dine di cose, e per difendere nella stampa estera gli
interessi serbici, rappresentandoli d'accordo con quelli
d'ogni singolo grande Stato per cui si veniva scrivendo.
Di più quel dicastero era incaricato delle traduzioni di
cui avevano bisogno i singoli ministeri serbi, e sovente
della redazione di atti diplomatici, di lettere ai prin-
cipi stranieri e cose simili. Di là uscirono per 18 anni
interi quotidiani articoli pei giornali serbi e stranieri,
e quegli articoli regolando l'opinione pubblica nel paese
e fuori, sconcertavano i partiti contrari e rialzavano la
Serbia nell'opinione europea; di là quelle moderate ma
sensatissime critiche sui difetti delle costituzioni esistenti,
quelle proposte di riforme, e infine quei frequenti opu-
scoli sulla questione d'Oriente che, sempre favorevol-
mente commentati dalla stampa straniera, andavano mi-
nando la Turchia nell'opinione del mondo. Il program-
ma Z-' Orient rendu à lid-mème, chiamato serbo dalla
stampa di Parigi, è dovuto al nostro dalmata. La più
parte degli scrittori europei che scrissero sulla Serbia
e sull'Oriente a lui s'indirizzavano per ottenerne i dati
necessari, e i giornali di tutti i paesi ne cercavano gli
scritti.
Egli abbandonò spontaneamente la direzione del
Presse-hureau lo scorso autunno, quando si ritirava dal
potere il ministro Ristié, suo intimo amico. Allora fu
incaricato di scrivere la storia del principato dal 1868
al 1878, cioè: dalla ristorazione degli Obrenovié fino
alla proclamazione dell'indipendenza serba. Egli fini
dunque la sua carriera politica per rientrare nella let-
teraria, colla quale aveva cominciato.
Qui si presenta naturalmente una domanda, ed è :
quale e quanta influenza esercitarono fra i Serbi e gli
stranieri gli scritti di questo patriotta instancabile?
Venuto di recente in Serbia, nè potendo giudicarne da
me, devo ricorrere alle testimonianze datene dcagli stessi
Serbi e dagli stranieri.
Abbiamo veduto il felice successo de' suoi scritti
nel 1859, dopo il ritorno di Miloš. Nel 1865 il giornale
semiufficiale F^cZov cža?ž pubblicava sotto la secreta ispi-
razione del ministro dell'interno una serie d'a,rticoli sulle
riforme necessarie in Serbia. 11 sig. Ban con altri ar-
ticoli, stampati nel Svetovid, dimostrava ad evidenza
l'immenso danno polìtico e materiale che ridonderebbe
al paese da quelle riforme, ove venissero attuate, e ne
indicava altre, dettate da un senso sì pratico che pro-
vocarono un applauso generale nel principato.
Ma la più solenne dimostrazione in suo favore
veniva fatta nel 1878 dal governo e dall'Assemblea
nazionale (Skupština) riunita a Niš, quando il chiaro
dalmata domandò che gli fosse accordato il diritto alla
pensione, avuto riguardo agli anni di servizio si offi-
ciale che officioso. E^ra ben naturale che un uomo il
quale aveva combattuto per quasi trent' anni tutti gli
elementi di disordine nel principato, umiliando con ciò
r amor proprio, ledendo gl' interessi e invalidando i cal-
coli di molti, avesse non pochi nemici. Questi si mo-
strarono anche in quell'occasione. Cinque deputati del-
l' opposizione inveirono contro di lui, sforzandosi d'in-
durre l'Assemblea a rigettare la sua domanda ; ma non
fecero che provocare un concerto di encomi a suo ri-
guardo.
L'arciprete Dučić, soldato valoroso e letterato,
diceva fra le altre : „la capacità del sig. Ban è tale,
ch'egli potrebbe compiere le funzioni di direttore del
Presse bureau anche nei grandi stati europei, ed è cre-
dibile che altrove sarebbe andato molto più oltre che
non andò in Serbia." Il dotto professore Miloj evie, enu-
merando alcuni lavori del Ban, dichiarava „che come
uomo politico egli ha più giovato alla causa nazionale
col solo suo scrìtto I diritti dei serbi nelV impero turco
che tutti insieme gli scrittori serbi; e che come uomo
letterario, il suo dramma Mejrima fu per l'Europa la
prima rivelazione delle nostre moderne produzioni let-
terarie," Il capo-sezione al ministero del culto, Pavlo-
vié, diceva: „quanto valente lavoratore politico, altret-
tanto modesto, non ha voluto che il suo nome echeggi
nel mondo; ma perciò ha reso alla patria eminenti servigi,
sacrificandole la sua carriera; e s'inganna chiunque
pensa che simil uomo possa essere abbastanza pagato."
Il deputato dì Belgrado, Tersibašić, soggiungeva: „Ope-
rando nel campo diplomatico il sig. Ban è stato il con-
fidente, la mano destra dei nostri ministri, e poiché
conosceva tutti i secreti dello Stato, se avesse voluto
tradirne uno solo, oggi invece di chiedere il diritto alla
pensione, passeggerebbe in carrozza a tiro quattro."
Ometto di citare gli altri deputati per riprodurre alcune
espressioni del più grande ministro eh' ebbe finora la
Serbia, come quelle che sono le più autorevoli. Un
deputato dell'opposizione essendosi espresso in modo
offensivo per l'onore del Ban, tutta l'Assemblea piena
d'indignazione alzatasi in piedi lo sforzava a ritrattarsi,
e il ministro presidente Ristić diceva fra altro a sua
volta: „Io pure protesto contro tale espressione; il sig.
Ban è un uomo onorato ; fn sempre attivo, coscienzioso,
pronto a sacrifizi personali; per trent'anni lavorò al
trionfo della grande idea nazionale con quel potente
ingegno e colla penna che tutti conoscono. Nei recenti
successi serbici vi ha del suo, e se ognuno conoscesse
tutti i servigi da lui resi alia patria come io li cono-
sco, sono persuaso che qui non si sentirebbe neppure
una voce dissenziente."
(Continua)-
^IMEONE
L'egregio nostro amico Arturo Colauttì —
che lontano dalla patria si sente più dalmata
die mai — c'invia da Milano il seguente bril-
lante carteggio siili' Esposizione nazionale di
quella cospicua città; carteggio che noi pub-
blichiamo di buonissimo grado, non senza rac-
comandare al simpatico scrittore di volerci fare
più spesso che potrà dì così graditi regali.
LETTERE AMBROSIANE.
L'esposizione musicale.
Permettete che esordisca coli'esposizione musicale
— una grande curiosità se non un grande successo
la serie di queste lettere sulla festa dell' arte e del
fatale; Vanda, regina di Polonia; Giovanni Hiis e
Marino Caboga.
Era impossibile che il sig. Ban si sottraesse sem-
pre al morso dell'invidia letteraria, ma critici distinti
si nazionali che stranieri^ i quali scrissero diffusamente
sulle sue tragedie, si accordarono nel riconoscergli tutte
le qualità d'un tragico eminente: invenzione, novità di
situazioni teatrali, colpi scenici dì massimo effetto^
varietà e vigoria di caratteri, profonda conoscenza degli
affetti e delle passioni umane, e grande maestria nella
tessitura drammatica, Non trovarono diffetti che nella
lunghezza di qualche monologo, nell' inutilità di qualche
scena che poteva omettersi, nel soverchio numero dei
personaggi, e in certi passi nella durezza del verso, i
quali diffetti, se anche non fossero in parte contestabili,
sono al certo di poco rilievo in faccia alle grandissime
bellezze poco anzi ricordate. Prima di riprodurre alcune
brevissime citazioni dei critici che sonò i più autorevoli
pel metodo scientifico con cui trattarono T argomento^
mi permetterò di aggiungere alle loro osservazioni al-
cune poche mie sul del teatro del sig. Ban, che questi
giorni precisamente terminai di leggere.
Mi ricordo della sentenza di non so quale scrittore
che dicea : la forza inventiva d'un dramaturgo si palesa
sopratutto nella varietà dei tipi femminili che crea. Tale
varietà si trova in sommo grado nel nostro Dalmata.
Per energia la sua Marta è un tipo perfetto di donna
reppublicana che muore colla libertà della patria, mentre
l'imperatrice Elena presenta quello della donna politica?
invasa da fiero desiderio di vendetta; Ljubica, moglie
di Miloš, è l'energica eroina d'un popolo che sepolto
da secoli nelle barbarie si sveglia al nuovo sole di
libertà, e Maria Caboga è un alta espressione di nobiltà
e grandezza d'animo in seno a una società raffinata-
Che donne mirabili, in tanta diversità di caratteri! Se
si esaminano le eroine d'amore, vi si scorge una varietà
ancor più ricca. In Mejrima ci colpisce la violenta
passione d'una turca, passione focosa e sensuale; a cui
fa riscontro Dobrila, tutta ideale e pura, Ksenia di senti-
menti affettuosi ma di principi severi, Jeliza delicata,
buona, passiva per natura, ma che ritrae dalla sua educa-
zione religiosa un'incredibile forza morale, Vanda sublime
nella sua selvaggia fierezza, die pure cela una grand®
sensibilità : l'amore di Ludmilki per Hus è tatto spiri'
tuale, santo. Per gli altri sentimenti femminili la con'
tessa Maria, Marta, Elena, Olga sono madri perfette '
Mejrina, Dobrilla, Ksenia, ognuna a modo suo, figlie
affettuose ; Sceriffa e Anna fedeli tipi di serva turca e
cristiana. Il teatro del sig. Ban è una vera galleria di
donne grandi, che eccitano ammirazione per le loro
virtù e profonda compassione per le loro sventure. Noi
d obbiamo questa galleria all' idea che il poeta si è
formato della donna, alla sua persuasione ch'essa eser-
citi una grande influenza sulle nuove generazioni, e
vedendola un po' depressa in Serbia, al desiderio di
sublimarla, non che di elevare in sfere più nobili il
sentimento dell' amore.
Fra i caratteri maschi delineati con mano maestra
colpiscono sopratutto nelle sue tragedie quelli di Hus,
di Delinski, d'Upadis il vecchio, e di Caboga col
loro elevato ideale religioso, patriottico e civile ; Kobilic,
Kosančić e Toplica coli' eroismo dell' amicizia ; ad essi
fanno sequela Gostovit e Begor in Vanda, Marco e
Uras nella trilogia. Il Nunzio del papa è un abile
diplomatico, l'arcivescovo di Novigrad, Teofilo, e il
prete pagano Bogomil sono politici perspicaci; Lazzaro
è una nobile figura d'imperatore, Uros iressoluto si
perde in progetti, Sigismondo altiero, ma debole; Ivan
il terribile, tiranno, crudele, diffidente, simulatore, che
prega e scanna; in lui scintilla qualche volta un grande
pensiero, un sentimento umano, che si perde subito nel
calcolo politico; egli è come ben disse la critica Serba,
un misto di Nerone e di Carlo XI, sangue mongolo con
qualche goccia di slavo. Drasko è l'immagine viva
dell' astuzia cortigianesca, e del tradimento ; Gojko è
l'innata ferocia; Nikša tremendo ed inflessìbile come
il destino ; dinanzi a Dobroslavo e Vukašino ci sentiamo
compresi di terrore ; sono uomini non nati per il delitto,
ma spintivi della sfrenatezza delle loro passioni, e in
esso persistenti quasi più per forza d'un terribile de-
stino che per loro malvagità.
Nei drammi del nostro poeta tutti gli avvenimenti
si succedono logicamente, e conducono a conseguenze
naturali; è spiccato l'accenno ai grandi effetti a cui ci
sentiamo preparati, ma pure scoppiando ci sorprendono.
Lo stile è variamente colorato, sempre corrispondente
ai caratteri, ai tempi, alle passioni, ed ai diversi mo-
menti di essa, e sempre naturale. Infine ogni tragedia
è un' alta lezione di morale, ed insieme un quadro
sociale dell'epoca. Questa facilità del poeta di traspor-
tarsi in tutte la epoche dei differenti popoli slavi, co-
minciando dalla pagana fino a quella dei giorni nostri,
di comprenderne lo spirito e ritrarlo con verità, è una
dote che raramente incontrasi nei poeti drammatici.
Il valente prof. Marinovió criticando dettagliamente
Milienko e Dohrila così si espresse: „Il carattere di
Dobroslavo è un vero tema pegli studi psicologici; in-
fondendo ribrezzo, desta ammirazione e terrore. Se poi
qualcuno mi domandasse quale debba essere la donna,
gli risponderei : studia il carattere di Dobrilla e lo saprai.
Col carattere di questa fanciulla il sig. Ban desta il
pensiero di tutto un nuovo sistema di educazione fem-
minile". E carattei'izzando in generale il suo teatro
soggiunge: „nelle sue tragedie troviamo l'orribile di
Eschìlo e il patetico di Euripide. Le qualità eminenti
di questi due scritori classici, fuse in lui, ne fanno
un poeta di primo rango".
Il professore di letteratura slava a Parigi, sig.
L. Leger, traducendo copiosi squarci della Mejirìma
rimarcava a sua volta: „Il soggetto n'è puramente
romantico, non avendo il poeta preso dall'istoria che
il quadro fedele dell'oppressione dei Cristiani .... Si
conoscono i turchi francesati di Voltaire e quei fanta-
stici di Byron ; qui si trovano veri Turchi e Serbi. Le
nostre, numerose citazioni permetteranno al lettore di
apprezzare una poesia, la quale sebbene devii dalla
rotaia classica, offre dei seri meriti letterari, e un
potente intesse drammatico .... Questo dramma gua-
dagnerebbe molto col essere annotato ; malgrado ciò
esso contiene grandissime bellezze, e potrebbe ottenere
un vero successo non solo sulla scena serba, ma anche
sui teatri dell' Occidente".
Il professore all'Università di Varsavia Makuscev,
traducendo in russo alcune scene della catastrofe di
da una popolazione ivi romanizzata, ma che invece vi
sono stati spinti dagli slavi e dai bulgari; ma è vero
altresì che il grande loro numero, la loro estensione e
la poca varietà dei dialetti odierni fanno supporre la
grande densità della primitiva popolazione romana, la
sua poca differenza etnografica, e come perciò i romani
ragionevolmente l'avessero compresa sotto un solo nome
generale, quello di Illirio. Da questa estensione di stirpi
parlanti una lingua romana ne risulta poi per il nostro
tema, che un elemento neo-latino non esisteva solo nelle
città della costa dalmata, nominate dal Porfirogenito,
ma anche nei territori di terraferma. Una testimonianza
positiva sullo stato etnografico del nostro paese l'ab-
biamo nella cronaca latina (II, 18) di Guglielmo arci-
vescovo di Tiro, il quale, parlando del passaggio dei
crociati (1090) per la Dalmazia, così si esprime = La
Dalmazia è una regione assai vasta, posta tra 1' Unghe-
ria e l'Adriatico. Ha quattro metropoli: Jazara e Salona,
che altrimenti si chiama Spalato, Antivari e Ragusa.
È abitata da gente assai fiera, abituata alle rapine ed
alle uccisioni ; è piena di monti e boschi, e di grandi
fiumi e di pascoli estesi. Rara è la coltura del suolo,
vivendo gli abitanti coi prodotti delle greggi, e degli
armenti, ad eccezione, di pochi, i quali abitano presso
il mare, che, dissimili dagli altri nei costumi e nella
lingua, usano il latino, avendo i rimanenti parlata slava
e costumi barbari. =
Quale poi sia stato questo latino, parlato dagli
abitanti del litorale, è facile cosa il comprenderlo, se
si consideri lo stato linguistico della rimanente Europa
j romana verso il 1096, o in quel torno di tempo. Fu
I senza dobbio il latino volgare, che dava a poco a poco
origine alle varie lingue romanze, il quale non poteva
essere stato importato appunto allora dalla vicina Italia
nè per relazioni commerciali, nè in conseguenza di una
conquista. Le relazioni commerciali certo non bastereb-
bero alla spiegazione di questo fatto, giacché per esse
poteva benissimo succedere che alcuni conoscessero il
volgare, ma non poteva avvenire che gli. abitanti del
litorale si distinguessero da quelli dei luoghi mediter-
ranei nei costumi e nella lingua, come asserisce l'ar-
civescovo di Tiro. Molto meno poi il volgare poteva a
quel tempo essere stato imposto da un governo stra-
niero, cioè da Venezia, la quale fino al 1096 non ebbe
stabile dominio in Dalmazia. E se un'influenza straniera
si dovesse riconoscere, sarebbe essa quella dell'impero
greco, che più dei franchi, dei croati e dei veneti
ebbe fino al secolo duodecimo una decisa prevalenza
politica sul littorale dalmate.
Esistono monumenti scritti^ a dimostrare che alla
fine dell'undicesimo secolo la lingua del litorale dal-
mate era un volgare latino, che, come negli altri paesi
dell'Europa romana, andava perdendo la flessione e si
accostava ad un dialetto romanzo? Per quanto io sappia,
tutta la letteratura volgare del nostro paese fino al 1096
si riduce a qualche documento di diritto pubblico e
privato, che il sig. Kukuljević ha raccolto pochi anni
fa nel suo Codex Diplomaticus regni Croatiae, Slavo-
niae et Dalmatiae. Ho trascorso questi documenti, spe-
cialmente quelli che si riferiscono alla vita privata, come
p. e. testamenti, donazioni, inventari, e vi ho creduto
di trovare tracce di questo volgare, di cui fa menzione
/
l'arcivescovo di Tiro. Nè ignoro le obiezioni che po-
trebbero essere fatte a questa mia opinione. Si potrà
dire che, essendo quelle carte vergate in latino, esse
presentano appunto quel latino, che negli atti pubblici
ricorreva allora in tutta Europa, senza offrire esse una
parlata peculiare del paese m cui sono state scritte, ma
solo il latino bastardo dei notai del secolo undecimo.
Si potrà dire ancora che il vocabolo tale e la frase
tale non è indigena, ma del notaio, di cui non sempre
si conosce la patria; e che perciò bisogna essere cauti
nel giudicare proprio di una provincia ciò che potrebbe
essere esclusivamente proprio del notaio. Tutte queste
osservazioni certo sono ragionevolissime ; ma non è
d' altro canto da disconoscersi, che, fatte per ogni paese,
condurrebbero ad un pirronismo ingiustificato, giacche
alla fine non si saprebbe ove mettere la vera sede del
latino volgare. Ammesso una volta con Cost. Porfiro-
genito che sulla costa dalmata esistessero città romane
e che il latino venisse in esse parlato anche durante il
passaggio dei crociati, non sembrerà paradossale affatto
il trovare se non tutta, almeno parte di quella lingua nella
denominazione di quelle cose, che alla vita privata ap-
partengono, e che appunto per chiarezza e precisione
legale saranno state indicate con quei nomi volgari, coi
quali nalla vita comune erano conosciute. Una prova
indiscutibile poi ci verrà offerta dai nomi di alcune
località, di forma tutt'affatto romana. Gli errori inoltre
di flessione e di concordanze, giustificabili solo da un
dialetto romanzo, ci dovranno condurre finalmente alla
conclusione medesima, e farci recisament^negare che
quei documenti sieno sorti in mezzo a^pnti, che aves-
rero parlato una lingua con flessione Empiuta, come
p. e. la slava. Poste a confronto queste ca^ private
con quelle di diritto pubblico, la differenza ne è subito
palese ; giacché queste, senza appartenere alla classica
latinità, mancano di sgrammaticature e non presentano
quelle forme volgari, che tanto s'avvicinano al romanzo
dei primi secoli del medio evo.
Una carta assai antica di tale specie è il testamento
di Andrea, priore di Zara, scritto in decembre del 918.
Nel tratto, che qui segue, sono segnate in carattere ro-
tondo le sconcordanze e le forme neolatine :
In 'primum, tit domiim. in qua iussus sum vivere,
cum introitu et exitu sito haheat filio meo Andrea: et
domum, que fuit de Theodosio tribuno, sit Agapi fiUe
mee et matre eorum cum ipsis. Domum nova et alia
domum iuxta sancto Laurentio, cum eiiis orto ibidem,
et alio orto que iuxta est, que emi de Ioanne filio Teu-
dore, volo ut haheant jilii mei N. P. et D.; et tamen
ut insimul ambo fratres et Dobrosia edijlcent ipsa domo
iuxta sancto Laurentio et recipiat eam D. filia mea.
Ista domo nova cum introitu suo aheant ambo fratres
N. et P,; et dom,um, que venit miclii de socero meo
Niceforus tribunus cum introitu et exitu suo volo "ut
habeat filia mea Anna; et prò eo, quod non est ipsa
domo sicut ìiee alie, adiungo ei vinea, quae emi de co-
niux Auluci. Vineam namque da Pultago et aliam vi-
neam de sancto lohanne volo ut haheant filii mei et fiU^
mee, que abeo de prima uxore. Et vinea de Uculo et
alia vinea in Comareto volo ut haheant filius meus An-^
dreas et filia mea Agapi cum matre sua Maria. Et si
custodierit lectum meim, sitparticeps cum eie; et si non
V. PARTE.
I più illustri vojvodi del Montenero : Mirko Retrovie,
vincitore di Grahovo. — Mašo Vrbica. — Božo Petrović.
— Stanko Rađonić. — Marco Miljanov il prode di Kući.
— Petar Vukotić suocero del principe Nicolò.
Varietà.
II D.r Bogišić codificatore del Montenero. — La
Krvarina (vendetta di sangue). — Storia di Šćepan
Mali, lažni Car (Stefano il piccolo).
Il prof. Vincenzo Miagostovich di Sebenico, lesse
non ha guari innanzi a distinto uditorio sul tema: Bi-
cordi di Trieste dalla vita e dalle opere di Nicolo
Tommaseo.
Colla scorta di molti brani tolti dall' epistolario e-
dito ed inedito dell'illustre dalmata, il prof. Miagosto-
vich mostrò palpitante di vita il Tommaseo che amò
immensamente Trieste ed il suo sviluppo letterario al
quale coadjuvò efficacemente insieme ai preclari che la
città di Trieste ricorda : Grassi, Dall' Ongaro.
Nel mentre noi plaudiamo a questa felice idea del
nostro compatriotta e collaboratore, facciamo voti per-
chè 1' opera di mole eh' egli da lungo prepara sulF il-
lustre dalmata possa una volta di più provare al mondo
letterario quanto si lavori per la lingua di Dante in
questa terra dimenticata.
Udiamo anzi che il sullodato professore terrà quanto
prima a Trieste una seconda lettura sui Letterati istriani.
NOTIZIE e SPIGOLATURE.
La biblioteca regia di Dresda prepara la pubbli-
cazione del catalogo dei suoi manoscritti, presso Triib-
ner di Lipsia.
•A;
Nel corso di febbraio il prof. Trezza deve con-
segnare ad un editore di Verona il manoscritto della
sua nuova opera San Paolo.
Il monumento a Nicolò Tommaseo s' inaugurò a
Venezia il 22 di questo mese.
A Catania sarà inaugurato quanto prima un mo-
numento a Vincenzo Bellini.
li: ^ •H-
E. Schiaparelli ha tradotto e commentato il libro
dei funerali degli antichi egiziani. Il primo volume ha
veduto la luce a Torino.
La Nuova Antologia annuncia un volume di
I. Ewans intitolato : L' age da hronze, istriments, armes^
ornements. È pubblicato a Parigi e contiene 540 figure.
È uscita l'opera di Stapfer su Goethe e i suoi
capolavori classici.
* *
I Monumenta Germaniae Jiistorica hanno inizialo
una nuova edizione critica dei Capitolari francesi:
essa è affidata al Boretius.
• *
. *
La pubblicazione della Nanà di Zola, in una
traduzione danese fu proibita a Copenhagen e si iniziò
un procedimento penale contro il traduttore.
* «
*
E uscito il fascicolo secondo dei Regesta Ponti-
ficum romanormn del JaiFe, curata dal Loewenfeld dal
Kaltenbrunner e dall'Ewald.
* «
* A Firenze è uscita un'opera del Chiaparelli sulla
interpretazione panteistica di Platone.
* »
II professor Chiarini pubblica nel Fascicolo V.»
(L» marzo 1882) della Nuova Antologia uno studio
Sui „Sepolcri'' e gli altri carmi ideati da Ugo Foscolo.
«
11 sig. Simeone Pjerotié, vice-segretario al Mini-
stero di Serbia ha pubblicato in un opuscolo edito dalla
solerte tipografia Woditzka i suoi cenni biografici : Sulla
vita e sulle opere di Mattia Ban che erano comparsi
periodicamente nel nostro giornale. L' opuscolo ha in
prima pagina il ritratto, del noto letterato serbo.
Al teatro Majesty di Londra venne rappresentato
lo scorso febbraio, il Tannhduser di Wagner tradotto
per la prima volta in inglese.
Odette, di Sardou ha raggiunto il 13 febbraio scorso
la sua 100.ma rappresentazione al Vaudeville di Parigi.
Col N.r 24 della Palestra, che
uscirà, a completamento della IV. ^
annata, entro la prima metà di a-
prile p. V. verrà sospesa definitiva-
mente la pubblicazione di questo
periodico
Le crescenti passività che deri-
vano all' Amministrazione della Pa-
lestra dalla sua pubblicazione, di-
pendono esclusivamente dalla reni-
tenza al pagamento di molti signori
associati, che non ebbero a saldare
ancora nemmeno l'abbonamento delle
annate arretrate.
Esperiti tutti i mezzi, si riserva
di procedere contro quest'ultimi nelle
vie legali L'Amministrazione.
Giovanni Perissich, redattore. Tipografia di G. Woditzka.
200 LA PALEStRA
aDtichità patrie ci resti a raccogliere non solo, ma quel
»Ipi'è più, a dissotterrare; noi pure quindi ne racco-
mandiamo caldamente la diffusione. Soltanto rispetto
alla forma non possiamo a meno di ripetere il desiderio
già espresso dal bibliografo del Dalmata cioè 'di far
precedere a qualsiasi opera che si viene pubblicando
degli accenni intorno all' autore non solo ma ben anco,
diciamo noi, una breve dissertazione sintettica sull'im-
portanza dell' opera dipendente dairattendibilità o meno
di qjjk che racconta e dalla rettitudine dei giudizi. Forse
noi chiediamo troppo del resto ce ne conferma il sig.
Giuseppe Alacevich il quale, invece di pubblicare sec-
camente il documento riferibilmente a Glissa ed al
conte Niccolò Cinđro,vi ha preposto alcune interessanti
notiziette esplicative. Ed altrettanto potè cosi fare pei
documenti 1, 2, 3 condensando in forma di cappello
l'argomento almeno che vi si pertratta. %
•Mi^i^y: Per chi volesse approfittarne, con che farà cosa
lodevole, riproduciamo i patti d'associasione :
La pubblicazione consterà di 3 o 4 fogli in 8.o
^.dispense mensili.
L'associazione annua è di fior. 4.50 per la Mo-
ia Austro-Ungarica e di franchi 12 per gli Stati
' Unione postale.
Manoscritti, stampe ecc. dirigere al Direttore
della Biblioteca; assegni alla Tipografia di Giuseppe
Fiori — Ragusa.
« * *
Il signor Tito Dalmazio-Alacevié ci ha inviato
copia di due sue tragedie Ilda 'm 5 atti e Idaliam 3
da lui testé pubblicate coi tipi della ditta G. B. Pa-
ravia di Torino.
NOTIZIE e SPIGOLATURE.
Ecco il Sommario del Mente e Cuore 1 Maggio N.r 5.
Ugo Foscolo a Spalato. (Prof. B. Mitrovió). —'
Nel centenario di P. Metastasio. - Sonetto. (Oreste Bel-
trame). — Per servire all' Epistolario Metastasiano.
(Carolina Luzzato). — Cenno astronomico mensile. (Giu-
lio Grablovitz). — L' "Almansor,, di Enrico Heine. -
Continuazione. (G. Sabalich). — Gazzettino scolastico,
(Odoardo Weis). — Notizie varie.
"A,
Il N.r 9 (1 Maggio) dell'ottima Cronaca Bizan-
tina, di Roma, ha il seguente sommario:
Guido Mazzoni. (Giosuè Carducci). — La regina
di Ghera. (P. Lz.) — Pupazza. (Edoardo Scarfoglio).
— Chatterton. (Sordello). — Il sistema estetico di Ric-
cardo Wagner. (Curzio Antonelli). — La Promotrice di
Napoli. (8. di Giacomo). — Proprietà letteraria. (Aesse).
— Corriere di Milano. (Larva). — Corriere di Firenze.
(Giaggiolo). — La vita a Roma. (D.r Faust e C.«). —
-Turf. (Mario de'Fiori). — La critica e il giornalismo
^jatrale. (Pertica). — Asterischi Bizantini. (Costantino
Duca). — Una lettera di Luigi Martinori. — In Copertina v
Annunzi.
La Bizantina costa per un anno lire 10. (Estero
lire 12)* Dirigere importo : Roma. Via Due Macelli. 3.
COSE NOSTEE.
Il dalmata prof. B. Mitrovich con isquisita genti-
lezza ci rimette da Trieste un suo opuscoletto : Ugo
Foscolo a Spalato, lavoro eh'egli pubblicò a parte, nel
N.ro del Maggio corrente, del periodico Mente e Cuore
di Trieste. Nel mentre noi ci aflPrettiamo a lodare que-
sto accurato studio, allestito con pazienti indagini dal
nostro compatriota, gli porgiamo i nostri ringraziamenti
per essersi egli ricordato che a Zara pure esiste un
giornale letterario.
Ci affrettiamo a rettificare un errore in cui siamo
incorsi involontariamente nel N.r 21 del 1 marzo scorso.
E al figlio del nostro compatriota e non già al depu-
tato Seismit-Doda che va attribuito il merito di aver
musicato lo stornello: Lontan dagli occhi, del signor
G. Voltolini, da noi pubblicato nel N.r 1 dell' anno II.
In uno scritto, gentilmente direttoci dallo stesso signor
Seismit-Doda, (figlio) egli ci prega di rettificare tale
errore, esprimendo nello stesso tempo il suo ramma-
rico neir apprendere che la Palestra cesserebbe dalla
sua pubblicazione.
Gli rendiamo dunque doppiamente un grazie.
oirism.1.
L'amico è come un vocabolario: non se lo con-
sulta che nel bisogno.
«
Amante abbandonata, ciarla fabbricata.
« »
Dimmi per quanti anni tu hai amato e ti dirò
per quanti secoli tu hai sofferto.
*
Un uomo che dica delle stoltezze ed agisca sen-
satamente è assai più stimato di colui che parli sensa-
tamente ed operi da stolto.
*
Con la cenere non si fabbricano che castelli in aria.
*
Due colombe che guardino un corvo, di nero egli
crederà d'esser divenuto bianco.
* *
* Dimmi come mangi e ti dirò come la pensi.
* * *
Gli uomini curiosi prendono moglie, le donne
curiose restano zitelle.
^adctìinuif.
ia di Q. Woiìtsiltti.
» ff
iiatrd • N. 1.
eJrOf
2ara, 11 novembre 1918.
II Giostro è aìv-;
chv i mestai.";
ilir;
S';
••<> • ...
Uli'
La naJ » s ^ lo** è 5
aquiit^ superbe giacca ono rove-
sciai^e e infrante nc^ fango, la
libertà ha caipestat > io siraccio
fatale degli Asbbr]h»".>i.
come il volto nelasio ^ira^i
nide, negro cor\e la «.^r (i^ir^ Jclìa
o ; è
co-
ca naffati - i niettano
er vh/ificare il passato
Q per óéripre. Non
fiaairne di vita nella
ore. Noi, che spaz-
asa nostra ogni do-
ùv straniera, redenti nel
. e d'Italia, vediamo
più che cent'anni di
/viliente, volteggiare,
volontà dei nostri fra-
tù e fede nostra, sulle
Ile case della città li-
_era!a ii t* colore della vittoria,
della ^lork , della libertà.
Ma nella lunga servitù si fog-
giarono i cuori per l'alba del
riscatto, il «gi'an silenzio austria-
co' ridusse a raccoglimento, di-
sciplinò, rinfrancò le nostre ener-
gie, finche la poderosa mole
asl) irgìca, oppressa dal severo ^
vijjiìe giudizio dei popoli, crollo
finalmente di per sè str..sa. pe.r
decrepitezza.
11 4 novembr'* >0: accl;iryajnf!-ì>a_
i ^oidati Tei-relJ-iando la
second" • ad-.ì. più ^-lonosa, più
idp-' • KHa, più itaìiana di
vi? Dvi noslri bevano
•1 luj-i^o 1409, tra i
> c cpuscolari del
ne è degna : per la sua
, ^^vjtenza, per la sua abne-
p-f le sue lagrime. Noi
trope Lo 'rimmo: dallo straniero
Ci fu .e '^pt:» quanto c'era di più
.ank ' jtiu ci venne tolto, fuor-
ché i • 'do e la speranza. E i
:entarono la speranza
Via.
e fu di Roma, che nel-
i i aezzo fu romana nel
nelle istituzioni poli-
H fiose, air ombra del
une, che fu per pro-
, 0 di Venezia, ritorna
idre, da cui era stata
n arti diplomatiche,
nessa «otto gli artigli
nemico. Esultiamo e
ter dire: Gli occhi
I »i Redentori.
' i '.he tu, fratello slavo.
^li odi erano verdi;
na è s vjccata già l'ora in cui,
sopra tutti orli errori espiati da
j pianti a' ìcà, aleggia su questa
b'inca dea dtM'avvenire,
ia Lìber ^ l'ulti dobl amo mo-
»trrìrci de ni del bene insperato
-he cons • uimmo, maturi ai fati
Uumr-.ori le già s" intravvedono :
i noi; t;v fg fratello, con me-
schine e nfjconde competizioni
|ì'ora so, ms. Non tu potrai de-
lare ( ff^^ire la grande opera
- ^^ andare d'Italia, o fra-
'ék, sr. , ' •
maggiore maturità s'addici |
oor, figlioli redenti d'Italia. Nei'
suna forza ardirà strapparci i n||
stri diritti, acquisiti col sangiif
di tanti martiri, affermati davar^ì
al mondo civile dal volere
movibile dei cittadini, trasmes^
per una serie non interrotta (,1
secoli a noi, non degenere prr
genie italica. Però come nella yi-
gilia degli azzimi F Apostolo esortf
i fedeli a spogliarsi ' quanti
hanno di stantìo e d'impuro pe.-
celebrare, detersi d'ogni colpi,
la f*asqufa di Cristo, cosi dobi
biamo anche noi, sentinelfe lidaiv
d' Italia, gittare dalle anime no»
stre quanto abbiamo di invec-
chiato o di tristo davanti all'al-
tare della patria, in quest'ora d\
Risurrezione. E dobbiaRìo dei
pari, con quella smessa tenace
volontà, che l'Austria tenia va in
damo Ai smorzare e che diventò
di giorno in giorno più precisa
e più intensa, difendere i nostri;
diritti di cittadini italiani, davanti
a ogni angheria, a qualunque so-
praffa ione ; dobbiamo esseie de-^
^ u cittadini d'Italia sul libero-
suolo dalmata che è nostro per
sempre. • ^
Oggi, che nessuna mano di
stranieri potrà più metterci il ba-^
Voce Dalniarìca" ddpd^
un intervallo forzato di tre anni, nei
quali fu soffocata ogni voce che
gridasse al mondo l'italianità di
Zara, s'accinge a sodisfare a un
bisogno impellente della cittadi-
nanza intera. Vogliamo essere
l'eco del sentimento del popolo
di Zara, rispecchiarne le idee, il
volere, le speranze; vogliamo in-
fine promuovere, per quanto sta
nelle nostre forze, gì' interessi in-
contestati dell' Italia su questa
sponda, che fu e sarà sua. Non
c' è bisogno, in questo momento
di giubilo cittadino, esporre un
programma particolareggiato del
giornale: tutti sanno, dal nostro
primo cittadino al più umile po-
polano, ciò che bisogna adesso
fare ; se non tutti, almeno gli e-
letti sentono ciò che occorre ri-
chiamare a vita rigogliosa, ciò
che occorre estinguere per sempre.
Non è invece superfluo accennare
fin dal primo giorno di vita del
giornale, eh' esso si informa a
principi liberali e democratici, che
sono principi del genere umano
rinnovellato e che batterà la sua
strada con indipendenza di pen-
siero e di parola per il bene del-
le città e di tutta la patria. Senza
tali premesse sarebbe errore gra-
vissimo mettere in luce un gior-
nale e sperare neli' appoggio e
nella collaborazione dplle forze
vive e vitali del popolo. Ogni
consiglio buono sarà da noi ac-
colto con riconoscenza verace ;
e preghiamo tutti i buoni patriotti
a largheggiarci i frutti della loro
esperienza politica. Certameote,
con lo svolgersi degli avvenui^enti,
nuovi problemi s'affacc r.uUìO
anche alla nostra nazione, idee
che ora son^ in germe sbocce-
ranno e si prop^agheraiino, *cOme
fiori di prhnavera ; è possibile
che anche noi dobbiamo in qual-l
cosa riformarci. Ma le linee ge-
nerali del programma, staranno
salde tuttavia; perchè le libere
democrazie nazionali non trdmon-
teranno mai.
Nel piibblicare questo giornale
ci sentiamo brillare dentro il cuore
al pensiero che si diffonde tra i
lettóri proprio nel genetliaco^ del
nostro Re liberatore, sotto i cui
aiispici e nel cui nome glorioso
il risorgimento di Zara italiana
s'è compiuto. Tempriamo le no-
stre coscienze, leviamo la fronte,
fratelli : ferva T opera del pro-
gresso civile nella terra riscattata.
Siamo veramente Italiani: cioè,
forti, generosi e liberi.
matò da insistenti grida del pctpold fe-
stante, al balcone. Fu un deìirìo fra
la folla^ un applauso imponente, un
agitar di cappelli, un incrociarsi di ac-
claràazioni patriottiche, ' uno ' sventolio
di tricolori, uno squillare degli inni piti
cari a cuori italiani, perchè associano
ai ricordi dei vecchi eroi ^ del risorgi-
mento le memorie degli ultimi eroiche
fecero la Patria una e grande.
Quando ii Re, raggifinte di gioia,
ridiscese per imbarcarsi al Mòlo di S.
Cariò, si ripèterono le scene del più
commosso entusiasmo. La torpediniera
levò gli qrmeggi alT 1.15 del pomeriggio.
Il Re a Trieste.
(Per telefono).
TRIESTE 10. Trieste è fiera d'aver
accolto o^gi, prima fra le terre redente
dalla odiosa schiavitù austriaca, il suo
Re liberatore, accorso a sancire con la
sua presenza il patto d'unione della
Venezia Giulia alla gran Madre Italia.
Appena si sparse per la città la
prima notizia del prgssim^ am
15ua maésta, la^om'Tl^riz si rV
versò da tutti i rioni in lunghi cortei,
con bandiere e musiche, fra cafiti pa-
triottici verso la marina, che in breve
era zeppa di popolo.
Quando in distanza si scorse sul
mare la torpediniera che filando a tutta
forza batteva la rotta verso la città,
/' entusiasmo della folla divenne delirio :
canti, inni, suoni di musiche, sventolio
di vessilli tricolori, s'incrociavan per
Paria interminabili; fu un momento
solenne, indimenticabile.
Alle 9.45 antimeridiane la nave 5' or-
meggiava al Molo S. Carlo e ne scen-
devano,^ il Re, il Capo di stato maggiore
generale Diaz, il generale Badoglio e
numerosi alti ufficiali del seguito.
Erano a ricevere gli illustri ospiti e
a fare gli onori a nome della città il
sindaco Valerio coi consiglieri del Mu-
nicipio. Indescrivibile /' entusiasmo della
folla che faceva ala al passaggio del
corteo e gremiva le vie e le piazze
della città.
In Municipio S. M. si fermò una
mezz ora per accogliere V omaggio, che
a nome del popolo redento. Trieste gli
presentava per bocca del suo primo
cittadino, assenziente fra immenso giu-
bilo il Consiglio, nella gran sala dei
ricevimenti al municipio.
Intanto in cielo volteggiavano sopra
la città due areonavi e una squadra
di areoplani; migliaia di cartellici' con
scritte d'occasione scendevano roteando
bizzarramente, portati dalla forte brezza.
Finita la cerimonia solenne al Mu-
nicipio, il Re scese sulla via sempre
vivamente acclamato e percorrendo il
Corso, salì sullo storico Colle di S.
Giusto, vetusto simbolo di romanità e
italianità, sul quale or son pochi giorni
si compiva il nuovo rito simbolico di
consacrazione ada terza e più 'grande
Italia dai bersaglieri e dai fanti del
generale Petitti. V occhio spazia dal
colle per vasto tratto sul golfo e S. M.
si soffermò a lurigo ad ammirare lo
spettacolo imponente di quefla -vista;
poi ridiscese per // Corso e. traversata
tuiifi sa murifu, s/ *€cò al palaizo
delia Prefettìims ^t'^zie liffaccrò. '-f ùi--
Il genetliaco del Re. ^
O giornate veramente epiche ^el
nostro riscatto^ A una settimana dal-
l' occupazione e dalla redenzione, Zara
italiana, mentre dura tuttavia l'eco fe-
stosa delle liete accoglienze ai soldati
liberatóri, s'appresta a celebrare de-
gnamente il 49o anniversario della na-
scita del SUO Re.
Oggi r esultanza dei cittadini che,
pur tra l'ansie, i dolori, gli scoramenti .
e le rinascenti speranze della penosa
attesa, intravvidero con fede sicura
l'alba radiosa della liberazione, eromjpe
sincera, sciolta dagli odiosi bavagli
della morta tirannide ; Zara, commossa
di reverente gratitudine, acclama il gran
Re liberatore, questa nobilissima figura
d'uomo e di soldato, che al serto
delle gloriose tradizioni di Casa Savoia
ha intrecciato in questi lunghi anni di
guerra un nuovo alloro imperituro,
compiendo ormai |:>er_sgii|pre la ^ terrea
""THìTa come la sognarono e cantarono
i patriotti e i poetf^ come la prepara-
rono e la vollero i cospiratori, i filo-
sofi, i martiri, i soldati, gli eroi.
Fu ^ran ventura che dal piccolo
Piemonte, da una stirpe di principi va-
lorosi e battaglieri, venisse 1' unità e la
grandezza della Patria.
Ricordiamo gli eventi di ieri che già
sembrano leggenda. L'Italia del '15
smembrata e avvilita sotto il tallone
degli stranieri ; la ferocia reazionaria
di Metternich su queir„espressione geo-
grafica", le prime cospirazioni dei pa-
triotti e le prime rivolte'tumultuarie
contro l'oppressore; i martiri nella lotta
per le franchigie costituzionali in Pie-
%ionte, in Lombardia, nel Mezzogiorno, ^
Ricordiamo .Mazzini e Garibaldi, l'eroe'
del pensiero e l'eroe dell' azione, e
tutta la legione delle giovani vite che
languirono nelle segrete o perirono
sulle forche dell'Austria e dei cento
tiranni nefasti all'Italia; e ncordiiamo
Novara, Custoza e Lissa, pagine doìo-
ranti nell' epopea dèlia liberazioBe ; le
g-iornate di Milano e di Brescia con
Radetzki e Haynau e il sacrificio di
Venezia con Manin e Tommaseo e di
Roma con Garibaldi e Saffi ;, Solferino
e S. Martino, i Mille a Marsala e ai
Volturno, le più fulgide glorie dell'I-
talia rinascente per forza di fati e virtù
di popolo. ^
Ma sarebbe ingiustizia tacere tutta
la gratitudine che la Nazione deve
nella lunga odissea di lagriaoe e dì
martìri per la sua redenzione ai Prin-
cipj di Savoia: da Carlo Alberto, che
primo spézzò per il popolo le catene
dell'assolutismo, al Re Galantuorao e
liberatore, aLraite e generoso Umber-
to, che-jvisse beneficando, a Vittoilo
Emanuele III, sintesi vivente delie mi-
gliori virtù di nostra stirpe, magnaDim.j
assertore dei nostri diritti storici e ni-
ziondi e fortunato integratore deìle
fortune e della grandezza della Patì -a.
Primo cittadino e soldato, più che
Principe, Egli divise le ansie del Skio
popolo ane.antè a scuotere l'aborrita
tutela di p/ibrida alleanza; divise le
lag'Jiiiie ai e di gioia coi auoi
faistì gionojr^ suffr^ ì 'ravagli saervantl.
i
Anno 1 - N. 2. Zara» 13 novembre 1918.
A VOCE DALMATICA Abbonamenti per ora non si ricevono. Un numero cent.^ 20. Redazione ed' Amministrazione provvisoriamente nellaTipografia . E. de SchOnfeld.
órdine del giorno del ^e
resercito e all'armata.
La gratitudine si eleva dal cuore di
te il popolo d'Italia.
S. ;M. il Re ha indirizzato all' Eser-
0 ed air armata il seguente ordine
g-iorno :
Soldati, marinai !
VIentre gli estremi lembi della Patria
asa accog^lievarìo, dopo un anno di
a2Ìo, i fratelli liberatori, su Trieste
su Trento era innalzato il tricolore
Italia. Così, in un medesimo giorno,
compiva il sogno dei nostri padri,
voto dei nostri cuori.
;1 ciclo delle guerre, iniziate dal mio
oavo, sempre contro lo stesso av-
rsario, oggi si è chiuso.
La epopea svoltasi per tre quarti di
:olo con memorabili eventi non po-
^a avere più fulgido coronamento di
Oria.
Soldati, marinai!
E.' appena un anno che una imme-
ìla avversità si abbatteva sulla Patria;
gi, a così breve distanza di tempo,
te le città di una Patria più grande
'mono nella esultanza del trionfo.
Se così prodigioso rivolgimento è
venuto, è opera vostra. Nei giorni
e più parvero minacciosi, una sola
la vostra decisione: resistere perla
vezza della Patria, fino al sacrificio,
I alla morte ! E quando la resistenza
ilinsaldata, non vi infiammò che un
tire solo : vincere, per la grandezza
'^^ilia, per la liberazione di tutti, i
oppressi, pel trionfo della giu-
zi su tutto il mondo.
Vói raccogliete oggi il vostro pre-
o. Le mille eroiche prove da voi
perate per terra, per mare e pel
[b, la disciplina osservata fino all^
ozione, il dovere compiuto fino al
iicio; tutte queste virtù di soldati
cittadini salvarono la Patria, e
0 di averla salvata, ora la glorifi-
% col trionfo.
^ Soldati, marinai !
Italia, ormai riconosciuta nella sua
ngibile unità di nazione, intende e
-ife cooperare fervidamente per assi-
li^re al mondo una pace perenne,
fidata sulla giustizia. Perchè questa
1 DÌle aspirazione si compia, bisogna
sia abbattuto quanto ancora resiste
prepotenza e di orgoglio, mentre la
"fscria di tutti i popoli liberi si avanza
: l^tibile e il nemico comune non
' a ritardarla.
intanto, o soldati e martiri, già
nedicono i martiri antichi e re-
e i commilitoni che caddero al
J^tro fianco, poiché per voi non fu
^rso invano il loro sangue, e la Pa-
pià intera vi esalta, poiché per voi fu
Raggiunta la sua meta, e il vostro Re,
icon profonda emozione di affetto, vi
esprime la parola di gratitudine che si
^leva a voi dal cuore di tutto il po-
jpolo d'Italia.
I Dal Comando Supremo, 9-11-1918.
Vittorio Emanuele.
Due proclami.
Gli scorsi giorni vennero ainpia-
inente. diffusi a Zara questi due pro-
clami, letti e commentati dalla nostra
cittadinanza con vivo entusiasmo.
Italiani della Dalmazia!
ii nemico più grande della nostra
"patria, quello che le impedì per secoli
d as^urpre a dignità di nazione, e
anche ptu tardi inceppò il suo natu-
r.' c svol^nmento ritenendo fra i suoi
artigli pam integranti di essa, é crollato.
:jOra aeU integrazione d'Italia, l'ora
grandezza d'Italia è suonata.
aJ^ . fra tutto l'alternare
' apparve la costa dalmata
^ -ap e^Tìerto essenziale d'Italia, e per
<irpu xo quel nostro grande nemico
mise in opera tutte le forze per can-
cellare da qui ogni traccia d'italianità.
Ma il mostro è caduto prima d'aver
compiuto la sua opera.
Voi ben lo sentite, Italiani della
Dalmazia. •
E lo può vedere chiunque comprenda
che cosa siano per un popolo tutti i
documenti della sua civiltà, chiunque
sappia anche attraverso la mutata fa-
vella distinguere i caratteri della na-
zione.
L' ora dunque è suonata dell' inte-
grazione della patria, è suonata 1' ora
che la patria di S. Girolamo, dei Lau-
rana, di Nicolò Tommaseo, di Antonio
Bajamonti appartenga di nuovo all' I-
talia. •
Per il cadere della tirannide, sorge
a libertà accanto a noi un altro popolo
che, soltanto per le perfide suggestioni
del comune oppressore, per oltre mez-
zo secolo aveva potuto apparire il
nostro reale nemico. Ma snebbiata ora
dal sangue, che lo stesso tiranno fece
scorrere a torrenti, la caligine della
nostra mente, anche noi Italiani della
Dalmazia facciamo voti che il popolo
slavo assurto a libera nazione, cresca
e prosperi e, in istretta solidarietà con
la nazione nostra, porti il suo valido
contributo alla civiltà del mondo.
Italiani della Dalmazia / Tendiamo
tutte le nostre forze per renderci de-
gni del grande momento, e risuonì nel
nostro animo il grido
Viva la grande Italia!
Zara, 3 novembre 1918.
Per il Fascio Nazionale
Avv. LUIGI ZILIOTTO,
Concittadini! Il sogno più bello che
ci sia stato dato di sognare, quello
che sotó ci' etmfert salili
tutto il Calvario, è diventato realtà t
Zara è congiunta alla Gran Madre.
Anzi la realtà è molto più bella del
sogno nessuno avrebbe osato sog-nare
che l'Italia dopo Caporetto sarebbe
stata più grande che Roma all' indo-
mani di Canne ; che il colpo che la
nostra Patria avrebbe avuto la forza
di vibrare sarebbe stato tale da render
fredda per sempre là grande nemica.
L'Italia è compiuta con tutte le sue
Alpi e tutti i suoi mari, e non per
virtù di diplomatici ma per la forza di
tutti i suoi figli, di quelli che per
quasi quattro anni esposero il petto
alle palle nemiche e di quelli che con
la eroica costanza crearono gli eroi.
Concittadini! Io non so invitarvi a
contenere la gioia, ma voglio ricor-
darvi quello che per quattro anni fu il
nostro martirio d"ogni ora, la con-
danna più grande che uomini dall'ani-
mo nostro potessero subire: quella di
non aver potuto in modo alcuno con-
correre alla grandezza cl^^'^a Patria.
Non vi dimenticate di questo neanche
nei giorni della gioia, ricordatevi che
da questo momento ognuno di noi ha
il dovere di fare assai più di tutti gli
altri nostri connazionali per la gran-
dezza d'Italia.
Cittadini di Zara, proponetevi d'es-
ser degni della grande ora, propcnie-
. tevi d esser degni della più grande
Italia che da oggi incomincia ad esi-
stere.
Zara, 5 novembre 1918.
Luigi ZìUotto.
costanza non mai piegata, ci giunge
oggi la parola vostra.
Con essa voi, che duraste per lunghi
e tenebrosi anni 1' atroce martirio, che
doveva ridarci la Patria conculcata, la
lingua oppressa, la civiltà combattuta,
chiudete degnamente il periodo di lot-
ta^ e di angoscia, che nel fulgore delle
arni nostre, nell' abbiettezza dell' an-
tica tirannide ieri cadde e perì.
La nuova storia, che oggi incominćia
per noi e per la Dalmazia, è la nuova
storia d' Italia : sentire accomunati
questi fatti è veramente glorioso, ve-
rai.nente lieto per noi. La loro unione •
siiitetizza in modo meraviglioso l'ita-
liiinità superba della causa nostra, la
sua suprema bellezza, la sua sublime
potenza. Essa cancella e distrugge ogni
denigrazione.
"Noi, che allontanati da voi dalla
dóra necessità degli eventi, seguimmo
e jaccompagnammo 1' opera vostra dalle
t^ncee e dalle organizzazioni civili,
elle con la parola e con l' esempio la
caldeggiammo e la diffondemmo, che
con la volontà piegata ad ogni evento
diirammo la triste angoscia delle ansie
e delle trepidazioni, noi vi salutiamo
c^n la fede antica per i nuovi destini.
,La civiltà italiana, che nella nostra
terra non muta il suo secolare carat-
te^re se muta talvolta la lingua della
sua espressione, accoglie con lieto a-
nfmo il sorgere della libertà del popolo
vicino e sì accinge' a collaborare con
éiso tra le gioie e i dolori nelle fe-
conde lotte del pacifico progresso.
: Fratelli, nel nome dei nostri grandi,
da Diocleziano a Tommaseo, nel nome
dei nostri lottatori, da Severo a Baia-
n9nti, nel nome dei ncfstri''rrftirtf!f;''da
karc' Antonio de Dominis i- Fran- j sco
klfjmòWo, —^^ratdH^-^-Horrrs ^terrar^
noi, non più esuli, a voi, non più di-
visi, gloria e vittoria nel nome supresBO
d'Italia.!
Per i dalmati résider
Prof. Giambattista /-vi be
— Dott. Alessandro Dudan di Spalato
— Natale Mestrovich di Zara — Dott.
Simeone Bianchi diSign — Dott. Gio-
vanni de' Difnico di Sebenico — Tom-
maseo Ruggero dalla Brazza — Avv.
Enrico Mazzoleni di Sebenico — Dott.
Antonio de' Difnico di Dernis — Mar-
tino Martinelli di Spalato — Ferruccio
Ferruzzi di Sebenico — Avv. Luigi de
Serragli di Ragusa — Conte Nino
Fanfogna di Traù — Prof. Giovanni
Costa di Casteln ovo di Cattaro.
Comando supremo, 11 novembre.
Le nostre truppe hanno raggiurito
ii Brennero.
Le operazioni per accertare il nu^
mero dei prigionieri e dei cannoni
catturati nella battaglia dal 24 ottobre
alle ore 15 del 4 novembre sono tut-
tora in corso. Finora è stato possibile
contare 10.658 ufficiali, 416.116 uo-
mini di truppa e 6818 cannoni.
Diaz.
L'aiiinìo i il salato ilei Dalmati a fiema.
L'„Associazione politica fra , gli Ita-
liani irredenti" (Sezione Adriatica)
manda questo fervido, nobiHssimo au-
gurio:
Fratelli, nella gioiosa solennità di
questo momento storico, come un nuo-^
vo baleno di una fede non m&i mutata/
di un' energia non mai domata, di una
Gli ultimi bollettini italiani.
Comando supremo, 9 novembre.
Le nostre truppe, ovunque accolte
dalle popolazioni col massimo entu-
siasmo, proseguono i movimenti con-
seguenti alle clausole dell'armistizio.
Ieri venne occupato i) passo di Re-
scheo.
Le relazioni che pervengono al Co-
mando Supremo riconfermano il magni-
Hco slancio e il valore dimostrati da
tutle le nostre trupp^é di ogtii arma,
co po e servizio. Sono segnalati per
l'onore di particolare citazione i bat-
taglioni alpini Pieve di Cadore ed
Exilles, r ll.o battaglione, bersàglieri
ciclisti, il reggimento Lancieri di Man-
tova e la 7.» squadriglia automitraghà-
trici blindate.
Diaz.
Comando supremo, 10 novembre
Le noatre truppe avanzano verso il
Brenf ero in Val dell'Isargo : hanno
occupato Toblach nella Pusteria e pro-
seguono verso oriente nella Venezia
Giulia. ,
Nella giornata di ieri nessun avve-
niraj^iito guerra.
t # Diaz.
Wilson ai popoli dell'ex Austria.
Si ha da Praga:
„L'ufficio stampa annuncia che il
^residente Wilson ha rivolto ai popoli
iberi dell' Austria-Ungheria un tele-
gramma nel quale dice:
Spero che gli uomini di stato dei
popoli liberi faranno di tutto per attua-
re i critici cambiamenti previsti con
buona volontà e fermezza, prevenendo
ogni violenza, affinchè nessun atto inu-
mano macchi gli annali di questa rior-
ganizzazione dell' umanità, Tali atti
avrebbero come risultato il ritardo
della realizzazione dei grandi ideali
per i quali combattiamo".
La Cronaca
Un sai«to. — L'altro ieri il dott.
Zìliotto ha ricevuto questo dispaccio ;
„Fiume »manda un fraterno saluto al-
l' invitta rocca italica, a Zara redenta.
— Il Capitano di vascello Costa, d'or-
dine del comandante in capo,"
La ftéirata fesBva al Teatro Ver-
di. Il nostro ieatru presentava ^unedj
La platea, i palchi e ii loggione ei ano
gremiti di popolo. Nel palco d' onav e
sedevano il Sindaco Dr. Ziliotto, il
comandante militare, di Zara Felice de
Boccard, i! VaaCtlio Maiteucci
comandante la regia torpediniera 55,
la prima nave d'Italia che approdò
nel porto di Zara, il ten. di vascello
Norman comandante il sommergibile
F 7 ed altri ufficiali.
Le due prime file delle poltrone ed un
palcone erano occupati da una depu-
tazione di marinai.
La festa cominciò col suono della
„Marcia reale" ascoltata da tutti in
piedi tra il piìi vivo, commosso entu-
siasmo ; le squillanti note dell' inno
nazionale risuonavano nella sala quale
inno di liberazione e di libertà.
Poi un coro composto da un nu-
meroso sciame di gentili ed eleganti
signorine e da parecchi valenti coristi,
accompagnato a piena orchestra, ese-
guì con bella fusione e patriottico
slancio r inno famoso di Luigi Mer-
cantini. Oggi più che mai si può dire
che le tombe si scoprono è che i morti
si levano dai loro sepolcri, oggi che
il nostro dorato sogno diventa realtà
e che le catene che ci tenevano av-
vinti si sono finalmente spezzate. Il
canto patriottico sollevò l' entusiasmo
di tutti i presenti - che fecero bissare
l'inno tra le più frenetiche àcclama-
zionì.
Indi prese là parola il dott. Silvio
Delich eh' è qui venuto come inviato
speciale dell' „Idea Nazionale".
F'ffi.ÌBE^'^^M'^t
Roma. Dld^ dbe noi fummo sempre in
cima ai loro pensieri, in fondo ai loro
cuori, e che se noi abbiamo Di^sHto
delle ore tremende, deae soft«rerrae
j|tròci, anch' essi fuorusciti vissero ore
'"'àngosciose «v/'^v^s •'l'"?;;-^
dovcasc piegare la trontc dinanzi ad
un crudo destino. Da questa che sa-
••cbbc stata una immane sciagura ci
salvò il valore superiore ad ogni en-
comio del nostro glorioso esercito, che
Anflo 1 - N. 4.
LA JUGOSLAVIA E NOI
Zara, 18 novembre 1918,
Abbonamenti per ora non »i
ricevono.
Un numero cent. 20.
Redazione ed Amministrazione
prevvisoriamente nellaTipografia
E. de SchOnfeld.
Non abbiamo i' intenzione di
attizzare passioni che potrebbero
sinistramente divampare ne dì
sbrigarci con pochi cenni del pro-
blema jugoslavo così intralciato
e complesso ; ma pensiamo di
lumeggialo specialmente in quelle
facce che hanno stretta attinenza
con la questione adriatica.
Secondo 1' Obzor il Comitato
nazionale jugoslavo avrebbe spe-
dito nota al generalissimo
' oh Ci n la preghiera dì solle-
citare i'n-v.o di truppe dell'Intesa
uella jugo^ìavia, per difendere
questo p < se dall' invasione di
fidati persi e affamati, già
«p^sartenuli all' esercito austro-
ungarico sfasciato ; avrebbe poi
inviato un' altra nota a Wilson,
„pregandolo di intervenire presso
il governo italiano, che aveva
ordinato 1' occupazione di Spalato
Zara, Fiume e Trieste".
Il giornale di Zagabria non può
esimersi dal rilevare che queste
due note sono fra loro contrad-
ditorie e sì industria di architet-
tarne una spiegazione, che sem-
bra più sottile che naturale e
convincente. Invece è indubbio
che simili propositi divergenti si
hanno piuttosto da ascrivere al-
l' incertezza di governi novi, i
quali — riprova palmare ne è la
Russia — oscillano tra i più di-
sparati disegni, non essendo an-
cora in grado di tracciarsi una
vis da battere con sicurezza di
intenti per iì rapido incalzare dei
fatti politici e per la mancanza
di energie disciplinate. In questi
governi — se così possono essere
denominati nella fase di germi-
nazione — c' è di solito da prin-
cipio più entusiasmo e attività
verbosa che logicità di pensiero
e di azione. Tale fenomeno do-
veva avverarsi particolarmente
nella Jugoslavia neonata senza
esercito, senza finanze anche ap-
parentemente solide, fornita d'una
flotta che aveva accettato con
spensieratezza dall' Austria ago-
nizzante per doverla poi restituire
ad altri padroni legalmente desi-
gnati. Onde spontanea derivò la
conseguenza che si sospettasse
da noi e nei paesi dell' Intesa,
non forse con questo dono del-
l' armata a uno stato non ancora
costituìtó 'avesse voluto 1' Austria
fare una birbonata, 1' ultima delle
sue, all' Italia, sperandone rfocon-
diti vantaggi; anzi non ìuahct-
chi ne inferisse sperìs iKj a
torto — che la Jugoslavia, cccì
come s' era formata quasi él sor-
presa, non ancore assenzienti l'I-
talia e ^iì aucaLj, dovesse essere
un' emanazione austriaca, pròdot-
ta da un calcolo folle del governo
viennese votato al dissolvimento
e dall' improvvida cupidigia di
fondare ad ogni costo, in tutta
fretta un organismo statale e di
presentare un fatto compiuto, che
avesse invaso i circoli dirigenti
jugoslavi.
Quindi il modo come fu ten-
tato e effettuato il famoso colpo
di stato in alcuni luoghi ci lasciò
pensierosi e diffidenti. Nè soltanto
noi italiani di Dalmazia ; ma anzi
questo sospetto fu affermato più
redsamente nei giornali della pe-
nìsola. Arnaldo Fraccaroli, in uno
smagliante alticofo sulla presa di
Zara, scrive nel Corriere della
Sera dell' 8 corr: „Bisogna tenere
a mente che l'Austria-Ungheria
neir imminenza del crollo suo
colossale, nell'evidente speranza
di salvare qualche cosa, ha ce-
duto r amministrazione statale del-
la Dalmazia e della costa ai ju-
goslavi. Nei giorni scorsi il Co-
mitato ha mandato nelle città del
litorale migliaia di persone del
contado dai posti dove nelle
campagne dell' interno la maggio-
ranza è croata. Costoro sono ve-
nuti con moltissime bandiere o-
vunque per ipotecare le città".
Queste impressioni e questi
giudizi sulla genesi dello stato
jugoslavo ci porgono l'addentel-
lato a riprendere la discussione
da un punto di vista più elevato
e nello stesso tempo più pratico.
Si tratta di vedere su quali basi
poggi il nostro diritto secolare
sulla costa dalmata, da noi ener-
gicamente asserito già nel pro-
gramma del giornale.
Gli Slavi, prospettando la que-
stione in modo del tutto unilate-
rale, affermano e scrivono che la
Dalmazia è ora in buona parte
slava e che perciò, restando in
vigore r autodeterminazione dei
popoli, proclamata dalle demo-
crazie russa e americana, la Dal-
mazia deve spettare alla Jugo-
slavia. Questo è il loro argomento
ptiiìCipe di d^i'esa e dì propa-
ganda.
Proviamoci a esaminarlo un po'
più da vicino. Una delle affer-
mazioni più indiscusse, sorte e
promosse dalle idee agitate du-
rante la guerra, fu quella della
riforma nazionale del mondo, ba-
sata sul concetto della giustìzia
e della riparazione delle ingiustì-
zie, inflitte ai popoli dalla pre-
potenza armata dei deminatori.
Uno degli esempi poi più tipici
di soluzioni pratiche della tesi è
l'Alsazia-Lorena. Nel fervore della
discussione di allargò e si superò
il corollario iniziale, riconoscendo
che il mondo non poteva essere
stabilmente rinnovato col proces-
so di un'autodeterminazione mec-
canica e formalistica, ma di un
plebiscito ideale che fosse l'e-
spressione e l'esponente delle
aspirazioni, da cui furono diretti
quei generosi sommovitori d'idee,
insoiama alla concezione materia-
iUuca subentrò la concezione
etica o etico-politica. E così, nel
caso caratteristico dell' Alsazia-
Lorena, si parlò dì riparazione,
H t>'i}stizia, non già di autode-
terminazione.
La Dalmazia, lunga e poco
^ profonda striscia di terra che sì
estende da Zara alle Bocche di
Cattaro, fu da epoca immemora-
bile latina, per unanime consenso
dì tutti gli storici antichi e mo-
derni, specialmente nella linea
costiera, che è la sua parte più
importante e tanto economica-
mente che intellettualmente più
vitale e produttiva. Tale rimase
per secoli e porta tutt'oggi im-
pronte che nessuno può confutare
o rinnegare. Ma dopo il 1866
il governo austrìaco, inteso a fa-
voreggiare gli slavi a danno del-
l'elemento italiano, per mire di
mteres?i imoeri^i^stici, ostacolò e
cercò ai scriyca^e la libera vita
nazionale degl'Itr^Hanl, causando
quel moviy-ieiitc d urbanesimo
slavo, che atlirè dal settore mon-
tano alla costa una falange di
gente nova Cos si voleva can-
cellare coì\ la V lenza e coi so-
prusi l'opt - J secoli. Ma ciò
non ostante -o^-h x ugaarl gruppi
nazionali al .on ^ l fiaccola
dell'amor j »ire iUSiaa^' si man-
tennero, fat< ^ ^-'Ic-truaì ed eco-
nomici di prM> o dine, nelle città
costiere e ? ' isole, dove tut-
tora vivono ' »-osi e compatti,
benché siai ' di scuole, di
rappresenta Ui . olici, di libertà
civili. L'eie. » ' ^ italiano affrontò
anche que invasione,
voluta e or f ? ata dall'Austria
e dai suoi tt?) ^att^Iliti e nella
lotta die p di tena;ìa e dì
dignità ver ' -Mi'^m'^nFf. Scopo
dell'Austrie ^ | ?'e quasi
superfluo r ct» ai'o - di crea-
re un ime .AC atti da-
vanti al m » shp;^' »'jiù sul-
r esempio ^ cedi 3( iti usati
dalla Gern " > cL'/' ^zia Lo-
rena e nes ? . or?»» i quello
Stando stesso mon ^
cosi le cc^K.
zìone, conc ^
riale e mect.b
sere una u^e
lerebbe i
r aborrito
contro il c
toriose le .
da sentlme ^ '
a cancellarc . v i i ' L/io ogni
traccia di ii . m.
A torto ^f^ 1 ? 'Suiscono
all' Italia \ ià ' alla na-
zione jugc ^ I rcaha invece,
la quale fu c..ua picpugnatrice
dì libertà per tuttè le genti — e
la storia della sua ricostituzione
nazionale lo prova all'evidenza
at< i termina-
-.^'ì.o mate-
'^r che es-
't c suggel-
- liti dal-
tedesco,
f. fono vit-
"i. ariimate
< 5 . risolute
— saluta con gioia verace e sin-
cera il nuovo stato vicino e al-
leato, purché questo non leda i
suoi diritti e i suoi interessi vi-
tali neir Adriatico, garantiti da
ragioni storiche, geografiche ed
etniche, sanciti dai principi di
giustizia e di libertà.
Però a tutti questi motivi se
ne aggiunge un ^Itro, secondario
bensì, ma non meno rilevante e
rimarcabile, cioè quello della si-
curezza nazionale. La guerra, alla
cui fine oggi assistiamo, ha pro-
vato che senza la costa dalmata
l'Italia non può essere militar-
mente integrata. Né" qui vale la
solita obiezione che le democrazie
affratellate non vorranno più dis-
sanguarsi col flagello della guer-
ra : chi potrebbe oggi asserirlo ?
ehi prevedere quali nuovi po-
stulati nazionali, sociali, econo-
mici si andranno delineando tra
i popoli, quali fomiti dì conflitti
ci saranno nell' avvenire al di so-
pra d' ogni volontà, al di sopra
di ogni formola e di ogni spe-
ranza? La religione, l'incivili-
mento, le arti non valsero finora
a smorzare nell' uomo l'istinto
naturalmente guerriero : „in noi
serpe un natio delirar di batta-
glie", proclamava solennemente il
Foscolo, all' alba del secolo pas-
sato. L'Italia ha dunque il di-
ritto di premunirsi per ogni con-
giuntura e di arrotondare le sue
frontiere talmente da rendere la
sua cornpaoiDje--statai^
forte, tanto più che nel caso con-
creto questa necessità suprema di
difesa non è in antitesi con le
ragioni della sua storia e con le
esigenze della sua civiltà. Questo
diritto rimane pure incontestato
al nuovo stato zeco-slovacco, de-
stinato ad assorbire tre milioni
dì tedeschi, alla Francia, all'In-
ghilterra e all'America stessa;
perchè mai dunque l'Italia, che
ha spenta per sempre la tiran-
nide austriaca, dovrebbe tollerare
un' ingiusta eccezione ed essere
esclusa dai benefizi assicurati agli
altri?
II popolo italiano fu certamente,
a giudizio di tutti i suoi alleati,
uno dei più efficaci cooperatori
della vittoria finale dell'Intesa,
che fu la vittoria del diritto con-
trù ii .^flnarit, giu;H.uia con-
tro la forza cieca. L'Austria nei.l' '
sua fotta ingenerosa fi punte!- '
lata, purtropp'o, da parecchi «le-
menti nazionali, aizzati allora con-
tro r ilaUa, contro la Serbia e
gli altri popoli liberi : questi èie-
menti se non riuscirono a ren-
der vane, almeno ritardarono ìe
aspirazioni nòstre e quelle del
mondo intero ; si potrebbe perfino
sostenere che essi, forse con non
minore persistenza e accanimento
nella loro parte più illuminata e
responsabile che negli strati
più numerosi e meno evoluti, fu-
rono sconfitti insieme coli' Austria.
Ma ritalia e l'Intesa, rigenera-
trici dell'umanità, vogliono tut-
tavia che anche a questi elementi
nazionali sorrìda il sole della giu-
stizia e del libero lavoro.
Non ci dilunghiamo più oltre
in questa discussione, evitando di .
dare ansa a polemiche, le quali
sono da nnì consid-'^r^te come
generi inferiori di attività gior-
nalistica. Dsl resto ci tenianio a
... prc di-
scusso e :nh .superato e sarà tra
breve det-nitivamente risolto dai *
d'-'^ratì oazionali autonzjrati a
determinarlo; che le proteste, i
sofismi, le polemiche giornalisti-
che locali o regionali non var-
ranno a frustrare le deliberazioni
prese col consenso recìproco dai
rappresentanti del mondo civile.
oQ^a Enrico Millo.
Quando un telegramma al Comando
militare venerdì sera annunziò la visita
dell'ammirag-iio Mflo a Zara, tutta la
cittadinanza fu colta conie da un sus-
sulto di gioia e di gratitudine per 1' e-
gregio uomo, che, appena assunti i
supremi poteri militari sulla Dalmazia,
voleva onorare con la sua presenza la
città fedele che T aspettava 'ansiosa.
Non c'eran che ventiquattr'ore. Ma
l'amor di patria non conosce limiti di
tempo; tutti al lavoro, ognuno al suo
posto. E si videro mani industri di
donne gentili, di giorno e nella veglia,
moltiplicare i drappi tricolori o spo-
gliare i giardini degli ultimi crisantemi,
delle gaggie e dei pochi altri fiori
autunnali sfuggiti alle ricerche delle
prime dimostrazioni d'ebbrezza patriot-
tica; si videro mani callose d'operai
afferrare il piccone e la sega per riz-
zare i sostegni alla decorazione di
Riva Vecchia; e mani d'artefici dise-
gnare gli stemmi delle province re-
dente ; e studenti e operai sfrondare
allori e abeti perchè le piazze e le vie
fossero tutte inghirlandate di festoni.
Fu un lavoro compiuto nel silenzio,
quasi con un senso di religioso do-
vere, al quale nessuno mancò, perchè
tutti si sentivano fieri di dare la loro
opera all' omaggio collettivo che do-
veva e voleva essere degno di Zara
redenta.
Il manifesto del Sindaco.
Il nostro Sindaco pubblicava intanto
questo manifesto :
„Concittadini ! Oggi Zara avrà 1' al-
tissimo onore di accogliere S. E. il
vice-ammiraglio Eoncc Millo» il valo-
roso che primo forzò i Dardanelli serrati
nella guerradi Libia.
Egli, che ha assunto il comando mi-
litare marittimo nella Dalmazia, viene
a noi circonfuso di quella stessa luce
radiosa che bacia i vessilli d'Italia
nella vittoria e nella redenzione.
Zara, nella gioia immensa della sua
redenzione, esprima all' Eroe del Mare
venuto dal Mare in nome del Re tutta
la sua ammirazione entusiastica, tutta
la riconoscenza del suo animo invitto.
E la festa d'oggi, in nome e per
r amore di Enrico Millo, primo reggi-
tore delle nostre terre liberate, abWa
significanza imperitura su tutti gli e-
venti meravigliosi, che vi resero citta-
dini d'Italia.
Zara, 17 novembre" 1918.
Il Sindaco Ziliotto."
L' attesa.
Ieri mattina, sin dalle prime ore, in
città si notava per le vie e le piazze
l'animazione delle grandi occasioni. II
tempo metteva un po' - di malumore ;
tirava da tramontana una brezza fri-
gida e il cielo imbronciato pareva non
volesse sorridere a tanta esultanza cit-
tadina. Ma verso le 9 qualche timido
raggio di sole squarciò la nuvolaglia,
dando sprazzi di fiamme ai vessilli sven-
tolanti da tutte le case, su tutte le
piazze. Alle 10 s'udirono i primi rin-
tocchi gravi, solenni dal campanile ; il
popolo a gruppi si riversa a Riva Vec-
chia ; sbucano da Porta marina le pri-
me bandiere ; altre ne vengono, a die-
cine, a centinaia — ormai non si con-
tano pili. Arrivano un plotone di ma-
rinai ed uno di fanteria, che dispon-
gono su due lati, presso la banchina
per rendere gli onori militari: sono
agli ordini del nostro concittadino mag-
giore Perlini. Ed ecco una teoria di
signorine, vestite di bianco, con mazzi
di fiori farsi largo. tra la folla ; cam-
peggia in prima fila infissa a un'asta
una grandiosa stella d'Italia, paziente-
mente contesta di bianchi crisantemi,
con nel mezzo la scritta augurale:
Viva Millo, r eroe dei Dardanelli: un
altro gentile pensiero avea suggerito
alle nostre donne '' . pprontare ; 0.1
fiori screziati un magnii'ico stemm i di
Savoia, che 01 «t -^-ìcndeva vicino 3Ì
bianco emblema steìl-rlo.
E la folla cresceva, cresceva ancofft
Giunge la nostra br^^va Banda cifta-
dina, che prende pósto accanto al plo-
tone dei marinai,; giungono le autorità
'militari e il Sindaco. Tutte le banchi-
ne, la piazza, il viale e i giardini sulle
Mura sono gremiti di gente, sono una
selva di tricolori. Zara è tutta alla
Riva perchè a tutti tpda di vedere
da vicino l'uomo che" onorò l'Italia
col sn.o eroismo di soldato e onora
oggi Zara come rappresentante d'I-
H:alia e delle gran3i potenze che com-
batt«iono per la libertà dei popoli.
Il bacSo di Millo.
Alle dieci e mezzo, perfettamente in
orario, spunta a riva Derna il caccia-
torpedine „Ascaro", che in pochi mi-
nuti con manovra elegante s'ormeggia
alla banchina. Squilla 1' „attenti" ; la
truppa presenta le armi, le autorità
muovotio verso lo sbarco, cominciano
le prime acclamazioni e la banda in-^
tona I« Marcia reale. L'ammiraglio.
Un precursore. chi, che questo primo e franco assertore delle nostre ragioni,
; D nostro modesto giornale ebbe questo benemerito predecessore
yn predecessore, un omonimo, la passasse liscia, continuan^
Vi è stata a Zara ^un altra „Vo- do tranquillo le sue meditazioni
ce Dalmatica"v Moveva tondata, e le sue letture in un angolo om-
dcl 60, V^ccnzo Duplancich, uo- broso del pubblico giardino ^
flio di forti studi, poeta gentile Nessuno può, ne deve crederlo
e patriota inflessibile. Oggidì'o- E tanto più ci gloriamo nella
pera sua pare auspicio al fatto nostra umiltà di avere avuto ad
meraviglioso della nostra reden- antesignano Vincenzo Duplancich •
zionc. E la sua vita pare, ed è, e tanto più siamo lieti di fregiare
un magnifico esempio. il nostro giornale col titolo stesso
Ci piace .ricordare brevemente del giornale da lui fondato, in-
che cosa fosse quella prima „Vo- quantochè Vincenzo Duplancich
ce Dalmatica" e chi T uomo che
l'aveva fondata.
Vincenzo Duplancich, che avreb-
be potuto poltrire nell'ozio, o
vivere solitario coi suoi cari libri,
volle scendere nell' arringo poli-
tico al primo affermarsi dei due
non sfuggì alle accanite persecu-
zioni della imperiai regia polizia
e seppe la dolorosa via della fuga
e deir esilio.
La „Voce Dalmatica*', assog-
gettata alle più minuziose e tor-
1 11 . f . tuose disamine, venne segnata dai
partiti che allora si eran formati poliziotti con matite di ogni co-
ncila nostra provinciali autonomo, lore. E contro l'animoso suo di-
divenuto poi il partito itahano, e rettore venne, senz'altro, imbastito
I annessionista, spezzato poi m ^^ processo, con vari capi d'ac-
tnolte fraziom. Vincenzo Duplan- cusa, il più grave dei quali era
cich che per acclamazione di quello dell' alto tradimento. 1 era pur stato eletto de- funzionari della Procura di Stato
ebbero, però, un insolito pudore.
Intuirono che avrebbero commes-
sa una gaffe incomparabile,
facendo. arrestare il Duplancich :
e lo lasciarono a piede libero,
mentre cessava la libertà della
„Voce", semplicemente soppressa.
Il Duplancich vide chiaro il suo^
avvenire. Coli' aria che anche al-
lora spirava, qualche anno di er-
gastolo non gli sarebbe forse
mancato. Preferì di mancare lui
stesso alla citazione del tribunale,
pel famoso processo. Simulò di
sce-
ani-
putato alla Dieta dalmata ^
se neir arringo politico con
mo fiero, e rigida dignità Ai giu-
dizio. Non asservito a cricche
burocratiche, libero nell' animo e
nel pensiero, egli aveva fondata
la „Voce Dalmatica" in opposi-
zione all'imperiai regio „Osser-
vatore", che in quei tempi era
pur troppo r esponente del gior-
nalismo paesano. E le sue prime
armi lucenti furono dirètte a
colpire quanto di retrivo e di
meschino serpeggiava nella morta
gora della vita pubblica.
rinchiuso nella sua biblioteca:
solo suo svago un breve indugio
giornaliero in uno dei caffè della
galleria Vittorio Emanuele. E —
biste cosa! — quando Vincenzo
Duplancich morì, non ci fu nes-
suno dei nostri che l'avesse ac-
compagnato al cimitero, nessuno
che avesse data una lagrima di
riconoscenza su quella fossa, che
racchiude il primo e il più stre-
nuo e preciso difensore del no-
stro idioma e della nostra nazio-
nalità. Solo qui, nel „Dalmata",
Vitaliano Brunelli scrisse degna-
mente di lui.
Al fondatore della prima „Vo-
ce Dalmatica" — primo e gene-
roso grido di riscossa — diamo
oggi reverente tributo. Se nella
regione serena degli spiriti giunge
l'eco, degli eventi terreni — e
perchè non vi ha da giungere ?
— lo spirito di Giuseppe Du-
plancich deve esultare con gioia
di paradiso. La sua Zara — la
città cara ai suoi studi e alle sue
speranze — è oggi ridata, come
egli auspicava, all' Italia. L'antico
sogno del cittadino e dell' esule
è divenuto realtà.
l vigli vii i • i* i • . • -i*
Sulla formola vaga e incompleta ¥} T^^'/fX! \
dell' autonomia, e^i fece rifulgere "t"-®"-®*' dibattimento,
— primo fra tutti i Dalmati —
il raggio solare di un' afferma-
zione recisa^ Egli fu il primo a
proclamare l'italianità della Dal-
mazia. Egli fu il primo asser-
tore del diritto della nostra stir-
pe, chiamala— scriveva — ad un
posto eminente, perchè in essa
sono le più elette facoltà morali.
E^i fu il primo che, nel trattare
la questione delle nazionalità,
avesse avuto il coraggio di scri-
vere: „Riguardando il paese no-
„stro come parte del corpo mag-
„giore a cui sia geograficamente,
„e ddbba essere amminìstrativa-
nmente cosgiunto, colluderemo
»senza titubanza appartenere noi
»alla nasuone italiana, perchè
„alla regione italica fummo uniti
„politicamente , più a lungo e a
„ qu ella regione ci stringono re-
„lazioni intimè ® feiproca utili-
„tà e necessità immutabile. Ar-
„dua e squallida catena di monti
„ci divide dai vicini riòstri, te*
„nuti da noi, per lungo teihpo,
„come nemici, mentre all'Italia
«ci unisce T agevole via dell'A-
„driatico".
Possono credere, i giovani,
che del 60, qui ff Zara, si osasse
impunemente di scriver così ? E
possono^ credere, e giovani e vec-
in una sua villetta agli Scogli. E,
in una serena notte dell' estate
del 63, col favore di un amico,
fuggi in Ancona col bragozzo
chioggiotto „Fedele Zaratino",
del padrone Giuseppe Pagan.
Arrivato, telegrafò, consolando con
tenero affetto la madre, e conso-
lando nel tempo stesso la imperiai
regia polizia — esasperata e af-
fannata nel ricercarlo ~ con
le parole ben altrimenti affettuose :
„Sono qui; se volete qualche cosa,
venite pure a prendermi."
Il Duplancich prese poi stabile
dimora a Milano, ove visse, mo-
destamente, sino al novembre del
1888. Vi visse coi suoi libri e
con le sue memorie, conosciuto
ed amato dai più eletti del suo
tempo, tra i quali ci piace ricor-
dare Alessandro Manzoni, Niccolò
Tommaseo e Pacifico Valussi.
Pubblicò di quando in quando
qualche suo scritto nella „Perse-
veranza", e fu assiduo collabora-
lore della „Vita Nuova" con
poésie e prose assai rimarchevoli
e degne di apparire assieme a
quelle dei più illustri scrittori
d'Italia. Col trascorrere degli^nni
e collo sparire della vecchia ge-
nerazione»" egli si sentì sempre più
isolato, e voile sempre più star
Spunti e appunti.
Voglio farvi la confessione d'una mia
debolezza. To\ viviamo in tempi di
democrazia e di libertà, e ora si pos-
sono snocciolare al prossimcr certi
greti e parlare con franchezza, perchè
il periodo delle orecchie lunghe lunghe e
larghe larghe dei poliziotti austriaci ce
l'hanno tolto d attorno i marinai e ì sol-
dati d'Italia. Dunque, volevo dirvi che ho
avuto anche in passato il vezzo di
sciupar qualche minuto, leggicchiando
nei giornali, persino sugli „avvisi di
quarta*^ pagina che viceversa nella tecni-
ca giornalistica moderna son divenuti
gli „avvisi di terza pagina ultima co-
lonna."
E non mi son mai pentito me-
no d'aver sciupato quei tali minuti
che F altro giorno, quando ci capi-
taron d* un tratto con la posta tre
numeri del „Corriere". Finito di legge-
re il sodo, vo a quella tal colonna per
cui v^ ho confessate le mie simpatie e
ci trovo . . . Dio mio, una ridda di
milioni da metter le vertigini anche ai
Cresi pullulati durante la guerra. La
società Manifatture Rotondi vuole emet-
tere nuove azioni per portare il capitale
sociale da? a 15 milioni di lire; U of-
ficina elettro-ferroviaria di Milano non
s accontenta di 6 milioni, ma ne vuole
la società industriale Eridania va
da 6 a 19 milioni; il Lloyd mediter-
raneo, che ha già 100 milioni intera-
mente versati, emette sottoscrizióni per
altri 85 ; la Banca popolare di Intra
triplica il suo capitale ... e vi taccio
altre due poste minori per non notarvi.
. Ma invece non vi noierà quella che
i nostri vecchi solevan chiamar la
„morale della favola". E quesfè dop-
pia. Anzi tutto che non c'è da
pentirsi neanche a leggere le minuzie
dei giornali; poi — e quest' è il più —
che r Italia troppo spesso guardata co-
me il paese degli analfabeti, degli emi-
granti, dei parolai e degli eroi del col-
tello, ha resistito per tre anni a tutti i
casi avversi, a tutte le mene delittuose
dei nemici interni ed esterni, e dopo il
trionfo delle armi s appresta ora a fi-
gurar degnamente fra le prime e più
civili nazioni del mondo nella gara
nobilissima del lavoro, per la prospe-
Àbbonamenti per ora non si
ricevono.
Un numero cen^^.
Redazione ed AmministmjEl^fr
provvisoriamente nellaTipografia
E. de SchOnfeld.
rità di tutto il suo popolo. È dire
che anche noi siamo' e resterertio Ita-
liani !
La Cronaca
Pel genetliaco di S. M. la Regimi
madre. Mercoledì sera, a festeggiare
il genetliaco di S. M. la Regina Mar-
gherita, la Banda Comunale'percorse,
suonando alacremente, le principali
vie cittadine, seguita da una folla ^
straordinaria, la quale, alle canzoni della
Patria, alternava fragorosi evviva alla
Grande Italia, al Re e all'augusta fe-
steggiata.
La Banda Comunale eseguì, ferma Z
in Piazza del Plebiscito, la Marcia ,
Reale, salutata da entusiastiche accla-
mazioni.
li telegramma^ del capo dello stato
maggiore delia regia marma. In ri-
sposta ad un dispacciò di plauso e di
omaggio, r illustre capo dello stato
maggiore della regia marina, Thaon de
Revel, telegrafò al nostro Sindaco : „A
Zara italiana, nel giorno in cui si fe-
steggia r auspicata redenzione, invio
commosso con anin^o grato 1' affettuoso
saluto mio e dei nostri marinai. Il
capo dello stato maggiore della marinja
Thaon di Revel".
Altri teiejgrammi. Il nostro Sindaco
inviò questi telegrammi:!
Senato Roma. — Al Senato, la cui
anima è tutta vibrante per la grandez-
za d'Italia, Zara fiera ed esultante di
far parte della grande famiglia italiana,
manda un saluto commosso, fidente
che la vittoria magnifica dovuta all' e-
roismo dei soldati ed alla virtù del
popolo tutto segni il compimento dei
suoi destini gloriosi sui dalmati lidi.
Sindaco Ziliotto".
„Onorevole Marcora, presidente Ca-
mera Roma. — Zara che esulta orgo-
gliosa di esser ridata alla patria man-
da un augurale saluto all' assemblea
nazionale, espressione altissima della
grandezza d'Italia, e confida nel san-
cimento delle sacre aspirazioni sulle
dalmate marine dove Roma e Venezia
impressero le orme imperiture^ a che
r Italia madre abbia compiuti con tutte
le sue alpi e tutti i suoi mari i fatti
gloriosi. Sindaco Ziliotto".
„Consiglio provinciale Sassari. Zara
nel gaudio e nell' orgoglio di eàser ri-
data alla patria dopo il lungo martirio,
ringrazia commossa pel saluto vibrante
di italiano sentire che le viene da Sas-
sari, la cui eroica brigata diede cosi
insigne contributo al compimento dei
gloriosi destini d'Italia. Sindaco Ziliotto".
Un altro nobilissimo saluto. La pre-
sidenza del „Comitato di Mestre del-
l' Associazione Nazionale Pro Dalma-
zia" inviò al nostro Sindaco un' arti-
stica cartolina, in cui è disegnata una
bandiera dalmata, fregiata di nastro
tricolore. E vi è scritto : „Agitando ài
vento il bel vessillo colle tre teste di
leopardo, con tutta la foga del nostro
sentimento, lanciamo il grido : „Viva la
Dalmazia '
Il cuore dell' ammiraglio Millo. Ap-
prendiamo che r ammiraglio Millo, con
atto di squisita generosità, che spe-
riamo sarà apprezzato al suo giusto
valore anche dai soliti mestatori, ha
graziato i due colpevoli dell' oltraggio
fatto giorni sono alla bandiera italiàna
a Zaravecchia.
— L'ammiraglio ha pure largito
l'importo cospicuo di 1000 lire a be-
neficio della fabbriceria del Duomo.
I prigionieri italiani liberati dai no-
stri fratelli, in procinto di ritornare
alle case loro, inviano a Zara questo
saluto: »Addio Zara — Ora che U sóle
A S. E. Thaon di Revel: „Gli Ita-
iifni di Dalmazia resiidenti in Milano
vedoiio nello sbarco a Zara l'inizio
del compimento delle loro aspirazioni
che devono all' Italia la piena sicjurezza
di quello che è il mare nostro".
A S. E. Orlando : „Neil' ora mera-
vigfliosa della vittoria gli Italiani di
Dalmazia residenti ìb Milano esultano
augurandosi che essa abbia a dare tutti
i suoi frutti. Viva l'Italia."
A S. E. Diaz. (Zona di g-uerra).
„Zara a nome della Dalmazia tutta in
ginocchio sulle rive dell'Adriatico ha
già ringraziato il suo esercito."
Air On. Salandra Roma. „Partico-
larmente affettuoso e grato si rivolge
il pensiero dei dalmati a chi in grave
momento ebbe piena coscienza dei le-
gittimi diritti d'Italia e sul suo appog-
gio ancora confidano per il raggiun-
gimento completo dei loro ideali."
Ed ecco alcune delle risposte, di-
rette al presidente dell'Associazione,
il nostro concittadino Mitis :
„S. M. il Re ha molto gradito la
manifestazione di fervida italianità di
cui Ella si è resa cortese interprete
per cotesta Associazione patriottica.
Orlando".
„Commossa ringrazio suo gentile te-
legramma. Sennino."
„La marina d'Italia è fiera di avere
contribuito al raggiungimente delle
aspirazioni nazionali. Capo dello stato
maggiore della marina Thaon de Revel".
n grido di dolore di Arbe. Venne
pubblicato ed affisso questo :
Proclama degli italiani di Arbe.
Dal 31 ottobre 1918 l'italianissima
isola di Arbe, è sotto l'intollerabile
tirannia di bande irregolari croate che
hanno svaligiato i depositi di armi
abbandonati dal fuggiasco governo
austriaco e se ne servono per terro-
rizzare» r inerme popolazione italiana,
impedendole colla violenza e colla mi-
naccia quotidiana non solo di manife-
stare con alcun segno esteriore la
propria nazionalità e il legittimo orgoglio
di appartenere alla nazione che ha
distrutto per tutti i popoli oppressi la
tirannia austriaca ; ma obbligandoli a
rimanere chiusi nelle case, sotto mi-
naccia di morte, anche per le loro
quotidiane necessità. GÌ' Italiani di Arbe
sono costretti ad assistere impotenti a
spettacoli odiosi che sono un' atroce
ingiuria ai loro sentimenti, come alle
imposizioni fatte dalla soldatesča croata
ai piroscafi che cipprodano di abbas-
sare la bandiera italiana, e alle minac-
ele e ai tentativi di aggressione fatti
ai connazionali che si trovano sugli
stessi piroscafi. Infine essi si rendono
conto che non debbono per ora la
loro vita se non allo stato transitorio
delle cose e al timore che la solda-
tesca croata .può avere di compromet-
tere con eccessi la propria causa ; ma
sentono e apprendono ogni giorno
dalle dichiarazioni stesse dai banditi
che li circondano, che ove l'abbandono
nel quale si trovano e che non pos-
sono credere definitivo venisse per
malaugurata ipotesi confermato, essi
dovrebbero o abbandonare in massa
r isola o perire.
Pieni d'incrollabile fiducia nell' af-
fetto e nella cura vigile della grande
Madre Patria, che non abbandonerà
in quest' ora di vittoria i figli per i
quali ha leoninamente combattuto,
gì' Italiani di Arbe fanno appello a Sua
Maestà il Re, ai Dirigenti la Nazione
italiana e a tutto il popolo italiano
perchè su Arbe si levi, sicura difesa,
la vigile protezione del tricolore.
Arbe, li 20 novembre 1918.
11 fascio nazionale italiano di Arbe.
In memoria di Arturo Coiautti.
Nel quarto anniversario funebre di
Arturo Coiautti (11 novembre) i dal-
mati domiciliati a Roma ricordarono il
grande loro conterraneo, deponendo
una corona d'alloro sulla sua tomba
al Verano.
I dalmati ricorderanno a momento
pili opportuno il loro poeta, la cui
salma attende di essere portata alla
sua Zara redenta.
Leggiamo poi nella „Tribuna" :
„Una gentile dama della Croce
Rossa, la signorina Ofelia Borowska
Coiautti, figlia adottiva del poeta dal-
mata Arturo Coiautti, che sino ali ul-
tima ora tenne vivo con il pensiero e
con l'azionè il sentimento dell'italia-
nità delle nostre terre oltre Adriatico,
ha ieri, per invito del colonnello^Scafi,
parlato ai soldati degenti nell'ospe-
dale del Quirinale.
La signorina Coiautti ha parlato ai
feriti gloriosi della nostra guerra e
della nostra vittoria magnifica, ricor-
dando i martiri e gli eroi e rivolgendo
un pensiero agli araldi della nostra
guerra: primo fra tutti Arturo Co-
iautti. La signorina, assai applaudita
dai soldati, ha distribuito cartoline
delle loro maestà, del generale Diaz,
e pubblicazioni di occasione, e si e
intrattenuta al letto dei feriti più gravi
confortandoli con patriottiche parole".
Il Corriere Adriatico. Esce ora in
Ancona, per Ancona e per Zara, il
„Corriere Adriatico", giornale cotidia-
no in grande formato. Dal programma
del nu«vo confratello togliamo questi
nobilissimi, significanti periodi :
»Oggi tutte le energie italiche inva-
no compresse, combattute e avvelenate
dagli Absburgo durante un secolo,
tornano a rifiorire e irresistibilmente
trionferanno nel non più amarissimo
Adriatico.
„Il mare italiano per eccellenza tra-
volgerà con le sue generose collere
quanto di artificioso e di menzognero
r Austria volle creare suU' opposta
sponda : e su ambe le rive la genia-
lità, la cultura e 1' attività della nostra
razza immortale daranno ancora nuova
vita alla civiltà latina.
„In quest' ora felice, che segna la
realizzazione del sogno dei nostri pre-
cursori, noi vogliamo con questo gior-
nale stabilire un legame tra le due
spónde del mare nostro. 11 „Corriere
Adriatico" avrà una redazione in An-
cona e una redazione a Zara : le due
città sorelle che tanto si amarono sa-
ranno così congiunte con un vincolo
nuovo.
„Il Corriere Adriatico" recherà in
Dalmazia la voce della grande Madre
italiana e le notizie della Patria e del
mondo intiero, e recherà in pari tempo
un' ampia cronaca dalmata sicché sarà
il giornale italiano più recente e p/ù
completo che si potrà leggere sull' op-
posta sponda".
Al nuovo confratello — che dà ma-
gnìfica caparra dei suoi generosi pro-
positi di affratellamento con numerosi
e notevoli articoli su Zara e sulla Dal-
mazia — inviamo, con l'espresjsione
della nostra riconoscenza, i più fervidi
auguri.
Gubelio Memmoli dice versi di
Carducci e Pascarella. Lunedì sera,
la Società del Casino offrì ai suoi soci
una bella serata intellettuale. Gubelio
Memn^oli, l'ammirato conferenziere
di domenica sera, fu lunedì applaudi-
tissimo anche come dicitore di versi.
Ed infatti egli interpretò le poesie da
lui dette con raro intuito, seppe far
risaltare tutte le arcane bellezze dei
versi carducciani e la giovenile fre-
schezza dei sonetti pascarelliani. Disse
di Carducci, tra l'altro, le odi barbare :
„Neir annuario della fondazione di Ro-
ma" e il magnifico „Saluto italico" che
sollevarono come tutte le altre poesie
un grande entusiasmo tra il folto pub-
blico. Poi, date le insistenti richieste,
Gubelio Memmoli dovette leggere la
„Canzone di Legnano" e il magnifico
squarcio poetico riscosse unanime
applauso. Lesse poi gli immortali
sonetti di Cesare Pascarella: „Villa
Gloria". Più che una collana di sonetti,
son queste poesie un canto epico, una
pagina di storia eroica magnificamente
cantata da chi visse e partecipò all' im-
presa di „Villa Gloria". Splendido e-
sempio di poesia vernacola che assur-
ge all' epopea. Scroscianti "applausi
salutarono il dicitore.
Insistentemente chiamato dal pubblico
sale al podio Carlo ScarfogUo, il quale
dice : Io e Gubelio Memmoli partiamo
domani per l'Italia e vi giuriamo che
propugneremo non la vostra causa,
che è ormai vinta e definita, ma quella
degli altri vostri fratelli di Dalmazia,
che non hanno ancora veduto il sole
della libertà. Un'imponente acclamazione
accoglie le parole dell'egregio gior-
nalista; e così la riunione SI scioohe,
ma non del tutto, che poco dopo 1 or-
chestra attacca un walzer e le giovani
coppie intrecciarono le danze, che
si protrassero fino alla mezzanotte.
A impedire gli atti vandalici. Il
governatore della P^lm^^'^
isole dalmate e curzolane ha pubblicato .
„Noi, vice-ammiragho Enrico Mi o
senatore del regno, governatore della
Dalmazia e delle isole dalmate e cur-
zolane. • 1 1 1. •
Venuto a conoscenza che "f» terri-
torio di occupazione stabilito dal trat-
tato di armistizio, si compiono dan-
neggiamenti alle proprietà private,
saccheggi, atti vandalici ecc.
ordiniamo
che dalla data del presente bando i
colpevoli di tali reati siano sotto-
posti a giudizio, e siano esaminate nel
contempo le eventuali responsabilita
personali delle autorità loca
Sebenico, 25 nov. 1919.
lo scorgere che anche si
rarie innovazioni nel tempio ? S-
caro, nel tempio e nel chioa
pareva saggiamente bandita l ^^ci 4-4-0 l'I fi Il settaria, con riguardo alla pi
rosa e al carattere indelebiln?
liano di Zara. •
Uno dei frati ^ e forc r
quelli stessi ch'ebbe a pren^ ^fi '
al corteo — amministrò giom^'^
Comunione ai fedeli, in gran v^uiii"""-""«- «j »CUCII, i n n
liani, usando per la prima vnu'^^'
pie signore sono venute a •
noi per questa novità, che off
tradizione ed il carattere dJ
lam u.auuu vof 'f
formole sacramentali in croato n
TiiP" QÌo-iiore n vom.i-^ _ i Oejj
sjcoi
^^ de 1
chiesa. ^^tica
E. Millo.
Nel regio esercito« Apprendiamo
che il signor Bruno Galzigna di Arbe
venne arruolato nel regio esercito col
grado di sottotenente. Altri giovani,
concittadini e comprovinciali, si sono
pure arruolati.
Le prime cure del governo per le
scuole. S. E. r ammiraglio Millo ha
confermato in carica il consiglio sco-
lastico provinciale della Dalmazia, ed
ha disposto che al prof. Pietro Do-
miacussic, che dopo le peripezie toc-
categli sotto il governo austriaco viene
finalmente reintegrato al suo posto in
questo ginnasio, sia affidato il con-
trollo su tutto l'andamento delle scuole
italiane nel territorio di occupazione.
Le solite menzogne. 11 „Narodni
List", maestro di impudenza, fa appa-
rire i Padri del convento e della chiesa
di San Francesco alle Mura vittime
dell' intolleranza e delle minaccie dei
cittadini ; ma, in tutta l'odissea che
esso narra, non vi è una sola parola
di vero. Tutto vi è invece volgare
menzogna; e sfidiamo chiunque a pro-
vare con fatti che quanto noi ora di-
remo non sia la pura e schietta verità.
Non da parte dei cittadini quei frati
ebbero a subir coercizioni ; ma sì, e
subito nei primi giorni della libera-
zione di Zara,' da parte di cosidetti
jugoslavi, i quali intimarono ai frati di
far sventolare in cima al campanile
della loro chiesa la bandiera croata,
riuscendo anche a farvela issare.
Ora è ben naturale che la nostra
cittadinanza — sapendo che da ben
cinque secoli la chiesa dei Francescani
alle Mura è chiesa italiana — provasse
sdegno, più che risentimento, per la
inutile e lesiva provocazione.
E, senza intimidazioni, ma con sem-
plici mezzi persuasivi, dei cittadini vol-
lero sostituita la bandiera croata con
la bandiera italiana, in armonia alle
dimostrazioni che facevano pulsare di
gioia il . cuore di ogni vero figlio di
Lara.
Il fatto che, successivamente, la ban-
diera italiana ebbe a scomparire, di-
mostra, se mai, che il fanatismo e
l'intolleranza non vanno cercate fuori,
fra i cittadini, ma nel convento stesso.
Nessuno all' infuori di qualche , frate
croatomane può aver sottratta la ban-
diera, di cui si chiede conto e si esige
la consegna.
Contrariamente a ogni più elemen-
tare norma sacerdotale ed evangelica,
offrendo anzi pubblico scandalo, al-
cuni membri della religiosa famiglia di
San Francesco alle Mura non si peri-
tarono di unirsi ad un corteo di cosi-
detti jugoslavi, e di vociare e di urlare
canzoni ed acclamazioni croate.
I cittadini riguardavano, stupefatti
prima e poi stomacati, questa provo-
cazione da parte di religiosi, chiamati
per r abito e per T ufficio al più umile,
al più riservato, al più corretto dei
contegni.
Neppure i frati di San Michele —
noti per incurabile italofobia — osa-
rono un tanto.
E, a parte la questione delle ban-
diere, rincresce assai alla cittadinanza
Si vorrà usare la dovuta sev.-
contro questi provocatori ? Si ^
•ridare al convento le vecchie conlf
tudini di evangelica umiltà, aliene]
competizioni mondane e da m^«» '
tarie?.
Vedremo.
Guardie nazionali ed ex gendarmi
austriaci. Le guardie nazionali (2)
cosi detta Jugoslavia e gli ex i. r
darmi austriaci si accoppiano, si^^"
piano e si rassomigliano come
d'acqua torbida. ^
Alla presenza, o meglio con la co
nivenza, degli ex i. r. gendarmi 1
ingiurie e le minaccie contro aniio'
giovani italiani, venivano gridate ^
Arbe dagli improvvisati guerrieri in
goslavi, proposti — si intende !— jH
tutela dell'ordine pubblico. E,
passando a vie di fatto, costoro avreb
bero avuto certo l'ausilio dei j
darmi, cui non rimane ornai altra w
sorsa che quella della bassa rappre
saglia contro gli Italiani.
Tipico, per quanto doloroso, è
caso occorso ad Obbrovazzo al nostì
consenziente signor Simeone Cettina
Pel solo fatto di essere stato a Zaij
e di essersi doverosamente fregiato (
una coccarda tricolore, venne mess
per due giorni ed una notte a vei
tortura: aggredito, percosso, rincorso
impedito dì recarsi alla sua abitazioi«
minacciato di nuovo con grossi ra6
delli ed ingiuriato in mille modi,
capi ed aizzatori della indegna, crìn
nosa gazzarra erano nientemeno c
le guardie jugoslave, assenzienti sera
pre gli ex gendarmi austriaci. 11 povw
Cettineo avrebbe potuto essere anc
linciato, e nessuno di quegli emeri
funzionari — preposti, si intende, a
r ordine pubblico — si sarebbe scom
posto.
Quest'è l'ordine che regna sotto,
cosi detto governo jugoslavo, c. il fa
moso ordine di Varsavia ; e, vivaddic
bisogna finirla !
Decesso. E morto Giuseppe Ferrar
tipografo e comproprietario di tipf
grafia. Lavoratore intelligente e so
lerte, ottimo capo famiglia, buon pi
triota, il suo decesso destò vivo con
pianto. Alla famiglia le nostre cond«
glianze.
Pensioni e g^raziaii. Le pensioni
graziali ed i sussidi d' educazione
ranno, da quanto apprendiamo, pag<
pel mese di decembre direttanoeiil
dalla locale Cassa provinciale di
nanza agli aventi diritto, i quali app«
ranno le loro firme su di un semp!«
cedolino, senz'altre formalità.
Fotografie. Il valente fotografo
gnor G. Ruprecht ha eseguite de
artistiche fotografie in grande format
dell'arrivo a Zara delle regie navic
le truppe liberatrici e delle pubblici
feste con le quali vennero accolte."
fotografie, esposte, vengono in<
ammirate.
Direttore responsabile : Gaetano Feoli.
Editrice la Tipografia: E. de Schonfeld 4 j
BancaPopolare diZatì
UFFICIO CAMBIO
fissione vaglia del Baio di llapii
Agenzìa della Società di Navigazion
Servizi marittimi italiani.