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ANNO III. ZARA, 18 APRILE 1880. N.° t
I/A
PERIODICO DI LETTERE, SCIENZE ED ARTI.
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE.
Per Zara fior. 4 : —
„ la Monarchia . . „ 4:50
„ F estero . . . lire 12 : —
Un numero separato s. 25. — Pagamenti
anticipati. — Associazioni non disdette un
mese prima s'intendono rinnovate.
Esce due volte al mese.
. j-^ERRAF^i- PUPILLI
bibliotecario della comunale
"Paravia,,
DIRETTORE«. -
AVVERTENZE.
Domande di associazione, importi di denaro
da spedirsi all' Amministrazione ; lettere,
manoscritti alla Direzione. — Manoscritti
l anche non pubblicati non si restituiscono.
- Delle opere donate alla Direzione verrà
fatto cenno speciale.
SOMMARIO. — Storia del blocco di Zara ecc. (V. BRUNELLI). —
Stojano Jankovió - Poemetto serbo (G. NIKOLIĆ). — I Rivali -
Novella (ELDA GIANELLI). — A memoria d'illustri e bene-
meriti dalmati (S. FERRARI-CUPILLI). — Dal ciclo „Ziun
Lazarus" di Heine. Poesia (C. DE KUTSCHIG). — Idealismo e
Realismo nella storia del pensiero italiano (L. BENEVENIA). —
Due Stornelli (G. DIOD. SABALICH). — RIVI&^FCAMMATICA :
Teresa Raquin, di E. Zola (NESTORE). — Cosén^Re: J- No-
tizie e spigolature; — Piccola posta.
STORIA DEL BLOCCO DI ZARA
sostenuto nell'anno 1813 dal venticinque ottobre all'otto
decembre. *)
.1 grande astro francese volgeva al tramonto ; e l'im-
pero, tenuto assieme dalla forza delle armi, qua e
ci là si sfasciava. La nostra Dalmazia, che all'ombra
] del governo italico, sorretta dalla mano intelligente
del prov. V. Dandolo, erasi già incamminata verso più
prosperoso avvenire, avea dovuto nuovamente soffrire
tutte le incertezze e le angherie di un governo militare,
da cui dipendeano le provincie illiriche. Scoppiata la
guerra tra la Francia e gli alleati, Marmont, il gene-
rale in capo delle truppe franco-italiane in Dalmazia,
avea avuto ordine di abbandonare la provincia con
quasi tutti i suoi soldati ed unirsi alle grandi armate
d'Italia e Germania. Le nostre piazze forti rimasero
allora quasi completamente sfornite di truppe.
Mentre la sorte delle armi veniva tentata a Bau-
tzen ed a Lutzen, dove brillò ancora il genio di Na-
poleone, e mentre si apparecchiava la battaglia dei
popoli a Lipsia, che dovea segnare la caduta del grande
uomo, le provincie illiriche, che l'Austria avea dovuto
cedere nella pace di Vienna (Schonbrunn), venivano
gradatamente rioccupate. Ancora in. agosto del 1813 1a
J) II racconto è desunto da alcune memorie manoscritte di un
contemporaneo che, per quanto mi consta, rimasero finora inedite.
lYoazia e le isole del golfo di Fiume erano ricadute in
mano dell' Austria, la quale avea staccato così la nostra
provincia da ogni comunicazione terrestre colla Francia.
Ciò però non avea destato grande apprensione al go-
verno militare di Zara, giacché si diceva che quella
occupazione era avvenuta per ribellione degli stessi
abitanti, che aveano ceduto agi' inviti dei croati limi-
trofi, ed aveano voluto così favorire il loro antico so-
vrano. Ma, si osservava ancora, non avrebbero azzardato
di gettarsi sul territorio dalmato, dove esistevano for-
tezze e gente, che ammaestrata dagli avvenimenti del
1809, non avrebbe certo seguito quei rivoltosi. E poi
perchè temere di pochi corpi irregolari, quasi comple-
tamente disorganizzati ed indisciplinati?
Quando però s'intese che anche la vicina isola
di Pago era stata occupata, e che il grande impero v
francese avea avuto un fiero tracollo a Lipsia, e che le
navi inglesi, favorite dagli abitanti del litorale croato,
potevano o prima o poi effettuare uno sbarco di truppe
regolari, allora si pensò seriamente ad un prossimo
blocco della capitale della Dalmazia. E già si provve-
devano le cose necessarie a sostenere 1' assedio, quando
la nuova che il viceré d' Italia colla sua armata erasi
spinto fino a Carlstadt, fece sì che tutto ritornasse da
noi in perfetta quiete e tranquillità. Ma la quiete e la
tranquillità non furono che apparenti e di breve durata,
giacche poco dopo erasi saputo che il viceré, sconfitto
dagli alleati, avea dovuto in fretta richiamare le truppe
spedite in Croazia. Dove non più truppe irregolari, ma
buoni reggimenti, condotti dal generale maggiore barone
de Tomašić, estendevano rapidamente l'occupazione '
austriaca e si avvicinavano alla Dalmazia; mentre i ba-
stimenti inglesi della stazione navale di Lissa sostene-
vano dalla parte di mare quell'operazione.
Di tutti questi sforzi era necessariamente Zara il
solo obbiettivo, giacché le altre fortezze della provincia
per la loro picciolezza non avrebbero potuto opporre
una seria resistenza agli alleati. Ma anche le condizioni
militari della capitale e l'isolamento, in cui si trovava,
dalla parte di terra per opera degli austriaci e dalla
COSE NOSTRE.
Le due recite d'addio date dal nostro concittadino
Antonio Papadopoli al Teatro Nobile riuscirono splen-
didissime. Che il Papadopoli nelle parti del Gerente
responsabile e del Ludro si sia dimostrato distinto ar-
tista non c'è bisogno il dirlo, ma che naturalmente al-
l'età dei sessanta non si abbiano quegli splendidi mezzi
di recitazione, de' quali si può disporre in sui trenta,
ciascuno lo vede. E la signorina Papadopoli e i nostri
dilettanti fecero del loro meglio, anzi diciamolo fran-
camente, quest' ultimi, quando si pensa che per due com-
medie come quelle non ebbero nemmeno una settimana
di studio, fecero anche troppo e ci dimostrano sempre
più F amore che li anima per la nobile arte della dram-
matica. Un brava di cuore alla signora Anna Ferrari-
Cupilli, la quale, malgrado indisposta, volle concorre-
re alla riuscita della festa dicendo così bene il benvenuto
nella poesia in versi martelliani composta dal nostro
collaboratore signor G. Sabalich e su carta lucida pre-
sentata al seratante a nome dei dilettanti; ed un altro
bravo al signor Antonio Boniciolli che seppe così
maestrevolmente interpretare il Ciconi nella ballata ine-
dita: I Montenegrini. Non è a dire come il pubblico,
accorso numeroso e plaudente, e la società Filodram-
matica Paravia facilitando al seratante il suo compito
e regalandolo d'una ghirlanda di lauro a nastro di seta
bianca con frangia d'oro, abbiano addimostrato ancora
una volta il loro cuore generoso e l'amore al vecchio
concittadino, che chiude così la sua quasi cinquantenne
carriera d'artista drammatico.
Il Papadopoli ora è ritornato a Trieste quindi andrà
a Vienna per continuare il suo giro artistico ; possa esser
coronato di felici successi. NEMO.
Il nostro concittadino, signor Vladimiro Pappafava,
per la sua opera ,,Saggio delle opere che illustrano il
notariato" presentata a Sua Maestà il re d'Italia, s'ebbe
lusinghiera ricompensa in uno spillo d'oro, adorno dalla
cifra reale con aquila e corona e tempestato da brillanti.
Il 15 m. c. la società accademica degli studenti
dalmati „Dalmazia" in Graz celebrò il suo primo an-
niversario, salutato telegraficamente dalla Palestra non-
ché da numerosi amici e corporazioni ; istituendo un
fondo di soccorso onde soccorrere in parte alle critiche
condizioni degli studenti dalmati a quell' Università.
A questo scopo s'è aperta una lista di oblazioni che
raccomandiamo caldamente.
NOTIZIE e SPIGOLATURE.
Il Vindobona, giornale festivo pubblicato a Vienna
dalla società Concordia allo scopo generoso eli soccor-
rere i poveri di Gorizia, Gradisca, Istria, Moravia, Slesia,
Galizia e Dalmazia, per ricchezza ed originalità d'inci-
sioni e copia di autografi pregiatissimi, non punto in-
feriore al Paris-Murcie, fruttò la non piccola somma
di fiorini 10,000.
*
A Vienna di questi giorni sarà inaugurata la statua
del celebre maestro e compositore Beethoven.
* * *
A Torino, in occasione dell' apertura della Mostra
nazionale di belle arti, di cui il giornalismo tutto è
concorde nel tesserne le lodi, fu pubblicato un interes-
santissimo volume dal titolo Torino, dovuto alle penne
de' più rinomati scrittori torinesi fra i quali Bersezio,
Giacosa, Gamba, Anfosso, Ponehielli ed altri ancora.
Peccato, che il libro costi un po' troppo: sono 8 lire.
*
Il prof. G. Chiarini, nel n.° 18 del Fanfulla della
domenica scrive a dilungo e molto favorevolmente a
proposito di un volume di Odi barbare pubblicato dal
sedicenne Gabriele d' Annunzio, studente liceale nel
collegio Cicognini di Prato.
* * *
I N.ri 9 e 10 del Preludio (Ancona-Bologna) hanno
i seguenti sommari :
II „Prometeo" Eschileo - continuaz. e fine (Federico
Garlanda). Dall'intermezzo lirico di II. Heine - Pari-
ficazione. Dal Nordse di H. Heine (G. M. Labronio).
— A Lalage - Poesia (Ugo Bassini). — Profilo di Ugo
Bassini (Vito Saraceno). — Nel Sepolcro - Poesia (Cor-
rado Ricci). — Strazio - Sonetto (Marino Sabić). —
L'Ospite - Scene in Versi - continuaz. e -fine (Filippo
Barattini). — Bibliografia — Giuseppe Cugnoni - Opere
inedite di Giacomo Leopardi pubblicate sugli autografi
recanatesi (P.) — Cenni bibliografici. — Giornali —
Pubblicazioni. — Libri mandati in dono alla Direzione
del Preludio.
Una traduzione di Scheffel (Rodolfo Renier). —
Idillio notturno - Poesia (Corrado Corradino). — La vita
di Vittorio Alfieri scritta da esso (Licurgo Pieretti.) —
Al Fato - Poesia (Mario Rinaldini). — A proposito di
Ernesto Renan - continuaz. e fine (Orazio Grandi). —
L'agonia d'una candela (Salvatore Concato). — Biblio-
grafia - Otto Badke - Das italienisclie Volk im Spiegel
seiner Volkslieder. II. Auflage - Il popolo italiano ri-
flesso nella sua poesia popolare (R. R.) — Giornali.
Spiegazione dell' Indovinello precedente :
Don-noia.
PICCOLA POSTA.
Gnor. sig. G. Zuliani, Spalato. — Il vostro abbonamento
è saldato a tutto marzo 1880.
Onor. Società Accademica „Dalmazia", Graz. — Abbiamo
ricevuto : grazie.
Errata-Corrige.
Nell'articolo La nutrizione, inserito nel N.° precedente, a
pag. 22, col. I.a, linea 31, invece che: da 1lt a y20 leggasi: da
1/ a V /1 6 d / 20 •
Tipografia di Giovanni Woditsska.
Una nave pavesata a festa, su cui sventola per
la prima volta la bandiera commerciale montenegrina,
s'è staccata dalla rada d'Antivari: essa porta nel suo
grembo le glorie della nazione. Là da prua, su d'un
rialto improvvisato, ritto, maestoso, il maschio fronte
sorriso da un lampo di orgoglio sta il principe Niccolò;
il braccio destro proteso, stringe fra le dita l'anello
nuziale. Gli fanno corona: a destra il robusto Vukotié,
padre alla bella Milena, la quale, a sinistra, posando
accarezzevole una mano sulle spalle del principino ere-
ditario, sembra mangiarselo cogli occhi da cui trabocca
l'amore di madre e di sposa. Di dietro 1' eroico stato
maggiore: Petrović, Plamenac, Vrbica, Paulović, Zirnu-
nić e Sočica. Altre figure s'aggruppano nel centro e
a poppa: ne' vari atteggiamenti, sia che, fiso l'occhio in
quella striscia di mare cui loro è dato per la prima
volta poter chiamar loro, aspirino con voluttà l'acre
salsedine che profuma l'aria ai primi albori; sia che,
agitando la nazionale beretta, acclamino al principe o
al popolo, vi leggi sempre la gioia, la commozione,
l'entusiasmo. E il popolo, torno torno la spiaggia de-
lineata a 1110' d'arco, s'accalca, acclama e saluta collo
sparo de' moschetti. Là a destra, sullo spianato d'un
erto colle, sta un pope il quale, protese le braccia sul
popolo sottostante, a lui benedice ed al sacro rito; a
sinistra una leggiadra mammina china verso il suo figliuo-
letto — un amore di fanciullo dal crin biondo e ric-
eiutello, in leggiera camiciuola — gli accenna alla nave.
Quantunque ei ci volga il dorso, 1' atto per cui solleva
la sua testina ci dice come penda dalle labbra materne
e come cerchi figgersi in mente e il nome di quegli
eroi e il significato di quella festa. Loro dappresso
un' avvenente figlia della nera montagna sostiene del
braccio il vecchio padre dalla candida barba fluente,
che facendo puntello all' altro d'un nodoso bastone,
quasi con passo da giovane si spinge in avanti per
poter finalmente vederlo com'è fatto questo mare. Di
dietro un'altra madre acclamando solleva sulle brac- 1
eia robuste un suo nudo bambinello e più dietro ancora j
ritta, dura hi faccia d' un portabandiera a cavallo, quasi i,
accenno all'esercito. 1
Lo so, non è da questo arido sminuzzamento che jj
il lettore potrà formarsi un adeguato giudizio del valore j|
dell'artista; egli è nel suo complesso che il quadro va jj
abbracciato ; ed il colpo d'occhio ne è invero seducente, ji
L'idea dominante nel gruppo principale della nave, j;
lumeggiata chiaramente, aquista maggior risalto dalla !
idealità che si disviluppa dal gruppo secondario. Quelle i;
madri coi loro bimbi, l'avvenire del giovane stato, la
nuova generazione di forti : quel vecchio curvo, cadente,
ricordo ancora d' un' età passata ma grande, ma gloriosa
ancor essa, si armonizzano, si reintegrano col presente j
che s'incarna, là nel giovine principe e ne' suoi soldati. j
Ora il ^quadro non è che in carboncino e non j
ancora riportato alla sua vera grandezza: una tela oltre
a due metri larga ed un tre metri lunga ; però non ci
è dato poter giudicare dell' impressione che ne risulterà
dall'armonica disposizione delle tinte ad olio, quando
quella folla di popolo nel suo pittoresco costume nazio-
nale spiccherà nettamente dallo sfondo, cinto di erte e I
brulle montagne lievemente rosate dalla luce nunzia j;
del sole che sorge e dal limpido verde-azzurro della j'
tranquilla marina. Ciò che per altro possiamo affermare
sin d'ora si è che il colorito locale è colto caldo, vero ;
ti par respirare la vergine vita di quella vigorosa po •
polazione; tu hai i suoi tipi che non si confondono così
facilmente con quelli degli altri slavi; tu hai le sue più
illustri personalità ritratte nella loro fisonomia, ogni
nonnulla del costume riprodotto con diligenza, con
amore. L'artista, che tale è il signor Smirich, ci dà a
vedere come ei si sia messo all'opera con un concetto
chiaro e preciso del lavoro ; come, istudiatolo con pa-
zienza, nulla abbia trascurato nè spese, nè fatiche per
riuscire. E noi nutriamo speranza che questo quadro
incontrerà anche il favore degl'intendenti per cui, inco-
raggiato, il nome del nostro compatriota possa un giorno
figurare fuori di questa cerchia così angusta, là dove
l'arte della pittura è un culto.
Nel Programma di quest'anno del locale i. r. Gin-
nasio superiore il prof. Brunelli pubblica l'opera fino
ad ora inedita: Philipp i De Diversis De Quarti già nit>
Lucensis, Artium Doctoris Eximie et Oratoris --- Situs
aedificiorum, politiae et laudabilium consuetudinum
inclytae civitatis liagusij ad ipsius senatum descriptio
— codice cartaceo, legato in pergamena che si attrova
nella biblioteca della stesso Ginnasio. Per ora egli non ci
dà che la prefazione e la parte l.a e vi fa precedere
come introduzione alcune notizie biografiche su Filippo
De Diversis De Quartigiani, ed altre sulla forma e con-
tenuto del libro, corredando il tutto di copiose ed as-
sennate annotazioni necessarie a delucidare l'autore o
a correggerlo specialmente in fatto di cronologia. L'a-
more col quale il Brunelli coltiva la patria istoria ci ò arra
ch'egli vorrà continuare su questa via di render tratto
tratto di pubblica ragione un qualche nostro autore o
altri che trattò di noi.
Anche nel Programma dell'I. R. Ginnasio supe-
riore di Capodistria il prof. Stefano Petri.- pubblica
una sua erudita dissertazione „La Dalmazia nella prima
metà del XIV secoloperiodo non poco intricato come
quello che tratta delle vicendevoli pretese e lotte tra
Ungheresi, Veneziani e Bribiresi, ma clic l'autore è
riuscito a rappresentarci con lucidezza di vedute neila
loro relazione di cause ed effetti.
Prevenuti, non da buona volontà ma da circostanze
di tempo, ei ò tolto il piacere di pubblicare quanto dai
signori P. Mazzoleni, G. d.r Zuliani e V. prof. Miago-
stovich fu scritto in onore del loro concittadino R. prof,
de Visiani. Discorso, Sonetti ed Epigrafi, raccolti in
fascicoli, ci furono gentilmente inviati, e vi ammiriamo
l'eleganza del dettato, la nobiltà e robustezza di pen-
siero vivificato da un caldo soffio d'amor di patria, dal
grido del cuore offeso per tanta jattura, cui rnttempra
un giusto orgoglio della gloria di lui,
LA PALESTRA 95
e che domina più o meno in tutti i 40 componimenti
di cui consta il volume, molti dei quali, soggettini bre-
vissimi e miniati accuratamente, fanno pensare a certe
fatturine dell' Aleardi, il quale, checche ne pensi l'e-
poca affascinata dall'idea potente di Carducci, o stimo-
lata dalle plasticità di Stecchetti, resterà sempre il
poeta della grazia e della soavità del sentimento. Come
l'Aleardi, il giovane triestino ha anch'egli una simpatia
pelle cose minute. Al suo porta-sigarette,
un ricordo di dolce simpatia,
dedica cinque strofe, in cui il manierismo è velato da
un colore di tanta sincerità, che il labbro si sente in-
dotto a creder sui serio all' idolatria del poeta per quella
reliquia. Un Zolfanello gli fa pensare al nascere ed al
morire repentino dell'amore; un Girasole gli mette sul
labbro un'apostrofe sarcastica degna d'un moralista;
e noi sentiamo il poeta chiamar affettuosamente un ra-
gno che gli compare di sera; ma questa non è che
una rete tesa al laborioso animaletto, allo scopo di
cavarne un pronostico desiderato ; ottenuto il quale, il
povero profeta non ha che il ringraziamento d'un:
„va via."
Nè il tempo, nè lo spazio ci concede di passare
in rassegna tutte queste fatture poetiche del signor
Pitteri ; ma nel nostro umile giudizio crediamo poter
affermare che tutte, ciascuna nel suo genere diverso,
son belle. Dalle tre soavissime quartine della Dedica
alle sdegnose, rivolte Ad un censore anonimo, nelle
quali, con tutta la fierezza d'una coscienza sicura di
sè stessa, l'autore si vanta poeta onesto; dai versi
Ad Ausonio, un po' nebulosi, un po' mistici, gli unici
forse che in certo qual modo giustifichino il titolo dato
al volume, ma tessuti in bella forma, e qua e là ricchi
di elevati pensieri ; da questi a quel Niente, così scher-
zoso e così vero; dall'inno Alla Natura alla stupenda i
poesia All'Orologio, che per nostro conto è la meglio
riuscita del libro; dalla canzone d'amore a Corinna —
Poi — entusiastica, sentita, e tale da inorgoglire la
più schiva anima di donna, alla leggiadra cosettina
Vorrei sognare; dal Canto mite alla fine ed elegantis- ì
sima poesia A tre falchi in gabbia ed alla ballata II
re del mare, tutti i componimenti dal signor Pitteri
presentati come Prime Incertezze, hanno un'impronta j
particolare di buon gusto e di felice ispirazione. Si
ravvisa in essi il poeta gentiluomo, che non si tradisce
mai con un pensiero triviale, con una frase scurrile;
che anche pagando il suo tributo di realismo, non si
scompagna da quella dignità naturale da cui un vero
poeta non può derogar mai, e che sembra fare assolu- jj
tamente difetto ad un gran numero dei moderni ver-
seggiatori.
E dopo ciò qual'è l'ideale artistico vagheggiato
dall'autore di queste Prime Incertezze? j!
Egli dice che non lo seduce !'
la strofe pallida
della scuola moderna
che imbellettata mente
che canta e che non sente,
egli, che ama
la libera
poesia che il trasporta
per le vitali arterie
de la materia morta.
La santa poesia
che per F ignoto penetra
a investigare il ver.
egli vuole l'arte che riponga il suo fine
nel!' infiammare l'anima
ad una vita nuova,
ma quando, ma donde debbe scaturire quest'arte"? Forse
l'Incertezza è realmente lo stato dell'anima del poeta,
perennemente ondeggiante fra la fede ed il dubbio.
I triestini unanimemente han detto bravo all'egre-
gio concittadino, che promette un bel nome alla storia
letteraria della bella terra nativa; e quantunque il suo
volumetto, per ragioni di modestia troppo spinta, non
sia stato posto in circolazione, ha ottenuto il plauso
anche fuori da intelletti nutriti di belle lettere e appas-
sionati per l'arte. Il prof. Volpe-Rinonapoli chiamava
le Prime Incertezze „bocciuoli di fiori olezzanti" e noi
non sapremmo chiuder meglio il nostro povero cenno,
che ripetendo questa felicemente applicata espressione
d'un critico imparziahssimo ad un poeta che ha una
vena facile, delicata ed originale, e che senza dubbio
non vorrà arrestarsi a questo primo saggio dato di sè.
pLDA pIANELLI.
G. Gelcieh: Memorie storiche sulle Bocche di Cattaro.
Zara. Woditzka, 1880.
(Continuazione vedi n.° precedente.)
Non si creda però che questa prima parte del-
l'opera del signor G. Gelcich, ad onta della sua brevità,
che abbiamo constatata in sul principio, sia da mettersi
a paro colle altre abborracciate in questi ultimi tempi,
le quali, ignorando i recenti lavori slavi e tedeschi,
erano esclusivamente basate non sul Lucio e sul Par-
lati, che pur sono qualche cosa, ma sui più informi
zibaldoni storici stampati e manoscritti. Fino dalle prime
pagine noi ci accorgiamo d'avere dinanzi persona pro-
fondamente erudita, a cui è nota non solo la vecchia
letteratura geografica ed istorica, ma anche la moderna.
Infatti agli antichi scrittori citati a piò di pagina, tro-
viamo uniti i moderni, come Fejer, Bewan, Zippel,
Becker, Mommsen e Carrara. Incontransi inoltre alcu-
ne monografie rare ed importanti come Ivanovich M.
Della dedizione delle Bocche di Cattavo a S. il/. V Imp.
Francesco I e dell antica origine di detta città —
Corner FI. Catharus Dalmatiae civitas in ecclesiastica
atque civili statu historicis documentis illustrata —
nonché alcuni mss. p. e. Ballovich-Dentali A. 1 fasti-
di Perasto, mss. del sec. XVII conservato nella bibliot.
Vizcovich di Perasto. L'egregio autore non ha trascu-
rato neppure i giornali, essendosi servito del Bollettino
archeologico di Roma, della Gazzetta di Zara, e della
Dalmazia.
tentativo è una prova di più che l'arte vera è cosmo-
polita e destinata ad affratellare i popoli, a qualunque
nazionalità essi appartengano.
L. J3ENE VENIA,
COSE NOSTRE.
L'Illustrazione italiana nel suo ultimo n.° prende
a disamina la pubblicazione letteraria: Profili — già
da noi annunziata — del nostro amico e collaboratore
G. D. Sabalich. Tra quei sette bozzettini, com'essa li
chiama, loda 11 diavolo del Reggimento e le Nozze nel
mare; vi trova vivezza ne' rimanenti, ma una lingua
in generale troppo ricercata.
Anche il Mente e Cuore di Trieste (N.° 14) par-
lando degli stessi ha delle parole lusinghiere pel nostro
collaboratore. Vi riconosce il non piccolo pregio di chi
sa scrivere senza pretesa nonché delle cosette carine
carine come il bozzetto II mondo e fatto a scale e l'altro
Quando Ada era malata, che dice un vero gioiello d'af-
fetti intimi.
Un nostro abbonato, il signor Giovanni Santini
da Torrette, ci offerse gentilmente la seguente lettera
indirizzatagli dall'illustre autore dei Bozzetti della vita
militare, lettera che noi pubblichiamo col massimo
piacere :
Pregiatissimo Sig. Santini,
Ho ricevuto da parecchi giorni le novelle del Sig-. Sabalich
e una sua gentilissima lettera, alla quale risposi subito. Ho
ricevuto pure la PALESTRA ed il DALMATA, ch'Ella mi annunzia,
e gliene sono iratissimo : non posso accettare, in coscienza,
tutti gli encomi di cui mi onora il primo di quei giornali;
ma mi è carissima la benevolenza che li ha dettati. Fra poco
si pubblicherà una raccolta di mie poesie : La prego sin d'ora
d'accettare un esemplare come ricordo d1 amicizia. Mi creda
ora e sempre
Suo aff.o e devotiss.
De Amicis,
Torina 17 agosto 1880.
È uscito coi tipi di S. Artale in Zara il Dalma-
lino, lunario cattolico, greco ed israelitico per V anno
1881. Tra le curiosità storiche troviamo due documenti
inediti, interessanti per la storia della lotta religiosa tra
latini e greci, combattutasi il secolo scorso in questa
provincia. Il primo è una lettera di data 24 ap. 1741
dell'arcivescovo di Zara alla Sacra Congregazione di
Roma; il secondo una determinazione del provveditore
generale Marino Antonio Cavalli in data 27 marzo 1742,
Nel programma dell'i, r. Scuola reale superiore
in Spalato per l'anno scolastico 1879-80 e in quello per
lo stesso anno dell'i, r. Ginnasio e Reale in Cattaro si
leggono due pregevoli lavori. Nel primo, il prof. G.
Kolombatović scrive alcune sue originali Osservazioni
sugli uccelli della Dalmazianel secondo, il maestro
S. Rutar nelle: Starine bokokotorske (Antichità »ielle
Bocche di Cattaro) raccoglie in un tutto ciò che tanto
geograficamente quanto . storicamente è conosciuto in-
torno a quel lembo di terra dalmata sino all'occupa-
zione romana.
La società accademica „Dalmazia", in Graz, ha
costituito la sua nuova Direzione con a presidente il
sig. G. Raccamarich, studente tecnico da Pago; a vice-
presidente il sig. 0. Pasco, stud. tee. da Spalato ; a
cassiere il sig. G. Rossi-Sabatini, stud. tee. da Zara,
ed a segretari i signori D. Maupas, stud. tee. da Se-
benico e T. Marchich, stud. leg. da Zara.
NOTIZIE e SPIGOLATURE.
La sera del 2 novembre al Teatro Nuovo ci fu
dato poter gustare per la prima volta il Boccaccio, uno
degli ultimi capolavori del nostro compatriota, maestro
Cav. F. de Suppè; esso sino ad ora assicurò l'esito
della stagione.
* *
Nel teatro Regio di Monaco di Baviera si dà ora
un corso di rappresentazioni classiche drammatiche, che
per la prima volta vengono rappresentate nella loro in-
tegrità, le une dopo le altre, con un lusso e con artisti
di cartello che solo un teatro reale può offrire. A queste
rappresentazioni prendono parte, non solo gli artisti di quel
regio teatro, ma ben anche i migliori dei teatri regi di
Vienna, Stoccarda, Dresda, Berlino, Annover e Carlsrue, e
dei teatri comunali di Lipsia e Amburgo. Le produzioni
sono: Il campo di Wallenstein, Piccolomini, La morte di
Wallenstein, Amore e Raggiro e Guglielmo Teli di Schil-
ler; Nathan il saggio, Emilia Gallotti e Ninna di Bciru-
helm di Lessing; Amleto, Giulio Cesare, Machbet ed Un
racconto cV inverno di Shakespeare ; La tazza rotta di Kle-
ist; Clavigo, Torquato Tasso ed II Conte ci'Egmont, di
Goethe.
*
Annunziamo fra le novità drammatiche in Italia:
Scrollina del Torelli, la quale, a quanto se ne dice,
sarebbe la sua Mercede rifatta; e in aspettativa: Il Ca-
prone del Barbieri, Capitan Fracassa del Castelnuovo
e I Napolitani del 99 del Cossa. In Francia: Le Finan-
ciers du jour del Sardou e Le Hommes de la Finance
dell'Augier.
*
Togliamo dal Suggeritore, giornale romano delle
arti sceniche, alcuni dati intorno al Teatro Costanti di
Roma, architettato dal signor Sfondrini.
E un grandioso monumento che abbraccia una
superficie quadrata di 4257 m., la cui platea, più grande
di quelle del San Carlo di Napoli e della Scala di
Milano, lunga 24 m. e larga 20, è capace di ben 1200
persone. Ha tre ordini di palchi, 108 in tutto, i quali
quella Superiorità,1) a voler riconoscere quale aumento
di popolazione ne sia derivato doppo l'Epoca dell'as-
segno fatto alla Dignità Arcipretale nell'anno 1755:
quale possa esser 1' annuo reddito dell! Campi 400 di-
sposti a suo favore: e quali le canoniche utilità, che le
derivano a titolo di Battesimi, Matrimonj e funerali nel
corso dell'anno.
Suplisce infatti quella Superiorità col suo rapporto
5 Luglio all'incarico, dimostrando, che dal Libro dello
Stato dell'Anime instituito nell'anno 1791, raccogliesi
l'aumento in città di Famiglie Nr. 62, e da quello del
Suburbio di Macarsca dell'anno 1789 all'anno 1804 di
Famiglie Nr. 39, un pari accrescimento nel Suborgo
di Cotesina non ostensibile questo colla scorta dei Libri
per il comprovato incendio della Episcopale Cancellaria.
In quanto poi al risultato del reddito derivante
dalli Campi 400 assegnati viene presentata una Piede-
lista, da cui emerge, che nel solo triennio 1790, 1791,
1792 tempo, in cui veniva amministrata da un economo
imparziale quella rendita, poteva limitarsi il prodotto
a L. 3925.17, ed ora per l'incarimento dei generi a
L. 6000 circa Dalmate, e che possano aggiungersi gl'in-
certi, ossiano le Arcipretali utilità de Battesimi, Matri-
monj, funerali calcolabili a libre venti di cera all' anno.
Annessa nelli primi anni dell' Sostituita Arcipre-
tura la cura spirituale di quelle anime al primo Arci-
prete sì per il servizio di quella Città, che per li due
Subborghi, poteva essere a sua sussistenza bastante il
pubblico assegno delli 400 Campi, ma triplicata in se-
guito quella Suddita popolazione, non era più possibile
che essa potesse supplirvi, e quindi per non mancare
al suo religioso esercizio dovette destinare due Capel-
lani Cooperatori in Macarsca e Cotesina, e il terzo nella
città; e farne a loro beneficio dei distacchi dalla sua
prebenda giudicata, come sopra si è esposto, alle L.
6000 Dalmate annue, risultato, che deriva dalla decima
parte del prodotto, di cui si attrova investito l'Arci-
prete, dapoichè le altre nove parti del prodotto mede-
simo spettano ai coltivatori dei fondi assegnati colla
Terminazione 27 Giugno 1755, approvata con Decreto
del Veneto Senato 17 sett. 1755.
Aveva esso Arciprete rassegnato al Veneto Prin-
cipe le proprie convenienze per un adeguato provvedi-
mento, e le richieste ritratte informazioni in allora dal
Prov. Gnal. della Dalmazia, e dalla Deput. Estraord.
ad Pias Causas favoriscono l'instanza, perchè vi si
accorra con relativi sufìraggi, avendo quelle autorità
riflettuto coli' opinativo loro voto, che la summa di
zecchini quaranta sette, che viene contribuita annual-
mente divisa in mercede alli tre nuovi Capellani non
contemplata nell'assegno del Carico Arcipretale.
Sussistono al presente le prime convenienze non
solo, ma maggiori ancora, fatto riflesso all'attuali cir-
costanze di alterazioni de' prezzi de' viveri, e lorcliè
si abbia a prestar fede alle attestazioni delli tre coope-
ratori, che in complesso confessano di percepire fior.
300, summa superiore a quella veniva conseguita ne-
gl' anni 1793, tempo delle concesse informazioni.
Si chiamava con tale nome sotto la prima dominazione
austriaca un ufficio, posto nei principali centri della provincia, co-
stituito da tre individui, che in sè riunivano tutti i poteri civili,
criminali, amministrativi e di polizia.
È di juspatronato di S. M. quella Chiesa Catte-
drale, ed è pure inerente il diritto sopra quella dignità
Ecclesiastica bisognosa di provvedimento, che per la
sua misura dietro li rassegnati lumi dipender deve
dalla Sovrana liberalità e clemenza.
Nr. 715 Prod. 1805 Nr. 7105.
254
Al Prod. Gen. della Dalmazia.
Non avendo indicato il Gov. Prov. della Dalmazia
nella sua informazione de' 23 Luglio p. p. risponsiva
all'Aulico Decreto 25 Luglio a. c. Nr. 474-79 di quanto
desso crederebbe necessario l'accrescimento alla Pre-
benda deir Arciprete di Macarsca Dn. Gio. Paulinovich,
per farla bastare alla propria ed alla sussistenza dei
tre Capellani Cooperatori, eh' Egli stante l'accresci-
mento della popolazione nella Città e Suburbj trovasi
costretto di tenere in propria assistenza, così pure non
avendo accennato il detto Governo da qual fondo o
fonte si potrebbero ritrarre i mezzi per l'implorato
accrescimento: resta perciò il Governo medesimo ecci-
tato a somministrare i sopradetti necessari dati a com-
pimento della sopraccita sua informazione.
Vienna 17 Agosto 1805.
In absent.
Leopoldo de C^ittiiani.
Informazione 10 sett. 1805 Nr. 7105.
Viene incombenzata l'obbedienza del Governo con
Aulico Decreto 17 Ag. Nr. 715 a dover indicare il
proprio parere sopra l'accrescimento necessario alla
Prebenda dell' Arciprete di Macarsca Dn. Gio. Paulino-
vich per farla bastare alla propria, ed alla sussistenza
dei tre Capellani Cooperatori, e sopra qual fondo o
fonte si potessero ritrarre i mezzi per l'implorato ac-
crescimento.
Colla rispettosa consulta 23 Luglio ebbe l'onore
il Governo di riportare a conoscenza dell'Aulico Di-
partimento, che richiesti di informazione sotto il decesso
Veneto Principe nell'identico argomento il Pr. Gnl.
della Dalmazia e la Deputazione Estraordinaria ad Pias
Causas abbiano col loro opinativo voto admessa in certo
modo la summa annua di zecchini 47 ossia fior. 178,
che era appunto il risultato che veniva in allora diviso
alli tre Cooperatori, ora stando alle attestazioni prodotte
e già umiliate colla precedente sunnominata consulta
viene dimostrato che non più 178 fior, vengono impie-
gati a compenso delle parocchiali sollecitudini e servitù,
ma fior. 300.
Il Governo però non osa proponere il soccorso
annuo richiesto delli fiqr. 300, dappoiché dovendo anche
l'Arciprete di quella Chiesa sentirne un peso sulle ren-
dite assegnategli dalla Publica Autorità crederebbe
bastante la misura di fior. 270.
Da qual fondo poi o fonte potesse esser estratto
un tale accrescimento spiace al Governo dover rapre-
sentare, che in questa povera Provincia, dove manca
ogni provvida istituzione a soccorso delle bisognose
Parochie, non può da altro lato attendersi l'invocato
Suffraggio, che dalla liberalità Sovrana sino a tanto,
che non venghi disciplinato e posto in attività il già
mirato fondo di Religione.
Questo accordo, approvato dal rettore Tiepolo e
sanzionato dall'autorità ecclesiastica, pose fine alle di-
scordie cittadine e diede stabile base a questa istituzione.
Lesina, 10 maroso ISSO.
J^. jI^ASSANDI\ICH,
NEVICATA STIRIANA.
Mentre la stufa brontola
e le ofridee profumano
la stanza riscaldata,
io guardo muta stendersi
la neve sulla povera
campagna assiderata.
Declina il giorno; pallido
tramonta il sol di Stiria,
semispenta ecatombe;
e sovra i rami stendesi
la nebbia uggiosa, e in nugolo
su le montagne incombe.
Lontan, s' un clavicembalo
le dita incerte e deboli
giocan d'una bambina,
e i contadini danzano
al suono d'una citara
nel!' osteria vicina.
Oh come è fi-eddo e lugubre
questo stanzone nordico,
resto del cinquecento!
io, sovra un vecchio codice,
sbozzando uno sbadiglio
m'annoio e m'addormento!...
Grafs, decembre 1S7?.
ABALICH.
A proposito di un nuovo vocabolario
della lingua croato-serba.
pra le molte pubblicazioni dell'Accademia Jugoslava
Itdi scienze ed arti, residente a Zagabria, è senza
^ dubbio la piìi importante quella del vocabolario
I della lingua croata o serha (Rječnik hrvatskoga ili
srpskoga jezika — na svijet izdaje Jugoslavenska Aka-
demija znanosti i umjetnosti — obradjuje Dj. Daničić),
đi cui il primo fascicolo, contenente la lettera A e parte
della B, ha veduto la luce in questi ultimi giorni.
Fra le popolazioni slave del sud, cui più la di-
versità della confessione religiosa e delle aspirazioni
politiche di quello che la lingua divide in Serbi ed in
Croati, era generalmente sentito il bisogno di un voca-
bolario possibilmente completo, che contenesse la lingua
di tutte le provincie e di tutti i tempi. Molti vocabo-
lari e dizionari croati, serbi e illirici aveano già da
secoli veduta la luce e nelle provincie slave ed in Italia,
specialmente in Ancona e Venezia; ma questi tutti erano
mancanti, perchè contenevano solo una porzione della
lingua, o ristretta alla patria dol compilatore od al tempi,
in cui egli era vissuto. Rimediare a tale inconveniente
e provvedere a tale sentito bisogno fu compito dell'Ac-
cademia di Zagabria, la quale ora, datone l'incarico al
riputato filologo Dj. Daničić, potrà vantare di posse-
dere un vocabolario, da porsi a paro ai più perfetti delle
altre nazioni incivilite.
Alcuni studi, da me incominciati sul volgare ita-
liano, che si parla in Dalmazia, mi spinse a leggere il
nuovo volume, intorno al quale ho buttato giù qualche
annotazione, die qui presento ai lettori della Palestra.
Il disegno dell'opera, secondo me, è il seguente,
ed il chiaro compilatore è evidentemente partito dai
seguenti principi.
11 nuovo vocabolario contiene tutte le voci, ado
perate nei documenti e nei libri iugoslavi dall'epoca
più antica fino ai giorni nostri ; sieno esse voci nazio-
nali o forestiere, antiquate o dell' uso. Oltre a questa
parte, che potrebbe essere anclie la parte morta del
linguaggio, arricchisce l'opera la lingua vivente del
Montenero, Dalmazia, Serbia, Bosnia, Erzegovina, Croa-
zia, Slavonia, Istria e Carniola. I nomi propri, di qua-
lunque specie essi sieno, ed i cognomi entrano tutti nel
corpo dell'opera, e non vengono dati alla fine, come
generalmente si usa in lavori siffatti. La diversità del-
l'ortografia nelle singole parole dà origine ad articoli
separati. La spiegazione del significato si fa ora in islavo,
talvolta in latino, in italiano ed in tedesco. Possibil-
mente si dà anche l'etimologia delle singole voci, che
vengono raffrontate non solo colle corrispondenti delle
varie lingue europee, ma anche con quelle dell'oriente
antico e moderno.
Tale, secondo me, è il disegno dell'opera, che, mi
si conceda dirlo, doveva essere espresso in una prefa-
zione, onde togliere sin da principio malintesi e pre-
giudizi. La mancanza della medesima ha fatto s\, che
venissero già pronunziati criteri avventati e poco cor-
rispondenti alla realtà delle cose. Si lagnano alcuni che
l'Accademia di Zagabria abbia chiamata la lingua slava
del sud croata o serha; censurano altri l'intrusione di
una infinità di voci straniere, specialmente italiane e
turche; questi vorrebbero i nomi propri in fine; quelli
soppressi tanti articoli, in cui non si fa altro che ripe-
tere parecchie volte uno stesso vocabolo sotto altra
forma ortografica; altri domandano quale pratica uiilità
avrà il nuovo vocabolario, in cui tra una farragine di
voci straniere, di arcaismi, idiotismi e provincialismi,
mai si avverte lo studioso quale sia il vocabolo puro,
da usarsi nelle moderne scritture; tutti poi arricciano
il naso dinanzi all'arbitrario ostracismo dato ai nessi
clj, IJ, nj, sostituiti da una d tagliata, da una l con
gedille e da una n sormontata da un punto.
Dìq 23 Iidij 1759.
De mandato perilustris ac Rmi. dni Ioannìs Car-
sana S. T. D. Ganci. Theolg., et Vie. Gnalis ladrae ad
Curiam comparuit Gerasimus Vucevich Pbr. Slavo-
Graeci ritus Parrochus Villae Smocovich, qui exposuit^
ut sequitur, videlicet:
Ieri mattina alle ore 14 in circa capitò publica-
mente alla mia casa Boxiza Voivodich nata a Cuda-
staglich, la quale serve in casa del Sign. Mag. di Piazza
Salomoni.
Desiderando questa passar a matrimonio, e perciò
munirsi anticipatamente de necessarj requisiti, venne a
ricercarmi una fede del di lei battesimo. Non ritrovan-
dosi in vita il Parrocho, che tal sagramento lo ammi-
nistrò, nè costumando li Greci del Contado superiore
descrivere in libro tali atti, la ricercò da me, che mi
ritrovai presente nel tempo, che fu battezzata, molto
ben conoscendola, e gliela feci. Poco dopo mi portai a
celebrare la S. Messa; e questa terminata, mi disse il
sign. SardarZorzi Mocivuna: andiamo alla tua casa
— ed io volentieri lo introdussi. Ricercomi, che vorebbe
reflciarsi col bever l'acquavita, ed io gliela diedi, non
solo a lui, ma ancora al Giudice e Capitanio, che seco
avea condotti. Indi diede di catenaccio alla porta, e
mostromi una lettera; disse egli, esser di S. E. Provd.
Gnal., che gli commetteva di far diligente perquisizione
alle mie casse e cassette et armari, esistenti nella mia
casa, e da me prontamente furono esibite le chiavi, et
egli esegui il tutto con particolar diligenza ricercando,
come disse, se vi fossero pezzi d'argento ; ne avendo
ritrovata cosa alcuna delle ricercate, si portò nella ca-
nova, nella quale per soggezione dello stesso Sardar,
tosto che lo vidde comparir, la sudetta giovine si era
nascosta dietro una botte. Tosto che la vidde, cominciò
a chiamar li Seresani,-) dicendo loro: ho ritrovato l'Ai-
duco.^) Et io gli risposi, non esser la suddetta giovine
l'Aiduco, ma bensì esser la medesima venuta per ricer-
carmi la sopracennata fede, et esser capitata poco prima,
che mi portassi a celebrar la S. Messa, come lo pos-
sono testificar Luca Tintor, Vasso Bajnovich, et altre
femine, che stavano vicino alla Chiesa, come pure Bar-
tul Drazza.
Come che in altri tempi dal Sign. Sardar Moci-
vuna, non che dal Capitanio e Giudice della suddetta
Villa sono stato calluniato di ladro, doppo aver essi
rubbate, o fatte rubbar le corone d'argento in chiesa,
e queste tenute nascoste per più d'un anno, et indi
gettate a piedi di un Crocifisso, temo, che ancor di
presente saranno capaci d'imposturarmi, avendola essi
seco condotta, nè so dove, et essendo li medesimi poco
ben affetti alla mia persona per la soggezione e dipen-
denza, che ho da Monsig. 111. e Rmo. Arciv., perciò a
mia indennità sono venuto in quest'ufficio, per manife-
stare la verità del fatto con mio giuramento. I. P. M.
G. Q. A. L. 0., seq: subscripsit, et dimissus fuit.
Ja napoKO ce.ia Cmoko-
eika JepacÌM ByKyeeifi.
ni. p.
J NOTE BIBLIOGRAFICHE.
toriale.
') Serdar, capo di distretto, e capitano deìla milizia (erri-
"3 Sereiait, soldato a piedi,
"} Hajduk, assassino, malfattore.
lia Malinazia: C'ompendtello di geografia e statistica per Gae-
tano Bilagher, docente all'i, r. istituto magistrale di Rovereto —
Rovereto, tip. Giorgio Grigoletti 18S1.
Questo libro, dedicato al cav. Niccolò Trigari,
podestà di Zara, patria dell'autore, tende ad empire
una lacuna già da tempo avvertita, cioè „la mancanza
di un libretto di geografia patria che in modo qualsiasi
corrisponda ai bisogni delle scuole della Dalmazia."
Se non fosse altro, scopo cosi nobile è già argomento
sufficiente d'applauso e di raccomandazione; e quando
si pensi che in tempi dove la scienza geografica è pro-
gredita così da essere uno de' principali fattori di col-
tura non solo ma di educazione, per la geografia patria
nelle nostre scuole si è limitati a degli accenni magris-
simi, un libro che ci ricordi quanto ci sia da apprendere
istudiando dapprima casa nostra, l'uno e l'altra cre-
scerà del doppio. Non assevero che questo del Nostro
sia il jvrimo, no ; libri di geografia della Dalmazia ne
abbiamo parecchi; ma uno tale, che servir possa al
pubblico insegnamento, ci manca affatto. Il signor Bila-
gher, siccome prova dell' amorevolezza sua alla gioventù,
ha voluto tentarlo, e noi dobbiamo essergliene grati;
ma un libro tale, perchè rivolto appunto a scopo sì
delicato, va istudiato con amore e giudicato con fran-
chezza, rilevando per quanto sta in ciascuno que' nei
che eliminati, potrebbero renderlo ognora più pro-
fittevole.
L'opera ci si presenta divisa in due parti : la pri-
ma, La Dalmazia, premessa l'esposizione di quelle
svariate condizioni naturali che favoriscono o inceppano
lo stato materiale e morale di un paene, tratta della
statistica della popolazione, di quella dell'economia,
della civiltà e della vita sociale e politica; la seconda:
Cenni storici-statistici-descrittivi, abbraccia quanto ap-
punto d'ordinario addimandasi topografia. Ora, ognuno
sei vede come questa nomenclatura manchi di quella
chiarezza cosi indispensabile ad un libro scolastico. Il
primo titolo per la sua vaghezza qui non ha significato
alcuno, mentre il secondo comprende cose che per lor
natura oltrepassano i limiti di quella sfera d'estensione
a cui naturalmente avrebbe dovuto attenersi. È questa
confusione di nomenclatura, la quale, a giudizio nostro,
portò seco quella non ordinata disposizione di materia
che non può a meno di cader sott' occhi. Così l'autore,
sotto il titolo La Dalmazia, ha il seguente ordinamento :
Posizione e confini; Superficie e popolazione ; Sue parti;
Cenno storico; Stemma; Nazioni e religioni; Monti;
Fiumi; Mari e laghi; Isole e penisole ; Canali; Clima;
Caverne; Prodotti naturali ; Prodotti animali ; Prodotti
minerali; Lndustria e commercio] Strade e ferrovie;
Navigazione ; Amministrazione pubblica; Istruzione puh-
Uica. Ora, quel Cenno storico là è un fuor di luogo ;
esso solo autorizzava ad una triplice divisione : la storia
come proemio alla geografia. Così facendo l'autore avreb-
be potuto allargarsi alquanto di più, perchè, veramente,
quelle tre pagine di storia patria non ci danno nemmeno il
più sbiadito quadro delle vicissitudini cui andò incontro
questa nostra terra. Conseguentemente ne sarebbe deri-
vato una limitazione nella parte storica, all' incontro così
(Studi filologici.)
.1 latino rustico, parlato generalmente in tutti i paesi,
Yche formavano l'impero romano, ha lasciato dove
"i" più e dove meno un avanzo di sè nelle lingue mo-
derne di quelle popolazioni, eho occupano oggidì gli
stessi territori. 1 resti di quella lingua stanno in in-
tima relazione colla durata del governo di Roma, colle
sue colonie, e colla maggiore o minore resistenza op-
posta dagli elementi indigeni al linguaggio dei conqui-
statori. Ma come i dialetti dell'Italia centrale — sede
questa dei latini o assai per tempo passata sotto il loro
dominio — si avvicinano più fedelmente degli altri al
latino volgare: cosi, a seconda che ci dilunghiamo da
quelle regioni, s'intorbida sempre più la pura fonte del
latinismo ed entrano in sua vece elementi eterogenei,
non vinti appieno dalle legioni di Roma. Succede anche
qui, come in tutte le cose della natura, un lento digra-
dare, un passaggio insensibile da dialetto in dialetto, un
allontanarsi inconsapevole dalla lingua del Lazio, la
quale, quasi fiaccola fiammeggiante, rischiara di luce
meridiana le cose vicine, e poi in ragione della distanza
sempre più indebolisce.
Non spetta al nostro tema intrattenerci sui paesi
occidentali, in cui sì svilupparono il portoghese e lo
spagnuolo, il provenzale ed il francese; bensì c'incombe
esaminare l'oriente romano e le antiche provincie che
a nord-est confinavano coli'Italia, giacche è impossibile
tenere parola dell' etnografia della Dalmazia, senza con-
siderarla nel complesso di quelle altre regioni che for-
mano la penisola balcanica e senza trascorrere, almeno
succintamente, quanto la storia e la filologia moderna
hanno scoperto circa tale argomento. Inoltre sarebbe
difficile rendersi ragione dello stato etnografico presente,
trasandando affatto quelle vicende dei tempi andati, che
spiegano le condizioni attuali. Essendoché in tutte le
indagini, ma specialmente nelle filologiche, il passato
è lume al presente, per il semplice motivo che la forza
materiale distrugge e regni e monumenti, ma è impo-
tente a cancellare affatto il linguaggio materno dalle
labbra dei vinti.
Ma se per le altre regioni d'Europa torna meno
difficile lo stabilire la natura del linguaggio dei popoli,
di cui la storia ha i più antichi ricordi, per la penisola
balcanica la cosa riesce difficilissima. E noto come
quella regione fosse sempre stata il ponte di passaggio
fra l'oriente e l'occidente, poiché i vari popoli, corsa
la pianura sarmatica, o si arrestavano dinanzi ai Car-
pazi, oppure, come fiumana che si dirama per forza di
ostacolo, giravano quei mona a nord verso la Vistola,
0 a sud lungo il Danubio. Il passaggio adunque e lo
stanziamento di tante schiatte differenti per linguaggio
e per costumi, ha fritto sì che deboli fossero molte volte
le traccio della loro esistenza, ed umile assai il grado
di coltura da essi raggiunto. Per cui, ad eccezione di
poche voci barbare e di qualche nome proprio, conser-
vatoci dagli antichi scrittori latini e greci, che poco
possono giovare ad una dimostrazione etnografica, ogni
altro argomento dovette essere basato su congetture.
È vero altresì che ai nostri giorni, tolto ai linguaggi
di quelle popolazioni tutto ciò che appartiene al greco,
latino, slavo e ad altri idiomi moderni, si raccolse un
buon numero di voci esotiche, e che tale resto si attri-
buì agli antichi linguaggi estinti; ma è vero ancora che
i risultati di questi stadi etiìnologici presentano molta
incertezza, specialmente ({uando si fanno servire alla
passione politica e ad un sistema già stabilito a priori.
Se diamo un'occljiata al una carta della penisola
balcanica, noi vediamo ad ovest succedersi quasi pa-
rallelamente alla costa dell'Adriatico una serie di catene
montuose fino allo Scardo ed al Pindo; indi coll'Orbelo
e coir Emo protendersi il corso di questi monti dal-
l'ovest all'est fino al Mar Nero. E possibile che queste
due parti della grande penisola in tempi preistorici
fossero state abitate da una popolazione parlante la
medesima lingua, la quale avesse toccato gradatamente
nella Macedonia e nell'Epiro la nazione greca. ciò
non potrebbe valere che per una semplice congettura.
Se ci atteniamo però alle posteriori testimonianze della
storia, ci accorgiamo che la divisione naturale di questa
vasta regione in occidentale ed orientale, è giustificata
e dagli avvenimenti e dagli avanzi linguistici. All'ovest
primeggiano gl'Illiri, all'est i Traci insieme ai Geti
e Daci.
In quale nesso linguìstico fossero stati anticamente
tra loro questi popoli, non v' ha prova a dimostrarlo ;
possibile, che uniti prima da comune linguaggio, sì
separassero poi, come gl'Italici e gli Elleni, in forza
di una esistenza politica varia e divisa. Meno traccia
però di sè lasciarono le genti della parte orientale della
penisola, perchè ivi più frequenti furono le immigra-
zioni ed emigrazioni, essendo quella regione la via na-
turale che condusse nella Grecia e nell' Europa occi-
dentale molti e diversi popoli barbari, tanto nei tempi
antichi che nell'età di mezzo. La parte occidentale in-
vece, meno esposta all'accesso di popoli immigratori,
mantenne più a lungo la propria fisionomia e salvò dal
naufragio universale una maggior dovizia di patrimonio
linguistico. Di questi parleremo prima e poi degli altri.
E cosa fuor di dubbio che antichissimi abitatori
della metà occidentale della penisola fossero stati gli
miri; e che questa nazione avesse poi avuto maggiore
importanza di tutte le altre in quella regione, è provato
dalla denominazione ufficiale di Illirico, data dai ro-
mani all'epoca dell'Impero non solo alla Dalmazia, ma
talvolta anche a quasi tutta la penisola balcanica. Quale
lingua avessero parlato questi popoli, non consta minuta-
mente. E vero che alcuni storici e filologi dei tempi
andati, identificando l'illirismo collo slavismo, hanno
creduto essere stati quei popoli gli antenati dei mo-
derni slavi ; ma tale credenza non potè mai passare i
limiti di una innocente ipotesi, sorta più dal sentimento
politico che dalle indagini della vera critica, tnancando
assolutamente ogni prova in proposito.
(Couliiiua.)
Y. ^RUNELLI.
Dr. E. Roberto Roesler Dacier md Romanen nei Sit^ungs-
berichU der k. k. Akad. der Wisseusch. di Vienna, fhil. hist. Classe
voK 53, fase. 1.
— Allora siete felice, sospirò la bella donna men-
tre abbassava gli occhi.
— No, risposele Ugo animandosi, non doveva dire
indipendente. Io abbisogno d'una guida, d'uno spirito
benigno che mi sorvegli e mi procuri una lieta esi-
stenza. Ve ne assumereste l'incarico, se io vi pregassi?
— Ed afferrò la di lei mano. Ella non gliela ritrasse
e la risposta le mori sulle labbra quando quelle d'Ugo
vi si posarono sopra
Quel bacio ero stato più eloquente d'ogni parola.
Il giorno dopo Ugo presentò a sua madre la
sposa,
Gigia, la cameriera, non volle lasciarsi scappare
una si bella occasione, e trascinato a foi-za il caccia-
tore, prese a dire: anche noi due vorremmo formare
una coppia e perciò la preghiamo a voler far valere
a nostro favore una buona parola presso il signor ba-
rone. Forse che ei concederebbe il posto di guardabo-
schi al mio bello, ed i nostri voti allora potrebbero
anche compiersi.
Ugo sorrise amorevolmente ; guardò la coppia pri-
ma, indi la sposa.
— Chi è felice deve procurar di far felici anche
gli altri, disse la giovane, ed uni le mani dei due
amanti.
— Se sei capace d'adempiere a questo ufficio,
disse Ugo al cacciatore, ti voglio concedere quanto chiedi.
La casa che abiterete non è grande, ma in bella posi-
zione ed in buon stato.
— Nella più piccola capanna v' è spazio sufficiente
per una coppia felice, soggiunse la giovane vedova.
I suoi protetti non trovarono parole ad esprimere
la loro gioia e la loro gratitudine.
Sei settimane dopo vennero celebrato le nozze.
( Continua.)
p.. ^lAlONELLI.
L'ultimo canto del conte di Servan.
(Diil tedesco della bar. Diifiiigsfold-Reinsberg.')
Some daj'6 must bc durk and dreary.
(17 son dei giorni ben tetri e seuri.)
I^ongfellow.
„Ben tristi e scuri dei giorni spuntano
Per i mortali" — dicesti il ver,
Ma non un solo giorno di giubilo
Per me mai sorse, nè di piacer!
'3 La baronessa Ida Diiringsfeld, moglie del barone Ottone
di Relnsberg, nata poetessa e scrittrice tedesca, mori a Breslavia,
nella Slesia prussiana, pochi anni or sono. Suo marito s'avvelenò
poche ore dopo la morte della moglie. — Ida Duringsfeld viaggiò
la Dalmazia nel 1853 e 54 e scrisse sulla nostra provincia un'opera,
edita nel 1854 a Praga coi tipi di Carlo Bellmann, sotto il titolo:
„Aus Dalmaticn.«
Mio Dio, qual colpa commisi orribile
Tanto castigo da meritar?
Dicon che giusto il pondo agli omeri
Tu sai d'ognuno equilibrar;
Son io gigante che fermo e immobile
Questo macigno sostener può.
Che d'un sepolcro al marmo simile
Stanco m'oppresse e m'incurvò?
Per qualche istante perchè non togliermi
Codesto peso che m'ange il cor?
Perchè negarmi riposo e requie
In questo calle d'aspri dolor?
Scinte le vesti, riposa placido
Il pellegrino la notte almen;
Ma il mio fardello, ch'è pari all'incubo.
Anche alla notte mi preme il sen!
Son forte e giovane. Mi lascia libero
Salir del monte l'erto cammin, .
Veder sull' alba come l'imporpora
Di rosea luce l'astro divin;
Veder di giorno selvaggia l'aquila
Sulla sua vetta l'ali posar;
Veder la sera l'occaso fulgido.
La notte gli astri specchiarsi in mar;
Salir mi lascia del monte al vertice.
Lascia il mio canto dal mondo udir.
La terra e il cielo dovran ripetere
L'inno festevole del mio gioir!
Lascia che intuoni di vita il cantico
Qual dalla mente del vate usci,
Ei dal torrente l'apprese e subito
L'eco ripeterlo per tutto uscì.
Canto di vita che ognora palpita,
Canto d'amore che mai non muor.
Canto di gioja, di puro giubilo,
Canto ch'elevasi da un vergin cuor.
Son debol vecchio. Morir concedimi!
Stanco di tutto, stanco di me.
D'alloro il serto piìi non lusingamii:
Vana una larva, un giuoco egli è
Che riproduce il suo fantasima,
D'alme inesperte folle desir
Che un cuore affranto non può più illudere.
Buon Dio, concedimi ormai morir!
P-