AYYO III.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Giovedi 21 Gennaio 1847.
La Poglizza.
(Continuazione.)
La natura bellicosa e gagliarda di
questi repubblicanti si chiarisce per la
prodezza delle gesta ne' suoi guerripri,
i quali coil' avvicendarsi de' tempi sor-
sero ora difensori della patria , ora del
principe proteggitore la loro libertá. Tra
questi eminente luogo s' ebbe Marco
Sinovcich da Dubrava, che giovinetto
da nobile e bennagiata famiglia venen-
do, la quale in piü fíate la patria pro-
vincia resse , acconciatosi al servigio
della Veneta repubblica che a quella
stagione viveva in pace, noiato delT ozio
inglorioso, si ridusse a militare in Ger-
mania, dove la guerra di fresco acce-
sa, s' era propagata con meravigliosa
celeritá; per ivi apprendere quegli eser-
cizi ed armeggiamenti che in un buono
guerriero si chieggono di necessitá. Ed
essendo egli uomo bellicosissimo e pa-
zienle sopportatore di ogni fatica,sep-
pe in breve dislinguersi, e a riguarde-
vole posto condursi; al quale perché
la grandezza dell'impresa, e 1'aaiore
della gloria il chiamavano, senza met-
iere lempo in mezzo, né badare al con- |
siglio de' disuadenti amici eroicamen-
te rinunzió. Venezia, assette le cose col-
la porta Otlomana, con istudio atten-
dendo a dilatare il suo commercio in-
debolito da spesse guerre, e declinato
di riputazione per le nuove scoperte, e
riparare ai danni avuti, si trovo di re-
pente per leggera cagione ricacciata in
quella zuffa, dalla quale poco stante
s' era tolta con onore, e dovette con-
trarre una grossa armata per opporre
argine all' irrompente turchesca poten-
za che minacciava di oppressarla. —
Avendo volto 1' occhio alie cose di ma-
re , credelte bene afforlificare maggior-
menle ed empiere di munizione e di
molla vettovaglia Candia, la quale ve-
nendo riguardata il baluardo della ve-
neta grandezza per la difendevole posi-
zione del luogo, per T importanza del-
1'opere fortificatorie, e perché vagheg-
giata da lunga época da Turchi, si di-
ceva dovesse essere la prima campeg-
giata ; come indi a poco avvenne. Rac-
cozzate tutte le truppe elette che poté
trarre , Macometto comando al suo pri-
mo visire Acmetta di arrivar armato
addosso a Candia, daré il guasto al-
T isola riducendola in breve in suo po-
tere. Ma perché grandi erano gli ap-
parecchi e le forze de' Veneti, gli falli
il disegno ; di qualitá che dovette per
lungo tempo e con maggior fervore più
fíate ricominciare la lotta, e tentar la
Alfivo IO. nt. 4.
Giovedi
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
28 Gennaio 1847.
Ag-giunta all' articolo sul Mauso-
leo dl Diocleziano in Spalato
pubblicato nella Dalmazia
HL 51 anno II. 1846. *)
Sempre costante a me stesso nel
cercar 1' utile della patria, e giovare
alla veritä, alla storia , ed alle arti, mi
e forza aggiungere alle riflessioni espo-
ste sul Mausoleo di Diocleziano in Spa-
lato i disegni dei bassi-rilievi storici, de-
coranti il Sarcofago, che per le mie
deduzioni doveva in sua origine esservi
collocato nel rnezzo.
E tanto piü stimo utile questa pub-
blicazione, che ritenuto dimostrato il
Mausoleo, sarä per aggiungerlisi prezio-
sitä se la sentenza dei dotti, che in-
voco, spiegherä con aggiustatezza i fat-
*) A questo articolo d' illustra-
zione del Sarcofago di Diocleziano,
si aggiunsero dal dottissimo autore i
disegni de' rilievi delle quattro fac-
ce del Sarcofago suddetto, eseguiti
con geornetriche misure da lui me-
desimo ancora il 1. agosto 1846, e
litografati si offrono uniti al pre-
sente foglio per maggiore schiari-
mento ai lettori. La Redazione.
ti sul detto Sarcofago rappresentati, e
Ii troverä tutli allusivi allo stesso im-
peratore.
Siccome io di veritä vado in cerca;
cosi & mestieri che la veritä dei fatti
storici sia esposta alle considerazioni di
chi volesse farne giudizio: onde solen-
nemente protesto che i disegni che pub-
blico sono copia precisa con misure
geornetriche rilevata. La quäle era an-
cor piü necessaria perciö che i soli di-
segni che avevamo pubblici fino ad ora
di tale monumento esistono nell' opera
dell'Adam, e sono con poca veritä ri-
portati; talchž dove sull' appoggio di
quelli critiche osservazioni sortissero,
le non sarebbero legittime, causa i'a-
dulterazione patita.
Sono stabiliti questi disegni in or-
dine progressivo come esistono i quat-
tro lati, partendo dal primo (Fig. 1 prin-
cipale), che rappresenta la carcerazio-
ne di Arrio Apro colto coli' inviluppo
del cadavere imputridito del soffocato
Numeriano, a suo convincimento del
cornesso misfatto. Gli altri segnono 1'or-
dine del Sarcofago, e si riferiscono a*
fatti relativi all' esaltazione di Diocle-
ziano all' impero immediatamente av-
venuta.
Sulla posizione del Mausoleo devo
aggiungere, essere stato erretto in luogo
distinto e serni principale del Palazzo,
e vö dire direttamente incontro al ma-
tante morali bellezze per ogni dove qua-
si a mano disseminate, giovar potreb-
bero non poco ad informare lo spirito
alla pietà ed alla sana dottrina. Ed ora
si potremmo pur dire francamente con
questo di Lei lavoro essersi mostra ab-
bastanza ail' Italia Y imprudenza di C.
Cantù, il quale al lib. 6. n. 21. ebbe
animo di scrivere si bassamente di quel
sommo luminare délia chiesa.
Ma per quantunque ne ritraessi
dalla lettura d'esso compendio e som-
mo piacere ed utilità molta, cionondi-
meno, e ingenuamente lo confesso ,
ebbi a soffermarmi lal una volta a bel
principio, ov'Ella afferma, essere nato
il S. Dottore » a Stridone già picco-
la città, come alcuni vogliono del-
V Italia, negli antichi confini délia
Dalmazia e délia Pannonia, situa-
ta cioè nell' Istria Settentrionale in
vicinanza delV AIpi Giulie. « E qui
mi parve , che le di Lei relazioni non
vanno d'accordo con quanto fù negli
ultimi tempi dimostrato dagli scrittori
nostri. INè ció punto mette stupore, vi-
vendo noi di troppo lontani dal centro
délia letteralura. Di più addiviene spes-
se volte, che per il poco commercio di
lettere, le produzioni de* miei naziona-
li, qualunque si sia il pregio loro, ri-
mangono fra questi limiti, né hauno la
sorte di vallicare 1' Adriático per essere
da forestieri lette e giudicate, ose pu-
re 1'hanno tal ñata, ci vuole spazio di
tempo rilevantissimo. Dietro a questi ri-
flessi mi venne pensiero di dirigerle que-
sto scritto, esponendole rispettosamen-
te il mio senlimento sulle surriferite di
Lei parole , sicuro, che la nobiltà del
di Lei bell' animo appallesantesi tanto
nella robustezza d'un raro e perspica-
ce ingegno, mi vorrà escusato. Eccole
dunque in breve il risultato delle inda-
gini praticate da* scrittori nostri ne' tem-
pi recentissimi.
Ella era sorta, come Le è noto,
già da più secoli fra gli eruditi Dalma-
li, Istriani ed Ungheresi la questione
sulla sede dell' antica Stridone patria di
S. Girolamo, senza perô che si deve-
nisse ad una decisiva conclusione. E ri-
masa pero da poi per alcun tempo as-
sopita , di fresco , e con lena maggiore
si ridesto fra i Dalmati e gl' Istriani
soltanto, e venne a dir vero da ambe
le parti con molto valore agitata e di-
fesa. Il primo che tentasse 1' aringo si
fù il chiariss. sig* can. Stancovich Istria-
no, il quale ne' suoi opuscoli col li-
tolo » Délia patria di S. Girolamo
e délia lingua slava relativa alio
stesso. Venezia 1824* — Girola-
mo dimostrato evidentemente di pa-
tria Istriano. Trieste 1829« cerco
di provare, che la Stridone Gerolimia-
na si deve porre a Sdrigna, povera
terricciuola sul Quieto nel circondario
di Capodistria e non altrove. E difatti
ritenendo egli com' indubitato non es-
servi alcuno storico contemporáneo al
Santo, che ne indichi la patria , e fon-
da ndosi eziandio sulla circostanza che
secondo i confini segnati da Augusto la
Dalmazia s' estendesse fino 1' Arsa, e
che in quel punto confinasse pure col-
la Pannonia, ricavava dalle parole » Hie-
ronymus .... natus in oppido Strido-
nis, quod a Gothis eversum Dalma-
tice quondam Panonioeque confinium
fuit « che Stridone fosse stato un con-
fine della Dalmazia e della Pannonia,
ossia un terzo luogo confinante con l'una
e con l' altra provincia, ma che nè Tuna
nè I'altra fosse; il quai terzo luogo af-
fermava egli essere stata l' Istria, la
qual sola secondo i suaccennati augu-
stani limiti confinava colla Dalmazia e
colla Pannonia. Ma contro di lui sorse
con nobile intendimento l' erudito Ar-
ciprete Capor dalmata , il quale ne' suoi
opuscoli in risposta ai più sopra addot-
ti, col titolo M Della patria di S. Gi-
rolamo .... Roma 1828. — Della pa-
tria di S. Girolamo .... Zara 1851 « .
oltrechè v'opponesse testimonianze trat-
te da opere di scrittori riputatissimi ma
non contemporanei per dimostrare , che
S. Girolamo naque in Dalmazia, fece
considerare eziandio con ragione, che
AMO III.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Giovedi II Febbraio 18/17.
la Bosnia.
Descrizione Geográfica.
La Bosnia è una vasta provincia,
in cu¡ propriamente tre grandi provin-
cié si comprendono, 1' Ercegovina, la
Croazia turca e la Bosnia. Confina a
mezzodi colla Dalmazia, da cui è se-
parata dai monti Diñara e col Monte-
nero; da levante la disgiunge dalla Ser-
via il fiume Drino, e settentrione la
Sava dividela dalla Scliiavonia ; da po-
nente confina colla Croazia austríaca.
E montuosa nella massima parte, ed ha
delle valli frequenli, talune delle quali si
protendono in larghe e fertili pianure.
Anzi per lo più si puo afferma re esse-
re la Bosnia fertile molto di minerali,
di vegetabili , di animali, e dove fosse
condotta a bnona cultura , e derrate do-
viziose e numerosa popolazione dareb-
be. Ma è inculta, e vi si trovano per
entro de' boschi secolari, che occupano
oltre le montagne ed i luoghi rij)idí ,
grandi tratti eziandio delle migliori pp-
nure. Quindi, eccettuati pochi sfti, la
natura è selvaggia ed aspra, pierïavdi
greppi, di chiane, di paduli, che si
stendono sopra vastissimi tratti e ne
rendono 1'aria insalubre, deserto tutto
intorno il paese. E deserta infatti n' è
la Bosnia la quale non ba che 38o in
4oo abitatori per ogni miglio quadrato,
e conta una popolazione di 1000,000.
Viene corsa in ogni direzione da
alte montagne, delle quali lo Scardo a
Oriente che si stende alia Macedonia ;
a ponente il Cosavaz che penetra nel-
la Croazia ; a mezzodi il Diñara e il
Montenero che la partono dalla Dalma-
zia. L' Orbelus degli antichi conteneva
queste montagne. E non è a dirsi co-
me si diramino, e formino con lunga
catena molti altri monti secondari, de'
quali alcuni ricchi di miniere d' oro,
d' argento, di ferro, di sale, e percio
anche ricevettero il nome di Sreberniz-
za, Zlatobor, Rudnik, Zeliesnik ecc.
Gli Zingani, razza Unna degenerata e
vagabonda, che vive sotto tende, e pa-
see le greggi, suol ricavare da codeste
miniere grandi utilitá, anzi il mezzo
Unico per campare. Imperciocché pe' fiu-
mi che scaturiscono da quelle montagne,
fanno passar a nuoto più volte il di la
loro greggia lanuta, e ne raccolgono
indi la polvere d' oro o d' argento che
vi- £Í attacca.
f' Se continue son ie montagne dél-
ia Bosnia, sono molteplici eziandio i
fiumi che la intersecano per ogni ver-
so. 11 principale e quello ove mettono
1' aque della maggior parte degli altri
fiumi, è la Sava, ultimo confine della
Bosnia, a settentrione, e che indica
AWO III.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTEUARIO ECONOMICO
Giovedi 18 Febbraio 1847.
La Bosnia.
Descrizione Geografica.
(Continuaaione.)
Le città che trovansi nella Croa-
zia turca sono Banialuca, che è la prin-
cipale e conta 16,000 abitanli, Pridor,
Cosavaz a piè del monte dello stesso
nome, Stari-Maidan, INovi citlà impor-
tante per commercio, Ch iuc, fortezza
dove erasi rifuggiato Stefano ultimo re
délia Bosnia, e Biaç. Sonvi anche mol-
ti villaggi , ma non è prezzo d'opéra
di nomiriarli.
Neir Ercegovina , che costituisce
propriamente la parte setlentrionale délia
Dalmazia, e il cui clima pochissimo dal
dalmato differisce, e da cui vien divisa
dai monti Dinara, che sono un ramo
de" Bebii, ha parecchie citlà, alcune
anche belle per posi/,ione e per la for-
ma , ma abbandonafe e quasi cadenti.
Le più ragguardevoli sono Livno posto
sur una delle più vaste e più fertili pia-
nure di lutta la Bosnia, ma che pero
ora è ridotta ad un misero villaggio con
poche case cadenti e disperse. Duvno
altra città che domina sopra un' estesa
pianura, e che a quanto sembra ne'
prischi tempi erasi la capitale di tulta
la Bosnia. Glamaç, piccola cittadella.
Mostar, adagiata sulle sponde del fiu-
me jNarenta, e che trasse quel nome
dal magnifico ponte d'un arco solo che
cavalca quel largo fiume. Conta da 7
in 8 milla anime. Slolaç è pure tina
grande e commerciante città, come lo
è Trebigne. Nell' Ercegovina alligna la
vite, potrebbe anche l'ulivo, ma non
vi presta no cura.
Le città délia Bosnia propriamen-
te detta , sono pareccliie , ancorchè po-
che in proporzioue delL" estension del
suolo. Jaice città con 7000 anime, poi
viene Varzar con 200 abitanli, indi
Travnik che ne conta 6000. Quesla ,
che propriamente è una fortezza sitúa-
la alie falde del monle Vlassich de' più
allí che annoveri la Bosnia , è la capi-
tale délia provincia, ed è fortifícala al-
1'europea con mura ebaslile, bagnata
dal fiumicello Lascua. In essa risiede
il visir, che qui si tiene forlifícato, ed
il cui seraglio è T único edifizio degno
d' esser vedulo, essendo cbe lulte le
altre case sono vecchie e sdruscile. Tra-
vnik , fu fabbricata del i 2,^0.
In poca distanza da quesla città, s'in-
conlra la citladella di Zenica, e a 20 mi-
glia la più grande e più bella di tulle le
altre, anzi 1'emporio della Bosnia, la cit-
là di Bosna-Sarai, o Saraievo. Essa giace
a piedi del monte Trebevic da cui scatu-
risce il fiumicello Miliasca che la bagna.
Tutto intorno è girata da alie mura
La Poglizza.
(Cohtinuazione.)
II ritornarer alta iuce il nomo ob^
bliato di que' prodi, idei quali ,1a ricor-
danza una gloria, le gesta sono un
monumento magnifico del prisco valone;
il dissotterrare le buone ed utili costu-
manze di questa nostra térra, smarrite
o per lunghezza di tempo, o per disa-
more di patria, o per mutar di gover-
namento; il ridare lo spirito delle leggi
tutte proprie che in fiore tennero pa-
recchie delle nostró cittadinesche comu-
nanze, doverosa fatica la mi sembra
di anime hennate e della natia caritá
cómprese ; la quale quantunque un tem-
po raffreddata peí lungo silenzio de' piú
saputi concittadini, che esser ne dovea-
no diligenti conservadori, e piü ancora
per la rozzezza de' tempi, la si vede ora
colla gara di nazionalitá rivivere, e
penetrare potente i cuori piú freddi e
neghittosi. Egli é percio che soddisfatto
in; alcuna parte il meritato tributo di
We a que'due migliori per valore,
senno,' e virtíi militare scampati dalla
tenebra dei secoli, che in quella breve
porfcidne della Dalmazia ebbero culla;
ritornero all' intralasciata narrazione de-
gli avvenimenti che scosséro que' repub-
blicanti, scorgendo il ñero turbine dei
barbari armati avventarsi sopra di essi,
cotwe ingorda ed affamata fiera alia pre-
da, e col ferro e col fuoco pigliar
cruetafta ¡ vendetta dell'essersi tolti al
tracé vass&llaggió. ¡
• 'Lf apostata Capitanbasciá Jusuf,
un lempo Giuseppe Mascovich dalmata
ilativo di Vranna venuto a contesa col
bailo Wineto'^ s^ era con luí forte sde-
gnato; e percio da lunga stagione ri-
cercava insidioso ogni via i per nuocere
ed oppressare le genti cristiane. L'oc-
casione, ¡che rara alle¡buone, e tanto
frequente alie mále azioni ci si porge,
non tardo a dar vita al sao feroce di-
segno, . ^ettendplo in grado di gustare
piena la vendetta. Conciossiaché la squa-
dra maltese scontraJte per a caso alcune
barch'e di Rislaragá Sünbülli, che al-
l' Egitto tragittaVanlo, a piena voga
dietro quelle si mise, e raggiuntele con
tale u» impeto le assaltó, che dopo
breve e sanguinosa zuffa le prese, e
ricca; preda dietro a se le trasse, ap-
prodándo alia rada di Ralismene terra
deir isola di Creta in potere dei Ve-
neziani ; dai quali bennaccetta e del
necessario approviggionata, verso Malta
riparti. Da ció egli trasse la prima
scintilla ad appiccare sempre maggiore
T incendio della guerra, che indi a poco
apertamente ai Veneziani fu dichiarata.
Gome corse la fama di questa in >Po-
glizza, gli animi commossi al pericolo
dell! antica loro proteggitrice, e disgu-
stad del ferreo giogo turchesco, levatisi
di subito in armi violentemente lo spez-
zarono, e con volontaria soggezione al
veneto dominio ricorrendo, chiesero soc¿
corso: si ridncesse nelle mani dei Ve-
neziani la fortezza di Clissa porta e;
baluardo pericoloso della Poglizza; essi
peí felice successo avventurerebbero gli
averi e le persone ; d' armi e di provi-
gioni venissero provveduti. Largheggioj
come di consueto, Venezia in promes-
se, privilegi, e doni coi due conti am-
basciatori , e vestendoli di rosso, tronfi
lodatori del clementissimo principe, li
rimando alla patria accordando le armi
implórate, come avea adoperato in altre
fíate, leggendosi nelle ducali: « Item
« hanno supplicato e li è stalo concesso
« Partesane 600 in dono, affiché possi-
« no far il debito loro contro i nemici
« nostri. In altra del 1707: Da rao sia
« commesso al magistrato delle Rason
« vecchie di vestire li doi ambasciatori
«di Poglizza nella forma che é sólita
« praticarsi con altri delle comunitá di
« Dalmazia et Albania, ben intenden-
« dosi col savio cassier del colieggio
« nostro per li mezzi necessarii agli ef-
55 fetli medesimi. « E questo vestito era
setaceo per i conti, di panno scarlati-
no per i rimanenti del seguito.
Cosi la politica adoperando grandi
promesse, apparenti privilegi, lievi doni,
^ n
AWO III. lO.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Giovedi ii Marzo 1847.
L1 CAPPELLA GOTICA.
(trad. dal francese.)
(Cont. vedi il N. 9.)
Il conte di San Floridio, che rap-
preseritava il ramo cadetto, trovossi cosi
il capo della famiglia, ereditando • ad
un tempo e il titolo e le ricchezze del
fratello maggiore. II márchese, morto
nell' istante che meno se F aspettava,
porto con sè il segreto della cappella ;
se non che, per vero dire , non fu di
questo segreto che maggiormente si dolse
il conte di San Floridio, sibbene della
somma di cinquanta o sessantamila du-
cati d'argento eífettivi, che sapeasi esi-
stere negli s'crigni del defunto, e che
malgrado le più minute indagini, e
comunque si rovistasse in ogni angolo,
non fu possibile rinvenire. II povero
Cantarello era alia disperazione peí
smarrimenlo di quel denaro , che ,
com' egli diceva strappandosi i capegli,
si poteva accagionarne lui stesso. II
conte lo conforto alia meglio, col dirgli
essere di Iroppo conosciuta la fedehá
dei servi della famiglia per accogliere
un siffatto sospelto, e a provargli che,
come diceva , pensava , gli offerse nella
propria casa quel posto che occupava
presso del defunto fratello; ma Canta-
rello rispóse che dopo essergli stato
rapito un cosi buon padrone, altri mai
più non intendeva servire. Il conte gli
chiese al lora se fosse a lui conto il se-
greto della cappella, al che Cantarello
rispóse ch' egli non lo sapeva altrimenti.
Il conte nel por fine a quella conver-
sazione, esibi a Cantarello una somma
considerevole di denaro, nía 1'egregio
servitore ricusó accettarla, e stanziatosi
nelle vicinanze di Catania più non s'in-
tese parlare di lui. Il conte di San Flo-
ridio ando al possesso delle ricchezze
di stio fratello, ch' erano stragrandi, e
assunse il titolo di márchese.
Erano dal funesto evento Irascorsi
dieci anni, e il márchese di S. Floridio
avendo riedificato il palagio del fratello,
abitava Y estate a Messina, 1' invernó
a Siracusa ; ma fosse o a Siracusa o a
Messina , mai non ommetteva di far ce-
lebrare una messa nella cappella di fa-
miglia in suffragio dell' anima del de-
funto. Quella messa celebravasi ail'ora
medesima nella'quale il márchese di San
Floridio era stato ucciso sotto le rovine
del proprio palazzo, vale a dire, aile
nove della sera.
Giugneasi alla ricorrenza del déci-
mo anniversario, che si avea a celebrare
con r usata pompa, ma al quale dovea
assistere un nuovo personaggio che si
ha la parte principale nella storia che
abbiamo impresa a narrare. Era questi
MIO III. I. 11.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Giovedi 18 Marzo 1847.
Se vi sia qualclie Ictteratura che
debba riguardarsi come la mi-
gliore di tutte e se alia forma
di quella convenga ogrii altra
rldurre.
Dopo aver esaminato se e in cosa
differiscano tra loro le letterature delle
varié nazioni, mi vien spontanea una
ricerca: Si puo dar qualche letteratura
che debba riguardarsi come la migliore
di tutte, e sulla forma di cui convenga
ogni altra ridurre ? Piü che non appaia
a prima vista si é difficile la ricerca ,
e chiunque ha fior di senno deve ben
esitare a rispondervi.
Due domande, come ognun vede,
son fatte di sopra, e nella prima, a
cui mi recheró ora a rispondere, viene
inchiusa tanto la possibilitá, che 1* esi-
stenza di una tale letteratura.
Che sia possibile in qualche na-
zione una letteratura migliore e piü
perfetta di quelle d' ogni altra, ognuno
accordar lo deve, giacché in ció nien-
te involge contraddizione. Yediamo delle
nazioni a pezza piü avanzate nella cul-
tura e nell' incivilimento delle altre tutte,
e per conseguenza conchiuder dobbiamo
che anche la loro letteratura sia a pez-
za migliore e piü perfetta delle altre,
non essendo la letteratura , che la de-
positaría delle cognizioni e delle dottri-
ne, delle arti e delle scienze aquístate
da una nazione eolio svolgimento pro-
gressivo delle sue facolté intellettuali e
morali. Che sia anche possibile che cia-
scuna nazione arrivi ad altissimo grado
di cultura e conduca la propria lette-
ratura a tale perfezione, a cui forse
non é giunta mai quella d' altrui, non
deve mettersi in contingenza, essendo
ció proprio dell' umana perfettibilitá, di
cui il progressivo avvanzamento non v* é
mai chi valga a determinare. Per ció,
lo confesso, che strana mi comparve
1' asserzione di quel profondo ingegno
del Romagnosi, il quale nella pregevole
sua opera dell' Índole e dei fattori del-
T incivilimento, al §. 9. » Questa av-
vertenza era necessaria, dice, onde
sbandire la prevenzione, che ogni popo-
lazione selvaggia possa almeno col corso
dei secoli, elevarsi a civiltá colla sola
propria energía. Questo pensiero sareb-
be erroneo. Tranne il concorso delle
piü felici círcostanze di un paese único
nel quale prima spunto, crebbe e si
diffuse I' incivilimento, e da cui colla
maniera sperimentata efficace, fu tra-
piantato di fuori, non sí puo trovare
T esempio che verun popolo siasi da se
stesso incivilíto. Questo serva di avviso
ecc. « Poí prosegue. « Sappiamo che la
storia non ci fornisce verun esempio dj
A1IO III. M. 12.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Giovedi 26 Marzo 1847.
STotizia iiiloruo alla vita ed agît
§tudiî <11 Crio, de Bizzarro.
Hoc debenius virlulibus, ut non prsesenles solum illan,
sed eliam ablatas e conspeclu colamus.
Séneca Benef. 1. 4-
Giovanni de Bizzarro naque in
Sabioncello terra del Raguseo, da Yin-
cenzo, e da Maria Bonflol ai 24 giugno
dell'anno 1782 di nobile e ricco casato
paterno , per il materno non meno one-
sto. Giovanetto venne in Ragusa affidato
alie cure dei frat: Appendini ove insie-
rae ad Antonio e Tommaso Chersa suoi
cugini, studio di forza nella latina fa-
vella sotto la disciplina del P. Luca
Bianchi uomo bello e formato a quella
scuola. L'ingegno suo docile piegandosi
più che mai, annunzio d'allora la rara
nobiltà, ed ardore deirindole: e 1' e-
mulazione ond' ebbe lottare coi due com-
pagni gli fu sprone al meglio. Sicchè
le speranze concepite su que' tre allievi
erano di dolce conforto al loro istitutore.
Colla morte del padre avvenutagli nel
1793 Giovanni passo a Yenezia, dove
l'invitava uno zio materno console délia
repubblica Ragusea. Cosi tenerello gli
fu d'uopo separarsi dai compagni ; ma
non interrotta corrispondenza durô fra
loro, e sui reciproci studii e su que'
fatti che insorgenli appena, ebbero tan-
to ad influiré sull' avvenire della loro
patria.
Le amorose cure del párente re-
sergli meno amara la mancanza del pa-
dre : e valsero a farlo approfondare negli
studii di belle lettere e specialmente di
poesia alia quale per natura inclinava.
Ardente infatti di quella febbre generosa
deir animo che appellasi ingegno, di
cui gli abili istitutori non s' adoprano
che a svolgere il germe, furono bene
dirizzati i suoi primi passi, e scevra la
sua scienza da que' pregiudizii ed errori,
che nell' uomo nascono inseparabili dalle
cognizioni, né altro sono che opera di
mala educazione.
Fu nel seminario di Treviso che
sotto scorta di maestri chiari (vantava
T ab. Paolo Bernardi e Y ora cardinale
Monico), coi quali poi annodó piü stret-
to legame di famigliaritá, ei fu istradato
all' amore dei classici, che in lui fitto
radicó. Né tardarono a scorgersene i
frutti: I' Inno a S. Biagio V. e M.
Yenezia 1799 in 8, benché risenta la
troppa giovanezza dell' autore fu bene
accolto. Preso animo da ció, per un'
accademia da tenersi in Ragusa in me-
moria di Benedetto Stay mandava
un' Ode libera quindi stampata in Ye-
nezia nel 1802 in 8. Di quest'época
abbiamo anche 1' altra Ode saffica per
le Nozze Rizzoni-Bembo in fol. vol.
e la traduzione di varii opuscoli latini
AMO III. i. 13.
LA DALMAZIA
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Giovedi i. Aprile 1847.
Hotizia intorno alia vita ed ag-li
§tndii di GIo. de Bizzarro.
Hoc debemus virtutibus, ut non prsesentes solum illas,
sed etiam ablalas e conspectu colamus.
Seneca Benef. 1.
(Cont. vedi il N. 12.)
La sua librería alia comDÍlazione della L
quale senza risparmii attese incessanlemente,
si vide cresciuta de' piü rari ciraelii che di rado
si veggono anche nei piü doviziosi gazzofilaci.
Essa racchiudeva quanto di prezioso poteva
investigare la cura d' un generoso bibliófilo;
1e perció ammiravi: la raccolta delle edizioni
Aldine, e delle Elzeviriane, delle cítate dalla
Crusca, e corapitissima cosi delle Cominiane
che ne stampava nel 1817 in Venezia un
catalogo in cui corresse gli annali Yolpi-Co-
miniani dell'Ab. F. Federici Padova 1809, per
lo che stampandosi un' appendice a quell* opera
(Padova 18x7) si giovó delle osservazioni del
Bizzarro citándole spesse fíate. Dotato di finis-
simo gusto per le arti e di mezzi per soddisfare
a tal genio, formo della sua casa un museo
ricco d¡ pregevoli raritá: collezione dei rami
del Morghen, pitture, medaglie, monete greche
e romane, idoletti, statue, lúceme, musaici,
corniole, cammei antichi e moderni, fra cui
andavano i norai del Pikler, del Bertioli, del
Santarelli, del Beltrami; e quel famoso Pietro
Bembo capo d'opera glitografica del secolo XVI,
moltiplicato nelí' elegante bulino del professore
Garlo Lasinio e cantato nel carme del conté
Pimbiolo. — Ne si tacque a ció Y arguta musa
del Dalmistro che in un sermon apposito 1)
lo prendeva a lodare come:
Onor della vetusta alta Ragusa.
Ed insegnando quai utile uso T nomo dotto
deggia fare delle ricchezze quando la fortuna
lo largheggia, prendeva esempio da lui cui....
. . . . Palla del cerebro
Informava il domabile midollo
Dell* ottim' arti al genio e alia virtute.
Lodi tanto piu meritate, quanto dettate
da quella penna schiva nel prodigarle.
Quetato cosi novellamente, diedesi agli
studii ed alio scrivere. Gli era capitato non so
come un' antichissimo códice del carme sul
terremoto di Ragusa del P. Benedetto
Rogacci forse autografo di quel sommo, ed
egli subito pose mano a tradurlo; dolendosi
molto che quella gemma andasse smarrita,
volendo ad un tempo provvedere al maggior
lustro della patria ed al debito che gli correva
col Dalmistro per la dedicazione di Atenagora
e per i sciolti deila Bibliofilia* 1/anno 1808
presso il Palese in Venezia veniva in luce questa
traduzione, la prima volta col testo originale
pure inédito.
» Quanto mi piaccion mai i versi del P.
« Ragacci, gli scriveva Dalmistro, ch' ¡o co-
« noscea soltanto per un ascético! Vi assicuro
« che son essi di un gusto squisito; la versione
« poi che ne faceste è felicísima e puó stare
« a fronte del suo originale bellissimo senza
1) La Bibliofilia Sermone di Agnolo Dalmistro a Giovanni
de Bizzarro Padova Bettoni 180S in 8.