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eÉ^^sta piu ad oriente, discosta dallar prima
-j* i¿Ík¿o miglio. Sulla superficie qu^si piaña del mon-
te, sul vivo sasso, sembra nte la ftfano deH'arte-
fice a suono di malleo e 4i, scalpello abbia inta-
gíiato un gran circolo, e, 1 abbia scavato vertical-
mente, non altri menú efce «n profondissimo poz-
zo. II cratere ha piu che mezzo miglio di circón-
ferenza, e sembra tagliato a piornbo, per uno
spazio, di cui ancora non hanno poluto trovare il
fondo. Rossicci sono que' macigni, ne v' ha un
virgulto, non uii cespuglio che consoli quelle spa-
ventose pareti. Vedendole codeste voragini, chiedi
spáventato a te stesso, e da cosa provennero es-
se ? Furono cosí fatte dalla prima creazione, o
qualche„ sotterraneo vulcano, ora spento, violente-
mente apri guelle bocche, eruttando lava e massi
imm$nsi r Ti pare proprio che la térra sotto a'
tuói pieüi traballi ancora, ed esiti a camminare,
che lá commossa imaginazione ti fa veder tutto
ció che con tanta veritá in quella sublime e inar-
rivabile pittura dell' Etna, cantava Pindaro nel-
Toda prima Pitia :
'.Ta? saevyovroít ¡xsv ocnlx-
70 V 7TUp¿S áyvóroczou
'Ex ¡J-uyüv uayat. noTocpoi
A' ap.ipct.iaiv ¡xh Tvpoyíovri poov xanvov
A'c^ui/'. AAX' ev o afvotic.v 7Tsrpocg
> ¿Viaja. •Kulw$o¡J.tvc¿ (floj: eq fixSeí-
ocv yepei nóvzov nXaxa aí/v TOCTáyw *).
pittura che con isforzo sfortunato tentó nel libro
tferzo dell'Eneidi d5 imitare* Virgilio, con que'ver-
si che cominciano
, .... Sed horrificis juxta tonat ¿Etna ruinis, etc.
Ma 4<Íi- ció abbastanga. Eccomi a parlarti anche
delle ,altre cose da me vedute. Scorgi poco sopra
Imoscfti una cava di ferro, ed il mércalo (bazza-
ro), a cui colle preseritte osservanze concorrono
egualmente i sudaiti ottomani ed i nostri ncxlue
giorni stabiliti per settimana; mercato che torna
utiüssimo a que' borghigiani e al territorio tutto.
Poco discostó dal mercato v'é ufii'ahtiea fortezza
turca, quadrata, posta con uno de'lati^ livello
quasi sopra le roccie della vorágine, dove (gli ot-
t&máni nel 1718, sostennero un assedio di pa-
necchi giorni dall'armi dalmate e venete, e furono
Dall'ime sue latebre
D'inaccessibil foco ampie sorgenti
Sboccanoj e il di que'fiumi riinugghiando
Mandan turbini ardenti
J>¡ denso fumo 5 e sorte le tenebre,
Ca fiamma che rosseggia alto rotando
Nei profondi del mar seni devolve
Nembo dj pietre" Tradtifs, del P. Hezzanotte.
alia fm fine costretti di arrendersi e di svignaté,
ritirandosi oltre il detto monte Possusie. É ora
questa fortezza guasta e diíoccata, né , se fosse
anche tenutá in tutto ordine? varrebbe ad alcun
uso di guerra nei presenti siétemi di combatiere,
Gli abitanti d'Imoschi, tra quali molti di fami-
glie agíate ed educati italianamente, sono cortesi
e conversevoli, parlano quasi tutti la lingua ita-
liana e l'illirica, e Tultima poi a maraviglia bene
e puramente, essendo questa la parte della nostra
provincia, dove piú schietto e piu origínale si
conservo il nostro patrio idioma. Non negheró per-
altro che anche qui non si sieno intruse alcune
parole turche, ma con poca fatica sceverar si po-
trebbero e purgare. Qualtro miglia discoslo da
Imoschi, rimpetto stagli il villaggio di Runovic,
dove ancora vedonsi i resti della romana citta Ad
Novase o Rus Novíim3 da cui guastandosi con
islava terminazione venne il nome di Runovió. Per
di qua correva puré la via che da Salona conduceva
a JNarona, e qualche vestigio vi ritrovi tuttavia.
Ti piacerá poi molto di qui scorgere una va-
rieta di costumi sorprendenti. Vedi .1' uomo del-
I' italiana educazione, vedi il dalmata schietto,
vedi Tottomano : altri al cattolico, altri al greco
rito attaccati, alcuni seguaci di Maometto; e dal
ravvicinamento di queste varié religioni, e cultu-
re generarsi una mescolanza di abitudini, di co-
stumanze , di superstizioni, di pieta, di virtu, di
vizí, che rilraggono ora dall'orientale pompa , ora
dalla scilica robusta semplicitá , ora dall'avvizzita
civil ta delle nazioni che diconsi colte, e que'tanti
elementi diversanti Ira loro ed innestati per forza
di peculiari circostanze in un corpo solo, in quella
sociela d'uomini, che certuni chiamano rozzi, ma
che peré ben riguardando, hanno una cultura lor
propria, senza essersi imposti il grande manto
dell5 incivilimento decantato, che ad ognuno non
si addatta, perché troppo grande, ti crea uno
squisito diletto. E tengo che sarebbe studio gio-
vevole molto l'andar investigando fino a qual punto
la tale o tale allra religione, legge, dottrina,
pratica, abbia contribuito a modificare e coloriré
que' loro usi e costumi, perciocché da ció si ar-
rivérebbe, oltre che ad una fondata cognizione delie
storie e de' costumi di popoli parecchi, a veder
come mercé alcune combinazioni ebbe piú o me*
no forza su questo popolo una costumanza , úna
legge; i quali studi ancorché molto fondati sulle
conghietture, nientemeno frutterebbero, dove ab-
bastanza provate fossero, che potrebbersi dedurre
delle norme le piu probabíli per condurre ad uft
incivilimento piu ragionevole queste genti. Né dií-
ficile cosa sarebbe desuniere qúe'costumi, i quali
-c 95 )-
11 commercio maritthno poi della provincia off riva le cifre segtienti:
INTRODUZIONE
A n 11 i
1842 1843 1844 1845
Zara 348,148 494*7 71 545,033 678,886
Arbe 1 60,941 172,360 41,407
55,4oo
29,000
Obbrovazzo . . 76,342 7 i,i33 58,695 70,568
Sebenico . . . . 273,079 . 330,928 389,999 856,136
Spalato . . . . 312,467 362,848 622,579 385,481
Comisa . . . . — — 37,000
Eagusa, Gravosa 325,529 452,857 547,141 547,008
Curzola . . . . 183,620 219,043 220,120 180,070
Cattaro . . . . 169,230 165,I 75 171,615 170,237
C. novOjMegline 71,782 1423604 103,599 104,291
Budua . . . . . 293,000 93,400 101,351 i o6,634
Somma a,i 14,138 2,5o5,119 2,801,54O 3,1 20,711
ESTRAZÏONE
1 II II i
1842 1843
135,441
295948
18,634
32 1 ,092
5o4,i84
471,004
1 25,290
91,860
4°>83o
^86,000
2,024,283
245,329
99*446
16,767
31 O,256
597,692
693,351
126,813
91,870
77,22g
157,200
Dai quali prospetti dunque ci è dato di scor-
gere, che nei quattro anni su esposti non varLa-
rono grandemente le cifre esprimenti il nostro
commercio: vi si osserva pero nell'anno or decor-
so un aumento.
Giusta un arlicolo di corrispondenza da qui
nel giornale del Lloyd Austr., le dette tabelle non
comprendono il movimento commerciale di tutti i
porti dalmati. Non vi sobo compresi quei di Traù,
di Almissa , di Macarsca, della Brazza, di Lési-
na , di Lissa, e di altri piíi o men considerevoli,
la cui importazione si puó far ascendere comples-
sivamente a circa 800,000 fiorini, e l'esportazione
a 600,000; per lo chè l'introduzione annua in
Dalmazia in termine medio, potrebbe calcolarsi
ascendere a 4 milioni e mezzo, Testrazione a 3
e la passività a % di milione, ció che non di-
sta gran fatto dallo specchio, che si presenta. Que-
jsto sbilancio commerciale viene poi ragguagliato col-
le periodiche rimesse erariali di danaro.
«La Dalmazia è provincia povera di danari,
diceva un corrispondente del giornale del Lloyd
Austr. ted. (n. io5. a. p.), ned è questa novilà,
per chi studia il paese, od è iniziato nella sua
statistica. E secondo lui veramente non puó cor-
rere la bisogna altrimenti, dove l'economia rurale
si trova ben sotto a quel che potrebbe essere, do-
ve non v'ha industria, e dove per conseguenza non
vi puó aver luogo commercio di qualche rilievo,
stando il medesimo in istrettissima relazione e col-
1'industria e coH'agricoltura, e ne è conseguenza.
Non si dà scambio di merci in un paese, nel quale
scarseggiano i produttori.
« L'agrieoltura dunque', 1' industria ed il com-
raercio sono le sorgenti universali della prosperità
d'an paese, e del ben esmere dei suoi abitanti; e
1844
211,598
47,758
3g,5o
359,909
416,368
708,534
124,399
86,420
65,o3a
107,820
2,167,339
i845
¡"74^88
40,127
34,4°°
28,356
287,862
452,624
33,700
919,380
í 26,400
107>797
63,853
155.184
24: ;3>97 2,415,953
dove questi tre elementi non maturino alio stesso
tempo, ed in tal quale accordo, non si puó sperare,
cbe abbianvisi ricchi possidenti, fabbricatori,mer-
cadanti, non quindi uno stato medio di abbienti.»
«Considérala la superficie incolta della pro-
vincia (V. tabella del nostro N.° 5, a. 1845) , il
lettore sarebbe indotto a credere, che almeno la
pastorizia potesse formare l'oggetto di guadagno
per gli abitanti, poiché il suo scopo si é, come
quello dell' agricoltura, di ricavare piú vantaggi,
che sia possibile dal suolo. Ma pastorizia razio-
nale in Dalmazia non esiste, salvo qualche raris*
simo caso. II contadino dalmata é pastore, non
giá allevatore del bestiame. Hanvisi in Dalmazia in
proporzione della sua superficie e della sua popo-
lazióne, piíi pecore e capre, che in qualsivoglia al-
tra provincia dell'impero austriaco (secondo la sta-
tistica di Becher, vengono sopra un miglio qua-
drato tedesco 3,i85 pecore, ossia 187 sopra ogni
cento abitanti); con tutto ció questo numero é
tenue, e vi si potrebbono allevare altrettante, se
fosse organizzcito il ramo forestale.
«Manca in principalita l'allevamento del be-
stiame cornuto per usi domestici e peí commercio.
Di fatti gettando uno sguardo sulla statistica
dell'impero, e ponendo mente all'a'nno 1844s V1
troviamo introdotti nella nostra provincia dalla
Croazia, dalla Turchia, dal Montenero, e per mare:
Buoi e tori, capi 4726 peí val. di fior.
Vacche esoranelli 1-728 » »
Vi tel Ii 5 o
Pecore, capre ec.22i36
A-nelli , capretti 2 1 82
laiali 4318
189,040
34,56o
35o
66,408
3,272
38,856
Somma 342,486
c 118 )-
tutli questi strati pero sono misti all'argilla. Ai
xnulini del Cicola, dalla parle delle cosi dette cro-
ci Nachich, vi si trova uno strato di ferro fosfo-
rato per modo, che svogliendo il minerale di not-
te, vi si sviluppano scintille fosforiche a guisa di
quelle, che in mare, d'eslate specialmente, si veg-
gono nella briva de' bastimenti in corso. E forte
questo strato di circa un klafter, lungo a giorno
klafter 6, ed è composto di piccolissimi pallini
sciolli, di forma regolare.
Nelle attinenze di Lucar poi, e separatamen-
te dallo strato sopra indícalo, in uno dei princi-
pad dirupamenti del Promina, aTrilj, distretto
di Sinj oltre il Cetina, ed a Struze di Narenta
v'hanno strati di pielra ñera di ferro, dalla qua-
le si potrebbe ricavare maggior profitto che dagli
allri di sopra indicati; ma i primi due sono po-
veri, e quello di Slruze sollanto potrebbe essere
lavorato, e ció viemmeglio, per essere il medesi-
mo a giorno, quindi facile a guadagnarsi, non
domandando nissun lavoro di sparecchio; di più
ancora trovandovisi opportuno a Yidogne uno stra-
to di litantrace bruno , o lignite.
Quanto sarebbe desiderabile, che fosse intro-
dotto anche in Dalmazia questo ramo d' industria,
e nel paese rimanesse il danaro, che si spende per
tante qualità di ferri greggi e lavorati! 3).
l) Nel 1844 furono introdotte in Dalmazia le
seguenti quantità di ferro greggio:
dalVUngheria centinaia i/¡
dalla Turehia » 170
per mare 4o'9
In tutto centinaia 42o3
Consideres)ole del rimanente è la quantità del
ferro di già apparecchiato a varii usij per cui
a ir industria dalmata è tolto il rnezzo di trarre
varitaggio dal minerale greggio.
Per ricavare deïïutile da una fornace da
ferrie ra 3 converrebbe che essa sia in attività al-
meno 200 giorni consecutivij e giuntone il ri-
scaldamento a quel grado j che si richiede per
fondere il ferroj, se ne guadagnano al giomo
da 100 a 15o centinaia di ferro greggio. Per
tal modo se ne ricaverebbero da 20,000 cen-
tinaia di ferro all'anno, quantità cinque volte
maggiore del bisogno domesticos come apparisce
dalla cifra su esposta.
Ma la buona qualità del minerale, il prez-
zo possibilmente limitato del medesimOj salvo il
tornaconto deïï imprenditore, non tarderebbero
ad aprirsi la via sui mercati forestieri. E evidente¿
che in nessuna provincia abbondante di ferro, si
guadagna il métallo per il solo consumo domestico.
Anni or sono, venne eretta una fabbrica di
ferro poco lungi da Ribarich, fra Verlica e Sign
sulle sponde del Cetina, dalla qnale si traeva una
qualità di ferro eccellenle, dolce e managevole ;
se ne trovano tultora pezzi a Sign, ed a Ribarich
le tracce della fornace, e qualclie residuo di uten-
sili per fonderlo. I proprietarii pero, a dispetto
della loro buona volontà, dovevano abbandonarne
1'impresa, ed eccone le ragioni :
Lavoravano lunga pezza , guidati da diretto-
ri inesperti, e la conseguenza della loro imperizia
si fu , che dovettero alla fine sospendere il lavo-
ro. Mancavano essi delle piíi importanti cognizio-
ni; limitavansi a raccogliere il minerale sulla su-
perficie del suolo, addiacente alia fornace; prova-
rono hen presto penuria di materiale, che dove-
va alimentare il forno, e dovevano attendere la
caduta della prima pioggia, che denudasse alcune
parti per raccogliere del nuovo minerale -- Ed
intanto con grave danno economico raffreddavasi
la fornace: i proprietarii dovevano pagare le mer-
cedi ai lavoratori , che a bella posta vi furono
fatti venire dalla Yaltellina, e stavansi inoperosi.
Ma se invece avessero scoperlo uno strato di
ferro quantunque piccolo, ed il più vicino dei molti,
che da quella localilà si dilalano alia volta di
Malcovo, e Potravlje, avrebbero avuto una fonte
insausta di minerale, e di qualità ben diversa da
quella , che offrir poteva la superficie solamente.
Aggiungasi ancora , che se in luogo di accendere
carbonaie, ritraendo le legne da boschi lontani,
ed il cui trasporto cagionava non pochi dispen-
dii, avessero posto a profitto uno strato di car-
bone fossile, che trovasi poco distante dal Vuco-
vich mosts ponte, che attaversa un ramo della
Cetina , non sarebbero stati nella dura necessità
di abbandonare un'impresa, che per essere stata
l'unica di questo genere in Dalmazia, avrebbe po-
tuto daré, in luogo delle seguite perdite, i più
vistosi vantaggi.
A' di nostri si potrebbe a buon diritto doman-
dare, perché non si pongono a profitto i tesori
naturali, di cui abbonda la Dalmazia, e special-
mente di ferro, che in diversi punti presenta ot-
limo minerale, a lui contiguo il carbón fossile, e
qua e là anche aqua, se ne fosse bisogno ? Per-
ché vorremo dipendere per conto del ferro dalla
contermine Bosnia, e dall'esterno, in luogo di
approfittare della materia cruda,che tanto abbon-
da nelle nostre contrade?
Finora poteva trovarsi tal quale scusa , per-
ché nissuno s'applicasse a guadagnare il ferro,
non conoscendosi contiguo quesla minerale al car-
bone fossile, condizione indispensabile d'a\ere un
c 124 y
di ¿dicano il delhiarci al dolce sorriso del mar
che ríe vien lambendo i piedi; cosí del parí tali
macigni non possono rompere il mar procelloso;
10 lasciano venire a sua posta a farci sentire il
fracasso sotto gli orecchi, sema punto proteg-
gerne. Qliando poi voglia parlare dei nostri
monti, gli ricordi che il loro flanco e marmoreo
e non piii. Dove per altro gli piaccia dar loro
un aggiunto figuratamente rettorico, taiga, pre-
go la sua metafora da 11'o ra, che sará meglio. E
qui non intendo giá solamente ave re l'oro un
prezzo maggiore — lo sanno tutti, meno forse
qualche antiquario; si volea diré che áureo ve-
ramente chiamano il monte, il quale a levante
di Spalato dechina giü sino al mare; che alcu-
ni archeologi sognanu derivato cotesto nome da
non so quali minie re di quel me tallo delizio sis-
simo ; ma che per /rugare che i montanisti fa-
ces sero le nostre rupi, tracce di oro non ne av-
visarono mai, che io mi sappia.
Del resto ringrazii ¡1 Monitores nome dei Dal-
mati quel suo archeologo, il quale ne regalo due
novita pellegrine; vale a diré: Diocleziano esse-
re qui venuto per piantar cavoli, e questi cresce-
rc a Spalato, i piu belli del mondo. Veda un
po beile cose che sanno i letterati e gli anti-
quarii da cavoli!- E a diré, che no i poveri dia-
voli credevamo di buona fe de, luí cacciatore e
infernúccio e stanco di fatiche e di gloria aver
voluta riposarsi nella quiete del suo palazzo, e
curar la salute sotto questo cielo temperatissimo,
e spassarsi cac ciando per questi delizio sis si mi
clivi! Una cosa qui mi sorprese, che cioé un
archeologo, uso a daré a uno spillo arrugginito
í importanza della lancetta di Esculapio o Chi-
rone, abbia ora invece converso un' eroe in sem-
plice agricoltore. Certo a me parea sino a des so,
che un monarca in ritiro inseguente fra i boschi
11 cinghiale, facesse ben piu nobile mostra che
nd incurvare la schiena su la mazza e lo anaf-
/uitoiü. Sará forse che io non sono storico si
profondo da rilevare la. nobiltá d'uno imperato-
re che p i anta cavoli! Ma iriconcepibile volubilita
del cuore umano! diro ancfi io collanonimo ar-
ticulista. II quale a questo luogo scappa via con
uno squarcio morale; e di Diocleziano, barbara 1
tigre, che poi diviene tenero il cuore di compas-
sione, por ge una dipintura cosí toccante da trarre
per lo solletico il latte alie labbra. Peccato che
c'entri una ridicola pappolata salle carote, la
(piale ci costnnge ad esclamar con lui sullo
scorcio : che miserabile guazzabuglio!
E qui a proposito di carote, chi diaci-
ne scriése mai queli' articob ? a poter diré che
fra noi questo gusto dei cavoli traligno,, si che
adesso invece si piantano carote? Se egli mai
fosse un dalmata ! - Dio mi perdoni il sospet-
to vorrei gli si dicesse, che in Dalmazia non
si piantano quasi mai carote negli orti; si pero
qualche volta negli scritti, come in tutti i paesi
del mon do,- perche degl' imbecilli, per disgrazia,
ve ne han per tutto. Ei pero si con ford, che
dei cavoli tuttodi ne crescono di molti e di belli
nei broli, a non parlare di quelli, onde si allé-
grano a quando a quando i campi della lelte-
ratura. A riche vorrei pregare il LM oni tore Univer-
sale che mi dica, se il titolo di archeologia
lo štampo in capo a quella scrittura - se pure
in essa discernesi capo o coda -- per quel ma-
gro tocco sulla vita di Diocleziano e sulla di-
struzion di Salona, puntellato sull' autorità di
Becker, e dell'abate Carrara. Se questo fos-
se, e' sarebbe, assai poco, e per la intrinsi-
chezzci della materia, e per le fonti da che si
dériva. E certamente io mi credo che Becker
non vorrà esser da piu di tutti que' valentuorni-
ni, che scrissero di Roma e di Diocleziano. Ri-
spetto poi aïïab. Carrara, noi conosciamo trop-
po bene la giusta modestia di lui, per non es-
se re certi, ch' egli si sdegni a vedersi messo in-
nanzi al Farlati e a tanti altri, i quali delle
cose salon i tane se risse ro molto prima, e mo/fo
piu profondamente di lui. Quanto finalmente alla
descrizione de' giardini dioclezianei, falta rico-
piando qualche versi del buon Petrarca, si do-
vrebbe dire al corrispondente del IVI on i tore, eha
non avendola potuto spacciare in Arcadia mezzo
secolo fa, miglior partito oggimai sarebbe il met-
terla . . . ira i dirnessi. (il fine nel prossimo num.).
A. A. G nuis iss i en.
Le carovane di Spalato.
(11 sig. Antonio Fenzi, publicava nel N. 7
di questo giornale alcune sue idee intorno alie
carovane turche, ed esponeva le ragiuui, per cui,
a suo credere, siffatte vene di commercio, siavi
o no del sale bianco a Spalato, non darebbero
a' giorni nostri que' risultamenti, che mezzo sé-
calo addietro vi si segnavano.
Si nis trámente furono interpretate quelle pa-
role, come ostili ai desiderii della popolazione,
lo che indusse 1'autore a concretare il suo pen-
siero, ed esporne l'essenza nel seguente N. 1 ó,
TEATRO DI ZARA.
Se nel tempo della reallá fredda e del calco-
lo, in cui gli affelti nobili e il sentimento del
bello paiono quasi sopíti nei cuori, un'apparizio-
ne gentile viene a riaccenderne le íiamme, e par-
lare di nuove speranze; se questo accade nelle
regioni di un'arte piu che niun altra caduta in
fondo, ma piu che niun' altra alta a dilevarsi; e
se ella viene inaspetlatamente a posare fra noi,
gli ultimi per solito a godere del bene; allora gli
applausi e le lodi che prorompono piu non sono
uíficio di cortesía e d'amicizia, iría sfogo dell'en-
tusiasmo e tributo del cuore; non si loda allora,
ina si ringrazia, E a questo intendo, parlando di
madamigelia Jdelia Arrivabenej che da alcune
sere é la delizía del noslro teatro, vi chiama fre-
quenza inusata, ci fa provare le piu forti e deli-
cate emozioni, slrappa applausi clamorosi e sinceri.
. Preceduta da bella fama, festeggiala al pri-
mo apparire, con la soavitá dell'indole, la ele-
ganza dei modi, la squisitezza dell'arte sua, su-
scito negli animi ammirazione e simpatie non can-
cellabili. Di aspetto leggiadro, lirteamenti ed oc-
chi espressivi, di educazione e coltura accurate,
di non comune intelligenza , reca nella drammati-
ca qualila rare, e quella sopra tutte che sola puó
rendere eccellente un'artista, quella che fa polen-
te ogni mezzo, e senza cui non havvi dote che
vaglia : il férvido amore dell'arle. Resa accorta dal
fine suo gusto, edúcala alia scuola del Modena,
lasció ella i gran gesti le grida assordanli, le af-
fantiose smanie, gli artificii convenzionali e falsi
della maggior parte dei comici, per farsi única-
mente studiosa della natura e del vero. Con mez-
zi semplicissimi, il gesto parco e naturale, il va-
rio atteggiare del viso, la verita dell'accento ottie-
ne maraviglíosi effetti. Con intelligenza squisiia ed
artistico tatto comprende il carattere che vuol rap-
presentare , se ne impadronisee , lo rende, dalla
minima inílessione della voce all'ultimo moto del-
le dita, dalla prima all'ultima scena, con unita
e verita perfette. Nella parte della fiera duchessa
nel JBicchier d'aqua, delT appassionata Teresa,
della Clotdde3 diede ella sfolgoranti prove di si
preziosa attitudine.
Dove non si stanchi di osservare il vero, di
studiarlo , di attenervisi piu stretlamenle, che non
ai modelli non imilabili, ella attingera senza dub-
bio invidiabile meta di perfezione.
Sabbato (25 aprile) ci diede per sua benefi-
cíala la Danae del sig. Dali'Ongaro, e fu un'in-
sólita festa pel nostro teatro. Addobbato a fiori,
riboccante di luce, affollatissimo. Nembi di poesie
e di fiori, scoppii di applausi la salutarono al
primo apparire, e andarono rinnovellandosi pella
serata.
Del dramma faremo due sole parole. Noirin-
graziamo il Dall'Ongaro deH'affeUo e della stima
ch'ei mostra sentire pei Dalmati, lo ringraziamo
dell' inlenzione ch'egli ebbe di rendere on ore al no-
slro nazionale carattere, ma l'ha egli fatto veramen-
te nel suo dramma? Si conveniva a un dalmata
al Nico leale degli alti primi, l'atroce vendetta
dell'ultimo? Attendere lunghi anni, e volare ai
confini della terra , a raggiungere il suo abbietto
nimico , e apertamente affrontarlo poleva egli, non
assassinarlo vilmente né involgere i u una strage
tanli ínnocenli.
Per niun modo possono essere scusabili si-
mili azioni , meglio convengono agli eroi dei Mi-
steri di Parigi, che a'slavi leali.
L'esecuzione fu in generale assai buona. II
Ninfa Priuli rese spesso con naturalezza la parte
di Nicoj il bravo Terzuolij non lasció nell'ombra
quella piccolissima di Ive, ma XAdelia¿, ci parve in-
superabile. L'aspetto infermo e patito, il passo
dubbio e ineguale, 1'ansio terrore ch'ella prova pel
pericolo del colonnello, 1'ultimo spaventoso delirio,
rese con tale slraziante verita, cui nessuna attrice
varrebbe a superare.
A rendere compiuto il trattenimento nel mo-
do piu gradito esegui l'orchestra una muta di wal-
zer¿ bellissimo lavoro del sig. Giovanni Salghet-
ti. Fu egli chiamato piu volte sul proscenio , e si
volle la replica del pezzo. Questo giovíne ingegno,
che, come il Tommaseo scriveva, ama la música
di nobile amore, possiede qualitä distinte, e de-
cisa attitudine a riuscire ncU'arte. OíFriva gia egli
in varié romanze e canzoni, rese di pubblica ra-
gione saggi tali del valor suo, da darci diritlo di
esigere qualche cosa di piu. Che egli atiende a
lavoro di maggior lena, noi gia sappiamo, perse-
veri egli costantemente, non día addietro per diffi-
colta nessuna; pensi che la patria e l'arte mollo
attendono da lui, e ch'ei deve avverarne le spe-
ranze.
Di questa straordinaría serata noi serberemo
memoria gradila, e a coloro che ne fecero gusta-
re emozioni si dolci, gratitudine vera.
le. La svcnlura meglio che la prosperità purifica
l'uomo.
Nobile che ami i popolani, ha fama e gloria
a buon palto.
Patrocinio tolvolta è latrocinio.
11 salcio piangente si china ; e in questo è
la sua maggiore bellezza. E ben fu chiamato pian-
genle. 11 dolore rende l'uomo umile e amabile
allrui.
Il dolore è varielà; ci toglie all' uniformità ,
all'uni là ci conduce.
Non pochi nell'atto che godono un bene,
s'ingegnano di negare il mérito di colui cui lo
debbono.
Fate a'beneficati un torto, o vero o appa-
rente che sia : vedrete quanto pochi di loro ser-
beranuo memoria del benefizio.
Agli alli monti la neve; alie anime generóse
la gélida sconoscenza.
L'isole il mare difende da tutte le parti, e
da tutte percuote. AU'uomo la soliludine è insie-
me sicurezza e dolore.
A' grandi uomini e ai grandi scellerati si ía
soliludine inlorno. 1 mediocri e nel bene e nel
male lianno folla, e fanno folla.
Se l'imbecillità non avesse i suoi vantaggi,
gl'imbecilli non sarebbero tanti.
11 mérito degli uomini in societa si giudica
non tanto dall'utiie quanto dal piacere che il loro
commercio por ge. G. Franceschi.
Signor Redattore della Dalmazia.
Ad ogni domanda onesla é debita una rispo-
sta : perciô, signore , credo mio dovere risponde-
re due parole a quelle che mi volgeste nel N. 17
della Dalmazias e spero che vi eompiacerete in-
serirle nel giornale medesimo.
Una nazione, massime se conservi come la
vostra, signore, 1'Índole primitiva, non si po-
trebbe, io credo, rappresentare in un solo, sen-
za caricare quesl'uno di tutle le virtù e di tutti
í difetti piii contrarii fra loro, o almeno senza
dissimulare gran parte delle prime o dei secondi,
e farne un mostro o un eroe. lo abborro nell'ar-
te i tipi si d'un genere che dell'altro, e non mi
sono mai sognato di dare nel Nico della mia Da-
tiae3 il tipo de' Dalmati, come non volli dare il
tipo de'francesi in Latour. Io volli dipingere un
dalmata rozzo, un soldato di s. Marco, uno di
quelli che aveano veduto cadere quella gloriosa
repubbüca nel modo e per le ragioni che tutti
sanno : Egli non l'ha con un uomojl'ha con un
popolo: non ha capitolato con essi (son sue pa-
role) : li repula tutti uguali : si crede ancora m
istato di guerra. Egli vive al tempo deJ vespri si-
ciliani, egli è quel Pietro Micca, che fece sallare
la mina seppellendo sé stesso co'suoi nemici. JNon
dico ch'ei lo fosse ~ dico ch' ei lo credeva: per
uno di quei pregiudizii che fanno dire a taluno
ch' io conosco : vorrei poterli tutti ingoiare, e
gettarmi in mare per affogarmi con essi. Questo
era un cara Itere vizioso, esagerato, brutale, se
COSÍ si vuole, ma non assurdo, né falso: era il
carattere che conveniva alia catástrofe del mío
dramma, e non altro.
A temperarne 1'impressione che doveva pro-
durre vi posi vicino L>e, a cui l'amore della ía-
miglia aveva edúcalo il cuore a sentimenti più mili,
Dragovichj che un giorno, al dire di Nico¿ a-
vrebbe fatto allrettanto, ma dall'educazione, dal-
l'esperienza ollrecché dall'affetto paterno aveva im-
parato a stimare tutte le nazioni del mondo an-
che awerse e antipatiche, finalmente Emma3 nella
quale il tipo della donna dalmata è più vergine e
più completo: Emma, che dall'amore puro e pos-
sente apprese a perdonare anche a quello che l'a-
veva oítraggiata e tradita. Tutti quesli son dal-
mati al pari di Nico, ed era mia inlenzione che
il mió dramma si chiamasse con questo nome. Î
Dalmati, perché non si avesse a credere rappre-
sentata la nazione da quel solo , che ne conserva
le vesti. Se il carallere di Nico è falso e incoe-
rente, sarà peccato dell'arte; ma non si puô farne
carico all'inlenzione deH'autore che 1'ha circonda-
lo da quegli altri, che disapprovano la sua feroce
risoluzione, e nei quali ha voluto raffigurare la
parte eíetta dei Dalmati.
Quesfe parole non rispondono che alia do-
manda che sembra sconoscere 1' inlenzione mia :
non difendono il dramma che non va scevero né
anche a'miei occhi di gravi mende. Del reslo ai
Dalmati che amo ed onoro è consegrato un altro
lavoro inédito ancora: Marco Craljevich, nel qua-
le mi sono ingegnato di rappresentare un po'me-
glio il carattere serbico.
Gradite, signore, i sentimenti di sincera sli-
ma, ch'io serbo alia vostra nazione ed a voi.
6 maggio 1846. Trieste. F. DALL'ONGARO
ELOQUENZA SACHA.
(Dalla Gazzetta di Zara jV. 38~).
II clero, che dell'incivilimento vero fu sem-
pre o fondatore o custode, il clero puó rigenerar
Da Ragusa usci un Gotaugli, che compose
¡1 primo libro sul cummercio, stanipato a Vene-
zia; un Menze , che intessé la prima tragedia re-
golare, stampala pure a Venezía nel i5oo; un
(ihetaldi, che pubblicö la prima applicazinne del-
V algebra alia geometría; un Boskovich, grande
astro nomo ; Banduri, istorico; Baglivi, medico; sen-
za noverare tantí altri filosofi, scrittori valenti,
meccanici e mnsici, autori in molti rami delle
scienze e dell' arti.¿£sé tra questi sara mai obliato
Giovanni Gunduliph, poeta epjcoi a cui tra nos tri
non V ha^ secondo, ch'io mi creda , daLCarpazio
al Montenegro, ma la sua divina musa, piú che
la Slavía , ha vinggiato 1' anticq^Lazio__e_ liL
dcrna Italia, per il che i forti sentímenti di _Iei
e gli elevati pensieri non appaiono sempre vestiti
secondo la natura e il costume proprio di nostra
língua e nazione : difetto del secolo in cui vi vea
quel grande; e mi si perdoní, se per questo rap-
porto io preferisco un nostro canto popolare ad
un cjmto doir Osm^ideT^
I glövani, che sono i concittadíni di tanti
sommi , calpesteranno essi forse la gloria di tanle
loro corone? Con tali lumínari dinanzi agli oc-
chi, le discipline filosofiche per certo non li ren-
deranno vani, dubitalisti"* e sofistici; com^spesso
avviene a' nostri tempi : ma davvero studiosi di
sólidamente progredire, dietro si chiari esempli,
nella religíone e nelle scienze, che piú giovano ai
bisogní tanti della patria, di cui non v'ha cosa
piíi dolce; poiché vero sapiente sara quegli, che
sapra trovare i mezzi atli per conseguiré il fine
piú sacro, che é quello di rendere prospero il
suo paese. E sa ciascuno, che specialmente la
agricoltnra, la navigazione cd J1 cominercio, lo
studio dell' istoria e della liugua nazionale, aven-
do a guida la provvida e sana filosofía, potranno
migliorare lo slato di Ragusa e in generale di
tutta la Dalmazia, E il dotto, il filántropo, e
I'operoso vescovo monsignor Jederlinich, che gia
si fece distinto onore stille cnttedre e in Germa-
nia ed in Italia, sapra ben egli volgere tutto ad
un punto desiderato. U. D.
tu
BIOGRAFIA DEL CARDINALE
GIORGIO DR.ISKOVICH
DALMATA
Rinnalvare i pensieri alie dimenticate
glorie de' maggiori gli è come ac~
cendere una ¡iaccola ed accostarla
ad un viso gentile sepolto neliombra;
gli è come uggiungere una corda alia
lira dell'anima umana, una ghirlanda
alla tomba, che copre tante ceneri sa-
cre, un illustre concittadino alia pa-
tria delle intelligence, un compagno
amico e soccorrevole nella mesta via
della vita. Tommaseo.
Giorgio, uomo grande, e per moite sue vir-
per gli onori , per la gloría , che s' era pro-
cacciata mentre visse, insigne, nacque a Biline,
cas tel lo nel circondario di Zara, l'anno I5I5 ai
5 di febraio , da antíchissima e nobilisâima fami-
glia Draskovich, ed a quel tempo di già fregiala
del litólo de'conli, la quale fin dall* n.° secolo
erasi resa celebre per le rícchezze, per gli onori
e per le nobili imprese 1). Molli fra gli scritlori
porlano opinione, doversi ripetere la primitiva ori-
gine della famiglia Draskovich dalla Dalmazia2),
riportando a sostegno di questo vero, che i mag-
giori di leí, per le molte ed egregie virlu loro
praticate inverso lo stato, furono dai re d'Unghe-
na investiti del possesso di due comitati, di Cet-
tina cioè e di Knin nella jadíense provincia , ed
oltre a ció attribuiscono loro il principato di Udi-
ne nella Slavonia.
Ma poiché non basta a rendere allrui chia-
ro 1'accontentarsi della luce de' passati , essendo
la nobiltà come un ricco manto, il quale sempre
raccorcia, e rientra si, che se altri con l'azioni
proprie non vi appone di giorno in giorno mate-
ria di fama, presto diviene in maniera corto, che
que' che vengono, non si possono rícoprire inlie-
racnenle con la sua onorevolezza (Dante c. 16.);
per la ragione istessa a Giorgio non basto di es-
sere nato di stirpe tanto chíara, chè si diede
con le azioni proprie ad acerescerle nuova fama
e riputazione. Ebbe esso a padre Bartolomeo, uomo
celeberrimo, a madre Anna Martinusia, donna dis-
tinlissima, ed a fratelli Gasparo e Giovanni. Bar-
tolomeo , perduto avendo per le sempre maggiori
conquiste ' de' Turchi quanto in Dalmazia vi pos-
sedeva, passo in Croazia, e presevi stanza nella
terricciuola, che Svarsa s'addiinanda. Giorgio Mar-
tinusio fratello d'Anna , vescovo di Varasdino, e
II capostipite della famiglia, che le procuró la nobiltà e
!e prime possessioni in Dalmazia mori a Ziny (Sinj) nel 1113
[Arch. della fam 3.
2) Ncll'archivio di famiglia si tonservano oggi ancora molti
documenti, che comproyano l'origine dalmatica de'Draskovich.
-( 22i )—
prima Tesempio della riverenza ch'è debila alle
ispirazioni del popolo nostro, era cosa da notare,
cred' io, con rossore insierne e con gioia I).
VIII. INei tenui miei lavori sempre inlesi a con-
cillare , quanlo debolmente potessi, l'anlico col
nuovojil nostrale con Testero, la natura con Tar-
te, la ragione con la íede , la scienza con l'affet-
to-, la fantasia con la critica, il paríalo linguag-
gio con lo scritto, il ben sentire col bene scrivc
re, i dotli col popolo, gli adulti co'fanciulli, la
dignità della donna con Tumiltà sua, e di lutte
l'anime umane la dignità con la pace.
Fui sovente franteso: e n'ebbi dispettoso do-
lore in sul primo, poi, pielà rassegnata. A me
che per gli ingegni e nostri ed esteri, arditi au-
tori di eletie novità, combattevo da quindici an-
ni, fu rimproverato, come serio insulto a un gran
nome, un' ironia volta a'pedanti insultalori di quel-
le «).
IX. Siamo una Stirpe , una famiglia , un cuore
ed un labbro. E tutti i popoli vicini e lontani
sien da noi riguardati come figliuoli del medesi-
rao padre, membra del medesimo corpo, gocciole
di quel sangue in cui tutta sul monte del riscat-
to , lutta quanta, o Signore, fu Tuinanità batlez-
zata 3).
BIOGRAFIA DEL CARDINALE
«IORGIO BRISHOIKH
DALMATA
(Vedi il N. 25.)
Quanla autorità e quai favore ne godelte il
nostro Giorgio alla corte di Ferdinando, tanta
n'ebbe durante il governo di Massimiliano, il qua-
le nel 1564 ne prese le redini. Egli tanto con-
fidó nella fede, nella prudenza e nell'ingegno
di Giorgio, che dopo la morte di Pietro Erdeo-
do awenuta nell'anno 1566 , lo investí della pre-
fettura dei tre regni, e lo nominó baño della Dal-
roazia, Croazia e Slavonia , e gli die'a collega nel
magistralo Francesco Szlunio (Du Fresne). INè per
modo alcuno nel disimpegno di tale uffizio vi man-
có all'opinione ed alia speranza, che di lui aveva
merilamente concepito Massimiliano. Erano quei
tempi ollre ogni credere gravi d'accidenü e tur-
bolenli tanto per le interne discordie, che per le
continove invasioni dei Turchi, onde poteva dirsi
ogni cosa tirasse alla barbarie. Egli quasi solo
ebbe a sostenere colle fort i sue spalle il regno, per
Canti Toscani 365. St. 1841.
A Scintille 226. 227.
J) Scintille 237.
ogni dove da universale procella combattuto e
scosso. Da prima (¡5j2) in unione di Gaspar«
Alapio e di Malteo Keglevich (Du Fresne) a viva
í'orza atierro lo stendardo della molla inalberato
dalla tracotanza d una plebe, che rabida schizzav*
fuori dalla bocca imprecazioni orribili e lunghe
querele contro i lavori servili e le moltiplici gr;\-
vezze imposlele dallo stato, e terribilmente minac-
ciava a tutti solto la condolía d'un certo Malteo
Gubecio; e procacció eziandio, che i soprainlen-
denti alie castella ed alie tenute di episcopale dl-
ritto non aggravassero i sudditi di pesi e di bnl-
zelli oltre a que'che v'erano indicati ne'decreii
di Eberardo e di Osvaldo» Onde facendo parola
di questo governo a ragione ebbe a dire il Du
Fresne (p. 232): Non tam magnitudine rerum
gestarumj quam prudente provincia? administra-
tione3 nobüitatus est.
Accadde frattanto, che i popoli abitalori della
regione fra la Sava e la Culpa, stanchi per le
continove molestie pórtate loro da Turchi, e pri-
vi di forze sufficienti ad opporvi solida resisten-
za, in unione ad alcuni nobili di confine, mac-
chinarono di porsi sotto la protezione delTottoma-
na potenza. Appena che ció venue alla sapula di
Giorgio, fece opera tale, che desisterono da cos'i
nefando proposito ; li forni dell'occorrente alie di-
fese, e da ogni nemica aggressione rese sicuro il
confine (Svear. Vol. 4>Prlg- 3g3.). A questo torno
di tempo guarda eziandio un'altra e più terribíle
sedizione, ch' ei da quel maestro ch'era, svenló de-
strámenle. Giovanni governatore della TransiIvania,
unilamenle ad alcuni più cospicui personaggi di
Ungheria , avevano congiurato conlro Massimilia-
no, col fermo proponimentó di sbalzarlo dal tro-
no, e col ferire in siíFalta guisa lo stalo, accen-
nare a più alte imprese. Imperciocchè Tambizio-
ne non si accontenla d una vittoria , ma vi corre
sconsigliata sulle vie infinite, roveseiando e distrug-
gendo ogni cosa , nè s'arresta , che quando preci-
pita. Ed a riuscirvi maggiormente, 1 rivoltosi a-
vevano mandato di nascoslo messaaín nella Slavo-
nia , afhnchè raccendessero ovnnque la face della
rivolta fra la plebe, e tentassero ogni modo d'aí-
tirarvi lo stesso baño con ampie promesse. Tre-
mó Giorgio all'udire una tanto esecrabile propo-
sla , ammoni e minacció que'felli deputati, e da
queH'uomo ch'era, cercó modo di torre via taii
storte allucinazioni col' richiamare loro alia memo-
ria i tanti benefizii in essi collocali dallo slalo.
Poscia quanto poté prima, fece conoscere Tordi-
tura di quesla lela nefandísima e perigliosissima
a Massimiliano, il quale usando de'savi e prur
denti consigli di Giorgio, ridusse all'obbedienza
vano-plastica e sulle strade ferrate. Voi vedete be-
?ie che cosí fatte cose in uno articolo sulla elo-
quenza sacra ci stanno come a pigione. -- E
(fuelle sognate inspirazioni poetiche ascritte a
mérito d'un predicatore di Gesit Cristo, non vi
pare che pizzichino un pochino di satira? E
quel ricordare che il Druseich, meritamente lo-
datOj, non e istrione — la caricatura piü ridicola
in pulpito e piü insoffríbile ? e che so io ? —
Ma non abbiate timo rej che tutto quetio, e al-
tro assai ometterb per adesso¿ non volendo abu-
sare piü lungamente la vostra pazienza - fate
anzi di avermi per iscusato anche delle lungag-
gini scritte sin qui, e continúate a voler bene
al vostro A. A. GRUBISSICH.
ORNITOLOGIA DALMATA
Altre volte abbiamo avuto l'occasionc di far
breve cenno della riccliezza in oggetti naturali,
taluni rari assai, per cui é in fama questa no-
slra provincia, ed a tal fine percorsa di tanto in
tanto da naturalisti d'ogni nazione 1). Ai giovani
nostri, che una qualche disposizione mostrassero
a questo genere di studii, crediamo di giovare
publicando poco a poco tutto ció, che in questa
parte del sapere o gia si conosce, o viene di trat-
to in trallo meglio determinato, e non rade volte
scoperto in uno od in altro dei regni della natu-
ra. Quand'anche dovessimo limitarci alie semplici
enumerazioni degli oggetti, ci sembra che anche
queslo aiuterebbe, onde avviarsi piü fácilmente a
siffatti studii, volgendo l'attenzione primieramente
alia storia naturale patria.
Rin graziamo il sig. Francesco Petter i. r. pro-
fessore di lingua tedesca nel ginnasio di Spalato,
membro corrispondente della regia societa botáni-
ca di Ratishona, d'averci cortesemente fornito di
materiali pregevoli spettanti a varii rami di storia
naturale, in cui scorgesi piu d'un oggetto, indíge-
no esclusivamente in Dalmazia. — Eguali grazie
rendiamo a'que'benevoli cultori delle cose natu-
rali, che con amore ci assistetlero con alcurie di-
lucidazioni e qualche giunta agli elenchi del sul-
lodato professore, che sin dal primo suo giunge-
re in Dalmazia , seppe e far conoscere, oltre a
quel che si sapeva gia innanzi a lui, a piu d' un
naturalista d'allri paesi quanto di bello e d'inte-
') Trovansi presentemente i a Obbrovazzo il sig. Stentz di Neusiedl; il sig. Vito Kahr di Berlino a Spalato, Sehmid d'^m-burgo ci lasció grorni sono — fa pure annunziato l'arrivo del-l'cutomologo sig. Hampel di Vienna, in cerca di coleopteri.
ressante ewi da noi, e colle sue raccolte arrie-
chire musei publici e privati.
E cominciando dagli uccelli -- che nelle no-
stre publicazioni non possiamo seguire un ordine
scientifico, dipendendo esse da varié circostanze --
tacendo degli antecedenti naturalisti nostri e stra-
nieri, che in molte parti spianarono la vía a nuo-
ve scoperte; tocchiamo primieramente l'epoca im-
portante per l'impulso agli studii nell'ornitologia
dalmata, e la datiamo dól 1828.
Doveri di servigio chiamavano in Dalmazia
sullo scorcio del 1828 Cristoforo barone di Fel-
degg, allora capitano del 7.0 battaglione de'cac-
ciatori Nei due anni, che di moró in questa
provincia, parte a Castelnuovo di Cattaro, parte
a Spalato e parte a Sign , bastavagli questo breve
tempo, perché con indefessa attivita formi una
ricchissima collezione di uccelli nostrani maestre-
volmente imbottiti. Si deve confessare pero, che
per raggiungere questo suo scopo aveva a pro-
pria disposizione mezzi, di cui gli altri naturali-
sti per ordinario difettano. II professore Petter vi-
de piü volte la sua collezione e studiolla; colla
sólita cortesia il barone gli permise, che ne fac-
cia l'elenco, in cui pero omise i volatili domesti-
ci. — Partitosi Feldegg dalla Dalmazia, Petter
andava completando quella prima distinta coll'a-
iuto del suo amico dottore Michahelles di Mona-
co 2), il quale pure ben conosceva gli uccelli dal-
mati,e per aver ¡ntrapreso all'uopo due viaggi in
Dalmazia, e perché ogni poco riceveva nuove spe-
cie dal defunto Neumayer di Ragusa, e perché
finalmente aveva veduto piü volte la collezione del
bar. di Feldegg a Francoforte sul Meno. L'ultima
rivista all'elenco fece due anni or sono il dotlo
naturalista di Vienna Giacomo Heckel, abbastanza
conosciuto agli ornitologi ed ittiologi 3).
Non tutti gli uccelli, enumerali dal prof.
Petter nell'elenco che siegue, sono da conside-
rarsi stazionarii; di questi pero anzi il numero e
tenue anzi che no. Vi é tra loro qualche specie pro-
pria soltanto della Dalmazia. Moltiplici sono all'in-
') Vedi il nostro N. 6 a. 1845, pag. 52. Quest'attivissimo naturalista a fine di studiare la storii» naturale in Grecia, s' imbarcó colle truppe bavaresi in qualita di medico militare. Troppo presto lo rapi la morte a grande dau-no della 6cienza. La dimora tra noi del sig. Rheiniscli, ufficiale d'arti-glieria, porse occasione a piü d'un amatore deH'ornitologia di ammirare anche la sua raccolta. Per piü anni se ne oceupava , e non ischivó fatiche, fermandosi per tre anni di seguito tre mesi e piü alia Narenta, raccogliendovi tutto quel di particola-re, che vi si poteva trovare in uccelli di rapiña ed aquatici. La massima parte di uccelli imbottiti, che si trovano nel nostro gabinetto ¿museo), li dobbiamo ai generosi donativi del sig. Rheinisch, F«ldegg, e piü altri, come é stato publicato a suo tempo nel la Gu&xetta di Zara.