N. il. Zara-Sabato 16 Marzo 1861. Anno II
LA VOCE DALMATICA
GIORNALE EGONOMIGO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — jđjlk^^-^^ associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. — I^l^amenti potranno farsi per V annata intera, ed anche per semestre, anti-
cipatamente, e dovranno da fuori di Zara essere inviali franchi per la posta, coli'indicazione del nome, cognome, e domicilio
deir associato. — L-jttere, libri, articoli, devono affrancarsi. I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abe/ich. — Un numero separato vale s, 15.
«lOIfliTflitItlO. — Parole di N. T^^^^mAlsi
prof. G. Sundecich, Y. Duplancich. ^SBKMio D
minis e Trajano Boccalini. — Una q^tlKm d'econ
mia. — Confutazione^ ringraziamenti e proteste.
Agli Elettori della città e Distretto elettorale di Zara.
A voi, Signori, cfj^ accoglieste il mio scritto
intorno alia questione dalmalica, mi sia lecito
volgere queste parole intorno alio scrilto die
volge a me li signor G. N., acciocché il mio si-
lenzio non paia disprezzo e sconoscenza alla
cortesia eh' egli m' usa. Agli argomenti di lui
non mi pare necessario rispondere, sì perch'egli
non ha, forse per indulgenza, abbattuto i recati
da me, sì perchè si risponde egli medesimo con
troppa più forza eh'io non saprei. Se dice che
il popolo dalmato è proclive a schiacith, dice
altresì che la nazionalità è la cosa che a lui
più sìa cara. Se dice che T ignoranza lo rende
simile al bruto; non gli nega potere divenire un
popolo libero e costituzionale, purché faccia sua
la cosliluziono e la libertà de' Croati. S' egli a
me nega la conoscenza delia mia patria, nella
quale ho passati i primi diciasett' anni della mia
vita e ci ritornai dieci volte a diversi intervalli
e a non brevi dimore infino al IS^i^al qual
tempo non sono mutati gran fatto ^^^^^omini
né le cose, e poi n' ebbi contezza^^^Bai da
lettere di partigiani, ma sì da gioniM|Wie con
le reticenze stesse e col silenzio dicono assai a
chi sappia leggere, e da libri che il signor N.
imn lesse, e da colloqìii di non Dalmati che mi
scoprirono cose dal sig. N. ignorale; s'egli mi
nega, dicevo, la conoscenza della Dalmazia, li-
beralmente compensa il suo garbato rimprovero
e il mio difetto con le molte cose che nel suo
libretto m' insegna. M' insegna tra le altre, che
ventimila di numero sono in Dalmazia quelli che
parlano T italiano, e che questi ventimila tiulla
fecero che non tendesse a inganno., a oppres-
sione: dalle quali parole rimane dubbio se sieno
accusati i ventimila viventi, o le altre venti migliaia
oro antenati, via via di generazione in ge-
zione per non so quanti secoli. Veramente è
ifficile imaginare che ventimila uomini (e siano
pure italiani di corpo o di spirito) possano tutti
quanti aspirare al male in cosi felice maniera,
che non gli riesca mai di far altro che male in
tutta la vita; e ciò conciliando due cose che a
pochi privilegiati, e di rado, è dato congiungere,
r oppressione e l'inganno. Ma il signor N. Io
dice in modo così risoluto, che quasi somiglia
r imperioso alzali e CaiHHiina gridato a' Dalmati
da' Croatil Un' altra cosa egli ancora ni* insegna
con le parole d' un libro del sig. Abate Gioberti:
che i miei pareri politici (di me da altri accu-
sato, da altri lodato, secondo i partiti, di fer-
mezza e temperanza nelle mie opinioni e ne'miei
sentimenti) non hanno troppa unità ne riserva
nè consistenza: e mi giova imparario dall'uomo
che nella sua vita politica ha dimostrata tanta
costanza e riserbo e unità, che tendendo le brac-
cia per attaccare al Piemonte Ragusa e Cattaro.
non prevedeva dovere involarglisi Mentone e
Nizza. Ma, lieto d' ornare il suo frontispizio di
quella senteiua, e presentarsi armato di lei co-
me di scudo insieme e di lancia e d' elmetto, il
cortese avversario perdona all' Abate Gioberti i
suoi amori illeciti con gli Slavi, e gli risparmia
il titolo di stolto^ del quale titolo certi difensori
della da noi pure amata Croazia, si mostrano
larghi a' dissenzienli da loro.
Credete, Signori, alla stima affettuosa dei
vostro
derotissimo
Tonamaséo«
Al sì<;oor Professore Giovanni Sundecich
da Goligncto.
La lettera ch'ella ha publicata, sono alcuni
giorni, sul Glasnik Dalmatinski^ contro le poche
parole di lode eh' io ho fatto di lei, nell' opu-
scolo sulla Ciciltà italiana e slaca in Dalmazia^
venti, voi sarete pur sempre l'avanguardia della
civiltà latina verso l'oriente. Questo posto voi
dovete gelosamente custodire. La civiltà vien
sulle navi: e voi mostrate da che parte viene.
Chi vi parla del vostro slavismo ignora dunque
che ogni nazione è fatta sovra altre nazioni, e
che Berlino sorge in mezzo alle antiche terre
dei Vendi ? Voi siete sì slavi, come F Alsazia è
oggi tedesca, anzi infinitamente meno ancora,,.
Operazioni elcÉtoraii
di %ara.
Elettori della città e distretto elettorale
(li Zara!
Nell'adunanza di iersera, cui presero parte
269 dei signori Elettori, si compirono le opera-
zioni seguenti:
1 Usciti spontaneamente dal Comitato cinque
de' signori che vi appartenevano, fu preso di ri-
stringere il medesimo da dieciotlo a qiiallordici
membri, e per completare questo numero, ai tre-
dici rimasti fu aggiunto per acclaniazlofle il signor
Duplancich Vincenzo.
2. Si fece la votazione perla proposta di tre
candidati, quali Deputati alla Rappresentanza pro-
vinciale, uno di questi pella città capitale di
Zara, e gli altri due pel distretto elettorale di
Zara, Arbe e Pago; ed ì risultati ne furono:
Per Zara, il sig. Borelli Conte Francesco,
con voti 191.
Pel distretto, il sig. Ghiglianovich Dr. Gia-
como, con voti 164, ed il sig. Filippi Dr. Natale,
con voti 161.
Elettori! La conformità nelle opinioni e la
concordia nei sentimenti, da cui fu guidata la
mente vostra e la vostra mano in tal sperimento,
'^sianvi ognora di scorta fino all' istante di quella
solenne manifestazione della scelta vostra cui per
diritto siete chiamati ; edalla santa causa dell'au-
tonomia e libertà di questa Dalmata Patria non
potrà fallire la soluzione da noi tutti desiderata.
Zara, 19 Marzo 1861.
Il Comitato elettorale
Betloschi GìoYanni. - Bianchi Canonico Carlo Fede-
rico. - BoleoYich Giorgio. - Duplancich Vincenzo. -
Fabbrovich Francesco.'- Fanfogna Conte Giovanni. -
' Ferrari Cupilli Giuseppe. - fardello Pietro. - l\o-
yflsselich Bartolomeo. - Perlini Giuseppe. - Trigari
'Nicolò.
Eccepitisi dalla firma i tre Candidati.
Come consonasse l'effetto alle raccomanda-
zioni del Comitato, l'abbiam già veduto. Resta
soltanto che ci congratuliamo coli' esimio sig. Du-
plancich per quanto d'esso nel riportato annunzio
ci venne letto.
Tale solenne manifestazione della publica
stima e fiducia verso quest' onestissimo e va-
lentissimo nostro concittadino risponde pienamen-
te agli insensati attacchi mossi contro di lui dal
Glasnik Dalmatinski e compagni; e vi risponde
con assai maggiore forza e chiarezza di quel
che potrebbero tutte le parole della Voce Dal-
matica^ la quale ben fa il detto giornale ad ap-
pellare cognata., mentre ad essa ripugnerebbe una
più stretta parentela con tali, che per infiorare
le petulanti lor scipitaggini, cercando vanno le
inspirazioni e le frasi nel galateo degli Aiduhi
e tra i belliconi delle taverne.
Marcantonio Ticlovicli
ANTONIO DAMIANOVICH
L
CANZONE
Il Dolore e la Speranza
A me canta, o Fratel mio;
Il Dolor che al buono Iddio
Risolleva i nostri cor:
La Speranza che amorosa
Ne conforta in questa guerra,
Additando un Ben che serra
In sè innumeri tesor.
Canta a me, Fratel, pur anco
Di Natura le bellezze
E le vive, sante ebbrezze
Dell'amore del Signor.
Al mio cor, dolce Fratello,
Grato assai sarà il tuo canto;
Al mio cor che allieti tanto
Del tuo caldo e schietto amor*
mp, Demarclii-RoBgìer. Đ.r COSIMO BEGNA DI POSSIDARIA e GIUSEPPE FERRARI CUPIllI, Redattiri responsabtil*
memoria, come furono appunto i nostri. Non in
quanto alla forma, giacché quantunque noi, vec-
chi allievi del prisco ginnasio, sappiamo bene di
non poter competere con chi gode la fama di
primo pensatore ed oratore della nostra Dalma-
zia (v. Supp. al Diavoletto n. 99. a. e.), pure,
se avessimo bisogno d'un esemplare di bello stile,
non lo cercheremmo al certo fra coloro che da
poco in qua ostentano di scrivere in italiano co-
me in lingua straniera. Una cosa però, ad ogni
modo, garantire possiamo in tutta coscienza ri-
guardo a que' nostri cenni, ed essa è, che det-
tati sotto l'impressione dei piìi patriottici senti-
menti, possono aver bensì ricevuto quel colorito
vivace ch'era proprio dell'occasione, ma non
fenderono mai artatamente ad ingannare od of-
fendere alcuno. Le dicerie poetizzate le lasciamo
quindi a certi oratori, che per quanto eminenti,
son pure uomini, e sono per conseguenza sog-
getti, quanto gli altri, a cadere in qualche vani-
loquio intempestivo.
Ma la Gazzetta di Fiume nonparve all'au-
tor nostro il solo organo adatto a diffondere quant'
occorreva l'articolo suo, ed eccolo quindi com-
parire anche snW Osservatore triestino, e per di
più con la coda di due note, nelle quali, come
appunto nella coda degli scorpioni, raccolti si
trovano i suoi più venefici dardi.
In quanto alla prima di tali note, nulla di-
remo nè delle cavillazioni apposte al Presidente
ed alla maggioranza della Dieta, nè dei sotterfugi
ed arbitrii supposti possibili per sottrarre la pro-
testa della minoranza, quasi che si trattasse d'un
atto sì imbarazzante, da meritare la pena d'oc-
cultarlo, e quasi che tra gì' interessati nella qui-
slione ve ne fosser di tal natura, da poter non
onestamente ciò fare. Taccie son queste che non
ci riguardano, e della cui malignità vorran altri,
degnandosene, occuparsi. Noteremo soltanto non
essere punto da stupire, che dopo esservi stato
chi proclamò il nostro autore come il più au-
stero e nobile carattere della Dalmazia (v. stipp.
sud.), vi sia chi anche possa ritenere tutti gli
altri valentuomini di cui ella s' onora per al-
trettanti ignobili mariuoli.
Alla seconda di tali note non possiamo a
men d' arrestarci; ma giova prima conoscerne le
precise parole : "Lascio (dice 1' autore) le altre
"circostanze, p. e. gli applausi, gli evviva delle
''gallerie ecc., sì impudentemente nei nostri fo-
^gli a prò delle loro idee invertite. Strana cosa!
H fogli non dalmati ci hanno finora offerto no-
tizie sulla nostra Dieta più vere ed esatte di
'•quello che i periodici della nostra provincia!!!,,
(sic). — A quaU fogli non dalmati alluder qui
vogliasi, non sappiamo; saranno forse il Pozor,
ed altri simili d' oltremonte, nei quali non è punto
strana cosa di leggere sui fatti nostri delle no-
tizie a quelle conformi di certi articoli comuni-
cali. Li quanto a' fogli nostrani, toltone il Glas^
nik Dalmatinski.^ di cui l'autore 7ion intese cer-
tamente parlare, rimangono l'Osservatore Dal-
malo e la Voce Dalmatica^ i quali non avendo
tra loro, come notammo, alcuna consorteria, se
nel riferire i risultati delle sessioni della nostra
Dieta provinciale, toccarono anche di quelle ma-
nifestazioni popolari da cui furono accompagnati
alcuni de' suoi discorsi e delle sue deliberazioni,
non fecero che riportare ciò di cui tutto un pu-
blico fu partecipe e spettatore. E se non tutto
riportarono coi più minuti dettagli, fu perchè
trattavasi, come dicemmo, di semplici sunti, e-
stesi col solo aiuto della memoria, e non di re-
lazioni particolareggiate, come quelle degli ste-
nografi, le quah, publicate che siano, daranno
unicuique smm '). Nessuno può dire adunque
che certe circostanze siano state da noi a prò
d' alcuna idea impudentemente invertite^ ed a
chiunque così parlasse, per quanto rispettabile il
nome ed onorifiche le divise da cui coperto, la
Voce Dalmatica.^ in quanto a sè, dovrebbe fran-
camente rispondere : Fo^, signore.^ impudentemente
mentite.
Altro dopo ciò non ne resta, che pregare
le ragguardevoli Redazioni dell' Osservatore Trie-
stino e della Gazzetta di Fiume a riportare nelle
colonne loro anche le parole nostre, giacché ri-
portarono le avversarie; e quantunque in mate-
rie di tal natura le contraddizioni e gli abusi
dell'altrui credulità siano all'ordine del giorno,
pure, nel caso nostro, ameremmo di ciò vedere,
per solo debito di giustizia, e non già per ti-
more d'alcuna sinistra impressione che l'autorità
d'un nome potesse avere destato nei male infor-
mati delle cose nostre a carico di tanti altri, ab-
bastanza già conosciuti per niente meno onorati
e rispettabili.
'J La mancanza d' alcuni dati indispensabili pel
completamento di simili relazioni^ a causa del-
V improvvisa partenza per Vienna di quasi tulli
i Signori che componevan la Dieta., ne fece
arrestare la stampa, che^ al prossimo ritorno
loro.) verrà con tutta sollecitudme conlinovata.
DI PROSSIMA PUBLICAZIONE
dalla tipografia Battara iu Zara
DEILO STATITO mOABICO E CROATO
SE POSSA ALLA DALMAZIA APPLICASSI
DISCORSO DI N, TOMMASÈO.
T'ip, Deniarchi-flpuj^ier. D.r COSIMO BEGNA DI PUSSIDAKIA e GIUSEPPE FERRARI CUPllLI, IkdaUgri responsabili.
gilanza, perchè non isfu^ga menda, sia pur lieve,
senz' essere avvertita; i pensieri gentili o istillati
0 fatti nascere, vanno al di sopra d'ogni enco-
mio. L'obbligo, di recente ingiunto, di non par-
lare mai in dialetto, è anche questo un soccorso
a conseguire la facilità dello scrivere. Né, come
la sospirala e pressala monacella francese inco-
mincierà le sue lezioni, verrà meno lo zelo, af-
finchè r istruzione nell' italiano continui con pari
lodevolissimo frutto. D' aritmetica molto, di geo-
grafia e di storia qui ce n' ha quanto basta. I
lavori poi non temono di venire al paragone coi
più squisiti e perfetti. E, se si vuole farne conto,
tutta grazia la calligrafia e l'arte stupenda di
ridurre per bene le men inclinate da natura: ma
in cima a tutto vuoisi posta quel!' attenta e de-
licata sollecitudine, con cui si coltiva ed acca-
rezza 1' amor filiale; quella reciprocanza d' aftetto
die dolcemente e strettamente congiunge le e-
ducande e fra loro ed alle graziose istitutrici. In
una parola qui provveduto alle esigenze dei tempi,
alle consuetudini del paese; qui bandite le fan-
tasmagorie, piena e pretta realtà. — Mi si passi
la digressione, e la si estenda pure a quanti i-
slituti stiraansi meritarla.
Del resto non vi lasciate, o mammine af-
fettuosissirne, sedurre e rapinare dall' andazzo ;
non abbagliare dalle apparenze; non abbindolare
dalle grandi promesse; non lusingare da una va-
na tintura di molte cose. Badate al solido; sicché
infine ad ognuna delle vostre figlie si possano
con verità appropriare i seguenti versi del Monti:
costei
Di tutti pregi ornata,
E ne' più rari e bei
Di Pallade lavori esercitata,
Naque a bear la vita
Di qualche anima bella al ciel gradita.
Prof. Ab. h. Tandotti.
Fr.)
YARIETA'.
lìfuova Cometa.
La sera dell'8 maggio, alle ore 10 circa,
fra il Leone ed il Cancro, per 9 ore, 11 minuti
di ascensione retta, ed in 30 gradi di declina-
tone boreale, fu veduta, all' osservatorio di Brera
a Milano, una Cometa assai cospicua. La sua
forma era quella d'una nebulosità rotonda di
diametro, circa eguale a quello della metà del
sole, con nucleo grande, ma poco distinto. L'a-
stro all'occhio nudo presentava l'aspetto di una
stella di terza grandezza, di luce confusa e ne-
bulosa. Esso si avanza rapidamente verso sud-
ovest, e nei giorni prossimi sarà visibile como-
damente nelle ore vespertine ad occidente di
Giove. (Persev.)
La fine del nionilo.
Quando s. Giorgio Iddio crocifìggerà^
Che s. Marco lo risusciterà^
Che s. Giovanni lo porterà,
Il fine del mondo arriverà.
È questa una delle predizioni del famigerato a-
strologo Nostradamus che un giornale francese
ha richiamata dall' oblio ; predizione che tradotta
in volgare significa, che il mondo finirà nell'anno
in cui s. Giorgio cadrà nel venerdì santo, s.
Marco nel giorno di Pasqua ed il Corpus Do-
mini nel giorno di s. Giovanni. — Ora i cro-
nologisti ci annunziano che queste fatali coinci-
denze accadranno nel 1886, per cui non ci re-
sta a vivere che 25 anni e qualche mese. Non
ci è caso, volere o non volere, bisogna che rac-
chiudiamo entro così angusti termini i nostri de-
sideri, le nostre speranze, poiché dopo 25 anni
e qualche mese il nostro mondo non sarà più.
Orribile a dirsi, orribile a credersi !!
(Riv. Fr.)
Archeologia.
Neil' Algeria presso Costantina fu scoperto
un epitaffio romano che ci fa conoscere un caso
mirabile di longevità. Questa scritta è scolpita in
caratteri regolari, ed eccone il lesto:
D. M. Diis Manibus
C. Julius C. Julius
Pacatus Pacatu
V. A. Vixit annos cxx. vxx.
(Istr.)
Corriere della Redazione.
AlV estensore deW articolo Pensieri a solo inserto nel
nostro n. 18. Voi ci scriveste che se il inadesiino poteva
esser accolto nella Voce Dalmatica "T autore si offre a di-
"fenderlo, ove venisse attaccato, levando Tincognito soUo
"cui questa volta brama passare,,. Ora che avrete letto (ciò
che noi non facemmo) l'appendice de! Glasnik Dalmatinski
n. 38-9, tocca a voi, e se per caso ve ne foste dimenti-
cato, ve Io rammentiamo.
Dell' articolo di Tommasèo, interrotto nel-
l'ultimo nostro numero, non ci è peranco giunta
la continuazione. È uscito bensì dalla tipografia
Battara, al prezzo di soldi 35, l'annunziato Di-
scorso dello stesso illustre autore col tilolo: Dello
statuto ungarico e croato.^ se possa alla Dal-
mazia applicarsi.
Tip. Deniarclii-liousier. D.r COSIMO BEGNA DI PUSSIDAKIA e (JllSEPPE FE«UAHI CllPlLLI, HedsUdri responsabili.
lo disse uno de' rispeltabilissimi dalmati Deputati
nella conferenza di Vienna, per quanto ne ns-
jsicura il Pozor^ ed alcuni dell' altro rito, ma il
più di questi senza avere idee precise sulle con-
seguenze, e vari con idee sorte da diverse o-
rigini^ sulle quali ora sta bene il tacere.
In fine vi osserverò, che niente avete sa-
puto opporre quando dissi, che si può conser-
vare in Dahnazia la nazionalità slava, e colti-
varne con più impegno la lingua, senza passare
a disposizione della Croazia.
Ora alla lingua del Glasnik^ ed alla sua or-
tografia con caratteri Ialini. — Voi diceste di
non voler ascoltare altri giudici fuor di quelli
ue quali avete fede. Dalla vostra fede dipende
quindi il giudizio sulle cose vostre, e fino che
non trovate un giudice di vostra fede andereino
avanti così, ed io sono persuaso che anderemo
per lunga pezza.
Sull'ortografia voi diceste che nessuno con
forza C impose: che essa da SC si è aggiunta a-
gl' intelligenti e giudiziosi, essendo in fallo olli-
nia, inlelligeiitissima e libéralissima ; che per dò
raccolse l'Autorità ne'bollettini delle leggi ge-
tieraù\ ed in quelli della procincia^ abbandonan-
do la sua 'cecchia come quella che dalle circo-
stanze Vienne comunque raccapezzata. Tante parole
con tre superlativi cosa provano? sono parole.
Probabilmente non avrete osservato ne' bol-
lettini dell'Impero tradotti in slavo alla prima fac-
ciata in calce sopra ogni quinternetto la parola
croatisc , ciocché al certo non vorrà dire
Dalmato; ma comunque sia, sarete con me, se
dirò che un decreto non fu mai preso, ne servì
di testo di lingua, o di nonna del retto scrive-
re. — Poi si potrebbe ricercarvi come avvenne
che la nuova ortografia da se si è aggiunta a-
gl' intelligenti e giudiziosi Dalmati. Qualche vo-
stro intelligente e giudizioso 1' avrà creala ed
introdotta, ma che da se si possa aggiungere
non lo so come. In quanto alla precedente, essa
vanta la sanzione del tempo, e I' uso costante,
assieme al giudìzio delle nostre celebrità, accen-
nate nel primo articolo, ed all' esperienza de'cul-
tori della lingua nella Bosnia e nell'Ercegovina.
Mi accorderete, che anche nel passato si
scriveva in Dalmazia in slavo, e credo assai più
che attualmente; mi accorderete che a'tempi del
Provveditore Dandolo a Zara si stampava II re-
gio Dalmata a doppia colonna, cioè italiano e
slavo: forse voi pure avete veduto di questi fo-
gli, e se no, potete vederne da molti; mi ac-
corderete pure, che prescindendo da altre opere
minori, o più rare, circolano fra le mani di tutti:
il triplice dizionario dello Stulli; la traduzione
delle epistole e vangeli che si leggono ogni fe-
sta; le molte opere di Gian Giuseppe Paulovich-
Lucich; gl'inni sacri del Babich e del Ciulich ;
molte cose delli Miossich, Santich, Appendini e
Terzich; e quelle stesse poesie eroiche dell'uomo
a cui tutta la Slavia fece onore nel secolare an-
niversario. Vi sono pure delle cose, non le re-
centi, degl'istessi Ivichievich e Petranovich, e di
quest' ultimo il suo alfabeto peli'anno 1839. Tutto
questo trovasi scritto coli'antica ortografia, come
con poca diversità scrivevano que' dell' Atene
slava, gl'illustri ragusei, e tutto senza una pa-
rola che prettamente slava non fosse;e tutto,
ciocché importa sopra ogni altra cosa, tutto dissi,
era benissimo letto ed inteso da' più e da' meno
colti dalmato-slavi, ed anche dagli assolutamente
privi di ogni coltura si capiva.
Di più, le notificazioni governative fino a
pochi anni addietro erano stampate con quella
lingua, con quella ortografia, e vi si stampava
lo stesso Glasnik fmochè altri n' ebbero la re-
dazione.
E non vorrà negarmi alcuno che in nes-
suna delle citate opere slave furono trovate le
parole adresu., deputirska, komora.^ senatu., pe-
ticija, guberniji., e neppure alcuno sosterrà che
sono parole slave, o che nello slavo vi manca-
no le corrispondenti. Eppure tutte si trovano nel
Glasnik., anzi tutte replicate nelle sole poche li-
nee de'dispacci telegrafici dei n. 38-39.
Ed egualmente con istento si riescirà a
persuadere che possono meglio compitarsi le pa-
role scritte così: grk., krk, grm., brz., irsi ecc.
di quello gerk., kerk., gemi, berz., tersi.
Infine, i nostri montanari non sanno darsi
ragiane ancora, perchè venne bandita la a?, e la
c col gambetto sostituendo alla prima uno
ed alla seconda un c senza gambetto, ma o-
norando ambedue di doppie corna (i, é), per-
suasi che col passato metodo l'una e l'altra di
queste due lettere potendosi scrivere con un sol
tratto di penna, ne riusciva più facile e più sol-
lecita la scrittura che col metodo attuale, per
cui ce ne vogliono due.
Chiuderò questi cenni col ripetere che il
Glasnik è poco letto, e pochissimo capito, e lo
provo col quasi nullo numero degli associati in
provincia, non dovendosi far calcolo degli uffici
che lo ricevono senza spesa, e de' parrochi che
non pagano che la sola posta.
Io lo leggo perchè vi ha sopra quella be-
nedetta parola Dalmatinski., eh'è per me parola
magica, e del più puro degli alfetti. Ne mi sco-
raggia r orgoglio della Vda che dicesi diretta ad
istruire e dilettare., ma che abbisogna moltissi-
mo d'istruzione e di educazione per non far sor-
ridere de'lettori men indulgenti di un
Dalmata de' coh/ìhì verso 1' Ercegovina.
stro Cirillo, ecc. E ci scoiametterei che Petrauo-
vich si dovette i>er ora adattare alla ie nel suo
famoso Manuale, e che C1311 brutto ghigno vede
la rostrata ortografia croata che la sapienza cro>
ata lo volesse iiiiialzare al sublime grado di Mi-
tìistro, credo di giustizia, iu quella parapiglia, che
fece volar lelacich a lunspruk. Inghiottiti 0 Fau-
sto anche questa pillola amara, ciiè tu costringesti
nn pericoloso avversario a dover spezzare una
kncia nel torneo ove tu lo chiamasti.
Serbi dunque per metà gaudenti, Croati indid-
dulgeiiti, scorazza lìti una strada, che a zig zag
mena in Serbia, la quale si trova piccina, e che
da lungi mostra la sua bandiera su cui sta scritto
Sèrbi SVI, i sonda - Serbi tutti, e dappertutto - e
la sapienza croata ancor uon s'accorge dove Tan-
drà a finire, oppur si accorge per divenir serba,
e sacrificare uu nome venerato antico, la Ilcrvat-
ska, che è pur nostra, trovando in compenso i B)-
goni'li, che distruggerebbero i pregiudizi! antichi,
La ie è una questione di stato signori miei, che
potrebbe convertirsi in ije serba colla forma ci-
rilliaim, e io prevedendo il pericolo, per affezione
e per calcolo, spiego la mia bandiera contraria,
e voglio Hènalsfi'i, e non Serpda in Dalmazia, non,
Fausto, per rinculare dalla tua annessione, ma per
proteggere a qualunque costo un ramo glorioso
della Slauia, illustrato dalla nostra regina Libussa,
che un dì esclamò dinanzi al suo popolo : Silni
hèrvatski narode da Svatopluk, da papa Giovanni
X. che manda epistola al suo figliuolo in Cristo
a Tomislav hcrvalshi, et. Se i Morlacchi fossero
serbi, così si chiamerebbero e non Vlasi; ed essi
parlano lièrvalshi, perchè son divenuti hèrvali in
terra antica slavicamente detta hèrvalska.
Così risponde Mefistofele al falso Fausto, e lo
spettabile pubblico che avrà letta quella catilinaria,
mostruosa imitazione del qiiomquc landem, non mi
troverà degno di rimprovero se scrissi con questo
stile.
Oltre a quello die dissi nel n. 41. sostengo an-
cora che la lingua nostra per sua proprietà esclude
il raddoppiamento delle vocali, i così eletti dittonghi,
che molti grammatici distinti negano esistere in
nostra lingua, ed lianno ragione. E come avviene
che nel.participio ad peripharasim, altrimenti detto
passato prossimo 0 compiuto, si sentono nelle tre
persone del singolare due vocali unite? Sostengo
che anche queste sono un dittongo come la ou fran-
cese, 0 la eau, che da noi non devonsi imitare.
Prendiamo per esempio ja sani mogao : ora mogao
è degenerazione di lingua surta dal contatto di
una parte di nostra nazione con genti che abbon-
dano di vocali, e per proprietà assoluta di nostra
lingua devesi dire 0 moga se volete anche apostro-
fandolo, 0 mogo senza apostrofo. Questo esempio
vale per mille e mille altri. L'antica nostra lin-
gua nel detto participio singolare mascolino aveva
la filosofica /, che ancor da noi in alcune isole
ben sì mantiene, e i croati riformatori diedero
gran ferita alla loro nazionalità col dispregiarla.
La stolta voglia di voler far parte comune coi
Serbi ne è la cagione. Quanto è meglio dire e scri-
vere p. e. zllit nèiìiil ce. ec. invece di zelio učinio
e tu vedi, 0 intelligenza dalmata, che quella / ben
necessariamente deve trovarsi nella terminazione
femminina e neutra del participio : ì'cli/, zelila, zc-
hlo; e arrivo a dir questo, che io adotterei que-
sta forma, e se non la ho finora adottata, è per-
chè sarei stato contradetto dalla nostra ignoranza.
La forza 0 signori fa anche le lingue, e la
penna che si prende in mano per scrivere segna
grandi errori di lingua. E ne commisi anche io
grandi ; ora li conosco, e mi trovo giustificato dalla
spontanea mia confessione.
E cosa diremo quando il particicipio termina in
io, no? Tutto prevedo: se non volete rimettere la
l, dovrete mettervi la j frammezzo, e invece di
lunio, melniio, scriver umiio meliiyo. Come questo?
Eppur così il popolo, ove la lingua è meno cor-
fotta, pronunzia, ed ha ragione, e anche i rifor-
jnatori che scrivono bio, invece di bil iu imperfetto,
scrivono bijah bifase, invece di biah biase, contra-
dicendo al hio. Non intendo con ciò sostenere nè
la ie nè la ije, chè noi abbiamo la i.
Il dialetto serbo meridionale è per le ragioni
suddette assai inferiore al nostro, non così T orien-
tile che vale quanto il nostro e non si distin-
guono fra loro che per la ^ e /, e sapientemente
in esso scrivono molti valenti Serbi. La te dun-
que è una mostruosità doppiamente apparente; e
parche non vi si mette frammezzo la 7 e perchè
restando così, contrasta colla proprietà di nostra
lingua. E Fausto che la metta via, chè non se ne
iutende di grammatica nemmeno ove dice che sim-
la la ie non si potrebbe scrivere gramm.itica cjlle
debite iutiessioni.
Nun regge la gratuita asserzione sulla e del
Vi l')^> Dm ; chi vedo scritto le non si arresterà
sulla i sorpassando la e, e già alcuni da noi pro-
nunziano tutte diie per torsi d'impaccio ; lo Schia-
vetto corrotto dai Croati, qui da n )i a Spalato
sporo che non verrà m.ii usato, e nemapno nelle
diocesi di Lesina, S.-benico, Zarii, fino a che non
sarà conculcato il diritto nazionale; e il montano
che ne ha ricevuto delle copie spero ch3 le porrà
in uno scattalo, conio memoria di dono croato. Xelle
diocesi di Ragusi e Cattare potrebbe essere usato
per la differenza di quel dialetto dal nostro.
E tu esclami: è un falto oompiuio ! Sarebbe
compiuto quando Dalmazia, che Dio ci guardi, per-
desse il senno, e da maestra volesse diventar sco-
lara, e di chi ? E con queste parole, non ho an-
cora compito il mio argomento, e più sotto farò
ritorno alla grammatica.
Ora ho un poco da fare col comitato presieduto dal
D.r Petranovich ; perciocché essendo esso venuto
in cognizione di un mio periodo che come dice
lo poteva riguardare; vomitò delle contumelie con-
tro di me, vestite dalle parole: indecorosa persona-
lità, presunzione, contradizione, e vaniloquio-, —
e il sacerdote Danilo che mosse questa sentenza,
composta in istile burocratico, calpestò il precetto
del Dottor delle genti a Timoteo, capo II, verso
24: "Serutini autem Domini non oportel litigare:
sed niansaetuni esse ad onincs, dnc/hilem, patienteni„.
Così non si convertono - i peccatori.; così si pro-
vocano litigi, e sconvolgimenti; e doveva ben im-
maginarsi che potrebbe cozzare con avversario forte,
che redattore già dì tre giornali, avrà a sua di-
sposizione delle armi sufficienti. E se io provoco
dei contrasti, mi obbliga la mia professione di let-
terato, e r errore da altri abbracciato con danno
della nostra nazionalità ; e io devo parlar forte
per combatterlo.
Audio sissitras esse inler vos, et ex parte credo.
Vorrei sapere, se il comitato quando spifferò quel-
r insulto, si trovasse in seduta plenaria, perciocché
conosco alcuni dei suoi membri che sono di na-
tura temperata e modesta, e che non avrebbero
dovuto approvare la draconica severità di alcuni
tribuni.
Il comitato composto di uomini culti, ma che
possono venir trascinati da passioni violenti onde
sostenere la propria carica, deve dopo il mio as-
salto 0 sostenevela dignitosamente, oppure scio-
gliersi. Presento ad esso questo dualismo, onde non
si incorra in contradizione 0 petizione : la Giunta
vuol una cosa, ed esso un' altra. Si spieghi cosa
intenda per lingua slavo-dalmata. Se intende quella
del Glasnik dalmatinski, 0 quella dell' appendice
slava del Nazionale; che ognuno del comitato vada
a casa sua, e se non volessero, li mandi la Giunta,
e se non volesse la Giunta, ripeto ella contradi-
rebbe a se stessa, 0 avrebbe parlato imboccata,
e ciò non credo.
Dovendo venire a tal risoluzione capitale, si
potrebbe a proposito a lui domandare : come si
chiama la lingua in cui è scritto il manuale del
D.r Petranovich? È ella slavo-dalmata? Sì, nò;
nò, sì; e che diavolo di lingua è quella? croata?
serba? — I^a lingua deve aver un nome, come
lingua francese, inglese, tedesca, etc. Io risponderò,
perchè vedo che il comitato si troverebbe imbro-
gliato. Ecco il suo nome panslavistico: Dalmatinsko
slov'ìisko-sèrpsko-liènmlsko-cernogorsko - bos insko-erce-
govacko-slavoìiski jezik, 0 jazik come vuole Ivichie-
vich. E così si contentano tutti, e ancor meglio
col mescolare assieme le regole di eufonia e di
etimologia, le sdolcinature, le inflessioni tutte, di
cui è ricchissima la aostia lingua; p. e. serivore
a piacere ora pomnja (diligenza, cara), ova pmstvo,
ora poninost, e far vedere agli ìt iìia;;! che si possa
dire e ddijenza, e dilige:izona, r diiijnt^i-ina. - Fo
ritorno alla grammatica.
Si potrebbe opporre che : iao, ovao, hotao, pakao,
jao, ecc. sono parole che uoii possono comparire
senza due vocali unite, ergo ie può stare. Ilis|X)ndo
che queste, come una moltitudine di altre consi-
mili, mostrano corruzione di lingua, e die la no-
stra veneranda antichità, che fu dal divino soff'io
ispirata, aveva z) 0 za come radici dei derivato
zaliti, che ancor si dice; e orai, k'itaL pakal, jo,
ancor si dicono da noi in quei luoghi che non
furono imbastarditi. E noi ramiiieiitandoci di cotali
cose non dobbiamo ciecamente seguire la bastar-
dagine impostaci dai Croati e dai Serbi, che an-
che io ho in parte seguita quando manco ci ve-
deva , e quando era costretto di seguire la mala
corrente. E se i Croati e i loro imitaturi, che se-
guono a qualunque costo una corratela per aspi-
rare ad una grandezza nazionale, la qual è ancora
ai secoli providenziali riservata, si accorgeranno
dell' errore, abbasseranno il rude orgoglio serbo,
giusto solo in quanto a miglior costruzione di con-
cetti ; e la gloriosa prisca Hèrva'ska ristabiliranno,
non puntellandosi colla forza materiale del Triregno,
ma colla morale, colla gran Dea Opinione ; e in-
vece di rivolger lo sguardo al mezzodì, e pensar
forse agli avanzi degli Slavi del IIj Antigono;
lo rivolgano al nord, ove le radici di nostra Ungua
più pure si mantengono, e in tal modo si avvici-
nino sempre più al gran nucleo slavo ; e i prodi
Serbi alla rivalità unendo testini raianza di stima,
non insulteranno nè a Croazia nò a Dalmazia.
Io già son persuaso, che come l'ignoranza fa
or perdere il suo seggio a Croazia e Dalmazia,
così la futura civiltà, quell'albero c!ie potrà colle
sue radici succhiare unuri stranieri , mi crescere
in nostra terra, dal suo seggio mirerà con sguardo
benigno la piccina Serbia, che or fa le sue rodo-
montate, e le dirà: non pavoneggiarti oltre; il tu
dialetto orientale è dialetto croato, i tuoi Mon-
tenevlnì sono uu ramo croato della Croazia del
presbitero Diocleate; nostra lingua seguita, e lascia
la tua impura, e la tua sentenza : Sèrbi sui i svuda,
che meglio dovrebbe trasmutarsi in: Svc Hervati;
svuda Ilervati !
Queste mie ardite riflessioni, che voglion ven-
dicare r onor nazionale perduto per cagione rifor-
matrice, non meritano dispregio nò da parte croata,
nò dalmata; e Dalmazia ancor ha i suoi geni, che
nefaste circostanze rattennero dalla sublime pa-
lestra; e ancor ricorda questo umile seminario di
Spalato, che nutrì la germogliante subhme natura
di Ugo Foscolo, e la inimitabile arte di Nicolò
Tommaseo, geni ambidue.
Spalato, h 20 ottobre 18G2.
Prof. A Kitzmanicit.
-) V. Nìzioiale 11, Co.
V. Filopomeno in Plutarco, tratluziono nuovissima di
Marcello Ailriani.
*) Al m ituiale dol D r Pelranovicli. che in ogni pngiiiii
ini |)re.scnl;i degli errori, o aneliti qii.i e là (Itagli spropo-
sili, f;irò ritorno a suo leinpo; [)ercl}ò .issai più mi premo
(li svolger!.' in appresso il mio coiicolto sulla Slavia liei
inezzoii'orno.
(Nostre Corrispondenze).
Parhp, 17 Qlliihrc.
I giornali oflìeiosi smontili ieri netlainenlo dal de-
creto pubblicato dal Moiiiteur, ohhoi'o almeno ragiono <i-
nora in quanto dissero cheruNCìta dal luiniìtoro di Thou-
venel doveva essere la sola modificizione minisieriale elio
stava per succcdere. Difillo per ora non si parla di nes-
sun'altra dimissione.
Quasi a compenso il Moniteiir annuncia oagj che il
maresciallo Canrobert va a prendere a Lione il posto la-
sciato vacante dalla morte del maresciallo Castellane, e
che il (bica di Magenta riinpiazzcri\ a Nancy il maresciallo
Canrobert.
II grande comando militare che ha per capoluogx)
Lilla si trova per tal modo senza titolare; ma dicesi che
in breve vi sani proveduto on la nomina di un mare-
sciallo di Francia, e, crcdesi, che tutto le probabilità sierro
per il generale di Martmiprey, 0 pel generale Cousiu Mon-
lauban.
Oggi si comincia a farsi un' idea esatta della significa-
zione dol ritiro di Thouvcne!, e della scelta del suo sue-
essere una piena verità per il resto. Indarno, fi-
nora, si tentò di metter mano al Concordato, che
inceppa la libertà religiosa dei popoli d' un Im»
pero, che, in altri temp^, era stato tra i primi a
goderla in larga misura. Nella quistioiìe capitale.,
eh' è quella della reale unità dell' Impero, non si
fece nulla.
Ed è quij dove il fìdch^rnlfi si mostrò impo-
tente in ogui iniziativa. Esso si limitò a fare voti,
perchè l'Ungheria venisse conciliata colle altre Pro-
vincie ; ma, per ottenere questo importante risul-
tato, non emise un'idea, non additò al governo
ima via qualsiasi. Perciò il voto del lìeichsraih ri-
mase sterile affatto, e d'una sterilità che minaccia
ia futura esistenza della stessa Costituzione del
febbraio, a cui esso si attenne come ad un' àncora
di salute per 1' unità dell' Impero.
Taluno fa un torto all'Ungheria della sua re-
sistenza passiva e di avere risposto a chi vorrebbe
farla rinunziare alle sue istituzioni nazionali , al
diritto storico ungherese ; l'Ungheria ha tempo
di attendere. Ma ancor maggiore fu il torto del
Heichsrath di attribuire a sè stesso il detto un-
gherese, aspettando che gli ungheresi e gli altri
popoli, non rappresentati finora nel suo seno,
vengano quando vorranno, e decidendo frattanto
delle loro sorti anche contro la loro volontà.
Gli austrO'tedeschi, i quali si dicono liberali,
dovrebbero comprendere eh' è impossibile fondare la
propria libertà, non rispettando l'altrui, e eh' è me-
gho acconsentire al Regno d'Ungheria nell'Impero
una esistenza separata, con legami meno stretti col
resto , che non forzarlo ad una unità artificiale,
con cui gli Ungheresi non si sentono liberi. 0
tutti liberi, o nessuno : questo è il destino dei
popoli dell'Impero austiiaco. Sulle rive della Vienna
^i deve sentire troppo quello che avviene oltre
alla Leitha, per poter fare i sordi.
È ben vero che i liberali austro-tedeschi te-
mono quella eh' essi chiamano la forza centrifuga
^elle nazionalità deli' Impero. Ma se queste nazio-
nalità non possono stare assieme colla hbertà e
con quel largo federalismo, eh' è una necessità
dove r una di esse non prevale grandemente so-
pra tutte le altre, la compressione neppure le farà
concorrere ad una seria e benefica unità. La com-
pressione non potrà tener luogo, per questa na-
zionalità, della forza centripeta, di cui, nel loro
frasario, si mostrano i liberali austriaci tanto
teneri.
Durante l'assenza del saranno con-
vocate alcune delle Diete provinciah. Sembra che
quella della Gallizia e quella della Boemia, dove
prevalgono le idee federaliste, sieno per dare qual-
che briga al Governo austriaco. Ciò non pertanto
vuoisi, che Schmeriing pensi alle Diete della Tran-
silvania e del Veneto, e che per questo abbia in-
trapreso testé un viaggio a Venezia, Si tratterebbe
di dare finalmente ai Veneziani lo Statuto pro-
vinciale. (Pers.)
tria sul suo labbro suona quasi vuota di senso
e di fede; è la voce di una spada che miete a
caso le teste ! V ha F elemento sovranaturale, il
meraviglioso in questa tragedia, ma innestato
così forzatamente, che lo spettatore da principio
non se ne accorge, e poscia non ne sente ve-
run effetto ; il meraviglioso, quando c' è, deve do-
minare tutto il dramma e insieme ehi lo ascolta;
in Amleto e in Macbeth, dall'apparizione dello
spettro e delle streghe alla fine, Io spettatore di-
vide col protagonista le allucinazioni del dubbio
in Amleto e della sfrenata ambizione in Macbeth.
Il signor DairOngaro innestò l'apparizione della
Viia nel suo dramma per obbedire al carattere
leggendario e tradizionale dell' eroe e del fatto,
quale ce lo tramandarono i canti popolari della
Serbia. Ma chi si accorge che quella pallida donna,
vestita quasi da odalisca, che la prima volta com-
pare dinnanzi a Biijazet, al più dabbene dei Sul-
tani, e canta strofe accompagnate dal liuto, sia
la misera giovinetta a cui Marco, nell' ebbrezza
del vino, ha reciso il capo, e che poi, divenuta
v/7a, viene di quando in quando nel mondo a sor-
vegliare e proteggere il suo uccisore. Lo si ap-
prende nel tC'r/,0 atto, t]u;iado Marco racconta a
Magazin srbsko-dalmatinski.
Batlaro 18G2.
Con questo titolo, viene, da qualche tempo, pub-
blicato annualmente un libro in lingua slava con
caratteri ciriOiani, che sembra destinato ad uso
di strenna, contenendo articoh storici, brani di
letteratura e poesie. Una volta usciva alla luce
per cura del reverendo Nikolajevich, ed al pre-
sente viene pubblicato a nome dell' Archimandrita
Gerossimo Petranovich, entrambi sacerdoti del rito
orientale. Troviamo conveniente far cenno del-
l' articolo contenuto nel Magazin del 1862, e com-
pilato da un terzo sacerdote ortodosso, il proto
Cristoforo Lombardich parroco, di Popla, del cir-
colo di Cattare.
L'autore pubbhca in quell'articolo la biogra-
fia di tre individui della nostra patria, cioè di
Giovanni Boscovich, Giorgio Giurovich ed Eufro-
sina vedova Lachetich, tanto a noi benemiriti p^r
legati lasciati allo scopo d'istituire a Castelnuovo
una scuola di hngue e di nautica; ed in ciò noi
Io lodiamo assai, e facciamo eco alle sue parale
di gratitudine e di riconoscenza verso i benefat-
tori, perchè siamo convinti essere atto di dovere
e di giustizia il rammentare ai presenti e con-
servare nella memoria dei posteri le magnanime
azioni dei trapassati.
Non possiamo però egualmente lodarlo nel modo
suo d'interpretare la volontà dei testatori; nò
possiamo lasciargli correre il motivo, da lui im-
maginato, per cui la sola scuola di nautica venne
attivata finora, e non quella delle lingue ; poiché
non è vero C/IG la parte per sfortuna italianiz-
zata, non pensando alV utile della popolazione e
del luogo^ dov' è puro P elemento scrviano, ma
tendendo al particolare proprio interesse , vi ab-
bia posto impedimento; mentre non si sa com-
prendere come i cattolici, dei quah certamente
r autore intende parlare, nò con quaU mezzi ab-
biano essi potuto interporvi ritardo,]nè quale par-
ticolare loro interesse avesse potuto indurli ad
impedire 1'aprimento d'un istituto che ai loro tì-
gli riuscir doveva pure di grande utihtà.
In data 2 maggio 1825, Giovanni Boscovich
testava, in Smirne, a favore della scuola con queste
parole:
"Pure lascio nella mia cara patria per fare
"una scuola per la educazione dei poveri figli in
"idioma illirico e taliano e per la navigazione,
"lo stabile che mi è stato ceduto da capitan An-
" drea Jancovich, e dalla sua consorte perchè mi
"doveano piastre 26129„ (fiorini 2613 circa).
Da queste parole si desume che il benefizio
doveva essere per tutti senza distinzione di cre-
denze rehgiose, e che doveano parteciparne i cat-
tolici al pari dei greci.
In data 27 aprile 1838 Trieste all' articolo
XVII. del suo testamento, Giorgio Giurovich cosi
si esprime :
sua madre, in mirabili versi, la miseranda storia
di quello sfrenato assassinio; lo si apprende quando
si scopre la Vila ornata il collo di un monile di
sangue, e ancora più allorché la si vede sparire
fra la corteccia di un albero.
Ma anche qui l'autore commise uno sbaglio
quasi grossolano: tutti i poeti, e lo Shakspeare
in capo a tutti, compresero le apparizioni quali
forme subbiettive dell'umana fantasia, in modo
che, sparito l'attore, sparisce anche l'apparizione:
tanto è vero che Banco non è veduto che da Mac-
betto, Com' è possibile che un' allucinazione, un
riflesso dell'anima e della fantasia altrui, acquisti
coscienza di sè, e, partito 1' ente umano, rimanga
sulla scena a far soliloqui e a discorrere col pub-
blico ? Eppure ciò avviene nell' Ercole slavo : il
quale vede, paria colla sua Vila, e la fortunata
apparizione gli ispira il coraggio di correre ad
affrontare il terribile Moza, incettatore di vergini.
Ma lui partito, perchè rimane in iscena quella
pallida figura, e ohi le dona la facoltà del pen-
siero, della parola, della coscienza? Questo grave
anacronismo psicologico nuoce anch' esso ai linea-
menti del protagonista, offuscati ancora più da
questa seconda i radivi dualità cke Io persegaita i-
^Lascio, per una volta tanto, le due case se
«gnate col n. 99 e 157; queste case lascio per
"formare una scuola nella lingua illirica, tedesca
"e itahana., e questa scuola si dovrà fare alle
"Bocche diCattaro, a Castelnuovo, a Popla, o'nel
«borgo di Castelnuovo, e cogh affitti di queste
"due case si dovrà pagare maestro e altre spese
"per detta scuola : in quest'oggi rendono fiorini "1260„.
Nè queste parole fanno eccezioni, e non esclu-
dono veruno dal benefizio che sorger deve dal-
l' attivazione della scuola.
In data 18 ma,ggio 1847 Castelnuovo, all'arti-
colo XII del testamento di Eufrosina vedova La-
chetich, si leggono le seguenti parole :
"Questa mia casa d'abitazione, ed il terreno
"intorno la stessa, desidero che sia a manteni-
" mento della scuola, l'erezione della quale si at-
tende dai legati Boscovich e Giurovich in dia-
" letto serviano, con caratteri cirilliani ed eccle-
"siastici. Se però non venisse eretta la suddetta
"scuola, do piena facoltà e libertà (ai miei pro-
"curatori) d'impiegare, secondo il miglior loro
"avviso, e la rendita della casa, od il denaro ri-
"cavatone, e ciò che avranno fatto, sarà ben fatto,
"senza che alcuno li possa menomamente con-
"trariare„.
Anche questa benemerita donna, legò a favore
della scuola senza eccezioni. E come si scorge
dall'ultimo periodo del citato articolo del di lei
testamento, è falso che abbia ordinato di devol-
vere il fondo a qualche altro utile della patria,
qualora air adempimento della sna volontà fos-
sero posti degli o^tdicòli, ed il governo vi si me-
scolasse contrariando le di lei intenzioni, ciò che
pure non avvenne. La pia femmina voleva che i
suoi beni servissero o in un modo o nell'altro
all'utile della patria e non fossero altrimenti spre-
cati ; ma non intendeva limitare 1' azione di chi
poteva con equità e con intelligenza regolare l'i-
stituto di educazione : circostanza che 1' autore ha
letto nel testamento, e che non doveva parafra-
sare in modo da far credere che egli ed i fab-
bricieri della chiesa di Topla siano idonei ed in-
caricati a creare l'organismo di una scuola di
tanta importanza.
Riepilogando il vero senso delle particelle dei
testamenti, ognuno scorge che la volontà dei te-
statori era quella che, coi loro legati, sia istituita
una scuola in cui insegnar si dovessero le lingue
slava, italiana, tedesca è la nautica, e che potes-
sero trarre profitto da questa istruzione indistin-
tamente greci e cattohci.
Fuse le tre fondazioni in una sola, si pensò
all' attivazione delia scuola, e 1' emerito Ispettof e
nautico in capo signor Zamara, incaricato della
compilazionè d' uno statuto, lo propose diviso in
due sezioni, tecnica e nautica. La sezione di nau-
tica, avendo lo stesso organamento delle altre
scuole nautiche secondarie dell'Impero, fu accolta
nutilmente. Ed è peccato; perchè, se il Dall'On-
garo, svincolandosi dalle oscure pastoie della tra-
dizione, avesse cercato di chiarire i caratteri, di
ordinare l'intreccio, e di trar partito dall'attrito
delle passioni, il dramma sarebbe riescito, come
riescirono tutte le situazioni chiare e palpitanti.
Invece V ordito è confuso, stiracchiato ; tradisce
una strana imperizia della scena, specialmente per
un continuo andirivieni delle persone, e per quella
comparsa della madre al terzo atto, e per aver
voluto dar rihevo a tutti i personaggi anche se-
condari, e specialmente per aver trascurata 1' a-
zione, la quale per quattro atti si svolge a furia
di racconti, bellissimi se si vuole, ma uggiosi al
pubblico, che preferisce il vedere al sentir rac-
contare. La vera situazione drammatica è nel quinto
atto, che, preso isolatamente, sarebbe benissimo,
se non arrivasse così tardi ; bello, ad onta di quello
strano, improvviso innamoramento di Marco, e della
solita apparizione del Das ex machina. Orosio,
che si credeva morto, incenerito, ed era vivo. —-
Abbiamo detto schiettamente la nostra e la im-
pressione del pubblico intorno questo lavoro, per-
chè è tale da imporre alla critica il penoso do-
vere'della censura per i gravi difetti QIIS DUUC-