DalFalpi al mar.
La sera del 7 dicembre 1862,
alla nostra Filarmonica, fra gli
altri pezzi, si eseguiva il coro
/ negri d Haiti, musica di Gio-
' vanni Salghetti da Zara, parole
del Dall' Ongaro da Oderzo. La
Voce dalmatica (n.ro 1, 1863),
« nel darne relazione, si soffermava
solo sul coro, e diceva: „Come
mai sia venuto in pensiero al
Dall' Ongaro di celebrare coi suoi
versi quella vecchia storia o me-
glio, come c'entri quella v cchia
storia nei versi del Dall'Ongaro,
noi non sappiamo. Certo è che
i versi sono di squisita fattura, e
di.rara bellezza; certo che piìi
che mai nobili e caldissimi sono
i concetti e gli affetti che espri-
mono ; certo che innalzano l'a-
nimo con r aspirazione e la spe-
ranza di quella libertà, che è il
desiderio invitto d'ogni animo
che non sìa abietto. E questo
affetto il Salghetti risentì possen-
temente, e seppe con le sue am-
mirabili armonie riprodurre cosi
da trarre all' entusiasmo ognuno
che le ascolta. La musica segue
e seconda la parola, s'avvia,
cresce e s'innalza con essa per
modo, che quando il coro esce
in quei versi dell' ultima strofa :
O libertà, per te fiorisce e vive
Quanto consola e quanto innalza il cor -I
V armonia prorompe grandiosa
come un torrente di luce improv-
visa, così da scuotere le più in-
time fibre del cuore, e da strap-
pare l' applauso ai piìi freddi".
Però tutti sapevano, e il Du-
plancich meglio degli altri, che
per i negri d'Haiti s'intendevano
gì' Italiéfiii ancora soggetti allo
straniero, e tanto più in quanto
era noto che la Polizia aveva mu-
tato il ritornello Dall' alpi al mar
in Dai monti al mar. E così, se
i poveri negri servirono al poeta
di copertina al suo patriottismo,
questi medesimi negri giustifica-
rono dinanzi alla i. r. censura
r entusiasmo del giornalista per
la libertà. I negri d' Haiti poi,
per r ardore con cui avevano ten-
tato, nella prima metà del secolo
scorso, di spezzare le loro catene,
erano divenuti di moda. Il Man-
zoni p. e., che aveva nominato
nelle sue Pentecoste X irta'Haiti,
in un' altra redazione dell' inno
medesimo, dà lijV lasciata inedita,
aveva detto : i '
Te salvator l'armìgero
Coltivator d'Haiti, i
Fido agli eterni riti^ ;
Canta disciolto il pie. -
Comunque, i bei versi del poeta
veneto è le dolci armonie del
mp^^sta zaratino, l'anno dopo,
corselo tutta r Italia, e ottennero
r applauso anche del Mercadante,
in casa del quale, già cieco, il
coro fu cantato. Volle l'illustre
maestro che lo spartito fosse po-
sto, gentile onoranza, nell'/archivio
del Constr\imné.'^40s$ervatore
daln^ato SiTi. 1863; W. 76/
Ma già neir edizione milanese
di F. Lucca (nr. 15406) il testo
della poesia pigliava anche nelle
parole la libera espressione, che
prima stava nascosta sotto il mo-
desto cartellino degli schiavi d'Hai-
ti. Intanto portava il suo verp
titolo: Dall'alpi al mar ; e non
più diceva Liberi tutti siam di
Cristo figli, mdi Liberi tutti d^una
patria figli; non più Del nostro
suolo di sudor cosparso, ma Del
nostro suolo depredato/ed arso;
non più Nostra è la terra ove moviamo il pied^,
Polve de' schiavi che su lei straziar —
ma Polve c/e' forti che per lei pugnar',
non pili Regni /' amore ove odio solo or regna,
Libero il riero e il povero del par,
E nostra hgge sia di Cristo degna —
ma Regni la legge ove regnò la spada.
Libero il irono e liberò V aitar.
Libera ed una Pitala contrada.
Dopo quella prima audizione
del '62, il coro non fu più in-
teso nè alla filarmonica, nè al
teatro. Riprodurlo con le parole
d'allora, non si poteva, perchè
c' era stata non solo T edizione
milanese del Lucca, ma anche la
fiorentina del Le Monnier (Fan-
tasie drammatiche e liriche di
Frane. Dall'Ongaro, 1866). Sa-
rebbe stata bassa pusillanimità
ritornare agli Schiavi di Haiti,
e cantarlo col testo nuovo la po-
lizia non l'avrebbe permesso, o
avrebbe fatto, il viso dell' arme.
Ma adesso le cose sono wm-
tate : Zara è redenta, Zara è parte
d'Italia.
Quindi, tra gl'inni patriottici,
che s'odono per le vie, ci dev'es-
sere anche il nostro Dall' alpi al
mar. Perciò, a faine rivivere le
note gentili e i versi elettri^zzanli,
verrà esso cantato nel prossimo
grande concerto, che si darà alla
Filarmonica. Una stampa popo-
lare poi lo diffonderà per la cit-
tà tutta, ad onore del Salghetti
e del Dall'Ongaro, e a riprova
che r italianità nostra e le perse-
cuzioni . poliziesche dell' Austria
defunta non datano da ieri.
Gli Émii mlfìald ìH'itaiiii.
Il nobilissimo discorso dell' on* Gavina
' alla Camera.
L\on. Gavina, svolgendo giorni fa
alla Camera il suo ordine del giorno
per la rivendicazione deg-li interessi
adriatici dell'Italia, pronunz ò uno splen-
dido ^scorso, dal quale ci piace qui
riprodurre la parte che i piìi diretta- '
mente riguarda la Dalmazia e ne lu-
megfgia magistralmente il vero carat-
tere morale e la, missione storica di
civiltà.'
L' on. Gavina, dopo aver rilevata la
nobile protesta dell' illustre deputato
dalmata on. Roberto Ghig-lianovich
contro r illegale, arbitrario e oppres-
sivo governo austro-slavo di Spalatq,
he fa risaltare tutte le anomalie giu-
ridi;che e amministrative, lé-' gravi
ripércussion,i economiche, e la condi-
zione di iVera anarchia che sono attual-
mente lè 'conseguenze dello stato di
cose instaurato nella Dalmazia centrale
e meridionale dalla libertà ' d'azione
lasciata agli avvénturieri dell' ex Mo-
narchia. Unico rimedio, afierroà fra le
approvazioni l'on. Gavina, a questa
situazione disastrosa per l'intera po-
polazione dalmata, è T occupazione to-
tale della Dalmazia da parte dell' Intesa.
L' oratore afferma essere sopra tutto
necessario che non venga falsato o
misconosciuto dalle mene degli agita-
tori austro-slavi e dei loro troppi amici
occidentali, a danno della Dalmazia, a
dan o dell'Italia, il diritto italiano, na-
turale e storico, sulla Dalmazia stessa.
Diritto, che, egli dice, si fonda su quel
principio di nazionalità che è stato la
grande forza morale animatrice dell' In-
tesa in tutta r immane guerra. La na-
zionalità non consiste nella stirpe e
nella lingua — che sono elementi-in-
dizi, come li diceva Mazzini — della
nazionalità, ma non ne costituiscono
r essenza. Altrimenti 1' Alsazia sarebbe
tedesca, il Portogallo spagnuolo, la
Svizzera con quattro stirpi, parlanti
quattro lingue, non avrebbe senso. La
scuola italiana, da Mazzini a Mamiani
e Mancini, afferma la prevalenza dei
fattori morali : costume, storia, tradi-
zione, diritto, religione, istituzioni. E
allora come possono italiani miscono-
scere r italianità della Dalmazia, pro-
vincia interamente italiana, per paren-
tela geograf ca, per fratellanza di po-
polo, non mai interrotta nei secoli
come afferma Vincenzo Gioberti, della
Ddlmazia per millennii parte viva ed
essenziale dflla storia e della potenza
di Roma e di Venezia !
Per Mazzini, come per Mancini, i
fattori fisici e spirituali nemmeno ba-
stano, essi sono come inerte materia
capace di vivere, ma in cui non fu
spirato ancora il soffio della vita. Que-
sto spirito vitale, dice Mancini, questo
divino compimento dell' essere di una
Nazione — questo principio della sua
visibile esistenza consiste nella co-
scienza della nazionalità, nel sentimento
che la Nazione acquista in se mede-
sima, e che la rende capace di costi-
tuirsi al di dentro — e di manifestarsi
al di fuori. Mazzini definisce chiara-
mente r essenza della nazionalità, che
consiste sopratutto negli elementi etici,
così formulati: 1. missior^e speciale per
il comun fine umanitario ; 2. coscienza
di questa missione, ossia coscienza
della propria nadónalità. Ora, misurata
al concetto mazziniano, quale paese al
mondo può vantafe una .missione spe-
ciale per il comun fine umanitario piìi
chiara, certa, antica della Dalmazia,
antemurale classico millenario di Roma
e di Venezia, baluardo vivo e ope-
rante nei secoli della civiltà latina ed
europea contro i barbari d'Oriente
E ugualmente certa antica perenne
si manifesta nei secoli la coscienza nei
dalmati di questa miss one storica e
spirituale — la coscienza della loro
nazionalità italiana!
Dal grido di dolore latino e cri- /
stiano del vescovo dalmata contro i
visigoti, primi profanatori della Dal-
mazia e di Roma, dall' opera insigne
degli umanisti di Traù, dallo spinto
rinnovatore del Laurana, maestro del
Bramante, all'alta mente e al gran ,
cuore di-pensatore e patriota <lì Nic«
colò Tomìiiasèo, alle centinaia -di jgfio-
vani dalmati combattenti nel nostro
esercito per l'Italia, al sacrifizio eroico
di Rismondo, cittadino di Spalato (Vi-
vissime approvazioni), sempre viva è
nei secoli la coscienza italiana dei
Dalmati! (Benissimo). E. per questi
nostri f i atelli l'Italia è, coirle per Maz-
zini, veramente una religione, e 1'amo-
re di patria assume forme suprema-
mente ideali e quasi religiose.
Come cento anni fa, quando per la
colpa fatale di Napoleone la Dàlmazia
fu staccata per la prima vòlta, dopo
mille antii di storia comune, da Vene-
zia e data all' Austria avvenne che il
popolo portasse, piangente, in pia pro-
cessione l&b'andiei'e della pàtria, e le
deponèsse, in segno di fede, sugli al-
tari di Dio, così, nello stesso spirito,
Abbonamenti per ora non si
ricevono.
Un numero cent. 20.
Redazione ed Amministrazione
provvisoriamente nelIaTipografia
E. de Sctiònfeld.
il popolo dalrtiata ha accolto inginoc-
chio, pregante Dio, i mannai d'Italia
liberatori 1
Per quattro anni l'Intesa ha detto
che la nostra vittoria sarebbe stata
giustizia anche per i vinti. Sia dunque
g^iustizia anche per i vinti, anche per
i tedeschi, anche per gli ungheresi,
anche per" i croati, martoriatori per un
lungo anno della dolce terra veneta,
ma sia giustizia anche per l'Italia vit-
toriosa !
La Dalmazia, liberata dal giogo de-
gli Absburgo, non deve oggi cadere
in una nuova servitii, peggiore del-
l'antica! (Applausi, vivissime congra-
talazioni, commenti).
Nostre corrispondenze.
Da Arbe.
Pace e pane. La nostra cittadetta
ha ripreso il suo aspetto normale. Vi
regna l'ordine il più perfetto e i baldi
marinai fanno un servizio eccellente,
comportandosi con la popolazione nel
modo più civile. Gli stessi contadini
si stupiscono che gli italiani siano
così buoni, e dicono che le menzogne,
che venivano loro raccontate da alcuni
fan^ici sul conto iegli Italiani, vengo-
no ora distrutte dai fatti. .
Il comando militare dell' isola ha già
incominciata la distribuzione dei viveri,
e la mite popolazione di Arbe appro-
fitta di un tanto beneficio dopo il lungo
soffrire.
La vita cittadina è risorta. Per le
nostre calli veneziane è un continuo
ed allegro viavai di ufficiali, di mari-
nai e di c^'ttadini. Gli egregi ufficiali
invitarono le riostre signore e sig-norine
ad un the a bordo del caccia «Gu-
glielmo Pepe", ove trascorsero ore di
esultante patriottismo.
Un manifesto alle isole del Quar-
nero. Ieri abbiamo avuto il primo sa-
luto da S. E. 1' ammiraglio Gagni, col
seguente proclama :
„Ai nobili e forti isolani del Quarnero ì
„Sono finiti gli eccidi; è finita ìf
strage che ha insanguinato i! »mondo-
cagione della sconfinata inibizione d
impèri* tirannici, omai abbattuti.
„La pace vera è prossima; «»
vera pace se le ultime contescj
piccole lotte politiche saranno e
polo evitate per affretfa e Ir
promessa.
Esistono, purtroppo, rr;cc
agitatori, che, nel nome di f-
vorrebbero trascinare il pape
zesche avventure, rico» d»
all' odio « alla strage.
„Io credo che voi ncù
ingannare. Nessuna for? 1
iippedire che la civiltà
che intendono la vera . ^
rechino il loro bene ' ^^
„Aiutatemi duncyij .
che è strettament
buona fortuna. ^ , , . »
^Seguite e &scf\
^éra pace, il libe
riaperto il mare
necessaria al q .
saprà guidarvi c
e con umanità. '
„La pace ven '
mettete che i ft . '
violenza turoina' ^^
immancabii«** *
Il ammir > ^
capQ^ tJmberto f ' •
La
•e >.
ha inviato q <
„GiorgÌ5> I i fé-
consiglio,
lenne. detfe.
furono perpetrate a danno dell' elemento
italiano, dalle quali rifugge anche il
pensiero. E noto che furono fatte per-
fino contro croati da croati stessi de-
nunzie, che poi venivano attribuite a
noi italiani, per sobbillarci contro
plebe incosciente. L'arresto degli in-
nocui Rossini e Bervaldi fu provocato
da parenti della dinastia Bianchini, per
motivi, diremo così, di natura econo-
mico-familiare. Ma basti questo per og-
gi ; un' altra volta, se occorrerà, riba-
diremo la narrazione.
La nostra attività politica sarà da
oggi più intensa che mai: attività di
raccoglimento disciplinato e di reinte-
grazione. Bisogna spazzare dall'intrusa
bordaglia di delatori la nostra città,
fedele alle sue nobili tradizioni, fidente
nei destini radiosi della Patria.
Da Curzola.
Anche la nostra città vi verrà lar-
gamente rappresentata. Manderanno
rappresentanze il consiglio municipale,
la Caméra di commercio ed industria,
le istituzioni ed i sodalizi cittadini.
Partiranno per Ancona anchè ^olti
cittadini privati. La rappresentanza mu-
nicipale sarà condotta dal sindaco avv.
Ziliotto.
La riunione riuscirà senza dubbio
imponente sia per l'importanza degli
argomenti che vi verranno discussi che
per la grande quantità di rappresen-
tanze che vi converranno. E la prima
volta dopo la redenzione che i rap-
presentanti delle Provincie adriatiche
redente s'incontreranno coi fratelli
d'oltremare in Ancona, la città che
tanto valorosamente sostenne i diritti
deir Italia nell' Adriatico.
' Il piroscafo per Ancona parte do-
mani mattina.
Approwisfionamento. Continua 1' a-
zione di approvvigionamento da parte
delle regie navi. I signori croati —
costretti come noi dal paterno governo
austriaco al regime della fame — pro-
testano formalmente contro il dono,
ma, sostanzialmente, approfittano assai
volentieri del buon commestibile d' I-
talia.
Patti chiari. Questi signori croati
non guardano certo di buon occhio le
nostre patriottiche affermazioni ; e pare
persino ad essi — e la cosa è comi-
cissima ! — che ogni nostro atto rive-
sta il carattere dell' alto tradimento !
In ispecie non fa loro buon sangue
lo scorgere che, ad onta delle per-
secuzioni del defunto governo austriaco,
durante i lunghi quattro anni di guerra,
nessuno dei nostri aderenti abbia ab-
bandonato le nostre file.
Sappiano una buona volta i nostri
avversari che gli italiani di Curzola,
dimentichi di tutto ciò che è avvenuto
nella nostra città durante la guerra,
vogliono rimanere in buoni rapporti
con essi, vogliono rispettare tutti; ma
vogliono pure essere rispettati.
Abbiamo appreso con sommo pia-
cere che il nostro benemerito concit-
tadino, r avvocato dott. Stefano Smer-
chinich, si trovava di questi giorni
per scopi patriottici a Roma.
Facciamo i più fervidi auguri che
egli al più presto possibile riveda la
città nativa, perchè in questi solenni
momenti abbiamo bisogno più che mai
nella sua autorevole assistenza.
Da Zloseiia.
Ieri (11) una regia torpediniera si
accostò qui e portò diversi viveri che
vennero sbarcati con grande gioia dalla
popolazione. Presente il comandante
seguì la distribuzione. All' invito di
consegnare le armi vennero portati a
bordo dei fucili, munizioni ed una mi-
tragliatrice. Nel paese regna quiete
perfetta.
La Cronaca
Telegramma della Regina Madre.
Il Sindaco ricevette da Bordighera que-
sto telegramma :
„Alle dame di Zara, che compiono
opera tanto patriottica e benefica, S.
M. la Regina Madre invia in quest'ora
di grande esultanza per il compimento
delle comuni aspirazioni, grazie vivis-
sime per i graditi omaggi e fervidi au-
guri. Il gentiluomo di servizio, Capra-
nica del Grillo."
n congresso adriatico. Domenica
15 e lunedì 16 avrà luogo in Ancona
un grande congresso adriatico. Vi si rac-
coglieranno i rappresentanti di tutte
le Provincie adriatiche dell' una e del-
l' altra sponda, che affermeranno so-
lennemente i diritti dell' Italia sull' A-
driatico. Il secondo giorno del con-
gresso è dedicato alla discussione dei
problemi d'indole economica. Le rap-
presentanze si raduneranno domenica
alle orò "dieci nel Teatro delle Muse
e alle 16 verranno ricevute al Muni-
cipio.
Festa goliardica. Ieri sera, allestita
da un comitato studentesco, ebbe luogo
al „Teatro Verdi" una serata di con-
certo e recitazione. Il teatro era tutto
venduto, tutti gli ordini di posti erano
letteralmente gremiti. Notiamo tra i
presenti il comandante militare marit- •
timo, capitano di vascello Monaco du- ,
ca di Longano, il colonnello Bottari,
comandante del 16.o fanteria, il tenente
colonnello Cirillo, il comandante Feli-
ce barone de Boccard, il cav. Ricci
ed il nostro concittadino maggiore
prof. Perlini, il quale, a nome del co-
mandante militare marittimo, versò,
neir entrare, 1' oblazione di C. 500.
La festa incominciò colla marcia del
„Sì" eseguita dalla fanfara del 16.o
fanteria. La popolarissima marcia za-
ratina elettrizzò V enorme pubblico, che
proruppe in acclamazioni frenetiche.
Nel corso della festa la fanfara eseguì
impeccabilmente 1' „Inno a Tripoli", la
nuova canzonetta triestina „Le cam-
pane di San Giusto", che ebbe un
clamoroso successo, e diede fine alla
^esta colla marcia del reggimento.
La studentessa signorina Fanny Se-
lem recitò con rara maestria una pre-
gevole composizione poetica del prof.
Virgilio Paganello : „Redenzione". Fu
molto applaudita.
Si produsse poi, con la nota valentia, il
circolo mandolinistico „Idassa". Eseguì
a perfezione una magnifica rapsodia
spagnola e la sempre fresca „Sinfonia
festiva" del Suppè. 11 pubblico lo ri-
colmi di interminabili applausi.
Il prof. Nino Fattovich disse due
sue briosissime composizioni : „La con-
danna di Hofer", poemetto umoristico,
e „Agli Jugoslavi nascituri un consi-
glio". Le belle e vivaci composizioni
poetiche riscossero l'unanime applau-
so del pubblico.
Il piccolo Tullio Cattich recitò con
inimitabile „verve" un monologo in
dialetto zaratino di Luigi Bauch, il
noto poeta dialettale. Il minuscolo di-
citore fu vivamente acclamato.
U signor Francesco Inchiostri, ma-
gnificamente truccato da Guglielmo,
recitò rinchiuso in una gabbia un mo-
nologo spiritosissimo, intitolato „Gu-
glielmone in gabbia". Destò un gran-
de successo d'ilarità.
Tra un pezzo e l'altro il prof. Ale-
sani annunciò che tra il pubblico,
ospite gratissimo, si trovava l'inviato
speciale del „Giornale d'Italia" Achille
Benedetti. 11 pubblico fece tosto una
grande manifestazione d'affetto all'e-
gregio giornalista, invitandolo a par-
lare. Quando il Benedetti si presentò
al proscenio le acclamazioni si ripete-
rono. Egli incominciò, domandando
scusa se era arrivato a Zara in ritar-
do. Aveva voluto esser qui colle prime
truppe, ma altri doveri ne lo distolsero.
Qui a Zara non ha altro da fare che
compiacersi con noi dell'avvenuta re-
denzione. Suir italianità di Zara ormai
non si discute più. (Entusiastiche ac-
clamazioni. Tutto il pubblico scatta in
piedi in preda a una commozione vi-
vissima). E* andato invece a Spalato,
che ancora I attende. Ha udito dai no-
stri fratelli di colà il racconto delle
sofferenze, che noi ben conosciamo,
perchè noi stessi le abbiam passate.
Dice che a Spalato par d'essere sem-
pre ancora sotto 1' Austria ; sono mu-
tate le persone, ma non i metodi. (II
pubblico interrompe l'oratore, gridando
„Viva Spalato italiana!").
Manda ^ un saluto agli ufficiali e ai
soldati zaratini che combatterono nelle
file dell' esercito vittorioso.
Ricorda poi il nostro grande con-
cittadino Arturo Colautti, che fu al-
l' oratore maestro in giornalismo e che
morì pensando a Zara. 11 pubblico pro-
ruppe nel grido di „Gloria a Colautti!"
Chiuse invitando il pubblico a intona-
re il vecchio inno della „Lega nazio-
nale", che il pubblico cantò con grande
entusiasmo.
Parlò poi dal loggione il giovane
studente Woditzka, inneggiando a Spa-
lato, che deve essere redenta affinchè
il sangue di Francesco Rismondo non
sia stato sparso invano e i vaticini di
Antonio Bajamonti si compiano. Il gio-
vane oratore fu vivamente applaudito.
Durante gli intervalli fu posto in
vendita un opuscolo del prof. Fatto-
vich che contiene, oltre le due com-
posizioni da lui dette, un lamento giu-
$tiano „In morte di Cecco Beppe" e
/„L' ultima fuga dal Piave, ossìa 1' ul-
tima piavolata" — frammento d'un
poema eroico. Il ricavato della yen-
dita va a favore del fondo per T ere-
zione di un busto ad Arturo Colautti
a Zara.
La festa lasciò in quanti vi inter-
vennero la più bella impressione.
Per le bonifiche del Veneto e delle
terre redente. Preoccupato della sol-
lecita rimessa in valore delle bonifiche
distrutte o danneggiate nel territorio
che subì l'occupazione nemica, il mi-
nistro dei lavori pubblici, on. Dari, ha
dato opportune istruzioni al Magistrato
delle Acque, affinchè accerti con la
massima rapidità le attuali condizioni
delle bonifiche medesime. Gli elementi
per tal modo raccolti consentiranno di
adottare subito i necessari provvedi-
menti legislativi, i quali potranno, al-
l' occorrenza, essere estesi anche alle
bonifiche private, così numerose nel
Veneto.
In pari tempo 1' on. Dari ha disposto
che con le dirette ispezioni si consta-
tino le condizioni e i bisogni in mate-
ria di bonificamento della Venezia
Giulia e del litorale dalmata, per po-
tervi provvedere con la sollecitudine
che è doverosa verso le terre ricon-
giunte per sempre alla Madre Patria.
Scuola d'arti e mestieri. La Scuola
complementare per apprendisti ed il
Corso speciale di commercio si aprono
Lunedì 16 corr. Le iscrizioni comin-
ciano domani, domenica, dalle 10 alle 12.
Alla direzione di finanza. Riceviamo
e pubblichiamo : La presidenza della
direzione di finanza mostra tuttora di
subire il governo italiano e, quando
può, fa degli strappi agli ordini che
da esso riceve.
Così, ad esempio, un telegramma
del comitato jugoslavo di Spalato fu
rimesso alla luogotenenza in data 4
dicembre con nota redatta in croato,
sebbene dal giorno 2 dicembre sia in
vigore r ordinanza del governo circa
l'uso della lingua italiana nella corri-
spondenza col su detto dicastero.
All' intendente di Ragusa, Giovanni
Galzigna, attualmente in missione pro-
pagandista a Zara, e del quale la „Voce
Oalmatica" s' è già occupata nel n.o 11,
venne assegnata la paga da novembre
in poi presso la locale cassa di finanza,
mentre il detto signore dovrebbe per-
cepire i suoi^ emolumenti dalla cassa
di Ragusa. E' un modo anche questo
abbastanza abile d'eludere il divieto
d'^ esportare denari erariali dal territorio
d'occupazione.
Non ci dilunghiamo ; però ci dispiace
di dover constatare questa sorda quan-
to puerile opposizione, che non pos-
siamo attribuire ad altro, se non alla
mala influenza di certo funzionario dal-
l' aria sorniona, che sotto un' apparenza
bonaria nasconde fanatismo croato e
òdio all' Italia irriducibili.
Propaganda croata. Riceviamo dalla
città: „Al regio ufficio postale, se-
zione raccomandate, ci sono delle si-
gnorine croate allo sportello, che af-
fettano di ignorare la nostra lingua e
ti rispondono insolentemente in croato;
alla sezione lettere, poi, altre croate
che, ipnotizzate dalle buste scritte in
italiano, amano esaminarle e qualche
volta degnano della loro attenzione
non solamente la busta. Per spedir
corrispondenze con francobolli italiani,
bisogna adoperare mille astuzie, a sai-
varie da una probabile sparizione. Si
dovrebbe mettere un po' d' ordine an-
che alla posta."
Camera di lavoro. E poco che nella
città s'è costituita, su base schietta-
mente democratica, questa organizza-
zione che accoglie le nostre forze o-
peraie ; di iscritti, sin' ora, ce ne sono
già oltre 600. Per quanto sorta da
poche settimane, ha potuto pure, in
questi difficili momenti di transizione
economica, venir incontro, provviden-
zialmente, al nostro ceto operaio, che
aveva tanto bisogno di assistenza. La
società intende attuare un vasto pro-
gramma, non solamente economico-
politico, ma anche culturale. I nostri
lavoratori, oltre che di un appoggio
per i loro interessi economici, hanno
bisogno di una buona educazione so-
ciale e politica; ed è a tal uopo che
la direzione istituirà la „Sezione Edu-
cativa" che spiegherà la sua attività
con conferenze economico-politiche-
culturali. Alla direzione verrà aggre-
gato un „Comitato consulente,, che
sarà a disposizione degli iscritti, ad
assisterli col consiglio, con suggeri-
menti utili, anche in questioni di in-
dole privata.
Ai nostri bravi operai, che anche
nei momenti più difficili hanno saputo
combattere per la Patria nostra, i mi-
gliori auguri.
Scelleratezze. Cestiniamo ogni volta
qualche gazzettino, che ci narra que-
sta o quella prodezza croata. Miserie,
che non vale la pena di ridire.
Ma questa è caratteristica, perchè
rivela il grado di scelleraggine cui,
nella loro italofobp, possono giungere
i nostri cari avveriiari.... anche se bam-
bini.
L' altro dì una ragazzina— figliola ad
uno di quei tanti uscieri croati, che
ci piovvero di chissà dove — perdette
il borsellino con entro 5 corone.
Smorfie, pianti, disperazione.... non
tanto per le corone perdute, ma per
la certezza di trovare a casa, imman-
cabilmente, una furia di legnate pa-
terne.
Ad un tratto — è meravigliosa! —
la ragazzina ha un lampo di genio....
croato.
Si strappò il nastro dal cappello,
che recava la scritta Jugoslavia, e poi
disse :
„Racconterò a casa che gli italiani
mi hanno strappato il nastro e mi
hanno rubato il taccuino; e proprio
alla presenza dei carabinieri".
Il testimonio, che ci riferì queste
parole, dice giustamente di aver pro-
vato ribrezzo a così precoce scelle-
raggine.
Direttore responsabile; Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia ; E. de Schonfeld & C«.
BancaPopolare di Zara
Agenzie: Arbe, Pago e Sebenico.
• 1 wm
UFFICIO CAMBIO
Mmm yafliìa del Baia di Napoli
Agenzia della Società di Navigazione
Servizi marittimi italiani.
ti
VOCE DALMATICA
Abbonamenti per ora non si ricevono.
Un mimerò centesimi 25 [. 20 — Zara, 28 dicembre 1918 Rèdazione ed amministrazione provvi-soriamente nella Tipografia Schonfeld.
Il pericolo dell' irredentismo slavo
A nostro modo di vedere non ci dovrebbe
;ssere neppure un solo italiano, il quale,
incliè dura la lotta per la grandezza della
'atria — e sia essa impostata sul campo
osso di battaglia o sul tappeto verde del
congresso per la pace — sminuisca l'effi-
cacia o l'autorità dì chi per la Patria com-
jàtte con r armi o con la parola, pur sola-
nente enunziando alle sue spalle tendenze
; propositi contrari. E' stolto
.... in campo
Cinto d' oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, aceibe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
E sia pure, lo ripetiamo, col brando della
parola.
Noi riteniamo che in g-ran parte questo
enomeno, così dannoso alla Patria si debba
I informazione mancante o inesatta delle
nostre condizioni e dei termini veri del
nostro problema. Ce lo confermano gli ar-
romenti principali coi quali si vuol soste-
lere dagli Italiani micromani la tesi a noi
jontraria. Si dice e si teme che col realiz-
zare le aspirazioni italiane sulla Dalmazia si
attirerebbe addosso alla Nazione il flag'ello
|5Ìnora sconosciuto di un irredentismo slavo.
Noi supponiamo che nessuno degli opposi-
tori intenda rinunziare alle isole dalmate che
devono costituire la cintura di protezione
della Penisola, come proprio di questi giorni
ha dimostrato la parola inconfutabile di
Thaon de Revel. Ma in tal caso non vedia-
mo come sarebbe evitato il pericolo del-
l'irredentismo slavo. Il numero degli Slavi
inclusi nello Stato italiano col limitare il
possesso alle sole isole verrebbe certamente
ridotto ; ma ne resterebbero entro i nuovi
confini parecchie decine dì migliaia, che
fwebbero indubbiamente politica di decisa
opposizione nazionale. Anzi il pericolo che
si vuole scongiurare rinascerebbe pili gran-
de per due potenti rag-ioni. La prima che
le isole dalmate e curzolane non hanno vita
economica propria, indipendente dal conti-
nente dalmata, da cui devono ricevere ogni
cosa necessaria alla vita giornaliera, fuori
pochi prodotti' della terri» ette eoporlano."
Queste relazioni economiche imposte dalla
jfiacitura geografica alimenterebbero Io spi-
rito di ribellione, lo riaccenderebbero ove
accennasse a stancarsi. Il continente dalmata
lasciato in potere della Jugoslavia diverrebbe
in breve ora tutto un focolare di odio al-
l'Italia, riacceso di continuo dal vedersi
sottocchio dall' altra parte deg-lì stretti passi
mare 1' onta della custodia nemica.
L'altra ragione per la quale non sì rag-
giungerebbe lo scopo voluto, sta in ciò che
rinunziando alla costa del continente si ab-
bandonerebbero alla Jugoslavia appunto il
maggior numero e i più forti nuclei citta-
dini italiani della provincia, alterando a pro-
prio danno la proporzione delle forze na-
^onali, e rendendo possibile appena con
ciò quella slavizzazione completa del conti-
nente che appoggerebbe così potentemente
il movimento irredentista slavo delle isole,
invece, a chi conosce le condizioni nostre
riesce perspìcuo che nessuna influenza simile
sarebbe da temersi dalle provincie slave
^ntermìni sul continente dalmata, quando
vènisse annesso all' Italia, specialmente ove
lo fosse in tutta la sua estensione consacrata
dalla storia, perchè pochi assai sono ì con-v
tatti spirituali tra le rispettive popolazioni,
queste di coltura italiana anche se politica-
mente avverse all'Italia, quelle di coltura
tedesca, e pochi furono sinora anche gli
scambi commerciali.
Gubello Memmoli ha dimostrato sul „Tem-
po" che vana sarebbe la guardia delle isole
ove sì lasciasse in mano di chi all' occasio-
ne potrebbe divenire nemico, il doppio ma-
gnìfico porto dì Spalato, fra la Riviera delle
Castella e le ìsole dì Bua, Solta e Brazza.
Pur aderendo alle sue idee non entreremo
ora in una discussione strategica, ma ci ter-
remo nei lìmiti che ci siamo proposti.
Continuando diciamo che Sarebbe uno
sbaglio separare il problema dell'irreden-
tismo slavo in Dalmazia da quello della
Venezia Giulia.
Anche gli oppositori piij contrari ai con-
fini strategici che includano una popolazione
straniera numerosa,concedono che non si possa
: far a meno dì portare il limite al crinale mas-
I Simo delle Alpi nel Tìrolo. Non hanno esi-
j tazìonì adunque quando si tratta dì paesi
i -fton popolazioni di lingua tedesca, elevano
^ invece obbiezioni e contrarietà solamente
; quando si comincia a trattare dì paesi con
popolazioni slave, illudendosi dì averle ami-
che nel futuro. E allora ragionano cosi:
poiché il displuvio della Giulia non ci da-
^ reljbe un confine strategico che ci esìma in
caso dì guerra da uno sforzo militare po-
i deroso da quella parte, ebbene ritiriamo il
nostro lìmite indietro in modo da compren-
dere, nel nostro territorio il minor numero
ai Slavi, e solo prendendo quanto è ne-
cessario per assicurarci il possesso dì Trie-
ste, dì Fiume ^ delle altre città istriane. II
V^^gionamento è specioso e può far breccia.
Noi lascieremo da parte la questione del
confine orientale suU'Alpi Giulie, ci occu-
per^o soltanto delle conseguenze che, an-
che se venisse adottata la soluzione ora
esposta, sarebbero immancabili per noi, e
diremo che anche in tal caso il numero
degli slavi, che resterebbero inclusi nel
territorio italiano, sarebbe pur sempre molto
ragguardevole, appunto perchè' si tratta di
un paese di nazionalità siffattamente miste
che non è possibile tracciare una lìnea dì
demarcazione netta fra di esse, e deve in-
vece l'una all'altra sacrificare non poche
parti della propria popolazione. È naturale
e giusto che gli Slavi restino in ciò mag-
giormente perdenti, perchè la storia, la geo-
grafia, )a maggiore civiltà, la maggiore ric-
chezza fanno pendere la bilancia da parte
dell Italia, e perchè in ultimo il nodo gor-
diano venne tagliato dalla spada vittoriosa
dell'Italia- Ma ciò non toglie che agli slavi
la soluzione sarà ostica, e la osteggeranno
anche dopo che sarà sanzionata dal con-
gresso della pace. Credere altrimenti è da
ingenui. Dove allora la soluzione ideale che
^ncilia gì' interessi e i sentimenti di ^ tutti ?
Questa è una utopia, nel perseguire la quale
si disperdono forze preziose. Miglior con-
siglio accettare la situazione che impone la
storia, e affrontarla con animo liberale e
umano bensì verso le altre nazionalità che
verranno costrette entro i confini d^lla Pa-
tria, ma virilmente, senza false debolezze.
Supremo scopo, nell' interesse stesso della
pace universale e perpetua, chiudere le porte
di casa propria per terra e per mare, in
modo di svogliare chiunque a violarla. Non
divìdere terre che la storia tenne sempre
congiunta per millenni, come fu della Dal-
mazia prima a Roma e poi a Venezia, ri-
velando cosi una . legge storico-geografica
che dovrebbe richiamare una più profonda
meditazione da parte dei nostri oppositori.
Sarebbe pericolosa illusione il credere dì
poter disarmare l'inimicizia degli Jugoslavi
cedendo loro le coste del continente della
Dalmazia. Non disarmerebbero nemmeno
ove si abbandonassero loro tutte le isole
dalmate. Pretenderebbero allora Fiume, e
poi r Istria, e poi Trieste, perchè li direb-
bero porti necessari alla Croazia o alla
Slovenia, ìsole nazionali costituite da sin-
o-ole città italiane circondate da campagne
slave, mancanti di continuità territoriali cò-
me la massa compatta del popolo italiano,
Morale germanica
Air imperatore tedesco e alla sua degna
prole primogenita non erari bastati gli allori
dell'iniziativa e della correità nelle orgie di
sangue, nelle soverchierie, nelle rapine e ne-
gli eccessi di libidine, de quali tutto il mon-
do civile e libero accusa inorridito i novis-
simi lanzichenecchi di Germania) non tonta
di una pavida fuga imperiale pur nella tra-
gica catastrofe del popolo tedesco, educato
da trent qnni di pose cesaree al sogno me-
galomane dell'impero universale e in un
istante disingannato atrocemente nella sua
dabbenaggine dalla rotta degli eserciti e dalla
fuga dei vecchi idoli; non era bastata la
suprema vigliaccheria del dinasta e del figlio
che cercarono i capri espiatori della sconfitta
e delle atrocità fra ministri e generali, men-
tre nel tempo felice menaron vanto di non
temere che Dio, nè rispettarono nel larvato
assolutismo alcun altra volontà che la pro-
pria; r ultima fronda d'alloro sul sepolcro
dagF idoli prussiani infranti la portò giorni
addietro una vezzosa donnina diWieringen,
r isoletta che alberga il fuggiasco principe
ereditario di Germania.
Costei a tutta prima ti aveva l'aria più
sorniona di questo mondo: aprì un negozio
di modista per avvezzare quelle villane sem-
pliciotte a smettere la vecchia cuffia classica
che il mare slavo deve inghiottire. Così in
qualunque ipotesi è inevitabile l'aversi in
casa un irredentismo slavo. E allora la vera
questione non sta più nel cercare dì avere
il minor numéro possìbile di Slavi, ma il
costruirsi la casa più. forte che sia possi-
bile, non per un imperialismo che nessuno
sogna, ma per la pace pr«>pria e del mondo.
Sarebbe un pernicioso errore il credere
che gli Sloveni possano mai spontanea-
mente rinunziare a Trieste, o ì Croati a
Fiume o alla Dalmazia. ,^utte queste. son
terre che l'Austria aveva jpromesse alla loro
conquista nazionale e politica, e già le te-
nevano o stavano per ott^ierle. La illusione
fu mantenuta per troppo irèmpo, perchè se
ne possano spogliare a ciior leggero. Essi
tanto calcolavano sulla rèalìzzazìone delle
loro aspirazioni con l'appoggio dell' Austria
che combatterono accaniti'^ente per l' Au-
stria contro l'Italia e c1)ntro la Serbia.
Neanche caduta l'Austria seppero rinun-
ziare alle loro speranze e^ientare dì froda-
re delle loro legittime coi|quiste e l'Italia e
la Serbia, l'Italia in prim« luogo col giuoco
indegno della flotta, la St rbia con progetti
subdoli dì confederazioni repubblicane. A-
desso fanno guerra apert# all' Italia con la
parola e affilano già le ami contro dì lei.
E non già per la sola Dalmazia, ma per
tutti ì paesi fino all'Isonzo. Lo dicono aper-
tamente. Tali sono ì cornpaciscentì del
Patto di Roma.
E cercano alleati. Non poi faremo il torto
ai fratelli francesi dì crederli capaci di man-
care, per i nuovi amici, ai patti giurati. Ma
pure vorremmo metterli in guardia, ricor-
dar loro che con gì' Italiani possono avere
contrasti quanto mai vuoisi numerosi e con-
tinui, ma che al momento decisivo le due
nazioni sorelle si trovano sul campo di bat-
taglia dalla stessa parte, per il diritto, la
giustizia e la libertà. 1 croati invece com-
batterono sempre contri la libertà degli
altri popoli. Informino il 1848 e questa ul-
tima grandissima tra le guerre. Se i Fran-
cesi ricorderanno come l'iianno ricambiati i
Russi, non sarà possibile che sì fidino dei
Jugoslavi e non abbiano la visione netta della
solidarietà d'interessi con l'Italia. Cade così
anche l'altro principale argomento degli
oppositori alle nostre aspirazioni che con
r annessione della Dalm?^ l'Italia sì pro-
cùréfe"5Be hemìci àncftelfa pi òdièrhfiàìléc^^
olandese per il cappellino ultima creazione
parigina ; ma poi, in pochi giorni, se /' in-
tese sin troppo bene col Kronprinz e si die-
de a insegnale gratuitamente la morale. E
poiché in Olanda con certi argomenti non
si scherza, il popolo fece presto festa finita:
r eroe di Verdun se la cavò con molte in-
giurie e qualche sassata nella schiena e la
banditrice delle troppo cortesi e morbide co-
stumanze s'ebbe . . . il biglietto gratuito per
il rimpatrio.
Il fatto per sè non è gran cosa ; ma rac-
costato a cerf altre marachelle di vecchia e
nuova data — a esempio i ricordi df^le or-
gie universitarie del principe e certe rivela-
zioni di giornali repubblicani e socialisti sui
suoi spassi alla fronte francese, anche in
momenti di suprema responsabilità per un
generale — getta di riverbero una luce si-
nistra sui campioni della vantata moralità
germanica, la quale, almeno pei minchioni,
era in sintesi nella famiglia e nella parola
del Kaiser magnificante a tutto spiano as-
sieme al suo vecchio dio germanico il dovere
patriottico per ogni buon tedesco di avere
una famiglia di vecchio stampo e prole ab-
bondante per sopraffare la Francia degene-
rata persino con la forza delle statistiche.
Ora cotesti coronati maestri di moralità
spicciola è bene finiscano tra le grasse risa
della chronìque scandaleuse.
Propaganda triestina prò Dalmazia
La bandiera della „Pro Dalmazia.'' Trie-
ste 24.11 comitato di propaganda „Pro Dalma-
zìa," tenne il giorno 19 nella sala maggiore
della^Società operaia una adunanza, nella quale
fu inaugurata la bandiera, che d'ora in poi
alla testa dei dalmati qui residenti svento-
lerà in tutte le occasioni, in cui ci sarà da
manifestare la ferma e tćnace volontà degl'i-
taliani dalmati di appartenere alla grande
patria italiana.
Il presidente del comitato on. Smerchìnich
parlò ai convenuti che gremivano la sala,
dello scopo che si prefiggeva il comitato e
fece un riassunto chiaro dell'attività finora
spiegata ; indi, apparsa U bandiera, fra in-
terminabili ovazioni dell'uditorio fremente
dì emozione, tenne un discorso magnifico
di forma, elettissimo dì pensieri, illustrante
il significato simbolico e nazionale del ves-
sillo. Accentuò il fatto che le bandiere degli
stati costituiscono il segno simbolico, la ma-
nifestazione esterna del carattere dei popoli.
Ciò avviene — continua l'oratore —" là
dove il complesso statale costituisce il vero,
sincero esponente dei sentimenti, degli ideali,
ai iquali con unisone concordia di pensiero,
di volontà, di coscienza, tendono le regioni,
sparte nel complesso statale riunito. Ma per
noi dđlfiaati
dmV epoca fatale della caduta di Venezia,
dopo finito il breve e glorioso domìnio
francese^ ìa Dalm&jia venne incorporata al-
l'Austria, per forza bruta, non per volontà
sua ; e con quell'ìbrida compagine statale ì
dalmati nulla ebbero mai dì comune : non
vìncoli dì lìngua, non pensiero o comunità
dì aspirazioni, non sentimento di ricono-
scenza. E qui l' oratore, con calda parola,
sì diffonde su le persecuzioni patite, su le
soperchìerìe a cui ì dalmati furono fatti se-
gno dal passato dominio, su la violenta sla-
vizzazione di comuni, di scuole; onde il
distacco delle anime e dei pensieri dall' ì-
brido governo impeciale, e il raccogliersi
dì tutte le coscienze intorno al vessillo, che
simboleggiava la patria e una fede e il voto
supremo che uh giorno venisse, in cui la
bandiera dalmatica sì fondesse nel simbolo
del tricolore italiano.
„Questa, dice l'oratore, la spiegazione
logica e storica del nostro regionalismo,
questa la giustificazione pur nelle liete con-
tingenze odierne del nostro vivo attacca-
mento al modesto ma caro vessilo di Dal-
mazia che abbiamo voluto sia segno augurale,
sìa il Sìmbolo aleggiante sulla spirìtualè
riunione del pensiero e del sentimento dei
Dalmati italiani residenti nella gentile Trieste.
„Caduta Venezia, lasciando sulle rive del
nostro Adriatico tutte quelle traccie di ita-
lianità che nella lìngua, nei monumeiiti, nel-
le tradizioni, nella civiltà resìstettero alla
nequìzie austriaca e alla brutale soprafazìone
croata, nel vessillo di Dalmazia furono con-
cepite e svolte tutte le epiche lotte dei no-
stri uomini migliori per conservarne la indi^
pendenza territoriale, e salvaguardare ad un
tempo la lingua e le tradizioni, da cui sca-
turì ed assurse a coscienza nazionale il
pensiero ed il sentimento italiano.
„Ed è perciò che anche oggi, in cui la
redenzione di Dalhiazìa va compiendosi ed
il simbolo del Regno d'Italia sventola su-
perbo tra le case e dalle torri riconquistate,
il modeste gonfalone dalmato conserva cio-
nondimeno il suo grande significato. Esso
ci ricorda nell' azzurro della sua stoffa il
nostro dalmatico cielo, le ridenti città co-
stiere, rievoca memorie e pianti dì cui è
intessuta la nostra vita di ieri, ci riafferma
nel suo simbolico linguaggio che le lagrime
di dolore che ì fedeli Schiavoni avevano
versate nel seppellire a Perasto il vessillo
dì S. Marco, lasciarono quel solco indele-
bile che ritemprò le nostre resistenz.e e sulle
cui traccie si avviò e fu raggiunto l'ideale
della redenzione.
Salutiamo con mentato affetto il nostro
caro vessillo, augurando che 1' opera reden-
trice sia piena, che la grande Italia compiuta
costituisca ben presto la più bella realtà."
Il bellissimo discorso, ascoltato dai pre-
senti con intensa commozione, fu accolto in
chiusa da una entusiastica unanime ovazione.
Cessati gli applausi, parlò poi il signor
Giorgio Tamino. Nel suo discorso alato,
egli riaffermò con calore il diritto dell' Italia
su tutta la costa dalmata, rilevando il ca-
rattere veneto dì tutte le nostre città della
costa. Fra vivi applausi, furono rinnovate le
dimostrazioni prò Spalato in chiusa al di-
scorso e fu deciso che il comitato pren-
desse parte, con la bandiera, alla comme-
morazione di Oberdan, fissata per il giorno
dopo. Indi r adunanza sì sciolse.
Pro Àrbe e Spalato. Nella stessa sera
dell' inaugurazione del vessillo dalmata, in
quella stessa sala, poche ore dopo, furono
ospiti graditi e festeggiatissimì della Società
operaia i signori prof. comm. Onofrio Fat-
tori e il pubblicista Manlio Gozi^ presidente
r uno e segre^rìo 1' altro del Comitato go-
vernativo „Pro fratelli combattenti dì S,
Marino." Il comitato prò Dalmazia fu pure
presente al ricevimento degli ospiti e dopo
che questi ebbero con inspirata parola por-
tato ù iraterno saluto, ed__espressa la
loro simpatia per la causa della Dalmazia, ,
„sospiro eterno delle anime loro," il dott.
Ugo Inchiostri fu incaricato di porgere, a
nome dei dalmati, il saluto ai due rappre-
sentanti dì quella repubblica.
Il dott. Ugo Inchiostri disse che i dal-
mati qui residenti erano fieri dì porgere il
loro commosso saluto ai nobili figli della
gloriosa repubblica di S. Marino ; superbi
nel ricordare che due liberi dalmati, Marino
e Leo, sui primi albori del medio evo, cer-
cando pace e lavoro in vetta al Titano,
avevan fondato quel sacro asilo dì libertà.
E continuò :
„Oggi in Arbe, patria dì Marino, sventola
il vessillo d'Italia, ma nella romana Spalato,
su le isole che le fanno corona ed usbergo,
dove ì due dalmati, fondatori dì repubbliche,
approdarono tante volte a cercar materiali
per r opera loro, su quelle terre ì dalmati
aspettano ancora dall' Italia la luce del tri-
colore, la gloria della redenzione.
„Noi ricordiamo questo doloroso fatto
anche ai nobili figli di quella gloriosa re-
pubblica, che seppe resistere indomita al-
l' attentato della curia papale e dell' Al-
beroni, alla repubblica che, in tempi tristi
per r Italia, seppe impavida dare asilo a
Giuseppe Garibaldi, stretto da presso da tre
eserciti della tirannide straniera.
„Bandite, o figli generosi dì S. Marino,
reduci alla terra vostra, questo verbo dì fede
e di speranza dei dalmati cuori ; dite dal
libero Titano a tutti i fratelli d'Italia che
Arbe, nel nome del suo santo, vuole ricon-
giungersi per sempre all' Italia ; che Spalatq
da tutte le sue arche, da tutti ì suoi mo-
numenti, da tutte le anime piene di singultì,
sì protende disperata, oltre l' Adriatico no-
stro, come figlia abbandonata che anela alla
santa, alla dolce carezza della madre libera-
trffce.
E voi, Signori, figli, fondatori, assertori
dì libertà, fatevi interpreti e araldi dì chi
della libertà non sa ancora le gioie, dì chi
da oltre un secolo combatte per conquistar
questo bene supremo."
Tutto r uditorio scattò in piedi al grido
di „Viva la Dalmazia italiana," „Vìva Spa-
lato," „Viva Arbe !" Il comm. Fattori disse
air oratore che trasmetterà alla sua città
questa fraterna invocazione, ma che è lieto
di poter annunciare che già TU corrente
la reggenza aveva inviato un promemoria
all' on. Sennino, propugnando ì diritti dì
Arbe e dì Spalato.
Nostre corrispondenze^
Da Spalato
pimostrazioni ed eccessi contro g-li !-
taliani. Ieri ed oggi, 14 e 15 corrente, si
ebbe qui una serie di festeggiamenti per
la proclamazione dell' unione» degli sloveni,
croati e serbi.
Naturalmente la nota distintiva delle riii-
nionì, dei cortei e discorsi furono
violenze contro gli italiani.
I nostri connazionali, donne ed uomini,
vennero, senza ragione dì sorta, al dì fuori
del fanatismo nazionale, insultati, aggrediti
e percossi per le vìe. Sotto le loro abita-
zioni gruppi di eccedenti s" iraiteiDero àd-
ìnveire e a minacciare.
L' operaio Giovanni- Buglìan venne assa-
lito alle sette dì sera mentre usciva dall' O-
pèraia da sei o sette individui, che prima
Io spìnsero contro un muro, indi uno ^ìi
assestò un calcio, mentre tutti gli altri sta.
vano ad insultarlo e minacciarl^.^^jUo: stu-
dente Valentini Giuseppe, poco, dì poi, pUre
nei pressi della piazza, venne del pari ag-
gredito da una quindicina di giovinastri,
che lo colpirono al ventre e contemporanea-
mente lo assalirono e picchiarono alle spalle.
La Signora M. unitamente alla figlia e ad
altra signorina vennero insolentite da un
gruppo di studenti croati, ai quali non andò
a genio che parlassero in italiano; poi, quando
sì furono alquanto scostate, vennero prese
a sassate. Due delle pietre lanciate colpirono
la signorina E. B. al fianco.
II signor F. mentre usciva dal Gabinetto
di Lettura fu minacciato e rincorso da un
gruppo dì violenti e riuscì a sottrarsi al
peggio, riparando nell' Hotel Bellevue.
Oggi infine sul tardi in chiusa della festa
ed a coronamento delle perpetrate violenze
vennero presse a sassate ed infrante le ve-
trate delle finestre della Società Operaia e
gettati pure dei sassi contro i balconi del
Gabinetto di Lettura. Agli italiani, cui si
rende pericoloso il transito per le vie, vuoisi
rendere impossibile pure il radunarsi nei
loro locali sociali, attaccandone le sedi ed
aggredendo chi osa accedervi. E come già
s' è detto, pur nelje abitazioni private essi
non vengono lasciati tranquilli, chè e di
giorno ed in ìspecie dì notte sOtto le case
degli italiani sostano dei gruppi dì violenti
per insultarli e minacciarli.
Senonchè un' impressione ancor più di-
sgustosa lasciò il corteo pattìottìco, in cui
la scolaresca delle locali scuole assieme agli
insegnanti passò il giorno 14 di mattina at-
traverso le vie cittadine, iniziando cosi i
festeggiamenti e dando loro quella intona-
zione che dovevano mantenere per tutta la
giornata. I) primo sap-o^io dei metodi didat-
tici fornito con C50 dalla Iugoslavia non è
dì certo prometterite per ie sue sorti future.
Cmmn 7 righe
Alla volgare scenata offrivano de-
gno contorno e significante completamento
i membri del corpo insegnante che guida- ^
vano la scolaresca. •
Va da sè che gli ' scolari italiani E; ÌÌÌO
stati trattenuti a casa dalle loro famiglie, e
così per questa volta sottratti alla parteci-
pazione a tali deplorevoli scenate.
I>a Sebenico
Vita sociale. La nostra secolare Sócìeià ,
del Casino, antico retaggio veneto, che ìi
defunto governo profanò usandola come
meglio gli piaceva, dopo la storica giornata
del 31 ottobre, in cui, incoraggiata? dagli
avvenimenti che sì svolgevano al Piaye, un
gruppo dì nostri ne rioccupò ì locali, stac-
cando e rompendo i suggelli dell'obbro-
briosa polizia, e piantò sul balconr^^ > il, tri
colore, raccoglie ora il fiore della |cfltadi-
nanza di Sebenìco. Svegliata dal suo~ sonno
forzato, rivìve e si rinnovella. È IV che si
concentra tutta la vita nazionale fegl ita-
liani. Il suo gabinetto dì lettura è aperto
giornalmente e vi accorrono, oltre agi'Ita-
ìiani del luogo, gli ufficiali della R*. Marina
e del R. Esercito, restando meravì|^Ì3ti al
vedere la splendida sala e gì'importanti
oggetti antichi che vi sono racchi. Più
volte la settimana vi sì danno ^atteni-
menti famigliari, in cui tra il wal^ e la
quadriglia s'intonano i canti patrìoftìci che
la nostra gioventù sentì, vivo bìs^no di
cantare dopo tanti anni dì schìavitfc
Dì queste festicciole due non le idimèrrtì-
cheranno gl'Italiani di Sebenìco. Il 2B no-
vembre S. E. l'Ammiraglio Millo, pél*invito
della cittadinanza, sì compiacque dì ^torare
i locali della sòcietà con la sua j^es^jza.
• ìli' addoi '
imati S(
».i« gremita dì soci (questa n. i «.
spondénte dì Sebenìco del „Novo. Doba
col suo naso qhe s' allunga syemjpre più per
bile, non dev'esser riuscito a contarli
perciò che òrganizzò una dimostrazìoncella). .
Air entrare di S. E. un' orchestrina intonò ;
la „Marcia reale", méntre due spa^iere di
leggiadre gìovanette biancovestite àccol-
sero gettando fiorì. Alle parpiè d'|»taaggio
che il presidente avv. Pini Involse prostro
governatore, S. E. rispose'commo;^, men-
tre un piccino vestito da marinar«to ipi-
Hano al grido dì „Vìva l' Eroe d#:Pai-da-
nelli" gli porgeva un mazzo di Bof»^^
ì nastri delle cinque torpedìni|H j|^ COI m sero allora glorioso il nome (K
La simpatica e maschia figura
nature non andrà mai cancella^ ,
nostri, che gli serberanno .^itu^mé pe
renne.
Un altro festino beij^/Tuscito e crt-ganii-
zato in due ore da tìn'alàére sanerà di
giovani, fu quello di sere fa, quAndp gh
^Mara, 4 gennaio 1919
dalia ostentàjjpdmp&rzialità fra la propria
MATICA
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schonfeld.
(AGGIORNATA DALMATA' A ROMA
ha manifestato solennemente lunedì dell’ ammiraglio Millo, V on. Rava, 1-on. A-
mici ecc. Apre la serie dei discorsi il prof
lancili J~ll’ . • A.'..r*ai re ■
b' volo^à. Vuole riunita all’Italia tutta
n-lrtiazia, che fu già di San Marco. Alla
‘^stazione si unirono pure, in forma
'7’biscitaria, Genova, Napoli, Milano ed altre
fìp Italia afferma altamente il suo volere,
une della nostra martoriata provincia.
£’•' ultimi giornali recano diffusissimi par-
la
patria'e 4o str;.1" Ifutta questa miseria
intellettuale e Borale e>a passata sull’Italia.
E vi era'pasšatđiliho frutto più maturo,
più tristeitìente^'rnatUrìq: Adua ! Che mera
viglia, 'dùnque/*sei^fiè^ìtre le due più grandi
ticcì61’1 sulle imponenti manifestazioni dellale. S’iniziarono con un corteo popolare,
‘ , raccolse davanti al monumento a Vit-
Emanuele. Numerose le . associazioni
' olfi-he ciie vi Pres.ero Parte coi vessilli,
p\pe personalità civili e militari, ufficiali di
e ai mare, studenti, studentesse, sol-
• s.j , un’enorme massa di popolo. Sono
' ‘ .Senti anche molti dalmati: i delegati di
?.ra di Spalato, di Sebenico, < di. ,T?aù. Il
To el , rettore de l’ università, ^affermando
che alla vittoria debbono, corrispondere giu-1 Hm * °
sti compensi e conchiude gridando, „Viva aspirazioni nazìorialu^ Trento e Trieste
la Dalmazia 1« „viva l’Italia." LAon. ’ Feder- apparivano e^une^gno lonta ino, co
zoni tiene poi un discorsi, denso di conte- ~ '&,a nunatn.^ ~~
nuto e magnifico nella forma, che vorremmo
poter riportare per intero. Egli ribatte *e
distrugge tutti gli argomenti dei rihùnciatori,
e argutamente osserva che „contro il diritto
dell Italia sulla Dalmazia non vi è, oggi,
che il rinascere di vecchie gelosie interna
zionali, „superate dalla storia." Parla poi il
aYv- Talpo che sostituisce il sindaco
Z.iliotto, indisposto, dichiarando che laDal-
^a-mantenuto sempre il suo carattere
me
una cosa a ćnr si-’potev pe sare, ma par
larne era inùtile quasi, l’aspirazione alla
Dalmazia fosse andata., man mano oblite
randosi, nella ^spiiei&àjdegli Italiani?
E come qvrébbe potato essere altrimenti?
Mentre F Jtalia^tùttà chiusa nella sua me
schina vita inferiore, . sembrava aver smar
rito la* sua via, l’Austha appariva sempre
più formidabile, solida bella sua massiccia
^armatura secolare, disciplinata, ben orga
nizzata, forte dei suoi milioni di abitanti
italiano, malgrSdó la .««miodal.zzaiió'ne vo- ’ « di, un fra 1 primi del
hita dall’-si j’ . mondo. t-Lte wentò m tali condizioni eraimponentissimo, sul quale sventola- lu Austria e 'conchiudè còl dire che
fra i tncolon anche 1® bandiere di Spàlato è nel cuore di ogni dalmata.'Una
irenetica acclamazióne accoglie al suo ap
parire 1 on. Salvi ; tutti gridano„viva Spa
lato italiana," la banda suona F „Inno di
Mameli" cantato in coro dalla fòlla* impo
nentissima : è un momento di commozione
intensa. Anche il discorso dell’on. Salvi
meriterebbe d’ essere riportato«'per intero ;
. ma a noi lo spazio difetta, e A lettóri lo
51 qu.de, dopo aver ricordato che T Italia hanno già letto nei giornali d’Italia. Basterà
5;. v inato tre volte T intesa, disse che si dire che T on. Salvi fu efficacissimo e lun-
đevfc fare un solenne giuramento : „Finché gannente applaudito.
sHe le città dalmate, si mùove dà Piazza
ùa per la salita di Magnanapoli, can-
;gli inni di Mameli e di Garibaldi. In
, - i 'dell’Esedra parlò l’assessore Valli
f l 1 Comume di Róma, dando espres-
L..s,e alla volontà dell’Italia vittoriosa: la
i .®,<.«»izione della Dalmazia. Cessate le ac-
ck..v,žiotii della folla, parlò il prof. Rocco,
un solò italiano si troverà sull’ altra sponda
sol! l’egida straniera, non deporremo la
spaiai* Dopo di lui parlano il tenente Mar-
iiiuH òhe porta il saluto dei soldati corn
uti, e il tenènte degli arditi Carli chee-u
Chiuso il comizio, il prof. Tonelli logge
il seguente ordine del giorno che viene
approvato per acclamazione :
„Roma, raccolta all* „Augusteo" in solen
ne comizio, mentre saluta con materno af-
glit tr
ao.tr '
vòìti
rono
univi
c .r,
grida
fa a
La
T Au
asšor
loro
crnih
1 saluto, il voto e la solidarietà di tut- fettoed orgoglio i dalmati convenuti per
ufficiali e soldati dei gloriosi batta- riaffermare il loro avito attaccamento all’ I-
d’assalto. Prende poi la parola il talià, deplora che nel raggio di rivendìca-
Umberto Nani che afferma il nostro zione nazionale già compreso dai trattati
d’essere italiani. Tutti i discorsi fu- ed occupato dalle armi manchi una parte
pplauditissimi. Un gruppo di studenti essenziale: la Dalmazia; esprime la ferma
: ~z': ---- T~ volontà che tutte le città, le spiaggie e le
isole di Dalmazia, che già ebbero comuni
col popolo italiano le sorti, le tradizioni e
la phHtlta, sian ricongiunte alla patria, redi-
Ip dalla sopraffazione snazionalizza-
trice, cui furon sottoposte dall’Austria, è'
da riùove e più gravi minacce e pericoli
tanto per la loro individualità nazionale che
per la sicurezza, T integrità, la pace e il
decoro della Nazione". r - _ ' ....
Di Tr o in
permesso parlare; lungamente si accarezzò
la sp ; « iza dF poterlo, .avere per trattativa
diplomatica. Trieste era lontana nella spe
ranza, ma era vicina jq^ó spazio, nelle re
lazioni,„ nello scambio •continuo delle per
sone e delle cose, neile -spmunicazioni rapide
e frequenti. La sua loda tenace contro lo
slaviSmo, appoggiato cOTÀustria, era una
cosa viva,* di cui si seguivano giorno per
giqrno gli episodi’e eh® appassionava. Al
contrario la Dalmazia era lontana, le comu
nicazioni, per la pigrizia dei nostri armatori,
per la neghittosità dèi governo erano scarse
al.confronto di quelle continue che legava
no l’Italia a Trieste. Anche laggiù, sulla
spenda vigilata dalle; òànfumerevoli isole che
la proteggono4 e la nascondono, si combat
teva una lòtta ostinata, -feroce, tra le citta
dine in cui una tradizione millenaria man
teneva il culto della italianità e la campagna
abitata da masse ignoranti di contadini, fra
cui pochi -^póliticanti 'avevano praticato il
per l’italianità, oggi riceve il meritato pre
mio. Perchè noi non vogliamo, noi non pos
siamo credere che la più gran parte della
Dalmazia, che Spalato, cuore della Dalma
zia, debba essere sacrificata. Contro i cla
mori di un piccolo popolo, che si appog
giava ieri sull’ antagonismo storico fra l’Au
stria e l’Italia, che tenta appoggiarsi oggi
su i rinascenti miopi antagonismi di altre
potenze europee, sta la vittoria italiana. La
vittoria, che ha schiantata T Austria, la
creatrice di queste piccole nazionalità tu
multuose, non può senza sovvertimento d’o-
gni legge morale volgersi contro chi ne è
stato T autore. Lo sappiano, non già le tur
be fanatiche che al di là del nostro mare
si agitano incomposte, ma i protettori po
tenti che in odio nostro si sono loro prof
ferii altrove : T Italia non intende transigere
col suo diritto, con le sue necessità, col
suo sentimento. Essa vuole avere tutto quel
lo che al di là dell’ Adriatico è suo per
millenaria tradizione, perchè non vi è forse
nel cuore stesso d’Italia alcuna regione che
sotto questo punto di vista sia più italiana
della Dalmazia. Ma sopra tutto l’Italia non
intende trattare da pari a pari con un pic
colo popolo, che per sè non ha che la pe
tulanza, 1’ assenza di ogni intelligenza poli
tica e la protervia tutta balcanica. Forte
della sua storia, della sua cultura, dei suoi
quaranta milioni di abitanti, della sua ric
chezza, del suo esercito, della sua marina,
T Italia ha il diritto di dire che le è intol
lerabile di lasciare anche uno solo dei suoi
cittadini nella ignominiosa servitù di un
popolo numericamente, intellettualmente, po
liticamente di tanto inferiore. Chè se vio
lenza le dovesse esser fatta, essa non la
dimenticherebbe mai ; e troppo breve sod
disfazione ne potrebbero avere i protettori
grandi ed i protetti piccoli. La storia è
ammonitrice. L’inimicizia italiana è stata
Elicti
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di r
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lun.
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ini.;.
.zar,
W1
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sa;
li
.ilari percorse poi la via Nazionale
bandiere dalmate e i tricolori, con
di*„evviva Spalato italiana" „evviva
bastìa," cantando T inno di Oberdan,
limostrazione continuò alla sera al-
isteo. Impossibile annoverare tutte le
zioni ^intervenute, la vasta sala èra
issìma. Fra le personalità che con le
esenza resero più solenne e più si-
m là serata,., si notavano i sottose-
-tfh. -F\recart-eiWot pur^5,-t?’ famiglia-
^a commemorazione di Francesco Rismondo
Roma, 30 dicembre.
i delle scorse sere, davanti ad un pub-
celto e numerosissimo, raccolto nella
.ichetti, il prof. Alfredo Rocco celebrò
.i i vibrato discorso la commemorazione
oncesco Rismondo, T eroe che, nel no-
Spalato, diede in olocausto la gio-
i forte esistenza. Eccovi un largo
del nobilissimo discorso, che pur
ria le vere condizioni di Spalato —1
più martoriata che mai — ed il suo
alla redenzione:
18 luglio 1916 Cesare Battisti, preso
aspra lotta sul Monte Corno, cadeva
degli austriaci e alcuni giornimani
gio alla sua tomba. In verità anche Rismon
do, come Battisti e come Sauro, finì per
mano del carnefice, e un anno prima dei
suoi compagni di gloria accresceva col suo
nome e col suo martirio la schiera degli
eroi e dei martiri del Risorgimento italiano.
Eppure di Francesco Rismondo non si è
che poco e poco di frequente parlato. Non
una lapide gli fu murata, non una via gli
fu intitolata, non una nave fu dal suo nome
chiamata. Non accusiamo nessuno di questa
grande ingiustizia. Su Rismondo è pesata la
triste fatalità che è pesata sul suo Paese,
la Dalmazia !
Battisti: il Trentino nostro, l’aspirazione
di tutte le generazioni che si sono succedute
da Bezzecca fino ad oggi. Sauro: Trieste e
T Istria, la vocazione storica dell’ Italia, T a-
mcre appassionato di tutti i giovani nati
tra il ’60 e il 1900. Si comprende che ad
essi sia andato il compianto, sia andata la
glorificazione, sia andata la promessa del-
T Italia combattente. -
Francesco Rismondo rappresentava invece
il suo cadavere penzolava dal legno
nel tetro cortile del castello del
Consiglio. Poche settimane dopo Na-
Sauro, vittima di un ardimento che lo
cento volte condotto presso alla mor-
biva il martirio sulla terra dell’Istria,
aveva veduto nascere e dove la sua
andò a riposare in attesa della ven-
e della rivendicazione. I due nomi, di
io era già illustre e l’altro del tutto la Dalmazia, che, ahimè ! non era altrettantof -11 _ JL — —~ 4- a m -s-i 4-» »-»,0.1 ridirgli iFoliam 1 Trio rrxcmiA>, furono circondati immediatamente
iaì ureola della gloria, venerati e pianti
': ni parte d’ Italia, da ognuno che fosse
**4 del nome di italiano. La lotta mor-
*' 'a l’Italia e l’Austria ebbe nel duplice
!i ‘ io nuovo alimento, e parve d’allora
;!i combattesse con più implacabile vo-
r’;- di vittoria da parte nostra, con più
' ato furore di difesa da parte della
' ■ nemica storica e tradizionale. E’ per-
- ’ * stupire che in tali condizioni di spi
la sfuggita alla commossa sensibilità
1 pinione pubblica italiana un’ altra mor-
:r cui un altro italiano delle provincie
, ':,jnte aveva nei primi mesi della, guerra
' /ato ti sacrificio dei martiri di Belfiore,
ier Fortunato Calvi, di Guglielmo
’ ' dan.
fisamente un anno prima della impic-
ue di Cesare Battisti e di Nazario
, periva per mano del carnefice un
,’taliano suddito austriaco: intendo dire
1 a esco Rismondo di Spalato, catturato
, ‘ 0 austriaci sul Monte San Michele il 21
1 ' 1915 dopo un glorioso combattimen-
1. quale egli venne gravemente ferito
cui meritò la medaglia al valor mi-
• JHa fine di Francesco Rismondo corsero
4' che erano eroiche leggende^ Si disse
{* 2aduto in mani dei nemici, fosse stato
f J a colpi di baionetta dalla soldatesca
i aca ^he lo aveva riconosciuto per ope-
il soliti rinnegati, i quali non mancano
; -jSSun popolo per quanto generoso. Si
. ‘ 'S*- anche che il suo cadavere sia stato
ÓL7lato e le ceneri disperse, perchè non
presente nel cuore degli italiani. Una specie
di oblio era disceso sulle speranze che an
cora nel 1866 nella vigilia di Lissa erano
fiorite nel cuore di tutti. Nel 1866 era an
cor vivo il ricordo di Venezia e di Campo-
formio, e del grido di dolore con cui i Dal
mati accolsero la notizia che Napoleone li
aveva venduti agli austriaci. Nel 1866 an
vangèlo di una «nazionalità nuova e istillato fatale all’ Austria : non se ne possono ral-
l’odio verso ogni cosa Italiana. Di questa
lotta tenace tra T intelligenza e il numero,
.tra T attività e l’ ignavia,* tra la ricchezza e
il bruto favoli manuale, giungevano a rari
intervalli gli èchi affievoliti in Italia. Ma i
gridi di angoscia nelle; città nostre, il cui
governo cadeva uno dopo T altra nelle mani
dei croati — Cattare, Rògusa, Spalato, Se-
benico — erano copertiìdalle vociferazioni
politicanti e, dalle ’ chiacchiere di un
jtrgritmrcrrto irf^tutt’àftreèfaccentlè affaCOeif-
dato.
Solo quando nel 1914 la guerra europea
scoppiò come folgore e risvegliò gli addor
mentati, non solo la rivendicazione del Tren
tino, di Trieste e dell’ Istria fu immediata
mente nel pensiero e nel cuore di tutti ; ma
anche il movimento a favore della Dalmazia
finì col trionfare. E il problema della Dal
mazia fu impostato, non solo come un pro
blema di integrazione nazionale, ma anche
di sicurezza strategica e di espansione com
merciale nell’ Oriente balcanico. In questi
termini il governo italiano lo propose nelle
discussioni che precedettero la partecipa
zione dell’ Italia all’ Intesa e il suo intervento
contro l’Austria. Disgraziatamente, mentre
dalle potenze occidentali non veniva alcuna
obiezione alla rivendicazione italiana della
Dalmazia, un grave duello diplomatico si
impegnò tra T Italia e la Russia, che, quale
tutrice dello slaviSmo, ci contese a palmo a
palmo i territori che erano nostri per lingua,
per spirito, per millenaria tradizione di ci
viltà. E T Italia dovette così acconciarsi a
una transazione, in cui, insieme con T eroica
e italianissima Fiume, era sacrificata la mag
gior parte della Dalmazia: Spalato compresa.
E anche qui parve che il destino si acca
nisse contro Francesco Rismondo : proprio
nel momento in cui sembrava che contro
un fato inesorabile la Dalmazia riuscisse al
meno in parte a redimersi, la patria di
Francesco Rismondo----Spalato — la città
più importante della Dalmazia, T erede del-
T antica Salona, che quando Venezia non
esisteva e Trieste era un villaggio di pesca
tori, costituiva la unica grande città del-
cora non era spenta T eco dei lamenti che l’Adriatico, Spalato era sacrificata. Era sa
avevano accompagnato la consegna del ves
siilo di San Marco agli austriaci. Ancora si
ricordava che in Zara esso fu portato nel
Duomo dove, intonato il De Profundis, fu
laciato fra le lagrime dei cittadini dolenti e
sepolto. Si ricordava ancora che a Perasto,
la bianca cittadetta delle Bocche di Catta-
ro, il vessillo glorioso ebbe esequie solenni
nella Cattedrale e fu deposto sotto T aitar
maggiore come reliquia nazionale. E quando
l’ammiraglio Di Persano salpò con la sua
flotta alla volta dell’Isola di Lissa, gli ita
liani volsero T animo' trepido di speranze
all’ opposta sponda dalmatica, e dalla Dal
mazia i figli e i nipoti dei sudditi della Se
renissima spiavano il fumo e le vele della
flotta italiana.
Ma troppe cose da quell’ epoca erario
sopravvenute. Lissa sopratutto, che aveva
sepolte le speranze degli italiani e riaffer
mata la padronanza austriaca sul mare Adria
tico. E poi, più fatali di Lissa, le beghe
meschine della vita italiana dopo la scon
fitta, T oblio dell’ idea nazionale, il culto del
più grossolano materialismo, la rissa dei
criticata cioè la città che è il centro della
Dalmazia, T organo vitale di tutta quella re
gione, la quale forma un tutto unico che
invano si vorrebbe scindere: era sacrificata
Spalato, culla di Diocleziano, patria di Ba-
iamonti, il più puro assertore > dell’ italianità
della Dalmazia. Era sacrificata Spalato, vei
colo dei commerci da tutta la regione bal
canica all’ Adriatico ! ’
Ma dopo tante ore grigie doveva anche
per T Italia venire T ora del trionfo. Quello
che sembrava assurdo è accaduto : T impe
ro austriaco, secolare organismo statale ricco
delle più antiche tradizioni militari, crollava
sotto i colpi dell’esercito italiano. Spetta
colo nuovo nella storià di un paese che,
dopo quindici secoli di'imbellicosità e di
viltà, dopo cinque secoli di servaggio, del
più ignominioso servàggio, rinasceva alla
gloria delle armi e conquistava la più com
piuta e grandiosa vittoria della storia mi
litare I tri’ questo momento tutto ciò che gli
eroi della-lotta italiana in Dalmazia durante
lunghi decenni hanno fatto e sofferto per
conservare accesa la fiaccola dell’italianità
partiti, la lotta di classe, di categorie, di sull’altra sponda fruttifica a prò della Patria,
gruppi, 1 assalto allo Stato, il clamore dei La lotta che Francesco Rismondo nella
demagoghi, le declamazioni dell’ umanitari- Società , ginnastica, nella Lega nazionale,
legrare troppo i suoi minuscoli eredi. Ma
noi siamo certi, e siamo certi perchè fer
mamente vogliamo, che non vi saranno de
lusioni per l’Italia vittoriosa e che il voto
fatto dai doloranti amici di Francesco Ris
mondo, il giorno in cui giunse la nuova
del suo martirio e della sua gloria, sarà
fra pochi mesi un fatto compiuto, e sulla
marina di Spalato sorgerà T effige di Lui,
simbolo della fede incrollabile, della vo-
IpàhndLZia4ord~ c^Qr sèm
pre italiana."
Nostre corrispondenze
Da Sebemco
Fascio Giovanile. La sera del 28 decem
bre, il „Fascio Giovanile" diede una cena
nella sala maggiore della Società operaia,
splendidamente addobbata, in onore dei sottuf
ficiali del R. esercito e della R. Marina. La
cena fu apprestata sontuosamente dal nostro
ottimo consenziente Nicolò Delich, proprie
tario del „Miramar." Oltre agli invitati vi
presero parte cinquanta soci del „Fascio
Giovanile." Durante la cena un’ armonia
formata da suonatori della „Banda cittadina"
suonò gli inni patriottici.
Allo spumante prese la parola il dott.
Giov. Miagostovich, il quale salutò i fratelli
liberatori a nome del „Fascio Giovanile"
„non giovanile per gli anni, ma per i sen
timenti nuovi, scevri da mistificazione e da
vanagloria"; salutò il tricolore, per il quale
tanto combattemmo e soffrirne, e chiuse il
discorso conciso, ma significativo, con un
evviva al Re, all’ esercito e alla marina tra i
fragorosi applausi degli astanti.
Grande ilarità destarono poi i versi di Tri-
lussa, detti da un sottufficiale del regg. 263.
La serata riuscì animatissima e rimarrà
un caro ricordo nel cuore di quei valorosi
figli d’Italia.
Telegrammi. Al congresso „prò Dalma
zia" a Roma vennero inviati i seguenti te
legrammi :
„Ai fratelli d’ Italia raccolti in Roma im
mortale ad affermare i supremi ed inviola
bili diritti della Patria, Sebenico redenta
plaude con inconcussa fede ed indomito
amore. Il Comitato nazionale".
„A Roma, madre eterna di nostra gente,
nella solenne affermazione dei sacrosanti
diritti dei Dalmati, giunga il saluto forte ed
il plauso più fervido del „Fascio Giovanile
di Sebenico".
Cinematografi. Per la ricorrenza delle
feste natalizie venne solennemente inaugu
rata la riapertura dei due cinematografi con
films patriottiche. Per i nostri soldati vi fu
rono rappresentazioni gratuite durante i tre
giorni. All’ ultima rappresentazione cinema
tografica al Teatro Mazzoleni, ebbe luogo
un imponente manifestazione patriottica da
parte del pubblico italiano di Sebenico, che
vi concorse unanime.
Il proprietario signor Ugo Fosco si ripro
mette di soddisfare pienamente le esigenze
del pubblico con T offrire sceltissime films.
Concerti. Dopo quattro anni di noiosis
sima musica austro-ungarica, siamo allietati
da ben altre produzioni musicali. Le Bande
del regio esercito svolgono molto spesso
degli splendidi programmi, e, sotto T abile di
rezione dei loro valenti maestri, ci fanno
Navi giapponesi. Arrivarono giorni sono
nel nostro porto due cacciatorpediniere della
marina nipponica: „Urne" e „Kusumoki".
Gli ufficiali vennero invitati ad una festa al
„Casino".
In pescheria. E’ ornai tempo di regolare
le cose nella locale pescheria, con la ridu
zione dei prezzi, non solo in teoria, ma an
che in pratica, e con l’obbligare i pescatori
a mettere il pesce in vendita nella locale
pescheria, cosa che questi ricusarono di
fare quando venne dato fuori il calmiere.
E’ tempo di finirla con lo strozzinaggio
tanto in pescheria che nelle macellerie.
Da Stretto
Menzogne. Nel „Novo Doba" del 21 de
cembre, in un tendenzioso trafiletto da qui,
il corrispondente si lagna delle perquisizioni
praticate ai possessori d’ armi, e grida per
ciò che questa venne estesa anche ai locali
del Giudizio, sottacendo però che precisa-
mente al Giudizio furono trovate delle armi
che ora poi si vorrebbero far passare quali
„corpus delieti" di anteriori processi.
Non corrisponde al vero T accusa che fu
rono operati degli arresti, poiché finora qui
— forse per eccessiva gentilezza — nessuno
venne arrestato.
I pochi mestatori del paese sono irritati
ed avviliti per ciò che la propaganda jugoslava
non ebbe il desiderato successo. Non tutti,
come da loro si aspettava, vollero firmare
la loro adesione allo stato in gestazione.
Così anche questo trucco austro-croato fece
il fiasco che si meritava.
II consiglio comunale fu sciolto e venne
nominato gerente il nostro consenziente
Francesco Salamun. Vennero presi in pos
sesso dall’ autorità italiana gli uffici postele
grafico, doganale, portuario e quello d’ im
poste, sui quali sventola il tricolore.
Un telegramma. Dal nostro Comitato
Nazionale, reduce dalla gita, fu inviato un
dispaccio di ringraziamento al sindaco d’An
cona, per la fraterna accoglienza avuta in
quella gentile città.
Spr r tr-CCìa e f°sse Per sempre vietato smo imbelle e pacifista, la vanità professo- nelle organizzazioni sportive, in mille modi sentire i dolci concenti dell’ insuperabile
« nahani di accorrere in pio pellegrinag- rale avida di trarre motivi di piccola gloria e sotto mille forme òonduceva a Spalato musica italiana.
La Cronaca
Sati Sslvests*«». la .n otte dLfiììè—
d’anno passarono tra noi con una straor
dinaria animazione. Alle 19 la Banda Muni
cipale sostò brevemente sotto il Municipio
in Piazza del Plebiscito, ove si formò un
imponente corteo. Di lì Banda e corteo per
corsero le vie principali, sostando sotto le
sedi del governo civile e del comando mi
litare. Al corteo presero parte migliaia di
cittadini d’ogni classe. Donne e fanciulle
agitavano banderuole tricolori; tutti alter
navano ai concenti musicali i più fervorosi
canti italiani e le acclamazioni più entusia
stiche al Re, all’ esercito liberatore, alla
grande Italia, a Spalato italiana. Alle 22 la
Fanfara del Reggimento suonò in piazza la
ritirata, dando occasione a nuove dimostra
zioni dell’ esultanza popolare. Per parecchie
ore — e la temperatura era abbastanza mite
— Zara visse di esultanza, avvalorando ma
gnificamente il suo sentire patriottico.
Sino dalle 22 il Caffè Centrale —- con
vegno spesso alle più nobili manifestazioni
nazionali di Zara — offriva un aspetto pa
rimente straordinaria. Alle 23 il trovarvi un
posto diventava un problema d’impossibile
soluzione. Alle 24 suggeriva il trito para
gone del barile di acciughe. Il pubblico, in
una democratica fratellanza, non pure lo
gremiva, ma straripava fitto al di fuori, sotto
le arcate e perfino in Calle larga. Frater
nizzavano coi cittadini, in un enterite cordia
lissima, i numerosi ufficiali di terra * e di
mare, qui di presidio. Spumeggiava lo cham
pagne nei calici, in un prorompere di brindisi
lieti, in mezzo a canti e ad acclamazioni.
In punto alla mezzanotte, il prof. Pietro
Domiacussic salutò con vibrata parola il
nuovo anno, che sorgeva a Zara esultante
sotto T egida del tricolore, innalzando fer
vidi evviva al Re e all’ esercito valoroso.
E, ricordando il grido di dolore di Spa
lato, romanamente italiana, espresse il voto
che anche la nobile città sorella venga ri
data alla Patria. Chiuse infine coll’esprimere
la certezza che tutti i nostri voti e tutte le
nostre aspirazioni si compiranno, dandoepsu
ciò affidamento T augusta persona del Re,
primo assertore dei diritti d’Italia e primo
tutore della sua dignità.
Il discorso del prof. Domiacussic sollevò
vivo entusiasmo.
Nel cuor della notte un’ affettuosa dimo
strazione venne improvvisata in onore del
sindaco dott. Luigi Ziliotto, sotto la. sua
casa dì abitazione. E sinA quasi all’ alba
durò l’animazione nelle vie e nei pubblici
convegni, a festeggiare Tanno nuovo, ma
più ancora i nuovi e felicissimi eventi.
Gli augurixdi Zara pel capo d’anno. 11
nostro Sindaco ha inviati a capo d’anno
questi telegrammi :
„Eccellenza Orlando presidente consiglio.
Roma. Accolga espressione fervido augurio
e devoto omaggio, che a Vostra Eccellenza,
vigile tutore del diritto d’Italia, invio in
nome di Zara, ferma nella immutabile, fede
e purificata dal lungo martirio, di veder
nell’ anno che iniziasi la definitiva sanzione
9e
Abbinamenti per ora non si ricevono.
------Un numero centesimi 25
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schònfeld.Anso 2. - N-. 5<iB Zara^ 1S gennaio 1919
Coscienza di oppressi
In tutta Italia c è oggi un fermento di
indignazione contro la politica di rinunce,
- suggerita da inesperienza, da viltà, da uto
pie generose, ma poco circospette e sane.
Attorno a Bissolati, onesto campione di fa
tali idealità, si stringono pochi gregari in
coscienti, che vorrebbero avvilire la dignità
della patria. C’ è il Gallenga che dona 800
mila lire agli agitatori jugoslavi, c’ è' il Bor-
gese, volubile critico e ancor più volubile
giornalista, portato dal suo ingegno inco
stante a rinnegare le sue stesse idee, c’ è
la cricca ostile del Secolo, il quale s’ arroga
il diritto di parlare agli altri di incoscienza,
méntre egli stesso ha una coscienza amorfa,
variamente plasmabile dagli umori mutevoli
dèi suoi amici francesi. Tutta questa con
grega, formata da politicanti faciloni o inetti,
fu ridotta al dovere e sonoramente fischiata
nel suo capo, 1’ on. Bissolati. I dalmati, of
fesi nella loro coscienza d’ oppressi, più mo
ralmente forti e resistenti di tutti gl’ inco
scienti dell’ Italia e dell’ estero, elevano fiera
ed alta la loro voce contro ogni inutile ten-
x tativo di sopraffazione, contro chiunque vo
glia, armato della lancia traditrice austriaca
o croata, soffocare la loro vitalità politica
ancor sempré vigile e pugnace. 1 dalmati,
consci che la parte maggiore e migliore
d’Italia è con loro, fieri dei loro diritto i-
noppugnabile, sorretti dalla loro tenace vo
lontà, ripetono al piccolo gruppo di jugo
slavi ‘ d’Italia che una nazione di 40 milioni
di abitanti non lascerà calpestare i suoi di
ritti da utopisti brancicanti nella tenebra nè
dà vili prezzolati avvolti nel fango ; che non
si può cooperare a un assetto definitivo del
mondo senza riparare tutte le ingiustizie, e
prima di tutto quelle perpetrate dall’ au
striaco e dal croato in Dalmazia e che il
grido lanciato nel congresso di Roma „La
guerra non è ancora finita,, e giunto e vie
ni; raccolto anche da noi, che non siamo
- affatto intimiditi dalle meschine paure del-
l’on. Bissolati.
Certamente l’ideale d’ una Società delle
Nazioni è elevato, attuabile; ma questo i-
deale, per cui l’Italia combattè e vinse, non
deve essere immiserito da una concezione
. troppo recisamente semplicista o parziale,
perchè, mentre gli alleati non rinunciano
alle loro egemonie sui mari, sui confinanti
e sulle colonie, l’Italia non deve far la par
te del vaso di terra cotta tra tanti vasi di
ferrò nè lasciarsi contestare quegli stessi po
stulati nazionali, che la Francia e le altre
nazioni alleate sanno far valere con ostinata
fermezza. La Società delle Nazioni può es
sere tradotta in pratica soltanto allora, quan
do tutte le nazioni siano stabilmente forma
te : e l’Italia non può essere integrata sen
za la costa orientale dell’ Adriatico che fu
sua dagli albori della stòria fino ai nostri
giórni, che soltanto da quarant’ anni venne
adulterata dà soprusi austriaci e croati, che
attènde -ancora il sole della giustizia e-della
rinàscita nazionale. Questi sorto i doveri
della Vittòria : ristabilire i gittSti é naturali
cortfini d* Italia dal feennero alla costà dal
mata, Che dóve essere per sempre italiana,
sopra Ógni mistificazione, sopra Ogni rinun
cia e ógni viltà; altrimenti la vittòria ita
liana sancirebbe !’-ingiustizia artstro-ctoata.
Questi ^sórto i doveri della vittòria, -e non
quelli - indicati, con triste annunzio di danni
irreparàbili, da quell’ ideaì&tà impenitente
che/è-l’-ón. Bissolàti.
Wilsón, véSsilhtefo -del ^pensièro italiano,
sonìmdvitó/e di idée mazziniane, -assertore
d’ ógni giusta riparazióne, ha cèrtamente una
visióne più Chiara dei nostri diritti che non
1’ on. Bissolàti. Egli Sa "che noi non voglia
mo Vendette Storiche, come -le chiama il
Secolo; ma che vogliamo la solenne con
férma delle nostre aspirazioni nel congresso
della pace, come la pretende la Francia per
1’ Alsazia Lorena. 1 croati, che ci hanno fi
nora offesi, minacciati di sterminio e op
pressi, non possono farsi anche oggi arbitri
della nostra sorte nè aggiogarci a un ser
vaggio ancora peggiore di quello che sop
portammo per quasi mezzo secolo. Nessuna
logica o rettorica, per raffinata che sia, po
trà traviare la nostra coscienza nè gettarci
nel baratro della rinuncia e del dissolvimento.
E 1’ on. Bissolati che pure ha difeso la pa
tria dalle orde dei croati, accaniti nella lotta
contro i principi più generosi del mondo
civile, dovrebbe una bella volta compren
derlo !
Ma 1’ on. Bissolati, come uomo poli
tico, è oramai tramontato. Voleva parlare
per V Alto Adige, ma le generose popola-
• ziòni trentine V hanno pubblicamente scon
fessato; voleva parlare di rinunce dalmati
che, ma i dalmati hanno fieramente reagito
e protestato a difesa delle loro zolle native ;
voleva parlare per il popolo d’Italia, ma
l’Italia, con recisa e nobile compattezza, non
ha tollerato 1’ oltraggio della sua parola.
L’on. Bissolati non può oggi contare che
sul .consenso e suJT appoggio degli jugo
slavi e degli altri nostri nemici; il che è
davvero piccolo argomento d’onóré per un
, ex-mirtistro italiano. Il vittorioso popolo no
stro. ha già pronunciato a Milano il severo
e gìdsto verdetto. Nel nome della patria non
si rinnegano i fratelli oppressi. Non basta
andare in trincea, bisogna lottare con la co
scienza ‘del dovere e dei diritti : questo
hanno détto gli eroi d’Italia" all’ on. Bisso-
lati. E lo hanno isolato. Oggi tutta la na
zione freme del nostro dolore e- esulta del"
nostro entusiasmo. Sia benedetta questa
guerra che ha avuto per effetto la vittoria
delle armi e delle coscienze.
punta deiiQlfi della tesi
Il discorso di Bissolati è superlativamente
ideale. Ma come il patriotismo non fa velo
a noi in questo punto, vorremmo che anche
chi si lascia trasportare da ideali, che pos
sono sembrare più alti nella scala dei var
lori umani, non disconoscesse il lato debole
del ragionamento di Bissolati. L’ha sentito
egli stesso là dove si è proposto il quesito,
se con le rinunzie da lui consigliate si avreb
be la gratitudine dei Jugoslavi e se essi ri
sponderebbero all’Italia con uguale spirito
di conciliazione e di amicizia. Col suo no
bile cuore egli risponde di si, e ne aggiun
ge subito il motivo, „perchè non avrebbero
„più interessi vitali da rivendicare contro
„1 Italia, e i sentimenti finiscono per mo
dellarsi sugli interessi*.
Ma egli dimentica ciò che il „Corriere
della Sera1* degli 11 corrente mette nel suo
articolo di fondo in bellissima luce, che
Trieste sarà dagli Sloveni considerata sem
pre una questione vitale. E allora? Allora
così conclude Bissolati il suo discorso : „che
„se, ciò malgrado, volessero esserci nemici,
„noi avremmo di fronte alla loro ingiusta
„ostilità, la coscienza del mondo per alleata".
La quale però non muoverebbe un dito per
noi in una questione così particolare, e non
ci fornirebbe un fucile contro quelli dei Ju
goslavi. Meglio dunque serrare le porte di
casa.
Ma com’ è che dalla parte dei Jugoslavi
non si levi nemmeno uno ad enunciare pro
positi simili e congruenti a quelli di Bisso
lati ? Se n’ è chiesta Bissolàti una ragióne ?
Nostre corrispondenze
Da Sebenico
Telegrammi di ringraziamento. S. M.
la Regina Elena inviò i seguenti telegrammi
di ringraziamento :
„Presidente dott. Luigi Pini. S. M. la Re-
gina* ringrazi^ -fa- -S. V< e co-
desta fedele popolazione per il gentile saluto
augurale dì cui Ella fu interprete. D’ordine:
11 gentiluomo di corte di servizio, conte
Ludovico Guicciardini."
„Presidente „Fascio Giovanile* Sebenico.
S. M. la Regina ringrazia dei gentili senti
menti molto graditi. D’ ordine : La dama di
corte di servizio contessa Guifferdini Corsi."
Congresso prò „Dalmazia" a Milano. In
occasione della giornata dalmata a Milano
domenica tutta la città venne imbandierata
a festa. Si spedirono i seguenti telegrammi:
„Presidenza Congresso prò „Dalmazia*
Milano. Il Dio delle nazioni, che benedisse
il Piave e le valorosi armi d’ Italia e sacrò
la sospirata redenzione della patria di Tom
maseo, coroni il vostro nobile slancio, 1’ o-
pera vostra fraterna, iniziata sotto auspici
sì fulgidi, per la redenzione di Spalato, la
patria di Antonio Baiamonti. Per il Comi
tato Nazionale, dep. Pini".
„Presidente Congresso prò „Dalmazia"
Milano. Dopo lunghi decenni di martirio
sotto il nefasto governo austro-croato la
Dalmazia deve essere ricongiunta alla gran
Madre Italia. Alla forte Milano, che oggi
solennemente afferma questi sacrosanti di
ritti, giunga 1’ adesione ed il saluto augurale
del „Fascio giovanile* di Sebenico redenta.*
Squadra inglese. Dal giorno 10 corr.
fino a stamane (13) furono ospiti del nostro
porto f esploratore inglese -H. M. S. ,,La-
vestofte* con a bordo il contrammiraglio
Kelly ed altre tre cacciatorpediniere.
La sera dell’11 corr. furono ospiti al
„Casino" il contrammiraglio inglese Kelly
col suo seguitò e altri comandanti ed uffi
ciali delle navi. Alle 6.30 pom. all’ arrivo
degli ospiti F orchestra, diretta dal maestro
Ferrara, intonò l’inno inglese, che venne
ascoltato in piedi. Dopo V esecuzione del-'
l’inno V onorevole dott. Luigi Pini pronunciò
il seguente discorso : „Negli annali di questo
secolare sodalizio, che dal 1775 raccoglie
gl’ Italiani di Sebenico in questa sala co
struita nella veneta loggia, verrà scritta a
caratteri d’ oro questa data, in cui noi si
ebbe 1’ alto onore di accogliere le signorie
Loro, rappresentanti della valorosa marina
britannica, del regno alleato all’ Italia che
ci redense. La storia di venti secoli non si
cancella con un tratto di penna, e meno
poi con soprusi o paradossi dedotti da sta
tistiche deliberatamente adulterate. Gli uo-
Jmini si pesano sulla bilancia della civiltà e
non si contano come pecore. Noi siamo
italiani per nascita, per civiltà e per senti
mento e come tali vogliamo rimanere per
sempre uniti àlla gran Madre Italia che ci
ha redenti. Dì questa nostra volontà incrol
labile si facciano interpreti presso i rappre
sentanti del glorioso Loro governo e la ma
nifestino alla conferenza della pace, ove in
base ai, principi enunciati dal grande WiJson
si discuterà del destino dei popoli. Evviva
l’Inghilterra, evviva l’Italia, evviva il nostro
Re Vittorio Emanuele III".
Dopo il discorso V ammiraglio ringraziò
cortesemente. Nella sala di lettura, addob
bata artisticamente, da un comitato di si
gnore, venne servito agli ospiti graditi un
thè con dolci è liquori. Dopo il thè si ballò
animatamente. All’ atto di congedarsi gli
ufficiali furono salutati da unanimi evviva
alla grande Inghilterra, all’ Italia, a Spalato
ed alla Dalmazia italiana, ai quali essi ri
sposero con un evviva all’Italia.
Festa marinara. Il comandante, capitano
di fregata Tagliaviar con gli ufficiali della
R. nave „Europa* e altri ufficiali di marina
invitarono il giorno 12 corr. gl’ italiani di
Sebenico alla festa marinara eh’ ebbe luogo
domenica a bordo della nave.
Il programma era attraentissimo. Dopo
1’ estrazione dei doni per la lotteria, i mari
nai eseguirono diversi giochi che divertirono
assai ; si fece della musica, si cantarono
canzonette napoletane; qualche marinaio si
produsse come macchiettista e illusionista.
Le coperte di prua, e di poppa erano ma
gnificamente adobb'ìte di bandiere e di
un’ infinità di lampadine tricolori. A poppa
sullo sfondo c’ era Un’ aquila reale fra lam
padine multicolori, éhe poggiava su di un
trofeo fatto con bandiere dell’ Intesa. Du
rante la festa suonò un’ eccellente orchestra
di bordo, diretta dal valente maestro Fer
rara. Alcuni ufficiali del cacciatorpediniere
inglese 72 presero pure parte alla festa. In
onore agli invitati fu servito uno squisito
buffet. ,
Con danze animalissime, si chiuse questa
indimenticabile festa, per la quale i cittadini
italiani di Sebenico ringraziano infinitamente
il sig. comandante Tagliavia e gli altri uffi
ciali della R. nave ì,Europa*.
Da Scardona.
Primavera italica» S’incominciano già a
notare anche nella nostra cittadina i segni
benefici dell’ Italia. Il nostro gabinetto di
lettura, dal tugurio in cui durante V oppres
sione s era ridotto, per le prestazioni inces
santi e infaticabili cure degli ufficiali del
presidio risorse già a novello splendore.
Artigiani di ogni sòrta scelti fra i soldati e
messi a nostra disposizione sotto la guida
dei loro capi in brhvi gjorni rimisero a nuo
vo il nostro circolo, che giustamente fu ri-
battezzato „Circolo^ Armando Sarlo", a ri
cordo dell’egrègie? o^loiracllo Armando Sarlo,
che tanto affetto mostrò per questa nostra
istituzione e tante benemerenze s’è acqui
state in paese, d’aver diritto alla nostra
perenne gratitudine.
= A memoria indelebile del loro gratis
simo soggiorno tra noi, gli ufficiali del 15°
reggimento della brigata Savona vollero
donarci una pergamena fregiata di due
quartine della geniale nostra contessa Pina
de Marassovich-Coretti, che con bella inspi
razione esprimono i patriottici sentimenti di
Scardona liberata. Sulla pergamena sono
apposte le firme autentiche di tutti gli uf
ficiali.
== Fra i molti beneficati dalla nostra re
denzione c’ è pure un povero impiegato co
munale, certo Enrico Vidovich, bersagliato
in passato, perchè italiano, e fatto oggetto
delle più ingiuste vendette dai croati del
luogÓ. Egli con la venuta dei fratelli libe
ratori fu riassunto al suo posto nel muni
cipio, ora retto dal gerente signor Borii di
Zara, che si va acquisendo le generali sim
patie per lo spirito d’imparzialità e di giu
stizia che dimostra nell’ amministrazione co
munale. Quando il signor Vidovich, già pa
dre di numerosa prole, si vide nascere un
altro bambino, pensò di pregare il Colon
nello Sarlo di fungere da patrino dei neo
nato. La preghiera fu accolta con sollecitu
dine e in una giornata dello scorso mese,
presenti tutti gli ufficiali del presidio e pa
recchi cittadini invitati alla cerimonia, ebbi-
mo il conforto di sentire il parroco-jugo
slavo, non certo di buona voglia, imporre
al fortunato bambino il nome di „Vittorio
Emanuele Armando*, che sintetizza l’ affetto
per il nostro Re e la gratitudine per il no
bile gesto del comandante. Il quale volle
anche far dono al suo figlioccio di un pre
zioso ricordo e si ebbe lagrime di ricono
scenza dalla famiglia Vidovich.
= Dopo 1’ occupazione si sono migliorate
le nostre strade e riassestati i ponti, e già
è imminente V installazione della luce elet
trica, tanto desiderata ^e sempre invano
promessa dal cessato governo.
Fu già riattato anche l’acquedotto, qhe
per la trascuranza del regime austriaco e
per l’incuria degli anni di guerra era inqui
nato di fango e ostruito da pietre.
E che dire della animazione straordinaria
che regna nella nostra cittadina al giungere
di centinaia di tonnellate di ogni sorta di
viveri destinati alla città ed alle ville ? Sor
ride di gioia il nostro villico, nella certezza
che la fame è per sempre bandita balla sua
casa e che V Italia ne ha il merito esclusivo.
Il paese è corso e ricorso da automobili
e autocarri d’ogni , forma e grandezza, che
provvedono ai servizi logistici per i vari
presidi dislocati nella regione; . ed è uno
spettacolo attraente e confortevole a Un
tempo il vederli neh ritorno carichi di con
tadini e 'contadine delle 'ville circostanti,
. che ne approfittano con pariicolare,sodisfa-
.adone e ^piacere - per ritornare in città.dai
campi con gran risparmio di tempo e co
modità. Piovono le benedizioni dei nostri
contadini alla grande Italia per la sua ge
nerosità e al prode esercito per le affet
tuose cure e lo squisito tatto che dimostra
nelle relazioni quotidiane coi terrieri. E que
sto è un buon augurio per il nostro avve
nire.
Da Arbe
Il genetliaco della Regina» Anche Arbe
volle festeggiare solennemente il genetliaco
di S. M. la nostra graziosissima Regina. Le
sale del „Grand Hotel* erano addobbate
con eleganza. Diede inizio alla festa il co
mandante del presidio capitano Rolandino
Gùidotti, il quale con notili parole tratteg-.
giò le elette virtù della Regina quale ma
dre, sposa e angelo di conforto per i feriti
e i morenti per la patria. Quindi il presi
dente del Fascio nazionale Lauro Galzigna,
parlò sulla storia e sulle nobili tradizioni di
Casa Savoia. Infine la graziosa signorina
Maria Galzigna disse con brio una poesia
dedicata alla Regina. I marinai del presidio,
intervenuti numerosi alla festa cantarono,
fra applausi, l’inno del reggimento. Il trat
tenimento riuscì animatissimo e in fine si
intrecciarono le danze, che si protrassero
fino al mattino.
Conferenze. Per iniziativa del „Circolo
italiano* il sig. Bruno Galzigna tenne una
conferenza sul tema: „Gli eroi del nostro
mare". Il conferenziere esaltò il grande e-
roismo e gli atti di valore dei marinai ita
liani durante la guerra mondiale e le dure
prove sostenute degnamente dalla marina
italiana che destò 1’ ammirazione del mondo
intiero.
Addì 9 gennaio, in occasione del qua
rantesimo primo anniversario della morie
del Padre della patria, Vittorio Emanuele II,
il presidente del Fascio nazionale sig. Doimo
Lauro Galzigna tenne una conferenza sul
Risorgimento italiano, rievocando la grande
figura del Re galantuomo sui campi di bat
taglia e quale fattore dell’ unità italiana. Il
numeroso pubblico accorso alle conferenze
rimeritò di calorosi applausi ambedue gli
oratori.
Soci onorari. Il Circolo italiano di Arbe
nominò quali soci onorari Sua Eccellenza il
viceamiraglio Enrico Millo, S. E. V ammira
glio Umberto Cagni, il sindaco di Zara dott.
Ziliotto, il sindaco di Ancona on. pelici, il
deputato dott. Roberto Giglianovich ed il
professore Giovanni Cardona di Roma. Il
sindaco di Zara ringraziò per la nomina con
una lettera piena di patriottismo e Sua Ec
cellenza il viceammiraglio Enrico Millo
espresse la sua ammirazione per il sentire
patriottico degli italiani di Arbe e ringra
ziando per la nomina inviò al Circolo una
cospicua elargizione.
La Cronaca
Dono al Comune di Zara. Gabriele d’An
nunzio mandò in dono al „Comune italiano
di Zara" cento copie del famoso dittico,
nei quale sono riprodotte due pianteaella
nostra città. A sinistra si legge la scritta
„Zara: A. D. 1680"; addestra „Zara: A. V.
1918." Sotto il dittico, magistralmente ese
guito, ci sono le seguenti parole autografe
del messaggio a Zara : ,,O Zara, che sei
tuttora quale fosti per Antonio Barbaro
scolpita nel bassorilievo di Santa Maria
del Giglio, simile a un’ ala con la sua giun
tura forte, simile a un’ ala d’Italia sul mare.
23 dicembre 1915. Gabriele d’Annunzio."
Il nostro sindaco gradì con verace commo
zione il dono altamente significativo del-
l’Eroe d’Italia, al quale Zara serberà grati
tudine imperitura per )’ opera geniale spie
gata in ogni contingenza a favore dei diritti
dei Dalmati. Le cento copie verranno messe
in vendita, per iniziativa del Sindaco, inter
prete della volontà del Poeta, a favore del
fondo degli scolari poveri delle scuole
medie.
Seduta comunale. Questa sera ha luogo
la prima seduta ordinaria del Consiglio Co
munale nella „Biblioteca Comunale Paravia".
Ordine del giorno: conti consuntivi co
munali pel 1917 ; conti preventivi pel 1919.
Dimostrazione patriottica. Martedì il no
stro popolo che aveva avuto notizia dai
giornali giunti in mattinata del fiasco fatto
da Bissolati col suo discorso alla Scala,
volle dare espressione pubblica ai suoi sen
timenti di sdegno e disapprovazione per
l’inconsulta politica di rinuncie propugnata
dal ministro dimissionario. Già nel corso
della giornata erano stati affissi largamente
in città — dei manifestini con scritte accla
manti S. M. il Re, la grande Italia, gli on.
Orlando, Sonnino e Giglianovich, frammiste
ad altre poco lusinghiere per Bissolati e
Milcovich. La séra poi finita la ritirata in
Piazza del Plebiscito, s’ improvvisò un corteo
che seguì fino alla caserma la banda mili
tare e cantando inni patriottici percorse le
principali vie della città per sboccare di
nuovo verso le 20 in Piazza.
„ Sulla gradinata della Biblioteca Parayia
salirono due ufficiali militari e il tenente
Celestino Trombetti, nostri ospiti, venuti a
^portare i .doni .delle donne bolognesi e ro
magnole ai bimbi di Zara. Cedendo alle
acclamazioni della folla il tenente Trombetti
prese la parola per ringraziare il popolo
dell’ entusiasmo suscitato in lui e nei suoi
compagni mutilati dalla fervida manifesta
zione d’ italianità, a cui avevano assistito.
Egli porterà alla gran Madre questa voce
di fede nella redenzione della Dalmazia. E
la Dalmazia sarà italiana per quel diritto '
che ci danno gli eroismi compiuti sulle vette
delle Alpi, sulle petraie del Carsp, sulle rive
del fiume sacro; sarà italiana, perchè ita
liana la gridano le voci di migliaia di morti
che s’ alzano dagli avelli e dagli abissi dei
mari. All’ invito di gridare „viva la Dalma
zia italiana" rispose acclamando tutto il po
polo che gremiva la piazza e agitava fre
neticamente i tricolori. I mutilati e 1’ oratore
furono portati in triónfo e il corteo si sciolse.
Una grande serata patriottica al „Teatro
Verdi*. Un’immensa folla, come da molto
tempo non si vedeva, si raccolse merco
ledì sera al teatro „Verdi* per ascoltare la
parola del dott. Giovanni Miceli, corrispon
dente di guerra della ,,Prensa* e membro
del consiglio centrale della „Trento e Trie
ste*.
Precedettero il discorso del Miceli le no
bilissime parole di saluto delle donne e del
popolo bolognese recato dal capitano Giu
lio Steimetzer, mutilato di guerra, e del
tenente Celestino Trombetti, segretario del
la „Trento e Trieste*, sezione Bologna e
invalido di guerra. Sedeva al proscenio,
assieme agli oratori, anche il tenente Tito
Sbolci, membro dell’ „Associazione mutilati
ed invalidi* di Bologna, che assieme ai pre
detti aveva portato ai nostri bimbi il dono
graditissimo delle donne bolognesi. Pre
sentò gli oratori l’on. Krekich con sentite
parole.
II capitano Steimetzer portò con commos
se parole il saluto e il voto concorde delle
Romagne e dei mutilati. Oltre il tenue do
no delle donne emiliane, egli reca il fer
vido voto da tutti profondamente sentito
che l’Adriatico divenga il „Mare nostrum*.
Ricorda i martiri Rismondo e Sauro, ri
corda il podestà Bajamonti e Niccolò Tom
maseo, artefici di questa grande rinascita.
Le sue parole destano entusiasmo: tutto il
pubblico applaude freneticamente.
Parla poi il tenente Trombetti. Quando
dice: „Abbiamo salutato Zara più italiana
di tutte le città italiane", scoppia ua-lungo
unanime applauso. In ogni cittadino di Zara
e di Dalmazia, egli continua, noi vediamo
un italiano, dal quale ognuno di noi po
trebbe imparare ad essere italiano. Ogni
patriotta venga qui in santo pellegrinaggio
(voci: venga Bissolati!). Non turbatevi! La
vostra passione verrà coronata dal compi
mento dei vostri voti. Lo dico oggi come
lo dissi ieri in Piazza: „la Dalmazia sarà
italiana". L’entusiasmo del pubblico è al-
colmo: tutto il teatro acclama l’oratore.
Parlando poi di Bissolati, dice eh’ egli è un
uomo, un uomo solo, e impotente. L’Italia
cammina per le vie del suo diritto verso i
destini assegnatile dalla storia, destini che
si compiranno oggi, domani, sempre. E per
questo la Dalmazia sarà italiana. Questo
vogliono i nostri morti dai quali noi rice
vemmo un sacro retaggio.
E per noi e per i nostri morti io dirò
oggi a voi, „Viva la Dalmazia italiana".
Superfluo dire che il pubblico fa all’ora
tore un’ imponente ovazione.
Giovanni Miceli, che aveva scelto a tema:
„Il diritto e la missione d’Italia", incomin
cia portando il saluto della „Trento e Trie
ste", che deriva da quella „Pro patria*,
che ebbe a presidente il generale Garibaldi,
poi il generale Avezzana e poi Giovanni
Bovio, e a segretario Matteo Renato Im-
briani. Manda quindi un saluto all’ esercito,
alla marina, al Re, primo soldato d’Italia,
al gen. Diaz, al Duca D’Aosta, all’ ammi
raglio Millo, al Duca degli Abruzzi e al-
l’ammiraglio Thaon de Revel, l’assertore
intrepido dei nostri diritti sull’ Adriatico.
Saluta poi i mutilati di guerra, cavalieri di
un nuovo ordine, che Imbriani avrebbe chia
mato l’ordine supremo dei cavalieri del
piombo austriaco.
Ricorda l’eroismo delle Donne d’Italia,
prime fra esse Margherita ed Elena di Sa
voia ed Elena di Francia, duchessa d’Aosta.
Rileva poi come l’Italia cooperasse con
la sua dichiarazione di neutralità nell’ago
sto del 1914 alla vittoria francese sulla
Marna. Due volte venne arrestata su questo
fiume V invasione barbarica : Ezio nel 452 vi
arrestò gli Unni di Attila ; nel 1914 il ge
nerale Joffre arrestò gli Unni novelli, i
Germanici. E nel maggio 1915 l’Italia di
chiarò la guerra all’ Austria' senza attendere
che f aquila bicipite fosse spennata, ma
quando i suoi eserciti avevano respinti i
Russi, quando cioè era più che mai incerto
V esito della guerra. E la guerra ha rivelato
gli Italiani maestri nella guerra d’ alta mon
tagna. Nell! antichità gli eserciti sceglievano
le pianure per lo spiegamento delle forze e
così pure nel medioevo affine di agevolare
le mosse della cavalleria. Solo dopo l’in
venzione delle armi da fuoco l’arte militare
. scelse le alture, per arrivare da ultimo, nel-
V epoca presente, all’alta montagna. E il
valoroso pubblicista inglese Whythney-War-
ren rilevò come l’esercito italiano, sotto il
continuo fuoco dei cannoni austriaci, sia
Anno 2. - N. 6 Zara, 22 gennaio 1919
Abbonamenti per ora n®n si ricevono.
— Un numero centesimi 25------ - Per le inserzioni rivolgersi all’ amministrazione Pagamento antecipato —
Redazione ed amministrazione provvi
soriamente nella Tipografia Schonfeid.
riafferma i diritti dP Italia sulla Dalmazia
La solenne seduta del Consiglio Comunale 1
Sabato, poco prima delle 19, vieiie aperta
la sala della „Biblioteca Comunale Paravia"
per la indetta seduta del Consiglio comu
nale ; e, in un batter d’occhio, si riempie
di pubblico. Mai anzi tanto pubblico ha
assistito ad una seduta del Consiglio. Il
Sindaco Zìliotto, al suo apparire nell’ aula,
viene fatto segno ad una calorosa manife
stazione d’affetto da parte dei consiglieri
e del pubblico fitto.
Tra il religioso silenzio degli astanti il
Sindaco, dichiarata aperta la seduta, pro
nuncia questo discorso :
Il discorso del Sindaco
„Onorevoli signori consiglieri, permette
temi che prima di passare alla trattazione
degli affari ordinari io v’intrattenga sopra
un altro argomento d’assai più vitale im
portanza. Oggi sembra che abbia avuto
principio la Conferenza della pace. Noi che
per oltre due mesi fummo confortati da
quasi giornaliere solenni affermazioni sulla
profonda convinzione di tutto il popolo ita
liano che la Dalmazia è parte essenziale
della Nazione, e suH’ incrollabile volontà di
esso che sia del tutto integrata la Patria;
— noi abbiamo invece avuto in questi ul
timi giorni Pimmenso dolore d’udire una
voce che dovrebbe dirsi autorevole, la voce
di uno che fu fino a ieri ministro d’Italia,
che vorrebbe abbandonata la Dalmazia ai
Croati. Leonida Bissolati ha espresso con
la maggiore chiarezza codesto suo pensiero,
e lo ha espresso proprio alla vigilia del
Congresso della pace quasi avesse voluto
(ciò eh’ era, io spero, assai lontano dalla
sua mente) gettar nuovo olio nel fuoco di
quei numerosi nemici d’Italia che per vec
chi rancori, per nuove invidie e per recenti
appetiti fanno un’ immonda gazzarra che
vorrebbe assordare P alto consesso chiama
to a far finalmente presiedere la giustizia
» all’ assetto del mondo.
-A noi che la verità e la giustizia in que
sta nostra questione non abbiamo avuto
bisogno di apprenderle perchè sono con-
, cresciute ** »«»roo nostro,--sòn«-risse s »
5 neanche di comprendere come persone illu
minate della nostra stirpe possano conce
pire pensieri siffatti ;, ma per questo pro
viamo un dolore tanto più acuto se una
cosa simile si avveri.
Si è tanto parlato e scritto a favore della
nostra causa che non si potrebbe far opera
più vana del ritornare sugli argomenti che
la suffragano; anzi credo che, se un male
fu fatto, è d’aver troppo accumulate le ar
gomentazioni : anche per gli spiriti più esi
benti quando si adducano sia pur poche
ragioni ma tali da non ammettere contrasto,
quando si veda la robustezza dei piloni
che fanno sentire l’incrollabilità dell’ edi
lizio, tutta Popera accessoria che voglia
concorrere a dimostrarne la stabilità non fa
che diminuire il sentimento di essa. Ba
stano così per la nostra causa poche con
siderazioni, anzi a codeste è opportuno li
mitarsi.
Chi è che, sapendo leggere una carta
geografica, ne prenda una dell’ Adriatico e
non dica della Dalmazia; questa è Italia?
Per chiunque anche profano la Balcania non
incomincia che al di là delle Alpi Dinari-
che : questo lo dimostra la conformazione
geografica, quella geologica, il clima, la
fauna, la flora, tuttee
E sta in nesso con ciò la condizione
etnica degli abitanti. Sebbene, cioè, gli abi
tatori della campagna dalmata parlino una
lingua identica a quella degli slavi d’ol
tralpe ed essi derivino in buona parte dal-
l’emigrazione di quei popoli, pure le or
dette condizioni naturali in unione con le
condizioni storiche fecero della popolazione
della campagna dalmata un complesso che
per qualunque osservatore non superficiale
ha un’ affinità di abitudini, di costumi, d’in
gegno, «di gusto di gran lunga maggiore
con gì’ italiani che con gli slavi balcanici.
Ma comunque sia, la costa dalmata è da
oltre venti secoli latina e tale rimase senza
interruzione fino al presente. Quale è la
persona vecchia da noi la quale non ricordi
che fino a meno di 50 anni fa tutte le nu
merose cittadette della Dalmazia, da Arbe
a Cattaro, tutte le borgate erano esclusi
vamente italiane? E se così era; se le con
dizioni etniche dell’ elemento di campagna
erano quali le dissi or ora e ad ogni modo
esso non era assurto dalla semplicità pri
mitiva nè aveva mai potuto prendere corpo
di nazione ; se tutto l’elemento civile era
quindi italiano, se questi Italiani non erano
essi gl immigrati ma la popolazione auto
ctona del paese, chi potrà negare il carat
tere italiano della terra?
O si vorrà forse negarlo per ciò che le
cose mutarono da 50 anni a questa parte ?
Ma esse non mutarono per forza propria
bensì per un piano bene prestabilito d’ un
nemico senza scrupoli e messo in esecuzione
con tutte le violenze e gl’inganni di cui
capace una fantasia di delinquente. Per
abbattere questo potere l’Italia è scesa in
guerra, e, dopo ottenuta una vittoria supe-
riore ad ogni speranza, le si dirà che la
realtà delle cose non è quella di 50 anni
fa, ma quella creata con la violenza e con
la frode dall’Austria ora distrutta? Nonio
dirà certamente il mondo civile che unani
me dichiarò che il carattere vero' dell’Al-
sazia-Lorena non è quello che apparisce
oggi, ma quello eh’ era realmente* 50 anni
addietro.
Ed allora se io vorrò pensare a un ple
biscito di Spalato non avrò che a richia
marmi alla memoria i funerali di Antonio
Bajamonti. Al vedere il popolo raccolto
nella chiesa e quello che seguiva il feretro
-io aveva creduto di veder tutta Spalato,
mentre poi mi si presentarono lungo la
riva altre migliaia di persone che facevano
ala piangendo in ginocchio al passaggio
delia bara.
Ma perchè ricorrere a quello che oggi
non si vede ? Ben disse non vi son molti
giorni uno straniero imparziale mentre ri
guardava estasiato il duomo di Sebenico :
Quali altri plebisciti si domandano da voi ?
E di codesti plebisciti ne abbiamo, senza
una sola linea d’ interruzione, da Arbe a
Cattaro, mentre invece nessun segno da noi
di civiltà senza il suggello italiano. Disse
or sono pochi giorni P illustre critico e sto
rico d’arte Adolfo Venturi, parlando dei
due forse più grandi figli della nostra Za
ra, di Luciano e Francesco Laurana : „quale
temperamento artistico più classicamente
italiano del loro?“ E dimostrò in un mira
bile Studio come „la virtù, sempre perenne,
di nostra gente, abbia dato in Dalmazia
frutti che ne spiegano la natura, la origine,
P organica struttura, la grandezza così schiet
tamente italiana, classica non per riflessione
dell’ antico, ma per forze ingenite, profonde,
continue'^
E codeste forze apparirono al mondo fino
a ieri, fino ad oggi, perchè, volendo pur
tacere dei viventi, chi potrà negare l’italianità
della Dalmazia fino a che essa dà frutti
come un Niccolò Tommaseo ed un Arturo
Colautti ?
E-ru-nriacri-rirùtti'“più rnodestr’Tkhì diurno*
prova minore. Noi qui a Zara abbiamo ora
la fortuna che i nostri fratelli d’Italia ci
possono liberamente visitare e vengono in
realtà numerosi. Ora, quello eh’ essi ci di
cono è certamente superiore al vero, ma la
loro commozione è prova indubbia della
loro sincerità. E quanto dissi per Zara vale
per Sebenico, per Arbe, per Lesina, per
tutti i luoghi aperti «ai nostri fratelli d’ol
tremare. Ma per Spaiato, per Traù, per gli
altri luoghi ove P Austria dalle molte vite
tiene ancora lontana l’Italia, io credo che
le voci che da lì sono pervenute, che la
parola di Ercolano Salvi, di Giovanni Lubin
e dei cento altri che vanno pellegrinando
per la Penisola abbiano ben persuaso quelli
che ne dubitassero che in tutta la Dalmazia
c’ è P Italia viva.
E che tutta Italia ne sia persuasa — ad
onta della voce di Leonida Bissolati — mi
sembra che le prove siano superiori ad ogni
dubbio. Io ebbi la sfortuna di non essermi
potuto recare in quest’ultimo tempo nel
Regno fuori che al convegno d’Ancona,
ma dall’impressione ritratta a codesto con
vegno, da quanto leggo in tutti i giornali,
dai telegrammi e dalle lettere innumerevoli
che mi pervengono ogni giorno traggo la
persuasione che tutt’intera l’Italia ha la
convinzione profonda che non soltanto Za
ra, della cui italianità non so che alcuno
mai e neanche lo stesso Leonida Bissolati
abbia dubitato; ma che tutta la Dalmazia
sia da considerarsi parte integrante d’Italia.
Io sono abbastanza democratico per non
dare un’importanza senza limiti a codesto
plebiscito di tutta l’Italia; ma per me esiste
una prova ancora più potente della voce di
tutto il popolo d’Italia. Io penso che la
voce d’ ognuno di noi piccoli mortali conti
pure qualche cosa quando si tratti di sa
pere ciò che sta nell’ animo nostro ; ma la
provvidenza ha disposto che vi sia qual
cuno che conosca ciò che sta dentro all’ a-
nimo nostro meglio di noi medesimi : sono
questi i grandi poeti, i geni della stirpe. A
un grande poeta è dato di sentire meglio
che a tutti insieme i suoi contemporanei il
più profondo sentimento della sua gente,
ciò che sta alla radice dell’ essere di lei. E
l’Italia ha avuto (forse sola, oggi, fra le
nazioni) la grande fortuna d’avere nell’ ora
magnifica che corriamo un grande poeta,
Gabriele D’Annunzio. E Gabriele D’An
nunzio ha rivelato al mondo quale è l’ in
timo sentimento della nazione italiana sul-
P italianità di questa sponda dell’ Adriatico.
Egli ha parlato. La parola, quando essa è
veramente degna di questo nome, è verità
vera. I neonati che strillano qualcosa che
parrebbe il contrario della parola di lui,
pronunciano suoni inarticolati, balbettano,
non parlano ; egli -solo ha parlato. Se PI-
talia non disdegna di fare della propaganda
(non per certo di quella che fanno quegli
altri a Nuova York, a Londra, a Parigi) io
non domanderei da essa se non che a tutti
i membri del Congresso della pace siaf atta
arrivare la parola di Gabriele D’Annunzio,
e la nostra causa non ha bisogno di altro
avvocato.
1 telegrammi
In esecuzione al voto del consiglio ven
nero inviati telegrammi, includenti P ordine
del giorno, agli on.i Orlando e Sonnino, al
presieente Wilson, a Giorgio Clemenceau e
a Lloyd George. A Gabriele d’Annunzio
venne inviato questo telegramma;
„Gabriele d’Annunzio Venezia, Squadra
San Marco. Nel giorno che il Consiglio Mu
nicipale di Zara col consenso plebiscitario
di popolo ha espresso il voto solenne che
la Dalmazia tutta sia ricongiunta alia madre
patria, invio a Voi, assertore validissimo dei
nostri diritti, plauso e riconoscenza perenne.
Sindaco Ziliotto.
Signori consiglieri,
quand’io ho richiamato alla mia mente,
alla vostra mente P immagine del, poeta e
noi sentiamo nell’ animo nostro l’eco della
musica della sua paròla, a -me non è possi
bile, non mi sarebbe lecito di andare più
oltre. Ond’è che finisco, e finisco col pro
porre alla vostra approvazione la risoluzio
ne seguente: „Il consiglio comunale di Za
ra, 'capitale della Dalmazia, sicuro interprete
del sentimento degl’italiani di tutta la pro
vincia, esprime la ferina volontà che laDal-
mazia intera sia ricongiunta alla madre pa
tria Italia". « ?
11 plebiscito
L’on. Krekich paria ai popolo
Il discorso, interrotto spesso da applausi
entusiastici, viene accolto in chiusa da una
imponente ovazione. 'Tutti i consiglieri as
surgono acclamando, mentre il pubblico, in
preda a viva commozione, erompe in una-
ferventissima manifesl azione che dura mol
ti minuti, e alla filale fa eco il popolo
raccolto nella piazza? La fanfara militare,
che suonava la solfea ritirata, attacca la
marcia del „Sì", tra entusiasmo delirante
della folla. 11 momento è altamente solenne.
Molte persone hanno gli occhi inumiditi da
lagrime di commozione e di gioia.
Ristabilita a stento la quiete, domanda la
parola il consigliere comunale on. Krekich,
il quale propone che. data la solennità del
la manifestazione, non si passi all’ordine
del giorno, ma si tolga la seduta, e si co
munichi teìegraficam. ate il voto del Consi
glio ai ministri Orlando e Sennino, al go
vernatore Millo, al presidente degli Stati
Uniti d’America Wo^drow Wilson, al pre
sidente del Consigliò? francese Giorgio Cle-
menceau, al .primo ministro .inglese Lloyd
George e al poeta Gabriele D’ Annunzio.
Propone ancora che,? finita la seduta, il Con-
-sigìie si rechi Ira nativamente - al Palazzo
dei Provveditori, dove ha sede P ufficio per
gli affari civili, onde comunicare al capo di
quell’ ufficio, cav. Umberto Ricci, il tenore
della decisione del Consiglio, che è pur
quella del popolo.
lì Consìglio approva con vivissimo plauso.
Quindi il Sindaco — causa le sue con
dizioni di salute — prega P on. Krekich di
comunicare al popolo raccolto nella „Piazza
del Plebiscito" la decisione del Consìglio.
E P on. Krekich comunica — fra gli applau
si della folla — il conchiuso accolto ad
unanimità, e, nella certezza che la presa ri
soluzione riempirà la cittadinanza di legit
tima compiacenza e farà vibrare i suoi no
bili sentimenti patriottici, la prega — a
nome del Consiglio comunale —- di voler
dimenticare nella foga del suo entusiasmo,
per non turbare o sminuire la solennità e
la grandezza dell’ atto compiuto, popoli e
persone che si dimostrarono ostili alle più
sacre aspirazioni della nazione.
L’on, Krekich rileva che Zara, mediante
la sua legittima rappresentanza, ha dichia
rato la sua ferma ed incrollabile volontà, e
quest’atto unanime, solenne è la più elo
quente risposta alle riprovevoli rinuncio già
seppellite da tutta P Italia sotto il peso del-
P indignazione pubblica. Egli accentua che
la nazione, sdegnosa di ogni ignobile tran
sazione, vuole appagate a pieno tutte le
sue aspirazioni, come 'lo esigono il suo buon
diritto e la vittoria ottenuta colle armi,
perchè l’Italia non ha fatto il sacrifizio di
460.000 dei suoi figli migliori caduti sul
campo dell’ onore, non ha lasciato che un
milione dei suoi prodi soldati si coprisse di
gloriose ferite, non ha profuso a dovizie
nell’ immane conflitto i tesori della sua ric
chezza nazionale per contentarsi dell’ ele
mosina di un „parecchio" avviliente.
L’Italia non rinuncia a nessuna delle ter
re che le sue armi invitte hanno redento,
come non àbdica a nessuna delle altre sue
aspirazioni che, compiute, consacreranno la
sua grandezza, la sua gloria.
L’on. Krekich accentua che il soldato
d’Italia, là dove ha posto il piede, non si
ritira ; che P Italia, là doye ha spiegato la
sua immacolata bandiera, non P abbassa, e
conchiude, eccitando il popolo ad attendere
con animo sereno che il trattato di pace
sancisca ufficialmente la sua redenzione, già
avvenuta felicemente ed irrevocabilmente
per virtù delle gloriose armi italiane. Anche
le parole «delPon. Krekich vengono spesso
interrotte e salutate in chiusa da fervidissi
mi applausi.
Il Consiglio municipale si reca corpora
tivamente dal cav. Ricci, che si di
mostra molto sodisfatto della risoluzione
votata dal Consìglio comunale. La folla, in
tanto, raccolta in „Campo Vincenzo Dan
dolo", applaude ed acclama.
Poco dopo i consiglieri scendono dal'Pa
bulo e la folla, tra il canto degli inni pa
triottici « gli evviva, si scioglie lentamente.
Aggiungendo che tutta la stampa tori
nese appoggia con fervore di convinzione le
nostre aspirazioni, avremo data P ultima
prova di [quell’ affetto veramente fraterno,
onde la nobilissima capitale del Piemonte
eroico ci obbliga alla più viva gratitudine.
Onore a tutti gli amici della causa buona,
a tutti gli italiani memori del nostro mar
tirio.
Fiume respinge il baratto
Il popolo di Fiume ha tenuto un solenne
comizio contro la minaccia del „parecchio"
adriatico.
Nel teatro Comunale, affollato in maniera
incredibile, ha parlato Orazio Pedrazzi ri
cordando come il „parecchio" trentino fu
respinto, con sdegno, nel 1915 dal popolo
italiano e riaffermando il diritto dell’ Italia
su Fiume e sulla Dalmazia. Il discorso fu
accolto da entusiastiche acclamazioni. Venne
quindi presentato ed acclamato, in mezzo
ad indescrivibile entusiasmo, il seguente or
dine del giorno :
„Il popolo di Fiume radunato in solenne
comizio, mentre riafferma la volontà asso
luta di esser unito all’ Italia, respinge ogni
mercato che faccia del nome di Fiume il
simbolo della schiavitù di altri fratelli e
riaffermando la solidarietà di tutti gli irre
denti, protesta contro il „parecchio" adria
tico e confida che P Italia vittoriosa avrà
tutto il premiò, cui le danno diritto la lun
ga guerra e la radiosa vittoria".
Così Fiume, dopo il magnifico discorso
tenuto dal suo Sindaco Vìo a Roma a fa
vore dei diritti dei Dalmati, riafferma in
modo commovente la sua solidarietà eoi
fratelli adriatici, duramente provati dalla
minaccia jugoslava. Tali prove di vera fra
tellanza e di sincera abnegazione, nell’ ora
delle rinunce ' codarde, i Dalmati, sensibili
a ogni voce amica di consenso, non dimen
ticheranno mai.
1 nostri studenti nel Regno
La visita dei nostri studenti accademici
ai colleghi del Regno, stando alle relazioni
che se ne leggono nei giornali, non ha
mancato al suo scopo, ch’era di stringere
coi fratelli di studio e di fede nuovi e te
naci legami ideali, d’interessare in un mo
mento di eccezionale e forse decisiva impor
tanza la generosa gioventù degli atenei ita
liani alla causa della giustizia e alla difesa
degli oppressi, per 1 onore e la grandezza
d’Italia. Dietro le legioni degli studenti i
figli della nostra terra trovarono dovunque
la borghesia, con le sue liberali tradizioni
di patriottismo, gli ufficiali e i soldati, fer
vidi assertori dei diritti della nazione, e la
grand’ anima del popolo dalle cento vite,
insigne artefice della prosperità della pa
tria. Le maggiori città, sedi operose del
pensiero e del lavoro, inneggiarono alla re
denzione degli oppressi.
Persino quella Milano, che poteva parere
di lontano il terreno più arido e repugnante
alla nostra giusta càusa, poiché la perni
ciosa influenza di giornali rinunciatari sem-
brava giustificare la presunzione della fred
dezza, ci diede le superbe dimostrazioni di
simpatia attorno, al monumento di Garibal
di, in Galleria e al Teatro della Scala, do
ve echeggiò P indomito grido di Fiume, di
Spaiato, di Traù; ci diede i cortei di mi
gliaia di persone d’ogni ceto sociale sfi
lanti per le vie del centro dietro la ban
diera dalmata; e Milano manifestò ancora
con imponenti dimostrazioni ostili il disgu
sto e la disapprovazione per i paladini delle
vili mutilazioni.
Ieri abbiamo avuto il piacere di udire la
conferma di tutto questo da due testimoni
oculari da noi intervistati, il doti. Miago-
stovich e il prof. Lobasso, di passaggio per
Sebenico, reduci daPia tournée degli stu
denti. L espressione del loro entusiasmo
per le bete e oneste accoglienze avute nel
Regno si accompagnava a parole d’incon
dizionata approvazione per gli Organizzatori
della visita degli studenti nostri ai colleghi
d’Italia, la quale ebbe un influsso decisivo
sulP opinione pubblica e non mancherà di
portare i frutti migliori.
Ci furono narrati i momenti più salienti
dei fatti di Milano, che non ripeteremo,,
perchè già noti dai giornali del Regno; ci
fu detto delle superbe accoglienze di Pa
via, sempre patriottica, che, per quanto
inattesa fosse la venuta degli ospiti, accol
se i Dalmati con la viva spontaneità del-
P affetto e per bocca del Sindaco e del suo
deputato al parlamento espresse tutta la
sua simpatia alia causa nostra.
Ma più unanime, più intenso ed eroico fu
P entusiasmo destato dai nostri giovani stu
denti nella cittadinanza dì Torino. La culla
del nostro risorgimento risentì il fremito
antico delle sue tradizioni patriottiche, co
me quando nell’ èra fortunosa delle cospi
razioni e dei preparativi alla riscossa, acco
glieva dentro le sue mura ospitali gli esuli
e i proscritti d’ogni parte della penisola.
L’ anima dei festeggiamenti, P organizzatore
dei comizi, che merita la più viva ricono
scenza nostra, fu il venerando Commenda
tore Cesare Pola Faìletti, sostituto procu
ratore generale alla corte d’ appello. Nel
ricevimento solenne alla „Pro Torino" l’ex
ministro Danèo parlò in appoggio delle no
stre aspirazioni con commozione intensa;
nel comizio tenuto nell’ aula magna dell’ U-
niversità, il prof. Gian, in rappresentanza
del Rettore, si rese degno interprete della
parte più eletta della cittadinanza ; il Sin
daco senatore Frola accolse il corteo dei
Dalmati in Municipio e con vibrate espres
sioni d’ affetto promise tutto P appoggio mo
rale e materiale al trionfo della causa della
giustizia; il nostro immacolato vessillo garrì
alle libere aure subalpine sul balcone del
Comune accanto alla bandiera di Torino;
nei privati ricevimenti-in casa del Comm.
Pola e dell’illustre scultore Tancredi-Pozzi
regnò signorile intimità e affetto cordiale ;
nel banchetto di 60 coperti nell’ atrio del
Teatro Scribe si ebbe il suggello della fra
tellanza col popolo, che mandò alcuni rap
presentanti della Società Operaia ; e in fine
nel teatro stesso, presenti le più spiccate
personalità del mondo politico, della scien
za, della finanza, studenti e popolani, dopo
applauditissimi discorsi inneggianti alla re
denzione della Dalmazia, si ebbe una deli
rante manifestazione di simpatia, degnamente
chiusa dalla Marcia reale.
Nostre corrispondenze
Da Ragusa
Arbitri e procediiaenti illegali. (Ritar
data). li 22 decembre 1918 incominciarono
nuovi e più gravi atti di violenza contro
gl’ italiani di Ragusa.
Con citazione del capitanato vennero quel
giorno invitati a comparire alla presenza
del comandante serbo, tenente colonnello
Mundžić, alcuni cittadini italiani di Ragusa,
con alcune signore e signorine che avevano
partecipato al Congresso delle città adria-
tiche ad Ancona il 15 decembre 1918. Ad
essi venne fatta la seguente intimazione :
„Vi ho chiamati quali rappresentanti degìi
italiani di Ragusa, per ammonirvi di non
provocare e di non agitare contro la Jugo
slavia, perchè il nostro stato dei Serbi-
Croati-Sloveni tende alla piena unione dei
territori Jugoslavi, e, come voi bene sapete,
le relazioni fra noi e P Italia ufficiale sono
molto tese, in maniera che in ogni momento
possono precipitare gli eventi.
„Viene considerato come provocazione
P avvicinarsi ad una regia nave o ad un
ufficiale italiano ed il recarsi nei territori
occupati o nell Italia stessa. D’ ora in poi,
senza un permesso speciale della autorità
di polizia, col placet del comando serbo,
nessuno potrà assentarsi. Vi avverto che qui
ci va della testa."
Subite queste minacele affatto illegali,
perchè lo stato Jugoslavo non è riconosciuto,
nè siamo obbligati a fedeltà prima della
conclusione della pace e prima di avere
rinuaciato al beneficio di opzione, il Fascio
nazionale presentò una protesta scritta al
governatore francese di Ragusa. -
Il 24 ed il 26, mentre il prefetto si ac
cingeva a concedere il permesso di viaggio
a parecchi concittadini di nazionalità italiana,
il medesimo colonnello serbo lo proibì as
solutamente ; ed ora si. sta dinanzi al fatto
compiuto di essere confinati a Ragusa, fino
alla conclusione deila pace.
A Natale, senza alcun riguardo alle festi
vità cattoliche, vennero spiccate d urgenza
nuove citazioni ; ed ai comparsi fu dal me
desimo tenente colonnello serbo vietato ogni
viaggio in italia, e qualsiasi comunicazione
coll’ Italia, con comminatoria di procedura
pedale militare, arresto e minaccia di pena
capitale.
Su ciò fu di nuovo elevata una protesta
al governatore francese del luogo.
Tutto il servizio di polizia in città, alle
partenze e all’ arrivo dei treni e dei piroscafi,
viene esercitato' da ex gendarmi e guardie
di finanza austriache, che continuano nei
sistemi dei loro antichi padroni, e si distin
guono per P odio contro gli Italiani. Quindi
noi temiamo gravi e funeste conseguenze
per il solo fatto che siamo italiani e vo
gliamo conservare ad ogni costo il nostro
carattere nazionale.
Si capisce chiaramente che gli JugoslavF
vogliono assolutamente che almeno da que
sta parte della Dalmazia non giunga alfcuna
voce italiana in Italia ; ma ciò noi non per
metteremo in alcun caso. Finché uno solo
di noi potrà parlare, non cesserà di chiamare
La Cronaca
Il Ministro Fradeletto inviò al nostro
Sindaco il seguente telegramma:
„Sindaco Ziliotto. Ringrazio Lei e saluto
con devota effusione codesta nobile città
particolarmente cara alla mia Venezia, fo
colare inestinguibile d’italianità sulla sponda
fratèrna. Ministro Fradeletto“.
Adesioni al plebiscito. Riceviamo all’ ul
timo momento il testo di dieci telegrammi,
in parte indecifrabili» diretti da Spalato al
Sindaco di Zara. Contengono fervide ade
sioni al voto plebiscitario di Zara per V u-
nione di tutta la Dalmazia all’ Italia. Questi
telegrammi sono inviati dal fascio nazionale,
dalle donne italiane, dal fascio giovanile,
dalla società operaia, dalla società ginna
stica, dagli studenti universitari, dalla bi
blioteca popolare, dalla banda cittadina, dal
gabinetto di lettura e dalla società del tiro
a segno.
Rileveremo i più significativi e leggibili:
A Zara, degna del nome e dei diritti d’ I-
talia, riaffermante con unanime consenso di
popolo, nel patrio consiglia voto secolare
unione Dalmazia alla gran Madre ricono
scenti plaudono. Le donne di Spalato.
Là Società ginnastica afferma plaude e
consente voto plebiscitario Zara perchè tutti
i figli di questa terra trovino accoglimento
in grembo alla gran Madre Italia.
Una conferenza sulla Dalmazia. Il no*
stro G. T. ci scrive da Trieste :
. „La vittoria nostra non sarà mutilata".
Ecco l’argomento della conferenza tenuta
sere or sono al Politeama Rossetti. Il capitano
Colantuoni che a Trieste è popolarissimo
Eer la robusta eloquenza nutrita da un no- ilissimo ingegno e animata da un sacro
patriottismo, tratteggiò dinanzi ad un udito
rio affollatissimo ed attento i diritti sacro
santi dell’ Italia sulla nostra Dalmazia. Op
pose mirabilmente all’ affermazione d’impe
rialismo argomentazioni solide ed efficaci ;
parlò della civiltà croata, magnificando la
superiorità storica e letteraria degl’ Italiani,
ed accentuò al doloroso spettacolo che of
friva un ex soldato italiano rinunciatario ai
sacri diritti, riconsacrati dalla strepitosa vit
toria, decisiva per la pace. /
Ricordò il lungo martirio dei Dalmati :
1’ assalto ai loro municipi, V ostracismo alla
lingua, le- frodi elettorali, le aggressioni dei
croati, sostenuti dall’ infausto cessato go
verno ed infine ricordò, glorificandola, 1’ o-
pera di Anlonio Baiamonti.
Per i diritti storici, etnici, geografici e
militari della Dalmazia, ciascuno profonda
mente definito, e per il sangue dei caduti
sulle petrue del Carso arido, sul greto dei
fiumi o sulle cime nevose delle Alpi, il con
ferenziere eccitò con una volata lirica tutti
gl’ Italiani ad affrettare il giorno della libe
razione completa di quelle terre sacre, dove
ancora si piange e si soffre.
~ JLjwbliiOO. jrwnai»itò » con calorogrrapptausi^
il valoroso conferenziere, il quale durante la
conferenza lesse vari periodi di articoli della
Voce Dalmatica, che destarono profonda
impressione nel pubblico nell’udire le vio
lenze consumate contro i propri fratelli,
scattò unanime nel grido „abbasso i bar
bari".
A conferenza finita, erano circa le 11 di
sera, la dimostrazione di simpatìa alla Dal
mazia continuò per qualche tempo per le
vie. Lo sbocco di Via San Francesco, sede
del famigerato giornale sloveno, era chiuso
da un cordone di carabinieri.
Ad Alberto Colantuoni ho detto la pro
fonda riconoseenza di tutti noi ; di quanti
dalmati hanno salda e tenace la fede e la
speranza di veder realizzato quello che fu
il sogno più caro della loro vita".
A proposito delle famose rinunce. A
proposito delle famose rinunce di Leonida
e dei suoi trecento seguaci, Benito Mussolini
stabilisce nettamente non esservi al mondo
un solo jugoslavo, il quale rinunci a Zara,
a Fiume, a Trieste, a Gorizia e alla Valle
del Natisone.
Aggiungiamo, da parte nostra, non “esservi
un solo Jugoslavo, il quale proclami di voler
assicurati i più ampi diritti politici, linguistici
e colturali agli Italiani, che dovessero per
loro sciagura diventare sudditi della Jugo
slavia.
11 solo diritto riservato a codesti disgra
ziati sarebbe quello dell’emigrazione.
Nel cuore di 'Zara italiana la maggioranza
dietale croata tentò cinicamente la croatiz-
zazione del nostro ginnasio, I’ unico ginnasio
italiano superstite, per togliere agli Italiani
anche V ultimo mezzo di coltura. Poi, a ga-
rantirci la libertà politica, ci fece il dono
della polizia di Stato.
Lé delizie, ora create agli Italiani di Spa
lato, di Traù, di Ragusa e d’altre nostre
città irredente, sono indice dell’ esistenza
riservata ai nostri connazionali — che il ciel
li scampi e liberi 1 — dal regime Jugoslavo.
Il podestà di Ragusa è l’esponente più
completo della cricca, che ha già decisa
la distruzione dei nostri fratelli.
L’ineffabile dott. Cingria ! Circondato da
una dozzina di padri di famiglia, che do
vrebbero prendere per tre giorni la santonina
se incontrassero un cavallo imbizzito davanti
alla porta di casa, ha opposto il magnanimo
patto, fasciato di flanella igienica, all’ Italia,
giurandone, come Annibaie, 1’ esterminio.
Il terribile giuramento venne giorni sono
pronunciato in un comizio à Ragusa/ senza
che a nessuno dei presenti balenasse il pen
siero che vi è qualcuno più lacrimevole di
chi commette una scempiaggine, ed è colui
il quale la promette con la convinzione di
non poter commetterla mai.
Comunque, e per quanto sollazzevoli pos
sano riuscire, questi ruggiti, o questi ragli,
intuonano la situazione. I Croati', ora vestiti
in maschera da Jugoslavi, sono senza remis
sione.
E la speranza di suscitare fra questi odia
tori selvaggi un lampo di rettitudine politica
a nostro favore è una follia.
Una profesta di Antonio Cippico in di
fesa dell’italianità dalmata. Il nostro illu
stre concittadino Antonio Cippico, profes
sore di italiano all’ Università di Londra,
scrive nella „Morning Post" a proposito
dell’ intervista dell’ on. Bissolati :
„Le statistiche che vengono spesso citate
a proposito della popolazione italiana del-
l’Istria e della Dalmazia sono statistiche au
striache. L’Istria e la Dalmazia, malgrado
la violenta snazionalizzazione compiuta dal-
l’Austria,- sono ancora paesi tipicamente
italiani. Nessun’ altra nazionalità oppressa
soffrì tanto nelle mani degli austriaci quanto
gli italiani dell’ Istria e della Dalmazia e
ogni italiano o inglese che parli contro 1’ I-
talia per le sue moderatissime rivendicazioni
sulla costa adriatica fa il giuoco dell’avver
sario più accanito dell’ Italia".
Cippico conclude, domandando ai veri
amici dèli’ Italia di agire colla massima cir
cospezione prima di condannare il trattato
di Londra, che costituisce la testimonianza
più evidente della moderazione dell’ Italia.
I nostri studenti a Bergamo. A Berga
mo, la città che diede 200 dei mille di
Marsala, ebbe luogo domenica 19 gennaio la
giornata dalmata. A rappresentare la nostra
studentesca vi si portarono gli studenti Ba
rone e Raimondi, che furono attesi alla sta
zione dal Sindaco e da numerose associa
zioni patriottiche con vessilli, fra entusiastiche
acclamazioni alla Dalmazia italiana. Forma
tosi un corteo, vennero traversate le princi
pali vie della città. A Teatro si tenne un
comizio. Dopo la forbita parola del Sindaco
e del Provveditore agir studi Maùara, i due
giovani nostri concittadini portarono il saluto
delle loro terre e il dolore dei Dalmati per
non essere ancor compiuti i destini d’Italia.
Un elettrizzante discorso tenne 1’ avv. U.
Riva, tenente di un gruppo alpipo e dopo
di lui Ettore Bortolazzi, suscitando infiniti
applausi.
Dopo il comizio e la visita della città,
venne servito un sontuoso banchetto, du
rante il quale si pronunciarono dei discorsi
patriottici inneggianti alla Patria comune e
alla redenzione di tutte le città nostre.
Bologna e Zara. Come fu già pubblicato,
le signore di Bologna hanno inviato svariati
doni ai fanciulli della nostra città mediante
i gloriosi mutilati, che furono qui tanto fe
steggiati. L’atto cortese fu appreso con
grande piacere da tutta la cittadinanza per
il suo significato patriottico. Ormai V illustre
città di Bologna è unita alla nostra Zara
col comune vincolo della solidarietà nazio
nale. A titolo d’onor ” ’ ' ;
cogliere i doni si pr .. tsr . ..;
la signora Luisa Belli: ‘ • b
Margherita e Annina .. di Bc
quali il locale Fascic aa-ioiiaie
inviò, i piu yivi jingra:uiur:enti.
11 cacciatorpedinier
giorni s’ è ormeggiato ;
Vecchia. La bella nave, oggi al comando del
conte Giuseppe degli Oddi, ha al suo attivo
una bella serie di fatti gloriosi. Nel 1915,
il giorno stesso della dichiarazione di guerra
dell’ Italia all’ Austria, fu a Porto Buso sotto
la direzione del capitano Arturo Ciano ; un
anno dopo con Nazario Sauro compì due
audacissime imprese spingendosi il 12 giugno
e V11 luglio fino nel porto di Parenzo fra
il tempestare delle artiglierie costiere ; in
fine nei giorni 1 e 2 novembre del 1916
penetrò arditamente nel canale di Fasana.
Le gloriose gesta dello „Zeffiro" sono
ricordate in una targa infissa sul fumaiolo.
Un bando del governatore. Un bando
del governatore della Dalmazia e delie isole
dalmate e curzolane avverte che sarà pu
nito con la reclusione da quindici a venti-
quatr’ anni chiunque nel territorio della zona
occupata, arruolando o armando cittadini,
farà sorgere in armi gli abitanti dei territo
rio stesso contro i poteri degli stati occu
panti. Ad insurrezione avvenuta, chi ìa pro
mosse o diresse, sarà punito con l’erga
stolo.
Il bando commina pene a chi dà rifugio
o assistenza ai colpevoli ; a chiunque spe
disce corrispondenze contenenti espressioni
di disprezzo o di vilipendio per i Capì de
gli Stati occupanti ; a chiunque rifiuta di
indicare ai funzionari dipendenti dal gover
natorato il proprio nome e le proprie qua
lità personali ; a chiunque stacca o lacera
affissi del governatorato o delle autorità di
pendenti ; a chiunque, infine, trasgredisce
ad un ordine legalmente dato dal governa
torato.
Martiri nostri. I principali giornali di Roma
e di Milano hanno pure pubblicate affettuose
necrologie su Orazio Detoni, il giovinetto
nostro ćoncittađino, che subì a lungo cru
deli sevizie, conobbe le carceri dell Austria
e la prigionia in Russia e provò le ansie
della fuga, e, nelle squallide stanze degli
ospedali, i dolori acerbi del male che io
trasse a morte. Era un adolescente lieto e
di gentile aspetto, cui la vita si schiudeva
piena di promesse. Per amore d’Italia V eb
be invece miseramente torturata e spezzata.
Onore alla memoria del nostro martire !
Per gli studenti accademici^ 11 rettorato
dello studio patavino rende noto che le
iscrizioni per questo semestre si chiudono il
9 febbraio.
Il giorno otto poi avrà luogo a Padova
la commemorazione dei moti rivoluzionari
degli studenti di Padova nell’ anno 1848.
Refezioni scolastiche. Per cura del Fascio
nazionale femminile, presieduto dalla signora
Maria Ziliotto, da lunedi, verranno distribuite
agli scolari poveri della scuola popolare di
San Grisogono delle eccellenti refezioni
gratuite.
!■■■ 11 m ! — '»nmniLttimiiraw
La stessa cosa verrà fatta anche nelle al
tre scuole
L’ iniziativa presa dal fascio femminile è
quante?' mai lodevole ed è da augurarsi, che
le gentili e caritatevoli nostre signore pos
sano svolgere interamente il loro nobilissi
mo programma. _ ‘
' Opinioni. Pubblichiamo questa lettera,
fedeli al nostro principio di ammettere
un’ ampia discussione di tutti ì pareri e di
tutti i problemi inerenti alla vita politica ed
economica :
Spettabile Redazione,
Ho letto con vero piacere nell’ ultima
„Voce dalmatica" la relazione sulla costitu
zione del „Fascio Nazionale". Tale gioia
però andò scemando quando constatai che
anche in questo caso invalsero alcuni dei
vecchi sistèmi, tante volte dai cittadini ri
provati. ’*■ *
A fianco di uomini e nomi nuovi che
rappresentano parecchie caste saciali si tro
vano alcuni cittadini, le cui energie e atti
vità sono richieste anche per altri scopi,
così che non c’ è affidamento completo che
sempre opererebbero come dal loro patriot
tismo si potrebbe attendére. E così parec
chi sono pur elètti in due e più comitati
costituitisi ; se tali comitati dovessero venir
convocati contemporaneamente,a quale que
sti cittadini dovrebbero a preferenza parte
cipare ? '
Vennero poi- costituiti dei comitati che
hanno da occuparsi esclusivamente di que
stioni di natura economica cittadina. E con
io credo, si sia invaso il campo di at
tività del Comune, perchè il Fascio ha cer
tamente diritto di occuparsi di tutto quanto
si riferisce alla vita e all’ econopiia cittadi
ne, ma non quale promotore, sibbene in via
di controllo sul Comune, dovendo le sue
•attribuzioni essere sopra tutto politiche. E
mi sorprese di non aver veduto invece co
stituito un comitato di propaganda, col
quale paralizzare, sè anche tardivamente, la
poco leale campagna fatta all’estero ai no
stri danni da parte avversaria. e
N°n si sa poi se i membri costituenti il
„Fascio vi facciano parte per nascita (gra
zia di Dio), per nomina o per elezione,
perchè mi consta che parecchi cittadini non
vennero per nulla convocati a concorrere
all elezione dei rappresentanti delle diverse
caste. E in proposito non starebbe male
una dichiarazione.
Quanto fu da ine espresso potrà forse
esser errato ; se ciò fosse, valga a mia scu-
/a la buona intenzione. Con devota osser
vanza. Avv. Pompeo Allacevich
Un po’ di luce. Un giornale locale an
nunzia che il governo jugoslavo di Spalato
nitore e
aiit;
’.nminbe
ivlé, ad b
■ i
aio
normativa per i capi degli uffici la dispo
sizione che vieta trasferimenti d impiegati
senza il consenso del governo occupante e
se in caso di arbitrario trasferimento dei
nominati dalle loro sedi di Sebenico e Zara
a. Spalato essi verranno trattati quali rinun
ciatari ai posto sino ad ora coperto oppure
verrà anche per loro, come per i signori
dott. jero Girolamo Moscovita, giudice di
strettuale, Nicola Nisiteo, ascoltante. Dra
gomiro Jovié, cancellista assistente, Giorgio
Kaìiniè e Antonio Dakié officianti di can
celleria a Zara, adottato il sistema che que
gli impiegati i quali prestano un qualche
servizio nella Jugoslavia vanno senz’ altro
riconosciuti e rimunerati, anche quando la
presidenza del loro ufficio dovrebbe rite
nerli prosciolti dal servizio, non essendosi
entro tre mesi presentati ai loro posti nè
curati di giustificare 1’ assenza. ;
Invero un po’ di ’ luce nei meandri della
presidenza d’ Appello va assolutamente fatta.
Il silenzio, in questa e in altre questioni
importanti e delicate, potrebbe essere in
terpretato come trascuranza e debolezza.
l’azione contro gli speculatori. L’on.
Ministro Crespi ha Emesso recentemente un
decreto diretto a farla finita una buona
V£f ^a 6 Per semPre con le manovre degli
affamatori del popolo.
Gli alimenti elencati nel decreto servono
alla mensa del ricco e a quella del povero
e sono: burro, carni fresche, bovina, suina,
ovina, equina, pollaci, cacciagione, conigli;
carni in qualsiaài modo conservate comprese
quelle in scatole, insaccate, salate e i grassi;
cioceolatte, cereali e derivati, conserve di
pomodoro, fagioli, formaggi, frutta fresche
e secche nei depositi e nei luoghi di ven
dita, olio, paste alimentari, patate, prodotti
della pesca, freschi ed in qualsiasi modo
conserVati, uova e zucchero,
I provvedimenti presi dalla saggia dispo
sizione del ministro sono spicci ed avranno
1 effetto di far cessare tutti gli abusi* che
ora si riscontrano e gli eccessivi prezzi che
vengono fatti ai generi di prima necessità
sopra elencati. A tal uopo una speciale com
missione, con poteri giudiziari,-potrà com
minare multe, arresto, prigione, confisca
delle mercanzie, chiusura deli’ esercizio e ciò
tanto nei riguardi dei commercianti grossisti
che dei rivenditori, che dopo aver sfruttato
per circa cinque anni i pubblici mercati, per
impinguarsi le tasche tentano ancora di pro-
vo<?ar? a* danni delle pazienti popolazioni
artificiose carestie.
Ora che il decreto N.ro 1745 del 21 no
vembre u. s. è stato emesso, attendiamo
che le autorità lo mettano in esecuzione. E
la popolazione tutta sarà così sempre più
grata al regio governo.
Per gli agricoltori. Il ministero di Agri
coltura ha invitato tutte le [Fabbriche di
produzione di concimi chimici, che sino ad
ora lavoravano per 1’ industria bellica, a in
tensificare la produzione dei loro prodotti
per ! agricoltura.
Si spera che questo incoraggiamento, li
ndo alle agevolazioni che si faranno per le
comunicazióni con 1* estero, metteranno in
condizione, fra breve, la nostra agricoltura
di usufruire di quél quantitativo di conci
me di cui usufruiva prima della guerra. An
che le nazioni alleate ed amiche, che ave
vano dovuto sospendere 1 invio di concimi
per motivi bellici, potranno ora riprenderne
l’invio ; il Chili e le fabbriche di Terni ri
prenderanno l’invio della calciocianamide :
la Tunisia riprenderà quello della fosforite,.
Gl’italiani di Tenin. 11 Sindaco ricevette
oggi questo telegramma : „il Fascio Nazio
nale di Tenin neìl’atto della sua costituzione
saluta Zara la nobile città che tenne viva la
fiamma dell’ italianità dalmata e rende il
dovuto omaggio a Vossignoria degnissimo
cittadino e primo suo Sindaco per suffragio
di popolo e sanzione del regio governo,
gli italiani di Tenin".
li ballo della Ginnastica. 11 primo con
vegno con danze della Società Ginnastica
ebbe luogo sabato nella sala maggiore del
:Teatro Verdi e riuscì brillantissimo. Le gio
vani coppie ballarono con fervore e la festa
si protrasse, animatissima sempre, fino oltre
la mezzanotte. Furono ospiti graditissimi
numerosi ufficiali dell’ esercito.
Stasera il secondo convegno.
Tessere del tabacco. L’autorità di finanza
ha emesso una notificazione, giusta la quale
tutte le persone che sono in possesso di
tessere altrui pel prelevamento di tabacco
(a nome di assentì; morti, ecc.) sono obbli
gate a restituirle al locale distaccamento
della Guardia di finanza, a scanso di grave
responsabilità.
SI vaiuolo. Provvedimenti sanitari. Ve
niamo informati dall’ autorità sanitaria : 11 27
del mese scorso approdò qui, proveniente
da Fiume il piroscafo „Rakoczky", il quale
sbarcò venti passeggeri borghesi e dieciotto
soldati del R. E. Durante il viaggio, in un
marinaio dell’ equipaggio, dieciottenne, si
manifestò il vaiuolo. Il malato, con le più
rigorose cautele, venne trasportato nell’ ospe
dale militare alla Maddalena di Sebenico.
Le persone, sbarcate a Zara il 27 col
suddetto piroscafo, sono invitate, nel loro
stesso interesse, di presentarsi all’autorità sa-
mtaria comunale per le opportune misure
profilattiche.
Il 25 del mese scorso -— e quindi senza
la menoma relazione col caso precedente —
ebbe qui a manifestarsi il vaiuolo in una
abitante in Calle del Paradiso.
disirettui-ì in Dalmazia poé-r.i inori
della j.ona di occupazione, ed ii dott ìgna-
KèdaimL a presidente di un dittarti-
mento ' rr:
d--; n d<
le
pò rigorose, procedendo alla vaccinazione
aciìc persone ch’ebbero ad avvicinare ìa
domestica, alla disinfezione. ..... .... ip ». ~ dell’ appartaci, -i. .. , . ... . ...... .FD il ùb pev
hdetfive.
Lina balena arenata suua nostra owSta.
— Sabato, 25, a tarda sera, una balena si
arenò sulla spiaggia, che fronteggia il- Ca
nale della Fiumara piccola presso Castel
Venier.
I pescatori, subito accorsi, introdussero in
uno dei fori della testa del cetaceo una ca
psula di dinamite. Ma 1’ esplosione non ebbe
subito alcun effetto apparente. La balena
diede soltanto alcuni balzi e appena dopo
ventiquattr’ ore mori.
balena misura sedici metri e mezzo
di lunghezza. La sua bocca misura quattro
metri in larghezza e in altezza.
II suo peso è di circa cento quintali. Si
calcola di ricavarne molti quintali di grasso.
La cattura di un cetaceo sulle nostre spiag-
gie è un caso straordinario. Comunque si
vede eh’ è passato il tempo del... baccalà
per la Dalmazia.
Piccola cronaca. Una delle scorse notti
degli ignoti tentarono di scassinare la porta
dell’orificeria di Simeone Pernar in Calle
San Vito. Ma il proprietario, che abita so
pra il negozio, diede l’allarme e i ladri
fuggirono.
Ieri, verso le 21.30, i soliti ignoti aspor
tarono mediante scasso, dalla vetrina del
negozio di Emma Cecconi, in Calle Santa
Maria, alcuni oggetti pel valore di circa L. 40.
L’ arma dei CC. RR. indaga per iscoprire
gli autori del tentativo di furto e del furto.
Teatro Cine Radium. Una folla enorme
alla serata d’onore del simpatico artista
Carlo Fiorello, il quale, assieme ai suoi va
lenti compagni, riscosse calorosissimi ap
plausi. Il Fiorello s’ ebbe numerosi doni da
gli ammiratori.
Direttore responsabile: Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia : E. de Schonfeld & Co.
RINGRAZIAMENTO.
A tutte quelle gentili persone che in va
rie guise vollero onorare la memoria del-
1’ indimenticabile mio marito
Giuseppe Demicheli,
consigliere di finanza, sia col gentile invio
di fiori che coll’ accompagnarne all’ ultima
dimora la cara salma, e specialmente al-
l’illustrissimo signor Vice Presidente Di
rettore di finanza Vidulich, all’ egregio me
dico curante dottor Giorgio Ostoich che
9 ebbe per lui tanto amorevoli ed infaticabili
cure e che con inapprezzabile capacità sep
pe lenire in parte i dolori dell’ amato mio
marito, nonché al Reverendo Raimondo Sor
rentino vadano i più sentiti .ringraziamenti.
Sarina ved. Demicheli.
. U... 1I.IIHWII ■■MJIlUILU
R. Stazione Aerologica di Zara
Bollettino metereologìco.
del 1 febbraio 1919 (ore 8)
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762.1 0.5 70 6
leggerai.
mosso
m. 3.3
da ENE 6.2 1.3 0.6
Occasione per Grossisti e Negozianti in Manifattore
E di passaggio per Zara il sig.
GIUSEPPE ROVARO-BRIZZI,
con una partita di tessuti e di cotonerie
da Milano.
Riceverà per alcuni giorni soltanto al
pianoterra della casa Boxich a Porta Catena
(vis-a-vis 1’ Agraria)
dalle 9—12 e dalle 15—18.
PREZZI CONVENIENTI. 2_,
Annunzi economici.
Domande d’impiego e di lavoro 10 eent Ia parola, minimo
Offerte d’impiego e di lavoro « cent, la parola, minimo
Avvisi diversi e «T indole commerciali 20 cent, la parola,
minimo !.. 2.—
Calle Carriera N. 1. Ili piano ove riceve [dalle
10-12 a. m. e dalle 3-5 p. m. 6—6
J. Domi
ingrosso - TESSUTI - ingrosso
Telefono 53-01 MILANO
10 Piazza Paolo Ferrari
(accanto Teatro Scala)
Grandi Partite Tessuti di Cotone e Lana.
5—10
■ola
►
►
•••
►
►►
►
►
►►
►
►
►
►
k
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-a ,-.y /f./CxriWfoXjQg
Guglielmo Grilli
Succursale di Ancona
EMPORIO:
Biancheria, Camicie per uomo e
donna, Calze, Guanti, Sciarpe, Giac
che, Camicette * per Signore, Cra
vatte, Busti, Scarpe, Ombrelli, Sa
poni, Maglierie, Portafogli ecc. ecc.
ZARA - [alle Larga, amala s. Antonio - ZARA
»
»a®»»
Anno 2, - N. 13
VOCE DALMATICA
Abbonamenti per ora non si ricevono.
Un numero centesimi 30 di corona
NON 5EHPER ERMNT SdTQRNflllfl
Chi ripensi il passato recente già avvolto
nel fitto tenebrore deli’ abisso austriaco, ri
vede e risente l’anima notturna di Zara.
Nei silenzio, nel raccoglimento e nel terrore,
durante la lunga guerra della barbarie im
periale, il popolo di Zara si chiuse in sè
stesso, come fiore sottratto al nutrimento
vitale del sole, logorandosi nella prova su
prema di dolore. Il vivace temperamento
veneto degli abitanti, pronti all’arguzia ta-i* r _ i '«*, . . ° .— — vantaggio della città e del paese. Il primoTÌL®? :!1n.US!aS^°,d.elÌraiJtT’ chiamato al lavoro è l’elemento intellettuale.
de la Dalmazia è stata la cenerentola del-
1 Austria, deve risorgere sotto gli auspici
d Italia. E per questo ognuno deve concor
rere a illustrarla : le sue glorie e le sue me
morie devono essere meglio conosciute e
apprezzate, le sue possibili risorse materiali
chiarite e valorizzate. Anche il nostro orien
tamento culturale deve subire una deviazione
pareva snaturato per l’influsso sinistro del
l’oppressore sembrava che l’impronta del
passato si riscontrasse soltanto nei monu
menti, che nessuno poteva d’un tratto de
molire. Ma così non era: lo intuivano e lo
sapevano i poliziotti. Gli sguardi rivelavano
ali’ osservatore più attento l’inestinguibile
fiamma interiore e 1’ essenza più riposta del
pensiero : Zara esultava nell’ intimo della sua
coscienza immutata nei giorni della vittoria
e trepidava d’ansia inesprimibile insieme
con tutta la nazione nelle ore tristi dello
scoramento. Era la notte silenziosa dell’ a-
spettazione: notte muta e squallida. Nel
l’angoscia di quella vigilia affannosa l’anima
di Zara, come vergine che cercasse con lo
Sguardo soffuso di dolce melanconia la mare lontana, era protesa con tutte le energie
del suo istinto e della sua volontà verso
l’avvenire immancabile. E venne il giorno
in cui la bocca della silente, indarno sug
gellata dalla rigida mano del tiranno, si
schiuse per vendicare con un grido possente
1’ oltraggio crudele del silenzio.
Per legge naturale di compensazione, il
grido di giubilo, soffocato e compresso in
tanti anni di servitù, vibrò e scoppiò come
corda d' arco troppo tesa, la gioia pura di
venne fremito rumoroso, si cambiò in tri
pudio patriottico. Parve che tutta la vita
interiore, intessuta di pensiero e di speran
ze, avesse perduto il suo valore abituale :
il patriottismo scese dall’intimità delle case
nelle piazze, salì dal cuore alle labbra con
espansione frenetica. Qualche asceta del
raziocinio tollerò a mala pena, anzi con di
spetto mal celato, quest’ esuberanza di pas-
8Ìone ri ottica., cuuie se lì sciiunientò, a
differenza della logica, non avesse i suoi
eccessi e le sue reazioni. Ma il fervore ge
nerale travolse presto nella sua corrente
impetuosa anche i più restii : vecchi e gio
vani, cuori appassionati e menti inturbabili
si rimescolarono come per fantastico incan
tesimo nel crogiolo dell’ entusiasmo e si
foggiò una psiche collettiva momentanea,
rispondente al momento storico della nuova
vita cittadina. Zara fu da allora sempre in
festa: cortei, dimostrazioni, canti patriottici
danze, imbandieramenti, discorsi e banchetti
si susseguirono senza interruzione dal gior
no del riscatto ; s’inaugurò una vita este
riore spensierata, come se tutti volessero
inebbriarsi del presente, immemori del pas
sato esecrabile, consci dell’ auspicato avve
nire. Bisognava aver tanto sofferto per poter
vivere quelle giornate di sacra frenesia. Chi
le ha vissute, non le potrà più dimenticare.
Ma le ondate irruenti di delirio sono tra
scorse e ne risentiamo come un’ eco frago
rosa nella gaiezza carnovalesca. Avremo an
cora uno scoppio di esultanza patriottica
nel giorno dell’ annessione, che ormai non è
per tardare; ma sarà esultanza schiettamen
te dignitosa di Zara ormai partecipante ai
fati indeìebili della nazione italiana. Poi
subentreranno le forme e le funzioni della
vita normale, che già ci richiamano a sè,
imponendoci ardui problemi di lavoro e di
progresso.
Allo stordimento e all’atonia spirituale
d’una vita esteriore terrà dietro senza dub
bio un vigor nuovo di attività politica, in
tellettuale ed economica : all’ epoca transito
ria e fugace di spensieratezza succederà un
rinnovamento interiore di tutto il popolo,
che sentirà bisogno di nuovi impulsi a una
vita sociale più serena e più laboriosa. Bi
sognerà molto riformare e molto migliorare
perchè anche la nostra città, allargato V am
bito un po’ troppo ristretto delle sue idee
sociali e politiche, risenta lo sperato van
taggio della nuova era di libertà civile.
Per uno strano ricorso storico si nota
oggi da noi il medesimo periodo di stasi
culturale che gli stranieri riscontravano cen-
t’ anni fa in Italia, quando appena appariva
no le luci ancor scialbe del romanticismo e
del risorgimento nazionale. Affermava allora
Madame de Stael troppo scarsa attività in
tellettuale esserci tra gl’ Italiani in tanto
fervore di pensiero per ogni parte d’Eu
ropa nè in Italia trovarsi quella correzione
ehe alle scarse letture porgeva in Francia
il conversare in società, perchè gl’ Italiani
non si vedevano e non s’incontravano che
al teatro e attorno a’ tavolini da gioco. E
concludeva: „Restate pure Italiani, ma stu
diate".
Quanti problemi da studiare e da risolvere!
Anche sorvolando sulle questioni economi
che, alle quali s’annette a ragione grandis
sima importanza, altri quesiti troppo attuali
territorio italiano, gioverà trovare non sol
tanto un modus vivendi, ma un' intesa fra
terna, tanto più ehe noi saremo chiamati
anche nell’avvenire a tutelare con premu
rosa risolutezza i nostri connazionali sparsi
per le località jugoslave. Ammesso pure che del presidente Wilson, dimostrò come Fi
non tenessero conto di quel fenomeno di deale della Società defte Nazioni non è
mimetismo politico che da qualche parte nuovo nella storia, ma arrise alle menti di
comincia ad accentuarsi, gli Slavi, divenuti pensatori, di statisti, di sovrani. La Società
_______? ___ ______ _it sereni, conciliativi e ragionevoli per effetto delle Nazioni presuppone le nazioni reinte-
attraggono la nostra attenzione, che non delle illusioni dissipate dalla realtà degli grate; e, secondò la dottrina di Bovio, le
Possono essere trattati a cuor leggero o con - eventi, non mancheranno tuttavia di convin- leghe di razze. La guerra infatti ci ha mo-
lentezza, cersi presto che un lavoro comune con noi sfrata F unione della razza latina e della
Già molti sintomi fanno presentire un ri
sveglio intellettuale che davvero è deside
rabile dopo 1’ epoca veramente austriaca di
torpore e di passività. Conviene però che la
nostra funzione mentale non si esplichi, come
accadde spesso finora, soltanto nei recrimi
nare: questa forma negativa di interessa-
sarà per loro non santo indispensabile,
ma rimunerativo. Quao saranno compiuti
i destini d’Italia, noi remo interessi eco
nomici da curare insite con loro ed essi
sentiranno la necessitìpolitica e culturale
di avvicinarsi a noi. aio questi problemi
----------- difficili e delicati, chera sarebbe prema- u( vcllcild. ___ ___
mento deve essere superata con un’azione turo prospettare con écisione di partico- pu£ escludere dalla redenzione gli italiani
intensa di tutte U enem-ie » .,u»n „ 13^, ogni modo ìi Siavi, cessate le j; piume e della Dalmazia per asservirli ai
lotte faziose, s’accorganno che si schiude
una nuova era non podi avversione cieca
e pertinace, ma di lea collaborazione co
mune. Se diciamo quìto con chiara co
scienza della nostra r^onsabilità, non se
ne meraviglino nè Italhi nè Slavi : anche
in ciò siamo coerenti i nostro programma
iniziale.
Tuttavia non solfar?» nell’orientamento
------------------- politico che si potrebi chiamare esterno,
e trasformarsi al contatto più immediato con ma anche nella vita petica cittadina e re
la vita spirituale della nazione. Pur giudicando gionale, allacciata e suordinata alla vita più
esagerata la dottrina dell’ intesa intellettuale intensa e operosa delìàtìazione, dovrà su-
e la lotta, promossa da Luigi Siciliani (,,I bentrare un rinnovamelo sostanziale. Nuovi
volti del nemico") e da altri, contro l’infil- obiettivi si affacceranncalla nostra attività
ti azione del germanesimo nella nostra cui- un po’ troppo circosritta; nuovi partiti
tura, dobbiamo pure convenire che le stesse sbocceranno a »scuoter: la compagine di
librerie private attestano la nostra eccessiva qualche istituzione, resisènte finora più per
dipendenza dalla produzione scientifica e legge d’inerzia e per necessità del mo-
letteraria tedesca, mentre poco attingemmo mento, che per unanime consenso di citta-
dalia sapienza di altri popoli, forse meglio dini. E giusto che una sapiente e impar
ziale azione critica sia eretta a ringiovanire
e rinsaldare istituzioni svecchiate nella loro
composizione : è inevitalìle che nuovi par
titi risorgano e fioriscane perchè i partiti
sono, come tutti riconoscono, la ragione
della libertà. Ma le forzt negatrici del pre
sente devono diventare elementi di azione
vigorosa nell’ avvenire : gli homines novi,
scelti a concorrere al vagheggiato rinnova
mento sociale, devono affrontare con auda
cia, con purezza e con fede i nuovi pro
blemi di pubblico benessere. Si va spesso
e da tempo dicendo: .parte dell’attuale
assimilabile dal nostro temperamento men
tale. Bisogna ad ogni modo allargare la
cerchia dei nostri studi, concludendo che
l’imparare da tutti e il fare meglio di tutti
è, come scrisse il Croce, il solo e vero na
zionalismo che si possa inculcare agl’ Italiani.
A proposito del quesito culturale s’im
pone anzitutto al nostro esame il problema
educativo. Persone illuminate ed esperte de
vono accingersi alla riforma della scuola,
per trarla dal disagio sconfortante in cui
versa a cagione dell’artificioso snaturamento
subito dal governo austriaco. Per l’Austria
la scuola era fucina di servi incoscienti; per classe dirigente è inattivi o inetta; sistemi che il sig. Destrée paga il suo debito per-
noi invece deve formare uomini liberi. Scopo di politica segreta o dannosa devono spa- ’ .u. __x„i —
precipuo adunque della scuola dev’ essere rire. Queste sentenze h^nno un fondo in
di concorrere in prima linea alla formazione contestabile di cqnsisten^ff g^Ua. realtà. Però
n v,onti quando asserisce che „la migliore argine se tutti lavoreranno con fervore e
riforma è il buon maestro"; ma è altrettanto
indiscutibile che il buon maestro, per otte
nere profitto dal suo lavoro, deve trovare
un ambiente preparato ad accogliere e ren
dere feconda l’opera sua. I giovani devono
essere per tempo educati già in famiglia al
sentimento del dovere, il quale li spronerà
a riparare i danni, parte colpevoli e parte
involontari, della deficente cultura. La casa,
destinata a compiere la sua missione bene
fica di amore, di pace e di moralità mercè
un’educazione più elevata e moderna della
donna, fattore primo di felicità civile, deve
essere il terreno in cui la scuola è chiamata
a gettare il suo seme produttivo. La scuola
e la famiglia fanno la fortuna dei singoli e
della società.
Al rinnovamento sociale deve contribuire
anche il ceto operaio: l’opera della bor
ghesia sarebbe tenue e inefficace senza l’ap
poggio e la collaborazione delle masse po
polari che devono formare nuclei forti e
compatti non solo di resistenza e di lotta,
ma anche di vantaggiosa attività intellettuale.
Scriveva giustamente il Carducci: „Degna
mente il popolo vuoisi rialzare, non rimpic
ciolir noi nè bamboleggiar senilmente per
mantenerlo sempre in condizion di minore."
La cultura non ammette divari nè monopoli
di classe : è anzi causa ed effetto del lavoro
comune. E il nostro popolo, che diede sag
gio in ogni contingenza di mirabile maturità
nell’affrontare e discutere problemi di pub
blico interesse, darà certamente il suo fer
voroso contributo anche all’opera di eleva
zione culturale. Il modo più pratico per at
tuare il nostro programma di innegabile
utilità sociale potrebbe essere per ora offerto
da lezioni popolari che fossero svariate e ferenza sul tema: „Per i diritti d’Italia e la
istruttive senza troppo stancare e da ritrovi Società delle Nazioni". Intervenne un pub
intellettuali ove tutti si avvezzassero a di- blico eletto, fra cui vi erano parecchie si-
scutere problemi di immediato interesse con
italianità di forma e libertà di pensiero. In-
somma noi dobbiamo, smesso il vezzo no
civo della prona inattività, cercare di inam-
bientarci coll’Italia, sfuggendo alle conse-
gnoi’e, gli on. Di Cesarò e Faustini e, sa
lutato da un lungo applauso, T on. Ercolano
Salvi, deputato di Spalato, purtròppo an
cora irredenta, i colonnelli Fabricini e Pas-
sori; il comm. Rosmini e F. V. Ratti della
guenze della minorennità intellettuale, a cui Giunta esecutiva della „Trento-Trieste" ;
fummo condannati dall’Austria in questi ul- Felice Albani, vecchio amico e compagno
timi anni. La Dalmazia ha tradizioni insigni di aspirazioni di Oberdan, Filipperi, Co
di cultura; ritorniamo al passato, per trovare stanzo Premuti, il comm. Popovich, ex pre
la strada maestra dell’avvenire. sidente del Consiglio del Montenegro. Pre-
Anche il nostro programma politico, av- siedeva l’on. Di Cesarò, che pronunziò eie
venuta l’annessione, dovrà farsi di neces- vate parole, rilevando la necessita di persi- 13 iP’U Qe • ,
sità più ampio e più consistente. Con gli sfere nella propaganda patriottica. volessero paragonare 1 .«tolleranza 5 le
Slavi, che abiteranno dentro e fuori del Giovanni Micèli esordì deplorando la nes
suna preparazione di coltura in quasi tùtti i
rinunciatari, che pretendono aggregarsi il
monopolio della guerra democratica, del
wilsonismo, della Società delle Nazioni. Re
se omaggio alla grande nobilissima figura
3aeasgss..x..u 'Aggg"■JBB.U ',n '.»i-«—1WI >..y I II I ■ pi i I . , ....j,a.
Per le inserzioni rivolgi all* Amministrazione
— — — Pagamersfcpnticipato — — —
!ITT
razza anglosassone. La Francia quindi deve,
a rinsaldare l’unione latina, volere la lati
nità dell’Adriatico. I francesi furono com
plici involontari del colossale errore del
generale Bonaparte a Campoformio : deb
bono ora distruggere la traccia di questa
loro, involontaria complicità, aiutandoci a
stracciare il patto di Campoformio, perchè
l’Italia riprenda sull’ Adriatico la fulgida co-
rona
di Venezia. La guerra di redenzione non
nuovissimi barbari, bastonatori di donne e
di fanciulli.
L’oratore ebbe larga messe di applausi
che provarono nel pubblico 1‘ unanimità del
consepso.
La „Trento-Trieste" a Gorizia. Si è
i __ ___ ____ , __ ___
disinteresse per il pubblico bene. È senza
dubbio triste il ricordare che, mentre il po
polo di Zara, idealista ingenuo, sognava
l’Italia, taluni, più pratici e più scaltri, at
tendevano senza scrupoli soltanto agl’ inte
ressi privati o miravano a sodisfare le am-
bizioncelle personali. Ma costoro s’avve
dranno presto della temperie mutata, nella
quale idee si contrapporranno a idee, azioni
ad azioni, coscienze a coscienze :
L’uom s’affronti coll’nom: pugna è la vita.
Purché la pugna si conduca con onestà di
mezzi e di intendimenti.
Il periodo poetico della nostra vita na
zionale è già per tramontare. Dopo il mo
mento transitorio di romanticismo sentimen
tale sorge l’epoca più prosastica, ma più
proficua del lavoro. Quando il sogno ra
dioso si sarà tradotto in realtà, bisognerà
subito vigilare ed agire. Ma intanto bastino
i chiassi e i cortei. Un popolo serio non
può vivere di feste.
Dalia „Trento-Trieste“
(Servizio d’informazioni per „La Voce Dalmatica**)
La propaganda della „Trento-Trieste".
In conformità di una deliberazione della
Giunta esecutiva della „Trento-Trieste", la
sezione romana ha iniziato in Roma e pro
vincia una serie di conferenze, allo scopo di
dimostrare come le rivendicazioni italiane,
nella loro integrità, debbano essere fonda
mento indispensabile della Società delle
Nazioni. ,
Giorni sono in Roma, alla sala Picchetti,
il dott. Giovanni Miceli tenne la prima con
sonale con una gentilezza, che potrà essere
tedesca, ma non è latina.
cato di cortesia formale verso l’Italia, non
ha risparmiati gli elogi. Ma la cortesia for
male gli è servita di bandiera a coprire il
solito luogo comune delle „pretese esage
rate."
Un legislatore, un oratore politico ha il
dovere di studiare la geografia e la storia,
che stanno a dimostrare come F Italia, terra
di generosi propugnatori di libertà e di re
denzione per tutti i popoli, non è mai stata
imperialista. Le nostre rivendicazioni rispon
dono allg nostre necessità geografiche, al
monito severo della storia, alle esigenze di
una civiltà superiore, insidiata dall’ altrui bar
barie, alle necessità della nostra difesa stra
tegica, della nostra esistenza. Legga almeno
i giornali il signor Destrée e vedrà come
gli eccessi degli jugoslavi a Spalato e a
Ragusa rispondano agli eccessi già perpe
trati dai tedeschi nel Belgio.
O che vuol farsi croato il sig. Destrée ?
Faccia pure, ma sop?a tutto sia sincero e
non reciti verso di noi la commedia del
falso amico.
Un altro falso amico è il signor Victor
Berard, un geografo, la cui geografia, mal
grado il solito luogo comune delle parole
melliflue per l’Italia, è tutta a beneficio dei
croati, dei greci, ecc.
La geografia, che professa il sig. Berard,
tende a dimostrare che’ F Italia deve disin
teressarsi dei suoi figli di Zara, di Sebenico,
di Spalato a beneficio dei croati.
O perchè questa stessa geografia non in
segna al signor Berard, che i serbi possono
disinteressarsi del vilayet di Kossovo, a be
neficio degli albanesi?
Elargizione italiana alla Croce Rossa
serba. Mentre i soldati italiani del secondo
corpo d’armata distaccato nel Belgio impie
gano tutta la loro attività e la loro intelli
genza per far dimenticare alle eroiche po
polazioni belghe le sofferenze passate, non
restano insensibili a nessun nobile appello.
Cosi di questi giorni è stata versata alla
missione italiana a Parigi la somma di lire
4300 raccolte fra quei nostri soldati a be
neficio della Croce Rossa serba.
Con questo atto nobilissimo d’umanità e
generosa carità i nostri bravi soldati non
smentiscono il cuore e la civile educazione
degli italiani e offrono nel medesimo tempo
la più degna materia di confronto a quanti
diffamazioni partigiane a cui è fatta segno
l’Italia da parte dei jugoslavi colla nobiltà
d’animo e lo spirito di transigenza dimo
strato dagli italiani in confronto dei serbi.
Ma si capisce: ogni botte dà necessaria
mente il vino che ha.
i diritti dell’ Italia nell’ Adriatico. Inter
vista con l’Ammiraglio Thaon di Revel.
La „Prensa" di Buenos Aires pubblica la
seguente intervista del suo corrispondente
di guerra sul fronte italiano Giovanni Mi
celi con l’Ammiraglio Thaon di Revel.
„Ebbi questa sera F onore di salutare
F Illustre Ammiraglio, che seppe organizzare
Zara, 24 febbraio 1919
Redazione ed Amministrazione provvi-
seriamente nellaTipografìaSchènfeld^
la flotta di guerra e guidarla ai successi
ammirati da tutto il mondo. Espressi a Lui
l’ammirazione entusiasta degli italiani resi
denti nel Piata, rilevando come la „Prensa
seguisse sempre con il maggiore interesse gli
avvenimenti della guerra italiana.
L’ ammiraglio Thaon di Revel mi rispose :
„Come italiano e marinaio sono piena
mente soddisfatto della pubblica opinione aonan i ì i u* mvmv ~~~~ ~ , « . . . i-
di gemme, che fu glorioso patrimonio ne,.paesi civ,h che rende /
mirevoli sforzi della nostra flotta e ricono
sce la situazione difficile in cui ci trovammo
nell’ Adriatico. , .
Eravamo, come tutti sanno, in condizioni
di manifesta inferiorità di fronte all’Austri*.
Questa disponeva di piazze forte formida
bili : Pola e Cattaro. Inoltre nessuno ignora
che la costa della Dalmazia offriva sicuri
ripari alle unità navali d attacco e che 1 ar
cipelago dalmata dominava interamente il
inaugurata la sezione goriziana della „Trento- nostro mare. È opportuno inoltre ricordare
Trieste" con un discorso dell’avv. Marsich, .... -1- *
delegato del Consiglio Centrale. È stato
inviato alla presidenza a Roma il seguente
telegramma :
„Costituendosi oggi sezione „Trento-
Trieste" cittadinanza goriziana invia più fer
vido saluto Consiglio Centrale rinnovando
voti augurali per la redenzione di Fiume e
Spalato nostre. Sindaco Bombig".
I falsi amici. In Italia tutti ricordano il
signor Jules Destrée, che passò, nelF inverno
del 1915, da un capo all’altro della nostra
Penisola a tenere conferenze sul martirio del
Belgio. Da per tutto il pubblico gli fu largo
di plauso e sopratutto di consenso.
II plauso e il consenso andavano alla Pa
tria nobilissima del signor Destrée, ma an
davano anche all’ oratore dalla parola calda,
elegante, affascinatrice. Il signor Destrée
certo non ha che a lodarsi dell’ ospitalità
italiana.
Alla nostra volta noi italiani non siamo
pentiti della nostra solidarietà affermata su
bito dòpo negli aspri cimenti delle armi, col
Belgio generoso e dilaniato dalla barbarie
teutonica. Tutt’altro. Ma non è men vero
che le nostre unità si trovavano esposte a
tutte le sorprese e le coste dell’Italia po
tevano essere attaccate e bombardate in
qualunque momento.
Gli austriaci in qualunque punto ci aves
sero attaccati, potevano in poco tempo
sottrarsi all’ azione dei nostri e con un
viaggio di poche miglia ritornare nel porto
sicuro, mentre le nostre unità non dispone
vano che di due soli porti di rifugio, Brin
disi e Venezia, con una distanza da per
correre che arriva ai 1300 chilometri.
L’Italia, vincitrice nella guerra, non può
consentire che si prolunghi a suo danno
questa situazione strategica a favore del
nuovo stato, che dovrebbe sostituirsi al
l’Austria. ...
La storia dimostra che tutto F Adriatico,
inclusa la Dalmazia, godè molti secoli di
pace e civiltà sotto il governo illuminato di
Roma e Venezia. D’ altra parte i diritti ita
liani sulla Dalmazia si fondano non solo su
ragioni di carattere storico e giuridico, ma
anche sulla sicurezza dell’ avvenire dell’ Ita
lia, perchè se questa non domina V Adria
tico, finisce coll’essere dominata.
Noi italiani, in omaggio alle nostre tra
dizioni, fummo sempre i migliori amici de
gli slavi, ai quali riconoscemmo il diritto a
»biw'.'-h? nell’ AdrisHc.-». il fn.edomwisx
della nostra civiltà superiore favoriva mag
giormente le relazioni di buon vicinato.
L’Italia non ha mai avuti propositi impe
rialisti. Non desidera altro che di compiere
la sua unità. Non vuole altro prolungamento
di territorio che quello che le viene di
diritto.
Confido chef gli alleati e i popoli latini
in genere appoggeranno le aspirazioni
italiane.
Un’ Italia forte sarà in avvenire il più
saldo baluardo della latinità.
Prima di congedarmi l’Ammiraglio Thaon
di Revel aggiunse parole di ammirazione e
di elogio per la marina mercantile che si
mantenne all’ altezza del compito affidatole".
1! diritti) italiano sulla Dalmazia
I.
Sarebbe ingiusto disconoscere che non vi
fosse tra i Jugoslavi un anelito alla libertà,
una tendenza a formare uno Stato indipen
dente. Ma era un movimento, nel suo pro
posito di liberazione dalla Monarchia austro-
ungarica, assai recente, circoscritto alle
classi più intellettuali, senza presa sui basso
popolo. 11 torto delle classi dirigenti er*
appunto stato di non aver saputo guadagnare il
popolo alle nuove idee. Veramente subivano
la pena di avere nel passato istillato più
che l’amore alla libertà, l’odio contro i
popoli vicini, e radicata l’illusione di at
tendere il soddisfacimento delle aspirazioni
nazionali dall’ Austria. Così i Jugoslavi
presi nella loro massa, ripeterono nella
guerra mondiale F errore, in cui erano ca
duti già nel 1848, di combattere contro la
libertà degli altri popoli, per gli oppressori
comuni. Nel 1848 avevano servito di stru
mento contro gl’ Italiani e gli Ungheresi,
nella presente guerra difesero strenuamente
F Austria contro F Italia, e si mostrarono
aggressori feroci perfino contro i propri
connazionali seftn.
Adesso protestano di esservi stati astretti
dalla forza irresistibile dell’organizzazione
statale, senza possibilità di sottrarvisi.. Ma i
Jugoslavi combatterono sul Danubio e sul-
l’Isonzo non come si fa nell’ eseguire per
forza un compito increscioso, bensi con la
bravura, con la tenacia, con F entusiasmo e
con F abnegazione che si possono dedicare
soltanto a una causa nazionale, quale ap
punto s’illudevano di sostenere contro l’I
talia e contro la Serbia.
Altri popoli soggetti all’ Austria, come
gli Czechi-Slovacchi e gli Italiani, diserta
vano le bandière austriache in massa o alla
spicciolata, come potevano, o altrimenti av
versavano in tutti i„ modi la tirannide au
striaca nell’ organizzazione militare, nel cam
po politico costituzionale o sul terreno eco
nomico. Così p. e. la città di Zara ha il
vanto di aver fornito una proporzione altis
sima di combattenti all’ esercito Italiano.
Bisogna poi prendere in considerazione che
i soldati tratti dalla popolazione italiana che
era soggetta all’ Austria, dispersa in cinque