^ara 12 liUgrlìo l§63. Anno I La Voce Dalmatica
Prez7,n d'associazione la valuta anstriaca por
Zara: per un anno fiorini 8: per sei niftsi fiorini 4;
per tro mesi fiorini 2. Pel rimanente della Provincia
« faorì: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
soldi 50; per (re mesi fiorini 3:25. Per l'estero, o
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi inargento, fran-
chi del porto-posta.
Giornale polUìco-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I gruppi e le commissioni, franchi delle spese
postali, si dirii^ono in Zara a Vincenzo Duplancich Re-
dattore della Voce Dalmatica, e sii abbuonamenti, ai
ueuro/ii librarli dei sijjnori fratelli Battara e Pietro
Abelieli. Gli avvisi di 8 linee costano I fiorino, e ogni
linea di più soldi 0. La tassa di finanza resta a carico
del comuiittenle. Ua numero separato costa soldi IO.
Zara, 11 luglio.
Gli scrittori del Nazionale veduto che il con-
tendere con Nicolò Tommaseo, e talora anche con
la Voce Dalmatica, non fa loro molto prò, pehsa-
rono di prendersela con tale a cui, dimorando al-
quanto lontano, non avessero a cadere sott' oc-
chio le loro lucubrazioni, onde non ne dovessero
temere certi ripicchi pungenti e mordenti e scor-
ticanti, di cui sentono ancora in bocca un sapore
di forte agrume, e fecero cadere la scelta sul de-
putato Musolino: deputato, s'intende, al parla-
mento italiano. La sua mala ventura avea consi-
gliato quel deputato a pronunciare, in piena ca-
mera crediamo, l'enorme sproposito che la Dal-
mazia avesse diritto di venire rivendicata dall'I-
talia, come una delle proviucie che le mancano,
ovvero sia, ciò che torna il medesimo, che l'Itaha
avesse dovere o diritto (non contendiamo delle pa-
role) di rivendicare ecc. ecc. Quest' era difatto uno
sproposito sesquipedale come vede ognuno, ave-
gnacchè la Dalmazia sia, e abbia ad essere fino
alla consumazione de' secoli, roba dell' Austria. I
Nazionali (per farla più corta d'ora innanzi, con
una elissi un po' ardita, U chiameremo così) a que-
sta stranezza inaudita si sentirono solleticare for-
temente, non altrimenti che sogliano le papille ner-
vee delle narici veličate che siano dal noto in-
setto omonimo (da una 6- di più in fuori) del sud-
detto deputato, e diedero contro il mal capitato
in un rabuifo che Dio ne scampi i cani.
Come ognuno vede il deputato e i nazionali hanno
preso a ragionare sopra una base falsa, pigliando
a discutere i diritti sulla Dalmazia degli italiani
e degh slavi, dimenticando che il vero diritto era
del più forte, cioè del possessore di fatto, e po-
nendo fuori di questione l'Austria che sola era
in questione. Noi, posta in chiaro la vera situa-
zione delle cose, fatta giustizia del deputato Mu-
sohno, crediamo di poter entrare per vaghezza in-
nocente nel campo che ci vediamo aperto dinanzi,
crediamo di poter noi pure discutere la questione
astrattamente, porre per un momento l'Austria da
banda, portarci col pensiero in un tempo impos-
sibile in cui ella non fosse più, e giudicare da que-
sto falso punto di vista le ragioni dei due con-
tendenti. Affinchè poi niuno ci possa accusare di
parzialità pel contendente a cui finiremo col dare
ragione, non prenderemo neppure a leggere ciò
che egli disse, ma giudicheremo soltanto da quanto
ne scrissero i suoi avversari.
Secondo questi pertanto il Musolino pose per
ragione del diritto dell' Italia sopra questa ter-
ra il principio che ciascun popolo appartiene
a quella nazione della quale parla la lingua, e
con cui ha comuni origine, costumi, educazione,
intento e meta d'azione. Ora i Nazionali ammet-
tendo il principio, contrastano che per esso il po-
polo dalmato possa appartenere alla nazione ita-
liana; dicono essersi egli, come è notissimo, risve-
ghato pur ora a sentire e a volere far prevalere il
proprio carattere di slavo, (ad affermare sè slesso
dicono essi) : non soffrire la supremazia di stirpe
lingua e nazionahtà straniera di sorta alcuna, ben-
ché giustificata per ragione di prevalente civiltà.
Dicono che, se il deputato Musolino facesse una
rapida corsa in Dalmazia, ve drebbe che la nazio-
nalità del popolo è slava, nè sentirebbe parlare
itahano pressoché da nessuno; che in Dalmazia
quelli che hanno costumi lingua e coltura itahana
sono appena 20,000 e meno; quelli che parlano
ed hanno costumi slavi 400,000.
A queste cose, le medesime che furono dette
le mille volte, siamo noi pure obbligati ad opporre le
cose mille volte opposte, le quah sono le seguenti.
Che la maggioranza numerica del popolo dalmata
sia slava (se tanta come dicesi, noi non sappiamo,
nè contendiamo, nè importa molto verificare), noi
confessiamo. Siccome è tutto slavo il popolo della
campagna, il morlacco, il coltivatore dei campi ;
la maggioranza dev'essere necessariamente slava,
perchè la maggioranza di ogni popolo è sempre
costituita dal basso popolo, dagU ordini sociah in-
feriori. Le classi però civih, la parte colta della
popolazione, in minoranza qui, come è in mi-
noranza altrove dovunque , come sono sempre
in minoranza coloro che possedono il sapere e la
civiltà, coloro che attinsero un maggior grado di
perfezionamento e sviluppo delle facoltà dell' ani-
mo 0 della mente; siffatta parte della popolazione
è tutta per intero itahana. Di alcuni 1' origine
e il sangue è itahano, d' altri è slavo, dei più è
misto; ma ciò che costituisce la nazionahtà, cioè
r indole e il sentire (che vengono dalla lingua e
dalla educazione), il costume, la coltura, la sim-
patia, le somiglianze d' ogni maniera, sono in essi
schiettamente, esclusivamente, intrinsecamente, im-
mutabilmente italiane. Ora poi la stessa maggio-
ranza slava è mille miglia lontana dall' avere
e dal sentire il bisogno di predominare esclusiva-
mente, è mille miglia lontana dal sapere neppure
che cosa sia questo sentimento di nazionahtà sla-
vica che le si vuole far sentire nel cuore ; nessuno
sforzo umano potrebbe riuscire a innestarglielo nel-
1' animo, a farglielo entrare in mente. È falso che
ella si sia ridestata a questa,tome dicesi con paro-
le non so se più gonfie o barbare, coscienza na-
zionale : questo ridestamento artificialmente susci-
tato è in alcuni pochi fanatici della parte colta,
della minoranza itahana, in pochi die non hanno
il sentimento slavo, che non coposcono lo slavo, che
sono anch' essi italiani per Hngua, per coltura, per
civiltà, ma simulano e ostenta'no lo slavismo, perchè
hanno creduto vedere in esso l'opportunità e l'occa-
sione di trarne grossi guadagni d' ogni maniera. La
gran maggioranza poi della parte colta, vede chia-
ramente che non gioverebbe al paese il far pre-
valere la nazionahtà slava sopra F italiana; che
siccome il fine ultimo d'ogni umano adoperarsi è
il perfezionamento morale e materiale dell'indivi-
duo, a questo conduce assai meglio il coltivare e
fomentare la nazionahtà itahana , l'appartenere
alla itahana nazione, che non alla slava; perchè
r una è già progredita e già nel colmo dello suo
sviluppo, e r altra nei primordi : 1' una costi-
tuita e grande da secoli, l'altra da mettere insieme:
r una potente per forza morale ed educatrice ,
r altra per forza materiale e per nativa ferocia.
Ciò vede evidentemente e vuole pensatamente e
coscienziosamente la parte colta; ciò istintivamente
e spontaneamente la grande maggioranza slava i-
gnorante. Quest' ultima lungi dall' odiare il po-
polo dalmato italiano e italianamente educato,
dall' abborrirne la hngua, ella riconosce da lui tutto
il bene che possiede, e quello che può sperare,
da lui solo il suo avanzamento morale, e il mi-
glioramento delle sue sorti: la lingua ne ama e
desidera apprenderla, e quando alcuno di loro ha
l'occasione di farlo, mostra somma attitudine e som-
ma facilità a farlo. Quando scuole esclusivamente
slave si istituirono in alcuni dei villaggi, genitori
slavi rifiutarono di mandarvi i loro figli, dicendo
che lo slavo lo conoscono già, mentre quello che
a loro figli fa di bisogno è l'italiano per giovar-
sene nel consorzio coi cittadini, per valersene quale
unico mezzo d'insegnamento. Cogli slavi conter-
mini invece lo slavo dalmato vede di non avere
relazione di sorta, comprende nulla poter atten-
dere, nulla sperare da essi; li sente di sè, che pur
si conosce misero e abbietto, più miseri e più ab-
bietti ancora, e non ha punto desiderio di divi-
dere le loro sorti.
Tali sono le condizioni della Dalmazia, tali i
sentimenti del popolo d'ogni ordine, d' ogni na-
zionalità, d' ogni lingua. Tali sono e saranno sem-
pre in ogni altra parte del mondo dove le istes-
se circostanze si avverino. In popolo misto prevar-
rà sempre la maggioranza morale, avrà predo-
minio la schiatta colta sulla ignorante, la civile
sulla barbara. La maggioranza numerica avrà solo
necessariamente la preminenza^, dove le schiatte e
le hngue abbiano la stessa o poco diversa col-
tura e civiltà, ma dove sono notabilmente dispari,
dove neir una è tutto e nulla nell' altra, dovrà la
colta prevalere sull' altra, finché almeno per cir-
costanze estrinseche non giungano a pareggiarsi.
Conseguenza pertanto di tutto ciò è, che in nes-
suno dei dalmati, sia che appartengano alla classe
colta, sia che appartengano alla rustica, non è
ripugnanza per la stirpe italiana; non è, non solo
disdegno di appartenere a quella nazione, ma desi-
derio intimo e invincibile di appartenere ad essa
piuttosto che alla slava.
Contendono poi i Nazionali che l'Itaha, vogha
nè possa nè debba mai aspirare a possedere la Dal-
mazia. Abbiamo già detto che Io crediamo anche
noi, abbiamo detto che la Dalmazia è dell'Au-
stria e che noi parliamo sempre di una ipotesi non
avverabile. Certo ora Itaha ha troppo da pensare
a ricostituirsi nell' interno, a compiere la sua unità
necessaria, non può avere pretese e progetti esa-
gerati. Ma parlando in principio e nel caso che soli
slavi e italiani si stessero contro, diciamo che l'Italia
avrebbe mille ragioni per desiderare e volere, e nes-
suna per disdegnar la Dalmazia. L'Itaha da quan-
do è memoria nelle storie la tenne, da brevi epo-
che in fuori, come membro del proprio corpo e
non come suddita tiranneggiata. L'Itaha sa di
aver dato a Dalmazia quella civiltà e coltura che
possiede, quah nessuna altra stirpe, nessuna al-
tra nazione avrebbe potuto darle, e che pertanto
r unione con esso lei non potrebbe essere nè te-
temuta, nè abborrita. L'Italia sa che il dominio
dell' Adriatico è una condizione sine qua non della
sua potenza, e che non ha il dominio dell' Adria-
tico chi non ne possiede le coste ; sa che alla
sua sicurezza è necessario che l'Adriatico sia sgom-
bro da ogni altra potenza; che una flotta stra-
niera in questo mare sarebbe una continua mi-
naccia per le sue coste orientali, la costringereb-
be a tenere a sua volta con ingente dispendio
un'altra flotta, che pur sarebbe sempre in peri-
colo di essere sequestrata nel golfo di Venezia e
di venir tagliata fuori dal resto delle sue forze
navali; sa che il possesso delle coste dalmatiche è
chiaramente indicato come cosa di suo diritto,
ma non così quello delle isole greche affatto discoste
e ad altri destini sortite; sa che le potenze stra-
niere non potrebbero avere invidia dei possedi-
menti dalmatici a cui esse non anelano, i quali
&
ebbe lìome ed esistenza di corpo politica; l'aversi
proclamati liberi da ógni dipendenza dal gover-
no ungarico e còstitiiitisi in nazione signora di sè ;
appena consentendo all' Unglieria la speranza che
alcun vincolo di società o d' alleanza vogliano ran-
nodare con essa.
Or cM non vede die siffatti passi non che essere
tentativi di conciliazione, non che menare agli accordi;
tolgono ogni possibilità di componimento, fanno di-
leguare ogni speranza di regolare i necessari rap-
porti fra i due popoli senza 1' uso della violenza,
senza la lotta più aperta e pericolosa, senza un
inevitabile seguito di disordini e di sciagure.
Che siiiatto conchiaso della dieta abbia ottenuto la
sanzione sovrana non contrastiamo, ma che questa
r abbia innalzato a legge dello stato, non sappiamo
come possano crederlo gli scrittori dei Nazionale,
né come suppongano di darlo a credere ad altri.
Dove trattasi di regolare le i-elazioni tra due
parti e di comporre le differenze tra loro insorte,
lasciandole in hberlà di discutere e deliberare da
sè; come sanzionare, quale deliberazione definitiva,
Ja volontà di una soia parte imponendola all'altra
senza pure consaitarla del suo parere? La san-
zione sovrana pertanto riguarda bene 1' approva-
zione del concluso della dieta croata, dove per-
altro voglia aderirvi V Ungheria. I male accorti
scrittori, se loro intendimento fu al solito di il-
ludere gl'ignari e vendere lucciole per lanterne
al volgo , troppo furono mal consigliati a ripor-
tare le sovrane parole, dove è chiaramente detto
che il deliberato delia dieta croata sarebbe por-
lato alla Ungheria come proposta governativa per-
chè vi sia sottoposto a discussione ; e gh scrittori
del ISazionale sanno che non tutte le proposte go-
vernative sono dalla dieta assentite , nò presen-
tate a discussione con risoluta volontà che ab-
biano ad essere approvate. Come credere poi che
la dieta ungarica approvi la proposta croata, che
ella si lasci spodestare d'ogni diritto, togliere parte
così integrante del suo territorio, che essa si con-
tenti di non so quale legame di società e di al-
leanza? L'Ungheria che vive om?. -st. tpmno
in uno stato di violenza e di passiva opposizione
col supremo potere dello stato, per di non assen-
tire a perdere il minimo dei diritii a lei attribuiti
dalle antiche costituzioni, dai patti scritti che ella
non ha mai consentito a lacerare, e che, se si può
credere che gii avvenimenti del 1848, e la rir
conquista per la forza delle armi abbia ad essa
rapiti, la patente sovrana dell' ottobre I9 ha pie-
:namente restituiti?
Concludiamo pertanto. E evidente che la discor-
dia tra gli ungheresi e i croati sussiste tuttavia;
che le relazioni politiche tra l'uno e 1' altro popolo
sono incerte e difficih a regolarsi. La Dalmazia per-
ciò, unendosi improvidamente a Croazia, andrebbe
incontro a sciagure che non sono le sue e che ben
le hnporta evitare. Le cose dette cpiindi nel Nazio-
nale a dimostrare l'assunto contrario, non hanno
fatto altro che provare la debolezza della causa tu-
telata, la malafede adopeimta in difenderla e la po-
ca abilità a farlo con probabilità di buona riuscita.
Un C. ad un 1,
Lettera terza
Fratello carissimo!-
Abbiamo veduto che gli abitatori primitivi della
Dalmazia non furono Slavi, e che quest'elemento
soltanto colle invasioni del settimo secolo vi s'in-
trodusse; ma quah furono anche di questo fatto
le conseguenze? Io non dirò, come già disse un
erudito riputatissimo, che gì' invasori del secolo
settimo fossero nomi e non cose; ammetto anzi che
fossero quella grande massa di popolo nuovo, co-
munemente oggidì ritenuta;, ma non per ciò credo
che fosser eghno tali divoratori di uomini, d'an-
nientare sulla terra dove comparvero tutti gh a-
bitanti che vi trovarono. Non è possibile quindi
che tutti gì' Illirico-romani d' allora venissero da
quella piena desolatrice siffattamente assorbiti, da
non rimanerne anima viva, come asseverano ta-
luni oggidì, per accreditare la pretesa che la Dal-
mazia fosse allora tutta rimpastata di puro san-
gue croato. Che se ciò non è da credere per tutto
il resto della provincia, non lo è poi assolutamente
per quelle città marittime, che sappiamo di certo
restate immuni dall' invasione, e che anzi, oltre la
popolazione loro, gran parte accolsero di quella
sfuggita dagli "altri luoghi alle orde innondatrici.
Le quali città conservat^i al greco impero, de-
bole rappresentanza dell'lantico romano, continua-
rono a portare il nome di cUlà romane, ed i loro
abitanti quello di romani; nome, che ritenevano
ancora, secondo Porfirogenito, tre secoh dopo alle
dette invasioni, cioè nel decimo, in cui egli scri-
veva (Eorum liabitalores in odiermwi usque diem
Romani appellantiir; c. XXIX). Una di queste città
marittime, ed anzi la principale, fu Zara; che quindi
la sua popolazione d' allora non fosse punto slava,
è ben facile di comprendere. Nè tale neppure in
seguito essa divenne. Giovanni Lucio, parlando di
certa legge degh statuti di Zara circa gli Slavi
del suo territorio, avverte che "siccome h Zara-
"tini avevano nel loro contado delli rustici ch'e-
rrano Sciavi, così ne dovevano aver anco di quelli
"che non erano Sciavi, maDalmatini, come li me-
" desimi Zaratini„ {Memorie di Traiì, fac. 523);
e Giovanni Capor osserva che d' un centinaio
di Zaratini, mandati circa il 1240 a Venezia
l;)er riconciliarsi con quella repubblica, la mas-
sima parte è di nomi e cognomi illirici, come
IJssizza , Pelrich , Domilorich , Slarlich , Tubaricli,
mentre all' incontro di nomi creatici, che d' ordi-
nario finivano in slav, vlad, mir, goi, nemmeno un
solo si può scorgere in detti cento ; segno certo,
conchiude egli, che l'influenza croatica mai ha
potuto trionfare fDella lingua illirica fac. 155). Da
quest' osservazione due conseguenze notabili ven-
gono a rampollare : la prima, che fino a mezzo
il secolo decimoterzo la città di Zara nè si po-
tesse dlir slava, nè tale fosse riputata dagh eruditi;
la seconda, molto importante anche pei tempi no-
stri, che non tutti certi cognomi ritenere si pos-
sano di pretta slava derivazione, ma piuttosto di
ben più antica derivazione illirica. Ciò premesso,
rimettiamoci in via, ed all' argomento nostro prin-cipale riconduciamoci.
Tu dicesti, mio buon I, che i nostri due magni-
fici monumenti agrafi, il maestoso tempio della
Trinità detto di san Donato, e la grandiosa torre
del Bovo, dei quali non si sa precisamente quando
fossero costruiti, ma che non sono certo nè dei
Romani nè dei Veneziani, agli Slavi appartengano
e d' onorate memorie alia razza loro favellino. Per
ciò che riguarda il tempio della Trinità, le tradi-
zioni e le cronache lo dicono eretto dal santo no-
stro vescovo Donato, di cui prese indi il nome,
colla rovina d'antico romano edifizio ; e gì' intel-
ligenti ciò confermano in quanto all' epoca, come
pure taluni degli avanzi in esso impiegati la de-
rivazione comprovano de' suoi materiali. Certo è
che fu anteriore al decimo secolo, mentre diver-
samente non avrebbe potuto fare d' esso parola,
come la fece, il Porfirogenito (c. XXIX). Ora, quale
fosse a quel tempo la popolazione di Zara, 1' ha
detto lo stesso Porfirogenito fhabilalores Romani
appellanturj, e gli Slavi c' entrano fra noi come
Pilato nel Credo. Mai anzi questo paragone potò
dirsi meglio attaghato, poiché siccome quel giudice
iniquo non figura nel simbolo che quale autore di
patimenti per l'Uomo-Dio ; così gh Slavi non rap-
presentano per Zara in quel tempo che la trista
parte d'infestatori del territorio suo e del suo po-
polo ; motivo per cui, trascurata vedendosi dai Ce-
sari d'oriente, volgevasi per protezione, col mezzo
appunto del suddetto suo vescovo Donato e del
suo duca Paolo, a Carlomagno in Aquisgrana, e
trovavasi da ultimo costretta d'invocare 1' aiuto
dei Veneziani. Ecco succintissimamente le memorie
che degli Slavi abbiamo in queir epoca ; si giudi-
chi quindi se il tempio nostro di san Donato possa
dirsi opera loro.
Passiamo alla torre. Anch' essa tu dici, mio buon
I, non romana, nè veneta, ma slava. Eppure (giac-
ché ti degni leggere anche i lunarii), come legge-
sti per lanli anni il Raninientalore zaralino, se tu
letto avessi anche L'astronomo della torre di Bovo
d'Antona pel 1853, vi avresti trovato che delle
torri nostre pariavano iscrizioni romane e venete,
e che il primitivo sito dove tah iscrizioni esiste-
vano pare indubitato fosse quello appunto dov'e-
siste oggi la torre suddetta ; la quale può benis-
simo avere subito col tempo trasformazioni non
poche, ma in origine dev'esser» stata una delle
romane che Zara cingevano, ed a cui poscia anche
i Veneziani praticarono rinforzamenti e racconci.
E quand'anco ritenere la si volesse opera muni-
cipale, non per ciò, riguardata la origine della città
nostra ed i suoi abitanti d'allora, la si potrebbe
dire slava; sono anzi certo, che se quelF immagine
della città stessa, da te ravvisata nello stemma
postole sopra, potesse aver la favella che tu le dai,
e tant' orgogliosa fosse d'appropriarsi l'lo son ehi
sono di Jehovah, da te con islancio veramente poe-
tico attribuitole, lo pronunzierebbe in latino od in
italiano, ma non già in slavo.
Lo stesso dicasi del tempio di san Grisogono
(anteriore al secolo decimo in cui fu riedificato);
10 stesso del maggiore di sant' Anastasia (voto
dei crociati veneti e francesi, a quanto narran le
cronache, dopo la presa di Zara nel 1202); lo
stesso d' alcuni avanzi delle antiche mura della
città ; lo stesso di quante altre vuoi opere di quel
tempo. — A che riduconsi dunque i monumenti
slavi di Zara? Uno solo io ne vedo, e questo è
un' iscrizione in islavi caratteri esistente nel pub-
blico giardino ; ma fatalmente anch' essa non è di
Zara, sendovi stata recata pochi anni fa da Pod-
graje ; ed inoltre non è d' antichità remota, nè
d'importanza, perchè datata del 1400, ed appar-
tenente ad un povero servo, come appunto quelle
altre molte in cui tu, mio buon I, non vedesti
che servi romani.
Nè soltanto le opere d'arte, ma quello spirito
stesso d'indipendenza, di che tu meni cotant' or-
goglio, può dirsi egli slavo ? — Della seconda e-
poca di tale nostra indipendenza, 1' aristocratica,
11 Krcghanovich così scrive: "Questo coraggio su-
periore agli eventi e l'attaccamento de' nos ri, non-
ché dei Dalmati marittimi, alla libertà ed alle for-
me d' un governo patriziale indipendente, io non
snprpi ripeterli ispirati che dai fuorusciti italiani,
i quali fuggendo dalle proscrizioni, guerre e partiti
de'Guelfi e de'Ghibellini, de'Bianchi e de'Neri, e
dalle inimicizie del popolo e degh ottimati che squar-
ciavano da un secolo è piìi le città repubblicane
d'Italia, portarono anche in Dalmazia 1' animo
baldo e guerriero, la sofferenza muta nei disagi-
penosi, e ne' gravi pericoli la piìi ferma impertur-
babilità. La Dalmazia offerse sempre ricovero ai
migrati. I nomi de' nostri grandi e patrizi all' e-
poca di cui pariiamo, i Fioravanti, i Gallelli, gli
Asgoranti, h Zaiidolini ed altri, sono tutti nomi
già conosciuti nelle storie d'Italia, che qui man-
darono le rivoluzioni di Lucca, di Pisa e di Fi-
renze „ {Meni. V. II, fac. 142).
Non volere però da questo, mio buon I, cre-
dermi tanto fanatico per la stirpe itahana, d' at-
tribuire ad essa tutto che di bello e di bene si
fece un tempo tra noi ; gli altri pure v' ebbero
la loro parte, come il Kreglianovich stesso nel
suddetto caso già nota, e, fra gh altri, la par-
te loro pur ebbero gli Slavi fra noi dimoranti.
E che pel fatto ve ne dimorassero, non fa duopo
salire alle invasioni del secolo settimo affine di
comprovarlo. Come per la via del mare, così per
quella del monte, la Dalmazia fu sempre a tutti
dischiusa, e come d'altre nazioni, così della slava
eziandio è cosa certa che, in epoche varie, molti
siano calati a domicilio fra noi, per elezione pro-
pria od a causa di sciagure patite dai reami finitimi;
ned è meno certo che slave famighe in Zara stan-
ziate, rendendosi con l'onorato lóro diportamento ben
accette al paese, abbiano meritato di venir ascritte
alla sua cittadinanza ed alla nobiltà sua, e di par-
tecipare a tutti gh uffizii del civile, militare ed
ecclesiastico reggimento. Una di queste, eh' io sap-
pia, è la famiglia Fanfogna, che, giusta qualche
memoria dell' archivio suo, venuta precisamente
dalla Croazia nel principio del secolo dodicesimo,
fu decorata dalla città nostra del suo patriziato,
e dal governo veneto del titolo di Conti; famigha
che, come in ogni tempo, così anche oggidì pro-
segue a benemeritare di questa sua nuova patria,
senza però nè rinegare il nome, nè tradir gl'in-
codesto giudicar dei vostri colleglli^ o reverendo,
non è del nostro gusto; potrà passare in quei
luoghi dove piacciono., le vie di fatto ; sotto la
vostra influenza, passare a Podgora je a/Yer-
gojaž; potrà'passare còn quei pochi di vostra
èonosceriza che battono le mani a dori Sperato ;
ma non potrà passare tra quei Dalmati civili, pei
quali r amore, la carità patria, il senno, la gen-
tilezza dei costumi, non sono parole vuote di senso.
Bitorno al vòstf(3 ,,articolo. Ydi fate \m. casus belli
perchè la Giunta nel predisporre la compilazione
di un vocabolario, accennò alla lingua slavo-dal-
mata, anziché alla lingua slava. Quella parola, a
vostro dire, segna una apostasia, uno scisma : essa
è un sacrilego attentato alla divisione della pa-
tria, ed una protesta, una reazione, contro la ten-
denza dell' affratellamento dei popoli slavi. Al leg-
gere il programma della Giunta voi dite, che più
volte per via vi Iremavmio le mani, ed ò proprio
ventura per noi che, nello slancio di quel legit-
timo vostro furore, voi non abbiate suonato -a
stormo dal^ campanile di Podgora, per venire alla
testa dei vostri elettori ed armato di kalpak a
Zara, onde via facti detronizzare quella Giunta
briccona. Smettete, reverendo, le ire, smettete le
inutih trepidazioni ; la parola slavQ^dalmata non
ritarderà di un sol giorno la creazione del, ma-
gno impero; essa non.sarà di ostacolo all'inco-
ronazione che da taluno, non dico da voi, vuoisi
sognata in re slavo del principino del Montenero.
Smettete le ire, o reverendo; e se voi, Croato di
qua del Yelebit, agognate 1' affratellamento degli
Slavi, fa duopo pensiate prima con affetto fraterno
ai vostri colleghi della Giunta ; fa duopo pensiate
che il magnanimo vostro furore é i vostri fremiti
politico-letterari segnano fratricidio ; che le intem-
peranze vostre e quelle dei Nazionale, quand'an-
che applaudite al di là del Velebit, fomentano tra
noi una discordia, che arresta ogni progresso, che
indebolisce l'edifizio della patria, che rassoda i
nostri mali
Slavo-dalmata l 0 bestemmia sacrilega, o pa-
rola fratricida, o crimine di lesa nazionalità l —
Baggianate, signor mio, baggianate. Yi pare che
un'espressione valga la pena di tanto gridio? e
se i vecchiardi di Castel vecchio, così facih alle
lagrime in affari di lingua, la lasciarono passare
inosservata, vi par esso che spettava A A^OÌ una così
severa condanna di quella parola; a voi d' altron-
de, così pio, così magnanimo nella famosa asso-
luzione del Nazionale ? 'Nè il peccato per un con-
fessore di buona fede poteva apparire sì grave,
per ciò chè la Giunta nell'usare quell'espressione
obbediva a quanto in proposito aveva deliberato
la Dieta, di cui, pur troppo, voi stesso fate parte.
Che se i Croati, collo spirito soperchiatore che
è in essi, battezzano come lingua croata quell'i-
brido gergo che è cotanto indigesto al nostro po-
polo ; se qualche camaleonte, per prendere due
colombe ad una fava, chiama la lingua nostra
serbo-croata ; perchè noi Dalmati,' che siamo i
Toscani della Slavia, noi pronipoti dei Gondola,
dei Kacich, dei Paulovich-Lucich, dei Miossich,
ecc., non potremo ricordare col nome nostro la
lingua nazionale, che è tanto distante dalla croata,
quanto voi, o reverendo, lo siete dalla Giunta ?
E se la lingua di Dante si chiama sovente la
lingua losca, perchè ricordare la lingua nostra non
potremo noi, distinguendola dalla parola troppo
generica di slava, la quale comprende il gergo dei
Croati, dei Sloveni, ecc., e la lingua comprende
dei Russi, dei l^olacchi ecc. ? — Ma non è quella
parola o revei'endo, che inspira le vostre decla-
mazioni, Io vi comprendo, o carino, bisogna far
chiasso, bisogna foggiarsi alla martire, onde quei
messeri di oltre monte, a cui cale la bisogna, non
si addormentino, onde mandino soccorsi, onde re-
galino quelle cariche che, con buona pace dei liu-
niani, ne ebbero già distribuite. E forse perciò,
che dovendosi compilare un vocabolario delle due
lingue italiana e slava, imprecate contro la Giunta
e le regalate caritatevoh sarcasmi, perchè essa cita
In esempio ai compilatori qualche nome italiano.
Possibile che vi dia tanta molestia l'Italia, questa
patria dei genio, questa terra privilegiata. che fu
rnaestra di civiltà al mondo, e dalla quale anche
i gloriosissimi Slavi ponno e debbono ancora molto
apprendere per sedere degnamente al convito dei
popoli inciviliti !
Sareste voi di quel bel numero di preti o frati,
che come hanno bandito con cieco fanatismo dalla
chiesa là lingua latina, vorrebbero ora sfrattata
dal foro, dal teatro, dalla società, la lingua ita-
liana, e con essa banditi coloro che la parlano,
onde forse usufruttuare i lor beni in omaggio a
quel comunismo di cui si vuole avere avuto sen-
tore in qualche predica ? Sareste di coloro che
vorrebbero bandita dai lidi dalmatici l'itala civil-
tà, per inocularci quella che a colpi di pistola
si insegna a Bucarest e nel Montenero, e a Pie-
troburgo cogli incendi, o quella che si insegna a
Zagabria colle vie di fatto e colle contumelie
pozoriane, ed a Fiume con una feroce ed insen-
sata, intolleranza delle legittime aspirazioni di quei
cittadini ? JSTo' domine. La Dalmazia non è caduta
sì. basso, da lasciarsi rimorchiare da quattro
preti ve quattro frati, quand'anche fossero degni
collaboratori del Pozor.
, Lasciate a noi, voi soggiungete o reverendo,
la cura delle cose nostre; in fatto di letteratura
non vogliamo giudici che non sieno scelti da noi;
lasciateci fare, e pubbHcheremo dizionari, libri di
lettura ecc. Alla larga, compare, voi le spacciate
grosse, e il brevetto di bombardiere vi si attagha
meglio che quello di deputato. A sentirvi, par-
rebbe che la letteratura slava abbia raggiunto il
secolo d' oro ; parrebbe che tra voi vi sia un e-
sercito di letterati, e che questi possano regalarci
un diluvio di vocabolari, di libri di lettura ecc.
Che tra i vostri vi sia un esercito di gonzi, credo,
ma che i letterati vi crescano come i funghi, nego,
recisamente nego. Quanti son essi? pochissimi, e
le loro opere, se togli qualche traduzione o qual-
che libello, dove sono ? Credete voi, del resto, che
sia cosa facile creare un vocabolario ? Credete che
basti aver scribacchiato due o tre articoli nel Poznr
per accingersi all' opra? Credete che questa im-
presa, difficile in ogni tempo, non sia più difficile
ora, che da molti, cui stimola l'immortalità a buon
mercato, si prendono a pigione e si adottano frasi
barbarissime, di cui è ingemmato il gergo dei
Croati, non escluso quello del canonico Racki.
Nessuno dei lettori patrioti, voi conchiudete,
risponderà all'appello della Giunta, non solo per
3000 fiorini, ma neppure per 30,000. Anche que-
sta è grossa, e se prima vi diedi il brevetto da
bombardiere, ora vi promuovo a caporale. 30,000
fiorini ! Aiiri sacra fames! E se uno dei vostri po-
chi e migliori letterati girò di bordo, tempo ad-
dietro, per viste d'interesse ; se molti dei vostri
vendono la messa e ne calcolano i jDrezzi secondo
le oscillazioni di borsa ; se molti per quelle certe
promozioni che si promettono da Zagabria sono
i portabandiera dell' annessione ; ritenete pure che
il dizionario sarà fatto, sol che se ne abbia il ta-
lento, per un importo assai minore. Che se qual-
che letterato slavo vuol nobilmente protestare con-
tro la Giunta, ebbene, dia fuori il vocabolario, e
rinunzi ai poveri i 3000 fiorini promessi. E qui,
imparziale come sono e fedele all' tmicuique suum,
io voglio far plauso a una vostra idea, e dare
una tiratina di orecchi all' inclita Giunta. Sì, io
convengo con voi, nella proposizione che alla Ma-
liga Dalmatinska si diano sovvenzioni in danaro,
anzi vado più oltre, e propongo che 1' ammini-
strazione del fondo provinciale sia alla stessa de-
voluto. I denari, qui sta il busilis, bisogna darli
in amministrazione ai patriotti, ai letterati, ai mar-
tiri, ai preti, ai frati specialmente. Commediole,
anniversari, pranzi, club, viaggi, emissari, son fac-
cende che costano e domandano danari, e con
questi si fanno mirabilia. — Spero che l'inclita
Giunta vorrà prendere atto di questo vostro e mio
desiderio, nè vorrà poi respingere un lieve rim-
provero. Essa propone premii per un vocabolario,
premii per libri di lettura, premii ai maestri, ed
io le fo plauso, ma omise, e fu imperdonabile er-
rore, di non predisporre la traduzione nell' idioma
slavo, ed anco se si vuole nel gergo croato, di
un buon galateo, a comodo di molti annessionisti,
ed in omaggio a voi, o reverendo, a cui lo desi-
dero dedicato,
Nel vostro furore patriottico, voi ricordate con
ironia, ed io mi vergogno per voi, le epistole di
Tommaseo, voi che vi appoggiate sulla gobba di
un oscuro Capovilla, pizzicate di volo i Podestà!
Senonchè, con maggiore energia afferrate 1' argo-
mento delle scuole, e una botta-poco caritatevole
al sohto ne menate alla Giunta. Lasciamo le teo-
rie, 0 reverendo, entriamo nel campo della pra-
tica ; vi persuada, che le scuole non si possono
creare senza aver prima dei maestri,, quasi direi
senza averne prima, come forse non ne abbiamo,
i libri ( '). Dove sono questi maestri ? come cre-
arli dalla sera'alla mattina? E se malgrado più
seminari, malgrado stipendi, malgrado pingui e-
molumenti, malgrado in varie parrocchie la pro-
spettiva di una vita da parassiti, pure grave scar-
sezza si risente dei parrochi, ed una grande mag-
gioranza specialmente nel montano sarebbe degna
di altro posto, voi potrete facilmente dedurre non
potersi così su due piedi creare maestri e scuole.
Onde supphre però al difetto della Giunta po-
trebbero e forse dovrebbero i parrochi (esclusi
quelh che non sanno leggere) raccogliere intorno
a se qualche fanciullo, e spezzare con esso il pane
dell' istruzione, riparando così alla proverbiale loro
inerzia, alla ormai storica loro apatìa sull' abbru-
timento e sull' ignoranza dei loro parrocchiani. Ed
ora permettetemi, reverendo, un consiglio ; smet-
tansi le ire ; si cessi dal piatire per una parola,
per un sofisma, sovente per un' opposizione per-
sonale. Suoni finalmente, ed è tempo, una parola
di conciliazione, e 1' onore di questa nobile inizia-
tiva parta dal clero, da quelh, che dovrebbero
essere i ministri di carità e di pace. Tra noi
abbiamo colpe e mali comuni ; interessi comuni ;
nemici comuni a combattere : rispettiamo noi stessi
nei nostri frateUi, e lasciate le questioni da campani-
le, occupiamoci di seri bisogni. Non trovereste p. e. di
semplificare gli affari burocratici; di chiudere qualclie
inutile e ricc\ monastero per sostituirvi un convento
di Fate-bene-fì\atelli, un manicomio, una casa di la-
voro, un istituto di educazione femminile ; non tro-
vereste necessario il dare un fisso emolumento ai
parrochi, il suddividere alcune parrocchie troppo
vaste, il diffondere tra il popolo un catechismo
agrario, l'introdurre qualche utile riforma nelle
scuole e nei hbri che vi si usano, il migliorare le
condizioni agrarie e quelle della pastoriza, il for-
mare boschi sacri, il costringere certi frati d'or-
dine mendicante a vivere da povere e non da
ricchi possidenti, 1' animare il commercio con la
Turchia ecc. ecc. Lasciamo, reverendo, le de-
clamazioni ; lassiamo il borioso parlari di popolo,
di patria, di libertà, di reazione ; son luoghi co-
muni codesti che possono illudere tutto al più qual-
che gonzo 0 qualche scolaro inesperto, e che pro-
vocano d'altronde nuovi germi di discordia, la
quale ogni giorno mette più salde radici tra noi
per condurci, Dio non voglia, a queir abbisso, che
gli onesti d' ogni partito debbono scongiurare. Che
il clero, vel raccomando nuovamente, pronunzi la
parola di pace, e troverà eco e plauso generale.
E qui prendo congedo da voi, chiedendovi 1' ele-
mosina del vostro perdono. Yivete fehce, cioè scu-
sate, zivio.
Spalato, 26 giugno.
Sulla vaccinazione e rivaccinazione.
fContinuazione, vedi il n. Ì7J.
Dai bambini salendo agli adulti, abbiamo la tu-
bercolosi la tisi l'emotisi la tabe addominale e
spinale, che sebbene sieno di frequente triste re-
taggio dei genitori malsani e frutti infelici della
scrofola e della rachitide, possono tuttavia anche
da altre cause dipendere, come dall' uso intempe-
(I') I libri delle scuole popolari sono infarciti di nomi e di frasi
che mettono la febbre ad un letterato slavo, e che pongono nel
più serio imbarazzo 1 poveri fanciulli. Acceneremo ploca per ta-
bella, tinta per inchiostro, plaioas per matita ecc. ecc. Le prime
operazioni vengono chiamate addiciia, subtrac^ia, multipUca^ia,
divista.
osiamo riprometercelo dai frati del Redentore, chu
hanno ormai aquistata una qualche celebrità sotto la pressione
ed inspirazione del celeberrimo libellista padre Mattas, direttore
del ginnasio nel conventó di Sign, nelle cui celle, a quanto si
va bucinando, sono esposti alla venerazione dei chierici studiosi,
i ritratti del bea'o Luca Vukalovich. Se il fatto è vero, e proprio
degno dei tempi. Tj/npyra »nda/ilur, et fnlns in illis ! !
astengo . parlare dj quello (|i Ragusa ; ma se esaniinate
bene i firniati$i, non ravviserete che aristocratici puro
sangue, od individui della classe affatto opposta : fra eo-
storo attrae l'attenzione del lettore certo Nikola Suplje-
glav, ii cui cognome sarebbe il yero epigrarnma del par-
tito annessionista.
Quante di belle si potrebbero dire degli indirizzi e più
degli indirizzanti, ma me ne privo del piacere, dovendo
coneludere nella polemica in cui fui tratto dal corrispon-
dente del Nazionale.
Quel signore mi getta un guanto di sfida, e fingendo
di non conoscermi, mi eccita a palesare il mio nome. Il
voler non conoscermi parmi malafede e nienl' altro, ten-
dente a far credere, die qui ii partito autonomo fu scal-
cato dall'annessionista. X.
Ragusa 18 luglÌQ.
Sabato è seguila la riunione delle due armale turche
in Orealuka fra Ostrogh e Spuz, componenti un corpo di
4U mila uomini incirca. Fer questo avvenimento gli uHì-
ciali ottomani, qui di stazione, illuminarono le case di loro
abilaziooe e fecero altre manifestazioni di giubilo. Picesi
che lunedì nel consolato francese a Scolari sia stata ab-
bassata la bandiera; locchjè vuoisi attribuire ad una rug-
gine personale fra Omer e quel rappresentante, nata a
cagione di un prete cristiano compromesso, lasciato d<<^li
arrusìi. Altri poi suppongono esserne slata cagione una
protesta , sortita senza etfetlo , per i progressi troppo a-
vanzati delle truppe turche,
Per altro, il parlilo avversario riliene che, essendo stato
in questa marcia lasciato a parte il punto di Oštrog mi-
litarmente importante, la congiiniziorìe de' due corpi non
sia di grande rilievo; giacché Ostrog, dominando tutta
la linea strategica da Sliva, confine di Herzegovin.i, fino
a Spuz, confine dell' Albania - linea che taglia nella parte
sua vitale il territorio montenerino cioè le Berda del vec-
chio AJontenero - chi n' è in possesso occupa per se la
posizione la più importante. Ora, Derviše riunitosi con
l'armata non ha raggiunto lo scopo, ma ha semplicemente
mutato di posizione. Si pretende anzi, che egli yenga per
questo modo tagliato dall'Herzegovina, la quale, sguernita
di truppe, trovasi in balia degli insorti. Quanto poi alla
battaglia che dicesi essere stata data a Dervisc il giorno
40, in forza della quale sia stato respinto fino al corpo
di Abili, nulla si sa di ce lo. Che vi siano state delle sca-
ramucce per aprirsi le strada, è indubitato, ma uua bat-
taglia non pare.
Ieri r altro, approdò in questo porlo U piroscafo otto-
mano Lutjie , proveniente da Ragusavecchia con a bordo
de' feriti, imbarcati per Costantinopoli. Fra questi vi erano
dieci soldati di Nizam mutilati, superstiti de' sessanta fatti
prigionieri dai montenerini nell' ultima battaglia di Duga.
A tutti indistintamente furono recisi le labbra, il naso, le
orecchie ed altre parti del corpo - da non dirsi qui - ta-
gliato il braccio destro o frantumato col rovescio del Ja-
tagan ; e COSÌ crudeliijente condizionati veniano traspor-
tati a Bilecia e nelle foltezze di iViksich. Il piroscafo e-
rasi qui recato puramente per imbarcare il console ge-
nerale inglese di Jassy, sig C. H Chiurcich, spedito in
missione speciale quale commissario presso S. A. Omer
pascià. Al suo arrivo a bordo fu tosto inalberata la ban-
diera inglese, ed insiememente a questo console ottomano
sig. Antonio Persich si fecero sortire sul ponte i mutilati;
e, dopo la y sita, ambidue i delti funzionari distribuirono
loro alcune monete d' oro. Piij il sig. console ottomano
procurò ad essi 1' assistenza medica e li provide di ne-
cessari viveri freschi fino a Costantinopoli.
11 piroscafo lasciò il porlo la sera dirigendosi per Antivari.
Da Cattavo in giugno.
Gianamai avrei ripresa la penna, se di ciò che m'ac-
cingo a scrivere non fossi convinto, e se quanto dico non
fosse una verità; ed infatti, quanto di tratto in tratto fra
noi non solo, ma in Dalmazia tutta avviene, se pure non
istà nell' incredibile per j tempi che corrono, ya però ad
un punto che in faccia alla .vecchia Europa ne riesce (li
danno e disdoro. Dacché questa benedilla questione fra
annessionisti e autonomisti pose radice fra noi; non sa-
prei precisamente delerininare lo stato di Dalmazia nostra,
rolta fra due partiti che accanitanoente si combattono,
diretta da fanatici oppositori, che pošta da banda ogni
moderazione, sprezzando la santità delle opinioni, fanno
d'essa, non una guerra d'intelligenza, ma una lite da
trivio, e nello stesso momento che operano di tal modo,
non temono la taccia d'inconseguenti, predicando - che in
tempi libeì'i e a Uberi cittadini non è disdetto discutere le
ragioni politiche, e difendere i proprii diritti nazionali in
faccia a chi si sia. Parrebbe da ciò che le ragioni poli-
tiche si possano discutere coli'insulto - quasi insultare va-
lesse discutere; e che difendere i diritti nazionali yalga
quanto scagliare suir avversario tutto l'impeto d' un' ira
cieca, quando questi azzarda contrariare un' opinione che
alia sua non conviene. Ed essi infatti operano cosi, e
con croatica naturalezza scagliano suH' avversario la bile
delie loro parola non come persuasiva, ma come villania.
Dopocchè il rediittore del Na::,iqnale crtMjelle ben fatto
adoperare la penna , per vilipeijdere 1' Uomo, al cui solo
nome, ei nulla in suo confronto, doveva tremare e tacere;
,c il cui fallo però non è mio assunto esaminare, e tanto
meno giudicarlo, perchè fuori di mio proposito, e dei
miei principii di civiltà; una massa di arlicoli e indirizzi
si stamparono, quali a riprendere cotanta bassezza, altri a
lodarlo, quasicchè fossimo venuti in tempo ove è degno
di plauso l'insulto, e l'insultare virtù —I nostri depu-
tati annessionisti, per i primi, vollero inaugurare 1' alto
tratto del sig. Nodilo," còl salutarlo nei pubblici giornali,
(^postulo della Jugoslavia; facendosi cosi precessori d' una
m.«ssa d'articoli che seguendo il loro esempio, più per
spirilo d' imitazione che per ragionevole convincimento ,
slain[)arono apoteosi al prefuto redattore. — Io qui non
dirò nulla né allo sfogo puerile de'nostri scobirelti di
Vienna, tarde speranze della povera patria; né alla lettera
de'Castellani, rispettando in essi il degnissimo sig. Ignazio,
esimio autore de'partiti in Dalmazia C\Ì\ veggo, bol-
lire riottoso il sangue entro le vene, intirizzirsi V anima ,
scotfare la questione, imbroccare la natura snodando la sua
intelligenza, stuprarsi l' anima d.dia bile chc per i pori gli
sbuff.i ; né infine a quella dei Tnurini, perchè un numero
cosi piccolo non può nè deve allarmarci, in confronto
air esperimenlato animo palriotlico, ed ai sentimenti d' a-
micizia e slima che Traù consorella a Sebenico seppe mai
sempre dimostrare e nulrire per 1' illustre Tommaseo.
Anche Cattare colla schiera de'suoi annessionisti, e que-
sti eccitati da due deputati alla Dieta, voleva spedire un
pubblico rendimento di grazie al sig. Sperato pel caldo,
anzi caldissimo suo furore nell'insultare gli autonomisti
avversarli suoi e degli altri Jugoslavisti, ma non si sa che
saprà partorire il magnum spctaciilurn, fatto giorni sono al
Municipio; nè quanto dal saggio consiglio dei 5 vorrà
venire alla luce (un comitato di o per scrivere una let-
tera, e fra questi due deputali, oratori monosillabi, alla
Dieta provinciale). Nemmeno a questi io rivolgerò parola,
perchè svcnturat.imente ancor qui^sli vogliono essere se-
guaci della scuola d'imilazione, di cui talvolta l'America
manda missionarii in Dalmazia, e che dalle finestre o
dalle gabbie ne predicano le loro massime, lo, per finirla,
ponendo tutti questi incitatori nel novero degli scolaretti
di Vienna, ad altri non saprei meglio rivolgere il mio do-
lore che ai signori Deputati sottoscritti nell' indirizzo ; i
quali preposti d.d povero popolo a di.sciitere e trattare la
sua santa e giusta ragione, invece di adoperarsi solleciti
affinchè la piaga della discordia insorta in questa misera
Dalmazia , in qualsiasi modo una volta si rimargini , non
fanno altro che seminare fra es.«o la discordia e 1' odio ,
aizzando gli uni contro agli altri. Zx.
—®
Notizie politiclae.
AUSTRIA.
Zara, 22 luglio.
L' accademia annunciata da tanto tempo, ap-
parecchiata con tante cure, aspettata con tanta
ansietà da giovanetti e giovanette desiose di ben
meritate lodi, da providi cittadini bramosi di trarne
utile per gentili istituzioni patrie; ebbe realmente
luogo la sera dei 20 corr. con uua riuscita su-
periore ad ogni maggiore aspettazione. Festeggiato,
coperto di applausi, di ovazioni, di testimonianze di
stima, di aftetto e di riconoscenza, il Mazzoleni
abbandonò già novellamente la patria per an-
dare a cogliere allori sempre più splendidi fin nelle
più remote regioni del mondo : egli va difatto al-
l' Avana, scritturato per sei mesi in quel teatro
per l'egregia somma di 80,000 franchi. Desiosi
noi che la descrizione di sì splendida solennità, e
la minuta relazione di quella squisita musicale ese-
cuzioiie, sia fatta da chi per la perfetta conoscenza
dell'arte, possa darne giudizio retto, ne abbiamo
affidato l'incarico a chi gentilmente redigo di con-
sueto gli articoli di teatro, Senonchè trovandosi egli
momentaneamente assente, siamo costretti a di-
ferire la detta relazione al venturo sabat9.
Altra dell' ut esso, dala. Ci è grato di poter an-
nunziare che oltre alla distinzione avuta dai signori
I^uxardo e Calligarich, ottenero all' Esposizione
mondiale di Londra la menzione onorifica, ossia
il secondo premio i signori :
Fratelli PetricioH Salglietti per la buoiia fab-
bricazione di cera e candele di cera.
Fratelli Cattich per vino dalniato di buona
qualità.
Vienna, 17 luglio. Alla Camera dei Deputati,
il ministro di Stato,, cav, Scliiiierlirig, annunciò la
presentazione del del 1863. Il ministro Ple-
ner njotivò la necessità di presentare il budget prima
che cominci l'anno amministrativo 1853. Il ftib-
bisogno ascende in tutto a 362 mihoni e mezzo.
Partiti in Ddtinazia del sig. Igaazio, .i pagina 10. 41. 15. l'i.
fra i quali 35 milioni per ispese straordinarie mi-
litari. Il budget della marina ammonta ad 11 mi-
lioni. Il disavanzo totale è di 93 milioni. Il co-
primento di esso avrà luogo per 33,500,000 me-
diante r aumento delle imposte, per 24 miUoni
mediante il ricavato del prestito per lotteria del
1860, e per 35 milioni mediante un' operazione
di credito.
Altra del i8. La Camera dei deputati nominò
oggi la commissione per riferire sul modo di trat-
tare lì budget pel 1863.
— E giunta a Vienna una nota russa avente
10 scopo di tranquillizzare il gabinetto austriaco
pel riconoscimento dell' Italia da parte della Rus-
sia, in quanto che i governi di Parigi e Pietro-
burgo furono guarentiti moralmente che il gabi-
netto di Torino seguirà d' oi^a innanzi una poli-
tica conservativa. Così la Frackfurler Zeitung.
Ragusa, 16 luglio. Nel combattimento di ieri si
conta fra i caduti pure il prode Antonio Dakovich.
ITALIA.
Torìiin, 18 luglio. Il ministro Rattazzi annunziò
oggi ufficialmente alla Camera il seguito ricono-
scimento del regno d'Italia per parte della Prussia.
11 re di Prussia riceverà lunedì prossimo l'inviato
sardo il quale notificherà la proclamazione del re-
gno d'Italia.
Napoli, 16 luglio. Ieri sera i Reali principi mo-
straronsi in carrozza al corso di Chiaia, quindi
traversarono a piedi la Villa Nazionale in mezzo
ad acclamazioni entusiastiche. Stamane visitarono
la cattedrale, la cappella di S. Gennaro ed il
museo , e ricevettero in palazzo le autorità civili
e militari. Stasera visitarono il principe Oddone,
rimasto a bordo del Governolo.
I briganti del Vallo, investiti da tutte le parti,
non trovarono più scampo. Altri 20 si presenta-
rono al sotto-prefetto del circondario. La banda
può dirsi distrutta.
FRANCIA.
Parigi, 12 luglio. Dopo la nota della Patrie di
ieri sera, la quale affermava così esi)licitamente
1' alleanza tra la Russia e la Francia, pare che
più non si possa dubitarne. E per verità ora una
tale aheanza è molto più verosimile che pel pas-
sato, ed assai più accettabile dalla Francia. Infatti
non si potrebbe più mettere in dubbio oggidì le
aspirazioni liberali del governo russo, e 1' atto di-
plomatico da esso compiuto lo pone quasi a hvello
de' governi costituzionah. Inóltre, non v' ha più a
temere che gli Czar ritornino a quelle tradizioni
di dispotismo che sono ereditarie nella famiglia
imperiale ; essi han veduto troppo davvicino i pe-
ricoli a cui conduce F oppressione per esporvisi
di nuovo, quand' anche gli it^endi venissero a ces-
sare, e più non se ne parlasse.
Certo non ci lascia senza timori quest' alleanza
dell' aquila imperiale coli' aquila moscovita, essendo
quest'ultima ancora troppo legata alle memorie ed
alle abitudini del dispotismo. Basta, sperisi nel me-
gho. Del resto la cosa non è ancora certissima.
Alene, 12 luglio. Gli avvenimenti della Serbia
hanno prodotto una affervescenza indescrivibile
nella Grecia.
Altra del i7. Il MonUeur d'oggi reca in data
di Vera-Cruz 12 giugno: I Francesi occupano
sempre la stessa posizione. Lo stato sanitario è
buonissimo. Il generale Douai arrivò il 10 giu-
gno ad Orizaba con 45 carri carichi di vettovà-
glie. I Messicani presero 20 carri di un convo-
glio spedito più tardi. Un ' dispaccio privato del
contrammiraglio Bonnard conferna che il Governo
(messicano?) inviò un' ambasceria per aprire trat-
tative di pace.
SPAGNA.
Madrid, 15 luglio. Assiciirasi che nel gabinetto
fu portato in discussione il riconoscimento del Re-
gno d'Italia. La proposta incontrò favore,
GRECLi.
AUra del 16. La Patria e la Presse assicura
che la squadra russa del Mediterraneo visiterà,
verso la fine dell' estate, i principah porti italiani.
(Segue d supplemento).
Tipo-niiia Fratelli BATTARA. VINCENZO DUPLAÌNCIOH Redattore responsabile.
ticherà mai il vostro nonje ed il vostra patiiottir
smo. Oh se tutti fossero aaimati dq^i vostri sentii
menti! se tutti congiunti fossero all'ombra degli
stessi vessilli} se tutti couGordi pugnassero per
le stesse idee j I^a patria in breve rinascerebbe
a vita novella, rigogliosa, felice, nè più Dalmazia
avrebbe bisogno di mendicare sussidi! da genti a
lei affatto straniere. Continuate, o conte, degno
rampollo dei vostri illustri antenati, nella vostra
via, nè ostacolo nessuno abbia potere di arrestar-
vi. Ricevete questo debole omaggio, troppo debole,
10 so, pei vostri pregi, ma quale può venire da
cuore .esso patriottico, sincero, e non adu-
latore, ed oltre i miei aggradite pure quelli di
alcuni vostri beneficati, che più di me possono
ffl^ ainpia testimonianza di ciò che io ho potuto
»ppràft leggermente toccare, R, A.
s-,
( Articolo comanicato )
Al sig. Sperato Nodilo Redatt. del Nazionale in Zara.
Come ih tuUe le cos^ di questo mondo, anche nella
qui^jstione dett'annessipne ^flmato-croata c' è il suo giusto
mezzo fra due estremi. Pare parò che questi due estremi
invece di crismare l'adagio che gli estremi si toccano,
vogliano subire il destino delle paralelle che, tracciale
sullo stesso piano, viventi quasi una vita comune, respi-
WOti un aria stessa, pur prolungate all' infinito non giuji-
giQOO mai ad incontrarsi, -rr Fatai sorte e da rimpiangersi
amaramente!In Dalmazia giornali o non esistono, o se
giungono a rompere tutta la intricatissima rete delle proi-
bizioni, della mancanza di mezzi, del nessun incoraggia-
mento, dei pochi associati, se giungono a superare tutto
ciò ed escono alla luce; invece di tendere infaticabili al
loro scopo, di rpanifestare cioè e dirigere la pubblica
opinione, diventano invece 1' espressione di sìngole indi-
vidualità, che in fin dei conti non fan progredire d'un
passo ii ben pubblico, ma sono invece fonte ognor ri-
pullulante d'ire novelle, d'acerbe rampogne, d'odii im-
perituri. — E si che il viriòus unilis, molto del nostro Im-
peratore, e che, fra parentesi, alcuni tradussero tutti te-
deschi, dovrebbe essere il motto di ciascun di noi ! — Senza
ciò šareni sempre blaUeroni, maldicenti, insoportabili a
noi stessi, derisi dagli altri.
I due partiti estremi nell' aifdire dell' annessione si ten-
gono , mi si permeUa il dirlo, all' estremo delle opposte
estremità. ^ L' uno vorrebbe immediatamente seguisse l'in-
Dtìsto, r altro non lo vorrebbe suppor possibile nemmeno
nel lontanissimo avvenire ; l'imo non ci vede altro di
bene per ja Dalmazia che nell'unione immediata, l'altro
la calcola l'ultimo dei mali, nasca quando sa nascere ;
gli uni rinunziano volentieri anche al nome della patria
ove si tratti d'annettersi, gli allri vorrebbero diventar ci-
nesi anziché croati. — E non c' è che dire, dall' una parte
e r altra risplendono i nomi più cari, le menti piìj elette
cho illustrino Dalmazia!
Che o gli uni o gli altri, o forse ambidue, diano in
errore gli è certo.
Che gli uni uni e gli altri sieno mossi da ragioni forti,
prepotenti, generose, sarebbe follia il negarlo.
Infatti, se il parlilo annessionista ambisce 1' esaltamento
della naJ^ipne slava; se cerca inalzare ciò che da tanti anni
fu calpestato, depresso, avvilito; se anela volare cogli
slavi fratelli s romper le catene dei miseri rajà, abbru-
lili da secoli dal giogo ottomano; non potremmo non sen-
tirci battere i| cuore d un fremilo generoso a s) nobili
intendimenti.Come d'altronde cogli autonomisti freme-
remmo all' idea di perdere perfino il nome di questa diletta
Dalmazia, nome vissuto da secoli povero sì, ma glorioso;
f/'emeremnio al pensiepio di dpygr soggiacere a leggi a co-
stumi per noi ignoti; ne ci sarebbe poco cordoglio il veder
svanire da questa terra la dolcissima favella nella cjuale
apprendemmo quel poco che sappiamo, nella quale il cuore
e la mente ci si aprirono alla juce del bello e del giu-
sto. — I sensi degli urji e degli alli'i avrebbero varii punti
ove potersi combinare ed intendere, ma, come sempre
negli opposti parliti, c' entra un po' di veleno, che rende
ijiutili Jutti i mezzi di componimento; al principio subentra
l^^hdividup,'a|t'idea la persona Quin(}i negli uni l'odio per
quanto v'ha (jli bene fra gli slavi, negli altri per quanto
y' ha di buono fr^i gli italiani; quindi i nomi di croatofili,
d'italianissimi ecc. ecc., nomi che si danno vicendevol-
mente i <Jue partiti per oflfendersi, e che pur talvolta e-
«primono fortemente gli opposti sentimenti, ma che bene
spesso sono jontanissinji dal yero.
E tutto ci?) è inutile!— L'opera eterna infallibile del
tempo 5i tenterà invano intjerrompere, /some invano si cer-
cherà ^yellepe dal peUo delle nazioni il germe che Dio
ci ha posto.— E perciò noi dician?o esser improntitudine
11 voler accellerare un connubio non preparafp, e che tante
ritrova poplràrietà; come diciamo ingiusto il porre incep-
pamento allo sviluppo (lei germi slayi che nelj' avvenire
preparano uft'unione bep p|ù grande phe la croata!
Lo diciamo aperlarnente, han torto ambedue le parti nel
gettarsi agli ' estremi. Gli annessionisti, porohè tentano o-
pera impossibile, qual si è quella di svellere ad imperi
an^eor viventi brani che non cederanno volonterosi gian*-
mai, e che invece coli'amorevole opera educatrice delle
ciire e del tempo verranno preparandosi a formare un
tutto simpatico e necessario. — Gli autonomisti, perchè con-
trariando lo sviluppo slavo, si oppongono ad uno dei più
sacri diritti di una nazione, quello di far sgorgare le fonti
delta propria grandezza.
Sarebbe follia il negare un futuro agli slavi, ora che la
parola onnipotente naz-ionah^à compie vittoriosamente il
giro d'I^uropa, e risveglia in ógni cuore le corde più soavi
Siccome crediamo in Dio, crediam pure nell'avvenire
delle nazioni, e perciò la nazionalità slava sarà una que-
stione di tempo, non mai di principio.
Che la Dalmazia ne sarà parte è pur certo, perchè al-
trimenti la Slavia meridionale sarebbe, se non impossibile,
monca; e perchè d'altronde la Dalmazia, dicasi ciò che si
vuole, potrà appartenere a tedeschi, a francesi, ad italiani,
a chi si vuole, ma essa sarà sempre un membro della
grande famiglia slava.
Infine la questione sta in ciò.
t'annessione a Croazia è per ora intempestiva, come
quella che non può accrescere la somma dei nostri beni,
e potrebbe benissimo aumentar quella dei mali inumera-
bili che abbiamo, non foss'altro per lo scontento che pro-
durebbe.— Si dirà perciò che la Dalmazia non è slava?
Giammai! Si dirà che perciò venga per sempre tolta alle
speranze della Slavia? Giammai! —Direm di più: non si
dovrebbe parlare di annessione croata, che alla fine Croa-
zia non è nazione per se, e sarebbe cosa ben meschina,
ma come Dalmazia, Slavohia, Serbia, Ercegovina , Bosnia
ecc. ecc. non è altro che una parte della Slavia; e sic-
come questa non nascerà adesso adesso, ma sarà certo nel-
ravvenire più o meno lontano, cosi tutte queste parti,
ora sconnesse, diano opera a preparsi alla grande unione. —
Chi parla schietto si fa intendere da tutti, ed ora fa d'uopo
parlar schietto perchè sappian lutti ciò che si pensa. Il
non aver parlato schietto c' è forse causa delle presenti
dissensioni.— Si faccia, o fratelli, una grande annessione
di spiriti operanti in un unico intendimento, ed è certo
che cotesta annessione non troverà tanti opponehti quanti
ora ne incontra , eccettuati forse coloro che vagheggiano
altre idee incompatibili, anzi impossibili ad attuarsi in paese
slavo e da slavi dovunquè circondato.
Qual mezzo adunque ad ollenner ciò? L'unico: l'e-
ducazione- lo sviluppo di tutte le potenze ora infiacchite,
assopite, semispente.
Una mozione fatta in questo senso alla Dieta provin-
ciale, incontrerebbe forse'1'opposizione che incontrò giu-
stamente r annessione a Croazia ? Potrcbbesi giurare che
nò; perchè un'opposizione f;i(ta a tale mozione sarebbe
un negare il grande principio della nazionalilà, sarebbe un
negare se stessi ed i proprii alti anteriori, avendo la mag-
gioranza autonomista concesso ella slessa esser necessaria
l'educazione della massa popolare slava, e perchè la Giunta
propose mezzi tendenti a questo fine.
Potrebbe ritenersi, queste sono opinioni particolari, in
questo senso i quattro quinti della Dieta esser annessionisti !
Uniamoci dunque e l'opera non sarà certo gettala. La-
sciamo agli esaltati delle estremità le loro utopie, e noi
se davvero amiamo il popolo e la Dalmazia nostra, tenia-
moci al giusto mezzo.
Noi che invano ci lascerem cullare fra sogni fantastici,
stiamo fermi ed inconcussi ai nostri principii, e tenendo
r occhio ai fatti che giornalmente si succedono e diri-
gendo questi o dirigendoci a norma di questi, attendia-
mo fidenti l'avvenire che non può mancarci.
Diciamo queste parole e le indirizziamo a lei signor
Sperato Nodilo, in risposfi al suo componimento conte-
nuto nel Naz-ionale àeì 51 magK''^ nr. 27, componimento
che offende la più bella gloria vivente di Dalmazia Nicolò
Tommaseo ! .
Abbiam tardato a scriverle perchè la freddezza del ra-
gionamento subentrasse all' irritazione del momento.
L'olTotiderla, il dirlo ingiurie non ci sembrò conveniente
nè dignitoso, giacché l'ingiurie inaspriscono, le offese al-
lontanano , e noi Dalmati abbiam bisogno di ravvicinarci
d'intenderci -abbiam bisogno d'unirci. — Maledetto chi
pone inciampi tra fratelli'—^ ''à disunirci abbiamo chi già
troppo ci pensa, e noi darém saggio, a dir poco, d'ine-
sperti nel secondarne' i desiderii.
V è chi dietro le quinte ci sogguarda e soghigna alh
Mefistofele alle nostre battaglie. — Si narra che il robusto
Romano pieno di forza e gioventù, cui fu presentato un
fascio di verghe perchè unito le rompesse, non ci riuscì,
ma un vecchio imbelle ad una ad una quelle verghe spezzò.
le cose dette di sopra le diciamo in risposta al suo
articolo, giacché esse contengono, salvo errore, l'idea
dominante negli scritti sull'annessione dell'insigne patriota.
Infatti, egli avversò l'annessione a Croazia come intem-
pestiva, come non profittevole. — Egli travvede-
re una speranza di unione ben più vantaggiosa, ben
più conseguente, ben più bella che non la croata. — Egli
parlò sempre di educare il popolo in senso slavo, consi-
gliò la traduzione di codici, c|i libri tendenti a questo scopo,
la compilazione di dizionarii, di opere che a ciò doves-
sero condurre, cooperò lui stesso a tanto fine, -r- Egli
non chiamò mai la Dalmazia nè italiana nè tedesca, ma
sempre la disse slava. — Egli, che di nazionalità e di u-
nilà s' intende assai bene, le consigliò sempre in senso
slavo, non mai però precipitate, sapendo bene che codesti
mutamenti, codeste unioni, devono essere opera del tempo,
devono essere prodotto della simpatia, della stima vicen-
devole, del concorde sentire. Tommaseo infine voleva non
annessioni fatte ex abrupto, e soggette perciò a pentimenti
a recriminazioni, ma unioni forti, compatte, che assicuras-
sero a tutti i compartecipi lo benedizioni della libertà e
della pace.
A noi pare di non andar errali nell'esporre in tal modo
il sentimento di Tommaseo, e crediamo perciò appunto ei
s'abbia eretto nel cuore d'ogni Dalmata un altare, che tempi
e vicende non varranno a distruggere giammai.
Perciò Tommaseo si meritava miglior trattamento di
quello che s'ebbe nel precitato numero del suo giornale;
perciò l'offesa a lui fatta s'ebbe un eco dolorosa ed in-
dignala nel cuore d'ogni patriota, specialmente dei Se-
benzani eh' hanno il vanto d'aver con lui il luogo nativo.
Perciò sarebbe conveniente cancellarne la disgustosa im-
pressione ! . . . .
Noi del comune di Stretto pensiamo così, e quantunquo
nella per.sona del nostro Sindaco siarn stati fatti beriaglio
ad alcuni suoi frizzi, frizzi che abbiamo già dimenticato,
noi riconoscenti di esser stati ricordali da quell'illustre
penna, non ci siamo perciò creduli da più di quel che
siamo. L'unico nostro vanto si è quello di amare la patria
più che se stes-si, di ritenere Nicolò Tommaseo per la più
bella gloria vivente di Dalmazia, di amare i patrioti di qua-
lunque partito essi siano quando procurano il bene di
quella, ed unico nostro desiderio si è quello, che spariti
gli odii di parie, ci poniam tulli alla santa impresa di far
risorgere questa terra, la quale attende ansiosa chi la
sollevi da una prostrazione secolare.
Stretto. Giugno 1862.
Segnati: Giovanni Matcovieh, Dr. Giuseppe Raimondi. Matteo
Bujas, Cristoforo Cervella , Giacomo Aìborghetli, Giovanni
Muizura, Andra Banchetti.
(Nostra Corrispondenza).
Ragusa, 20 luglio.
Secondo il tenore di una lettera da Scutari di Albania,
in ogni scontro i turchi battono i monienerini; ed il mo^
rale del soldato turco si è di mollo animato ed elevato.
Il capo del corpo d' armata scilo il comando <li Derviše
pascià, si è congiunto il 13 con quello di Abdi pa.scià; od
il 16 l'unione del lerzo corpo, comandalo da Hussein
pascià deve essere offottuato. In tal guisa, il Montenero è
per tre quarli già conquistato; e se non vengono in di
lui aiuto polenze estere, 1' ultima ora per esso sarà pre-
sto suonata.
Mentre si era per spedire la presente compartecipa-
zione, si è sparsa qui la notizia di essersi avveralo il con-
giungimento del 3 corpo di Hussein, al che di sopra si
accennava, e di esservi avvenuto uno scontio. Però, l'e-
sito n' è ancora affatto ignoto.
Da ieri 1' altro , trovasi qui fra noi un principe russo,
reduce dal Montenero, ove si era recato, tre mesi sono,
con danaro, come vuoisi farci credere.
In quésto momento, col vapore di ritorno da Cattaro,
è arrivato da Montenero un certo francese, conte de Mor-
nier, che tèmpo fa èra passalo con dispacci per iMonlenero.
" • *—:
Telegrammi.
Torino, 21 luglio. Il generale Sonnaz fu nomi-
nato inviato a Pietroburgo. fTempé}
Berlino, 21 luglio. S. M. il re ricevette oggi il
sig. Delaunay che gli presentò le credenziali d'in-
viato del re d'Italia.
Frontiere polacche 22 luglio. Il governo russo è
sulle traccio d'una vasta cospirazione. -Furono o-
perati molti arresti notturni.
Nuova York, 14 luglio. Le truppe del Sud s'in -
possessarono di Murfresborourgh e fecero prigio-
niero un intero reggimento di truppe federali.
(ÌLI STABILIMENTI TERMALI I.\ ABANO
condotti e diretti dall'albergatore
Giov. Batt. Meggiorato
sono aperti regolarmente dal 1.° giugno a tutta
settembre 1862. .
Primo tr«<t»iiiento neg^li «iinbiliineittt
NUOVO E CORTESI:
Per una persona al giorno, tutto compreso an-
che la mancia della servitù, fiorini 2 ; 50.
Secondw traltamenfo neffli stabi» i unenti
DUE TOIIPJ E MOEOSliNl:
Per una persona al giorno, tutto compreso, f. 2: -
Idem terzo trattamento fior. 1: 50.
N.B. Negli Stabilimenti .mddetti vi saranno, i gior-^
nali Dalmati; dal 16 agosto a tutto settembre
un quarto di fiorino di meno al giorno dai prez-
, %i suddetti.
Xip'-'gmtìa Fratelli Baitaea,- Yincejs'ZO pupiiANOiCH Redattore responsabile.
Qui finiscono le pretese accuse deP bravo A.'R. e co-
minciano le insolenze, alle quali non ' degno rispondere.
Dirò piuttosto due parole sul conto di S. iNodilo.
Avendo sempre creduto che la mano che impugna una
penna per insultare, debba anche saper brandire un'arme
per rendere ragione dell'insulto, io provocai S. Nodilo, e
gli offersi un duello per rivendicare una causa nobde e
degna, per punire la stolta ingiuria da lui lanciata contro
un nome venerabile e grande. Egli, invece di rispondere
come si conveniva ad uomo di onore, ha tentato di elu-
dere la quislione e di mettere in campo la mia meschina
personalità — io gli presentai due spade; egli mi fece
capire che voleva battersi con degli spilli. Questa è una
guerra inutile, perchè, invece di sangue, farebbe scorrere
inchiostro, ed io la rifiuto. Quando S. Nodilo vorrà chie-
dermi ragione davvero, egli mi troverà sèmpre a'suoi ordini.
ENKICO MATOOVICH.
(Nostra Corrispondenza),
Vienna 25 luglio.
La Giunta, cui venne affidato l'incarico di prendere in
esame la communicazione ministeriale sul budget 1863 e
proporre alla Camera il modo di risolvere i vari quesiti,
che a quella communicazione connettonsi, ha ormai com-
piuto il sue lavoro, ed il relativo rapporto verrà domani
distribuito ai deputali. Ebbero luogo animate accolte discus-
sioni sull'opportunità di ripetere 1'accezione procedimento
già una volta in questa sessione, pel quale in vista alle dif-
fficoltà emerse alla completazione del Consiglio, l'adunanza
ristrelta accettò il mandato sovrano di discutere e deli-
berare efficacemente nelle materie finanziarie. Tre dei
membri della Giunta, Gronolski, polacco, Griinwald, czeco,
e Kaisersfeld, sliriano della frazione autonomo - tedesca,
avvisavano di declinare codesto mandato, i primi due per
le note ragioni d'incompetenza fatte valere nella prima
occasione, 1' ultimo perchè le circostanze non giusti-
ficherebbero questa volta l'eccezione, alla quale il suo
partilo si rassegnò per l'anno 1862. Taschek, boemo-
tedesco, poi rifiutava l'esame del preliminare, perchè in-
completo, poco specializzato, e mancante de' motivi atti a
dimostrare il bisogno delle ingenti somme richieste sì per
l'amministrazione civile, che per la militare. Gli altri cin-
que membri, Herbst, Giskra, MLihlfeld, Hopfen ed Hasner
reputarono invece, piìi che opportuno,' necessario di sob-
barcarsi al gravissimo peso, appunto per ciò che il bud-
get colle sue eccessive esigenze, e colle sue relicenze, de-
liberate o involontarie che sieno, reclami imperiosamente
il concorso de' fattori legislativi a modificarlo. La maggio-
ranza adunque risolse affermativamente il quesito prin-
cipale per motivi, che non sono per verità lusinghieri pel
Ministero , ed io non dubito che questi motivi determi-
neranno il Consiglio ad accogliere la proposta, l czechi
e i polacchi si asterranno, ben s'inlende, dnl prendere
parte alla discussione e alla votazione. Quanto alle mo-
dalità sarebbe stabilito, che la Giunta da eleggersi venga
ristretta al numero di 24 membri, e che, diviso il lavoro
tra relatori da scegliersi dalla Giunta stessa, si prescinda
dalle deliberazioni primordiali in separate sezioni e si di-
scutano immediatamente i varii rapporti in pieno per la
formazione de' conchiusi da portarsi come proposte alla
Camera. Resta ancora incerto se dopo la definizione del
budget 1862 avrà luogo {)er qualche settimana un'inter-
ruzione delle sedute parlamentari per dar tempo alla nuova
Giunta di preparare il suo elaboralo. Sembra peraltro che
sì, quantunque il Ministero non abbandoni la lusinga di
poter chiudere la sessione di quest' anno alla più lunga
provetti, comunicata a ognuno dagli sguardi, dai
gesti del nostro Ravasio e dalla presenza del di-
rettore de' direttori, a cui ho già accennato, e cui
ognuno anela aggradire, perchè tutti l'amano e
gli son grati: la società filarmonica sembra isti-
tuzione in cui tutto cammini, o megho scivoli, co-
me nautiletto gentile, spinto dall' alitare di leg-
gerissima auretta, lungo un mare cheto e piano
come un olio, azzurro e lucente come il cielo che
si specchia in esso. Oh! signori miei! JVon giu-
dicar la nave stando in terra, dice un proverbio
toscano, e voi vedreste come bene s' applichi esso
in questo caso, se per poco vi faceste a conside-
rare le mille faccenduole uggiose, i lunghi tra-
vagli, i cento mila pensieri che ci vogliono a go-
vernare quella barca, che non è un nautilo , no,
ma un bastimento grande e grosso, e, direi quasi,
un vascello a tre ponti, del quale l'impareggiabile
nostro concittadino, signor de Zanchi, è il feHcis-
Simo nocchiero, e all' uopo, come il celebre amifti-
raglio portoghese, e timoniere e piloto. E però mi
sarebbe paruta oramìssione imperdonabile se non
avessi chiuso col rendere il dovuto tributo di am-
mirazione e gratitudine à quel benemerito, per
tutto quanto egli fa per quella nobile istituzione;
colla Jiiietà del'p.:v^:,!seittenibre, Se questa, lusinga andasse
'fallita, ;se. cioè j,^ Camera persistesse nel proposito di in-
terrompere le sedute dopo l'approvazione del budget 4862
- e la necessità, franrie al Ministero, è a ognuno mani-
festa - la tornata verrebbe chiusa verso la metà di ottobre.
Sta fermo che la diete provinciali si apriranno col l® no-
vembre. Contemporaneamente alla convocazione delle diete
si attende, una; disposizione, che tolga 1' anomala distin-
zione tra il cosideito, anno camerale od amministrativo e
l'anno solare. Ut® gennaio 1863 sarebbe quindi il capo
d'anno anche per l'amministrazione finanziaria. Accolta
essa pure ftell'ordine gregoriano, chi vorrà escludere, che
essa piure sia compresa nel numero di coloro per cui s'in-
neggia «/ìecet/a/irvefem -Nova sint omnia - Corda voces et
opera»!—•
Nella'prossima settimana si raccoglierà la commissione
mista de' dodici membri delle due Camere per esperire il
componimento delle differenze insorte nella discussione
della legge sulla stampa e della Novella al codice penale
posta in rapporto con quella. Nella Camera de'signori ven-
nero scelti il principe Auesperg presidente della stessa, il
conte Carlo Auersperg, noto nel mondo letterario sotto il
pseudonimo Anastasio Griin, il barone de Lichtenfels, il
cardinale Rauscher, il sopraintendente de'potestanti Haase,
ed il presidente dell appello veneto Resti-Ferrari, Dalla
Camera de'deputati, Herbst, Miihifeld, Demel, Waser, La-
penna e Groholski. Non è naturalmente possibile fare un
vaticinio sicuro sull'esito di questo sperimento. Stamane
i due Auersperg s' abboccavano con parecchi dei membri
eletti dalla Camera bassa e dalle loro parole , a quanto
dicesi, traspira un senso conciliativo. Pare eh' e' sieno dis-
posti a transigere. È necessario però eh' essi cedano senza
limitazione in quella parte della Novella, che vorrebbe
convertito in argomento d'ordine pubblico la cura dell'o-
nore privato di pubblici funzionarli, aprirebbe adito a pro-
cessi vessatorii, e paralizzarebbe tutti i vantaggi che la
stampa si ripromette dalla nuova legge intesa a garantire
la libera espressione. A prezzo di siffatta disposizione
- articolo 5 della Novella - sono concordi i sei membri
della Camera de' deputati di respingere qualsiasi altra
concessione. —
Nella penultima seduta il deputato degli Alberti riferì,
a nome della Giunta, sulla legge che abolisce il dazio di
transito per tutto l'impero. Per la Dalmazia, in cui vige
una tariffa doganale specialissima, venne abolito quel dazio
con una legge separata. — Anche per questa fa relatore
il deputato Alberti, cui compete il merito precipuo di a-
verne propugnata 1' opportunità prima presso il Ministero
indi in seno alla Giunta. Le proposte furono senza con-
traddizione accolte in Consiglio. —
Onore ai convertiti! La mia lezione giovò all'articolista
0 corrispondente del Nazionale parte slava , di cui due
volte, mi sono permesso occuparmi nelle mie lettere alla
Voce. Nella sua conclusione ha assunto 1' abito di festa ed
io lo consiglio d'indossarlo ogni volta si presenta al pub-
blico, chè l'abito, dicevano i nostri vecchi, fa il monaco,
e dicevano bene sicut figura docet. Ora poi che gli ab-
biamo tributato il nostro elogio per aver smesso un lin-
guaggio insolito nel civile consorzio ed avere resa possi-
bile la eontroconclusionale, gli chiederemo se in buona fede
egli avvisa di averci smentito, o meglio di aver giustifi-
cato r assunto da noi contraddetto Noi ripetiamo di es-
sere alieni dall' assoggettare a sindacato l'azione politica
del deputato Gliubissa e ne lasciamo la cura ai suoi com-
mittenti. Credemmo però nostro diritto d'impedire che a
mezzo di fatti falsi o svisati sia condotta in errore la pub-
blica opinione in Dalmazia, e riducemmo perciò alle de-
bite proporzioni il merito attribuitogli in argomenti che
e non già solo perchè piacevoh passatempi pro-
cura alla città nostra ; ma perchè collo sviluppare
in essa il gusto di quell'arte spirituale, che della
scala estetica delle arti belle occupa il più alto
de' gradi, e che Platone, Pittagora e il De-Gerando
consideravano siccome indispensabile alla buona
coltura dell' umano spirito, educa egli in noi quei
sentimenti del bello e del buono, senza de' quali
vana ogni speranza di avanzamento sociale, dello
sviluppo di cittadine virtù, E sieno grazie a lui,
dappoiché perennare intende la detta istituzione,
mettendo a frutto, siccome nucleo del capitale che
ne stabilirà l' esistenza,' il provento di questa ac-
cademia, con che farà perenne la memoria del caro
suo nome. Oh gh sien grazie, vivissime grazie, da
tutti ahueho che intendono, come nel progredire
di ogni ramo del sapere umano consista il vero
progresso della civiltà e della umanità : e in que-
sta nostra patria, colta e gentile, non son^o pochi.
O. s, D.
-N«lla prima, parte di questo .articolo,.stampato nell'Ap-
pendice del,nym^ro precedente corsero i seguenti errori:
Nella colonna penultima, quarta liiiea fu stampato in-
teneriti, in luogo A\ alterilo, e colonna stg.ssa, linea quart-
ultima, fu omessa la parola do.
riguardano l'interesse di questo paese. Ci piace consta-
tare, che sul terreno scelto sulle prime dal nostro avver-
sario egli è costretto a battere la ritirata e riconoscere,
che nella nostra relazione noi non abbiamo alterata una
sillaba. Speriamo che i lettori della Voce ci sapranno grado
se seguiamo il corrispondente del Nazionale sul nuovo
campo, in cui ha cercalo rifugio. Con una lunga enume-
razione di porti egli respinge dal signor Gliubissa la colpa
per fatti od ommissioni, che niuno si sognò addebitargli,
e dopo questa litania di negativi concetti, che ricordano
la modestia del Fariseo, conchiude trionfante e glorioso «io
son chi sono». Sarebbe strano questo procedimento se
esso fosse sincero, «Gliubissa non è colpevole della non
seguita istituzione di un'accademia di diritto a Zara, del
non essersi attivato il porto franco a Spalato , dell' aumento
dell' imposta sulle rendite, sui fondi e sulle case in prospet-
tiva, eie. etc.D Vorrebbe forse il corrispondente del Na-
zionale riversarne la colpa sui deputati dalmati di contra-
rio colore? Eppure egli, che sta a giorno delle pubbliche
discussioni almeno per riferirne così con&cienziosaménte al-
l'organo del suo parlilo, egli sa che il deputato Lapenna
rimproverò in pieno consiglio al [Ministero, tra altre colpe,
la plumbea lentezza nella pertattazione relativa all'acca-
demia di Zara ; egli sa che lo stesso deputato quando si
trattò dell'aumento delle imposte figurava iscritto tra gli
oratori contro 1' aumento, e tra questi prese parte alla de-
legazione del deputato W;)ser che ne sostenne l'assunto,
quando chiuso il dibattimento generale per decisione della
Camera , dovette scegliersi un comune oratore à propu-
gnare le opposte due tesi; egli dovrebbe sapere (od a-
vrebbe dovuto altrimenti tacere) che il deputato Alberti
rivendicò alla Dalmazia 1' abolizione del dazio transito , e
combattè efficacemente nella relativa sezione della Giunta
l'aumento del prezzo del sale. Gliubissa non è colpevole
della nomina di forestieri in Dalmazia. Vi contribuirono
forse i deputati dalmati di contrario colore? A noi però
consta , che non fu deputato dalmata di colore contrario
al Gliubissa quegli che si adoperò, per buona ventura i-
nutilmente per la nomina del non dalmata Stipancich a
consigliere di Cattaro. Gliubissa appartiene all' opposizione
e non indulge alle voglie del Ministero. Noi gli abbiamo
fatto un merito della deserzione dai czechi e polacchi, quando
costoro rifiutarono l'ingerenza nella discussione finanziaria,
e gliene tributiamo anche oggi 1' elogio, ma constatiamo,
che in questa sola occasione si manifestò essenzialmente
r opposizione della destra ; che qui Gliubissa fece causa
comune colla sinistra e col centro, e che in tutte le li-
berali aspirazioni, da qualunque parte venissero, i depu-
tati dalmati, che non consentono nella questione specifi-
camente dalmatica col signor Gliubissa, fecero causa co-
mune coi proponenti. Chi tra loro parlò, tenne un lin-
guaggio franco e severo da meritarne ricognizione dallo
stesso Nazionale, e da demeritare pella discussione sul
budget della marina quella semiufficiale ricognizione, di
cui va superbo il dalmata (ei ci perdoni se jo riputiamo
in senso geografico tra i nostri) che siede alla destra. —
Noi abbiamo abusato troppo della vostra pazienza e l^are-
mo punto dopo una sola ' osservazione che ci resta Vo-
gliamo cioè ricordare al corrispondente del Nazionale che
l'attività d'un deputato mal si giudicherebbe dalle sole
comparse in consiglio; «che la ,fiducia delia Camera e l'a-
zione dei suoi membri si manifesta precipuamente nelle
Giunte chiamate a discutere le leggi prima che queste
siano proposte al definitivo conchiuso ; e che sotto que-
sto rapporto i deputati dalmati sedenti a sinistra ebbero
buona parte dell'onere e dell'onore, uno essendo stato
eletto nelle Giunte per rispondere in due indirizzi al Mo-
narca, in quella per l'abolizione dei feudi, in quella per
l'istituzione de'giurati, nella commissione rnista infine, di
cui oggi si tenne parola ; un altro avendo avuto parte
efficacissima e distinta nella Giunta finanziaria, — Fatti,
signor corrispondente, fatti e non parole !
Telegrammi.
Parigi 24 luglio. La Patrie nel suo numero di
questa sera assicura essere stati spediti dei navi-
gh francesi nel Mediterraneo per impedire un pro-
gettato sbarco di Garibalbi sulle terre romane,
AUra deir istessa data. L' Esprit Public reca : Il
generale Forey ricevette istruzioni, in forza delle
quali r intervento francese viene svincolato dal
contegno di Almonte, col quale non si contrasse
affatto alcun obbligo.
Vera Cruz 2 luglio. Presso a Gerroborgo i fran-
cesi hanno battuto un corpo considerevole di mes-
sicani, Al 15 questi tornarono all'attacco, però
senza risultato ; predarono bensì i trasporti de-
stinati per Orizaba, laonde in questa città si di-
fetta di vettovaglie. (Sferza.)
Nova-York 12 luglio. Il Senato diede facoltà
al presidente Lincoln di prendere al servizio mi-
litare i Neri, in qualità di lavorante (O.T.J »«
(Segue U SuppIemenlo.J
'j'ipografia l'i'Mli BATTARA. VINCENZO. DUPLA2^CIC^ Redattore responsabile.
X, 33. Zara 2 Asosto ilniio La Voce Dalmatica
Prezzo d'associazione in valuta anstriaca per
Jiara: per un anno fiorini 8: per sei musi fiorini 1;
per tre mesi fiorini 2. Pi-l rimanente della Provincia
e fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
isoìdi 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
()el Lombardo Veneto gli stessi prezzi in argento, Iran-
chi del porto-posta.
Giornale politica-letterario
Esce il Mercoledì il Sabato.
1 rruppi e le commissioni, franchi delle «pese
postali, si iliriiTono in Zara a \ incenzo Duplancich Ke-
diiitore delti» Voce Uilliiiatica. e KH abbuonamenti, ai
iie£ii/II librarii dei SÌ!Ì,-IIIMÌ Iratclli Batlara c Pietro
Abt'Iicli. (ili iivvisi di « linee co-stano I fiorino, e ogni
linea di più soldi «. La (assa di iiiianza resta a carico
del coniuiittente. L'n numero separato costa soldi 1(1.
La Serbia dopo il bombardamento
di Belgrado.
(Riportiamo dalla Perseveranza il seguf>nte articolo, nel
quale è giudicala l'attuale situazione politica della Serbia
con vedute e opinioni non in lutto da noi consentite ;
ma che pare, ci sembra non inutile far conoscere.)
Con questo titolo venne testé pubblicato un o-
puscolo, il quale, secondo che ci scrivono da Bel-
grado, venne scritto da persona di alto affare, e
deve considerarsi come contenente non solo 1' e-
satta storia degli ultimi avvenimenti in Serbia, ma
anche gf intendimenti de' più moderati in quel Prin-
cipato : cliè la popolazione, esasperata dagli ultimi
atti dei Turchi, sembra meno disposta a narrare
(ed a ragionare che non a menare le mani per bene.
Secondo P opuscolo, dopo la rivoluzione che re-
staurò , per volontà del popolo, la dinastia degli
Obrenovich, la Porta si dimostrò sempre ostile alla
Serbia. Provocante nelle note diplomatiche, nei
giornali, lo fu dopo negli atti quotidiani de' suoi
uffìziah e della sua soldatesca delle fortezze, da
lei tuttora occupate. Parve ch'essa volesse trovare
un' occasione per opprimere di nuovo i Serbi, co-
me tenta di fare coi Montenegrini. La Serbia dal
canto suo cercò, massimamente dopo che giunse
al potere il principe Michele, di ottenere condi-
zioni simili a quelle dei Principati rumeni. Gara-
scianin, il Cavour serbo, procurò di raggiungere il
suo scopo col mezzo di dirette trattative a Go-
tstantinopoli ; ma fu indarno. Per cui i Serbi pen-
«areno a mettersi in istato di difesa ed organiz-
i^arono le loro milizie nazionali, sapendo bene che
ad un paese disposto a difendere la sua indipen-
denza colle armi, si porta rispetto.
Fu allora che la Porta, confidando nel dissenso
delle grandi potenze d' Europa e fors' anco nella
connivenza dell'Austria, colla quale negli ultimi
tempi sembra la stringesse un segreto accordo,
pensò a comprimere colle armi lo Stato nascente;
comprendendo bene che la Serbia, col progredire
nella civiltà, diveniva il nucleo d'una Slavia me-
ridionale da costituirsi in gran parte alle sue spese.
Perciò armò ed approvvigionò le fortezze della
Serbia e la rese un asilo dei malfattori, raccolse
forze straordinarie ai confini, e valendosi della
insurrezione di alcuni distretti dell' Erzegovina,
pensò ad assoggettare anche il Montenero, aspet-
tando che venisse la volta della Serbia.
L'opuscolo fa una storia particolareggiata degli
avvenimenti sanguinosi del 15 e del 16 giugno ;
dalla quale, anche colla testimonianza dei consoli
residenti a Belgrado, apparisce abbastanza chiaro
che le prime provocazioui e violenze, e le ulte-
riori esorbitanze sino al bombardamento della città,
sono dovute ai Turchi. Ma se anche ciò non fosse
è se di una parte di esse dovesse accagionarsi an-
che la popolazione serba previamente irritata, non
verrebbe meno chiara la conchiusione, che non
può più durare in quel paese lo stato di cose pre-
vedendo bene vicine nuove catastrofi. I Turchi si
approvvigionano e si armano, giovandosi anche
degli aiuti che loro presta l'Austria, i di cui a-
genti si dimostrarono in questa occasione chiara-
mente parziali, e poscia napano a loro modo le
cose nei giornali austriaci, pa popolazione serba
si arma del pari, si esercita alle armi e si pre-
para a difendere con queste le vite e le sostanze.
La conchiusione si è, che se le potenze non si
accordano ad allontanare i Turchi dalla Serbia ed
a demolire le fortezze, ove non vogliano conse-
gnarle ai Serbi, la pace in quel paese non sarà
ormai assicurata. La Porta stessa non ha alcun
vantaggio da tale occupazione, per la quale spende
più che non ricavi dal tributo che le si paga. Si
costituisca la Serbia nelle condizioni in cui si
trovano i Principati rumeni, e sarà meglio per
entrambe le parti.
Si può bene immaginarsi die la Porta non si
affretterà a rendere paghi i voti dei Serbi, e che
se alcune delle potenze sono ad essi favorevoli,
altre saranno loro contrarie, l'Austria soprattutto,
che avrebbe una gran voglia di andare in Serbia
a mettervi 1' ordine ed a soffocare quella vita na-
zionale che eserciterà una potente attrazione sulle
altre provincie slave della Turchia, cui essa vor-
rebbe appropriarsi, e sulle sue proprie che ten-
dono a sfuggirle.
La Serbia è il vero nucleo della Slavia meri-
dionale ; poiché la popolazione idi costumi patriar-
cali e sana ed intelligente del pari, si mostrò già
suscettiva d' un progrediente incivilimento. 1 Serbi,
più rozzi dei Greci educati all' europea, hanno
però caratteri più interi e robusti che non i ca-
villosi oratori e giornalisti dell' Atene moderna ; e
sente ; e che i Serbi non tollereranno più oltre
Turchi quali loro vicini.
La tranquillità attuale non è ottenuta che con
grandi sforzi dei consoli e delle autorità serbe,
fra cui di Garascianin, il quale si adopera a met-
tere tutti i torti dalla parte degU avversarii. I pa-
•scià vennero richiamati : ma che pereiò ? Le due
parti si trovarono istessamente in continuo allar-
me, e per così dire covando le vendette. La po-
polazione di Belgrado, tanto serba, quanto fora-
stiera, e specialmente austriaca, si allontana pxe-
godono sopra di essi il vantaggio di non avere
subito r importazione d'una corte straniera e di
stranieri costumi. Ivi la distanza tra i più ricchi
e colti ed il grosso della popolazione è assai mi-
nore che non in Rumenia, dove i Boiari, somi-
glianti ai Russi, che si appropriarono della civiltà
europea piuttosto le apparenze che la sostanza,
dominano i contadini coli' abbrutimento e colla mi-
seria in cui li tengono. La Serbia non ha la di-
sgrazia di avere un feudalismo musulmano come
la Bosnia, o di subire l'influenza dell'Austria e
di Roma come l'Erzegovina. I Serbi, valorosi al
pari dei Montenegrini, sono di questi più miti di
costumi e godono di un paese fertile, invece delle
roccie ove trovansi i loro vicini ristretti. L'affinità
coi Serbi del territorio austriaco, la vicinanza del
Danubio, sono pure vantaggi per essi. Non è quindi
da meravigliarsi, se la Porta e 1' Austria s' accor-
dano molto bene a soffocare i germi di una vita
politica in questo Piemonte slavo, eh' è destinato
ad accrescersi a loro costo.
Non vi ha dubbio, che se la politica del non
intervento fosse adottata anche per la Slavia tur-
ca, i Serbi i quah non mancano di prudenza, seb-
bene sieno profondamente dominati dal sentimento
nazionale, avrebbero presto ragione dei Turchi
e giungerebbero a ricostruire il Regno Serbo di
Zxr Lazzar. Senza le continue minaccie dell' Au-
stria ei si sarebbero più volte sollevati, ma con-
siderando che una invasione austriaca avrebbe
potuto distruggere tutto il loro avvenire, essi si
astennero dal troppo arrischiare, cercando di
metter le penne prima di volare: Ma forse che i
consigli della prudenza potrebbero in essi cedere
a quelli della necessità. Se essi dessero mano da
ultimo ai loro fratelli del Montenegro ed àgi'in-
sorti dell' Erzegovina e si giovassero dei malu-
mori dc4 Bulgari e dei Bosniaci, e se l'Europa
non intervenisse, terminerebbero col vincere la
lotta. Ma i Serbi austriaci, i Croati, i Dalmati che
hanno le medesime aspirazioni, non dovrebbero in
tal caso accontentarsi di mandare filacce ai feriti,
come fanno adesso coi Montenegrini. I croatizzanti
della Dalmazia, soprattutto, non dovrebbero semi-
nare la discordia tra i loro corapatriotti, per giun-
gere al miseri risultati dei Croati a Fiume; ma
piuttosto valersi della loro vicinanza, della loro
situazione al mare, della maggiore civiltà degl' Ita-
lo-Slavi, per giovare ai Serbi. La strada ferrata
da Spalato a Belgrado, dall' Adriatico al Danu-
bio, non sarà mai fatta dai sudditi dell' Austria e
della Porta.
E i dalmati, che potrebbero primeggiare in que-
sta lotta ed unire la gioventù della razja serba alla
coltura italiana, e svolgere 1' una lingua co' suoi
caratteri originali e giovarsi dell' altra, eh' è hngua
commerciale del Mediterraneo e del Mar Nero,
dovrebbero essere meno smaniosi di una bastarda
unione coi Croati, da ottenersi parte per grazia,
parte per forza dell' Austria. La Croazia potrà
diventare un accessorio non già il centro
d'una Slavia austriaca ingrandita.
Crediamo di far cosa grata a' nostri lettori ri-
portando dalla Monarchia Nazionale quella parte
del discorso sulla politica estera, pronunciato dal
Durando al parlamento itahano, che riguarda la
questione Orientale.
"Che attitudine teniamo noi in Costantinopoli
a proposito della guerra del sultano nel Monte-
negro, neir Erzegovina, nella Servia ? abbiamo noi
degli agenti in questi paesi?
Qual è la nostra attitudine riguardo al Mon-
tenegro ? Qui permettetemi una reminiscenza, senza
aver però pensiero alcuno di fare la più piccola
allusione od epigramma di sorta ; vi dipingerò
qual sia la natura di questa questione. Io mi
ricordo che prima ancora che andassi in Oriente,
vidi a Parigi una caricatura in cui era dipinto
un uomo affaticato da uno studio di una grande
questione, macilento, cogU occhi torti, capegli irti,
il quale era spinto da due gendarmi in un edifi-
cio su cui era scritto: ospedale dei matti, e sotto
stava scritto: ecco la fine miserabile di coloro ohe
vogliono approfondire la questione del Montenegro,
fIlarità) Ciò è tanto vero, signori, che nel finire
del 1858, in occasione di una di quelle periodi-
che escursioni che fanno i Montenegrini, e di cui
or ora vi dirò le ragioni, intervennero (come sem-
pre intervennero in Oriente) le cinque potenze,
quelle che formano la pentarchia, e l'oligarchia
diplomatica in Europa, e vollero acconciare que-
sta eterna guerra fra il Montenero e la Turchia.
Si dibatterono vivamente tra i plenipotenziarii
tutte le vertenze, ma al momento di redigere il
protocollo, cominciarono a trovare una difficoltà
insuperabile.
Alcuni dicevano che il Montenegro era una di-
pendenza della Turchia, altri che una semidipen-
denza, un feudo ; altri credeva che la Turchia
aresse sul medesimo una mezza sovranità tribu-
taria; chi diceva che non era tributaria, e si ri-
saliva alle tradizioni antiche, alle conquiste di
Maometto, o che so io ; altri sostenevano l'opi-
nione contraria ; si discusse due o tre giorni : fi-