferta in nessun modo la candidatura nel
secondo Collegio di Roma e che perciò
Egli non ebbe occasione di rifiutarla.
----- LLautor» zLella Lettera ai Dalmati, abituatoa manifestare sempre direttamenre li suo
pensiero, non riconosce alcun interprete e
si riserba la più larga libertà d’ azione.
Gli operai e il Governo. L’ Ufficio Affari
Civili del Governo della Dalmazia, assecon
dando anche la richiesta della Camera del
Lavoro di Zara, si è recentemente interes
sato di procurare lavoro ad alcuni operai
(muratori, falegnami, pittori) disoccupati di
detta città ed è riuscito a farli assumere alla
dipendenza del Comando della Difesa Mi
litare Marittima di Sebenico, col salario
giornaliero di 10 a 12 lire, oltre il vitto
(rancio marinai) e 1’ alloggio franco. Si è
però appreso con dispiacere che detto Co
mando ha dovuto, dopo pochi giorni, licen
ziare gli operai assunti perchè i medesimi
si sono mostrati pieni di pretese e, d’altra
parte, la loro capacità professionale ed il
rendimento del loro lavoro non sono risul
tati nemmeno lontanamente corrispondenti
alla elevata mercede loro corrisposta. Non
dubitiamo che 1’ Ufficio Affari Civili del
Governo della Dalmazia non ometterà in
avvenire, per questo spiacevole incidente,
di interessarsi premurosamente alla sorte di
tanti operai disoccupati esistenti in Zara,
ma riteniamo opportuno d’ altra parte rac
comandare agli operai stessi e per essi alla
Camera dì Lavoro di voler corrispondere
all’ interessamento del Governo con maggior
buona volontà, sia moderando le eccessive
pretese, sia in ogni modo facendo almeno
corrispondere alle mercedi richieste un ren
dimento di lavoro adeguato.
Decessi. È morto a Cittavecchia, gene
ralmente compianto, Francesco Tanascovich,
uomo probo, intemerato patriotta e teneris
simo marito e padre.
— Giovedì scorso i macellai e gli operai
della nostra città tributarono commoventis
sime esequie a Nino Gallioppi, un povero
giovane nostro concittadino morto a Fiume
in un sanatorio.
Alle famiglie in lutto porgiamo le nostre
condoglianze.
L* uso delle lingue nei pubblici uffici è
stato regolato in modo chiaro e preciso da
S. E. il governatore. L’italiana è lingua
interna d’ufficio; e italiana è la lingua della
luogotenenza.
Noi sappiamo, invece, da fonte positiva,
che, giorni addietro, in risposta a un bre-
vimano della Direzione provinciale di Fi
nanza, scritto, come di dovere, in lingua
italiana, il Consiglio scolastico prov. rispose
in croato. L’atto porta il N. 58 ed è fir
mato „conte Viskovic".
Associatevi alla
„LEGA NAVALE".
Neanche a farlo apposta! Riceviamo e
pubblichiamo: „Ieri ho ricevuto una lettera
da Zara : una locale, come si suol dire. Eb
bene. 11 francobollo è obliterato da appena
un soffio di timbratura, tanto che non si sa
da che ufficio p-ovenga la lettera; mentre,
nel bel mezzo della busta, nitidissimo sullo
spazio bianco, si presenta un bel timbro con
tanto di Zadar in testa. Che cosa vogliono
dire questi due timbri in una lettera sem
plice? Sono scherzetti di follia jugoslava, o
combinazione? Se è combinazione, è una
gran brutta combinazione. E i signori, che
dirigono 1’ ufficio postale, devono disporre
perchè non abbia a ripetersi mai piu .
Notizie postali. A datare dal giorno 9
febbraio a. c. i telegrammi privati d ìndole
commerciale sono ammessi non soltanto per
la città di Trieste, bensì anche per tutta la
zona italiana occupata dipendente dal Go
vernatorato di Trieste.
Per rìdere. Siamo in pieno carnovale. E,
dopo quattro anni di tetra quaresima, ab
biamo il diritto di divertirci.
Chi ci fa stare immensamente allegri,
oggi, è un professore. Anzi un regio lettore
di lingua italiana all’università di Zagabria:
il prof. Taddeo Bartolomeo Poparic.
11 quale — ma guarda quanta gentilezza!
—- ci manda una sua pappolata pubblicata
in italiano nell’„Obzor". In italiano per
modo di dire. Perchè, se il prof. I addeo,
nonché Bartolomeo, insegna come scrive, j
suoi scolari devono saper 1 italiano come,
press’ a poco, gli abitatori dello Scioa.
Ma questo importa poco. La forma è
niente, quahdo impera lo spirito. E lo spi
rito del prof. ‘ Taddeo, o Bartolomeo, è
semplicemente tremendo.
Perchè egli non si accontenta di lanciare
anatemi contro l’Italia usurpatrice; ma rug
gisce ancora:
„Figli d’Italia! L’oppressione vostra pe
sa ^a piombo ! La tirannia vostra e tale, che
dovrebbe farci sospirare la risurrezione dei
nostri testé abbattuti tiranni secolari! Ma
no ! Opprimeteci ancora più forte, depre
date, guastate le „nostre città e colti col-
1’ asta inimica e il peregrin furore", abbat
tete con sacrilega mazza le pietose lapidi,
sotto le quali „all’ombra dei cipressi e
dentro le urne" riposano i nostri cari morti,
— non riuscirete a nulla !"
Dio, che sgomento!
Ma più di queste sfuriate da burattino,
quelle che impressionano sono le scoperte
del prof. Taddeo, o, se volete, Bartolomeo.
L’Italia — secondo lui — dimentica che
i Croati le hanno dato in tutti i secoli un
largo tributo di architetti, di pittori, di
incisori e di rettori di università ; e dimen
tica — sopra tutto — di essere stata sal
vata ad opera dei Croati dalle invasioni
turchesche.
E tombola.
Non è l’Italia, face divina, che ha illu
minata questa nostra sponda : non è il Ri-
nascimento italiano xkc La ctiuesiti i nostri
ingegni più belli, affratellandoli a quelli
della Penisola; non è in virtù dell’ arte
italiana che i Maestri e gli Umanisti dal
mati si sono resi celebri ; ma sono i geni
croati del prof. Poparic che scesero all’ im
provviso, e bell’e fatti, come lo spirito
santo, ad illuminare, in nuova Pentecoste, i
barbari d’Italia.
E l’altra buffonata dei Turchi? „Senza
Venezia — scrisse Nicolò Tommaseo — la
Dalmazia, invece di governatori, avrebbe
pascià."
Del resto — a proposito degli orrori ita j
liani — rimandiamo 1’ ameno prof. Bartolo
meo e tutti i tristi pennaiuoli della Croazia,
fabbri assidui di menzogne, alla protesta
del Radic e del suo milione di agricoltori.
Lì, lì, c’ è musica, e di quella buona. Lì,
lì, sono illustrate drasticamente le delizie
dell occupazione serba, cui ultima ratio è
sempre quella del bastone e della fuci
lazione.
Edificatevi in quella, signor professore e
lettore. E non bestemmiate il santo nome
d Italia, profanando il nostro dolcissimo
idioma.
Le note di banco alleate. Consta che
circolano nel territorio occupato della Dal
mazia monete cartacee austro-ungariche,
portanti impresso il bollo della Jugoslavia
e della Croazia e Slavonia.
Poiché si ritiene che tale valuta cartacea
sia introdotta nella zona occupata a spregio
del divieto d introduzione di moneta austro-
ungarica, disposto in genere con l’art. 5
dell ordinanza 26 novembre 1918 del Co
mando Supremo del R. Esercito e col cor
rispondente Bando N.o 13 di S. E. il Go
vernatore per la Dalmazia, — si reputa
opportuno porre in guardia il pubblico a
non ricevere le monete cartacee recanti
. ° jugoslavo, avvertendo che a ca
rico dei contravventori è comminata la pena
della reclusione da 3 a 7 anni, oltre la con
fisca delie valute.
Nostri concittadini a Trieste. 11 R. Go
vernatore della Venezia Giulia ha affidato
al nostro concittadino prof. Giuseppe Miiller,
assieme al dott. Marchesatti, il compito di
TrfeVte23^ 6 dÌr'gere ‘ civici musei di
==H Sindaco di Trieste ha nominato il
nostro concittad.no Giorgio Tamino farma-
cista a quell ospedale civico.
Per le ricerche batteriologiche. Con re
cente dispostone di S. E. il Governatore,
al laboratorio batteriologico ed igienico di
V Osned 7 ?CnZa Cd al laboratorio presso
1 Ospedale di marina d: ° H
anche state affidate tutte
riologiche, cliniche
marina di Sebenico sono
le ricerche batte-
e bromatologiche perconto del R. Esercito
del'RE FC del 2iuraH- « Comando Supremo
u s 'haEdrC,t°/0nLOrdinanza 31 gennaio
«• s. ha disposto che le liste dei Giurat
formate per 1’ anno 1918 valgono anche peri
Anno 2. - N. 15
Abbonamenti per ora non si ricevono. Per le inserzioni rivolgersi all’Amministrazione Redazione ed Amministrazione provvi-
Un numero centesimi 30 di corona — — — Pagamento anticipato — — — sodamente nella Tipografia Schonfeld.
Tra Serbi e Croati
Censurato
No. Parliamo della Croazia.
Dunque i croati dicono: „Noi protestia
mo?’ Contro chi ? Contro che cosa ? Una
piccolezza. „Noi protestiamo contro la pro
clamazione del Regno unito dei serbi, croati
e sloveni.. ?‘ Ma perchè, santissimo Iddio ?
Perchè mai ? ,,... perchè tale proclamazione
fu fatta senza appello a questi popoli in
generale e specialmente senza appello ai
croati, perchè fra i croati hanno aderito alla
proclamazione soltanto quelle persone che
fino all’ ultimo momento hanno servito fe
delmente gli Absburgo".
In Croazia non si fanno complimenti, a
quel che sembra. Si parla chiaro, e tanto
eggio per gli elemosinieri dell’ imperatrice
ita assunti ai fastigi insperati delle più alte
dignità di stato.
Perchè si direbbe che gli autori della
predetta dichiarazione abbiano voluto allu
dere, più che alla plebe ignara e alla bor
ghesia raggirata, a qualche eminente perso
nalità della politica neo-serba, anzi jugoslava.
Per esempio al prete Korosec o al ciancia
tore intrigante Trumbić.
Comunque la Jugoslavia è fraternamente
servita da „molte migliaia** di delegati, fi
duciari, ecc. del popolo croato riuniti in
assemblea straordinaria a Zagabria, capitale
della Croazia. Si noti bene : capitale della
Croazia — appunto per deliberare e inviare
. < alla conferenza della pace il telegramma che
contiene, oltre un diluvio d’altre proteste,
quella cui abbiamo accennato.
-Uri. modo dì dire, vecchio, ma che ;i-"
v specchia bene il nostro pensiero : „Discor
dia nel campo d’ Agramante". Che i croati
e i serbi non andassero molto d’accordo
lo sapevamo da parecchio tempo ; dobbiamo
tuttavia convenire che una così recisa e
precisa sconfessione ci ha lasciati perplessi.
Una volta tanto, cane ha mangiato di cane.
Come è vero che la scienza dei proverbi
assomiglia, in un modo impressionante, a
quella „dei se e dei ma“.
Non ci commuovono molto le beghe ju
goslave e particolarmente le noie di cuore
e le delusioni di spirito dei croati — in
primo luogo perchè è roba croata, poi per
chè vogliamo e dobbiamo ormai preoccu
parci esclusivamente degli affari nostri ; ma,
a puro titolo di cronaca, pensiamo che
questo „Noi protestiamo" possa essere util
mente rilevato.
C’ è una conferenza di Parigi che deve
aver nozione delle aspirazioni dei popoli e
provvedere conseguentemente all’ assesta
mento dei medesimi ? Indubbiamente. Al
lora i signori della conferenza prendano
nota che la Jugoslavia dei Karageorgević,
che la più grande Serbia sta per costituirsi
a dispetto d’una cospicua parte della gente
jugoslava.
E tiriamo avanti. 11 prelodato telegramma
dei delegati, fiduciari, commissari, ecc. del
popolo croato rivela una cosa che ci inte
ressa più direttamente. Denuncia cioè „gli
atti di violenza commessi dall’ Esercito serbo
con maltrattamenti, con sospensioni degli
organi autonomi del Paese, con minaccie di
impiccare e di fucilare i contadini croati," e
chiede che ,»T Esercito serbo venga imme
diatamente ritirato dal territorio croato e
cioè dalla Croazia, dalla Slavonia e dalla
Dalmazia ..."
Lasciamo andare la storia della Dalmazia
. territorio croato, anche perchè i croati stessi
non credono probabilmente a tanto; ma
prendiamo atto, per contro, che l’Esercito
serbo ha commesso anche in Dalmazia...
le belle imprese denunciate dai croati.
E ti saluto, con questo, angherie, sopraf
fazioni e violenze, attribuite al corpo d’oc
cupazione italiano in Dalmazia ed altrove !...
Signori della conferenza ! I croati in so
stanza dicono : a minacciare impiccagioni e
fucilazioni in Dalmazia, ad opprimere le po
polazioni dalmate e croate non furono gli
odiati e calunniati italiani, ma i soliti prodi
ed, eroici serbi.
E chiaro ? Il resto importa poco o niente.
Che la Croazia voglia una Jugoslavia costi
tuita „in repubblica confederata, unita sol
tanto per quanto riguarda gli affari esteri"
è affar suo. Si accomodi, se lo può e se le
pare utile.
A noi preme sia dimostrato ancora una
volta — repetita juvant — e dai nostri
stessi nemici, che i soldati d’Italia avan
zando nel sacro suolo della Dalmazia non
calpestarono con torvo animo di conquista-
torcia terra benedetta dal nostro cuore, nè
angariarono le genti di favella e di spirito
non italiano.
Questo si capisce, non per noi — non
he abbiamo mai dubitato ! ma per gli stra
nieri che poco ci conoscono e che ancor
meno ci amano.
E non ci dispiace, da ultimo, che il si- .
gnor Wjlson sappia come nel cuore della '
stessa Jugoslavia -— terra promessa della
pace e dell’ amore fraterno — vi sia chi
gridi all’ inganno e alla ribalderia.
Il diritto dell’autodecisione
(Un pensiero di Crispi).
E’ un diritto, che nella situazione attuale
dell’ Europa va accettato con molte riserve.
Alla Francia, per esempio, non converrebbe
un plebiscito per P Alsazia-Lorena.
A questo proposito appunto un illustre
americano, Witney Warron, scriveva nella
„Renaissance" di Parigi: „11 solo elemento
che conta è P elemento autoctono, qualunque
sia la sua potenzialità numerica, Quando
non vi fosse più in Alsazia-Lorena che un
solo alsaziano e un solo lorenese aborigeno,
le aspirazioni di questi avrebbero la prece
denza su quella di migliaia di tedeschi im
portati. Qualunque sia il loro numero gli
italiani di Dalmazia sono i proprietari au
toctoni della regione".
E’ inutile ricordare un giudizio espresso
da Francesco Crispi in una lettera al de
putato francese Raiberti.
„Voi date molta importanza ai plebisciti,
e per un repubblicano non è corretto. I ple
bisciti violatori della libertà e contrari al
diritto di nazionalità sono nulli, per vìzio
sostanziale nulli si reggono finché la forza
sostanziale li sostiene ; cessano quando il
popolo può rompere i vincoli che lo legano
al patto iniquo, e può riprendere, sovrana-
mente, la sua autonomia. Se i plebisciti aves
sero la efficacia che voi vi apponete, do
vreste rispettare il plebiscito del 14 decem
bre 1851, col quale il popolo francese, sor
preso e abbattuto, approvò il colpo di stato
di Luigi Napoleone e ne accettò la ditta
tura. il plebiscito è una formula cesarea
contraria alla sovranità popolare. Riflette
teci un po’, perchè con la vostra teoria da
reste ragione ai bonapartisti, i quali chie
dono T appello al popolò. L’ esistenza e la
indipendenza delle nazioni non possono
essere soggette all’ arbitrio dei plebisciti. Le
nazioni vivono di diritto naturale eterno,
immutabile: nè per forza di armi, nè per
volontà di plebiscito codesto diritto può
ricevere alcuna mutazione "
[[[ESSI SABBI A SPAINO
Il proclama del comitato interalleato degli ammiragli
Spalato, 28 febbraio.
Net giorno 23 corr. il giornale locale
croato portò la notizia che 1’ indomani sa
rebbe arrivata a Spalato la commissione
interalleata degli ammiragli d’Italia, Ame
rica, Inghilterra e Francia per studiare la
questione di Spalato. 11 giornale aggiungeva
V invito a tutta la * cittadinanza di recarsi
all’ arrivo degli ammiragli per festeggiarli.
Del pari vennero affissi nei luoghi pubblici
appelli con analogo invito diretto alla cit
tadinanza.
1 nostri connazionali, per portare anch’ es
si il loro saluto agli ospiti illustri, risolsero
di partecipare alle manifestazioni di omag
gio, e poiché era ancora ignota l’ora del-
V arrivo, si raccolsero la mattina del 24 corr.
nelle sedi delle loro società per ricevere le
opportune notizie.
Giunta entro la mattina la notizia, che
gli ammiragli sarebbero arrivati nel pome
riggio, ma non avrebbero approdato colle
loro navi alla banchina che la mattina suc
cessiva, i nostri connazionali cominciarono
ad uscire alla spicciolata dalla società.
Gli Jugoslavi, informati che i nostri con
nazionali s’ erano raccolti nei locali del
„Gabinetto di Lettura", inviperirono e si
diedero a dar saggio della loro intolleranza
e brutalità. Anzitutto si raccolsero numerosi
dinanzi al portone della sede sociale, e
quando cominciò V uscita dei nostri conna
zionali, fu un seguito ininterrotto di insulti,
minacce e fischi, che si protrassero oltre
un’ ora, non soltanto non repressi, ma anzi
favoriti dalle presenti pattuglie serbe, che
non nascondevano addirittura il loro com
piacimento per le disgustose scenate.
La signora Irma, moglie di Giovanni
Valle, mentre in Piazza dei Signori, reduce
dal Gabinetto, erasi soffermata dinanzi alla
vetrina di un negozio, venne affrontata da
tal Gambarasr che la colpì ripetutamente
con pugni alla testa.
Nel pomeriggio arrivarono le navi dei
quattro ammiragli, che gettarono le ancore
fuori del porto. Sulla, r- nave „Nino Bixio"
giunse il contr.-amm. italiano Ugo Rombo,
sulla nave „Olympia" il contr.-amm. ameri
cano P. A. Niblach, sulla nave „Atmah" il
contr.-amm. francese Ratyè e sulla nave
,,Diamont“ il contr.-amm. Kiddle.
Verso le 5 pom. ì membri del „Fascio
Nazionale italiano" di Spalato avvocati Dr.
Leonardo Penzoli, Đr. Antonio Tacconi, Dr.
Edoardo Pervan, Dr: Stefano Selem e sig.
Riccardo Savo, i quali si erano recati a
bordo della nave ammiraglia italiana „Nino
Bixio" per riverire il sig. contrammiraglio
italiano Rombo, facevano ritorno in città
in compagnia del comandante dello stazio
nario italiano „Puglia*4 e del capo dello
stato maggiore della nave ammiraglia che
erano scesi per visitare la città.
Quando dalla Riva francese voltarono
nella via Marmont, cominciò a raccogliersi
intorno a loro un gruppo di dimostranti,
che li accompagnò con fischi e grida ingiu
riose e che andava sempre più ingrossan
dosi e facendosi minaccioso, mentre lungo
la via Marmont^si avvicinavano alla sede
del Gabinetto di Lettura.
Presso alla gradinata che dalla via Mar
mont conduce al Sovrastante piazzale, la
dimostrazione ostile j aveva assunte dimen
sioni quanto mai gravi e pericolose. I cin
que signori del Fascia e i due ufficiali ita
liani si trovarono sbarrato l’accesso alla
gradinata dai dimostranti, che li respìnge
vano violentemente indietro e si avventava
no loro addosso, colpendoli con pugni, ba
stoni ed ombrelli è scagliando contro di
loro anche dei sassi, due dei quali colpi
rono alla schiena il comandante della „Pu
glia", capitano di fregata Giulio Menini,
mentre il capo dello stato maggiore della
nave ammiraglia cap, di fregata G. Alessio,
riceveva pure un colpo alla testa che gli
faceva cadere il berretto. Gli atti di inau
dita brutalità erano accompagnati da grida
di minaccia e d’indulto, le più volgari ed
oscene contro di essi e la nazione italiana.
I signori, i quali volevano rifugiarsi nel vi
cino Gabinetto di Lettura, non riuscirono
a farlo, essendo stati ricacciati violentemente
indietro con spinte e percosse dai dimo
stranti, che alcuni gendarmi jugoslavi inter
venuti non tenevano comunque in freno.
Essi dovettero dunque retrocedere lungo il
piazzale Marmont, scendendo per la maggior
gradinata alla riva vecchia, per fare lungo
questa ritorno alle ‘ navi. Durante tutto il
percorso essi vennero sempre svillaneggiati
e minacciati ed anche percossi dai dimo
stranti, fattisi sempre più numerosi e turbo
lenti.
Quando furono ricini alla dogana, nel
punto dove si vo!?e alla Riva^nuova. ne
trovarono sbarrato 1 accesso da un cordone
di guardie, che lasciò passare gli ufficiali,
ma j-espinse indietro i signori del „Fascio",
lasciandoli alla mercè degli aggressori. In
seguito ad energiche rimostranze, il sig.
Dr. Pezzoli e Dr. Tacconi e il fratello di
questo, prof.' Ildebrando, riuscirono ad in
durre le guardie a lasciarli passare oltre il
cordone ; ma, appena ciò fatto, questo venne
rotto dai dimostranti che si scagliarono loro
addosso, finché, beffeggiati e percossi, a
stento riuscirono a ricoverarsi nell’ andito
della dogana. Chiuso il portone, i dimo
stranti fecero irrurenza contro lo stesso,
tentando più volte di sfondarlo, e vi si
piantonarono davanti per oltre un’ ora, co
stringendo i tre signori a rimaner rinchiusi
nell’ andito, continuamente minacciati e vili
pesi, senza che nessun organo di sicurezza
trovasse necessario di intervenire, per pro
teggerli e liberarli.
Appena verso le 6 e mezzo pom. inter
vennero il membro del governo provvisorio,
Dr. Grisogono, assieme al Dr. Angjelinović
e ad alcuni gendarmi: facendoli uscire per
una porta posteriore, li accompagnarono alle
loro case. La cosa assume tanta maggior
gravità, ove si rifletta che i dimostranti
ritenevano, che l’altro ufficiale italiano, che
era in compagnia del comandante della
„Puglia" e che veniva da essi insultato e
percosso, fosse lo stesso ammiraglio italiano,
preside della commissione interalleata; ciò
che risultava tanto dalle grida che emette
vano, quanto da Ciò che scrive in pro
posito la stampa locale, la quale designa
ancora come aggredito 1’ ammiraglio italiano.
In questo frattempo la turba, che asse
diava il Gabinetto di Lettura, dopo aver
colla violenza impedito ai suddetti signori
l’ingresso ai locali sociali, maltrattò le altre
persone che vi accedevano. Venne così col
pita da persone ignote la signora Antonia
Cerinich d’anni 62 e da altra persona fu
colpita con un pugno alla spalla sinistra sua
figlia Amata, che era intenta a curare la
madre. Venne percorsa pùre un’ altra figliola
della Cerinich, la signorina Pina.
Poco appresso comparve nei locali sociali
l’organo di polizia Gaspari, invitando i
soci presenti a chiudere le persiane, poiché
non assumeva nessuna garanzia per 1’ atteg
giamento che poteva prendere la folla sot
tostante. A ciò venne tosto corrisposto, ma
un momento appresso, cioè alle 6.10 pom.
cominciò una fitta sassaiuola contro le ve-
triate e durò ininterrotta fino alle 7 pom.
riducendo in pezzi i vetri di tutte le finè
stre non munite di serramenti esterni. I sassi
gettati avevano dimensioni grosse fino ad
un chìlogramma, e venivano scagliati con
tale violenza che uno specchio appeso ad
una parete distante oltre sei jmetri dalle
finestre venne mandato in frantumi. Sulle
pareti si riscontrano anche altre tracce di
colpi di sasso. Molte signore e signorine,
raccolte ^iei locali, caddero svenute. Una
pattuglia sarba con parecchi gendarmi che
si trovava nel sottostante piazzale si man
tenne passiva e lasciò continuare indistur
bato 1’ assalto. Anzi l’ing. Giuseppe Miros-
sevich udì una guardia serba dire ad un
eccedente che stava per gittare una pietra:
„fa soltanto presto"; ed il sig. Fortunato
Marchi constatò che i gendarmi serbi vol
tavano le spalle alla turba.
Verso le ore 8 pom. un ufficiale ameri
cano venne a rilevare il fatto e a constatare
i danni.
Indi i dimostranti in fretta percorsero la
città colle grida e i canti più scurrili e con
urla d’insulto e di ^minaccia agli italiani, al
Re d’Italia ed alle persone più in vista del
locale partito italiano, sotto le finestre di
ciascuno dei quali inscenarono una dimo
strazione ostile.
Essi si diedero quindi ad una caccia
sfrenata agli italiani che trovarono per via.
La signorina Aurora Zlodre venne colpita
a sangue con un colpo di ombrello, e fe
rita pure alla testa la signorina Nicolina
Puizina cui venne asportato il cappello. La
signorina Annita Vusio di Francesco venne
colpita con un pugno alla schiena da tal Reiè.
1 signori Pietro Montana di Francesco,
Bruno Polli, Spiridione Terzich ed il signor
Pervan sellaio, scendendo da una terrazza
sita nella- parte posteriore dell’ edifizio del
Gabinetto di Lettura in un cortile che ha
da altra parte accesso sulla via, si recarono
alla nave americana per renderla avvertita
dei gravissimi disordini che si svolgevano,
riferendo come i soci fossero assediati entro
i locali da una turba minacciosa e senza
possibilità di uscire e difendersi. Al ritorno
il sig. Montana venne percosso violentemente
dalla turba, riportando una lesione al ginoc
chio sinistro.
Vennero pur percossi con pugni il sig.
Spadavecchia Domenico, e il sig. Pietro
Rubcich ed il sig. Marino Ligutich.
I dimostranti si diedero pure ad aggre
dire i negozi degli italiani, infrangendone
le insegne e le vetrate. Furono particolar
mente danneggiati i negozi dei signori Er
nesto Seveglievich, Giuseppe Boban, Leone
Calebotta, Eugenio Miotto e la farmacia
del sig. Antonio Tocigl.
La mattina del giorno 25 corr., i membri
del Fascio Nazionale, dietro invito ricevuto,
voleva no_recarsL sulla... nave .ammiraglia ita
liana „Nino Bixio".
Giunti sul molo S. Pietro dove è accostata
la nave trovarono il molo stesso pieno di
dimostranti croati. Avendo essi dichiarato
alla sentinella, che voleva impedire il loro
accesso alla nave, che vi si recavano per
chè invitati, tutti i dimostranti si riversarono
contro di loro, coll’ imposizione di retroce
dere. E, passando quindi senz’ altro a vie
di fatto, si diedero a colpirli con pugni e
calci gettando a terra il sig. Riccardo Savo,
che riportò una lesione alla mano, e respin
gendoli verso il caffè al porto. Avendo essi
cercato di rifugiarsi nel caffè, questo venne
preso d’assalto, e ne furono spezzate le
lastre. I signori Dr. Pezzoli, Dr. Tacconi e
Riccardo Savo, inseguiti e percossi anche
dentro il locale, riuscirono a stento ad al
lontanarsi per una retrostante finestra che
da sul perrone della ferrovia.
Va osservato — vera ironia ! — che la
sera del 24 corr., mentre il paese era in
preda alla più sfrenata violenza ed anarchia,
veniva diffuso in città un manifesto a firma
del presidente del governo proviaciale Dr.
Krstelj, nel quale, con inaudito cinismo, si
magnificavano la quiete e V ordine esem
plari, nonché 1’ assoluto rispetto per le con
vinzioni di ognuno sino ad ora mantenuti
in città da j)arte dell’ elemento croato ;
della qual cosa, come pure della maturità
politica dei croati, la commissione ammira
glia, venuta ad esaminare le condizioni del
paese, avrebbe potuto senz’ altro pienamente
convincersi, accentuandosi che da tale con
statazione avrebbero potuto dipendere im
portanti decisioni per la sorte di Spalato ed
anche dell’ intera Dalmazia.
Inutile rilevare quali possano essere state
le impressioni della commissione degli am
miragli il giorno stesso del loro arrivo in
paese, di fronte agli eccessi narrati.
Gli ammiragli trovarono intanto di esigere
la comparsa sulla nave ammiraglia italiana
dei rappresentanti del locale governo e del
comune allo scopo di obbligarli a porgere
pubbliche e solenni scuse per gli inauditi
eccessi avvenuti il 24 corr. Queste scuse
vennero infatti porte la mattina seguente
alla persona del contrammiraglio italiano in
presenza delle rappresentanze di tutte le
navi alleate. t
Naturalmente la situazione in paese con
tinua ad essere oltremodo critica e minac
ciosa, malgrado che pattuglie di marinai
interalleati perlustrino le vie cittadine, per
concorrere alla protezione dell’ ordine pub
blico.
Nella mattina del 26 febbraio venne af
fisso un proclama della Commissione inte
ralleata degli Ammiragli del seguente tenore :
’ COMITATO INTERALLEATO DEGLI
AMMIRAGLI
per F applicazione delle clausole dell’ armi
stizio in Adriatico.
Il Comitato Interalleato degli Ammiragli
per V applicazione delle clausole d’ armisti
zio in Adriatico è dispiacente di constatare
che ' V ordine e la sicurezza non regnano
nella città di Spalato.
Degli Ufficiali appartenenti ad una delle
Nazioni Alleate sono stati molestati.
Il Comitato pel tramite del Contrammi
raglio Niblack Delegato degli Stati Uniti
d’ America, incaricato dal Comando, Marit
timo della Zona, informa le Autorità locali,
tanto civili che militari, che gli atti com
messi costituiscono una violazioné delle
clausole dell’ armistizio e che il loro rinno
varsi sarà impedito colla forza delle armi.
Allo scopo di ristabilire prontamente
V ordine, il Comitato mette a disposizione
dell’ Ammiraglio Delegato degli Stati Uniti
d’ America delle pattuglie interalleate e gli
demanda di prendere, colle truppe serbe e
colle forze della polizia locale, tutte le di
sposizioni complementari perchè l’ordine
non sia più turbato in nessuna circostanza.
Saranno prese le misure più severe, se
condo le leggi della guerra, se le Autorità
civili e Militari si mostreranno impotenti a
ristabilire 1’ ordine, ed i Delegati non esi
teranno a prendere qualunque provvedimento
che essi ritenessero necessario contro le
Autorità che saranno state inferiori al loro
compito.
Sono considerati — fra gli altri — come
atti contrari alle clausole dell’ armistizio i
seguenti : a
Ogni insulto alle bandiere alleate ;
Ogni oltraggio con parole o con gesti
verso gli Ufficiali o marinai o soldati delle
Nazioni Alleate ;
Ogni assembramento tumultuoso ;
Ogni manifestazione contraria agli Alleati ;
Ogni attentato contro la libertà indivi
duale e contro le proprietà private ;
Og ni violazione, di domicilio ;
Qualunque rifiuto di ottemperare agli or
dini delle pattuglie ecc.
Dato a Spalato, il 25 febbraio 1919.
Firmati i Delegati delle quattro Potenze
Alleate ed Associate.
per 1’ Italia : Ugo Rombo, Presidente del
Comitato,
per gli Stati Uniti d’ America: A. P. Ni
black.
per la Francia : Ratyè.
per la Gran Bretagna : Kiddle.
Contemporàneamente venne pubblicata
un’ altra proclamazione dell’ Ammiraglio a-
mericano, al quale è affidato il comando
marittimo di questo circondario, con cui
per mantenere I’ ordine e la pace richiede
che non venga esposta nessuna bandiera e
divieta in genere qualsiasi dimostrazione,
corteo, assembramento per le vie, canti e
spiegamento di bandiere in processione.
Il donio del terrore a Hall
Traù, 28 febbraio.
A Traù spadroneggia dopo il crollo del
l’Austria un comitato jugoslavo composto
quasi esclusivamente di persone losche ve
nute non so di dove, fra le quali primeg
giano due donne, una certa Medini, moglie
del consigliere giudiziario, una certà Rubi-
gnoni ed il famigerato pretuncolo Brajevich.
Questo prete che all’ inizio della guerra eu
ropea aveva tenuto dei discorsi di fuoco
eontro la Serbia, dipingendola coi più foschi
colori, lo potete vedere ora a capo di tutta
Iagitazione in favore della Serbia, e contro
l’Italia. L’ esponente burocratico poi di que
sta cricca è il commissario politico Eduard
Luger, ex austriaco ed ora fervente serbofilo,
il quale amministra il Comune di Traù e nel
tempo stesso esercita il terrore nella città.
Il malcontento fra la popolazione sia cit
tadina che rurale cresce di giorno in giorno ;
il fermento è già abbastanza manifesto e
potrebbe degenerare in gravi disordini. Il
popolo incomincia già a sentire la potente
attrazione che esercitano su esso i valorosi
soldati d’Italia con il loro contegno som
mamente civile e con la loro innata bontà
d’animo. Comprende il pericolo che ne de
riverebbe al paese in caso che questo do
vesse venir annesso alla Serbia ; fa confronti,
indaga, osserva e, seppur lentamente, riesce
a liberarsi dal giogo di tutta quella caterva
di fandonie lanciate contro P Italia dagli
agitatori croati, ai quali esso dapprima aveva
prestato fede. Anche nella classe intelligente
molti sono coloro che in cuor loro deside
rano 1 Italia, senza trovare il coraggio per
manifestare questi loro sentimenti.
Censurato V
Pertanto le persecuzioni da parte
delle cosidette autorità (che autorità non ne
hanno alcuna!) contro la popolazione ita
liana sono continue. Giornalmente 1’ ex com-
misario austriaco Luger minaccia a destra
ed a manca pene severissime a tutti coloro
che vanno a prendere a Sebenico i viveri,
che magnanimamente S. E. il Governatore
Millo ha voluto concedere che fosssro distri
buiti ai traurini sia gratuitamente sia verso
tenuissimo importo. Maggiormente presi di
mira sono i nostri membri del Fascio
Nazionale, alcuni dei quali ricevettero anche
il mandato di comparire immediatamente
Anno 2. - N. 17 Zara, 8 marzo 1919
Abbonamenti per ora non si ricevono.
Uu mimerò centesimi 30 di corona Per le inserzioni rivolgersi all’ Amministrazione
—• — — Pagamento anticipato — — —
Redazione ed Amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schonfeld.
Giornata dì grande esultanza e di legit
timo orgoglio è stata quella di ieri per gli
Zaratini, che hanno ricevuto in ^plono dalia
città di Firenze il tricolore della Patria. Ieri
dinanzi a tutta Zara festante, dinanzi ai rap
presentanti della nobile Firenze si compì un
rito solenne di amore e di fede, si suggel
larono le antiche tradizioni di fraternità
eh’erano esistite da secoli tra questa spon
da dell’ Adriatico e la città che fu culla
della lingua e dell’ arte italiana.
Alla patriottica- cerimonia, cui gli Zaratini
assistettero piangenti di commozione e di
giubilo, oltre agli altri cospicui rappresen
tanti della città dei Fiore, uomini illustri e
nobili gentildonne, intervenne anche Colui
che descrisse da scienziato la nostra terra,
corresse errori statistici e rettificò la topo
nomastica romanza della Dalmazia nel suo
libro magnifico, che è non soltanto opera
di scienziato imparziale, ma anche la ma
gna charta dei nostri diritti e della no
stra civile libertà. A Giotto Daineìli, effi
cace assertore della nostra italianità, noi
porgiamo un devoto, reverente saluto.
Solcasi nell’ Eliade sacra evocare du
rante le feste nazionali dagli aedi i numi
tutelari della patria, perchè aleggiassero,
spiriti indigeti, sopra la turba esultante. E
ieri si evocò l’ombra del Cieco Veggente
di Dalmazia, le cui ossa, giacenti nel cam
posanto di Settignano presso Firenze, sus
sultarono certamente di gioia all’ eco della
festa dalmatica, ma anche inorridirono di
sdegno per 1’ atteggiamento antitaliano della
nazione serbica che Egli riteneva chiamata
a grandi destini, mentre invece intristisce
in queste giornate solenni nell’ibrido con
nùbio con la magniloquente arroganza croata.
Ma la lampada del Sibenicense stà ancora
viva su Lui sepolto: ond’Egli può oggi a
ragione ripeterci :
E quei che passeranno
Erranti a lume spento,
Lo accenderan da me.
Al patrio rito furono presenti anche i
mani di Arturo Colautti: la sua ombra è
placata. Zara non è piu la solitaria, la jgian-
gente: la sua grande fede si ridesta e rin-
novella nell’ amoroso consenso di tutta la
nazione italiana.
La cerimonia di ieri resterà impressa nelle
menti e nei cuori degli Zaratini e dei Fio
rentini. Zara entra a far parte della nazione
italiana nell’abbraccio augurale della città
di Dante. Il vincolo d’affetto tra le due
-città resterà indissolubile.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
Che da lunge, dal labbro d’altrui,
Come un uomo straniero, le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,
Dovrà dir sospirando: io non c’era;
Che la Santa vittrice bandiera
Salutata quel dì non avrà!
e
L’anima di Zara vibrò ieri del più puro
entusiasmo. Dall’ umile operaio al più colto
borghese, dal povero al ricco tutti, senza
distinzione di parte, si sentirono affratellati
da un solo pensiero : onore agli ospiti egre
gi che, guidati da sublime affetto per la
nostra terra, vennero a noi per dirci la pa
rola di fede, per offrirci un pegno tangibile
del loro affetto, una testimonianza solenne
d’amore fraterno che altamente ci onora.
Pur troppo la festa solenne, che doveva
lasciare nella cittadinanzar intiera un ricordo
indimenticabile, non fu favorita dal tempo.
Una densa nuvolaglia ingombrava il nostro
bei cielo italico, e un’ acquerugiola persistente
cadeva a bagnare le migliaia e migliaia di
bandiere tricolori che adornavano le fine
stre, i balconi, i negozi.
Al teatro Verdi
Verso le 10'30, ora fissata per la solenne
cerimonia, il popolo tutto di Žara accorreva
gruppi al Teatro Verdi, che in un batter
d’occhio fu letteralmente gremito. Il log
gione era un mare di teste, nei palchi e in
platea non un posto libero. Sul palcosce
nico, riservato alle autorità e alle rappre
sentanze, avevano preso posto i delegati
delle seguenti società: Lega Nazionale, So
cietà del Casino, Società Ginnastica, Circolo
Canottieri Diadora, Veloce Club Zaratino,
Nuova Italia, Società Filarmonica, Società
Operaia, Camera del Lavoro, Banca Popo
lare, Cassa Agricola, Monte di Pietà. No
tiamo poi una larga rappresentanza del Fascio
nazionale e del Fascio nazionale femminile.
Il Consiglio Comunale è al completo con a
Capo il prosindaco Ascanio Persicalli.
Nel palco d’onore prendono posto il ge
nerale Oneto, il contrammiraglio Galleani,
il cav. Ricci ed altri rappresentati delle
autorità.
Notiamo le bandiere. La bella e antica
bandiera della Società Ginnastica di Zara,
Quella dei nostri Vigili volontari, la nuovis-
si*na bandiera del Fascio femminile, dono
. Roma. Ad lati del palcoscenico campeg
giano quattro gonfaloni di Firenze.
Mentre si attendono gli ospiti fiorentini,
* Banda del Ricreatorio della Scuola d’arti
* mestieri dal loggione e la Banda munici
pale dal palcoscenico intonano gli inni patriot-'*
tici tra un entusiasmo indescrivibile.
Quando i signori del Comitato fiorentino
si presentano sul palcoscenico una imponente
acclamazione scoppia da tutti i settori del
teatro.
Nelle poltrone di prima fila prendon po
sto la contessa Luigia Capponi, Donna Ma
ria Colacchioni, la signora de Serragli, la
signorina Del Lungo, la signorina Santarelli,
il prof. Carlo Del Lungo, il prof. Garoglio,
il prof. Daineìli, il doti. Pachò, e la signo
ra Maria Ziliotto, con una larga rappresen
tanza del fascio femminile.
Sul proscenio prendon posto il prosindaco
Persicalli, gli assessori dott. Eugenio Rolli
e Artale e V on. Krekich. E incominciano i
discorsi.
Per il Consiglio comunale
A nome della rappresentanza cittadina
prende la parola il dott. Krekich. Egli si
sente onorato di porgere a nome del patrio
consiglio il suo commosso saluto alla rap
presentanza fiorentina per il dono superbo
della bandiera. Ma Zara V ha ben meritato
col suo lungo amore e col suo lungo sof
frire. La città, specie durante la guerra, vi
de abbattuto via via il Comune, palladio di
libertà sorto per volere di popolo, e poi le
scuole ed ogni altra istituzione. Ma il gran
cuore di Zara non è mai venuto meno, non
ha mai vacillato, e questo suo cuore si è
interamente manifestato nello storico pome
riggio del 4 novembre, quando il popolo
di Zara ha alzato le mani supplicanti verso
i fratelli liberatori, invocando la redenzione.
La grande madre Fa esaudito la figlia fe
dele, e le nostre donne, che con pazienza
mirabile avevano trapunto il tricolore, hanno
aspettato, non invano, di farlo sventolare
libero al sole. Ed oggi, per la vostra pa
triottica iniziativa — continua l’oratore —
voi, dame fiorentine, ce lo portate quale
pegno di intangibile amore e noi lo acco
gliamo con vigile cura e io conserveremo ge
losamente.
II discorso commosso dell’ on. Krekich,
interrotto spesso da applausi, viene salutato
in chiusa da una calorosa ovazione.
Per il Fascio nazionale
parla il prof. A. Caprini, il quale, dopo
aver salutato le gentildonne fiorentine e rin
graziato i signori del Comitato, insigni rap
presentanti delle scienze, delle lettere e
della stampa, per T opera fervida di studio
e d’amore, onde essi durante la guerra
contribuirono a illustrare e sostenere le no
stre più care aspirazioni, rilevò come con nes
sun’altra città, dopo Venezia, Zara eia Dal
mazia ebbero più saldi e tenaci vincoli ideali
attraverso i secoli della loro storia quanto con
Firenze. Poiché se Venezia sorressse nella sua
evoluzione il natio romanzo dalmatico contro
la sopraffazione d’altre lingue barbare che
minacciavano di sopprimerlo ; se via via
diede al nostro popolo la sua parlata armo
niosa e dolce, come l’anima mite, dei Ve
neti o come il bacio dell’ onda fra la lagu
na ; Firenze, che per eventi storici, per la
posizione geografica e sopra tutto per il
genio mirabile del suo popolo sin dal tre
cento aveva dato all’ Italia intera 1’ „idioma
gentil, sonante e puro", donò anche a noi
il mezzo efficace per T espressione del pen
siero nelle lettere, la lingua di Tommaseo
e Colautti.
Se Venezia, ci diede la pace, una saggia
amministrazione, provvide leggi, sicuri com
merci e la prosperità economica ; se salvò
le nostre terre dalla barbarie di Turchi e
di Croati, Firenze, centro delle arti e delle
lettere che resero grande e rispettata ne’ se
coli T Italia ci diede, ora e sempre, la fie
rezza di dirci e sentirci Italiani e un mezzo
potente di difesa: la cultura, con la quale,
più che con le armi, si vincono le grandi
battaglie tra i popoli.
Poi quando più fiero sorse tra le nazioni
il sentimento nazionale, noi insorgemmo e
lottammo per la difesa della lingua di Fi
renze e di Dante ; e basterà ricordare: V o-
pera svolta, per lunghi anni, dalla „Lega
Nazionale".
Se l’Italia oggi s’ accampa vittoriosa sul
Brennero, „sovra Tiralli", segnato ai suoi
destini dall’ Alighieri, lo si deve alla tenacia
montanara delle popolazioni tridentine ; se il
tricolore sventola fulgido dalle Alpi Giulie
e „presso del Quarnaro", termine vaticinato
della patria, è un frutto della fede di Trieste,
dell’ Istria e di Fiume. Ma se 1 Adriatico
torna oggi Golfo di Venezia e i nidi di vi
pere da questa sponda non morderanno più
il fianco indifeso della Gran Madre; se
T Italia potrà, libera, cercare le sue fortune
sulle vecchie vie del mare battute dalle glo
riose repubbliche marinare di AfflS&lfi,. di Ge
nova, di Venezia, diciamolo pure senza vana
iattanza, ma con legittimo orgoglio, T Italia
lo deve alla resistenza, alla fede, al sacrificio
di queste nostre genti nei secoli,
Ma la lotta, per Zara, non è finita. Anche
congiunta alla nazione, sarà sempre senti
nella avanzata d’Italia. Cantò il Carducci :
„Al nuovo sol rugge e a’ pericoli nuovi
il vecchio leon veneto".
Vada dunque il bel vessillo in Piazz» del
Plebiscito e dal balcone del Comune svela
toli alle libere aure italiche, garrisca il saluto
di Firenze al vecchio leone riapparso sulla
Torre civica, che stringe con T ugna il sacro
libro su cui sta „Pax". E pace'sia; ma pace
romana, pacati i nemici sopraffattori, non
pace con la vittoria dr Italia mutilata. Che
se T idra dalle molte teste risorgesse, noi
di Zara e di Dalmazia come gli antichi le
gionari di Roma accorreremo al vallo sulle
Alpi Dinariche, e allo straniero che tenta
di superare i valichi, rinnoveremo il grido
dei Dalmati in Roma eterna : Di qui non si
passa ! O Italia, o morte 1
In tutto il teatro scoppia un imponente
applauso.
A nome del Comitato fiorentino
Prende la parola il prof. Giotto Daineìli,
egregio illustratore della Dalmazia nostra, e
strenuo propugnatore delle nostre aspirazioni.
Egli dice :
Onorevole Sindaco, ;
L’Italia era da poco entrata nella grande
guerra delle nazioni e non soltanto per di
fendere i diritti della civiltà che essa stessa
largì da Roma al mondo intero, ma anche
per conseguire finalmente la integrità delle
sue terre e T unione dei suoi figli tutti —
quando Orazio Bacci, Sindaco di Firenze,
quasi ad affermare questo secondo scopo,
nazionale, della nostra guerra, promise che
Firenze avrebbe donato la bandiera d’Italia
a Zara redenta. La morte tolse troppo im
maturamente Orazio Bacci alla città ed al
paese ; ma il nuovo Sindaco di Firenze,
Pier Francesco Serragli, raccolse e fece sua
T idea, che un gomitato cittadino amorosa-
mente, gelosamente quasi, custodì, tra le
ansie indicibili dei lunghi anni di guerra
aspramente combattuta, fino al giorno ra
dioso della vittoria,. Vittoria della civiltà,
ma, anche per la civiltà, vittoria essenzial
mente italiana.
E siamo venuti, onorevole Sindaco, noi
cittadini di Firenze, < consegnarvi a nome
della nostra città la bandiera dell’ Italia vit
toriosa. Non è forse senza significato che
Firenze proprio, e non un’ altra città, com
pia questo, che sembra quasi un rito a una
consacrazione. In altri tempi vennero di Fi
renze in Dalmazia mercadanti ed artefici e
della nostra arte toscana sono qui, accanto
all’ arte diffusa dalla Dominante, sicure im
pronte. E come, se non la tradizione della
mercatura, certo quella dei viaggi e delle
esplorazioni si è tramandata presso di noi,
dai nostri grandi del passato giù giù fino
alla nostra generazione attuale, così è ap
punto dalla scuola dell’ Istituto fiorentino
che un Maestro e i suoi scolari han passato,
ripetutamente, il golfo di Venezia a questa
sponda, non soltanto per dimostrare che la
scienza non deve aver per suo campo i ri
stretti limiti della propria regione, ma sopra
tutto, onde affermare che qui, in Dalmazia,
terra naturalmente storicamente sentimental
mente italiana, doveva svolgersi T attività
sagace degli studiosi italiani.
Ed in Firenze pure, onorevole Sindaco,
si formò per la grande passione di De Bacci
Venuti — un nostro eroe degli Altipiani —
quel primo Comitato „Pro Dalmazia italiana",
che doveva poi agitare in tutta la Penisola
l’idea della giusta resurrezione vostra.
Per questa tradizione, forse talora incon
sapevolmente tramandata, di antichi e recenti
rapporti tra la nostra città e la vostra terra,
chi vi parlerà a nome del Comitato fioren
tino è di quella vecchia ed onorata famiglia
dei Serragli, che in un tempo mandò un
suo ramo in Ragusa in Dalmazia, dove ancor
oggi la lontana discendenza mantiene intatto
e vivo il sentimento e il vanto della sua
origine puramente italiana.
A me, signor Sindaco, spetta T onore di
portarvi il saluto di chi oggi degnamente
rappresenta la città di noi tutti.
Ecco le sue parole:
lì messaggio
Signor Sindaco
Fino da quando l’Italia era corsa dai
* fremiti della riscossa e coloro che dovean
diventare i suoi eroi sentivano i palpiti pre
monitori del lor fato glorioso, l’anima di
Firenze si volgeva con sollecito amore a
Zara, gemma dell’Adriatico.
Uno studioso nobilissimo, cui già il de
stino aveva segnato in fronte il sacrifizio
radioso, il prof. avv. Tommaso De-Bacci-
Venuti, alzò primo T affettuoso grido sì forte
che Firenze tutta lo intese e lo riecheggiò
con entusiasmo concorde. Il tricolore per
Zara ! diceva quel grido. E tosto le donne
di. Firenze balzarono per apprestarlo, collo
stesso fervido slancio che le agitava ai nomi
fatidici, di Trieste e di Trento. Zara, per
esse, voleva dir la Dalmazia, come Firenze,
per voi, vuol dire l’Italia. E il tricolore fu
trapunto, fu messo nella custodia, ed attese.
Quanto attese ! fra quali vicende, quali tre
pidazioni, quali tragiche ansici Ma anche
con qual fede! Quella stessa, onde costà,
in Zara vostra e nostra, lo aspettavano na
scosti i tricolori fratelli, che altri mani co
raggiose di donne avevano preparato per
il giorno promesso dell’inesprimibile gioia.
Ed ecco il gran giorno è venuto: il nuovo
giorno d’Italia, che i suoi profeti e poeti
vaticinarono di fra le tenebre dense; che
sarà tutto d’opere e di gloria, senza tra
monto: per noi e per voi, di qua e di là
dii’Adriatico nostro, dovunque batta un sol
cuore italiano, dovunque il cielo azzuro, co
me a Napoli, dica : qui è Italia ; dovunque
dicano, è Italia, i vigneti e gli ulivi fiorenti
come sui poggi di Firenze. Accogliete, o
fratelli, il tricolore che i fratelli vi mandano,
accoglietelo con amore infinito,, perchè infi-
nito è l’amore che ve T offre. Sventoli esso
a quei medesimi venti che agitarono i ves
silli di Roma, che gonfiarono in gloria i
gonfaloni di Venezia.
Sì spieghi esso nelle vostre strade ve
tuste, d’italica impronta, come qui si è spie
gato fra il battistero onde cristiano uscì
Dante e Palazzo Vecchio, ove si travagliò
e si affinò il Machiavelli. Baciatela, o Za
ratini, questa bandiera che Firenze vi dona :
a Zara italianissima per eroica tenacia la
dona Firenze, che agli Italiani insegnò T ita
liano, suggellando dalla sua immortale virtù
la più forte e soave di quante lingue si
parlino al mondo.
A me, non Fiorentino di nascita ma ve
nuto di fuori, a reggere per qualche tempo
questa culla divina dell’ arte, delle grazie,
della lingua d’Italia, tocca oggi la maggior
fortuna di miavita: accompagnare con voce
modesta, ma tremante di commozione, T of-
forta simbolica che Firenze vi manda, o
Zaratini, perchè vi sia pegno, nei secoli, di
religioso amore e di non mutabile fede.
Possa questo vessillo, che viene a voi dalla
città che il Tommaseo amò come sua, ve
dere innumerevoli generazioni di Dalmati
ardenti quanto lui di italianità generosa, da
mutuo amore congiunti e da fervidi scambi
di pensieri e di opere con queste terre di
Toscana gentili; possa esso nella città fe
dele, che pur nei tempi più tristi irraggiò
d’italica luce le tenebre circostanti, ondeg
giare splendido ai venti ed ai soli della
gloria come ai giórni, che già rinascono, di
Venezia e di Roma.
Il R. Commissario
Serra Caracciolo.
Detto questo il prof. Daineìli presenta in
omaggio al Comune una copia di tutte le sue
opere, segno tangibile dell’ immenso affetto
suo per la nostra terra.
Poi prosegue :
„Ho combattuto per la causa vostra, e
non soltanto vostra, ma di noi tutti : perchè
Zara redenta significa più grande e più forte
T Italia. Più grande e più forte, ed anche
migliore; perchè noi, del vecchio Regno,
dobbiamo inchinarci di fronte a voi, Italiani
fino a ieri irredenti, ed ammirare, adorare
quasi, questa italianità della Dalmazia che
voi avete voluto e saputo, ma sopra tutto
voluto, mantenere intatta e pura contro ogni
nemico, contro ogni oppressione, per offrirla
oggi alla grande Patria comune.
Per questo, onorevole Sindaco, e fratelli
nostri, della Dalmazia, io vi porto il grido
augurale di Firenze : Evviva Zara! Ma sopp
tytto, di qua e di là del Mare Nostro, Viva
! Italia!
Si prof. Garoglio
Cessati gli applausi che accolsero la let
tura dell’ adesione, prende la parola T illu
stre prof. Garoglio, che parla per incarico
dei professori e studenti dell’ istituto tecnico
di Firenze. Egli fu tra i primi, assieme a-
Isidoro Del Lungo e ad altri concittadini, a
votarsi alla propaganda per T italianità della
Dalmazia.
Legge poi due messaggi, uno del regio
Istituto tecnico Galileo Galilei e il secondo
della Lega studentesca italiana : gli stu
denti si rivolgono alla gioventù studiosa di
Zara con un fervido saluto, bene augurando
per 1’ unione della Dalmazia all’ Italia.
Poi, nel corso del suo dire, ricorda il no
stro indimenticabile Arturo Colautti, che
quando da giovane lasciò la patria per ri
parare in Italia, giunto in Ancona, prese un
pugno di terra e la baciò in segno di af
fetto. Oggi non c’ è più bisogno di ripetere
il gesto del Colautti, perchè la patria sua
è redenta. E T oratore si dilunga a parlare
d’un suo breve giro nei dintorni della città
nostra, dove trovò vestigia dell’ antica ci
viltà romana, rilevando come non sia aspro
che una civiltà superiore sia sottoposta ad
una di gran lunga inferiore ; questa invece
rientri nella più vetusta, che rimetterà la
cultura e la civiltà in un normale ordine
di cose. Esalta poi T opera dell’ esercito e
della marina in queste terre, i nostri mari
nai e soldati, pionieri di pace e progresso
della nuova Italia, e chiude il suo magnifico
discorso con un inno di gloria a Rqma, a
Firenze, a Zara e a Fiume, le due città che
han saputo conservare intatti fino all* estre
mo i bagliori della civiltà e della lingua
italica. Gloria a Zara — dice il prof, Ga-
roglio — che ci è maestra di patriottismo,
e della quale noi potremo dire ai nostri
figli: „Vedete come hanno operato gli Zara
tini, operate così anche voi !"
E termina affidando alla città di Zara la
bandiera di Firenze. Uno scoppio d’entu
siasmo saluta le ultime parole del prof.
Garoglio. Tutto il teatro è in piedi." Il
pubblico enorme sventola bandiere, fazzo
letti, cappelli tra un delirio, che non si può
ridire. La musica del ricreatorio attacca il
„Si", mentre nuovi applausi e nuove grida
rintronano nella sala.
L’ assessore del Comune Artale legge la
nobilissima lettera della sig.ra prof. Teresi-
na G. Campani-Bagnoli, con la quale pro
mette di sciogliere un suo voto, donando
a Zara il tricolore, ornato del giglio fio
rentino e dello stemma dalmatico, quando
la Dalmazia sarà annessa all’ Italia.
La signora Serragli
Prende poi la parola la signora Serragli,
che pronuncia un nobilissimo discorso. Fa
le storia di questa bandiera che Firenze ha
voluto donnare a Zara, ricordando come
T illustre letterato Orazio Bacci ne sia stato
il promotore.
E dopo avere, con bellissime parole, tes
suto T elogio del nostro patriottismo e del
nostro amore, chiude col grido di „Viva
Zara", „Viva T Italia". Uno scoppio d’ una
nimi applausi corona le belle parole. Si grida
anche „Gloria a Orazio Bacci".
11 momento solenne
Quindi la signora de Serragli e la si
gnorina Del Lungo, coi segni della più viva
commozione, aprono un artistico cofano tutto
intarsiato e recante la scritta : „A Zara so
rella, Firenze. Marzo 1919". Ne tolgono con
atto di religioso rito il serico vessillo, che
viene fissato a un’ asta e consegnato alla
signorina Eleonora Rolli, che lo solleva in
alto, agitandolo in segno di festa.
E impossibile descrivere T entusiasmo del
pubblico in questo momento. Gli occhi di
tutti si inumidiscono di lagrime, scoppiano
grida prolungate di gioia, mentre le bande
intuonano la marcia reale. Tutti balzano in
piedi, applaudono, piangono. Il momento è
solenne ed indimenticabile. Dinanzi alla Tìuova
bella bandiera tutte le altre presenti sul
palcoscenico si abbassano in segno di sa
luto.
Parla il Prosindaco
Ristabilito finalmente il silenzio, il pro
sindaco Persicalli, con belle e sentite parole,
prende in consegna la bandiera in nome
della città. Zara custodirà con gelosa cura
e con orgoglio il prezioso dono di Firenze.
Nuove ovazioni salutano le parole del
prosindaco.
Quindi tra il plauso di tutti i presenti il
prof. Garoglio propone che sia spedito un
telegramma d’ omaggio alla vedova di Ora-
zio Bacci, il promotore dell* idea di questa
bandiera. La proposta è accolta per accla
mazione.
Indi il pubblico sfolla lentamente e il
corteo si forma sulla via.
L’imponente corteo
Precede la bandiera, della „Società Gin
nastica" con una rappresentanza della So
cietà, viene poi la bandiera dei Pompieri,
quella del Fascio femminile ed in fine il
vessillo di Firenze seguito dai Vigili Volon
tari che portano il cofano. E dietro è un
seguito di molte migliaia di persone che
applaudono, cantano entusiasticamente. In
testa al corteo suona la Banda del ricrea
torio, in coda viene la Banda municipale e
tutte e due alternano il suono degli inni
nazionali a quello delle arie popolari.
La bandiera sul Palazzo municipale
Intanto il corteo arriva in Piazza del Ple
biscito, che in un batter d'occhio è gremita
di popolo festante. Le autorità e le rappre
sentanze salgono al Municipio. Il dono di
Firenze, sempre fra il giubilo delirante della
folla, viene esposto dal balcone del Palazzo
municipale. Il bel tricolore, malgrado la
pioggerella persistente, garrisce allegramente
dall’antico Palazzo in questa storica Piazza,
dove troneggia la Torre civica col suo su
perbo Leone, e la Loggia veneta, ornata da
ghirlande di fiori e da stendardi, rievocarle
giornate dell’ antiea gloria di Zara veneta.
Infine il prof. Garroglio ringrazia con
brevi parole il popolo di Zara dell’ entu
siastica accoglienza. E così a poco a poco
il corteo si scioglie e la piazza si spopola.
11 banchetto
Ier^ cominciato alle 13 e mezzo, ebbe
luogo nella sala del „Gasino" il banchetto
offerto dal Municipio in onore degli ospiti.
Oltre le signore e i signori giunti a noi da
Firenze, vi erano invitati i rappresentanti
delle autorità civili e militari, quelli delle
varie associazioni patrie e della stampa.
La tavola, di ottanta coperti, era disposta
a ferro di cavallo. In posto eminente spic
cava la bandiera donata dal Fascio nazio
nale famminile di Roma al Fascio Jemrrflnilc
di Zara.
Il menu era dei più scelti e squisiti. Il ser
vizio inappuntabile, perfetto. Durante tutto
il convivio regnò la più affettuosa anima
zione fra i commensali.