M. 60. Zara 13 »icembre I «OS. Anno III. Voce Dalmatica
Prezzo d'associaziotw^ in *aluf* »astriac» prr
Zara: per un anno fiorini per sei m«si Gu«-i»i 4;
per tre mesi Uorini 2. P»-l riiuanciUe della Provinci*
a fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
solili 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
|iel Lombardo Veneto gli stessi prezzi inargento, h-an-
rlie del porto-posta
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I ?rupp! e If commisnioiil , franeUi sprae
ni tlii i » nno in Z^ra a V iticenxo UupUoech
dsttare iU!U VucO l'aliiiitit u. e eli abhupnameoii. al
ne^ozii lilisrii dei «mcRon fi-jnelb BitUHra c Pietrv
Abelii'h. C'Ii di S lince rcsisno I fiocino, « ojai
line < ili pili xuldi 6. La tasita <li itii.inza rea: > a raricu
di-i coniimttenie. I n numero .st-piirato cos(;i soldi 10.
La festività del giorno 8 avendo im-
pedito la pubblicazione del nostro foglio
nel 10, ne compenseremo in seguito i si-
gnori Associati con qualche supplemento.
Letteratura slava.
XI.
sèrbi svi i svuda 1
Sve nervati, svuda Hčrvali!
Sì, ancor gravita sulla terra la mirabile sen-
tenza del sapientissimo Salomone, uscitagli infra
le sue settecento donne principesse, e trecento con-
cubine: "Onde io pregio i morti, che già son morti,
più che i viventi, che sono in vita fino ad ora.
Anzi più felice, che gli uni, e che gli altri, giu-
dico colui, che fino ad ora non è stato: il quale
non ha vedute 1' opere nialvage, che si fauno sotto
il sole».
Il gran cervello dell' Occidente non ha molto
partorì un poeta in grave colloquio con quei del
mantello di Diogene ; li disperse la mitraglia ; ap-
parve il sagace Tiberiolo ; e l'Italia ? — partorì
il suo Achille, e la sua ferita or vien curata pen-
mis herbis. E la Slavia del mezzogiorno ? —La
tracotante ignoranza, falsa imitatrice della vera
civiltà, la vestì da meretrice ; ma verrà il dì, in
cui ricomparirà nel suo bel velo.
Gran tempo passerà di salutare espiazione, che
or succede dopo 1' antico rassegnato silenzio; con-
vien che da gran disordine risulti un grande or-
dine riparatore della bastardaggine ; che succedano
uomini nuovi ai vecchi ebbri di rovinosa rigene-
razione; e sopra tutto che si fissi nnmutabihiiente
cosa è Hèrvafslia, cosa Serhska ; se le fortissime
nostre legioni debbano chiamarsi croate o serbe;
se i memori del feroce bulgaro Samuele, armati
dello stendardo di San Pietro, riconosceranno i
frantumi dell' effimero impero di Bussano ; e se la
corona di Zvonimiro si riposerà sui suoi influenti
e versanti; infine, se tutte queste razze discor-
danti si uniranno in fraterno amplesso. Ai posteri
l'ardua sentenza; ma verrà quel dì in cui mo-
strerà giocondo il suo bruno sembiante la vezzosa
Slavia.
Ora il primo punto della gran questione con-
siste nel diciferare a traverso di mille contrasti
se la Croazia debba essere serva a Serbia; se i
Set'O» svi i -wuila e i s^-e Uhvati, svuda //òrvuti,
implicano contraddizione; se si debba la Serbia ri-
dar entro i suoi confini naturali, onde rispettosa-
mente porga la destra a Croazia, oppur si rivolga
alla rimota Russia, che or ha ben da fare coi de-
voti Polacchi. Son fandonie queste? — E io dico
e sostengo che la or vantata unione nella Slavia
nostra è grandemente affine all' amicizia fra Erode
e Pilato.
Sì, Dalmazia farà da sè; e i Croati e croatiz-
zanti, e i Serbi e serbizzanti, e quel pugno di
sedicenti Serbi, che la voglion ingozzare con una
lingua che non è la sua, dorranno rinculare di-
nanzi all' intelhgenza dalmata ; e contro alla lo-
comotiva del mascherato Fausto si tirerà a mi-
traglia.
La dottrina di Dositeo è contraddetta da quella
di Kacich; i professori in cappa magna slava a
Zagabria si prostreranno alla sapienza di Bel-
grado? Kacich ben conosciamo; or vediamo chi
•fo Di>siteo.
Dositeo Obradovich , nel secolo Demetrio, ex
Calogero, nato fra i Valacchi a Ćakovo nel Ba-
nato di Teniesvar, è il principe dei moderni filo-
sofi e letterati serbi ; primo fu che vide la ne-
cessità d' istruire il popolo serbo in lingua vol-
gare, e lasciò la calogerica al clero ; si ingegnò
di scrivere per ciò delle opere, in cui la lingua
da lui chiamata volgxre serba, è corrotta da una
moltitudine di barbarismi, da errori di granmia-
tica, da vocaboli liturgici ; però vi riluce il suo
beli' ingegno, che fu un prodigio in mezzo a quella
zotica gente. Kacich scrisse meglio di lui ; ma egli
comprese meglio la pratica applicazione dello spi-
rito nazionale.
Egli fu il principale promotore dell' idea serba,
non solo in Serbia, ma ben anche fra i suoi cor-
rehgionari in Dalmazia, ove visse cauto parecchi
anni, perchè allora dominava il veneto Leone, che
non voleva nazionalità se non nelle legioni. In
una canonica vicino alla fortezza di Knin fu mae-
stro tre anni ; insegnò e predicò anche a Zara,
Plavno, Scardona, ecc. ; venne a Spalato con cento
zecchini da lui degnamente guadagnati, ove im-
barcò per il Levante ; vi^se da noi come un rab-
bino nella sua comunità; lodò ampiamente tutti
coloro che lo beneficaronò ; modestamente si la-
gn^ di coloro che lo bisitrattaromo ; predicò tol-
leranza religiosa con cautehi; si pentì di aver ab-
borito gli Uniotti ; non fece torto a Fozio dicendo,
che la Chiesa dovrebbe chiamarsi cristiana, non
greca, non latina; Telemaco fu il suo mentore;
fu di temperamento sensibile melanconico, talvolta
piagnucoloso; vide la grand'età di Giorgio il Nero;
vi cooperò ; ma vi introdusse anche delle pratiche
straniere non confacenti all' indole del nostro po-
polo, e in Dalmazia, sul sepolcro di un suo be-
nefattore, invece deU' opijefo arringò da Demostene;
avvenimento questo semiserio in mezzo alla gaia
semplicità del hofua nije ila kruha ne jide, a nama,
bra/'o, zdravlje i veselje.
Ebbe un successore in Zelich da Xegar in Buc-
covizza, archimandrita e vicario generale alle Boc-
che di Cattare, che imparò teologia sinodale in
Russia, e si meravigliò della semplicità del patri-
arca costantinopolitano, che viveva alla turca ; par-
vegli che la chiesa greca in Dalmazia debba ri-
formarsi, e trincierarsi dagli assalti della latina;
con laudabile sincerità espose il miserando barbaro
stato del suo clero; si mostrò perciò intrapren-
dente, faticante; e se non avesse troppo urtati i
confini della prudenza, e non dato di cozzo in al-
cuni pregiudizii, e mostrata minore ambizione, sa-
sebbe stato degno dell'episcopato, che venne da
Napoleone dato ad altro di minor merito del suo,
ma più arrendevole di lui. Fu benefattore, buon
scrittore, se quella sua Vita fu scritta da lui; finì mi-
seramente in esilio. Monsignor Kraljevich, che fu
prefeiìto nell' episcopato, a Venezia mi pai-lò senza
rancore di Zelich, il quale gli disse : ja sam zeca
tražio, ulovio ga, natakà na razanj^ is^tecù ; pa
ga sad vi jedete. Del resto monsignor Kraljevich,
che io vidi ultra nonagenario, era di venerando
aspetto, sempre amico ai Dalmati, spregiudicato,
affabile oltre ogni dire, assennato, e amorosamente
si ricordava del suo gregge.
Ho voluto ricordare due fonti di serbismo in
Dalmazia, prima ignoto, o non praticato ; poscia
diffuso in un paese, ove T Uèrvalska. e Vhh'uatshi j
erano gli unici storici titoli di nostra nazionalità, j
che dalla sola boria serbica, può venir contrasta?- i
ta; boria che crebbe e si diffuse fra noi per 1'
nerzia dei nostri, e per la dappocaggine croatai;
e infine giunse a tanto, da imporci una lingua ba-
starda, propagata coi loro organi: il Clasnik l)a_lr>
matinski, l'appendice del la Matica ^o.
ecc. che noi assolutamente dobbiamo ripudiare^ is^
non altro come alteranti la nostra lingua
dalmata.
In Serbia sursero molti imitatori di DosUeo»,
che lo superarono in quanto a lingua, non ne^
mente. Dopo di lui scrissero vari, e particol^^vi
mente Vuk StefanovichKaradzich, diesi devecl^i^-.
mare il padre della volgare letteratura; uomo di
poca levatura, ma profondo conoscitore di nostra
lingua ; peccato che scrisse nel suo dialetto ^le-.
ridionale stracarico di sdolcinature e schiacciature^
le quali quando venissero toUe, ne risulterebbe
vera lingua slavo-dalmata. È però scrittore cor-!,
rettissimo, ma assai monotono per la scarsez'^Si
dei materiali, che egli avrebbe potuto rinvenirci'
in più copia da noi; quindi giudico, che lingua
serba volgare e lingua slavo-dalmata sia tutto uno,
ridotta che fosse al giusto mezzo, di cui già più
volte parlai; e per conseguenza che Serbia e /AV-
vatska sia una istessa istessissima nazione, deno-
minata in quelle due -maniere come distinzione di
famiglia che or la prepotenza vuole una sola, con
lingua inventata, che si deve riformare, e non cosi
ciecamente accettare correndo dietro àcj un«
unione.
L'intelligenza dalmata però non deve rimanera
indifferente spettatrice della lutta fra Serbi e Croa-
ti, fra croatizzanti e serbizzanti ; ma deve spa-
gliar la nostra Slavia dalle meretricio vesti, quindi
darsi allo studio della hngua vera non adulterata i
e frattanto il più bello e nobile passo ch3 por»
trebbe fare, si è quello di ristampare la prosa
del Kacich, non quella guastata dai Croati, ma
quella da noi conservata; però con lettere latine
piane non rostrate; quindi distribuirla gratis, §
introdurla nelle scuole ; e fatto questo, si avpi^
tempo di passare gradatamente, non precipitpsa^
mente, ad altri mezzi di diffusione pura slava.
Viva la lingua italiana, da usarsi sempre in
Dalmazia; ma che non si trascuri la slavà, cl^t^
un di dovrà surrogarla negli atti pubblici, e neU
r istruzione pubblica ; e a voi or viventi non riu-;
scirà discaro il pensiero, se i vostri nipoti o pro^
nipoti saranno i rappresentanti della vera civiltà,
infusa nella mente slava.
Slavi si ma Croati nò, fu il grido escito
forte e sapiente petto autonomo ; e io qui voglio
illustrarlo con un brano di storia patria:
Gli Slavo-dalmati dopo la pace fatta (vedi Cat^
tahnich) tra Cresimiro loro re, e Pietro Orseolo
doge di Venezia, si avvicinarono sempre più ai
Dalmati antichi, e col progi'esso di tempo ferma-
rono di due popoli un solo.
Morto senza discendenti maschi il nostro r^
Zvonimiro (in latino Svinimir). scoppiò la guerra
civile per l'ambizione dei grandi del regno ; e
Dalmazia, stata sempre più sapiente di Croazia, vi
riparò coir eleggere Stefano Secondo di sangue
reale, riconosciuto da san Giovanni Ursino vescovo
di Traù, e da Lorenzo arcivescovo di Spalato,
e da altri principali. Ma i nostri fratelli di oltre^
monte non lo vollero l'iconoscere, e finalmente
per trovar pace si diedero a Ladislao re d'Un-
gheria , e così ebbe principio 1' unione ungliero-
croatji. Golonj^tjo suo succe,sg9re volle aocbe Duìr
ed altre regole gramiiiaticali da quelli disdegnate;
e la Dalmazia cosa fa? — ubbidisce ai capricci
dei croatizzanti e dei serblzzanti. Sarà ella serba
0 croata, o serbo-croata? Dipenderà tutto dal fa-
moso concorso delle circostanze; ma per ora si
può dire che la sua autonomia, non è autonomia;
perciocché a che essa vale, quando si va facendo
schiava di una hngua che non è la sua? Sono gli
anne^ionisti che gliela impongono, ed ella ancora
non sa rigettarla; e ne è una prova, che i libri
croati vanno invadendo le nostre pubbliche scuole.
Ecco a che meta condusse l'indifferenza o la tra-
scuranza della lingua di questo popolo; e or l'in-
telligenza dalmata avvertita deve ricorrere ad un
rimedio radicale : o itahanizzare tutto, oppure sla^
vizzare dalmaticamente. Il primo è impossibile; il
secondo è l'unico rimedio possibile ; sostenere due
nazionaUtà, dove una è grandemente e numerica-
mente preponderante, e sempre più progrediente,
non l'ugge; regge benissimo sostenere la civiltà;
sostenere la lingua italiana infino a che la slava
jion divenga degna di assidersi sul destinatole seg-
gio; ma in mezzo a tanta confusione linguistica,
ben è ragionevole, che Dalmazia faccia da sè, e
non si mostri cieca serva dell' altrui dottrina.
Frattanto è necessario che sorgano fra noi de-
gli autonomi a difendere e proteggere la nostra
letteratura, e non lasciar me solo esposto in tanta
lotta; e la nostra Dieta che fra pochi dì si ra-
dunerà, dovrà decidersi ; e io già indicai il primo
salutare passo; il quale consiste liel rigettare tutto
ciò che è croato, ed approvare quello che è dal-
mate puro; e lo abbiamo nel nostro immortale
Kacich, che fu in occasione del suo secolare anni-
versario celebrato dall' orbe slavo.
Fra Croati e Serbi certamente che l'intelligenza
dalmata dovrebbe preferire i Serbi, pei'ciocchè que-
sti, in quanto a hngua puramente volgare, diedero
j più bei saggi di bello scrivere, con proprietà
e buon gusto di nostra hngua. Ma il male è, che
pur essi corruppero e vanno corrompendo nostra
lingua coir entrare nel campo delle scienze, semi-
nandovi senza necessità dei vocaboli tratti dalla
loro liturgia, e dalle opere russe, e alterando il
pensiero slavo, quindi anche gli affetti; e in quanto
a questi vi rimarcai in molti luoghi una servile
imitazione del ^enio francese; per cui la Slavia
comparisce degenere e imbastardita alla mente di
coloro che sentono e amano la sua primitiva o-
riginalità. E questo sentimento non si può spie-
gare a parole; esso è ineffabile.
Cotale degenerazione più o meno subirono le
colossali sorelle della nostra Slavia : la Russa, la
Polacca, la Ceha e Morava; e noi che vediamo
un popolo ancor non viziato dalla straniera male
applicata civiltà in quanto alla sua lingua, per cui
€sso in mezzo a tutti i popoli europei presenta
una stupenda originalità ; dobbiamo cercare di
conservarla senza impedire il giusto progresso
che gli si compete. La stessa storia della lette-
ratura itahana, ci offre una gran prova come in
ogni tempo uomini insigni si ingegnarono di sal-
varla dalla corruttela; e anclie oggidì gi grida
contro il franceseggiare; e Platone filosofo richie-
deva rispetto per gli Iddii, e segregamento dagli
stranieri per la conservazione dei costumi. Forse
che io non mi so spiegare; ma io sento ben dif«
ferentemente dalla maggior parte dei nostri let-
terati : io vorrei che si studiasse megho la lingua
del nostro popolo, conversando con lui; che non
si precipitasse nello scrivere ; che si formasse una
Crusca, una vera censura; perciocché le cose vanno
da noi di trotto in tal modo, che se si continuerà
così, non solo guasteremo la nostra lingua, ma
anche l'indole nostra.
Intanto i Serbi colla loro boria voglion tutto
serbizzare. È noto il loro ritornello: Sh'/ri svi i
svuda; cui contrapposi il mio grammatico: Sve
nervati; spuda Ilòrvati. Eglino già fecero i loro
conti : in primis et aiife omnia tutti quanti i Mor-
lacchi son Serbi di sangue puro; croati Porfiro-
genitani quei pochi isolani, confusi ,coi Serbi, o-
riginari dell'antica Pagania, o repubblica Naren-
tina, che diè ben da fare ai Veneti ; quindi il no-
vero dei Dalmatolatini superiore al loro. Serbi
tutti quelli del principato indipendente, del Mon-
tenegro, della Bossina, Ercegovina, Croazia mih-
tare, Slavonia, Sirniio, Vojvodina, etc.: in somma
la Slavia meridionale è tutta quanta serba, salve
poche sottrazioni; e Croazia vi comparisce un pic-
colo cantone nella regione dei così detti rekavci.
Onde combattere questa ventosa presunzione io
devo cominciare ab ovo ; però mi limiterò sola-
mente ai fatti principali, che la sarebbe ben lunga
tessere tutta la storia nostra benché frammentaria.
E perchè si creda alla brevissima narrazione che-
produrrò, e che solo potrebbe interrompersi a ca-
gion della mia mal ferma salute, dico, che ho
alla mano gh storici Bizantini, come Procopio, A-
gathias, etc. ; Lucio, Tommaso arcidiacono , Ka-
tancich, Safarik, CattaHnich, e tanti altri che scris-
sero intorno alle cose slave; dai quah colla do-
vuta critica ho estratto dei fatti, cui non si può
contraddire.
Gli storici della Slavi'a ritengono, che essa com-
parisce sotto questo nome alcuni secoH dopo la
nascita di Cristo; e che prima non ci fu vestigio
del nome Slavo; ma io leggendo la vita di Fi-
lopemene scritta da Plutarco, vi trovai un passo
d'oro di molto anteriore alla nostra era, che trovo
a proposito di qui riportare, tratto dalla nuova
traduzione di Marcello Adriani :
"Ma quando il re Antigono venne al soccorso
"degli Achei contra Cleomene, il quale avea presi
"i monti intorno a Sellasia e'passi, egh schierò
"a vista le sue genti con pensiero di divenire alle
"mani e cacciamelo per forza, Filopemene aveva
"la posta fra cavaheri della sua città a lato agh
"Schiavoni, fanteria numerosa e di valore, i quali
"chiudevano la coda dell'.ordinanza tutta; e fu
"imposto loro, che stesser queti infino a che dal-
"l'altro corno fusse dal re levata in alto in punta
"della picca una sopravesta vermiglia spiegata.
"Ora essendo i capitani degli Schiavoni senza at-
" tendere il segno andati a' monti per forzare i
"Lacedemoni, e gli Achei fermi stando alle lor
"poste, Euclida fratello di Cleomene, intesa que-
"sta separazione de'nimici, tosto mandò i più spe-
" diti fra' suoi a dare alla coda a questi Schia-
"voni e disordinarli, pòi che erano sfasciati di ca-
«valleria. Ciò fatto, avendo questi armati alla leg-
"glera messo in disordine e travaglio gli Schia-
"voni, Filopemene comprese esser agevole il rom-
"pere costoro e principalmente chiamandonelo l'oc-
"casione; e scoperse in prima alle genti del re la
«sua intenzione. Ma quando vide non gli esser
"creduto, anzi esser tenuto per matto e però di-
" sprezzato, non essendosi ancora tanto di riputa-
"zione acquistata nella milizia, che ben potesse
«menare a buon fine un tale stratagemma, gli as-
" saltò egh seco tirando i suoi cittadini
E i qui nominati Schiavoni erano realmente Slavi?
Si deve ritenere di sì, perciocché mai alcun altro
popolo non fu con quel nome designato; e molti
degli uomini posteriori così appunto chiamarono le
nostre genti; e io le trovo nominate: Sciavi. Scla-
veni, Sclavim, Sflavani, Schwones , Sclmanisei ,
Slaveni', e ancora Spor«, Venedi Winidi, Winedi,
Gwinidi, Anti; ecc. ecc. Chrouati, Chrobati^ Sopori,
Serbi, che ricordati da Plinio, i primi probabilmente
sotto il nome di Ariuafes, e i secondi sotto quello
di Sirhiq, si fecero conoscere neh' impero Romano
d' Oriente nella prima metà del settimo secolo. Ma
di questi parlerò a suo luogo.
Donde deriva il nome Slavi nessuno può sta-
bilire ; però non è così che noi slavicamente ci
chiamiamo; ma Slavjani, che all'italiana si traduce
in Slavi. E noi pure non abbiamo buona ragione
di chiamarci S/nv/aM?, perciocché é più probabile
che in antico tempo il vero vocabolo fosse Slo-
veni, 0 Slovinri, quindi slovenski, o slovinsbi na-
rod, anziché Slavjani e slavjanski narod; essen-
doché, come bene osserva Safarik, la o primitiva
di quel nome si tramutò in a ; e di ciò mi per-
suado, perciocché moltissime delle nostre voci pre-
sentano tale tramutazione, come si osserva non solo
ne gliantichi nostri scritti, ma ben anche nel dialetto
dei nostri isolani, specialniénte di quelli vicini a
Zara, i mighori conservatori dell'antica lingua slava,
confrontata col dialetto dominante nella terraferma.
Per esempio, F isolano di Preko fa sentire, se-
condo la proprietà di sua lingua, la o anche in
molte parole di origine straniera: KorontO:ì invece
di liarantan, ecc. Ora ammettendo che il vero
titolo nazionale sia Sloveni o Slovittci, patente-
mente risulta, che quello non deriva da Slava, glo-
ria, ma da Slovo, parola, verbo. Inutile é sostenere
0 r una 0 l'altra derivazione etimologica ; e io ri-
tengo che le nazioni barbare da sé un nome di-
stintivo si imposero, ma che una fu denominata
dall'altra probabilmente per un particolare inter-
calare. Così per esempio il man dei Tedeschi, che
sovente sarà stato ripetuto, poteva aver dato o-
rigine alla voce Germania ; e così slovo, o slava
dai nostri sovente usato, a tutte le loro desinenze
surrifei'ite colle quah furono dagli altri popoli
chiamati; e io non sono persuaso che gli Slavi,'
nei tempi antichi, la terra da loro abitata chia-
massero Slovenska, o Slovenia. È certò però, che
questo fu il nome più generale che avesse la no-
stra nazione, la quale poi secondo le differenti
tribù aveva dei nomi particolari e molti. È le molte
volte una vanità il voler trovar il significato spe-
zialmente dei nomi propri dei paesi, e dei popoh ;
e il dire p, e, che Frigia viene da Brig, colle,
vale lo stesso che far derivare Milano da milo ;
e la madre Eva da evo me, e Adam d'à hod'amo.
Del resto succedette che i popoli usciti dallo
stato barbaro ricusassero i nuovi nomi che lor
venivano imposti, e così p. e. i Serbi rifiutarono
e tuttor rifiutano il titolo di lìaei, con cui h chia-
mano gli Ungheresi, e quello di Vlasi, con cui li
chiamano i Turchi bosnesi ed ercegovesi; mentre
1 Morlacchi, che ancora non studiarono la scienza
pratica, affermano se esser Vlasi, e i Serbi li vo-
glion Serbi ; e li distinguono dai Cincari, ossia
dai pseudo Vlasi, o Valacchi ; e così pure la gran
nazione alemanna rifiutò l'abbietto nome Nemci
(Nimci) lor regalato dagli Slavi ,che significa i
Muli. E toccato così delle denominazioni univer-
sali nazionali fra genti rudi, non intesi di com-
prendere nella stessa classe quelle che comincia-
rono la loro esistenza dai semidei, o dai gran
fondatori, di cui conservarono il nome e se lo
applicarono.
Spalato, li 15 dicembre 18G2
prof. A. KUZ3IANICM. »«
Seduta pubblica del Consiglio Comunale di Zara
il giorno 6 del corrente.
Il sig. Podestà apre la seduta alle ere 11
a. m. e prima d'ogni altra cosa ringrazia il 1."
assessore sig. Dr. Antonio nob. de Stermich per
essersi compiaciuto d'assumere la gerenza e rap-
presentanza del Municipio durante la di lui as-
senza e ne fà i meritati elogi.
Deplora quindi la perdita che il Municipio fece
colla morte dell' altro assessore nella pei sona del
defunto conte Marco Cernizza, alla cui memoria
si crede di essere dispensato d'intessere una ghir-
landa, avendone già il sig. Ferrari Cupilli in un
articolo necrologico della Voce Dalmatica fatta
amphssima lode.
Aggiunge poscia come sarebbe stata sua inten-
zione di riassumere brevemente 1* operato di questo
primo anno di sua gestione, ma come ei stimava
meglio passarvi sopra, non avendo avuto il con-
forto di riuscire che in cose di poco momento, ma
che ei si riservava però di farlo allorché fosse per
deporre la sua carica al momento delle nuove e-
lezioni, in seguito alla legge comunale, che si spera
di sentir discussa e vedere attivata fra poco; od
almeno all' avverarsi di qualche fortunata occa-
sione, in cui fosse per divenire realtà taluno di
quei progetti che formano da alcuni anni il sog-
getto dei suoi sogni dorati peli' avvenire di que-
sta città, e per alcuno dei quah egli ha fatto qual-
che primo tentativo ed avventurato qualche primo
passo.
Istruito quindi il Consiglio sul primo argomento
dell' ordine del giorno, come 1' asta tenutasi pel-
l'illuminazione della città nei giorni 13, 14 e 15
novembre p. p. andasse deserta per mancanza
d'offerenti, e come fossero poi state presentate nei
giorni successivi quattro differenti offerte, le quali
tutte in più 0 in meno si staccavano dalle con-
dizioni volute nella polizza d'incanto, fattq, let«
Persia, e sulla convenienza di tali industrie in
Dalmazia.
£ccel«o I. R, mnUtvvo del Commercio.
Ora che dalle comunicazioni fatte dai diversi
luoghi della provincia è dato conoscere i risultati
degli esperimenti sulla coltivazione dell'Ailanto ed
allevamento del suo baco da seta (Bombyx Cyn-
tliia), nonché sulla coltura del cotone di" Persia,
la Camera si fà un dovere d'innalzare a questo
Eccelso Ministero la presente esatta relazione.
L' Ailanto comune in Dalmazia, dapprima or-
namento dei passeggi e giardini, di dove però do-
vea ben presto esserne discacciato per la sua in-
vaditrice natura, non avea bisogno come altrove
d'essere conosciuto, ma d' ottenere soltanto quel-
l'attenzione che l'inattesa sua utilità e vantaggio
ne veniva a reclamare, e lu ben grato compenso
alle lunghe molestie sinora arrecate, la speranza
che, colla sua prodigiosa propagazione, fece de-
stare suir avvenire di questa nuova industria in
Dalmazia.
Fatta quindi venire dal Presidente a proprie
spese, non avendo altri fondi la Camera che quelli
indispensabih pella interna sua amministrazione,
mediante la gentile prestazione del sig. Ettore
cav. de Bitter presidente della Camera di com-
mercio ed industria di Gorizia, direttamente da
Parigi 12 grammo di semente del Bombyx Cyn-
thia, con ogni maggior diligenza e cura si diede
assieme a due ragguardevoli membri di questa Ca-
mera ad allevarle.
Le sementi pervenute ai primi del mese di giu-
gno, diedero dopo 3 giorni i bruchi, i quali rac-
colti appena nati, coli' avvicinare ad essi alcune fo-
glioline d'Ailanto, per una metà furono tratte-
nuti, e peli' altra trasportati sopra alberi giovani
in campagna aperta, ove, quantunque la stagione
fosse eccezionalmente instabile, ciò non per tanto,
nè pelle pioggie, nè pei venti, nè pel cocente sole
ebbero gi^vemente a soffrire, chè anzi si conser-
varono più sani e più vigorosi degli altri allevati
e nutriti in luoghi chiusi sopra graticci e sopra
rami d' Ailanto tenuti freschi in bottiglie d' acqua.
Dai bozzoli ottenuti dalla semente importata
sortirono le farfalle dopo giorni otto; accoppiate
ed ottenute le uova fecondate, se ne distribuirono
gratis da oltre 120 gramme a molti amatori in
provincia, insinuatisi dietro apposito avviso pub-
blicato ripetutamente a cura della Camera ne' pub-
blici fogli, ed i risultati degli esperimenti fatti in
provincia, riconfermarono i presagi concetti sui ri-
sultamenti ottenuti dalla Camera, con tanto mag-
gior interesse, in quanto nella seconda riproduzione
le uova erano di bachi nati e cresciuti in que-
sta terra, e che aveano subito le influenze atmo-
sferiche di questo cielo.
Si tralascia la descrizione che venne già fatta
in tanti scritti e rapporti, e che non differenzia
qui per nulla, degli speciali caratteri che pre-
sentarono i bachi nelle diverse età, non avendo
in mira la Camera di offrire una analisi detta-
gliata dell'economia animale di questo insetto, ma
di richiamare soltanto la superiore attenzione sulle
favorevoli condizioni che offre la provincia nell'in-
troduzione di questa nuova coltura ; e si hmiterà
quindi a far conoscere eh' esso superò fehcemente
le mute, e che in questo clima e sotto queste con-
dizioni trova esso quanto gli abbisogna per una
prospera e felice esistenza.
Quest' anno naturalmente le esperienze vennero
fatte in piccole proporzioni, ma nel prossimo anno,
che si potranno moltiplicare gli esperimenti sotto
diverse condizioni e sopra una scala maggiore, si
spera eh' abbiano a confermare i giudizii emessi
sin da quest'ora su questa nuova industria, e pos-
sano verificare le concepite speranze eh' essa sia
per divenire un giorno un oggetto di vera e re-
ale utilità per questa provincia.
Una circostanza che la rende del tutto propria
alla stessa, così spopolata ed addietro in tali e-
sperienze, si è, che la coltura dell'Ailanto e del
suo baco non esigono, come la coltura del baco da
seta del gelso, sì numerosa mano d' opera e si di-
ligenti cure. Una volta confezionato il seme e sboc-
ciato, dalla deposizione del baco sull'albero alla
raccolta del bozzolo non havvi più da far nulla,
ed il contadino un mesè dopo che ve lo avrà d e-
posto vi trova la sua raccolta appesa alle foglie,
e non ha che il bene di taccarvela; non necessità
di edifizio, di stufe, di numerosi operai per rac-
cogliere la foglia, trasportarla, dai'la da mangiare
4 e 5 volte al giorno, togliere le lettiere, prepa-
rare il bosco ecc. ecc.. AH' aperto essi di tutto
ciò non hanno nulla bisogno.
EgU è vero che gli uccelli, le vespe, le formi-
che ne arrecano un non beve danno, ma se un
terzo in tali condizioni, che potrebbero essere mi-
gliorate^ si riesce a raccogliere, è assai bene com-
pensata la poca spesa e fatica impiegate. Conviene
avvertire inoltre che allignando e prosperando lo
Ailanto nei più ingrati terreni, nei terreni inadat-
tati ad ogni coltura, non si toglie con essa il po-
sto alle altre, ma se ne ottiene una, ove nessun'
altra, od assai difficilmente e con enormi spese,
che non compenserebbero 1' opera, se ne potrebbe
ottenere, e di tah terreni la provincia è abbon-
dantissima.
L'imboscamento di alcune delle nostre piìi ste-
rili colline sarebbe facile e sollecito pella mera-
vigliosa riproduzione di quest' albero, il quale mol-
tiplicasi non solo mediante semi e polloni, ma an-
che col mezzo di porzioni di radici, e vi bastano
pochi pedali per invadere e popolare un largo spa-
zio; la sua ripresa è poi sì facile, che tagliato sino
al suolo, i getti in breve saliscono alla grandezza
del fusto primitivo; esso riesce poi assolutamente
prezioso per imboschire le sommità denudate dei
monti nostri più alti, qui che i boschi sono quasi
affatto distrutti. La sua grossezza arriva a pro-
porzioni ragguardevoli, ed è prodigiosa la sua
altezza, per cui lo chiamano anche l'albero del pa-
radiso.
Queste piante poi cresciute sopra terreni asciutti
e montuosi, rinvigorite dal sole di mezzogiorno, sa-
rebbero e più durature e più atte ai lavori per
un legno più compatto e resistente, e si preste-
rebbero ad ogni peggior evento benissimo ai la-
vori di mobili, ricevendo il pulimento della noce.
Tagliandosi come si disse il tronco presso il suolo,
getta esso dalle radici?; un numero grandissimo di
rampolli, i quali servirebbero mirabilmente a ri-
tenere, fissare e rassodare quella poca di terra di
cui sono essi in generale forniti, ed impedirebbero
che le acque la trasportassero al basso denudando
le sommità ed i fianchi, come tuttogiorno si ve-
dono miseramente quelle eminenze spogliarsi di quel
poco di terra che ancora le coprono ; cosicché nel
mentre questi bassi getti nelle colline servirebbero
a nutrizione del baco, gli alberi di alto fusto ser-
virebbero a lavori di falegname e rimessalo. Se-
nonchè, senza accomodarsi ad indiretti o secondarli
vantaggi, si può farsi calcolo immediatamente sull'in-
dustria principale, dal momento che presi a dati
di confronto i risultati ottenuti dalla coltivazione
del baco comune, prima della dominante atrofia,
coi risultati offerti dal Bombay Cynthia, si venne
a risolvere il problema, col riconoscere e dichia-
rare la coltivazione del Cynthia più profittevole
dell' altra in generale ed al produttore ed al con-
sumatore.
I rapporti tutti pervenuti alla Camera concordano
nel dichiarare che la seta di questo baco ha dei no-
tabili vantaggi in confronto agli altri filati, sia pella
consistenza, finezza, durata e leggerezza del filo, sia
pella modicità del suo prezzo, prestandosi a tutti
gli usi e bisogni della famiglia, e che, dai cascami
che restano nelle filande, si ottiene un ottima stoffa
e di buon prezzo pella classe la più povera della
popolazione.
Tali esperienze naturalmente non potevano es-
sere fatte da questa Camera, ma, come ebbe ad
iniziare l'allevamento del baco, essa si adopererà,
con ogni premura, perchè, riconosciuta l'utilità di
questa nuova industria, possa costituirsi una so-
cietà ed un fondo i quali abbiano per ispeciale scopo,
onde incoraggiare lo sviluppo della stessa, l'acquisto
dei bozzoli, poiché altrimenti ora essi non ver-
rebbero certamente prodotti, ed intraprendere, te-
nendo addietro ai progressi, che indubitamente de-
vesi aspettare, nel perfezionamento dei processi
per svolgere il filo dai bozzoli, purgar, biancheg-
giare e tingere il filato, tutti quei lavori che si ren-
dessero necessarii onde arrivare ad un deside-
rabile e felice risultamento di tale intrapresa.
Ed in ciò la Camera si ripromette un valido ap-
poggio ed un' efficace cooperazione nei principali
suoi concittadini, intenti come sono al bene pubblico
ed al prosperamento di questa misera provincia.
In quanto si riferisce all' altra industria, che
pure somministra un prezioso materiale al vestire
dell'uomo, quella cioè del cotone, che, fra le po-
che piante che servono a tale uso, merita, senza
eccezione, il primo posto, pella infinità di tessuti
che l'industria, per ogni genere di bisogni, ha sa-
puto formare; essa, quantunque esiga maggiori ri-
guardi e cure dell' altra che si è discorso, ciò non
pertanto, avuto riguardo ai limitati esperimenti
che si poterono fare, diede dei risultati che pos-
sono dichiararsi splendidi ed inaspettati, special-
mente se si ha riguardo al fatto che nel spedirne
la poca semente a cura di Esso Eccelso Ministero
si era esternato il dubbio che in questo anno se
ne potesse ottenere la fioritura, quando invece si
ebbe un eccellente e copiosissimo frutto dalla stessa.
Quella poca semente, deposta appena ai 20 di
maggio in grossi vasi ripieni di terra comune an-
naquata con acqua grossa all' aperto, benché al-
l'esposizione di mezzogioj'no, dopo 5, o G giorni,
germogliò rigogliosamente in guisa che vedevansi
diverse piante, dopo un mese, cariche di bacche,
le quali arrivate ben presto a maturità, aprendosi,
mostravano la splendida peluria che racchiudevano
nel loro seno. Il filo estratto mostravasi consistente
e capace ad essere annaspato e tessuto, come po-
trassi riconoscere dalle poche bacche che vengono
unite al presente rapporto.
Però devesi riconoscere eh' essa semente di Per-
sia preferisce il terreno grasso ed asciutto a qua-
lunque altro. Ciò non pertanto superata a poco a
poco la differenza del clima e la diversità del
suolo, essa non troverà ostacoli alla più vantag-
giosa riproduzione in provincia, ove, in qualche
sito, per semplice piacere, veniva già allevata fe-
hcemente qualche pianta di cotone d'altra specie.
Le piante che vennero, all'apparire del freddo,
rinchiuse in serra, all'epoca della loro maggior
fioritura erano arrivate all'altezza di quasi 6 piedi
ed alla grossezza di un buon pollice.
Queste esperienze moltiplicate, e per numero e
per diversità di luoghi, potranno dar maggior base
a stabilire l'utilità ed il vantaggio nonché la
convenienza di tale coltura in provincia, che pel
mite suo clima non dovrebbe ceì-tamente fallire.
Onde poi poter avere dei dati di confronto col-
le sementi ottenute in provincia, e poter corri-
spondere alle tante richieste fatte a questa Camera,
sarebbe opportuno che essa, pel nuovo anno, po-
tesse esser fornita di una qualche quantità di o-
riginaria semente, pel quale effetto, essa si rivolge
fiduciosa a questo Eccelso i.'r. Ministero.
Un'altra industria, ch'era stata raccomandata
alla Camera da questo Eccelso Ministero, quella
cioè della coltivazione delle spugne, in forma di
giardini sottomarini, essa, dopo aver aperto delle
corrispondenze con le persone le più intelligenti
in tali materie, le quah s' occuparono già nello
studio e nella scelta dei luoghi più opportuni per
costituìrveh, nella sua seduta dei 25 giugno 1862
aveva deliberato di chiedere a questo Precelso Mi-
nistero r anticipazione di un fondo onde poter far
fronte alle spese preliminari e necessarie ad in-
traprendere i primi lavori, e la sua domanda ab-
bassata a questa Eccelsa i. r. Luogotenenza, pre-
sentemente trovasi presso questa Giunta Provin-
ciale, a cui venne rimessa; motivo per cui la Ca-
mera è dispiacente di non poter offrire quei favo-
revoli risultati anche su questa, che ha presente-
mente r onore d'innalzare delle altre.
Dall' esito però della sua domanda dipenderà il
ripigliamento degl' incamminati studi o l'abban-
dono totale degli stessi.
Presidente PIETRO ABELICH
Segretario /J?\ Vincenzo Benvenuti » «—^—
Al chiarissimo sig. professore Antonio Kuzmaiiich
in Spalato.
Ad un antico tuo condiscepolo, e sempre sincero
estimatore ed amico, sia permesso d' esporti ciò
ìiiversale di nostra nazione, perciocché diciamo
e scriviamo Slavjaui, Sluveni, Slav.'ni, Slovi nei
SUivenci, Slavonci, <loLmei; mentre il Tedesco ci
chiama: die Slaiven ; ritaiiano: gli Skivi; il Fran-
cese: les Slaw's, etc.; ed è pur vanità il soste-
nere che Slavjaui viene da Slami, gloria ; G Slo-
vi nei da Slovo, parola^ verbo (si intende anche per
discorso e lettera dell' alfabeto ; e noi intendiamo
volgarmente per parola, rt'-) ; nome che pinttosto
gli stranieri ci imposero udendo T antico nostro
intercalare a quel modo, come appunto da glagulj
uscirono i glagoUti. E a Safarik, storico nostro,
anzi il primo e il migliore dei nostri storici, non
sembrava quello fosse un nome nazionale, e dopo
grandi fatiche nella ricerca del vero, lo trovò na-
zionalissimo, in Plinio e in Tolomeo, sotto quello
di Sorbi 0 Sirbi, pei'chè lo scorse di derivazione
pura slava, e lo vide fino ai nostri dì usato da
quelli che si dicono Serbi, e che reputa Slavi di
sangue puro; anzi, dopo aver letto un passo di
Procopio, sostiene quello essere stato 1' antico no-
me della maggior parte di nostra nazione, E Pro-
copio dice, che gli Slavi ed Anti prima si chia-
mavasi Spori, che in greco significa sparsi; men-
tre Jornandes afferma che prima si chiamavano
generalmrnte Winidi, poi li suddivide in Slavi ed
Anti. Phnio però colloca i Serbi fra il Volga, la
Meotide e il Don in mezzo ad altri popoli, che
egli chiama: Maeotici, Vali, Arrechi, Zingi, e Psesii;
donde risulta, che i Serbi nel primo secolo del-
l'era cristiana dovevano costituire un piccolo po-
polo; e così anche nel secondo secolo al tempo
di Tolomeo, il quale li nomina anche Sirbi, e li
colloca con altri popoli in sito differente. Ma, dal
secondo secolo fino al settimo, la storia di loro
serba alto silenzio, con tutto che fino a questo
tempo succedessero dei grandi avvenimenti, che
rovesciarono r impero romano di Occidente, e molte
differenti stirpi di barbari, che ne ebbero parte, vi
sono nominate; e più volte, dopo il regno di Ze-
none fino a Eraclio, dagli storici Bizantini sono
raccontate le scorrerie degli Slavi, ma non dei Serbi.
Safarik credette, dopo tante sue faticose ricer-
che, di aver finalmente a suo conforto trovato quel
vero nome di nostra nazione, e tosto vide che
Spori fu grecamente contrafatto da Procopio, per-
chè non sapeva pronunziare Srb; ma questo suo
ragionamento parmi che non possa pienameute sod-
disfare ; perciocché per quanto Procopio fosse stato
ignaro della lingua slava; pure non poteva ag-
giungere quella sillaba po, che tanto si allontana
da Srbi, e Costantino Porfirogenito nello scrivere
Chrobati, o Chrovati, che gli itahani dicono Croali^
doveva avere sentito chiaramente in quel nome la
o, e messa la Gh invece della //; e buone memo-
rie abbiamo, che slavicamente si chiamassero in
antico i Croati Uorvatì, e non Uervatl o Hrvati;
il che si sente anche oggidì.
Provai con Plutarco che il nome Slavo fu più
anticamente conosciuto di quello che credeva Sa-
farik, il quale lo ritrova ripetuto negli storici Bi-
zantini, che vissero nel medio evo; e poi quel suo
sostenere che il nome Serb fosse il più universa-
lizzato anche perciò che lo ha trovato riportato
in parecchie scritture di autori nostri e stranieri
(però dopo i tempi in cui i Serbi si fecero cono-
scere neir Illirio e nella Tracia, il che avveinie
nel 635—38); può servire tutto al più di prova
certa che colla loro emigrazione da oriente in oc-
cidente fossero prima degli altri venuti a contatto
con popoli, che ne serbarono memoria nei loro
sci-itti, e che potevano aver esagerato il loro nu-
mero, che ora si riduce ben a poco, supponendo
che come si chiamano i vicini così anche i lon-
tani; anzi è ragionevole il ritenere che se quello
fosse stato un nome principale di nostra nazione,
non si sarebbe così in molti paesi estinto, spe-
cialmente dopo il passaggio dalla rozzezza a certo
grado di civiltà; e già nel nono secolo si forma-
rono le due prime gran masse slave sotto Svato-
pluk in Moravia, Boemia e Pannonia, e sotto Bu-
rico in Russia, che non accennano a Serbia; e
oltre a ciò, nello stesso secolo, la storia nomina
una gran quantità di tribù slave sotto altro nome,
da stancare lo storico ; e nella metà dell' ottavo
cero tanto forti gli SA,H-/, che gli sturici (i'allura
temevano the non si sIa\i/2a>SL' tutto l'inipcru grecu.
Inoltre non è presumibile che, -uttu un gran
nome nazionale, conoscessero genti, che secondo
alcuni storici vivevano in povere capanny sparge,
e democraticamente, dedite unicamente alla pace
della vita agricola, da cui talvolta forzatamente
vennero distaccate da altre straniere e rapaci. 11
gran nome nazionale allora surge quando le na-
zioni barbare in gran masse si uniscono per reg-
gersi 0 per conquistare o conservare una conqui-
sta sotto a gran capi. D'altronde non convien
credere, che i Bulgari, Serbi ed altri nel conqui-
stare alcune provincie della Tracia, e dell'Illirio
fossero discese in gran masse con cui popolarono
quei paesi; sapendo dalla storia che gli Kruh, i
Goti, i Lombardi ed altri, che conquistarono gran
parte d'Italia, furono pochi; e così i Serbi, che
dapprima occuparono la Tessaglia nel settimo se-
colo, poi lo abbandonarono per ritornare all' antica
culla, e infine si invogliarono di unirsi ai Croati,
non dovevano esser molti.
Oltre a che Safai-ik doveva provare se i Serbi
fossero in origine di razza slava, non bastando,
fra tanta confusione di popoli rimarcati dalla storia,
r asserire che serb è vocabolo slavo e indica gente
0 nazione, il che in islavo non si conosce; e die
ora è confermata la loro nazionalilà perchè par-
lanti slavo. Chi non prenderebbe oggimai i Bul-
gari per slavi, se la storia avesse taciuto della
loro origine finnica? II fatto sta, che io osservai
e Croati, e Gehi, e Polacchi, e Russi, ecc. e vi
distinsi un egual tipo ; ma nei Serbi, specialmente
in quelli che parlano il dialetto meridionale, salvo
1 Montenegrini, e in questi di confessione orien-
tale viventi in Dalmazia, io non scorgo il tipo slavo.
Ma di ciò parlerò più a lungo in altro tempo ; e
solo come per incidenza avverto, che i Morlacchi
da Engel e dallo stesso Safarik con tutta proba-
bilità vengono ritenuti di origine avara ; però io
dovrò distinguere i veri Morlacchi da altri che
ingiustamente passano per tali.
È certo che la nazione slava ab antico è grande:
già mille anni fti occupava più della metà della
Europa, e oggidì ognun sa -quanto si estende. Pro-
copio scrive: Anianim popuUinfluUl, Q sotto que-
sto nome comprende gli Slavi; e nella vita di
San Demetrio sta : Selamrmi gens imnwro infinito;
qui potrei riportare ben altre prove in propo-
sito. Dei suoi primordi non si può saper niente
come neppur gli Italiani, che in ogni tempo stu-
diarono la loro origine, non ne sanno con certezza
che dire ; le origini di ogni nazione primitiva sono
sepolte nelle tenebre; e per dirne qualche cosa
convien ricorrere al miracolo dell' arca di Noè,
ed al posteriore della torre di Babele. Gli storici,
senza poter precisare l'epoca, fanno comparire dei
popoli nella deserta Europa; per esempio i Celti
passano a traverso della selva Ercinia, e, col nome
di GaUi e Cimri, si fermano nella Gallia, poscia
si diffondono in Italia col nome di Ombri, in Bret-
tagna con quello di Gallesi; e la famiglia slava,
di cui una parto probabilmente seguì anche i Celti,
dopo la Germanica al nord dell' Europa occupa
mano mano le terre che da questa erano deserte,
finche si stese dal Baltico al mar N'ero, e dai Car-
pazi! ai Poia; e la stirpe uralica stretta fu dalla
slava verso settentrione, donde sbuccò nel medio
evo col nome di Unni e di Ugri, e che ora, come
scrive Cantù, si distinguono in ramo finnico nel-
r Estonia e nella Laponia; ÌNIagiaro o Ungarese
nel lembo della Germania; Cermisso in riva al
Volga, e Permiano presso gli Urali.
Secondo Blumenbacli ed altri tra lo grandi classi
di uomini si distingue la caucasiana centrale bianca
a cui appartengono gli Europei, quindi anche gli
Slavi, eccetto i Laponi, i Finlandesi e i Magiari;
e dalla maggior parte dei dotti si ammette che il
genere umano scaturì da un centro solo. Ma, al-
quanti anni fa, Morton Quacquero americano, me-
dico e fisiologo dottissimo sortì, con una dottrina
nuova, contraria a tutte le credenze sull' unità della
specie umana; e così i nostri antichi Slavi, come tut-
te le altre razze primordiali, sarebbero usciti come
funghi dalla terra. La dottrina di Morton è quella
trina dei io-ili. e dalla i)al. nntol<»;jria : e mo>tra
coiivÌ!it<j ( Itf il L'f iu re uniàiio -c.it;!i ! da jtiti centri,
i (piali furono croati ab initio iti (jiiulihe regione
della tt-rra, che erano alia rt-ica loro natura più
opportuni. Come poteva esser (|uesto y Si trovò
r involucro ten'oste in uno -tato di calore; si fe-
cero i condensamenti cristallini, quindi nè consegui
anche la vita organica, uniforme in tutto il globo,
perchè fomentata daunifonne interno calore; quindi
la successiva evoluzione dei germi potè continu-
arsi dai primi embrioni della vita anfibia sino alle
più sensitive e intelligenti a]q)arizioni della vita
terreste. Gran tempo passò in questo lavoro della
gran madre antica, ma nel seno dell" eternità non
v'è penuria di tempo. Spunta a quelli luce l'i-
potesi sublime^ della evoluzione continu i: 1 rnp.'g^-ia
alla mente attonita la continuità della civa/.ione.
Monton fece una gran raccolta di cranii ameri-
cani, egizii ecc.; li studiò in modo da saper a prima
vista riconoscere a che nazione uno o l" altro ap-
partiene; quindi sostenne che gli umoricani abo-
rigeni dal Labrador fino alla Patagoiiia hanno un
tipo proprio, gli Kgi/i un altro, ecc.; quindi la
permanenza dei tipi fin dai primi limiti di ogni
u'uano ricordo. Non solo il negro dell'Afi-ica in-
teriore fin d'allora fu negro; ma la forma lanosa
dei suoi capelli, le labbra tumide sovercliiauti, ogni
altro suo lineaniento, il fronte arrotratto, l'angolo
faciale del craiiio, erano già determinati da quel-
l'arcana mano, che ancora oggidì lo seguala fra
tutti gli uomini. Io già avevo inteso son trenta e
più anni da un naturalista tedesco, che p. e. i
Laponi ebbero la loro origino colà ove si attro-
vano, e che è una ciancia il dire, eh ' popolo nato
in clima temperato o caldo, fosso }).)i andato a
vivere fra quei geli. Certamente che sorgeranno
dei dotti a combattere questa nuova dottrina, la
quale, se fosse dimostrati vera, rovescierebbe la
credenza universale sull' origine di tutti gli esseri
organici. *). —• Spalato, li 22 dicembre 18G2
prof. A. KuxMAxica.
»C
secolo nella Tessagha, Hellàs e Pelopoiieso si fe-1 della pluralità dei centri, suggeritagli dalia dot-
Pregiatissuiio Signor licdulloro!
Nella necrologia da me scritta all' occasione
della morte del benemerito Presidente Kirchma-
yer, da Lei gentilmente inserita nel riputato suo
giornale — la Voce Dalmatica — al n. 61 di
questo mese, laddove io, accennando ai meriti del
defunto, come magistrato, dicevo, di' egli fu il primo
ad usare con bollo esempio della lingua nazionale
slava nei dibattimenti, Ella, apponendovi una sua
annotazione, osservava, che 1' esempio ent bello ,
ma precipitoso troppo. Per questa osservazione io
non vorrei che nè Ella ned altri mi credesse
un'esaltato partigiano della lingua slava, da vo-
lerla tosto e nelle più ampie proporzioni sosti-
tuire alla lingua italiana. Mai nò, Signor mio. Io
intendevo esser debito di giustizia che al popolo
nostro slavo, il quale altra lingua non sa della
sua nazionale, si espongano i motivi della sua
colpa nella lingua eh' egli intende, onde sappia
r accusato di che trattisi e perchè egli venga
punito. Ben io so che nello stato attuale delle
cose sarebbe e ingiustizia e pregiudizio gravissimo
bandire la lingua italiana dal foro ; che, colle mi-
gliori intenzioni del mondo, non si potrebbe così
subito attivare la pertrattazione degli affari giu-
diziarii in lingua slava, perocché la maggioranza
degli impiegati, seppur la intende quanto occorra
ad adempiere il proprio dovere, non la sa in modo
da esporno con precisione i concetti giuridici, e
tanto mono quantochè la lingua slava, come la
parla e la intende il popolo nostro della campa-
gna, non ne ha ancora i termini preparati, per
cui è prematuro persino insistere per ora alla e-
quiparazione delle due lingue nei pubblici uffizii.
Per conciliare gli scopi rigorosi della giustizia, che
dev' essere assolutamente eguale per tutti, io stesso,
tenendo sempre le mie conclusioni ai dibattimenti
in lingua italiana, le riassumeva poi tradotte in
lingua slava all' accusato, ond' egli, eh' era il sog-
getto della questione, non se ne stesse lì ignaro
*) Xcl precedente articolo pa»:. scconda . colonna linea
settima: invece di un noms distintivo si imposero — corrige —
un nome distintivo non si imposero — e nella 3.c col. ćakavoi
non čekavci.
ta del traduttore ; — in quella di Temistocb
Ih i\"oclc noia iVkock: in quella di I-^e-
lopida p. 391 Fcras c Ferei^ non Farcs nò Fard;
in Pericle p. 301 Reiske e Hutten lessero
rppohoti, Dacier lesse Ip/wbati, E così si vede una
ìnoltitudine di alti'e critiche iinnotazioni ; e come
mai poteva succedere che si lasciasse correre quel
grande arbitrio che si suppone, ben seivolte ri-
petuto? Se la cosa è così, ben fu sbadataggine sin-
£>-Qlare dei critici quale deve ingannare qua-
Tanque lettore slavo, che, in tanta miseria di no-
stra storia, potrebbe scorgere, in quei punti, un
grande interesse ; ed io cke particolarmente mi vi
dedicai, e con buon fondamento posso sostenere
che non solo il Illiria, ma ben anche in Tracia
vi dovevano vivere delle genti di mia nazione,
doveva quei passi prendere sul serio; e in un
qualche giornale italiano, che si manda a Roma,
ove vivono quei due editori, si farebbe opera buona
d'inserire un articolo ad hoc, onde quelli potes-
sero sciogliere ogni dubbio.
Al chiarissimo mio amico Giuseppe Ferrari Cu-
pilli non rispondo direttamente per non variare
il seguito dei miei articoli.; ma egli mi farà cosa
grata di esternare un' altra volta il suo riputatis-
sinio parere; che se anche non avesse a corri-
spondere al mio desiderio, sempre lo udrò col
dovuto rispetto; perciochè sempre la civiltà fu
per me veneranda; e poi avrei gran piacere che
illustrasse quel gran passo del suo illustre con-
cittadino Kreglianovich, il quale, come conviuto
che i popoh dell' antica Illiria fossero slavi, si
esprime così: "Per convincersene sempre più, giova
riflettere che Teodoreto, il Biondo ed il Sabellico
affermano che ,oltre la metà del quarto secolo, si
tenesse, sulle spiagge delP Adriatico, un sinodo, detto
di poi l'illirico, nei quale i vescovi ad Elpidio
prete della chiesa romana e legato di papa Libe-
rio, ricercarono di poter celebrare la liturgia e
recitare i divini uffizi nella propria lingua. Que-
sta traduzione, che precede di due secoh l'ultima
invasione (634-35) degli Slavi, non è una prova
luminosa dell' anteriore esistenza in Dalmazia del-
l'idioma nazionale primitivo?^ (i/emorie per la Sto-
ria della Dalmazia^ pag. 278 voi. /.) Qui biso-
gnerebbe avere alle mani quei tre succitati scrit-
tori, per vedere quanto e come si estendono in
proposito; chè quel gran punto sarebbe di nostra
storia da convincere del contrario coloro che pre-
tendono che la liturgia slava ebbe principio appena
nel nono secolo. Povera è la nostra storia come
dice ronorevole Ferrari; ma pochi da noi se ne
occuparono; e mi persuado che ella si potrebbe
arricchire di belle memorie qualora, in mezzo a
noi, col tempo, sorgesse qualche ricco e di beli' in-
gegno dotato, che le andasse a cercare nelle grandi
biblioteche, perciochè stando in Dalmazia, non si
è in grado di avere i materiali necessari per tes-
sere una possibile nostra storia.
Spalato, h 29 dicembre. Prof. A. KUZMANICH.
L' arie è cosa per sè stessa più umana che
nazionale. Avrebbe torto chi volesse limitarsi alle
forme indigene, se pure ve n'ha che sieno esclu-
sivamente italiane, li genio latino non è accusato
di questo. Noi abbiamo imitato anche troppo; e
massime in ciò che concerne il teatro, siamo stati
troppo a lungo tributari! e pedissequi dei Fran-
cesi. Non sono molti anni che i capi d'opera del
teatro inglese e tedesco erano quasi ignoti fra
noi. Gustavo Modena fu sonoramente fischiato
quando volle rappresentare FO/e/Zo, che ora ap-
plaudimmo tanto e sì giustamente, ripetuto dal
Salvini e dal Rossi. Il teatro drammatico ebbe la
sua culla in Italia, ma si arricchì mano a mano
colle spoglie dei vinti; e, come Roma, aperse il
suo Panteon a tutti gli dei delle genti. L' Ervoh
serbo arrivò troppo presto e troppo immaturo a
Milano. Bisognava farlo precedere da un roman-
zo, come usano fare a Parigi, e preparare così
r opinione ai nuovi tipi e ai nuovi fiitti che si
volevano arrischiare alla scena.
Non importa. Marco Cralievich era nome nuovo
per voi fino a ieri. Oggi lo conoscete non solo,
ma l'avete fatto conoscere ai numerosi lettori del
vostro giornale : bene o male non monta i con ,
Zara 2 gennaio.
Un cenno del ISazionale dello scorso merculeiil
annunda essere corsa voce, non dovere io prender
parte alle sedute della Dieta provinciale, nella mia
quahtà di deputato, perchè sottoposto ad un pro-
cesso di stampa per crimine politico, e, recando
il paragrafo della nuova légge sulla immunità dei
deputati del Consiglio dell' impero e delle Diete
provinciali, mosti'a che a queste spetta il diritto di
sospendere, darante le sessioni, ogni inquisizione,
incominciata in confronto dei propri membri anche
fuori del tempo delle sessioni, e che quindi il pro-
seguimento del mio processo, ed ogni sua conse-
guenza, per parte di qualsivoglia autorità, senza il
consentimento della Dieta, non può essere che ille-
gale. Invita perciò l'inchta Giunta a manifestare pub-
blicamente ciò che v' ha di vero in questa voce,
affine di tranquillare la pubblica opinione già
messa in timore.
Benché io sappia che 1' atto del Nazionale fu
suggerito dall' interesse della pubbUca cosa, e non
da riguardi personali; pure, siccome nel caso con-
creto non è possibile prescindere dalla persona,
e che la utilità generale che ne consegue, riflette
necessariamente sopra di me ; mi sento in dovere
di rendere pubbliche grazie al Nazionale, tanto
più che r atto generoso muove da avversari po-
litici ; mentre non posso che pienamente assen-
tire, ed unirmi alle dette dichiarazioni, nell'inte-
resse comune, come redattore della Voce.
La sola rettificazione che tuttavia io credo di
dover fare, riguarda 1' esi)ressione inesatta del
cenno, dove dice, non poter io perdere il posto
di deputato quale indiziato legalmente, senza
V assenso della Dieta. Il semplice indizio non
potrebbe far perdere a chicchessia posto o di-
ritto nessuno, nò per 1' assenso della Dieta, nè
senza. Nessun diritto si perde, se non per la pro-
vata e sentenziata reità, e conseguente condanna
Bene la Dieta potrebbe consentire che il diritto
di esercitare le funzioni di deputato, venissero so-
spese, permettendo che la procedura continui.
Rispetto poi r azione dell' inclita Giunta in
proposito, già presagita dal Nazionale, sono in
grado di poter asserire (e mi corre obbligo di
farlo) eh' ella fu in passato, e sta per essere in
seguito, quale veramente s'addice a un corpo che
sostenne sempre dignitosamente gì' interessi dei
suoi rappresentati. Avuto 1' avviso ufficiale della,
incamminata procedura, diede ella notizia del fatto
alla luogotenenza, avvertendo come pei paragrafi
combinati, 6 del regolamento provinciale e 17 del-
l'elettorale, non fosse il caso eli procedere a nova
elezione ; dovendo rimanere in me intatto il ca-
rattere di deputato, finché una sentenza giudiziale
non venisse a privarmene, e invocando dalla me-
desima una dichiarazione conforme. Siccome poi,
pei paragrafi della legge sull' immunità dei depu-
tati citati dal Nazionale, luminosamente appare
essere in facoltà della Dieta di sospendere, du-
rante la sossiune, le ini|uiiizioni aYvi;it'' in cou-
fi-onto de' suoi membri aiicae fuori d.-l tejnpu
delle sessioni: sarà ci<ra delia Ghinta, di' aprirsi
della Dieta, di presentarle relativa proposta, afìin-
chè agni procedura contro (ìi iiie venga sospesa,
avuto riguardo alla che il posto di de-
putato non rimanga scoperto, e il collegio eletto-
rale che mi onorò di sua riuiioia, non resti senza
rappresentanza, V. DupluucìclL
lode 0 con biasimo non vo'dire. Ad ogni modo
mi avete dato mano a preparare al mio dramma
un uditorio più benevolo o almeno più istrutto.
Ve ne ringrazio per me e per la letteratura slava,
la quale non ha che a guadagnare ad essere co-
nosciuta.
Nato a Venezia al pari di voi, ho dovuto fiu
da'primi anni della mia vita artistica cercare un
asilo in quella estrema appendice della terra ita-
lica che giace fra l'Adriatico e il Quarnero. Ho
contribuito a fondare ed ho scritto per molti anni
a Trieste il primo giornale italiano che svegliasse
in quelle popolazioni il germe sopito degli studii
e degl'interessi comuni.
Suir orme del Tommaseo, italiano e illirico a
un tempo, mi sono adoperato a trasmettere ai
Dalmati i documenti della letteratura italiana, e
agh Italiani i primi vagiti dell' arte slava. Il mio
dramma è nato in quel tempo,'e fu tradotto fino
dal 1845 nella lingua tedesca ed illirica. Era una
prima parola di pace, un' arra dell' alleanza che
le nazioni finitime stringeranno un dì colla no-
stra. Le alleanze cominciano nel mondo delle idee
prima di compirsi sul terreno dei fatti.
Era ancor fresca la memoria di Gara Giorgio
Notizie poiiticlie.
AUSTKiA.
Vie lina 27 dicembre. Le riforme dol Governi)
pontificio abbracciano T amministrazione dello fi-
nanze, la polizia e il militare. La Russia parte-
cipa le vedute della Francia relativamente alla (pie-
stione romana. Il ministro Bach ebbe incaiico di
congratularsi con Sua Santità per le riforme ac-
cordate. Il Papa regalò 10,000 franchi agli ar-
tieri bisognosi delle fabbriche di Rouen, esprimendo
verso Druyn de Lhujs il dispiacere che F attuale
ristrettezza delle sue finanze non gii permette di
mostrare in maggior grado la sua gratitudine verso
la Francia.
Vienna, 29 dicembre. Ieri al ministero di raa,-
rina fu aperta la sezione della marina commer-
ciale. (Guzz. del popolo.)
ITALIA.
Napoli 26 dicembre. Rapporti ufficiali dei sot-
toprefetti di Ariano e Nola costatano il felicis-
simo successo della leva.
Il capobanda Cucito, autore dell'assassinio del
sindaco di Mola di Gaeta, ari-estato sul teritorio
pontificio, venne consegnato dai francesi alle no-
stre autorità, e tradotto a Santa Maria per es-
sere processato.
Cagliari, 2'ò dicembre. Il generale Garibaldi è
giunto ieri a Caprera.
Roma, 25. — Sua Santità, essendo leggermente
indisposta, non potè pontificare nelT odierna solen-
nità: tuttavia, domani riceverà il corpo diplomatico.
•• ' FRANCIA " -
Parigi 24: dicembre. Si ha dal Messico che gii
arcivescovi di Gunajuato, Lerida e S. Luis scrissero
al generale Forey, offrendogli l'appoggio del clero.
Parigi, 25 dicembre. — Il bollettino del Mo-
ni t>ur dice che il nunzio apostolico rimise al sig.
Drouyn de Lhuys 10,000 franchi per gh operai
della Senna inferiore. Nel presentare questo do-
no, il nunzio di Sua Santità disse non potere,"
atteso lo stato delle finanze, spedire un'offerta
più considerevole ; ma volere testimoniare con ciò
la sua simpatia pel popolo francese e la sua gra-
titudine per le prove di devozione jicevute dalla
Francia.
La France afferma che due grandi potenze in-
teressate si oppongono alla cessione delie Isole
Ionie, adducendo che diventerebbero un centro per-
e di Milosio, che aveano sveghata la Serbia dal
lungo sonno. Reggeva la Croazia il bano Jeliacich,
poeta e soldato, che poteva essere il Marco Cra-
lievich della Slavia meridionale, e ci avea dato
qualche segno d'intendere la sua missione . . .
.Gli
eventi di quell'epoca softbcarono questo germe, o
almeno ne ritardarono lo , sviluppo. Ma il germe
vive, e ciò che l'aride per avventura non potò
fare, faranno i comuni pericoli e gì' interessi comuni.
Non mi pento di aver composto il Marco Cra-
lievich, qualunque sia per essere la sua fortuna.
Nè mi starò dal dar l'ultima mano al mio Gio-
vanni Corvino, {ìev i'iiv conoscere all' Italia un
eroe ungherese, dopo d' aver abbozzato il tipo
deWErcole serbo. Che volete, mio caro Filippi!
seguo il mio vecchio istinto di rompere il ghiac-
cio, a rischio d'insanguinarmi le mani e di re-
stare sommerso sotto i densi e gelidi strati. Per-
chè la critica milanese si divertirà a gettarmi dei
sassi, anziché porgermi la mano ed aiutarmi nel-
opera buona?
Milano, 23 dicembre 1862.
F. Dair Ongaro,
incivilito; perciockè è da ritenersi che, sotto l'in-
fluenza del dominio romano uell' Illirico, molti de-
gli Slavi si saranno convertiti al cristianesimo
prima della conversione dei Croati e dei Serbi;
e la storia ci offre di questi esempi.
Si può sostenere che la lingua or dominante
in Serbia e Croazia, non fu la lingua portata in
quella invasione; e, nel principato di Serbia spe-
cialmente, sonovi dei dialetti, che meno degli altri
della Slavia meridionale si accostano alla lingua
slava antica, o ai dialetti nordici or vigenti; men-
tre nella Croazia dvile o provinciale, nel nostro
isolarlo, e in alcuni luoghi del litorale, si man-
tiene da secoli un dialetto, che conserva la forma
antica, il che dipende dall' isolamento in cui si tro-
varono i popoli che Io parlano.
È da rimarcarsi che quei del principato gene-
ralmente non fanno sentire il suono della lettera
gutturale H, che si pronunzia con forte aspira-
zione dalla maggioranza degli Slavi in moltissimi
vocaboli; e, oltre alle molte variazioni nelle desi-
nenze, pronunziano la si, come p. e. nelle parole
Sleta, slap, ecc. propria solo ai Bulgari, mentre
da noi si sente comunemente la U: sórto, séap,
il che è affine alla pronunzia della universalità
degli Slavi.
E lo stesso dicasi in parte dei Croati; i quali,
sebbene venissero con gran forze, non per que-
sto popolarono i paesi che ora portano il loro
nome, come se fossero stati spopolati ; perciocché
eglino pure si divisero ; una parte rimase in Dal-
mazia, r altra si sparpagliò fino alla Drava ; e la
loro primitiva lingua dovette subire più o meno
delle variazioni secondo i dialetti predominanti
che vi trovarono; ed è questa la cagione che in
Slavonia, nel Sirmio, nella Croazia militare, tutte
terre assolutamente di dominio antico croato, si
parla un dialetto, e nella Croazia civile un altro
ben fra loro differenti; e il nome Slavonia ven-
ne applicato dai re ungheresi a quella parte
che era realmente parte della Croazia. E i Croati
hanno il vantaggio sui Serbi di aver siibito dap-
principio imposto il loro nome, che tuttodì si con-
serva, alle Provincie conquistate, compresa anche
la Dalmazia mediterranea oltre il Cetina, perchè
Imoski era lor zupania, e quella parte della Bos-
sina che ò tra il Verbas e i Confini militari, che
si chiama Croazia turca; mentre i Serbi non nn-
posero il loro nome alla Bossina, all' Ercegovi-
na e ad alcuni altri paesi. E con ciò io non ho
esaurito la materia in discorso; ma solo di tratto
in tratto aggiungo qualche prova, onde rischia-
rare la nostra nazionalità, che ora è in contrasto
in punto di origine e di titolo, il quale deesi cir-
coscrivere unicamente a quello di un antico dominio.
Spalato, H 5 gennaio 1863.
Prof. A. KUZMANIGH.
sociale
Spalato, 31 dicembre 1862.
Non avrei mai creduto che le lagrime di do-
lore versate sulla tomba d'un onorevole amico,
m' avesser dovuto obbligare a giustificarmi delle
massime da me professate ; ma tant' è che su que-
sta misera terra bisogna piangere e combattere.
Le sinistre interpretazioni date alla mia lettera
20 dicembre corrente inserita nel n. 64 della Vare
Dalmatica, mio malgrado mi costringono a svilup-
pare quei pochi concetti che ivi accennai, affine
di tutelare 1' onestà del mio carattere, che mi è
più cara d'ogni altro bene. Tre erano i punti
culminanti di quel mio scritto :
la convenienza dell' uso della lingua slava nella
trattazione dei pubblici affari in Dalmazia, relati-
vamente alle attuali condizioni del paese nei rap-
porti dell'intelligenza e della politica sua situa-
zione: le mie idee sui due partiti autonomo e
nazionale in cui ora è divisa la pubblica opinio-
ne : il desiderio di veder ripristinata la concordia
per poter cooperare, con unità di forze, al nostro
pubblico bene.
^ Quanto all'ultimo, credo che ogni onesto citta-
dino debba apprezzare le mie pure intenzioni.
Quanto al primo, è fuor di dubbio che l'intel-
Jigenza ha sempre e dovunque diretto il progresso
è un fatto che la nostra intelligenza
sia oggidì quasi tutta di educazione italiana, e
finché ella non potrà e non dovrà venir sostituita
dalla educazione slava, noi cometteremmo niente
meno che un suicidio coli'abolirla.
Quanto al secondo punto, ho detto che io non
voglio npparlen're a verua jvirtito Iranne a quello
della ragione va u o'Jnseata dalle nebbie delle pas-
sioni.
E lo ripeto. Ben mi sarei astenuto dal dire
assolutamente di non voler appartenere a veruu
partito, perchè so che non si dicono gratuita-
mente sciocchezze.
Ogni uomo intelligente deve avere un' opinione
politica e queir opinione è l'impronta del suo ca-
rattere. Ma quando dissi che io voglio appartenere
esclusivamente al partito della ragione, mi pare
aver spiegato abbastanza di voler stare con tutti
coloro che alla ragione si attengono, senza riguardo
se essi sieno od autonomi o nazionali. E il par-
tito della ragione credo sia quello che, indagando
con calma la situazione delle cose, cerca quel giu-
sto mezzo, ossia quel punto massimo di sociale
equilibrio, in cui trae dal presente il miglior bene
possibile per farne base della prosperità avvenire.
Sulle lunghe lotte sociali vince sempre il princi-
pio dell'ordine. La storia luminosamente ce Io
attesta. E, per non ricorrere ad esempii antichi.
Napoleone, dopo la rivoluzione, organizzò la chiesa
in Francia col concordato del 1802 e l'Impero
ereditario nel 1804, e furono questi i due atti che
fondarono la sua potenza. ^—• La prudenza deve
consigliarci di nulla arrischiare che possa condur
a ruina, ma ad usare di quei mezzi che ne è
lecito disporre col maggior profitto possibile, in-
sistendo con franchezza e lealtà perchè si stabi-
liscano quelle instituzioni che il razionale progre-
dimento esige, ed allo quali, o prima o dopo, i go-
verni denno prestar esaudimento, essendo questa
una necessità politica della loro stessa conserva-
zione.
Il partito autonomo accettò i principii fonda-
mentali del 20 ottobre e del 26 febbraio, e con-
corse all'opera che il governo si propose, dello
sviluppo degli interessi delle singole provincie, ran-
nodandole in una forza centrale.
Il partito nazionale voleva in vece lo sviluppo
degli interessi della Dalmazia coli' annessione alla
Croazia, preferendo al sistema centralizzatore il
sistema federativo. Ma come si può presumere di
obbligare il governo ad un sistema che egli ri-
pudia, se non riuscirono a costringerlo nò Croa-
zia stessa nè Ungheria. ?
Tutti due però questi partiti hanno in se stessi
e nelle loro tendenze del buono e del profittevole.
L'autonomo nel coglier occasione dalle conces-
sioni governative, per sviluppare, nelle piìi ampie
forme, gli interessi del paese ed educarlo nei di-
ritti politici.
Il nazionale nel destar le scintille di quel sacro
fuoco che riscalda la vita delle nazioni, senza cui
elle sarebbero un freddo cadavere, e nell'insistere
pella diffusione e pello sviluppo della lingua slava,
unico mezzo a sollevare il popolo nostro dall' ab-
bieta coudizione in cui langue, ed educarlo al
sentimento della propria nazionalità. Lungi dall'es-
sere ostile e riprovevole questo sentimento, il go-
verno deve apprezzarlo siccome molla la pii^i po-
tente alle grandi e nobili azioni, al risorgimento
degli stati — vuoisi soltanto dirigerlo con accortezza.
Ecco dunque spiegato in che cosa io sto con
ambi i partiti -— col primo nell' assecondare il prin-
cipio del governo e lealmente aiutarlo — col se-
condo nello sviluppare e diffondere il sentimento
e la hngua nazionale slava — ossia sto colla parte
ragionevole d' entrambi, e credo senza contraddi-
zione.
La Provvidenza, suprema regolatrice del progres-
so, condurrà, senza dubbio, col maturare de'tempi
e degli avvenimenti la grande famiglia umana a
quello stato di civile perfezione cui tende, e se uno
dei mezzzi più efficaci per giungervi fosse quello
di costituirla per nazioni, in allora tanto il partito
autonomo quanto il nazionale, nei sensi esposti,
avrebbero preparata la patria nostra al suo grande
avvenire.
E dall' una parte e dall' altra vi sono uomini
per dottrina, per ingegno, per onestà rispettabi-
lissimi , uomini che altamente onorano il proprio
paese, che lo amano e vogliono il suo bene, vi-
cino ad essi sorge quella eletta schiera di giovani
animosi ed intelligenti che, coli'ardore delle ver-
gini loro anime, ci assicurano come il sacro fuoco
dell' amore alla propria nazione non si estinguerà.
E gli uni e gli altri aiutandosi lealmente ed ef-
ficacemente in così nobilissimi propositi potrebbero
metter solide basi al bene avvenire dei figli nostri
—• e poiché nella loro sfera d'azione non vi po-
trebbe essere urto nè contraddizione, io perciò li
esortava a stendersi amica la mano, e cominciare
una volta a vivere in quella concordia senza cui
non havvi bene sulla terra. Il vangelo, comunicato
agli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi, di-
venne principio di civilizzazione generale e per-
fettibile, perchè predicò l'amore e i a carità ; quelle
firtù cioè che rendono felici e perfetti l'individuo,
la famiglia, la società.
In mezzo al frastuono delle rimbombanti de-
clamazioni di libertà, non siano tanto idolatri di
questa seducente Dea, ma occupiamoci di prefe-
renza a studiare praticamente questo importante
problema: Come debba e possa una nazione op-
portunemente formarsi, onde il suo preteso per-
fezionamento non degeneri in corruzione e rovina.
Ma asteniamoci dagli eccessi. Ricordiamoci che
molti dei moderni Edippi furono divorati dalle Sfingi
partorite dai loro cervelli. Pretendere di rigenerare
il mondo a forza di belle frasi è un errore. —- Ovo
manchino i sodi principii religiosi, sociali, nazio-
nali propri, poco possono le artificiali instituzioni.
E a questa sodezza di principii dobbiamo d'ac-
cordo prepararci.
L' egoismo che tutto concentra nell' individuo,
e r utopìa che tutto promette per la specie, s' al-
lontanano del pari dal retto sentiero, nè il primo
conserva, nè la seconda crea, ma distruggono en-
trambi.
Il correre in traccia di una perfettibilità forse
sognata e precipitosamente maggiore, è una trista
illusione.
Chi troppo furiosamente spinge al nuov^, può
anche, nel vortice del tempo, condurre a ruina. La
prima rivoluzione di Francia ne fu una grande e
terribile prova, e dimostrò al mondo che la reli-
gione garantisce l'osservanza del dovere — che
il trono rende stabile ogni istituzione. Io non in-
tendo fare il dittatore, io porto rispetto alle opi-
nioni di chichessia, ed espongo di buona fede que-
sti principi, onde ognuno si persuada che mio su-
premo desiderio è quello di raggiungere i mag-
giori vantaggi possibili dalla nostra pi-esente poli-
tica situazione col mezzo efficacissimo e santo della
nostra comune concordia. K voglio sperare che, que-
sta volta, ognuno mi avrà capito.
D.R GIOVANNI CAMBER.
(Nostra Corrispondenza).
Àrbe, 5! dicembre 18G2.
Al sorger del cristianesimo la Dalmazia, pella
sua posizione topografica, fu una delle prime che
intese il suo benefico influsso, e nel suo grembo
racchiude delle Chiese d' origine apostolica ; essa
pure ha avuto innaffiato il suo terreno dal san-
gue dei martiri, o in altri termini, coli' elemento
cristiano ha avuto civiltà sua propria. Ed è per-
ciò che le nostre tradizioni religiose sono cospi-
cue, e gli avanzi del sentimento meraviglioso de-
gli avi nostri restano scolpiti, a nostra edificazione,
nei superbi monumenti che d' ogni parte s'innal-
zano nella nostra provincia, e nei nostri statuti
spiranti un unzione religiosa senza pari, in uno
ad uno spirito d'indipendenza, che ne è il sino-
nimo. A concretare questo sentimento, sursero in
ogni luogo monasteri, confraternite, capitoli, e con-
seguentemente episcopati. Nell'anno 1830 in uno
a parecchi altri episcopati della Dalmazia, veniva
soppresso quello di Arbe, e, colla soppressione, si
videro tolti i beni annessi, ed il principio : chiesa
libera in libero stato, ha trovato la sua vera ap-
plicazione. Noi non sappiamo come il non mai ab-
bastanza compianto Cavour avrebbe attuato quel
4, Zara 14 («euiisìio Anno 1%'.
Voce
Prezzo d'associazionp in valuta an^tnara ppr
Zara: per un anno fiorini 8; per sci m(!si fiorini 4;
per tre mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
9 fuori: per un anno fiorini ,9; per sei mesi fiorini 4
eoidi 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
che del porto-posta
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
T gruppi P le roDiini-isIon?, francìiì dell'i J^pp»«
postali, si diri cono in Zara a \ iiicfiizi Dupianc eh Rc-
dadore dell.i Vin'ij ItallililtliM. e di ;ibbii(iii:u!icnti, ai
ncgorii librarii ilei signori lr;ilclli Ballai-a u Piftr»
Abelich. Ifli a^visi di S linee cosiuno 1 lìui'ino, e oajni
lino-« <li più holdi 6. ha tass i di lìiianza rest^ a c;n io<»
di.l coniniittenie. l'ii numero separato cosla soldi 10
Zara i 5 gennaio.
Il giorno 12 corrente, alle ore 10 antimeridiane,
fu aperta la seconda sessione della Dieta provin-
ciale dalmata. I deputati raccolti nella nostra ci':tà
sono ancora in poco numero, ma sufficiente alla
legalità delle sedute e delle deliberazioni: duole
però sentire dalla voce pubblica, e dalle informa-
zioni date dal presidente, che già tre deputati ab-
biano presentata la loro dimissione, ed altri
non pochi, per cagione di malattia, debbano diffe-
rire la loro venuta, o alfatto astenersi dal prender
parte alle sedute. Altre rinuncie vennero annun-
ziate, una al posto di deputato al Consiglio del-
l'Impero, due a quelli di assessori alla Giunta;
troppe, a dir vero, in così breve tempo, e incre-
scevoli soprammodo per le attitudini singolari delle
persone che erano degl' importanti uffici rivestite.
Intendiamo del Dr. Giambattista Macchiedo, già
deputato al Consiglio dell' Impèro, dei signori Gi-
rolamo Vusio e Luigi Serragli assessori alla Giunta,
nonché del Dr. Antonio Galvani eletto sostituto
air assessore Vusio.
L'apertura fu fatta da S. E. il Barone de Ma-
mula, con breve discorso nel quale, congratulan-
dosi di vedere nuovamente raccolti i rappresentanti
del paese, a discutervi gF interessi della patria, ac-
cennò all'afietto da lui nutrito per la provincia ,
dove trascorse molti anni della sua vita, c al de-
siderio che il bene pubblico, che è P intento co-
mune di ciascheduno, si consegua piò pronto, per
il facile accordo nella scelta dei mezzi. Alle nobili
parole del Mamula, successe un discorso letto dal
Presidente Cav. Spiridione Petrovich, nel quale rese
egli lungamente e dettagliatamente conto dell'o-
perato della Giunta, dal tempo che ella, per con-
cessione sovrana, assnnse il suo ufficio, e accennò
ai progetti da presentarsi da quella alle delibera-
zioni delift Dieta.
Analizzare o riassumere la lunga e molteplice
enumerazione del Petrovich, senz' altro soccorso
che dell'attenzione prestata alla lettura e della fe-
deltà della memoria, sarebbe troppo ardito im-
prendimento; e d'altra parte la importanza di quel
ragguaglio domanda una disamina accurata, solo
possibile quando la stampa l'avrà fatto di pub-
APPODICE.
Discorso inaugurale
Tenuto noli'occasione dell' apertura della scuola
Reale superiore di Spalato dal direttore provvisorio
professore Vincenzo Bazolich l'anno 1862.
Se v'ha istituziuue che al suo esordire possa
ripetere il sorriso del paese che V abbia tanto de-
siderata, la è questa certamente che oggi siamo
ansiosi di solennizzare: è l'istituzione di quel col-
legio di cui la nostra Dalmazia fin qui con danno
sentiva il difetto ; quel collegio che i nuovi tempi
domandano come un bisogno ; quel collegio che
dà carattere pronunciato al paese che l'accoglie;
quello che, estirpando gli errori del volgo, solleva
La sua mente alla verità, che il fatalismo del caso
porta a legge, che 1' attività passiva converte in
assennata operosità; che scuote l'inerte, lo anima
al lavoro, gli dà vita, ricchezze e trionfi. È il
collegio reale superiore che per la prima volta
fi' inseggia nella nostra provincia. Facciamogli festa,
o fratelli! Un tesoro ci si chiude/un tesoro che a
blica ragione. Staremo paghi pertanto ad accen-
nare brevemente alle principali cose dal Petrovich
toccate.
Cominciò egli dal ragguagliare di .quanto fece
la Giunta per soddisfare agli incarichi avuti dalla
Dieta, suir amministrazione dei fondi affidatigli,
sul provedere alla pubblica sicurezza, sul procac-
ciare la maggiore diffusione della lingua slava, e
da ultimo sull'ottenere la indipendente amministra-
zione dei Municipi, Alla sicurezza pubblica fu pro-
veduto dal governo con misure occasionali che gio-
varono alla necessità del momento, non così però
che non rimanga tuttavia il bisogno di provedi-
menti piìi efficaci per 1' avvenire. Per la diffusione
della lingua, la Giunta aprì concorso per la pubbli-
cazione di dizionari ed opere di istruzione popolare,
offrì premii a maestri, nè sforzo alcuno trascurò
ad adempiere l'avuto incarico. Se non che, dalla
buona volontà dei privati, e dalla forza delle cose
e del tempo, e dalla necessità universalmente sen-
tita, è da attendere risultamenti notevoli. Quanto
alla legge comunale, un progetto sta per essere
presentato alla Dieta, sulla base della legge ge-
nerale già votata dal Consiglio dell' Impero e dal
Sovrano sancita. ;
Passò quindi a inforniare sull' adempimento
dell' ufficio della Giunta, riguardo agli affari pro-
vinciali commessi alle sue ture, i quali abbracciano
l'agricoltura, le costruzioni pubbliche, gl'istituti
di pubblica beneficenza, il reso conto.
Tra i pili importanti uffici della Giunta è quello,
^enza dubbio, di provedere all'agricoltura ed è qui
che la sua attività fu singolarmente notevole ed effi-
cace. Un progetto sopra nuova procedura da stabi-
lirsi per i danni campestri ; un' altro per regolai*«
le consuetudini della vendemmia; un regolamento
colonico, già tentato invano piiì volte; un pro-
getto sulle istituzioni dei libri fondiari, da ultimo
quello per Tabolizione dei fedecommessi nel circo-
colo di Ragusa, sono i frutti dell' operosità della
Giunta a questo riguardo. Nè sono meno notevoU
le cure da essa prese per la compilazione di una
statistica, opera di suprema necessità e base di
ogni indagine in affari di pubblico interesse. Do-
mandò ed ottenne a questo fine la cooperazione
delle Comuni, comitati statistici distrettuah volle
sanar le nostre miserie Provvidenza destina.,; un
tesoro cui dobbiamo esser gelosi estremamente in
conservare.
Se non che l'animo mio si confonde nell' annun-
ziarvi questa gioia, si confonde i)erchè debbo con-
fessarvi che all' onore di cui vengo fregiato nell'in-
carico di tentar peLprimo l'avventuroso iscavo
in questa sterminevol miniera, che, come la mon-
tagna di Golconda, „è irta di scogli ma gravida
di dia<nanti„ a troppo grave peso si sobbarca „In
nitvicella del mio ingeano.^ Ma se lo avete vo-
luto voi, se il vostro desiderio fu favorito dalla de-
gnazione dei inibblici magistrati, se è finalmente
disegno della Provvidenza questo; eccomi pronto: la
vita tutta consacro al miglior lustro dell'istituzio-
ne; la dedico tutta agl'interessi della patria comune.
Soltanto chieggo in concambio da voi che ove
difetto d'ingegno mi conducesse ad errore, piutto-
stochè compatirmi, vogliate assistermi col vosti'o
consiglio; che non risparmiate i mezzi in soccor-
rermi quando ve li dovessi domandare in vantag-
gio alla nuova istituzione ; che finalmente abbiate
fiducia nella lealtà della mia azione,
istituiti, e qui pure altro progi'tto da discutersi
dalla Dieta venne da es'sa conipiluto.
Riguardo gli atlari più specialmente coni unii,
la Giunta volse specialmente le sue cure all' og-
getto della pubblica istruzione. L' istituzione di
una Accademia legale, che è caldo desiderio dei
Dalmati, obbligati a compiere il corso degli studi,
con grave dispendio, e in ])aesi di lingua ignota, fu
oggetto speciale delle sue premure. Tanto piiì fa-
cile parve alla Giunta di ottenere il soddisfacimento
di questo voto, che i fondi sarebbero sommini-
strati, senza aggravio del governo, dalla Comune
di Zara, che già propose di devolvere a questo
oggetto alcune private fondazioni, di cui ella è pur
libera dispositrice. Nè l'istruzione popolare venne
da essa trascurata, e già ottenne ella dal governo
la istituzione di una scuola reale superiore a Spalato.
Quanto alle leggi generali da proporsi alla
Dieta, toccò il Petrovich dei progetti della strada
ferrata di cui la stampa ha fatto parola, e dell'ec-
citamento pubblicamente dato alla Dieta, di farne
oggetto di sua deliberazione. Sapientemente il Pe-
trovich manifestò l'intendimento di astenersi af-
fatto di farne proposta in proposito, considerato
che, nè La probabilità di conseguire sì grande in-
tento è così prossima, da consentire seria discus-
sione, ed in ogni caso la scelta è specialmente a
determinarsi da chi offre i capitali necessari al-
l' impreca, e che non potrà volerla tracciata che
nei luoghi che gli offrissero maggiori rantaggi.
Non ultimo oggetto delle cure della Dieta, fu il
conseguimento della franchigia doganale per le
dalmate coste, tanto più a desiderarsi in quanto
che sarebbe per essa tolto un ostacolo alla unione
alla Dalmazia delle isole del Quarnero, che han
sempre formato parte di essa, e che rimangono con-
giunte all'Istria che tale franchigia possedè.
Poneva fine il Petrovich al suo dire, augurando
assai bene, sulla fede specialmente delle parole
sovrane, pronunciate nella chiusa della sessione
del Consiglio dell'Impero, del progredire delle isti-
tuzioni costituzionali, e del prosperare della patria
nostra, e prorompendo da ultimo in un triplice
viva al supremo imperante.
La relazione del Cav. Petrovich fu quale doveva
attendersi dal suo ingegno e dalla sua rara fa-
Ma così non avrei parlato fin qui che con quelli
i quali figurano fuori dell'istituto; avrei per così
dire fatta una digressione dal discorso che mi sono
proposto di tenere. Io devo rivolgere oggi il mio
detto a coloro che mi accompagneranno nell'ar-
duo tentativo di far cogliere all' istituzione gli ef-
fetti migliori del nobile fine a cui è destinata, devo
pariare a'miei colleghi, a miei discepoli, ai geni-
tori di essi. E cominciando dai primi, da voi com-
pagni dilettissimi, abbiatevi il mio intendimento.
Lungi da ogni ambiziosa superiorità io mi vi an-
nunzio qual fratello, fratello maggiore, intento a
dirigere i passi vostri ed a quelli uniformare i
miei. Affettuoso mi vi protesto, ma in pari tempo e-
satto pili che ostinato ne'miei principii, mi dichiaro
pieghevole ai vostri suggerimenti, che interpellerò
sempre, ed unicamente dietro discussione di que-
sti deciderò il mio operare.
Da voi ripeto soltanto concordia, ripeto cuor
generoso ed imparziale verso la gioventù studiosa,
ripeto amore e zelo peli'istruzione ; in fine un so-
stegno saldo al decoro del carattere nobilissimo,
di cui siamo rivestiti. Con la concordia noi po-
5. 411110 !¥•
Prezzo d'associazioni' in valuta austriaca per
Zara: per un anno fiorini 8; pei- sei nin.>i iìorini i;
per tre mesi (ìorini 2, Pel rimanente della Provincia
8 fuori: per un anno fiorini 9; por sei mesi fiorini i
soldi 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
pel Lotiibardo Veneto gli stessi prezzi in argento, fran-
che del porto-posta.
Giornale politico-lederario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I « ruppi e le eo'iiiiiissipni. franclu dell« spe««
postali, f i diri nDiio in Z-.ira a Vincenzo Ouplanc eh Hc-
dattore d< II.» VI.K'.Ì Daliiiatii-a. e »-li u.bljuonameiiti, ai
nei'ozii librari! dei signori IVateili Battara e Pietra
Abelich. (ili avviai di S linee costano I liorino, e ogni
linea di più soldi 6". La tassa di finanza resta a caricu
di.l eomniittente. Tn numero separato costa soldi 10
Letteratura slava.
XV.
Dai detti e fatti fin qui accennati e narrati,
quei pochi che non ebbero agio di por mente alle
gesta slave, si saranno, come a traverso di squar-
ciato velo, capacitati, che la nostra Slavia del mez-
zodì è bulgarizzata, croatizzata e serbizzata; e
fino che ella non deporrà le tante varie vesti, non
la potremo salutare una. I tre gran nomi anti-
chissimi, nazionalissimi, nobilissimi, che la tengon
finora divisa, converrà che si fondino in quel solo
da noi usato, o che, nel giusto cerchio, vi si ag-
girino come satelliti ubbidienti ; perciocché un ti-
tolo universale, che ricuopra colle sue ali una na-
zione , è usbergo imperante, riverito ; è emblema
dello spirito nazionale, che, per farsi duraturo, ha
duopo di scorgere il magnifico nell'ignoto ; pro-
prietà questa del carattere umano, die non si ac-
contenta della realtà; e così i Chinesi, nel ritirato
imperatore celeste, ravvisano il loro gran genio; e
i Maomettani nella manica del Sultano, penzolante
in divano dà un' inferriata ; un dì i Messicani nello
ammirare il galoppo della cavalleria spagnuola; molto
prima gli Slovachi nel rimirare i belli cavalli bianchi
del maggiaro Arpad. I filosofi sempre brusciii direb-
bero, che quellaè illusione, e che Fabrizio non rinculò
dinanzi all'elefante di Pirro; è vero; ed è pur vero che
Alessandro Magno rinculò dinanzi a Diogene ; ma
quelle furono straordinarietà che non arrestarono
il cammino dell' umanità.
Forse che i croatizzanti e i serbizzanti non si
illudono ; foi'se che io stampo dei lunarii ; eppure
mi persuado che la nostra Slavia, finché sarà bul-
gara, e croata e serba , sarà una meschinità ; e
qualor anche avesse a nomarsi Slavia per consenso
universale dei nostri dottori, pur sarebbe invisi-
bile dall' eccelso seggio, da cui l'Africano distinse
le coiicquiste della sua Roma: lam ipsa terra ita
mihi parva visa est, ut me imperii nostri, quo
quasi punctum eius attinginms, poeniteret. (Cicero
De somnio Scipionis). Grande lezione per frenare
APPENDICE.
Discorso inaugurale
Tenuto neir occasione doli' apertura della scuola
Eeale superiore di Spalato dal direttore provvisorio
professore Vincenzo Buzolich l'anno 1862.
{Contimiazione e fine)
Ora sono a voi, diletta gioventiì, a voi rivolgo
ora il mio dire, e lo porgo in nome di tutto il
personale docente, che voi dovete riguardare come
un solo corpo, con una sola mente e con un cuor
solo, intento esclusivamente a giovarvi, estirpando
da voi quanto v' ha di gretto, ed instillando nel-
r animo ed intelletto vostro il vero, il bello, e
Futile.
Provvidenza destinovvi a gran sorte così da farvi
sogg'etto d'invidia di tutti quelh che nella vostra
patria crebber fin qui sitibondi d'una istruzione
che avrebbero desiderato tanto di ottenere. For-
tunati le mille volte voi, che potete irradiarvi del
beli' astro di quell' astrusa scienza che, lenta insi-
nuandosi pei secoli da regione in regione, ormai
avvanzò tanto da inseggiarsi qual signora nel
mondo, fino a dargli nuovo corso, nuova 'tinta, spi-
rito nuovo.
r appetito soverchio, per spazzare quella tempesta
di hòrvaUlìi e di sèrpski, da cui sono coperti gh
organi della nostra stampa, come per far preva-
lere un titolo all' altro ; come se ciò sia fattibile
senza la spada di Ludovico undecimo. E siccome
noi dobbiamo pregare il Re dei secoli, che da noi
tenga lontana la guerra; così a noi non resta altro
che devenire a pacifica transazione letteraria per
la sospirata unificazione , formulando una lingua
comune a tutta la Slavia meridionale, escludendo
il privilegio di un dialetto suU' altra, di un nome
sul!' altro, che porta a rottura.
Che pretesa è mai quella dei Serbi, che vedono
Serbia ubique locortim? Ilincacciarono nelle ca-
tacombe quella mummia del figlio di Polifemo,
r miro ; e i Croati, espositori di quella quasi ve-
nerabile reliquia, misero, dinanzi a tanta inuma-
zione, la piva in sacco, perchè nell'unione a Serbia,
videro la propria forza, e non si accorsero che
la loro forza consiste appunto nel far il broncio,
e nel resistere alla superbia serba, la quale, iso-
lata che fosse senza l'unzione croata, resterebbe
beftata coi suoi ristretti versanti, e Ruraenia aiu-
trice, e Grecia confederatrice, e l'Albania di Schen-
derberg soccorritrice , tutto ciò sub speratis, non
amplierebbero i suoi ducali confini: e qiiel pugiio
di Sorbi che ancor vive lassù ai confini sassoni,
è memoria ormai rancida.
Di discussioni teologiche non m'intendo, le quali
potrebbero suscitare impaccio alle discordanti cre-
denze della Slavia; però, stando agli organi croati
si dovrebbe credere, che, dopo il ratto levare in
sedia del patriarca Rajacich, e trasportarlo nella
cattedrale di Zagabria, la fraternità è affrancata:
e così sia ; che la storia degli Ugonotti, quella
dei trenta anni, e 1' ultimissima del Sonderbund,
non ha che fare col gran progresso di adesso, che
nei giornali racchiude il sentimento dei popoli, le-
galissimamente rappresentati. In somma, non si deve
avventurare un giudizio in atìare di tal sorta; a
me basta di occuparmi di letteratura ; e, se tal-
lo sò che tutti quanti qui siete, vi sperate van-
taggio da questa istituzione, ma non ignoro tutta-
via che, se vi siete mossi a prestarle omaggio col
vostro concorso, i vostri passi saranno stati spinti
pili che da una coscienza sicura degli affetti, da uno
spirito di novità. Nè di questo mi meraviglio, come
non mi scoraggio se vi veggo radunati in numero
non tanto abbondante. E voi e gli altri coi padri
vostri avete inteso a dir poco sulle meraviglie di
questa istituzione, od almeno quando formaste qual-
che stupore sui prodigi dell'epoca in cui viviamo,
non vi siete fermati mai a considerare che que-
sti non erano altro che prodotti di quella. Cre-
deste alla cieca che tutto sorgesse per miracolo,
che un' altro fìat onnipotente li schierasse in ser-
vigio vostro. Come allorché leggete i bei carat-
teri stampati, oppure vergate voi stessi degli al-
tri sopra ben preparato cencio, informandovi per
sì prodigioso mezzo dell'altrui pensiero e comu-
nicando agli altri il vostro, non v'accorgete di chi
fosse un tal prodotto; come allorché sentite che
a solcar spaziosi mari basta la sola guida d' un
sottile ago, non vi perdete in ricerche sullo sco-
pritore di sì misteriosa virtù; come allorché vi
sollazzate coli' archibugio o vi servite delle più
variate forme d'armi tanto in vostro comodo che
in vostra difesa, non andate ad investigare da
quali priucipii fosse guidata la mano dell'artefice
volta sorpasso i suoi limiti, la ragione la trovo
in ciò, che tutte le scienze si toccano ; e se i croa-
tizzanti asserissero che le mie son ciarle, non ini
meraviglierei, perchè vedo ciarle anche nelle grandi
assemblee, e specialmente nel qui prò quo.
Dissi che i serbi Porfirogenitani non sono i pa-
triarchi di questi popoli, ma che essi vi si con-
fusero, e ad una parte imposero il proprio nome,
come appunto fecero i Bulgari; e, per meglio con-
vincersene, giova rimarcare le varie razze che, a
prima vista, compariscono nei paesi dalla Drava
e dal Danubio ai confini della Grecia e dell'Al-
bania , e dall' Adriatico al mar Nero ; ed è ben
difficile, in alcuni tratti," distinguere i gruppi di a-
spetto slavo. Comunemente si osserva una mar-
cata differenza tra le famiglie principali, nelle quali
restò r autorità ereditaria, e il popolo ; il che si
vede anche in Polonia, in Russia, ed altrove; la
qual particolarità deesi ripetere da ciò, che quello
parte contrassero matrimonii con femmine stra-
niere, parte derivano da capi stranieri, che furono
imposti dal dominio straniero, come avvenne ai
popoli poscia chiamati Bulgari, Serbi, Croati, i quali
soggiacquero più o meno alla potenza degli antichi
Bulgari Greci, IJngheri, ed altri; e, per non dir altro, è
dimostrato dalla storia, che molti dei nostri bani, coati
nobili, furono ungheresi o meglio maggiari; la chiesa
primaziale di Spalato conta parecchi arcivescovi
di tale origine.
I morlacchi dal Zermagna al Kerka, al Cettina,
mostrano un tipo differente da quelli oltre il Cet-
tina fino alla Narenta ; e, in mezzo a questi due
gran gruppi, pur vi sono qua e là dei minori di-
stinguibili, specialmente nei tratti di paese più
vicini al mare: e, nell'isolarlo, il miscuglio com-
parisce più grande. Tutto mostra più o meno grande
incrocicchiamento di razze^ minoro nella Dalmazia
mediterranea; e ciò doveva succedere in questi paesi
che, ab antico, formarono un gran ponte ove si
scontrarono e si stabilirono tante genti concorso
dai quattro venti.
che ve le somministrò; corno a!h>i'chò vedete dal-
l'oscillazione d'un pendolo misurarvisi il tempo,
non vi curate di saperne onde ciò avvenga; come
allorché godete di far avvicinare oggetti lontani
ed ingrandire i piccoh, non vi mostrate sorpresi
di tanto mezzo ; come, finalmente, di molte altre
pratiche artistiche, industriah e commerciali, per
una ccrta domest-ichezza in cui si versa con le
medesime, non date segno di meravigliarvene ; così
restate indifferenti sul come e le viscere della
terra e il fondo dei mari e la volta dei cieli og-
gidì rivelino i loro segreti; restate indifferenti
sulla causa che vi riproduce in un baleno la na-
tura intera. Oziosi spettatori, scorgete un'inerte
mole animata da spirito ignoto che vi produce in
brevi istanti e cibo e bevanda e vesti e mille al-
tre bisogna; ed ancora indifferenti sul come, vi
trasferite sicuri per mare e per terra, solcando
golfi e forando monti da un sito all'altro, non
solo con la più desiderata sollecitudine, ma tut-
tavia con una meravighosa precisione del tempo
che dovrà por fine al vostro viaggio ; vedete ri-
schiararsi la notte da un nuovo sole; fate consci
del vostro pensiero in un attimo gli antipodi vo-
stii, nò ancor vi prende desio di penetrare nei
reconditi misteri di quelle scienze su cui ebbe ad
inspirarsi il genio dei Guttemberg, dei Gioia, dei
Bacone, degli Schwartz, degli Chaptal, dei Gali-
Yertendo che ai deputati sarebbe fatto noto op-
portuncmente il giorno della successiva tornata.
In una corrispondenza da Spalato del Nazio-
nale nr. 5 che noi non abbiàmo ragione di non
credei-e veritiera, in cui è reso conto dell'ultima
seduta di quel Municipio, è narrato come V egre-
gio podestà Bajamonti, ora nuovamente eletto a
quell' ufficio che tanto nobilmente sostiene, accen-
nando al progetto di strada ferrata da Essek a
Zara, di cui abbiamo più volte fatto parola, 1' ab-
bia annunciato come un tentativo inattendibile della
nostra Camera di commercio, disapprovato dai più
ragguardevoli nostri concittadini. Ora noi siamo
in grado, e sentiamo il dovere, di rettificare la gra-
tuita asserzione di queir egregio signore, e di di-
(jhiarare pubblicamente che egli fu tratto certa-
mente in errore da false informazioni.
Primieramente l'ideare il progetto, di cui è di-
scorso, ragionevole e saggio per sè, di suprema u-
tilità per la provincia tutta, per la città nostra sin-
golarmente, e pel commercio in generale, vantaggio-
sissimo, di probabile riuscita, per essere, per ragioni
strategiche, favoreggiato dal governo e per la co-
venienza del sito di facile esecuzione ; l'ideare sif-
fatto progetto, fu un atto troppo meritevole di en-
comio, troppo onorevole e degno di cittadini larga-
mente forniti di intelligenza e di cuore, perchè la
Camera di commercio non abbia a tenere a gran-
de onore la supposizione che ella lo abbia fatto
da sè. E da sè, per vero, può ella dire di averlo
fatto, essendo che da essa mossero tutti gli atti a
ciò necessari!, da essa l'istanza al ministero per
ottenere che all' ingegnere Fontanella fosse conce-
duto di portarsi qui a intraprendere gli studi pre-
Ijminarii; ma, non è a dissimulare che il primo
pensiero venne buon tempo avanti dal Conte Be-
gna, ora podestà di Zara, il quale non ebbe, nè
l'occasione, nè ragio di dar mano all'opera.
Siffatto tentativo poi, appena conosciuto, fu
accolto tra noi da ciascheduno, con quella compia-
cenza, anzi con queir entusiasmo che da dalmati
amanti della patria, e da cittadini desiderosi del
bene del luogo natale, era da attendere. Raccolti
nelle stanze del Municipio, da questo Podestà, rag-
guardevoli cittadini di qui, e periti coltissimi a con-
sultare di ciò ; non vi fu alcuno che non gli fosse
largo de' più caldi incoraggiamenti, che non eccit-
tasse a continuare le pratiche, ed aumentare gli
sforzi; nessuno che non si dichiarasse pronto per
sè a fare tutti quei sagrificii di denaro e di opera
che si rendessero necessari. Venuta poi la con-
cessione dal Ministero, il Podestà Conte Begna tor-
nò a chiamare a privata conferenza i membri del
Consiglio Municipale, per consultarli pure sui mezzi
da impiegare per raggiungere il voluto intento. Fu
allora che ognuno, aderendo pienamente a quanto
era stato fatto, diede larga autorizzazione alla Con-
gregazione di agire da se, adoperando i fondi che si
trovava possedere, per sopperire alle spese che ne-
cessariamente occorrevano. Erano nella prima con-
ferenza raccolti i signori Conte Borelli, Conte Be-
gna, Conte Giovanni Fanfogna, Antonio de Ster-
mich, Dr. Natale Filippi, Dr. Lucchini, Prof. Va-
lentich, Cav, Cario Fontanella, Pietro Abelicli, Gio-
vanni Salshetti, e Francesco Salghetti. Erano pre-
senti alla seconda i signori Conte Begna, Conte So-
relli, Conte Fausto Fanfogna, Dr. Francesco de
Stermich, Antonio de Stermich, Dr. Cesare de
Pellegrini, Dr. Vincenzo de Benvenuti, Valerio
de Ponte, Dr. Ghiglianovich, Ernesto Petricioli-^
Salghetti, Dr. Odoardo Keller, Dr. Natale Filippi,
Pietro Abelich, Giacomo Calvi, Gio. Dall' Oro, Vin.
Duplancich.
La enumerazione di tali nomi basta pienamente
a smentire l'asserzione gratuita del sig. Podestà
di Spalato; e a mostrare come neppure i cittadini
di Zara rimangano freddi ai progetti di patria u-
tilità, nè sieno indifferenti al bene del proprio paese.
A confermare però la verità del nostro asserto,
e a far conoscere d'onde ebbe origine il progetto
in discorso, e quali passi sien stati fatti, e chi ne
abbia il merito, rechiamo 1' estratto della seduta
della Camera di. Commercio dei 14 gentilmente
comunicatoci, dove d' ogni cosa è dato minuto
Estratto del protocollo di Seduta tenuto il giorno
14 gennaio 1863 dalla Camera di Commercio ed
Industria in Zara.
Il Presidente sig. Pietro Abelich espone la seguente
relazione.
"Il giornalismo della nostra provincia si è da
poco impadronito di un argomento, il quale reso
di pubblica ragione ha commosso grandemente gli
animi dei nostri concittadini. Questa notizia acqui-
stò maggior importanza dal momento che fu og-
getto di particolari considerazioni nel discorso di
apertura dell'Eccelsa Dieta dalmata tenuta dall'il-
lustre suo Presidente cav. D.r Petrovich.
Siccome la Camera di Commercio è stata men-
tovata come r iniziatrice di questo progetto, cosi
tengo mio debito d^intrattenervi di questo argo-
mento, sQinbrandomi dovervi renderne ragione di
ogni atto che si imprende, entro la sfera delle
sue attribuzioni da chi avete chiamato all' onore
di presiedervi.
Dacché nel mese di aprile a. p. un foglio di
Vienna accennava alla possibile esecuzione di una
via ferrata che, partendo da Trieste per Fiume
Zara e lunghesso la Dalmazia venisse a por ter-
mine a Cattare, ad ogni uno che si sentiva ani-
mato da patrio affetto doveva arridere la brillante
prospettiva, che pel ben essere materiale econo-
mico si affacciava per la nostra provincia, e si do-
mandò tosto se questa possibilità dovesse rimanere
nel regno delle chimere assieme ai tanti sogni
che di giorno in giorno si vanno facendo, e che
al primo sorgere dell'alba svaniscono; oppure se
veramente questa idea potesse in qualunque tempo
e modo avere una pratica applicazione; e si do-
mandò eziandio, se a quella prosperità commer-
ciale, di cui gran tempo addietro nei dalmatici lidi era
centro Zara, dovesse per sempre rinunciarsi, e se si
dovesse, quasi ad ancora di salvezza, attenersi unica-
mente a quei meschini interessi di cui oggidì ci con-
forta il godimento, e questi curare e difendere con
ogni studio e fatica. Il nostro storico Kreglianovich,
riandando il passato, presagiva pure un migliore
avvenire pella nostra città. Notava egli come per
lo passato una strada roteabile metteva in comu-
nicazione le vicine Provincie, che ogggidì fanno par-
te della Croazia e Turchia; strada per la quale
non soltanto i re di Ungheria estendevano ed as-
sicuravano il loro dominio sopra parte della no-
stra patria, ma eziandio il commercio discen-
deva e risaliva, avendo per sbocco il nostro
grandioso porto. Questa idea venne afferrata, ed
era ben naturale che questa Camera di Commer-
cio, propugnatrice dei commerciali interessi, ad
essa rivolgesse tutta la sua attenzione, a far sì
che avesse qualche corpo. Essa si mise tosto al-
l' opera fidente nella fortuna, la quale talvolta se-
conda la volontà quando si mostra energica.
Dopo aver preso consigli da persone intelli-
genti e pratiche di questa materia, mi sono con-
fermato nel pensiero, che una strada ferrata da
Trieste a Cattaro come era stata tracciata dal
foglio viennese, se pur utile sotto i rapporti stra-
tegici, non poteva essere feconda di quei vantaggi
sotto i rapporti commerciali, ai quali prima di
tutto vuoisi por mente. Le generali carestie, onde
in questi anni fu travagliata l'Europa, e gli stu-
dii degU statisti posero in luce l'importanza del-
l' Ungheria e Slavonia, e principalmente del Ba-
nato, in quanto ai cereali nonché alle materie pri-
me dell'agricoltura, pastorizia, ed altro. Terra quasi
vergine, essa venne promessa come il granaio del-
l' Europa. Al commercio adunque deve interessare
di trovare un mezzo di comunicazione, che avvi-
cini quelle fertili provincie alla più grande strada
naturale dell'Europa, quale si è il Mediterraneo,
e per esso con uno dei seni più importanti, quale
si è r Adriatico. Il punto di partenza di questa
via dovrebbe essere Essek e da questa movendo
toccare Bajanluka, Jaitz e Zara per la valle della
Zermagna, percorrendo un tratto all'incirca di
cinquanta leghe. A Essek si tocca il punto in cui
hanno fine la rete delle ferrovie ungheresi e tran-
silvane, il che vale a dire, che con questa linea
noi siamo congiunti per modo facile e sollecito al
rimanente dell'Europa.
Traversando la valle della Zermagna ed en-
trando in quella del Kei'ka , ad essa concorrono
Scardona Knin Dernis, già altre volte emporii, e
la inesauribile miniera di Sivarich vi porta il suo
prodotto alimentare.
Chi può dire a qnal grado di prosperitcà potreb-
bero giungere questi luoghi, cui la natura in più
guise fu larga donatrice !
Ho creduto opportuno prima d'ogni altra cosa
di mettermi in relazione con il nostro egregio
patriotta signor Girolamo Fontanella ingegnere a
Gorizia, nel quale ad un cuore animato dal più
caldo affetto di patria si uniscono fortunatamente
gli studii più profondi sì teorici che pratici, essen-
dosi egli occupato gran tempo in questo ramo di
pubbhca costruzione.
EgU già m certo modo aveva prevenuto l'idea
balenata, dacché traendo partito dal cenno inserito
nel foglio di Vienna aveva fatto conoscere, come
quella non era un'idea chimerica, aggiungendo per
altro che a parer suo quella, di cui ora ho fatto
parola, sarebbe la via più vantaggiosa e più facile.
D' allora in poi ebbe luogo un attiva corrispon-
denza con esso lui, con intermezzo del di lui fratel-
lo egregio cav. Carlo Fontanella, nel quale ebbe
campo di trovare pari generosità d'animo e di pro-
positi. Nelle lettere numerosissime e molto diffuse
che in questa materia egli scrisse tutto è dimostrato
ad evidenza, tutto e previsto, e non sono pure o-
messe l'obbiezioni che si possono affacciare, con la
loro confutazione così ampia così ragionata, da po-
ter convincere della possibilità dell'esecuzione tan-
to i meno intelligenti quanto i più aversi.
Appoggiato ai dati da lui offerti ho creduto di
dover fare due passi.
In primo luogo mi sono rivolto al Presidente
della Camera di Commercio di Essek ed al ma-
gistrato di Szegedin, e comunicando ad essi l'idea,
ho domandato la loro cooperazione, sia per favo-
rire il progetto, sia per muovere quei capitalisti
a rivolgere la loro attenzione sul medesimo , al
quale effetto nella lettera che avrò l'onore di leg-
gervi ne ho brevemente toccati i vantaggi.
In seconda luogo, avvisando, che una corrispon-
denza epistolare non fosse sufficiente, e che meglio
la cosa poteva essere trattata colla presenza di
chi si fece propugnatore principale dell'idea, mi
sono rivolto all'eccelso i. r. Ministero del Com-
mercio colla domanda n.r 292 del 27 settembre
a. p. affinchè volesse concedere al sig. Fontanella
un permesso di sei mesi, per intraprendere i studii
necessarii sulla faccia del luogo, ed a tale domanda
venne data benigna evasione del ministero di Siato
come da partecipazione ottenuta col dispaccio luo-
gotenenziale n.r 22077-4165 giusta dispaccio il
dicembre affinchè ci possaimprendere studii e pro-
getti di strada ferrata fra Zara ed Easeg.
Frattanto insorse un' altra idea, la quale tenendo
conto della difficoltà inerente alla prima, era ri-
volta a vedere se per altra non si potesse raggiun-
gere pressoché il medesimo scopo.
Riguardava questa la possibilità di una con-
giunzione di Zara con la Unea di Zagabria. Pre-
senta questa maggiore facilità, sia per gli accidenti
del terreno, che dovrebbe percorrere, essendo la di-
stanza di questa limitata a miglia italiane graduate
115 al più, mentre l'altra si estende per una lun-
ghezza maggiore; sia per gli ostacoli diplomatici
che col primo progetto dovrebbesi superare, dovendo
traversare un tratto di Croazia Turca, mentre il
secondo s'attiene unicamente al territorio austriaco.
Gli studii, che verranno attivati, potranno met-
tere in chiaro a quale dei due progetti s'avrebbe a dare
la preferenza anche in vista ad un terzo rapporto,
quale si è quello dei vantaggi commerciali.
Questa strada toccando una volta Knin, tanto
neir interesse del commercio quanto in quello del
governo potrebbe essere prolungata fino alle bocche
di Cattaro o fino a Ragusa almeno, ma certa-
mente fino alla Narenta, passando fra Veriicca e
Dernis, per Sign, non lungi da Imoschi e Vergo-
raz, per essere congiunta poi a mezzo di rami
laterali con Sebenico e Spalato. La conformazione
del suolo della Dalmazia e i rapporti attuali col-
l'impero e eolFestero rendono questa nostra ipo-
tesi probabilissima, ed oltre a ciò commendevo-
sarel}be una via politica ; la nostra assolutameute
commerciale. D'altronde, la giungesse a Sissek, ed
allora la Società che la imprendesse, troverebbe
il suo tornaconto a farla discendere a Segna o
Fiume ; la giatìgesse a Brod, e allora Spalato sa-
rebbe sfl^or più vicino che non sìa 2afa.
Sicché, 0 Signori, voi Vedete, nulla abbiamo n
temere da sitfatta concorrenza », cì6 èssendo, ve ne
prego, asténiamoci da qualsiasi dimostražione che
possa alterare quella armonia di che abbiamo co-
tanto bisogho tra i Dalmati Municipii. Abbiamo,
0 Signori, di fronte un partito, se non esteso, in-
telligente certo ed operoso in modo da lasciarci
pur troppo desiderare maggiore operosità tra noi
stessi. ~ Beh ! adunque che ulteriori partiti non
sorgano; ci bastino le lotte che ci vengono da
quella parte, senza che la nostra imprevidenza o
leggerezza ne crei di nuove, — Tiriamo innanzi,
0 Signori, senza badare alle spine, e noi coglie-
remo le rose. ~ D'altronde ci consta che nè tutti
1 Signori di Zara condividano le vedute della
Sp^tabile Camera, nè, molto meno, che tutti vor-
rebbero chiamarsi jnsolidarii delle parole, non
certo patriotiche, dell' accennato giornale.
Un' altra opera su di cui erano pure assai va-
ghe le nostre speranze, siamo lieti di potervi as-
sicurare quest' oggi che Spalato vedrà incomin-
ciata neir anno prossimo e conipiuta al più tardi
entro uh sessehio. Accénno alla diga. ~ Fatal-
mente la relativa pertrattàzione dormiva sul ta-
volo di persona che avea trovato il tempo di am-
mogliarsi e di procreare due figli, senza aver a-
vuto quello di evadere un semplice atto. — Ma
lasciando di ciò, mi giova annunziarvi che il Mi-
nistero, a merito particolare dei due nostri ono-
revoli deputati a Vienna Dr. Lapenna e degìi Al-
berti, che come in questo progetto, così negli altri
tutti duraiite la mia dimora a Vienna mi pre-
starono, come ho pur detto ieri, il più valido ed
affettuoso appoggio, è ormai compreso dell' im-
portanza dell' opera iion solo, ma sì pure del do-
vere di assumerla interamente per conto erariale,
Sgravando il Comune, il quale ha pure a che pen-
sare pella ricostruzione dell' aquedotto, d'ogni ob-
bligo assunto, -r Quanto prima verrà spedito ap-
posito tecnico ad istudiare e migliorare il pro-
getto e nel budget dell' anno corrente verrà in-
trodotto, speriamo, il primo assegno di fiorini 100
0 120 mila e così ogni anno in que' da venire,
fino a che l'opera, che si valuta 6 0 700 mila
fiorini, sia interamente compiuta.
Ed ho pure il conforto di potervi annunziare
che Sua Kccellenga il «uovo Ministro della ma^
*) Quell'amore della concòrdi^, di cu| l'j Bajamonti si dà vanto,
ponsiglia noi a non soggiungere parole acerbe a queste in--
considerate che egli si lasciò sfuggire di boeoa, A smen-
tirle basta la lettura del nostro conno , e il giudicio che
Opi onesto ha, in questa qi^estione, già dato; a con-ientirci
di passarvi sopra, basta U riflessione che V amore di mu-
hicipio e la passione de'la gloria, possono trarre anche i
migliori a intemperanze troppo strane perchè non si debbano
perdonare. Nalu della liedazdo-ita.
Una compagni;} che vanta i celebri nonni d' una Medori,
d'una Chaftòn, d'un Mazzoleni, e quelli distintissimi del
Bellini, della Suher, d«! Biacchi, del Minetli, a cui s'ag«^
giunge il rinomato basso Vialetti, che esordirà nella Bor^
già, non può che passare di trionfo in trionfo.
Kella Gàzzèitd tM Tmtri, hr. 48, anno 1862 :
Notizie d'avana. Parte degli artisti condotti dal sig.
Maretzek, esordì a questo teatro Tacon il 25 ottobre col
Trovatore di Verdi. Siccome questa compagnia costa oiolto,
l'impresa credette bene d'aumentare i prezzi d'abbona-
mento e d'ingresso. Per questo nìotivo e perchè gli ar^
listi erano preceduti da gran fama, crebbero l'esigenze
di questo pubblico intelligente e severo. Eseguivano il
Trovatore , , . . ^
Alazzoleni nella parte di M^inrico riportò un grande
trionfo. La voce di questo celebre tenore è davvero fe-
nomenale, com'è polente il suo c;into elezione, in modo
da trascinare il pubblico a veri entusiasmi Accentò stra-
ordinariaipente ben e le romanze entro le quinte, che gii
valsero applausi frenetici, \ quali si rinnovarono ad ogni
suo pezzo, ad ogni Ip.se Benché la parte del tenore sia
stata eseguita egregiamente da valentissimi ailisti. pure il
Mazzolem ci sembra il Mjnrico modello. In tutta la sua
grand'aria l'entusiasmo non ebbe piCi confine, particolar-
mente nella cabaletta, nella quale emise un do 41 petto
così potente, da far urlare il pubblico, che volle a forza
la replica, e nella replica il da gli uscì ancor più nitido
e squillante : il iMazioleiii si è ormai guadagnale tutte le
simpatie d«! pu{)b!i0o.
rina Barone de Burger, che entro la primavera
spero dì vedere tra noi, mi ha espresse intenzioni
e sentimenti, dai quali non dubito la nostra pro-
vincia, quanto agli interessi marittimi, riceverà
quanto prima un nuovo ed ampio sviluppo.
Quanto all' aqiiedotto fra un mese circa vi da-
remo principio. - 11 denaro è trovato : ho la pa-
rola di Sua Eccellenza de Schmerling, nè questa,
certo, potrebbe mancare. -- E non solo trovai i
fiorini 100,000 occorrenti per la costruzione delle
gallerie, ma sì pure altri 50,000 pei lavori addi-
zionali, per la canalizzazione della città, per le
fontane ecc. E, dacché avea l'opportunità di farlo,
credei non inopportuno il chiedere a dirittura
200,000 onde impiegare i residui 50,000 nella
costruzione del macello e botteghe per la vendita
delle carni al minuto e in quella del bazzaro,
onde risparmiare l'importo delle cartelle del pre-
stito nazionale, essendo assolutamente un bisogno
urgente il tenere in pronto un capitale pel caso
le avvanzate pertrattazioni del principale nostro
progetto, la ferrovia, lo richiedessero.
Queste sono le tré opere di cui ho voluto in
quest' oggi tenervi breve parola, e per la loro im-
portanza, e come quelle ~ certo le due prime,
se non la terza ~ le quali presentavamo altra
volta più come desiderii, che come progetti, la cui
attivazione fosse prossima o non di troppo lontana.
Di tutto il resto al momento indicato: aggiu-
gnerò qui solo che abbiamo pure non infondate
speranze di essere compresi nelle pubbUche lotterie
per scopi di beneficenza per un capitale almeno
di 40,000 fiòiini onde fondare un istituto di ri-
covero e d'istruzione per gli oifani abbandonati
0 viziosi, istituto che sarebbe anello di congiun-
zione tra r asilo infantile, creato dall' operosa fi-
lantropia del Decano cav. Manger (asilo che ove
fosse più validamente sorretto dalla publica carità
potrebbe essere riorganizzato con vantaggio non
lieve) e la casa di ricovero e lavoro, fondazione
Martinis-Marchi, che si va ora a costituire. ~ Vo-
glia Iddio che al cedere quesf onorevole seggio io
possa darvi più positive notizie, e la munificenza
dell' x'Vùgusto Monarca, cui particolarmente ci siamo
rivolti per quest' opera di iirgenža e di pietà, spero
vorrà soddisfare i suoi Dalmati in un momento
in cui essi, da parte propria, si sobbarcano a gravi
sacrifizii per spingere un passo di più sulla via de'
civili progressi.
Dopo ciò, 0 Signori, non mi Hmanè che di as-
sicurarvi come nei breve tempo che mi rimane
a compiere la affidatami gestione, raddoppierò, se
pure mi fia possibile, le forze, onde dare ai no-
stri progetti una forma, quanto lo permettano le
circostanze, concreta, e ad invitarvi a deporre nel-
r urna il nome di colui che raccogliendo le vo-
stre simpatie, destinate a capo di questa diletta
terra, i Cui interessi, qualunque la posizione ove
io mi trovi, pubhca o privata, staranno mai sempre
in cima a' miei pensieri e la cui prosperità, fino
11 Bellini
Dopo tre sere del Trovatore, accolto con crescente en-
tusiasmò, andò la sera del 31 ottobre la Norma, il cui
successo fu colossale, straordinario, completo.
Esordiva in quest'opera la celebre Giuseppina Medori,
Mrizzoleni fu grande sotto a'panni di Pollione, ed ebbe
momenti di Vera ispirazione, in ispecie all'aria, al ter-
zetto ed al duetto finale in cui levò a rumor di viva l'in-
tero uditorio Non si è mai udita eseguir cosi bene l'in-
grata parte del crudel romano^ Fu una gara tra lui e la
Medori, dejna dei due esimii artisti.
Un complesso simile nella Norma è impossibile trovare
alti"ove. Nelle tre sere in cui fu data, l'entusiasmo dello
atfollattissimo pubblico si mantenne costante, e gli artisti,
particolarmente la Medori e Mazzoleni, vennero accolti con
grandi applausi, e al loro presentarsi e ad ogni pezao.
Nella ma nr. 49, anno 1862:
Avana. — Abbiamo notizie dei successi splendidissimi
ottenuti dalla compagnia lirica nel Trovatore. Norma e
Sonnambula. Artisti sommi v«ìnoero giudicati la Medori. la
Charton, e il tenore Mazzoleni. Quest' ultimo fu un Pol-
lione e un Manrico del bel numero uno. I giornali lucali
non fanno òhe parlare del famoso do di petto che il Maz-
sjoleni fa udire seralmente nella cabaletta, Di quella pira,
e che gli conviene sempre ripetere. Piacquero moltissimo
il baritono Bt'llmi, la Sulzér, il basso Biacchi e il tenore
Minetti. Però lo dimoslràzioni d'entusiasmo furono perle
signore Medori e Cljifftoii e pt-jl Ma^^olcnij ahe godono
a che ei n'abbia un palpito, sarà mai sempre il
voto piti ardente del mio cuore.
iJn quesito.
Se sìa peggio non aver leggi, od averne e che
non vi sia il mezzo di farnele eseguire.
Qualunque dirà che entrambe le suesposte con-
dizioni del quesito sono tristissime. E siccome fra
noi sembra strano un quesito di siffatta natura,
pure conviene che anche la risposta si risolva o
per l'una o per l'altra condizione. Diifatti ogni
stato ha le sue leggi, e soltanto nelle parti le più
barbare, dove ancora il dispotismo regna, e dove
mancano tribunali, codici, ecc. sarà forse che la
mancanza di leggi sia causa di dispotico procedere
per parte di chi è al potere, ma fra noi certa-
mente nò, giacché oltre le esistenti leggi, dall'anno
1848 (anno di grazia) tante e tante se ne pro-
mulgarono, e di nuove si pubblicarono, e con suc-
cessive declaratorie, che già negli archivi degli
uffici si veggono tanti volumi, indici, repertori,
commentari, da far intisichire chi volesse tenervi
dietro. Io dunque per me risolverò il quesito così:
Che sia meglio non aver leggi, ma esser gover-
nati da persona saggia, coscienziosa, non acces-
sibile alla corruzione, anziché aver leggi e che vi
manchi chi debba farle eseguire e rispettare. Nel
primo caso s'andrà incontro ad una sola sventura,
ma nel secondo guai e guai senza fine. E preci-
samente qui nel caso di cui intendo parlare si
conviene quel grande detto "Che la legalità ci
amazza,„ Diffatti fra noi parlando, della povera
nostra Dalmazia, tante leggi esistono che regolano
il ramo forestale che migliori non posson deside-
rarsi, e se queste leggi giacciono innosservate, ed
il male progredisce, a che^ e perchè sifiatte leggi?
Pure il legislatore coli' emanazione delle legge avrà
provveduto al mezzo perchè la legge sia eseguita,
ed i disordini vengano repressi. Qui sta il male.
Fra noi dunque le leggi esistono, ma vi manca
il mezzo esecutivo, e in difetto di questo le più
provvide leggi cadono, e così ecco risolto il quesito.
Siccome poi provarlo conviene, così io dirò che
non occorre molto, e che basta andar al nostro
mercato delle legna, ove a fronte di tanti precetti
suir escavo dei zocchi, continuamente se ne ven-
dono con sutterfugi, cioè, con dichiarazioni esser
provenienti da fondi dissodati di privata ragione,
quasicchè anche in proposito non vi fossero leggi
apposite. Se qui ciò succede, io lascio figurai^si al
benigno lettore cosa segua altrove, specialmente
lungi dai centri, e dove per mancanza di vigilanza
il rustico fa da sè a seconda che gh talenta. Ep-
pure nella provincia nostra viaggiaron per lo scopo
appunto di regolare questo importante ramo d'in-
teresse, sì pubblico, che privato, commissari fo-
restali appositi, ed uno anche appunto per l'effetto
vi è anche addetto a quest' eccelsa i. r. Luogote-
nenza. Nulla importa tuttociò, giacché o si saranno
nonie veramente celebre nell'arte. Al prossimo numero
particolareggiate notizie.
In altro numero della Fama:
Avana. — Teatro Tacon. — Corrìspondenz-a. — Eccomi
a darvi, secondo la fattavi promessa, particolareggiate no-
tizie intorno all'aperiuru di questo grande teatro colla
compagnia italiana scritturala dal sig. Maretzeck. — La
sera 23 novembre i dilettanti d'Avnna empirono la vasta
sala per assistere al Trovatore. Verdi, nel quale face-
vano la loro comparsa la signora Charton-Demeur e il
tenore Màzzoleni, precedali da gran rinom^'nza, il baritono
Bellini, la sign. Sulzer (contralto) e il basso Biacchi, nomi
favorevolmente noli nell'arte. Benché il pubblico, che sa il
suo conto in fatto di musica, fosse molto esigente;! sn-
che per certe novità introdotte dall' impresa, e tw^chè d
Trovatore fosse stalo eseguito più volte da arti^tì.,^simii,
l'esito della nuova compagnia fu il più splen(Xtd#roe im-
Uiaginar si possa. Dal primo racconlo del baàà^®^
ultime appassionate frasi del tenore e ifwa 'à^ria, d
plauso si fti' sentire costantemente, e preiJ^VaiiS'Si in og"'
pez^o, particolarmente a quelli del
ton , le proporzioni dell' entusiasmo. L,a, .-sr^t^Irj^^Cbar-
lon II tenore ^
ormai la delizia del pubblico, ci ammaliò
rara potenza della sua Voce, coli'espre.ssio|^\AT4v»®3<l'W'ltt
col gesto intelligentissimo fe eoi canto ci*
sente, Noi non abbiamo udita voce più _ ,,
artistà di maggiori risorse e come attore •^e'ék^bif«^'^'
h tutta l'opefa egli sojlera entusiasmi; ma