58 c^
I lllll I lllll I —— se»
stino e Giustiniano la lingua del popolo fosse la sla-
va e che nati ambidue gli imperatori di bassa ed
oscura stirpe portassero nomi com' è da credere dal-
la propria della propria classe e della propria lin-
gua. Però non conviene dissimularli, ma sciogliere
gli obbietti. La lingua dei Pelasgi era la più anti-
ca, che si sappia della Tracia, della Macedonia,
della Tessaglia, dell'Epiro, dell'odierna Bulgaria,
dell'Albania e direi anche della Dalmazia, se non
temessi l'anatema dei seguaci del Katancsich. Que-
sta lingua in tutte queste vaste contrade, meno la
Dalmazia, la si porta tuttora alterata dall'influenza
delle varie vicende che soffersero que'popoli nel
corso dei secoli (Tltumann Untersuch: iiber die Ge-
seh: und Sprache der Albaner etc. Atlante di M. A.
le Sage).
Tutte le cose fin qui dette e da me osservate,
quantunque utili, come io suppongo per gli studenti
di numismatica, non basterebbero a poter dire falsa,
senza che un chimico esperimento il dicesse, la mo-
neta da V. S. Rev. illustrata, quando ella avesse
provato che Giustiniano fosse padrone di Siscia, che
Siscia coniasse monete tuttora, e che gli Slavi, ivi
abitassero all'epoca di questo imperatore. Egli è ve-
ro, che Procopio ed Agazia contemporanei di Giu-
stiniano raccontano, che esso abbia scacciati ì Goti
dalla Liburnia e dalla Dalmazia, ma non dicono dal-
le Pannonie. All'epoca di Giustiniano, come vedem-
mo, i Longobardi possedevano le Pannonie e non i
Goti: e a nulla vale che Porfirogenito asserisca, che
la Dalmazia si estendesse sino al Danubio. Questo
scrittore viveva 400 anni dopo Procopio ed Aga-
zia. Altri storici pur dicono, che Giustiniano aveva
ricuperato la Liburnia e la Dalmazia, ma nessuno
dice le Pannonie. Il racconto di Eginardo, ove di-
ce: Exercitus de Italia propter Lindiviticum bellum
con/ìciendnm in Panno ntam mm-us est „ prova con-
tro V. S. K., perchè prova, che nel secolo 9.° era
separata la Pannonia dalla Dalmazia. E come si ha
da credere a Porfirogenito di pochi anni posteriore
a Eginardo, che la Dalmazia comprendesse entro i
suoi confini anche la Pannonia?
Che ì vescovi Giovanni e Costantino siano in-
tervenuti ad un sinodo salonitano come vescovi di
Siscia nell'anno 530 e 532 non prova, che Siscia
appartenesse in quell'epoca alla giurisdizione degli
imperatori di Oriente. Potevano essere vescovi di
Siscia c risiedere altrove, e potevano essere tolle-
rati dai Longobardi. Abbiamo parecchi esempi a
giorni nostri. E se provato pur fosse, che Siscia al
tempo di Giustiniano dipendesse dall'impero di Orien-
te, resterebbe a provare, ch'ella tuttora coniasse mo-
nete come per lo innanzi, e che gli Slavi a quel-
l'epoca abitassero le contrade della Pannonia. Non
basta l'autorità dell'opera manoscritta del Landi a
prova del primo assunto; cioè perchè sia accertato
che le monete, le quali portano nell'esergo una S
fra due stellette siano della zecca di Siscia; giac-
ché colla S poteva essere indicata Sordica città della
Tracia o Sirmio città della Pannonia Inferiore, le
quali pur battevano monete per conto dell'impero,
come alcune altre città scelte per tale stabilimento
dall'ordinazioni dell'imperatore Aureliano e d'altri
posteriormente. Non permette la sana critica, che si
accetti l'autorità di un'opera manoscritta, non publi-
cata, e non giudicata dai periti della scienza, quan-
do la non è di scrittore, il quale colla publicazione
di altri lavori avesse ottenuta della celebrità, e nul-
lostante vuol ragione, che la di lui sentenza sia ap-
poggiata a valide prove. La notizia, che ci porge
il Kercelich (Notìtiae Praelim. De Reg. Dalm. Cro.
et 8lai\~), a senso dei canoni numismatici è per me
di autorità validissima. Questo prudentissimo e be-
nemerito scrittore, abitando e perlustrando quelle
contrade facea ricerca e raccolta delle monete co-
niate dalla zecca di Siscia. Dopo l'epoca degli im-
peratori Onorio ed Arcadio non gli fu dato di tro-
vare veruna moneta coniata in Siscia appartenente
ai successivi imperatori. Donde si può dedurre sen-
za timore di abbaglio, che all'incominciare del 5.°
secolo, cioè al finire della dominazione di Arcadio
ed Onorio, Siscia abbia cessato di coniar monete.
Ecco come si esprime questo moderatissimo perlu-
stratore : Ab hoc epoca (di Onorio ed Arcadio) de>-
siisse videtur romana potestas in Pannonia, et pia-
ne si non desiit, profecto admodum est diminuta.
Sub Arcadii Honoriique epigraghe signatos Siscia e
numos duos reperimus, neque dehinc cusos sigila-
tosque numos sive legere sive reperire potui ut
omnino ìiac epoca dominatili romano plurimum da-
mili ac detrimenti causatum testentur scriptores
Jornandes Tkeophanes . .. „ . Concorda con questa
notizia la serie delle sigle dell'officine monetarie rac-
colte ed interpretate dal Du Fresne (Dissert. de in-
fer. aur. numj, nella qual serie l'officina di Siscia
non si trova dopo l'epoca dal Kercelich indicata.
In opposizione al secondo assunto abbiamo la
autorità degli scrittori accreditati, che si occuparo-
no di proposito dell'esame di questo argomento. 11
prof. Tliuman, dice il celebr. storico settentrionale
dei nostri tempi Gio. Graberg de Hemso ( ìm Scan-
di/i. vengcc p. 101), il professore ha provato sino
Ma fin qui io non he fatto altro che tracciare
alla sfuggita le due strade principali che viaggia-
vano l'Istria eia Dalmazia, additando le città che
toccavano. Dirò ora con quali luoghi, con quali città
ponevano in relazioni d'interessi la Dalmazia
Non giova ripetere che all'Italia si univa per
la via di Aquileia ricavando e recando tutte quelle
merci che a ciascun paese più erano necessarie ; di-
rò solo che alla Pannonia Superiore congiungevasi
per la strada che da Salona metteva a Siscia (Sis-
seh), e giungeva nella inferiore a Sirmio (presso
Mitro witz nella Schiavonia); regioni fertilissime in
biade specialmente ed in animali ed a cui perchè pe-
nuriavano, con sommo lucro venivano portati i vini
generosi, gli olii ed altre frutta di cui sempre abbon-
dava questa provincia.
Da Salona partiva un'altra strada, che risalendo
ad Andretium (Clissa), e toccando Tillurio (Trigl),
Irono (Cista), Billubio (Lovrech), Ad Novas (Ilu-
novich), ad Fustinianas, giungeva a Narona, e da
li poi per Tribulium, Trebigne, Epidaurum (Ragusa-
vecchia), per Ascrivium (Cattaro), Butoa (Budua),
s'incontrava colla strada Ignazia che conduceva al-
l'Epiro e alla Grecia nelle Mesie e nella Tracia, e
terminava nella città di Bisanzio.
E sopra ogni altro erasi il vantaggio che gode-
va la Dalmazia e particolarmente Salona e Narona
dal commercio colle Mesie e colla Tracia. Le merci
preziose dell' Oriente, che fin da quel tempo era sta-
to lo scopo de' trafficanti d'ogni nazione, quindi i più
ricercati aromi dell'Indie e dell'Arabie, le stoffe fi-
nissime della Persia, i lavori in ferro della Siria, da
Costantinopoli venivano recate tra noi, ed erano una
sorgente di ricchezza di vita per le città d'allora.
In tal modo, aperte strade coli'Italia, colla Ger-
mania e coli'Oriente, la Dalmazia non solo ne rica-
vava utile grandissimo con traffici d'introduzione, e
con quelli, come dicono di transito, ma aveva co-
modità grandissima di dare spaccio alle proprie pro-
duzioni, e s'incoraggiava ed agguzzava nelle indu-
rne e nelle arti d'ogni maniera, essendo che la so-
a facilità di poter vendere i propri lavori, si è quel-
la che anima e fa laboriosi gli artisti.
Era agevole però a que' tempi in Dalmazia te-
nere un traffico diretto colle più remote nazioni anc-
elle per via di terra ed aprire da per tutto strade,
dipendendo le provincie, gli stati, i regni più lonta-
ni dalla romana potenza. Ma non lo è così addes-
so, che si è cangiata affatto la politica divisione.
Ora la Dalmazia da oriente confina col Montene-
ro e coll'Albania, da settentrione coli'Ercegovina,
e colla Croazia, da ponente col litorale Ungarico.
Di queste l'Albania, l'Ercegovina e la Bosnia, sono
quelle dalle quali maggiori utilità si può ricavare,
tanto più, ch'essendo la Bosnia e l'Ercegovina di-
scoste dai mari, ed abbondando di derrate d'ogui
sorte in animali ed in minerali, ne avendo vicini i
grandi fiumi, mercè di cui facilitare i trasporti, cade
naturalmente che la Dalmazia possa e debba essere
la sola scala per cui scendano tutte le loro merci.
Ma strade più frequenti ci vorrebbero che da varii
punti del confine ottomano più idonei a ciò menas-
sero difilato a varie città marittime ed offrissero
tratto tratto comode soste, anche per que' riguardi
sanitari che prescrivono le leggi delle contumacie e
delle quarantene, invitandoli, anzi adescandoli colla
facilità de' viaggi a tenere continuamente e spesso
questa direzione. Che se essi poi, come Wanno pra-
ticato fin'ora per un certo barbaro costume, non l'an-
no strade, tal sia pure di loro; ma gli è certo che
poco a poco resi accorti della propria utilità, impa-
reranno a farne più conto di un mezzo che da tutte
le nazioni viene considerato principalissimo pel com-
mercio. E la rete di strade ferrate stesa sulla su-
perficie del maggior numero de' regni europei, e
quelle nuove che vannosi ogni giorno attuando per
le provide e paterne cure dell'Augustissimo nostro
Monarca anche nell'impero Austriaco, apriranno gli
occhi pure alle altre nazioni e le faranno più pre-
murose a proprii vantaggi; così che se anche non
istenderanno ruotaie di ferro, almeno si apriranno vie
spedite e piane per agevolmente entrar in relazioni
d'interessi co'popoli vicini. G.Franceschi.
te «,-tt-i*
STORIA E TRADIZIONI POPOLARI.
Appello ai giovani.
(Dalle Letture di famiglia).
Come v'hanno fatti viventi nella memoria del po-
polo, che la storia non racconta, ve ne hanno che
raccontati dalla storia sono ignorati dal popolo a
cui appartengono. I primi trasmessici per tradizio-
ne, malgrado la loro individualità (poiché di essi
abbondano, non che le città tutte, tutti i villaggi)
racchiudono in sè tanta parte di vita, che al sentir-
li esporre vestiti di quel colore poetico, che il vol-
ger degli anni e le immaginose fantasie del popolo
v'hanno impresso, ti senti commosso al vivo, e fa-
cilmente perdoni al municipale orgoglio del narra-
tore. Sì gli uni poi che gli altri, posti in luce, in-
segnando al popolo le virtù ed i vizi, le glorie e le
sventure degli antenati, varrebbero anche ad allar-
gargli lo stretto orizzonte de' suoi pensieri sovente
li DALMAZIA
INTESO AGL' INTERESSI DELLA PROVINCIA.
fc* publica agni Giovedì. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4y. per semestre fiorini 2; per fuori frane*
li porto fiorini a , per semestre fiorini 2 car. 3Q. Le associazioni
Si,
di a, per associazioni si ricevono in Zara dal proprieta-
rio , fuori da tutti gV ii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarvhi-Rougien
M Giovedì 26 Giugno. 1845-
SOMMARIO.
Storia. — Cenni sul distretto di Tran. — Quadre
mineralogico-geognostico del circolo di Cattarck
— Economia. — Notizie del giorno»
ASSEDIO PI SPALATO nel 1657.
(Continuazione e fine).
Ma urtavano1 turbinosi i venturieri Lesignani
condotti dall'invitto Angelo, stringendo formidabili i.
nemici, e rovinando loro addosso li disordinavano,
rompevano e fugavano seminando stragi e morti;
per maniera che il ribaldone di Bascià spiritava,
vedendo che i poehtssimi di numero si erano pa-
reggiati col valore a grandissimo esercito-, e contra
a suoi tentando ora le minaccie ed ora la grazia,
cercava i diffidati incoraggiare, ì coraggiosi pre-
miare, a tutti promettere presta la vittoria, se essi
valorosi.. Ma le promesse riescivano bugiarde, e il
sesto giorno correva che il fiorito esercito de' Tur-
Chi, venta da'nostri logoro, guasto, estremato con
molta calamità e con giornalieri assalti, in guisa che
stando essi fortemente sospesi dalle percosse rice-
vute, e dalla qualità de' tempi temendo di peggio,
da quella guerra bramavano spiccarsi, poiché vede-
vano le cose disperate, e fuori che una forte resi-
stenza e una cauta ritirata di ogni altro rimedio
ignude. Accresceva questa mala disposizione il so-
spetto grande del numero degli arrivati di fresco,
che si riputava di molto maggiore al vero, per la
fama divulgata, e la condizione della città che po-
tea ad ogni istante dagli aiuti de'vicini essere sov-
venuta. Non così la discorreva il bascià, alle cui
voglie erano di non piccolo momento i due pungenti
stimoli, il veleno dell'ambizione, e la paura dell' in-
famia e del castigo, sicché per non cadere in tutto
dalla riputazione acquistata, dissentiva dal rimanen-
te confortando l'impresar e bravando perseverante
nell'armi, affidato, che la prosecuzione del tempo
dovesse partorire miglioramento. Ma la fortuna che
avversa gli soffiavar fallì il suo disegno, riempiè di
terrore e discordò gli animi a lui più affezionati al-
l'arrivo* di Antonio Bernardo provveditore generale
in Dalmazia, che- con la sua gaìera e cinqae bar-
che armate, comandate dai- senato, per aiuto ve-
niva. Il qual augmento fu di sì grave e pernizioso
momento ai Turchi, che non volendo giuncare la
fortuna della libertà e della vita in altri fatti d'ar-
mi, prudenti, per le cose occorse, si volsero a ro-
moreggiare l'ostinatezza del bascià di campeggiar
Spalato, certo di scavare a' suoi la tomba, per sa-
ziare la sua superbia ed ambizione. Il quale veden-
do' che la sua volontà venia contrastata, e che non
ci era mezzo a riuscirci ad onore, empì di queri-
monie gli uomini e Maometto, che tanfalto l'aveano
condotto, per precipitarlo* con più notevole rovina,
e forzato per ammorzare la fiamma del malcontento,
si restrinse co'suoi capitani, e furono a ragiona-
mento del come distogliere la sopravvegnente tem-
pesta.
Dopo molte ragioni occorse fermarono,, vinti
dalla disperazione più che dalla forza, d'ùnponer
fine alla loro costanzar disassediando la città, e vol-
gendosi all'industria, raccozzate le truppe, partirsi
iKiscostaaiente a. notte serrata, per non toccare al-
tre piaghe, se inseguiti. Infatti la notte in mezzo
frumento f.ti 1713. — orzo f.ti 490. — napolizza
f.ti 112. — zapino f.ti 143.
Stato della campagna d Imoschi.
La parte a mezzogiorno della campagna e an-
cora inondata dalle aque, ed appena dalla parte di
settentrione si cominciano le arature del sorgo. —
Quella porzione di piano, non soggetta alle inonda-
zioni, presenta un buon raccolto sì di grani bianchi
che di minuti, come del pari i grani bianchi delle
costiere vanno molto bene. — I fieni saranno catti-
vi per la campagna, ottimi sul cretoso. — In gene-
rale un mediocre raccolto si può sperare, se nella |
state presente non seguano considerabili cangiamenti
atmosferici. — La vite infine promette abbondanza
di raccolto.
Ragusa 26 giugno.
Dal giorno 10 corrente a tutto ieri dalla con-
termine Turchia calarono al rastello delle Plocce 7
caravane di 645 cavalli accompagnati da 482 per-
sone, e portarono 18 cavalli, carichi di canne di iu-
dica, 9 carbone e legna da fuoco, 5 cera vergine,
2 pelli di tasso, martora, lupo, fuina ec., 2 pelli di
bue salate, 2 lana pecorina, e 4 di miglio ed orzo;
ed esportarono per la Turchia: sale f.ti 84999, caf-
fè e zucchero f.ti 13343, granaglie f.ti 22666, ri-
so f.ti 1588, cotone filato ed in manifatture/.to' 3168,
pelliccierie di ver se f.ti 1656, olio d'uliva/Ui 1740,
aquavlte f.ti 1336, carta assortita f.ti 626, acciaio
e stagno crudo f.ti 1240, sapone f.ti 538; ed in
piccole partite, polvere da tiro, pallini di piombo, co-
lori diversi), manifatture di vetro, preparazioni chi-
miche, arnesi di casa, f.ti 1478.
Bazar di Cattavo. Movimento nei mesi
di maggio e giugno.
Introduzione. Buoi n. 230. — castrati n. 550.
— maiali n. 180. — spelta f.ti 2200. — pelli a-
gnelline f.ti 5000. — cera f.ti 650. — lana f.ti
8500. — formagio f.ti 215Ó0. — rame f.ti 550.
— pesce secco f.ti 5500. — paglia]f.ti 12000. —
zapi no f.ti 4500. — scotano f.ti 28500. — legna
14500.
Estrazione. Maiali n. 100. — vino f.ti 27000.
— olio f.ti 1350. — aquavita f.ti 2200. - formen-
tone f.ti 302800. — tavole f.ti 11000. — sale
>54325. — riso f.ti 1800. — ferro f.ti 3500. —
zucchero fti 750. — caffè f.ti 437. — rame f.ti
850. — manifatture di cotone 3500. — terraglie,
vetri, paste, sapone, candele di sego, schiavine, opan-
che, medicinali, armi e diverse merci ad uso del pro-
prio vestiario nazionale.
Consumo della carne nel mese di maggio.
Buoi n. 70. — vitelli n. 3. — castrati n. 30.
— eapre n. 30. — agnelli 100.
NAVIGAZIONE.
7jara 1 luglio.
La società della navigazione a vapore del Lloyd
Austriaco, intenta ognora per le moltiplici corse dei
suoi piroscafi, a procurare al publico maggiori co-
modità; ora che possiede 20 bastimenti a vapore,
ed allargò in conseguenza la sfera delle sue opera-
zioni, dispose, che cominciando con questo mese di
luglio, venga attivato un nuovo ordine d'itinerarii
sulle linee dell'Adriatico, della Grecia, del Levante,
della Soria e del Marnerò fino a Gallaz. Distribuiti
acconciamente i giorni di partenza da Trieste, e di
arrivo ai singoli punti contemplati dal nuovo piano,
era di conseguenza, che una modificazione subisse
anche la corsa sulla linea della Dalmazia, per cui
non più ai 5 ed ai 20 d'ogni mese si staccherebbe da
Trieste un vapore per questa provincia, ma piutto-»
sto ogni secondo giovedì. Con tal nuovo ordine le
corse da 24 eh' erano all'anno, s'aumenteranno a 26,
quindi comunicazione regolare più frequente.
Col 24 di luglio perciò, primo giovedì della
nuova corsa, un piroscafo scioglierà da Trieste alle
6 pom. per Lussino, Zara ec., e percorrerà la co-
sta dalmata fino a Cattaro in 5 giorni. Arriva per
tal modo a Zara venerdì dopopranzo; parte sabato
alle 9 ant. per Sebenico, dove giunge alle 3 pom.
Domenica alle 9 antiin. prosiegue per Spalato, vi
arriva alle 3 pom.; lunedì alle 6 di mattina si stac-
ca per Lesina, dove approda verso le 10 antim.
Lo stesso giorno alle 11 va per Curzola; vi giun-
ge alle 4 poni., e dopo una fermata di 4 ore, leva
le ancore per llagusa. Vi approda martedì mattina
alle 3; riparte alle 11 ed alle 4 pom. afferra a
Cattaro, dove si trattiene sino alla mezzanotte.
Reduce dalle Bocche, arriva a Ragusa mer-
coledì alle 6 di mattina; alle 11 scioglie per Cur-
zola ; da qui a mezzanotte per Lesina, e vi approda
giovedì alle 5 di mattina. Alle 7 parte per Spala-
to, e venerdì alle 7 antim. si pone in cammino alla
volta di Sebenico. Sabato alle 7 di mattina leva
l'ancora, e verso un'ora pom. entra nel porto di
Zara. La partenza per Trieste e Lussin, siegue
domenica alle 9 antim.
I buoni servigi prestati dal pacchetto a vapo-
re in Dalmazia sono superiori ad ogni encomio. Le
comunicazioni fra Trieste e la Dalmazia facilitate;
la distanza fra quella piazza e Zara, ridotta a 20
ore circa, gli agi offerti da un piroscafo, in cui o-
gni cosa ò calcolata a comodo de'passeggieri, la
spaziosità dolio scafo, la solidità e sicurezza delle
macclùne, per cui in tutto il tempo, da che fu atti-
a prezzo tenue, e vincere per tal modo la concorren-
za estera. L'aumento dei piroscafi del Lloyd Austria-
co, il quale ritira per la massima parte dall' Inghil-
terra i suoi carboni, le strade ferrate, che in paesi
poveri di legna da ardere, dovranno servirsi del co-
ke, domandano, che a questo argomento, ed in ge-
nerale a tutti i letti di carbon fossile, che si trovano
in Dalmazia, sia rivolta quella,attenzione che merita
questo importante argomento, a fine di sviluppare, e
dare il desiderato impulso ai prodotti patrii, d'occu-
pare buon numero di braccia indigene, disseminare
il danaro nel paese, ed esimersi in questa ricchezza
di prodotti minerali nostri dalla necessità di ricorre-
re all' estero. (La fine nel prossimo nunu).
CENNO BIOGRAFICO.
Antonio Marincovicli.
Nato in Cornisa d'onesta famiglia, venne agli
studii in Italia, e v'attese con affetto severo. Ritor-
nato in patria visse ne'publici ufficii operosa la vi-
ta, e in età tuttavia vigorosa il giorno 6 giugno
morì. Padova lo rammenta con onore, Dalmazia lo
piange, io lo benedico ne'miei pensieri: perchè devo
a lui l'amore che mi prese della medicina ed am-
maestramenti che molto giovarono la mia giovanez-
za. Ammiratore della sapienza d' Ippocrate e devoto
al Baglivi, eh'è gran vanto a Ragusi, moderata-
mente piegò a più fresca dottrina. Abborriva i si-
stemi ostinati così come l'empirica cieca: l'arte no-
bilitò usando del ragionamento naturale eh' era in
lui sano e retto. Sapeva di storia e di filosofia: at-
tinse con lode all'eleganza latina. Buono, candido,
indulgente, pietoso. A'suoi sovvenne largamente, e
più badò ad educare i nepoti che a miseramente e
indecorosamente arricchire. La modestia generosa
gli serenò l'anima d'odii rei non afflitta. L'amicizia
sentiva nel cuore. — La riconoscenza de' buoni non
manchi alla sepoltura che accoglie quelle ceneri care.
18 giugno — Padova.
A. Mazzolenì.
I.
ANTONIO MARINCOVICH
DELLE MEDICHE SCIENZE
DOTTISSIMO
IL SESTO DI GIUGNO 1845
COMPIUTA NETTAMENTE LA VITA
AL BACIO DI DIO
SI UNIVA.
II.
DI TUTTE VIRTÙ
SEGUACE
DA POCHI DISAMATO
DEGLI ODII SECRETI IMPOTENTI
SPREZZATORE TRANQUILLO
ORNAMENTO DELLA PATRIA
SOMMO DE SUOI
VIVRÀ LA SUA MEMORIA
NON PERITURA.
HI.
LA LAGRIMA DE BUONI
LIEVE TI SCENDA SULLE OSSA SVESTITE
0 EGREGIO
l LAURI I CIPRESSI
PIETOSAMENTE COSPERSI
CRESCANO IMBELLISCANO
MALEDETTO
CHI CON EMPIA MANO SFRONDARLI
OSASSE.
QUESTO
DI AFFETTO RIVERENTE DI STIMA
TRIBUTO TRISTEMENTE DOLCE
DALLA SERENITÀ DE CIELI
ANIMA BENEDETTA
ACCOGLI. A. Bajamonti.
ì)axutà.
A Costantinopoli i Turchi cominciano a fre-
quentare diligentemente il teatro e l'opera italiana;
vi si danno spartiti di Rossini, di Donnizzetti, e quel
che maggiormente reca stupore, la stessa gazzetta
turca comincia a publicare articoli sul teatro. — Non
è maraviglia quindi, se vien dato anche a noi tal-
volta di leggere aun articolo teatrale turchesco.
— Il ferro un dì convertito in armi divideva i po-
poli; a'giorni nostri battuto in rotaie li ravvicina.
— Sei mila candele di cera ardevano nella sala,
in cui la società de' commercianti di Parigi aveva
dato il banchetto al maresciallo Bugeaud. Bella illu-
minazione, dirà più di uno: ma quale non sarà sta-
ta verso la fine della tavola l'illuminazione, che avrà
prodotto la sciampagna vuotata!
fl^f L'Editore prega i sigg. associati a questo gior-
nale in provincia, se per anco non ne aves*-
sero pagato l'importo del primo semestre o tri-
mestre, di versarlo agli il rr. uf jizii postali de'
rispettivi luoghi.
G. Franceschi Estensore e Proprietario. — Zara coi tipi Demarchi-Rougier.
IA DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
- . . " , —
Si publica ogni GiovecR. Il prezzo annuo per Zara è di fiórini 4, per semestre fiorini 2; per'fuori fraine*
di porto fiorini 3, per semestre fiorini Z car. SO. Ile associazioni si ricevono in Zara dal proprietà-
rio, fuori da tutti gl'ii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale m stamperia Demarchi-Rougier
M12. Giovedì 17 Luglio. 18415
SOMMARIO.
Btoria. Rotine di Salona. —* Topografia e statisti-
-':ì'èa. Territorio della Najretita. Biografia M. C(M»
Uni, arciv. di Zara. -^Letteratura. Sùssidii do-
tali. — Varietà.
• iti , : - j i "il — , ,. i 1—
• Rovine di Salona, £ imperatore Diocleziano ed
. ) avanzi del suo palazzo: a Spulato.
: Quando Ròm& la dominatrici^ dell'universo eb-
be in se accumulate le Hcchezze ed i vizii di tanto
mondo, questi la reìeto uri nido di'deliranti per cor-
pompere ogni vigtìria fisica e mb^ìef ed in allora
giuria a decrepitezza, fu al suo tramonto.1 La smania
della éonquista fu1 In essa la cagióne principale della
caduta della republica, Siccome appunto nelle sbri-
ciale passioni si riconosce 'la causa della perdizio-*
ne dell'individuo. Il senato foménto le guerre che
per cinque secoli angustiarono le generazioni, con-
siderate come distrazioni utili a render meno insi-
stenti i reclami della plebe contro il dispotismo dei
patrizii; ma dal seno di questo caos repubEcane
sorse finalmente la monarchia* C9i eserciti inviati ad
assalire provincie lontane quattrocento e più leghe
dalla capitale, assuefatti per molti anni ad essere
meno devoti a Roma, che alle persone de'loro gene-
rali, ritornavano in Italia come stranieri , immemori
del senato e de'cittadini, desiderosi di non ricevere
il comando, ma di darlo, e quello eleggevano a lo-
ro imperatore che più era prodigo di doni e di oro.
Ad una di queste rivoluzioni alla fine del terzo'se-
colo, un dalmata per nome Diocleziano, dovette il
primo scettro del mondo e domìno- pef Molti anni
qual potente e tèmuto sovrano» Numeriano successo
nell'impero a Caro suo padre era stato uccìso dàlia
manò. stessaì, ckè suvea spento il genitore. Apro Ar
rio prefetto del pretorio e suocero a quest'ultimo
per soddisfare all'ambizione di regnare, che lo si-
gnoreggiava, fece perire furtivamente anche fi figli»?
che in fili aveva riposta, tutta la sua. confidenza* Que~
sto giovine principe era per le bellissime sue doti
prediletto a' soldati i quali appena vennero in co-
gnizione dell'autore del delitto Io arrestarono, ed o-
diando, e disprdzzando i vizi! di Carino, fratello al-
l'ultimò regnante, giudicarono di aver bisogno -di un
novellò imperatore, sì a punire Carino, che per ven-
dicare Numeriano. Tutti i suffragi si unirono in fa-
vore di Diocleziano, soldato venturiere, il quale sen-
za veruna raccomandazione dal canto della nascita^
era salito pe1 suoi meriti, e comandava allora la
guardia imperiale. Il primo nome di Diocleziano fu
Diocle ; questo tiome vuoisi a lui venuto dalla città,
ot' era nato, Dioclet o Doaclea, vicino a Narona in
Dalmazia, sebbene molti il vogliano nato nelle vici-
nanze di Salona. Quando pervenne all' imperio volle
dare al suo nome una forma romana, e lo allungò
facendosi chiamare Diocleziano. Non appena Diocle-
ziano fu eletto> chiamando in testimonio il sole che
lo illuminava, giurò che non aveva avuto alcuna par-
te alla morte di JVumeriano, e, sfoderando la spada,
fattosi condurre Apro lo trafisse. Non era già la ven-
detta pefr la morte di questo giovine principe, che in
quel punto spingesse Diocleziano a commettere una
sanguinaria esecuzione, che ben poteva addossate a
qualche soldato, ma egli fu mosso dalla superStizio-
^
modum fractas atque debilitatatfdsm'que tempo*
rum istorum acerbitas communiaqve pericula ante
oculos proponantur} sapiente* homines longe aliter
esse judicaturos. Quod si etiam studia me a nulli
fructus sequerentur, tetmen ftbtunde me juvabit con-
scientiam exonerasse, propositis ns, quce salubrìa
atque utilia esse tamerice Cfiristianitati censeo. 80-
lent wtemy non taluni qui clava affixi in puppi se-
dent, verum etiam «fui aliquem locum in navi abti-
nentf quum turbida tempestas involuti, in Gommane
consulertrnee minimi nautce, ne mediastini quidem
sentenza repudiatur, si saluturis fuerit Haud na~
vtgamus a plurinus annis in tranquillo mari, sed gra-
vite* Jactati fluctibus aliquot naufragio svmus pas-
ji. Nunc etiam cernere licet, si quis méntis aciem
intendat, nimbos atroces jampridem coortos atque
•emglobatos, ut quamprimum ad exìtium nostrum
erumpant, etc< etc»
• ; La lingua è buona, e se lo stile non è sempre
oratoriamente latino, la si dovrà attribuire alle mol-
teplici facende che toglievano a Tranquillo l'ugua-
glianza delio scrivere e l'unità del pensiero. I.M.
• i- j, ; I "• •. • 1 -
TERRITORIO DI TRAÙ;
. ; ! •{;..•. Considerazioni economiche. ^
È cosa dimostrata dall' esperienza, che un' e-
conomia rurale qualunque, perché possa sommini-
strare all'agricoltore i necessari! mezzi di sussisten-
za, non deve limitarsi ad uno o due prodotti, cioè
al sQlo vino ed olio, come generalménte succede nel
continente marittimo delle adiacenze di Traù e delle
Castellai, dotate dalla natura di un suolo in gran
parte piano e profondo,, elle dal pie dei sovrappo-
sti monti Carbun, Malasca, Biragn e Cosiak, dilatasi
fino al marem ma che dovrebbe possibilmente esten-
dersi anche alla coltivazione dei grani, e di altri og-
getti cl| prima necessità.
In questa hella ed amena plaga, che désta
l'ammirazione del viaggiatore mercè i piacevoli pia-
ni coltivati, alternati di vigne e di ulivi, e circuiti in
gran.pRrtei a dritta e sinistra della strada postale
da siepi, -jBj&agrani; fuori delle accennate colture
non si vedono $he pochi campi a semina con sparse
ulive, e pochi orti, esclusa ogni specie di prato natu-
rale od artificiale*
Nella, estesa periferia di Traù e delle Castel-
la: Staffileoj Castebiovo, Castelvecchio, Castelvitturi,
Casielcainbio, Castelabbadessa e Sussuraz, non si
trovano che soli 567 campi seminati ed orti, intan-
to che tra vigne semplici e coltivate, vi appariscono
7073 campi.
Ciascuno che conosce più da vicino la provin-
cia, dev'essere a giorno in quale stato di ribasso si
trova, il vino della Dalmazia r ancorché quello delle
Castella per la sua qualità^ e per la facilita dello
smercio nella Morlacchia superiore del distretto di
Sign, abbia quasi sempre il più alto prezzo, e deve
convenire, che se il suolo vignata in luogo d'esservi
coltivato per mano del colono, il quale corrispon^
deal proprietario la quota dominicale pattuita, fran-
ca di spesa, venisse coltivato dal padrone in propria
economia, dovrebbe questo ben presto avvedersi di
-una sicura passività; e sarebbe costretto di abban-
donare la coltivazione dei vigneti, e d'appigliarsi ad
una coltura; più proficua proprio interesse.
Se la vasta superficie da campi 907£(T. N. 9, p.
79.) occupata con sole vigne a viti basse e sparsi olivi,
venisse utilizzata a grani, vino e olio sulla foggia di
Italia, e ad imitazione della contrada di Divuglie, sitai
nel territorio di Traù, di ragione della famiglia Ga-
ragnin, cioè eulta a piantata appoggiando leviti ad
alberi di olmo o di acero, e si facesse fra la distanza
dà. un filone ad altro la seminagione di grani con
un regolare avvicendamento suggerito dall'indole del
terreno, non v'è dubbio, che tarito il proprietario,
quanto il colono sarebbero, a miglior partito, giacche
ritrarrebbero dalla medesima superficie quasi l'intie-
ra occorrenza di grano, quella di vino ed olio sor*
monterebbe l'annuo consumo, e non sarebbero co-
stretti l'uno e l'altro, e in specialità il colono, di cer-
care non di rado anche prematuramente, forzati dalla
scarsezza di danaro, di smerciare a qualunque prez-
zo il proprio vino,, e di tradurlo perfino a schiena di
cavallo all'avventura in Morlacchia per procurarsi sia
col ricavato.in danaro, sia verso permuta, la biada,
di cui sentono grande scarsezza.* ;
Adottando il metodo suaccennato di coltivare le
viti a piantata, e dedicando a vigneti come oggidì
le costiere, potrebbero egualmente piantarvisi fra i
filari gli ulivi senza pregiudìzio del prodotto prin-
cipale, e così mediante una regolare letamazione in-
crementarsi la prosperazione di queste preziose pian-
te^ che di rado od in ristretta misura sperimentano
un siffatto beneficio, e che tuttavia, malgrado la po-
chissima attenzione che vi prestano i contadini nel
coltivarle, lasciandole impoverire dai germogli para-
siti, trascurate e cariche di . rami inutili e secchi,
corrispondono un sufficiente prodotto.
Non v' è dubbio, che questo nuovo metodo di
àà falche privato, riputato per accortezza negli
affari, e che col fatto avesse giustificata la soddez-
sa del suo criterio. Il risultato degli sforzi di que-
sta società potrebbe non essere tanto splendido, quan-
to io me lo figuro, ma ognuno converrà meco, che
qualche aumento nella rendita netta di questo paese
ne dovrebbe risultare, e quando questo giungesse
a soli due fiorini per Jjarila, farebbe più mila ILOrini
alfanno.
NOTA.
Queste idee io gettava sulla carta,, quando Farticoto
del sig. B. nel 9, det giornale La Dalmazia, giun-
geva a confortarmi nell' aggiustatezza delle mie riflessio-
ni. Concordo pienamente coll'Autore nell'utilità de'suoi
consigli, ma non credo ch'essi soli bastino a produrre
an si radieulfr miglioramento. Tutte le precauzioni per-
che l'olio non risenta un principio di fermentazione fino
al punto in cui si può dir fatto non bastano; siccome es-
so non può consumarsi in pochi giorni, ma posto in com-
mercio, devono passare mesi e talvolta anni prima, che
sia servito a tavola, così bisogna separare quella papfce
che, come dissi, è sempre soggetta alla fermentazione,
cioè la parte vegetale, La mucilaggine che si» altera ad
ogni alzur di temperatura. Questa operazione forse da
qualche grande proprietario, ed io ne conosco taluno,
ricco di lumi e di sostante, potrebbe farsi, ma esso sarà
presto sgomentato dal non vedere sufficientemente ap-
prezzato il suo prodotto; ne in piccola 'quantità lo sarà
mài, giacché .partite di 2 a 300 barile,-resteranno sem-
pre senza influenza sui mercati esteri. Ai piccoli proprie-
torii poi, ed ai coloni questi perfezionamenti si rendono
difficilissimi. Converrà dunque come ho osservato più di
sopra, appigliarsi all'associazione, e fasciar la fattura del^
L'olio ad una spezie di'comitato nazionale. La coltura del-
l'ulivo e la fabbricazione dell'olio sono dappertutto in
progresso come ogni altra industria: questa provincia
sola rimane Stazionaria. Che ne avverrà fra qualche an-
no? ette gli olii della Dalmazia saranno banditi dalle leb--
•vole, e rilegati fra gli olii da fabbrica, triste destino,
allorché dovranno, sostenere la concorrenza di tanti sur-
rogati del gas che si va diffóndendo anche nelle minori
città, o che forestieri venissero a stabilirsi in questa pro-
vincia, per {are quello che hanno fatto iFrancesi in Pu-
glia, e l'utile di questa industria fosse perduto pei Dal-
matini. E' quindi una indispensabile necessità per questa
provincia di migliorar questo prodotto, e di pensar quan-
to prima ad invocare dalle superiori autorità quelle li-
cenze, che in simili casi sono state dalla legge tracciate.
, iSer...
VA RI ETÀ.
- Le*vicende della fortuna. V'era chi per lo spa-
zio di io anni andava notando i varii mutamenti di
fortuna, a cui soggiaceva l'uno o l'altro dei suoi con-
cittadini. Quello che gli accadde di notare in una cit-
tà parmi possa applicarsi in generale a tutti i pafsi
del mondo: ove
Ogni opera dell'uom passa e non dura,
E la fortuna col perenne moto
Della volubil ruota, abbassa e innalza.
Notiamo perocché un'intelligente spirito speculativo*
fa parsimonia, l'attività e là prudenza in generale
possono in qualche modo affrontare la capricciosa;
ma è certo d'altra parte, che la storditezza, Io scia- j
iacquo, il poltrire, si fanno senza dubbio il ballocco ji
della medesima. Ecco che cosa ne dice: conosco un. |j
tale/abitante in contrada X, il quale nel 1830 ave*
va sì poco credito, che non gli si volte far creden-
za nemmen d'una stufa, che poteva valere 24 fiori-
ni. Ora però questo medesimo è direttore d'una ban-
ca, ed ha del sua 150 mila talleri. Ogni centesimo
di questa somma ha saputo egli guadagnarsi pe^
corso di 15 anni nella medesima città..— Un altré>
ehe nel 1830 ion poteva comperare a contanti una
botte di salnitro, era nel 1837 padrone di 100 mi-
la talleri; nel 1811 fóce banca rotta, ed ora gli ri-
mane una sostanza di soK 20 mila talleri. — Sono
or 30 anni, che uno girava per le strade della cit-
tà" mostrando uno scimiotto, e si guadagnava con
quest'industria un vitto meschino; eppure è padrone
a quest'ora di 30 mila talleri. — ftel 183.7 posse-
deva un commerciante un milione di talleri; giorni
sono mori fallito. — Altra persona un dì molto fa-
coltosa, e che copriva una delle distinte cariche nel-
la corte di giustizia,, morì, ultimamente nello spedale
civica in tanta povertà,, che a publica spesa si do-
vettero fargli i funerali. — Una dama, figlia d'uno
dei più distinti personaggi politici, deve guadagnarsi
coli'ago il suo pane} un'altra finalmente, che 30
anni fa attirava a se gli sguardi di tutti, ed era
uno dei più begli ornamenti del suo sesso; stella
o piuttosto sole dei principali crocchi, distinta per
ricchezza, per mode e lusso; deve a quest'ora per
un tallero e mezzo alla settimana adattarsi ai più
bassi servigi in una famiglia, giacche altrimenti non
avrebbe di che vivere! ^
— Si parla, di stabilire in Francia una tassa sul
cani. Questa tassa fruttò in Anversa nel 1844, fr.
44903. 0. T.
m&mim. mm si)2!2im32&<B
RECATA M ITALIANO DA. MONSIGNORE
GIANDOMENICO STRATICO
ZARATINO
CON ILLUSTRAZION* ORIGINALI DEL MEDESIMO E DI ALTRI
VALENTI SCRITTORI E CON TAVOLE RAPPRESENTANTI I PRIPT-
CIPALI COSTUMI DELLA DALMAZIA DISEGNATE DAI SlGNOBJ
Pino FRANZ I GIACOMO MADDALENA
EU INCISE DA VALENTE BULINO ITALIANO.
Escirà in fascicoli per associazione, che viene
aperìa presso la tipografia Demarchi-Rougier, e
presso i distributori del programma relativo^
quale farà estesamente conoscere il merito dell'ope*
ra interessante, ed i prezzi discreti della medesima.
ERRATA-CORRIGE si N. i3 di guasto Giornale.
Alta pag. nq col. i. lin. 39,invece dia, leggasi al: col. 9 L
41, invece di la, le: p. 120 col. r. 1. 1, invece ehe da Omero, «d
Oninro:^ p. 120 col. i l, g, invece dall'Asia, dell'Asia: pag. tao*
L28, invece di appartenuto, appartenere : p. 120 c. 2, 1. 8, invece
non son essi, son essi: p. 121. col. 1, lin. 17 za ommetti: p. ìaS
c. a , lin. 12. invece di.u gotnu* u. gora: "p. 1 » 47»
vece di cieci, ciechi.
— Zara coi tipi BemarchfrRougier* G\ Franceschi Estensore e Proprietario.
LA DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì*. Il pre-zzo annuo per Zara è di fiorini 4y per semestre fiorini 2; per fuori franco
di porto fiorini per semestre fiorini 2 car. 30. Le associazioni si ricevono in Zara dal proprieta-
rio , fuori da tutti gì'U. rr. uffidi postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale ih stamperia Demarchi-Rougier»
M li>- Giovedì 7 Agosto* J 84S-
SOMMARIO.
Riditi. — Bibliografia. — Letteratura slava. —
Coràggio nei pericoli.— Sulle fabbriche dei cuoi
in Catturo. —
Ili MUNICIPIO DEI RIDITI PRESSO SEBEMCO.
(Continuazione e finej.
Onde salvarmi da una opposizione apparente-
mente valevole, devo rispondere a quei tali fra noi
cÈe sono nella falsa credenza che gli Unni guidati
d'Attila discesi fossero alle nostre sponde marittime,
e che portato avessero stragi e desolazioni come al-
trove. Chi così vede nella storia nostra, potrebbe op-
porre che la caduta delia città dei Riditi sia succes-
sa all'epoca di Attila, la quale durò tra la prima e la
seconda metà del secolo quinto. Il riputatissimo sto-
rico R. li. M. Miiller (Histor. ilfèrkwierd. 4. ), scris-
se la storia di Attila e fece conoscere tutti i movi-
menti guerrieri di questo conquistatore; e fra le di
lui corse non nomina la Dalmazia, ne marittima ne
mediterranea. La storia universale pure di J. B.
8'chutz 3., nulla dice di questo supposto movimento
guerriero di quell'Unno potente e prepotente. Ambi-
due questi storici dicono invece, che Attila fondata
avesse la sua residenza nella contrada del Tocai in
Ungheria. Che dopo aver incusso gravissimo timore
alla corte imperiale di Oriente, portando strage e ro-
vina colle sue armi devastatrici a danno delle Pro-
vincie greche sino alle Termopili; e dopo aver as-
soggettata la dominazione di Costantinopoli al tri-
buto di 2100 libbre d'oro; diresse i suoi guerrieri
contro le Gallie: e successa la battaglia di Chalon,
nella quale fu perdente nell'anno 451 ritornò alla
sua sede, ma tosto ristaurata la sua forza armata,
conduceva la sua gente alla conquista 0 meglio al
saccheggio dell'Italia. La strada da lui tenuta e da-
gli storici concordemente indicata fu quella delle Al-
pi verso Aquilefa. II papa Leone I, ottenne da questo
• superbo guerriero là pace per Valèntiniano impera-
tore, a prezzo di una grande somma dì denaro, e ri-
tornato carco di bottino alla sua sede poco dopo
morì; e colla morte di lui cadde la potenza desola-
latrice degli Unni. II celebre Linliart (Versuch. Pe-
schi eh. von Iirain i t.J, ove parla di Attila, osserva
con giusta critica dicendo: „io non posso seguire le
azzardate supposizioni dei moderni, i quali appro-
priano ad Attila molti desolanti intraprendimenti, sen-
za alcun fondamento della storia antica. Nella Pan-
nonia, nel Norico, nella Dalmazia, Liburnia, Istria,
nel Friuli ed in tutta l'Italia Superiore, non avvi si
può dire città veruna che non creda di poter mostra-
re le tracce della di lui crudeltà, volendo empiere le
lacune dell' antica storia, coli'immanità di Attila.,,
Certo egli è che le notizie che abbiamo di costui in
Prisco, in Marcellino, in Giornande, in Teofane, in
Cassiodoro ed artri non fanno cenno alcuno di un'in-
vasione degli Unni in Dalmazia. L'asserzione di Pio
II. il quale sedeva sull'apostolico soglio, nella se-
conda metà del secolo decimoquinto riportata da al-
cuni moderni scrittori non è appoggiata e non vale
in opposizione al silenzio di tutti gli storici. La falsa
credenza che gli Unni discesi fossero al nostro mare,
ebbe origine dalla circostanza che la massa degli A-
vari era composta di Alemanni, di Slavi, Slavini e di
Unni, rimasti dispersi e senza condottiere dopo la
Pirosiegue ei quindi narrando come cotesto a-
vevagli rapiti i primi libri della sua opera, senza
speranza di più riaverli, per cui era stato obbliga-
to rinnovare la fatica ponendovi maggior solerzia*
La risposta poi dell'amico arciprete palesa il
suo rincrescimento [per lo praticatogli* furto , e lo
stimola inoltre a rendere publieo colle stampe il suo
lavoro. Da ciò si riconosce dunque fra essi un le-
game di amicizia, e di scambievole persuasione. Puo-
tesi pertanto con molta probabilità dedurre, che nel
cozzo delle opinioni, le sue fossero quelle del sa-
cerdozio per Roma, non conformi alle concepite da
coloro che reggevano in que'tempi i nostri destini;
sostenute forse anco poi con soverchia alacrità, e
poca prudenza, per cui si attirasse lo cruccio dei
dominanti, quindi la pena del bando. In tale disav-
ventura avvolgevamo dunque o il carattere che al
nazionale troppo attenevasi, o la tristezza delle cir-
costanze fatali sempre per anime ingenue sottopo-
ste alla malignità ed alla invidia o tutte due queste
cagioni. Egli poi celonne il motivo persuaso del det-
to di Tacito:
Domestica mala tristitia operanda.
Ma riponiamoci in cammino.
Nel libro primo indaga lo Zavoreo l'origine
dei popoli illirici, le confinazioni delloro regno, i
dominatori di esso. Dimostra l'orgogliosa condotta
di Teuta, la punizione severa inflittale dai Romani,
la prigionia di Genzio^ l'estinzione del suo regno.
Cerca stabilire i limiti della Dalmazia, la derivazio-
ne del nome, le vicende guerresche nel suo seno
sostenute, a cui non isdegnò l'eroe di Azio farvi
parte.
Ma caduto l'impero occidentale, al fiottò dei
barbari la Dalmazia inondata cede agli Ostrogoti il
dominio. Battuti questi, le città marittime ubbidisco-
no agli imperatori di Oriente. Nulladimeno Zara,
chiamata la ricca, la forte al pari di Salona, viene
con questa distrutta. Teodorico il più illuminato? ed
«mano tra barbari, resta signore della Dalmazia;
ma Mundo e Costanzo tolgonla da tal giogo per ag-
gravarla del bisantino.
. Passando al secondo libro, narra l'invasione
de'Vandali e dei Slavi sotto Maurizio nel 583, la
diversità de' due popoli, la loro barbarie nel disastra-
re queste contrade.
Principia con Solimiro il regno degli Slavi.
Rodimiro nel 678 demolisce Salona, e Saverio che
difendevala, è costretto a ripararsi in Spalato. Ma
l'impero d'occidente dalle sue ruine risorge, e Carlo
Magno, in cui riviveva l1 anima di Traiano, novella-
mente lo fonda. Donato e Pietro conte di Zara per
la Dalmazia giurangli fedeltà; ma Niceforo impera-
tore in Oriente poco stante la riacquista.
L'ardire dei Narentani, le molestie dei Sara-
ceni, obbligano i dalmati ad implorare la veneta
protezione. Pietro arcivescovo di Spalato^ ottiene da
Clemente III de'privilegi, ed il racconto sul propo-
sito ha qualche piacevolezza. La maniera di giudi-
care dei bani, il carattere di alcuni re slavi, la spe-
dizione di Pietro Candiano doge dì Venezia spento
in uno scontro sanguinoso coi narentani, e le sue
ceneri trasportate a Grao in succinto < racconta. Ma
finalmente vedesi la Dalmazia soggetta a'Veneti al-
l'infuori di Lesina e di Curzola sotto Orseolo, ca-
dendo anche coteste dopo prove di reciproco valore.
Sembra eh' ei- sia di avviso non essere stata
giammai la Dalmazia marittima soggetta propria-
mente agli Slavi.
Tocchiamo ora il terzo lihro.
Chiama egli in prima la parte inferiore della
Dalmazia, Croazia bianca. Poi di Polimiro favella, sui
allargati confini di Ragusi; sul dono di Stefano alla
medesima di Breno e di Ombla, trattenendosi di quel-
le rive bagnate dal fiume.
Nell'anno i058 Cresimiro viene da Ottone do-
ge" di Venezia, battuto presso Zara, e venuto con
lui agli accordi, fu al primo data Belgrado ora Za-
ravecchia, ove il re edifica la chiesa di san Giovanni
Battista, fa largizioni all'abate ed ai monaci, e li as-
solve da qualunque obbligo di contributo verso i ba-
ni, e gli altri magistrati. L'atto veniva esteso alla
presenza di Mainardo, delegato apostolico, e non
ismarrito ancora. La Dalmazia all'ombra dell'egida
veneta riposava. II rinvenimento del corpo di saA
Grisogono in Zara lo fa nell'anno 1046 sotto il ve-
scovo Andrea. Alla morte di Cresimiro sale al trono
Zvonimiro devoto al romano potere. Ei s'impossessa
di Zara, cacciandone Orso Giustiniano rettore. Mo-
stra incertezza però se un tale fatto avvenisse sot-
to un simile re, o sotto Salomone. Sembragli certo
però che Domenico Silvio accorresse a ritorglierla,
come accadde, piegando le altre città, tutte della co-
stiera sotto il medesimo destino.
Qui espone un fatto alquanto faceto, che tie-
ne rapporto alla liturgia slava, che noi renderemo
fedelmente, onde temperare l'aridità della materia, e
far conoscere l'ignoranza ed i costumi di quell'età.
Allora un certo sacerdote forestiero, dice} per
nome Vulfo, capitato dalla parte della Croazia, uo-