maggiore più sollecita dell' Ailanto nei terreni im-
produttivi, onde poter approfittarne come albero
boscliivo, e come nutrimento al relativo baco, del
quale la oggi, pegli studii del filatore Irancese si-
gnor Form egoi, si conosce il modo di dipanare il
bozzolo con continuazione del suo filo, di torcerlo,
renderlo bianchissimo, e tingerlo con qualunque
colore.
Zara, 5 novembre 1862.
Il Presidente
PETROVICH,
Il sig. ab. Lj ubidì.
Giacché dal chiarissimo sig. abate voglionsi da
me alterate a malizia le sue parole, m' è forza re-
carle quali ce le ridice egli stesso. Pag. 13: "Vi
"dirò soltanto, che ove tra noi sbiicca un qualche
"raggio di luce^ debile sì, chè gli splendenti sono
"ben rari, a mille si accalcano tosto per gettar-
"glisi addosso e spegnerlo col peslifero fiato. „ Pag.
17: "Ma grazie al Sommo Giove 0. /!/., che a que-
"sto tempo il buon senso è proprietà comune, e
"che i semi gettati dal sig. D. volarono per l'aer
cieco, spogli di polpe, cadendo tra sterpi e bronchi
"a pasto d^immondi animali.^ . . . . . . .
Imploro la benignità del eh. sig. ab. Lj ubidì,
che non voglia apporre a mia malafede se nella
stampa da me non potuta vedere corresse un qual-
che leggiero sbagHo a deturpare il suo stile, del
quale egli è tenero giustamente. Ma s'io volessi
citare tutte le pagine dove a un dipresso ammi-
rasi r eleganza che ne' due periodi dallo stesso
uomo erudito trascritti per renderceli piiì memo-
randi, dovrei copiare gran parte delle opere sue,
e cosi offendere il diritto della propriettà lettera-
rio. Basti il luogo seguente:
"La pretesa di escludere tosto l'italiano in Dal-
^'mazia dalla vita pubblica sarebbe certamente non
"meno strana di quella che V. S. va, non so con
"quanta coscienza cittadina insinuando; cioè che
"a^co là ove la lingua italiana non fu peranco
"introdotta tra noi, la si dovrebbe ficcare, a chiodi
^piir anco se duopo fosse, per far risorgere la
"Dalmazia; come se l'empiere le tasche vuote fosse
"pili d'una hngua che d'un'altra.„
E acciocché non si dica di' io detraggo all' o-
riginalità dell' autore, avvertirò che non solamente
Vinsinuare la pretesa, e V anco e il pur anco sono
maniere di lui; ma è tutto suo il ficcare a chio'ii,
ficcare a chiodi una lingua ; che credo anch' io che
la lingua non empie le tasche, ma tengo che la
lingua d'un popolo civile e vicino e i cui com-
merci a noi sono inevitabili, possa aiDalmati tutti
giovare, e possa non pur senza danno ma con van-
Ì;aggio della Slava essere conosciuta. Del potersi
dalle parole dell' uomo erudito sospettare che fosse
mio il desiderio del ficcare a chiodi una lingua, e
mia la sentenza che la lingua italiana possa far
risorgere la Dalmazia; io non mi dolgo siccome
d' atto di poca coscienza e di poca onestà, al modo
che usa verso di me l'uomo erudito, del quale
io avevo pur rammentato con lode uno scritto,
dove con pienezza di critica e con veracità sto-
rica e con prudenza esemplare era narrato dei
fatti e scritti di me, che non ambivo l'onore della
sua menzione. Ma il sig. abate, assalendo l'one-
stà di chi non ha intaccata la sua, fa torto alla
sua causa, al suo ingegno, al suo ministero sa-
cerdotale, al suo nome, che spira la fragranza
delle mammole e la dolcezza de'baci.
N. TOMMASEO,
Letteratura slava.
VI.
(Vedi il n. 71 del Nazionale}.
Pensarci frima j)er non pentirsi poi.
Al reverendo sacerdote don Michele Granich,
autore di quello scritto, rispondo colla dovuta mo-
derazione; perciocché egli è un uomo dotato di
carattere forte e indipendente; è la personifica-
zione del carattere nazionale in quanto alla for-
titudine. Peccato che é poco versato in letteratura
slava ; peccato comune più o meno a tutti noi,
e senza nostra colpa ; che il bisogno ci trasse a
coltivare libri non nostri; ma torno a dire, che
confrontato a prete Danilo, grandemente gli si
mostra superiore, perchè rifulge in lui un' ammi-
rabile indipendenza. Egli è mi annessionista che
franco muoverebbe guerra agli annessionisti, che
si dimostrassero contrari ai suoi principii ; è un
Girondino, che accanitamente si difenderebbe con-
tro a Giacobino; mentre Danilo si guarderebbe
dal mettere in compromesso il suo partito.
Di questo suo carattere egh die solenne prova
in un processo di stampa contro a lui intentato;
volle piuttosto essere condannato che cedere. Del
resto, non amo assai la sua compagnia, perciocché
è un istrice che punge dappertutto; e io che già
sono entrato in un gran vespaio, devo difendermi
da troppi pungiglioni.
In quello scritto non la perdona né a Petra-
novich, né a me; si fa giudice di tutti due; sarà
con torto; ma egli non rinunzia alla sua indipen-
denza, a costo di produrre una gran rivoluzione
nella penisola Slavo-Ellenica; francamente afferma
che nel Manuale si trovano delle cose pessime.
Ziuio !
Vede nella mia conversione un passo vile anzi
che nò; per cui non dimostro rammarico; per-
ciocché noi due andiamo perfettamente d'accordo
in punto di fermezza; io sono convinto del mio
principio; egU del suo ; e la sua dea Opinione,
che i pigmei tramuta in giganti e i giganti in
pigmei, giudicherà di noi due, ma in modo, che
non sia fatto torto alla nostra slava sincerità.
Ora rispettosamente invoco il rispettabile pub-
blico imparziale, di sospendere il suo giudizio o-
gni qualvolta vedesse proposta senza risposta in
affari di lingua slava; che per le scarse cogni-
zioni facilmente si potrebbero prendere lucciole
per lanterne; e io qui presento la mia difesa in
modo, da rendermi intelligibile anche ai poco ver-
sati. E siccome si tratta di approvare o disap-
provare; si tratta di compartire o lauro o mii'to,
e di accompagnare con laudi o biasimi ; vorrei
che si facesse uso della jiarola slavissima sprovo-
dni, e se si trattasse di zocchi o sassate, del na-
gomilali, a pag. 2. del Manuale per D.r Petrano-
vich, il quale anche gli atti della causa manda
alla magion dei morti : sprovoditi parnihie spise -, e
lascia il giudice in libertà di accumulare in una
petizione più oggetti litigiosi, come si fa delle pie-
tre : nakupiti, o nagomilati u trazbi vise prepirnih
prednielah; il che mi suona tanto bene, da prefe-
rire il bel paese ove il sì suona. Basta, a suo
tempo ne farò commentario.
Ora vengo a don Michele, ma con tutta creanza :
1. E prima di tutto prese un granchio ove ad-
dusse, che razstrojeno vuol dire organizzato, sem-
brando a me, che nel senso in cui lo devono pren-
dere e Croati e croatizzanti, voglia significare di-
sorganizzalo, per la forza che gli dà la preposi-
zione disgiuntiva ra^, appunto come in razciniti-
disfare. Coloro direbbero ?/.5//-o/^/io-organizzato ; n-
strojitv-ovgamzzaxe:, ustrojavati-^ndie organizzare in
frequentativo ; ustroj-organìsmo] ustrojan-organico ;
ùstrojen-orga.nìzz9.to ; e qui non c' entra la uz.
Secondo don Michele, alcune parole almeno si
dovrebbero scrivere con regola etimologica, come
far spiccare la raz che è congiunta a strof, come
egli mostra nel suo razstrojeno, che si guardò bene
di non confondere col mio rastrojeno, che come
ben sa indica tutto altra cosa—•; ma e Serbi e
alcuid Croati non seguono le regole etimologiche,
e in simili casi fanno male, perciocché non deve
comandare eufonia con sacrificio di una parte della
radice della parola. E siccome ho ben capito, che
nelle questioni grammaticali si debba minutamente
ventilare il prò e contra, specialmente dinanzi a
persone poco intelligenti di slavo; così io per non
discapitare, voglio il mio discorso tirar per le
lunghe, senza sfregio della Voce Dalmatica, che mi
si presta come madre pia ; a costo di andar a
vanti per molto tempo , se avrò forza ; e di ciò
grandemente dubito, chè la vita mi è di peso ; e
spezialmente in questa stagione più che. mai.
Del resto sono propenso nella maggior parte
dei casi a seguire eufonia ; e trovo che quà e là
sì segue anche in italiano, perciocché si scrive e
si psLvla, impunità, e inutilità. \
Ma non ho finito 1' affare dell' ustrojiti, che appo
Serbi e Croati suona organizzare ; mentre da noi,
e anche da loro, ustrojiti vuol dire conciar le pelli - ;
perciò mi pare, che sarebbe più a proposito detto :
iz-radili osnovu, e se ciò non piace, si trovi qual-
ché di meglio ; e così nella mia critica del Ma-
nuale proposi solo delle correzioni, dimostrando l'ir-
regolarità delle voci prescritte.
Don Michele con virulenza anzichenò osserva,
che io doveva usare nella mia Epistola a carte
34 koj, (voleva forse dire koji,) invece del mio
kqje; e parmi che l'acerba critica fu ingiusta,
perciocché scrittore slavo può talvolta usare koje
invece di sto ; e quel mio koje sve, seguito a suo
luogo da rastrojeno, é preso così in forma neutra
colletiva avverbiale per indicare in complesso molte
cose, non badando alle forme del dire straniero;
da cui io feci professione di allontanarmi in islavo
(seguendo le regole di questo). Per esempio: in un
passato mio scritto, accennai al detto Serbo: Serbi svi
i svuda, e mi parve che coli'avverbio sce, si direbbe
con più proprietà; quindi scrissi sve Hervati; e
infatti, se p. e. a Serajevo vi fossero soli Turchi,
piuttosto direi sue Turci u Sarajevu, invece di svi
eco. E non mi pare siano da disprezzare queste
mie novità ; e corro rischio di mandare in malora
e Manuale e tutti gli scritti miei ed altrui, e ta-
cermi, se in futuro trovassi degli oppositori in cose,
a cui risolutamente non rinunzio; e in mezzo a
tanta mediocrità nostra, nella quale pongo me stesso,
fia meglio che la gioventù dalmata ascolti il
manco peggio. — Aggiungono anche questo.
che forme neutre singolari si possono usare anche
dove l'azione si riferisce a molti; p. e. diglo ga u
visinu; zatvorilo ga ecc. invece di digli su, zatuorili
su ; e quella forma spesso si usa dal nostro po-
polo. Mit il marcio qui sta che noi conosciamo as-
sai meglio la lingua italiana, il che danneggia l'ori-
ginalità slava. Supponiamo che sapessimo più lo
slavo che l'italiano; cosa succederebbe ? Ne sorti-
rebbe una lingua da far ridere i morti; e ne offro un
piccolo esempio, ché questo giornale non é fatto
per la scrittura nostra: '•^Kad budem imao kad, o-
"/ici éu u njega, i pitaéu ga za zdravljey, "•Quando
"avrò quando, andrò in lui, e lo domanderò per la
"salute.,, Che bellissimo italiano! e noi abbiamo di
cotali bellissimi slavi. Non avete sentito come quei
pochi tedeschi che poco conoscono la hngua ita-
liana, la traducono a loro modo ? —-Sto meglio
come voi!
III. Don Michele quel mio raskrofiti se intende
a suo modo, e io lo intendo al mio. Scometterei
dodici paia di Indiani, che il nostro popolo direbbe
p. e. raskrotio se troskot po njivi-, došli soldati, te
su se raskrotili po selim, etc. Ma egli batte forte
sulla radice krot, ed io per converso batto sul-
r altra /i/eZ, da cui viene kleti - esecrare, e zakleti
se — giurare ; e anche klet invece di esecrato com-
parisce furfante. Non so se mi spiego. Intelligenti
pauca!
E qui chiudo il mìo articolo, primo : perché gli
articoli grammaticah più brevi che sono, più re-
stano in mente ; secondo : perchè questo scilocco
mi fa dolor di testa, e continuerò il mio ragiona-
mento sul n. 71 del Nazionale quando potrò e mi
piacerà; e facendo qui un salto da capriuolo, ri-
marcherò a don Michele che invece di izbivenje
(a suo tempo dirò se va hexieyditesca, doveva dire
diteiceta; perciocché i nomi animati neutri finienti
in e, in genitivo hanno età : pile, pileta ; jagnje,
jagnjeta-, ecc. e in qualche luogo se si dicesse di-
tesca, è mal detto. Ma don Michele in gramma-
tica é un esordiente. Dunque, o che la metta via
colla sua critica, oppure che dia incarico al Co-
mitato letterario di rivedere e correggere le sue
fatture, per non troppo sfigurare il Nazionale e i
croatizzanti.
Spalato, li 4 novembre 1862
prof, A. KxjZMAmcH,
Notizie politiclie,
AUSTKIA,
Vienna, 7 novembre, Il sig. ministro di stato,
in una conferenza avuta ieri con alcuni deputati,
comunicò che le Diete provinciali saranno convo^
eate per il 10 dicembre,
da izbili, come da biti, battere, si dice ùljeu, e noa
èiven ; e da dokiti, vincere o ottenere, si fa dobi-
ven e non dobijen'^ e in ultimo quel suo verbale
suonar deve anche come dar delle buone bastonate;
quindi dobbiamo guardarci da facili equivoci.
Cosa mo direbbero i molti dottori di nostra lingua
(cliè in lingua non dominante non ce n' è carestia)
se io qui sostenessi, come sastengo, che il pre-
sente indicativo deìla coiigiugazione passiva è er-
roneauieute formato; perciocché non si dovrebbe
dire p, e, fa sam moljen, io sono pregato ; ma mene
mole, 0 mole me ? Ma anche qui mi si contraddirà,
e non mi cale, —- Credo in somma, che dove la
radice del verbo non si prestasse alla formazione
dei nomi essenziali mancanti, si debba ricorrere
alla perifrasi col verbo, piuttosto che formare un
ingiusto verbale.
È arbitrio dire che ditesce vuol dire bambino
durante la gravidanza; perciocché e dile e diiesce
dal volgo si usa a piacere, sia durante la vita
intrauterina o dopo il parto, come è assurdo l'af-
fermare che l'aborto sempre succede per prava
intenzione. Proposi una distinzione scientifica tra
feto, e bambino nato, e mi parve che cedo si do-
vesse applicare a feto per distinguerlo dal neo-
nato. Ma mi viene opposto che si dice : musho je
cedo rodila: ed io oppongo che si dice più comu-
nemente: muèko je dite rodila-, e perchè scientifi-
camente non lice fissare una distinzione? e non
si dice anche : čedo je pod pdsoni, alludendo a gra-
vidanza? Don Michele mi crede assai più gonzo
di quel che sono ; e non sa che ancora con giu-
stizia gli posso rimarcare che tlačenje ha mal col-
locato in mezzo ai suoi ingiusti verbali, perchè
quello giustamente deriva dal verbo frequentativo
tla'dli, conculcare ; e poi ganulje, svanutje (tigu-
ratevi questo tratto da verbo impersonale), e tanti
altri consimili hanno acquistato ingiusta cittadinanza.
Infine noto anche questo, che egU appoggian-
dosi al dizionario dello Stefaiìovicli, che non con-
tiene tutto perle, dà una temeraria interpretazione
all' umile verbo pomelnuli, come se tutte le voci
serbe dovessero servire ai Dalmati ; ed è poi ri-
dicola la sua interpretazione di izniet e izmelniUi
come se si trattasse di reiezione d'immondezze;
mentre a izmetìiuli si dà anche il significato di
scaricare un'arma da fuoco; izmetmti ptiiìui, top.
Ci vorrebbe altro a ventilare minutamente tutte
le bizzarrie dei miei avversari.
La maschera corregge il mio njihovoga col suo
svoga (e ancora in altro luogo intrude ie, non mio,
e che ricuso), e così commette due errori: 1. per-
chè in quel caso determinato si dovrebbe dire
svojega e non svoga ; 2. perchè njihovoga sta là
bene, riferendosi a paziente e non ad agente. Dica
al suo protetto D.r Petranovich, di cui essa e un
alter ego, dìciì, perchè egli sdisse pišajući, gerun-
dio storto, e non pisiiéi, e meglio ancor pisiié ge-
rundio dritto? Forse che da pisali in indicativo
presente si deve dire: pisujeni e non pišem? Noli
me tangere! Ma pur consoliamoci in mezzo ai
nostri errori, che ne commettono anche i gran
scrittori di altre lingue ; e anche il tanto merita-
mente lodato Vuk Stefanovicli ne commise di molti;
e la prima parola della sua traduzione del Nuovo
Testamento è uno sproposito, ove la geneologia
traduce in pleme, stirpe, che abbraccia tutti i rami
collaterah e discendenti. Quello è il miglior scrit-
tore che fa meno torto alla lingua; e anche in
Dante vi sono dei versi fallati. La Hngua non si
impara mai.
Chiudo questo mio scritto con interessante av-
vertimento. Corre voce che il D.r Pullich, diret-
tore effettivo del ginnasio di Zara, in commissione
straordinaria per la così detta riorganizzazione del
ginnasio di Spalato, intende e vuole via [adi in-
trodurre la lingua slava, come lingua d'istruzione
per l'insegnamento religioso e per i discorsi do-
minicali nel ginnasio inferiore. Con ciò^ egli in-
tende, secondo si è espresso, di sopperire ai bi-
sogni della patria, spezialmente per ciò che con-
cerne la parte meno illuminata della popolizione
dalmata.
Questo doveroso zelo del D.r Pullich è di laude
degno; ma dove sono i libri di testo, che vorrei
vedere, se croati o slavo-dalmati, secondo la mia
intenzione e il buon senso dei Dalmati. Se croati,
rigettar si dovranno, che la Dalmazia non de\e
deturpar la sua lingua col farsi serva a Croazia;
come la si voleva far serva a Russia nel 48; e
la lingua dell'archimandrita Raich, rnsso-serbo-
bulgara, che fu adottata da Giorgio Giurich, e-
letto dal governo per traduttore del giornale uf-
lìziale d'allora, è una palmare prova dell'attuale
nostra ignoranza di nostra lingua, e della dalmata
infelicità; e credo con ciò di non predicare alle
pietre.
Chi è ancora in letargo c!ie si scuota, altri-
menti orrevohnente ritornerò al mio buco , come
quel capitano che tutto perde fuorché V onore ; e
se i croatizzanti insorgeranno culi' atll-rmare che
queste son mie meticolosità, o che è mio vanilo-
quio ; lor risponderò : la malvagità dei tem^)i vi
assicura, e l'ignoranza vi fa plauso !
Spalato, li 8 novembre 1802
prof. A. KrzM.vxic'H.
Sulla coltivazione del tabacco.
La Dalmazia che in tempi antichi formava una
delle più fertili e ricche provincie dell'impero ro-
mano, sconvolta poscia da vicende politiche e bar-
bariche orde, la provincia divenne de'sogni, come
non ha guari un gentile corrispondente della Z>J-
nau-Zeilung ebbe a qualificarla dopo profondo
studio.
E diffatti, cred'io aver egli ragione, perchè il
sonnifero liquore, di cui la provincia nostra ab-
bonda, r avrà forse tenuto in quella dolce estasi,
che sogni variati sa produrre, ed avrà sotto que-
sto influsso vergato quel caro articoletto, che tutti
ci manda a solcare il mare.
Ma davvero ch'io non sono l'uomo per questo
elemento, e grato m' è vagare piuttosto intorno
a' nostri vigneti e praticelli, e se volete anche fra
scoscesi dirupi, che affidarmi all'infido elemento.
Alla terra dunque emmi caro rivolgere i miei
pensieri, e farvi sogni dorati, senza bisogno però
di sonnifero, ed eccovene uno.
Da più e più anni questa parto sognatrice di
mondo, che Dalmazia s'appella, conosceva di quanto
interesse poteva essere a questa provincia la col-
tivazione del tabacco, per cui molto si è parlato,
più scritto, e nulla ottenuto.
Da due anni però l'i. r. Intendente di Ragusa
cav. de Kùffer, ottenne tentarne T esperimento a
Stagno in via amniiuistrativa, perchè dubitavasi
della riuscita, non sovvenendosi forse dello stabi-
limento Manfrin, presso Nona, che ne sommini-
strava a tutto lo stato della repubblica veneta;
nel successivo fu accordato pure a qualche pri-
vato, e quesf anno poi, dietro reiterate ricerche di
questa spettabile Giunta provinciale, lo si accor-
dava a più d'uno. Senonchè, secondo il solito,
quest'autorizzazione giunse quando nessuno potea
darvi mano, cioè fuori di temjìo.
Ad onta di ciò, vago come sono d'agricoltura,
io pure insistetti perchè mi fosse accordata la
permissione, e S. E. il sig. Governatore barone de
Mamula colla solita sua bontà ed interesse vivo
che ha sempre nuclrito per questa terra, volle
concedermela. Ora poi che giunto sono quasi al
fine di quest' esperimento, mi credo in dovere di
renderlo pubblicamente noto.
Checche ne dicano i corrispondenti della Do-
nau-Zeilang, ed altri consimili, di cui, pur troppo,
abbondiamo, l'esperimento ebbe il più felice ri-
sultato, sebbene tardi eseguito. Rigogliosa più che
mai fu la vegetazione tanto de'tabacchi di Tre-
bigne, come di queUi dell'America ed altre parti,
ottenute avendo de'primi piante dell'altezza di 5
a 6 piedi, e de'secontli da 7 a 8 piedi, con foglie
madri della grandezza di circa 2 piedi. Questa
vegetazione, che rarissima riesce nella contermine
Turchia, mostra ad evidenza, che tanto il clima
quanto il terreno sono fra noi oltremodo addatti
alla coltura di queste piante.
In quanto poi alla quahtà, esperti intelligenti,
fra cui alcuni di Trebigne, ottima la giudicarono.
Nulla dirò di quelh dell' America per mancanza
di periti, ma dalla loro vegetazione e fragranza
che tramandano, buoni devon^i litenere, ad onta
che dubiti sulla originalità delle sementi regala-
teci da Vienna.
Dal complesso adunque delle fattevi osserva-
zioni ed esperienze risulta (ciò che nessuno du-
bitava) che ottimo ne sarebbe il prodotto, per cui a
tutta ragione presupporre devesi che ricercato sa-
rebbe il nostro tabacco all' estero, con grande
utile di questa provincia.
Di grave interesse però presentasi in economia
agraria conoscere quale ne sarebbe il tornaconto,
fatto riflesso alle restrizioni d-jlla pubblica ammi-
nistrazione, ed al mite prezzo che viene dalla
stessa pagato (piesto genere.
Seguendo il mio sogno, ritengo, che la coltura
del tabacco, tanto nell' interesse della pubblica
amministrazione, quanto dell' intera provincia, do-
vrebb' essere intieramente hbera, e senza la ben-
ché menoma restrizione. Ah ! la m'è scappata, e
sento già darmi del pazzo da tutto il mondo fi-
nanziario austriaco, che indispensabile trova in ciò
il monopolio. Eppure v'hanno altri regni e stati,
che non lo vogliono conoscere, e che nondimeno
in ottime condizioni finanziarie s'attrovano.
In appoggio di ciò, d' uopo è passare all' elo-
quentissima logica delle cifre, che in materia fi-
nanziaria è il perno principale, su cui aggirarsi
conviene.
La Dalmazia nel triennio 185G, 57 e 58 diede
in termine medio un reddito sporco per tabac-
chi di fior. 367,219
e le spese avute soltanto in pro-
vincia ascendono a 24,000
rimangono quindi fior. 3-42,G19
Da questo importo bisogna tietrarre il prezzo
d'acquisto, le spese di fabbrica, quelle di trasporto,
impiegati ecc., per cui, senz' esagerare, riducesi ben
minore della metà, ma a questa per esuberanza
m' attengo, quindi ad una rendita netta di circa
fior. 171,300.
Oggidì la provincia offre in campi da semina
una superficie quadrata di iugeri 224,590.972 ;
se quindi si elevasse l'hnposta fondiaria a fi. 25
il iugero, che ogni coltivatore pagherebbe ben vo-
lentieri, basterebbero soli iugeri 6862, cioè meno
della 32 parte del suolo a semina, per esuberan-
temente cuoprire la spesa che l'erario introita da
questo ramo.
Siccome poi la nostra provincia è oltremodo
proclive a questo genere di coltura, e prova ne
sia, che ad onta degli eccessivi rigori che la vie-
tano, pure la si esercita clandestinamente, come
chiaro risulta dalle contravvenzioni che ogni anno
si verificano ; così dubbio non v' ha, che non solo
la suesposta superficie, ma ragionevolmente è da
presupporsi che ben maggiore n;?. verrebbe colti-
vata, per cui r erario guadagnerebbe forse il dop-
pio e più di quanto ora precepisce.
In economia politica massima principale è quel-
la, d' introitare dall' estero maggior deiraro che sia
possibile, ed estrarne il meno che si possa.
Partendo da questo principio dirò, che l'Au-
stria oggidì invece enormi soiiime in argento di-
spendia all' estero per acquisto de" tabacchi, mentre
può averne in alcune proviucio del s!io impero in
tanta quantità, da sopperire non solo al consumo
interno, ma benanco inviarne all' estero. Eppure,
ad onta di questa incontrastabile verità, per so-
stenere la privativa tabacchi, vengono pregiudicati
non solo gl'interessi erariali, ma benanco quelli
dei propri sudditi, il ben essere desinali è pur co-
mune con quello del governo stesso. Se scono-
sciute mire non appoggiano questo sistema, egli
è in vero ben fatale.
La Dalmazia per la sua posizione topografica
potrebbe offrire eccellenti qualità di tabacco, che
una volta conosciuto, verrebbe al certo ricercato
ovunque, ed a preferenza pure della contermine
Turcliia per la facile comunicazione del mare. Al-
l'iucontro ora, con poco interesse dell' erario, paga
circa fior. 367,219 annui, e tributa più di altret-
tanti alla vicina Turchia per tabacco dalla stessa
introdotto e qui consumato, dappoiché, per quanto
rigorose siano le leggi finanziarie, impossibile è
vietare il contrabbando. Non è questa una cifra
Atti della Giunta provinciale
Dalmata.
I Alle Comuni della proYincia.
Sino da quando nell'ottobre 1861 La Giunta
proriflciale pubblica\rfit il budget per Tanno am-
ministratiyo 1861-62, attenendosi a quello stato
di cose che trovò praticamente esistente e dal qua-
le non poteva allontaijarsi attese le relazioni di
leggi in vigore da parte sua immutabili, ed i ti-
toli di spese assegnate al fondo provinciale, essa
dichiarava nel modo il più solenne che il dì lei
operato in tale riguardo non comprendeva qual-
siasi riconoscimento obbligatorio, e non doveva
perciò recare pregiudizio al fondo provinciale, o a
quella discussione che avrebbe potuto essere pro-
mossa dalla Dieta e dalla Giunta stessa sull' irre-
golare applicazione a peso dei fondo medesimo
dell' una o dell' altra delle rubriche nel budget
indicate. In questo modo, nell' obbedire alla neces-
sità di non interrompere il corso della gestione
degli interessi provinciali, la Giunta tutelava il di-
ritto della Dieta di discutere ed approvare, a te-
nore dello statuto provinciale, il budget dalla pro-
vincia per le future gestioni.
E fu appunto nell' intendimento di porre sulle
norme del regime costituzionale questa importante
parte degli interessi della provincia che la Giunta
provinciale, basandosi sul § 8 del regolamento pro-
vinciale pel regno di Dalmazia, invocava da S. M.
la convocazione della Dieta provinciale prima che
fosse spirato 1' anno amministrativo, pel quale ven-
ne sanzionato ed ebbe effetto il budget nelle forme
che la necessità imponeva.
Non avendo però potuto aver luogo una tale
convocazione, e d'altronde rendendosi necessaria
una decisione in proposito, venne interpellata la
Giunta provinciale in ordine a dispaccio 10 otto-
tobre decorso n. 5443 di S. E. il signor Ministro
di Stato se, in riserva della pertrattazione del bud-
get in via costituzionale, trovasse necessario per
ora di ammettere per l'anno 1862-63 il preli-
minare sanzionato per 1' essercizlo 1861-62.
La Giunta provinciale convinta della necessità
di una qualsiasi base determinata nella pertratta-
zione dei pubblici interessi, e conscia dei danni
che ne sarebbero derivati da una irregolare inno-
vazione negli effetti di un amministrazione in corso
che non ammette dilazioni nei suoi molti bisogni,
aderì al proposto interinale provvedimento, e S.
M. con sovrana risoluzione 15 ottobre decòrso si
è degnata di approvare che in riserva della de-
terminazione in via costituzionale del preliminare
provinciale per l'esercizio 1862-63, le addizionali
necessarie al coprimento delle esigenze provinciali
vengano frattanto attivate in via provvisoria anche
per l'anno amministrativo 1862-63 nella misura
stabilita per l'esercizio 1861-62; e che qualora
in seguito alla pertrattazione in via costituzionale
del preliminare provinciale, che avrà luogo a suo
tempo da parte della Dieta, si verificasse un cam-
biamento nella misura di dette imposte, potrà
questo essere pareggiato nel corso dello stesso anno
camerale.
In seguito quindi a dispaccio 23 ottobre de-
corso n. 58475-1607 dell'Ecc. i. r. Ministero di
finanza, l'i. r. Direzione provinciale delle finanze
ebbe a disporre perchè gli organi di percezione
delle imposte abbiano a ripartire, intavolare, ed
esigere le addizionali provinciali e circolari i)er
r esercizio 1862-63 nella misura fissata per 1' e-
sercizio 1861-62, lo che si ha l'onordi portare
a conoscenza di codesto spettabile Comune per sua
notizia e norma neU' interesse dei contribuenti.
Zara, 14 novembre 1862.
Il Presidente
PETEOVICH.
mita, 0 se volete, di un attrazione magnetica.
Quello che Orfeo era per le pietre, io sono pei
malanni. L' antico suonatore attirava a sè le pie-
tre, io i malanni, ed i malanni cadono a me d'in-
torno l'un presso l'altro, come in proprio centro.
L' unico mio conforto si è quello, di credere,
che la divina previdenza ordinò in questo modo
le cose, onde neir altra vita goder possa la pal-
ma del martirio.
' Oggi stesso sono in procinto di schiattare, e
se non mi sfogo, la cistifelea creppa. La perse-
cuzione, 0 il mahmno die stò per narrarvi è tanto
grosso, anzi mostruoso, da non trovare esempio
in tutta la storia universale di Cesare Cantù. E
questo malanno va accompagnato da un insisten-
za, tanto insistente, che se fosse volto a buon
fine, per esempio, a tirar alla fede gh Ebrei, il
popolo d'Israello non esisterebbe più. Ma finiscila
ima volta, e fuori questa presecuzione. Sentite.
Saranno dieci giorni, in circa, dacché un tale,
con la regolarità d'un impiegato che va all' uffi-
;sio ogni giornó, mi scrive' una lettera firmata il tuo
ApJĆ.
II. All' onorevole Comitato della lingua c letteratura
slava in Zara.
Neil' istituzione di esso onorevole Comitato la
Giunta aveva in vista di creare una consulta d'in-
telligenti in materie letterarie e filologiche, e spe-
cialmente pelle opere poste in concorso.
E dagh anteriori, e dai più recenti due rap-
porti del 10 ottobre ultimo decorso ai n. 4 e 5.
emerse manifesto come esso onorevole Comitato
abbia compreso^ in più lato senso la sua missione,
nè di ciò la Giunta intende di fargli carico, di-
sposta come fu sempre ad occuparsi di ogni con-
siglio, da qualunque parte le pervenga.
Esso onorevole Comitato disapprovò quanto la
Giunta aveva progettato e promosso con programma
pubblicato allo scopo di procurare alla provincia nn
buon vocabolario italiano-slavo dalnialoeslavo dcd-
malo-ilalianQ ; nonché una raccolta in idioma slavo-
dalniaio di azioni virtuose d'ogni sorta, special-
mente di carattere civico e sociale, tratte da sto-
rie antiche e moderne, nazionali e straniere, e
narrate in istile intelligibile agli abitanti della cam-
pagna continentale; esso Comitato negò inoltre il
suo ufficio, e propose in sostituzione mezzi, a suo
credere, indispensabili alla diffusione, ed al perfe-
zionamento della lingua slava.
Però esso non avvertì quanto fosse ristretta l'au-
torità della Giunta, quanto deboli i suoi mezzi, e
come tutte le materie dell' insegnamento siano di
esclusiva competenza dello Stato, e dei Vescovi.
Ciò ben comprese la Giunta negU studii che
fece sul modo di aumentare le scuole popolari,
ed i maestri, perlocchò appunto dedusse non re-
starle altra iniziativa tranne quella di contribuire
co' fondi provinciali, il che è certamente assai poco
perchè tenui i fondi stessi.
E non pertanto nell'esercizio dell'anno came-
rale 1861-62 la lingua slava nelle scuole promosse
coir assegno di venti preniii, estesi pure ai mae-
stri preparandi, premii i quali dieci essendo di
fir. 30 ciascuno, e dieci di fior. 50 ciascuno, rap-
presentano nel complesso la somma di fior. 800;
non avendo per anco ottenuto offerte a tale vo-
cabolario quale richiedevalo il menzionato suo pro-
gramma, da cui non ha receduto, pure, ad otte-
Epistola prima.
Apparve un articolo nel dì dietro di Sperato
Nodilo, vale a dire nella quarta pagina del Nazio-
nale redato dal sig. Sperato Nodilo, firmato Prete
M/chiele Girolamo Granich. Con molta attenzione
lessi quell'articolo, e secondo il solito non ci ho
capito dentro nulla, e ciò prova che Prele Michiele
Girolamo Granich non è un ignorante, ma una ci-
ma d'uomo. Ma non è dell'articolo, che chiedo
a te parere, ti scrivo soltanto per sentire da te,
che sei una lesla matta, che indovina tutto, senza
capir nulla, perchè jìrele Miclwde Girolamo Granich
porta quel doppio nome di Michiele e Girolamo.
Attendo risposta
il tuo Ante.
Non è questa una strana curiosità?
Potete pensare se io rispondessi a questa let-
tera ! e se anco volessi rispondere, posso saper
io, perchè al Prete Granich hanno attaccato il
Michiele e Girolamo, invece del Michiele o Girola-
mo soh ?
Ma l'amico .Ante non si sgomenta, e al!'indo-
mani torna scriverei
nere frattanto qualche cosa, in luogo di quella ste"
rile raccomandazione ch'erale stata proposta, as-
segnò un sussidio di fior. 800. all' edizione che
annunziavasi prossima di tale vocabolario, il quale,
seppure non comprendente le condizioni da lei
desiderate, però, in risultato di pertrattazione su
ciò intavolata con esso onorevole Comitato, appa-
riva di merito prevalente ad altra opera conge-
nere; ed in fine assegnò un premio di fior. 100.
in ciascuna delle cinque città principali di Zara,
Sebenico, Spalato, Ragusa, e Cattare a persone che,
in relazione a tale eccitamento, prestaronsi ad i-
struzione della lingua slava.
Nel totale adunque un dispendio di fior. 2100,
senza contare che i ricordati due programmi sus-
sisto n sempre, e che si sta trattando sul premio
richiesto relativamente a due opere estese in hn-
gua slava.
La Giunta tende lealmente ed operosamente a
tale fine per cui in provincia l'istruzione della
lingua stessa si estenda a tutti ed a tutto , ma è
di ferma opinione che tale scopo raggiungersi debba
senza coercizione.
Allorquando la lingua slavo-dalmata si sarà for-
mata all'istruzione, ed agli affari; allorquando la
parte colta della popolazione ne sarà in pieno pos-
sesso ; allorquando in fine potrà introdursi nelle
scuole e nella gestione delle pubbliche cose, senza
scompagnarla dalla scienza, eh'è primo imprete-
ribile requisito dell' une e dell' altra ; allora l'opi-
nione pubblica, interpretata dalla Rappresentan-
za del paese, le accorderà il primato che le è dovuto.
Fuor di dubbio spetta agU sforzi della provin-
cia, ed all' amor patrio dei Dalmati, di rende-e
assai più breve la via che alla meta conduca, ed
in questi sforzi sarà la Giunta costantemente per
concorrere, nè nell'opera sua vi avrà difetto di
amor patrio; ma non istà nel Governo il deter-
minare oggidì, come vorrebbe esso onorevole Co-
mitato, l'ora precisa in cui lo scopo debba con-
siderarsi raggiunto.
E perciò appunto che, non potendo convenire
nell'opinione esternata da esso onorevole Comitato
laddove sostiene che coloro i quali, nei limiti in
cui ciò avvenne generalmente finora, conoscono
per dovere d' ufficio la hngua slava, possano ap-
prendere a scriverla correttamente ^'•con atlendervi
^mediocremente in un paio di settimane, e coli'eser-
citarvisi una volta al giornoy,, non può tampoco
la Giunta interporsi perchè questa condizione dello
scrivere corretto venga indispensabilmente richiesta
a) per ogni nuovo impiegato, avvocato, o notaio ;
h) pei diurnisti in attualità di servizio, sotto com-
minatoria di licenziamento dopo un anno infruttuo-
samente trascorso ;
c) e nello stesso termine pegFimpiegati di can-
celleria, sotto pena di multa.
L' attitudine agl'impiegln, ed alle libere profes-
sioni di avvocato e di notaio, non si acquista da un i-
stante all' altro : nè in luogo qualsiasi fu dato finora
cU procurarsela mediante studii in hngua slava ; nò,
rifiutandosi a ciò che tempo si accordi altempo, po-
Amico.
Perchè Michiele Girolamo, e non Michiele solo,
0 Girolamo solo ? Prete Michiele Granich, ed anche
Girolamo Granich può correre, si capisce, ma Mi-
cliiete Girolamo!!!
"Rispondimi a vista avvertendomi ecc.
il tuo Ante.
Io non rispondo si sa, ma l'amico Ante non si
stanca, e torna all' assalto col Michiele Girolamo, ler
mattina poi mi venne fuori con una filippica, per
obbligarmi a rispondere, mettendo sulla mia co-
scienza la sua prossima morte, perchè (mi scrive),,
se non rispondi, e non trovi ragione del Michiele
Girolamo porrò fine a'miei giorni.
il tuo Ante,
Eccomi addunque in pericolo di vedermi cadere
sulla coscienza il nostro Ante.
La sembra cosa da ridere ; ma pensate un pò,
se questo disgraziato s'accoppa davvero, lasciando
una lettera — come vuole la moda . . . del sui-
cidio — in cui incolpi me della sua morte I . . .
La lettera và in mano del tribunale, e F è un di
più se non ci vado ancor io.
estensione; l'insegnamento ebbe un più ampio svi-
luppo; l'industria, per quanto riesci possibile, fu
favorita e promossa. Tutto questo ed altro ancora
non bastò a impedire la caduta della dinastia bava-
rese. Biformazioni. simili e più rilevanti di queste
saranno sufficienti a perennare il potere di cui i
Greci hanno adesso la scelta?
Il problema è tanto intricato e complesso, che
noi rinunziamo a risolverlo. E poi la soluzione
potrebbe essere, a questi lumi di luna, uno stu-
pendo svarione. Crediamo, però, che l'unico mezzo
che potrebbe avviare alla scoperta dell'incognita,
sarebbe la buona intelligenza fra le tre potenze
protettrici. Un protettorato geloso, sospettoso e
continuamente in sull'arme, non può certo esser
fecondo di benefici effetti per nessuna istituzione
del mondo. Il segreto per fare di un punto dispu-
tato un assioma, si è il coraggio di smettere la
reciproca uggia e di non istare in cagnesco col
proprio vicino ; di saper fare a tempo un tenue
sacrificio, onde in seguito evitare un sacrificio
più grave. »«
Letteratura slava.
YIII.
fn omnibus teìpsum praebe exeniplum honorum operum — ad Tituui —
Dopo quella burrasca richiamai i pensieri a ca-
pitolo, quindi mi immersi in sohloquio pio :
Infelice Dalmazia! Sopra il tuo capo non pende
la spada di Damocle, chè tu sei innocente e sem-
plice qual colomba: quella pendeva sui tiranni;
su te pende la corona di mirto, che croata mano
ti preparò ; e or non ti resta che come Saloni-
tana Vergine resistere ai dardi delle Abariche orde.
Attendi a quello che ti dissi e non temere. Ri-
getta. i rostri, che son indegna ironia dei tuoi an-
tichi, che coronaron la testa di Marco Agrippa;
dà bando alla non tua favella, ed eseguisci il te-
stamento del tuo moribondo eroe Elia Smiljanich:
*'Yeé me nosi mome bilu"dvoru,
"Mome dvoru, mojoj staroj majci,
'Da mi majka moje rane vida.
^Tudja majka ràne povridjuje,
"Tudja ljuba brigovito stere,
^'Tudja seja gorkom vodom poji!
Pol ripigliai : Profanamente riflettendo sui guai
di quaggiiì, appare velato il Sommo Vero, e quasi
inosservata la crociata stella, che del suo splen-
dore riempie l'Oriente.
Di quanto impaccio è mai questa dissolubile
creta, che durante questa vita terrena racchiude
rimmortai favilla! Solo è privilegio della mente pura,
come svincolata da tanta spoglia, il rimirare quel
sapiente raggio, che spunta dall' occhio della Divina
Provvidenza, a consolazione degli umili mortali.
Quante difi"erenti opinioni o credenze aspra-
mente sostenute e credute e combattute , da la-
sciare ai remoti posteri l'ardua sentenza! Quanti
sforzi per vincere i conati della parte avversa.
fosse allora mandata in Dalmazia tale straordi-
naria magistratura, chiaramente apparisce che
r ultima epoca in cui n' era stato l'invio decre-
tato, fu nel 1674; ma però tosto soggiunge che
nienfe dlsendo le memorie circa la partenza e le
azìon dei Sindici, dovemo crederlo rilruUado (Oraz.
sud., Yen., Picotti, 1831, fac. 31). Di fatto,
nei cataloghi che abbiamo delle supreme venete
magistrature state in Dalmazia, non si fa nel detto
anno menzione alcuna di Sindaci, come pnossi
vedere in quello inserito da Lorenzo Fondra nella
sua Istoria di S. Simeone, scritta nel 1G86; al
quale Fondra, contemporaneo e diligente scritto-
re, non sarebbe al certo sfuggito uu fatto cosi
recente (Ist. sud., Zara, Battara, 1855, fac. 287).
Anche gli storici veneti Sandi e Tentori non fanno
punto parola di Sindacato per la Dalmazia nel
secolo XVII, e notano anzi la interruzione lunghis-
sima eh' ebbe luogo in tal pratica per un secolo
e mezzo fino all'epoca del Foscarini suddetto.
L'oggetto inoltre, o, come vorrebbe l'annalista
di Ragusa, il pretesto per cui s irebbero stati al-
lora mandati i Sindaci^ quello cioè di togliere i
che da torbido fondo tira le sue prove per re-
stare in sella! Quindi applausi da una parte, fi-
schi dall'altra; quindi svolgimento di passioni va-
rie, che sarebbe in me pazzia oppugnare colla sola
arma del volgare rancore.
Vestite le nostre idee dalmaticamente, pensier
nostro primo deve esser rivolto al patrio amore,
che solo può versare il salutar balsamo della no-
stra rigenerazione ; cacciando da se l'egoismo, al-
l' umanità tutta inimico. Cura per ora ristretta alla
casa nostra, che reclama i Melchisedecchi e non
gli Orlandi ; basata quella sulla morale pura, sulla
legge di natura, da infiammare i petti sentimen-
tali ; e speranza in Dio che benedirà questa pa-
tria desolata.
L'era del fango che successe ai Liburnici dì,
deve tramutarsi in era novella aurea, in quella
che diè vita ai Leonardi ed ai lìziani; e per
arrivare a quella febee meta, dobbiam indossare
la sacrosanta lorica dell'amor fraterno.
Non pili ciarle, non più contrasti linguistici ;
a prò di un dettato gergo non demarcazione di
immaginarii confini ; ma fissar lo sguardo sul
prossimo bisognoso, quindi abilitarlo ad acquistarsi
delle utilità permanenti ; e già la Giunta del regno
ben cominciò. La vera cagione della prostrazione
mentale, fu sempre il bisogno; e la storia ci in-
segna che accanto alla prosperità materiale sem-
pre presso le nazioni incivilite fiorì l'ingegno.
La lorica dell' amor fraterno è la carità, e ca-
rità non può essere feconda di benedizione, ove
manca l'umiltà e la fede ; e noi abbiamo tut-
todì dei solenni esempi di pietà infruttifera, che
il genio farebbe sua a prò universale.
Quella pudica vergine, che genuflessa appiè del-
l' ara della Croce, supplice prega per se e per il
prossimo ; con quel!' atto sorvola tutta quanta la
gloria mondana, e noi non vediamo simulacri e-
retti alla pudicizia divota.
Quel pastore che deposte le aspirazioni dell'or-
gogUo, porta la benedetta palma negh umili abi-
turi, ove geme derehtta la malvisa povertà ; e con
parole e con fatti prepara gli afflitti alla pace dei
giusti, e cerca di sopi?erire all'inopia; spettacolo
è questo estremamente raro. E tu mi odi, o uomo
di Dio Biancovich, decoro di Macarsca e di Dal-
mazia tutta, che nei tuoi brevi ozi sedevi all'om-
bra di frondoso pino, e pregavi per il tuo gregge.
Il nostro benemerito storico Tommaso Arcidia-
cono, narra di aver veduto a Bologna il Divo
Francesco d'Assisi tutto sparuto e ravvolto in cen-
cioso sacco, predicante in piazza a gran folla di
gente, la quale impetuosamente lo assaliva per
strappare come da santa reliquia qualche bran-
delhno di quei suoi benedetti panni. Fu questa
una prova, ripetuta in ogni tempo al cospetto della
maestatica Santità, che i buoni e i cattivi presso
tutti i popoh venerarono l'insigne virtù, e Fe-
derico secondo, re di Prussia, che non faceva pro-
fessione di cristiano, volle nella sua reggia, che
conteneva anche gli Antinoi, l'immagine di quel-
r uomo benedetto.
monumenti pubblici eretti ad onore di veneti reg-
gitori, non sembra di tanta importanza, da richie-
dere una tale straordinaria misura, la quale non
era solito a praticarsi che per gravi scopi di buon
governo e di amministrazione pubblica. Ciò vie
meglio conferma nel caso nostro un' ordinanza, che
relativamente appunto a simih monumenti veniva
emessa dal Senato nel 1691, prescrivendo risolu-
tamente che fossero lecafe tulle le statue ed abolite
tutte le iscrizioni(y. giornale La Dalmazia n, 39 e
40 del 1847). Per tale oggetto dunque, nò sa-
rebbesi fatto uso di Sindaci, uè, facendolo, vi sa-
rebbero stati all' epoca pretesa, mentre, se stati
vi fossero, è ben da credere che avrebbon essi
adempito l'ufficio loro in guisa, da non rendere
necessaria in così breve termine quella ulteriore
disposizione. Tutto ciò prova che, ai tempi del
Lucio, Sindacato in Dalmazia non vi sia punto stato.
Ned è meglio vera 1' assorta devastazione di mo-
numenti storici, e lo spoglio praticato alle Comu-
nità di tutti gli antichi istrumenti. Subitochè i
Sindaci non sono venuti, non è possibile neppnr
eh' eseguissero "un'operazione loro cittribuita. E
Coloro che non volessero ammirare i prodigi
della Croce, ammirino la pietà e gli slanci della
virtìi naturale, che ebbe i suoi divi anche fra i
pagani; ammirino e imitino Aruleno Rustico, insigne
senator romano, che trascura una carta di Domi-
ziano, per udire una lezione filosofica di Plutarco;
Germanico Cesare, che si scalza per onorare l'A-
reopago greco; e Cimone, che a piè nudi sacri-
fica agli dei, veste e nutre la poveraglia ateniese.
Noi abbiam bisogno di grandi e moltiplicati e-
sempi di civile virtìi, per mandar ad effetto la
gran sentenza: Volere è potere; perciocché la vo-
lontà anche secondo sant'Agostino è assoluta con-
dizione per grandi riuscite, e le più belle imprese
cadono per difetto d'insistenza.
Cosa è l'associazione, se non il fascio di Sva-
topluk re nostro? E la pietà slava, non sortì forse
anche da erculeo petto ? Dov' è il mio fratello
Carlol compassionevolmente ripetute volte gridò
lo czar Pietro il grande, vedendo passare dinnanzi
a se la moltitudine dei prigionieri di guerra, e non
scorgendovi il re di Svezia, suo degno rivale. Con
quella effusione di cuore superò Divo Giulio, che
a Farsaglia non compianse Pompeo Magno.
Sopravvengono certi tem,)i di ferro, che ottun-
dono gU slanci del cuore; e noi scossi da tanto
fracasso di guerra lontana apportatrice di nuo\ e
brame, rimirando lo stato nostro, dobbiamo resi-
stere dispiegando il nostro possibile, e far rina-
scere i Maruli e i Biancovich, cominciando prima
dalla pietà, come fece san Marino, nostro dalmata,
fondatore di quella repubblica, di cui discorsi nella
mia Zora; e il giornale Nazionale, diretto a sol-
levare questo popolo da tanta bassura, dovrà la-
sciar spazio anche ai desiderii pii; e a me pur
piaceva di pubblicare degli squarci di morale, e
dei concetti dei santi Padri; quindi o deve lasciar
da banda i movimenti guerreschi stranieri, oppure
con avveduta riservatezza commentarli, come esi-
gono le nostre condizioni, anche a rischio di per-
dere gli associat', di novità chiassosa unicamente
curiosi.
L'inclita Giunta del regno fece fino ad ora dei
passi, provocatori di miglioramento, di laude de-
gni; ma ed essa, e la ventura Dieta, che abbiano
sempre presenti i precetti dei grandi legislatori, e
benefattori dei popoli, i quali si regolarono sem-
pre secondo la tempra di essi ; quindi Solone agli
Ateniesi consigliò una cosa, Licurgo agli Spartani
un' altra ; e la sapienza dell' Areopago, che si im-
maginò r ignoto Dio, n )n voleva dannare alla testa
chi non fu istrutto nelle civih discipline ; così di-
mostrando che l'ignoranza ha anche i suoi gran
peccati perdonabili; e le leggi repressive devono
essere giustamente commisurate; di che già toc-
cai più volte nei miei scritti.
Una delle grandi disgrazie che colpirono que-
sti nostri zotici, si fu quella dell' ignoranza di no-
stra lingua; e io dico e sostengo, che chi cono-
sce bene il popolo e la sua lingua, è capace di
troncare delle grandi discordie, e dei gran litigi;
perciò è necessarissimo che si studi praticamente
ciò basterebbe a tutta risposta. Ma v' è di più,
comprovato essendo che neppure poteva nel secolo
XVII quell'intera devastazione avvenire. Il Fon-
dra nell'Istoria suldetta (fac. 37), parlando ap-
punto della mancanza d'antichi documenti e me-
morie, l'attribuisce, almeno per Zara, alle vicen-
de guerresche e agi' incendii, che dispersero e di-
vorarono gh archivi nostri in epoche ben di molto
anteriori ; ed il P. Faini, presso il Fondra mede-
simo, un atto riporta del 1358, in cui si lamen-
tano le perdute scritture della cancelleria pubblica
quando Zara, due anni avanti, fu presa dagli Un-
gheri (fac. 84.) E ciò che s' afferma di Zara si
può anche a tutte 1' altre città nostre applicare.
D'altronde, le opere stesse del Lucio comprovano
che prima del suo tempo gli antichi documenti
nostri andassero già sperperati, distrutti, e per
quelle vicende che simili oggetti dovunque incon-
trarono, non ne fosse agevole sempre, o ne fosse
talvolta dovuto soltanto al puro caso il rinveni-
mento. Nelle Memorie di Traù egli dice che dì
Colomano, il quale fu il primo re d ' Ungheria che
concedesse privilegi ai Dalmati, "non si trova al-
X. 57. Kara 29 Moieiulire 1963. inno III.
Prezzo d'associuzione in viilutii austrisira pf^r
Zara: per un iiiiiii> iìorini b; juM' sci iiii'si fiiiriiii 4;
per tre mesi lioriiii 'Z. !',•! riiuaiii'iiie ik-lld Provincia
3 fuori: per un anno fiorini 9; per sei im-j^i fiorini 4
soldi 50; per tre mesi fnirini : 2ó. Per l'esicro, c
pel Lombardo Veneto gli stessi prezzi in ai genio, tran-
cile del porto-posta.
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I srnippi e le (•«iiiiriiisstoni. franclii delle
po-itaii, si dir i sono in/:ira a \ iiieenr.o Duplanc eh Ue-
dattore dellii Vuce DillliKlt!C;l. e jrli abbuonanicnti, ai
iiejo/.ii librarii dei siinori fiMtcIli Battara e Pietro
Abelieh. («'li m vi-i di N lince cosiano I fiorino, e o^nj
linea di più soldi ti. i,a tassa di finanza resta a carico
di.l eoiiiinitlenle. Un numero separato costa soldi 10.
Giunta provinciale dalmata.
Coerente al principio di un' azione franca e
leale dinanzi al giudizio della pubblica opinione
nell'interesse sincero e reale della provincia, la
Giunta dalmata deve dichiarare che, pubblicata
appena la Patente imperiale in forza della quale
le Diete provinciali venivano convocate pel giorno
10 decembre p. v., molti Deputati della in-ovincia
non trovando modo di conciliare, senza penosi sa-
grifizii, gli affetti di famiglia col dovere di tro-
varsi ai loro posti all'apertura della Dieta dal-
mata, scrissero in via privata ai diversi membri
della Giunta provinciale sulla convenienza di pro-
rogare l'apertura della Dieta e rimetterla dopo
le ferie di Natale.
La Giunta provinciale conosciute le pressanti
istanze dei Deputati della provincia; vista la ne-
cessità pel bene comune di conciliare l'interesse
della provincia col desiderio di molti dei suoi De-
jìutati che chiedevano la convocazione della Dieta
in gennaio 1863; viste le difficoltà e le soflfcrenze
de' viaggi di mare in questa stagione, e rispettato
r affettuoso e giusto de.siderio dei Deputati di pas-
sare le feste di Natale in seno alle proprie fami-
glie ; visto d' altronde che per rispetto alle ferie
di Natale la Dieta avrebbe dovuto aggiornarsi, e
non solo per quelle calcolate secondo il calenda-
rio Gregoriano, ma per quelle pure del calendario
Giuliano nel conveniente e legale diritto del culto
greco; visto che dopo pochi giorni dalla apertura
della Dieta si avrebbero dovuto sospendere le se-
dute, pel motivo accennato, sino almeno il 10
gennaio 1863, continuando per tutto questo tempo
11 diritto di dieta ai singoli Deputati; visto che
le sole competenze di dieta ascendono complessi-
vamente al rilevante importo di circa fiorini 200
al giorno a carico della provincia; e non prete-
rita finalmente la possibilità che la Dieta nel giorno
10 decembre non fosse costituita nel numero dei
suoi Deputati necessario a legale deliberazione di
aggiornamento ; la Giunta provinciale stimò suo
dovere, e nell'interesse diretto della provincia, e
nel desiderio dei Deputati, di porsi a giorno di
quanto era necessario in proposito. Si rivolse a
taluno dei Deputati dalmati al Consiglio dell' Im-
pero, e conosciuta inutile ogni ricerca di proroga
non ebbe più a trattare siili' argomento.
Ma la Giunta provinciale non fecc domawìa
perchè la Dieta dalmata venisse convocata ap-
pena verso la metà di gennuio, nò per conseguenza
a lei fu data risposta negativa. Essa deve quindi
dichiarare inesatta, su tale rapporto, la notizia
pubblicata in data di Zara 21 novembre corr. dal
periodico li Nazionale numero 77.
La politica Inglese in Oriente.
La Semaine Uiiiverselk dopo aver analizzato i
dispaci del conte Russell e del principe Gort-
schakoff negli affari d'Oriente, termina colle se-
guenti riflessioni sui recenti avvenimenti nel regno
ellenico :
Lord Russell lo sa benissimo, evvi in Oriente
un focolare di guerra e di civili turbolenze. Ma
sembra poco dubbioso dei mezzi di arrivare alla
pacificazione che si propone. L'origine di queste
turbolenze, sono le proteste delle popolazioni cri-
stiane che non hanno mai accettato che sotto la
pressione della forza il giogo ottomano e che col-
gono tutte le occasioni per iscuoterlo. Renderlo
l)iù grave, oltre l'ingiustizia flagrante, non è ri-
solvere la questione, è aggiornarla.
Non conviene fortunatamente sperare che le
popolazioni cristiane si fondino mai completamente
colle popolazioni ottomane. Esistono tioppo grandi
antipatie ; d'altronde le condizioni di civiltà non
sono dal lato dei vincitori, ma da quello delle
nazionalità oppresse. È follia s])erare di poter ri-
durre questo eroico Montenegro, che non ha mai
cessato di tenersi saldo sulla breccia, da secoli,
e non depose momentaneamente le armi che per
preparare più energiche resistenze.
Il solo mezzo di pacificare 1' Oriente e prepa-
rare lo scioglimento della gran questione, che si
dibatte in questo paese, è dunque di svincolare a
poco a poco i cristiani dalla schiavitù, che si fa
pesare sopra di loro, e progressivamente condurli
all'indipendenza ed alla autonomia. Questa è la
chiave della questione d' Oriente, non la si perda
di vista, e malgrado gli sforzi della diplomazia è
a codesto risultato che le leggi della civiltà è
della vita dei popoli necessariamente condurranno
queste generose popolazioni.
La rivoluzione, che scoppiò pressocchè improv-
visamente in Grecia, venne a portare una lumi-
nosa conferma alla riprovazione, die comincia a
sollevare lo slatu quo della Turchia e di cui il
principe Gortschakoff si faceva teste l'interprete.
Il regno greco era stato costituito sotto l'im-
pero della vecchia politica, la quale credeva che
condizione necessaria dell' equilibrio europeo fosse
la più grande estensione possibile dell' impero ot-
tomano.
Le potenze alle quali, in certo modo, la Grecia
colla sua eroica iniziativa crasi imposta, fecero
tutti i loro sforzi per rinserrarla nei più stretti
limiti.
La rivoluzione che rovesciò la dinastia del re
Ottone attestca che 1' opera delle potenze non era
stata costituita vitabile. Fu questo il grande sco-
glio che dal primo giorno minacciò il re Ottone
e contro cui venne a rompere. Con un regno più
grande la maggior parte degli effetti della sua
cattiva amministrazione avrebbero potuto fare a
meno di sottomettersi ad un punto di vista più
largo e più alto ; le circostanze ponendolo in una
più degna corrente, spingendolo avanti suo mal-
grado, avrebbe potuto nobihnente fare la parte
sua sulla scena politica e la funesta catastrofe si
sarebbe forse evitata.
Non bisogna che la rivoluzione greca rimanga
sterile e che si Hmiti ad un sem])lice mutamento
di dinastia. Bisogna che le potenze, illuminate
dall'avvenimento, colgano quest'occasione, per
far rendere alla Grecia i suoi veri limiti. A que-
sto prezzo soltanto, la Grecia potrà prender po-
sto fra le nazioni europee ed evitare, per l'av-
venire, tutti gli uragani interni che Tlianno tur-
bata deludendo tutte le speranze che si fondavano
in essa; a questo prezzo soltanto essa potrà e-
sercitare in Oriente la missione d'incivilimento
che le appartiene.
L'Inghilterra si mostrerà senza dubbio ostile
alla costituzione normale della nazionalità greca.
Il contegno della stampa britannica ci fa presen-
tire il contegno delle nazione che guarda con in-
quietudine verso Costantinopoli. Proclamando il
sistema di non intervento riguardo agli affari in-
terni della Grecia, i principali giornali inglesi an-
nunziano già che il governo non tollererà che la
rivoluzione greca si estenda oltre i hmiti del Re-
gno attuale e divenga un' occasione di turbolenze
nelle proviiicie limitrofe.
Il /Ja^li News intende la situazione ed ha il
disinteresse di proclamare da qual lato stia l'av-
venire della Grecia. Noi crediamo che il meno
che possa fare l'Inghilterra, sia d'attenersi alla
politica di non intervento, di cui lord Russell ha
tracciato il programma nel dispaccio che abbiamo
dianzi esaminato.
Poiché essa non interviene per servire di me-
diatrice fra i cristiani e la Turchia, non inter-
venga nemmeno per difendere la Turchia, contro
i cristiani. Lasci la Turchia cavarsi come può dai
suoi imbarazzi interni. Non bisogna che il prin-
cipio di non intervento sia un' arma perfida a due
tagli che in tutti i casi si rivolge contro i cri-
stiani. Se essi ne subirono i danni, ne abbiano
almeno i vantaggi. Se il movimento greco si e-
stendesse nelle provincie sottoposte alla domina-
zione turca, con qual diritto 1' Inghilterra inter-
verrebbe per difendere i Turchi ? Poiché non pos-
siamo fare assegnamento sull' influenza benefica
dell' Inghilterra, ci serva almeno di guarentigia la
sua lealtà. (Patria)
Notizie politiche,
AUSTRIA.
Vie/??ìf(, 19 novembre. Dicono che siano pros-
sime ad avere la sovrana sanzione tanto la legge
sulla stampa quanto la novella del codice penale,
e che sono imminenti degli altri condoni di pena
in via di grazia per reati di stampa.
— Il dialogo del giorno versa ancora sulle Diete
provinciali, che dietro voci le più recenti, dopo
poche sedute, si aggiornerebbero di bel nuovo fino
dopo il Natale, giacché si vuole che la presente
sessione parlamentare si estendei'à fino a tutto de-
cembre; difiitti, è probabile che ciò avvenga ; molti
e molti oggetti sono ancora all' ordine del giorno
per le due Camere, che per la loro estensione non
possono assolutamente venir evasi nel breve spa-
zio tra il 20 novembre e 4 decembre.
Altra del 21. Nella prossima seduta della ca-
mera dei signori verrà discussa la legge sulla con-
trolleria del debito pubblico. A quanto si dice, la
commissione aderisce pienamente alle deliberazioni
della camera dei deputati.
Anche la legge sulla tutela delle lettere, che
era caduta in obblio, verrà nuovamente discussa»
Dicesi che la commissione ha proposto delle mo-
dificazioni e nominatamente la sospensione di detta
legge nei tempi di guerra. Gli altri due progetti
di legge concernenti la tutela della libertà perso-
nale e r inviolabilità del domicilio sono già stati
adottati dalle due camere, e dopo ottenuta la san-
zione sovrana, verranno pubblicati.
Nei circoli parlamentari ritiensi per certo, che
la sessione finirà nei primi giorni di dicembre, e
che il 10 verranno convocate le diete provinciali.
Altra del 22. Nella seduta di ieri della camera
dei deputati venne accettato l'ammendamento del
ministro di finanza, stabilendo ad 1 soldo per
ogni 50 l'imposta sui biglietti di viaggio della
strada ferrata.
L'amnistia accordata da S. M. all'Ungheria si
estende a 200 individui; fra questi due colpevoli
d'alto tradimento.
britauni che si sentono grandi come tali, e non
è già percliè 1' al.sa;^i;nn) parla tedc.seo, o perchè
il brettone p^U'lA brettone, che si sentono grandi
nella loro politica nazionalità come alsaziani, o
come brettoni, ma bensì com2 francesi; e non è
già perchè io parlo tedesco, ma perchè a{)j)artengo
ad uno Stato costituito sul princij)io tedesco, e
quindi fortemente costituito, di'io mi sento quale
tedesco, nella nazionalità politica quale austriaco
{Ih'uuo, Oravo", senza volere con ciò avvicinarmi
ad altra nazionalità di lingua.
Diceva non potersi e non doversi cedere la Vene-
zia, perchè colla perdita di Venezia l'Istria e la Dal-
mazia sono perdute. E la sarebbe finita d'essere gran-
de potenza. Ed ora di' io sostengo che hi Venezia
dev'essere conservata, io chiegi^^o a tutti coloro i
quali dicono che dobbiamo osservare una politica mi-
ghore dell'attuale in Italia: Che s'intende per questa
l)iù sana politica? Credete voi che il gabinetto di To-
rino faccia la pace, o un'alleanza coli'Austria, me-
diante il riconoscimento dello stdlas qm'^ Crede ta-
luno che il gabinetto di Torino farebbe ciò? Avrem-
mo noi speranza che con un tale riconoscimento
dello status quo, da un lato, e con una formale
rinunzia alle Ristorazioni dall' altro, si potrebbe
conchiudere la pace ? Io ritengo per un dehtto
contro gf interessi dell' Austria l'impiegare de-
naro e soldati per ristaurare altre dinastie; al-
lora il pensiero diverrebbe ad ogni modo pratico.
Ma dobbiamo noi cedere Venezia per ottenere la
pace coir Italia? Ciò è contrario alle mie opi-
nioni, al mio convincimento, e tale considerazione
dovrebbe farsi anche da tutti coloro che piii-lano
sempre di seguire in Italia una politica più sana
dell'attuale. Se noi disarmassimo, cesserebbe la Sar-
degna i suoi preparativi, saremmo noi in condizioni
migliori ? Secondo il mio convincimento — no. —
Letteratura slava.
IX.
Trailo d' atùiel fasta e non d ira.
Queir argomento altamente edificante, imponente,
magnifico, che come l'Angelo della Kisurrezione
con beato sorriso contempla la credula speranza,
e ci ravvisa la prisca generosa gloria, maestra alla
ventura ; queir argomento devo sospendere , per
dar sfogo ad altro , volgare sì, ma non spoglio
d'interesse.
Don Michele Girolamo Granich ricomparve nel
Nazionale con un din. don suo particolare, accom-
pagnante una dottrina cattedratica, da lui rinve-
nuta nel Tractatas de litera, //. volimina XXIV;
a cui rispondo con una scopata. Il raztrojeno con
altre sette pillole a jitvantibm et laedentibas,
cosperse di assenzio, da me prescrittegli in due
miei precedenti scritti, se le inghiottì; non però
la nona, che gli provocò il vomito di immondizie,
da lui tradotto col vocabolo izmetnutì, che anche
vuol dire sparare a mitraglia; e questa nona è
il suo dictc'sce, che vuole, onde troppo non si slun-
ghi, finisca in ca, non in età. Eppure Vuk Ste-
lanovich, come si vede nel suo dizionario , vuole
la eta\ e mi immagino che don Michele in que-
sto lo biasimerà, a sostegno della sua scienza e
sapienza.
Don Michele Girolamo, oltre a quelle nove pil-
lole, couvien che ne inghiotta ancora una dozzina
di altre teriacali, onde metta la piva in sacco, e
al cospetto della bruna e formosa Slavia resti
svergognato; la quale non gli perdonerà 1' aver con
tracotante ignoranza, ledente anche 1' onore per-
sonale* vomitato tante ingiurie contro me vete-
rano e primo promotore dell' or straripante spirito
nazionale.
E in primis et ante omnia devo rimarcare una
falsificazione, base di tutto lo sragionamento di
don Michele Girolamo; perciocché egli dice: "ma
prima di tutto è falso che i sofi nomi neutri delle
cose animate ( e non i nomi animati) tinienti in
e abbiano nel genitivo eta„ — ed io rispondo
che soli non è roba mia, ma è un intruso forse
fraudolento di don Michele : che fa del tutto cam-
biar il soggetto della questione; e anche i miei
stivalli'sanno, che hurc hà in genitivo bureta, E
«uà delle pillole.
Dice: «crescono adunque quei nomi neutri e
di cose animate e di cose inanimate che termi-
n^uio p. e. in rc„; ergo more (mare) dovrà ter-
minare in genitivo in moreim, pesce di cui erano
ghiotti i Luculli, s'intende, non in mureta, perchè
neutro inanimato. E due delle pillale.
Dice: "ras?, che nel genitivo ha ùfsd- forse per-
chè nel nominativo ha anche (W i... Rispondo, che
egli qui prende non liicci'jle per lanterne, ma lan-
terne per lucciole, perciocché ćose non è neutro,
ma fennninino plurale, indicante un giuoco; e t'uso
è tutto altro, uno sbarbato, anche senza batti.
E tre delle pillole.
Dice : Xon hanno T aumento i tenninanti in ee
ecc. ecc.; ma /lileiirc, junniee, hlrihijh'i- ecc. ecc.
tinienti come si vede bene in ce,lianno in genitivo:
jiileneeia, jarcuccla, zdribfsccta. E quattro delle
pillole.
Dice : che non hanno l'ìiuniento i terminanti
in sce; e cosa e il sopraddetto zdri'.cscc'ì E cin-
que delle pillole.
Dice: che dietancc non aumenta; ma didance
è errore gemino, perchè diete da cai deriva non
vuol mutare la finale e, ma vuol conservarla pro-
ducendo dicfc'iicc; e poi non si deve scrivere die-
tencp ma perciocché dove c'entra, conu^
qui, l'accento semibreve, non sta la erronea ie\
e così Oietesce, che secondo Vuk Stefanovich, il
quale ne sa un tantino di più di don Michele, fa
in genitivo djeteseda, come già insegnai. E sei
delle pillole.
Dice : che si deve dire nomi delle cose animate,
e non nomi «az/w«/? ;ma Appendini nella sua gram-
matica distingue i nomi aitimati dagli inanimati.
E qui non c'entrano le pillole; chè non mi im-
porta se si debba dire così o colà.
Mette piplesce, che dubito possa equivalere a
pileuve giusto ; biserce male invece di biserre giu-
sto; viclarce che deve esser scritto v/etarce; e poi
komarve, non homaree, e éèrc ha in dimiiuiitivo
(.èì'vié, e non trovai cervake, E sette delle pil-
lole ; solo vi aggiungerò un po di polvere di li-
quirizia, perciocché dare una terminazione con-
creta al venticello, come è vietarce, non mi qua-
dra ; e poi la sarebbe voce inventata dai dotti.
Come si fii addosso a com])orre le altre cinque
pillole, per arrivare al numero dodici? Fa compa-
rire dietemc, simasac: e poi dice: "E dopo questa
lezione, che io non attinsi da nessuna grammatica,
le sembra ancora che io sia un incipiente in gram-
matica?„ Non incipiente, ma profanatore della
grammatica, e quei due suoi sostantivi sono stati
cavati della sua profondità metafisica. E otto delle
pillole ; ma confesso, che quel suo precedente raz-
sirojeno, organizzato, basterebbe solo per sè a
provare, che don Michele è profondo scrutatore
di grammatica.
Conveniva che, ad istruzione degli ignoranti, e-
gli accompagnasse quella filastrocca di termina-
zioni in ffo, de ecc. ecc. con degli esempi, onde
non si dubiti, che vi sieno delle voci neutre così
terminanti. E nove delle ])illole
Non ho calunniato ampiamente la lingua slava,
ma don Michele la calunnia con gli esposti suoi
errori, che pur sarebbero compatibili, se non si
fosse eretto a ìnaestro. Parlai schietto della mia
mediocrità, e cU quella di altri ; onde si studii
meglio la lingua, e non la si corrompa, p] dieci
delle pillole; ora seguono le rimanenti due.
Don Michele farisaicamente mi dà del pregia-
tissimo , seguito da un ammasso di villanie, che
indignarono molti dei miei concittadini; ed è per-
ciò che lo volli in parte retribuire secondo il suo
merito : e dirò ancora, che con mio disgusto lo
intesi predicare la Slavia nella chiosa di Pozzo-
bon, e alla solenne apertura di questa così detta
ìVaoni'a; perchè il sermone era misto a molti er-
rori di lingua, con accentazione spropositata.
j\[i ricordo di aver dalla sua bocca inteso il
nominativo plurale vri>nei>a , coli' accento breve
sulla i, mentre si doveva batter il semibreve sulla
e della penultima sillaba, come pronunzia tutto il
popolo. In somma egli è un virulento ignorante,
che si lascia strascinare da cieca passione.
Certamente che non mi credo infallibile nei miei
giudizi in quanto a lingua; anzi credo che sia
ora impossibile di compilare^na ben ragionata
grammatica. Però la mia critica è accompagnata
da chiari esempi cui non si può contraddire ; c
quella di don Micliiele è imbrogliata, te se nezna
fidi Je fjUiva, ijiU H rep\ e se a caso e inavve-
dutamente commettessi qualche errore, riconosciu-
tolo, uon mi arroccherebbe dolore; perciocché sono
certo, che dove si trovasse un mio, là si trove-
rebbero dieci di quelli di don Michele e compa-
gni, provati, dimostrati ; quindi sarei sempre in
vantaggia, da non discapitare dinanzi al rispetta-
bile pubblico; e a me, che fui redattore di tre gior-
nali slavi, più si deve credere che a coloro, i quali
non diedero nessuna prova di valentia nella no-
stra letteratura, e i Croati e i Serbi più di una
volta pubblicarono per le stampe delle laudi in mio
favore, benché non mi amassero per la mia ri-
seivatezza, e per la mia opposizione. Infine di-
chiaro, che i vocaboli sopraindicati ove compari-
sce ie 0 jc, rappresentano la volontà di don Mi-
chele, ripudiante la nostra lingua slavo-dalmata ;
che io con quelle sdolcinature mai nou scriverei.
Spalato, li 30 novembre 1862
prof. A. KuzMA^^cH.
(Nostre Corrispondenze).
Var'ujì 26 novembre.
E sempre lo slesso ritornello : ansietà di conoscere il
risuU^lo (lei liibntlimeiili die agitano in qtiesli giorni il
(j;irl;uiieulo italiano ; loUa d'ial\uen/.e per la succesiiiono
al trono della Grei:i;i ; aumento della miseria nei dislrelti
innniifatlurieri dell'Ingliillerrii ; sviluppo (iella m seria nelle
classi operaie di Parigi e sopnitluUo iielia colnnia germa-
nica; notizia Jcll/i miseria della popolazione di liuma ; in-
ccrlezze nella politica, nella Borsa, nel commercio. Ecco
terminato il mio bollettino polilico Come volete riempiere
una lettera con questi elementi clic io vado raccogliendo
rcligiosainenle nelle mie corrispondenze da parecclii i^'iorni?
Posso ajrgiugnere come un fatto che presta tn;ileria alle
più contradditorie rillessioni, che la statua dell'Italia ri-
conoscente, di cui ft;cero omaggio le dame di Mdano al-
l'imperatrice Eugenia si trova in dogana. Tulli si doman-
d.uio se lo signore milanesi parlando di ricono'^cenza al-
l'imperatrice hanno voluto fare una s ilira ; la Gaiette de
Frc.nce è curiosa di sapere se questa statai tiene fra lo
mani il violato trattalo di Zoiv^o, e se porta scritto sulla
zoccolo Abboccamento di Villafrancrt, La Gaiette è t oppo
curiosa, e nessuiio pr ibabilnitMife le risponderà.
Il Siécle ha [ireso l'iniziativa nella stampa liberalo di
olTiire al dottor .Nelaton una tabacchiera d' oro, onde con-
gratularsi con lui del brillante succiis^o della sua visita a
Garibaldi.
Alla Borsa si assicurava che il papa In formalmento
diMÌso di octroysr un diluvio di riforme ai suoi sudditi.
Questa notificazione sarebbe espressa in una lettera di
Pio l.X. air imperatrice. In es>a la sposa di Napoleone sa-
sarebbe lodata per aver saputo schiacciare sotto al piedd
un nuovo capo del serpente ; q iello del ilemonio della
discordia Quanto alle riforme predicate, io non vi credo
punto : prifiia di parlar di riforme, il papa dovrebbe rico-
noscere i fatti coinj)iuti, ed è questo tal sacrifizio al quale
non si deciderà mai.
Pare che nell'ultimo consiglio doi ministri tenutosi stra-
ordinariamente a Compiègne si siano decise grandi cose.
Si citano fra le altre la nuove istruzioni spedite al signor
de Sortige pi;rcbè aiuti con tutta la sua influenza il mi-
nistero llattazzi tanto malmenato dall' opposizione. Ma in
questo caso il menomo dei fatti sarebbe mille volte più
eloquente di latte le più belle parole del mondo.
Inoltre si è deciso che il Moniteur pubblicherà fra brevo
una noia sulle cose della Grecia, aflìne di stabilire peren-
toriamente la necessità di attenersi alle stipulazioni del
protocollo di Lon Ira. Il Times che li » 1' aria di criticare
la candidatura del principe Alfredo, Irova minor credito fra
noi che non il Morning Post ch(>, 1' appoggia. Questa nota,
articolo, o memorandum che debba chiamarsi, servirà di
risposta alle note della U issia, e di replica a quelle del-
l' Inghilterra.
In terzo luogo, il consiglio dei ministri si sarebbe ri-
solto a ni>n dare alcuna istruzione al nostro nuovo am-
basciatore a Roma. If principe della Tour d'Auvergne an-
drebbe qnindi nella città santa coli' incarico di tenersi le
mani alla cintola, e lasciar correre gli avvenimenti , sino
al giorno in cui si dt>ciderà di ... . fare qualche cosa.
Il signor di Cadore è partilo per Londra in qualità di
incaricato d'alfari, affine di liberare immediatamente ii
conte di Flahant dalle seccature dell' ambasciata. Questo
ultimo domanda 1' autorizzazione di presentare fra pochi
giorni le sue lettere di richiamo, e siccome il barone Gros
non è ancora pronto a rimpiazzarlo a Londra, il signor
de Cadore , è incaricato dell' interim,
Quanto all' ambasciala di Roma, si è adoltalo lo^sso
spcdieute. Goine già vi Jijsi il principe della ToufOu-
M. 60. Zara 13 »icembre I «OS. Anno III. Voce Dalmatica
Prezzo d'associaziotw^ in *aluf* »astriac» prr
Zara: per un anno fiorini per sei m«si Gu«-i»i 4;
per tre mesi Uorini 2. P»-l riiuanciUe della Provinci*
a fuori: per un anno fiorini 9; per sei mesi fiorini 4
solili 50; per tre mesi fiorini 2:25. Per l'estero, e
|iel Lombardo Veneto gli stessi prezzi inargento, h-an-
rlie del porto-posta
Giornale politico-letterario
Esce il Mercoledì ed il Sabato.
I ?rupp! e If commisnioiil , franeUi sprae
ni tlii i » nno in Z^ra a V iticenxo UupUoech
dsttare iU!U VucO l'aliiiitit u. e eli abhupnameoii. al
ne^ozii lilisrii dei «mcRon fi-jnelb BitUHra c Pietrv
Abelii'h. C'Ii di S lince rcsisno I fiocino, « ojai
line < ili pili xuldi 6. La tasita <li itii.inza rea: > a raricu
di-i coniimttenie. I n numero .st-piirato cos(;i soldi 10.
La festività del giorno 8 avendo im-
pedito la pubblicazione del nostro foglio
nel 10, ne compenseremo in seguito i si-
gnori Associati con qualche supplemento.
Letteratura slava.
XI.
sèrbi svi i svuda 1
Sve nervati, svuda Hčrvali!
Sì, ancor gravita sulla terra la mirabile sen-
tenza del sapientissimo Salomone, uscitagli infra
le sue settecento donne principesse, e trecento con-
cubine: "Onde io pregio i morti, che già son morti,
più che i viventi, che sono in vita fino ad ora.
Anzi più felice, che gli uni, e che gli altri, giu-
dico colui, che fino ad ora non è stato: il quale
non ha vedute 1' opere nialvage, che si fauno sotto
il sole».
Il gran cervello dell' Occidente non ha molto
partorì un poeta in grave colloquio con quei del
mantello di Diogene ; li disperse la mitraglia ; ap-
parve il sagace Tiberiolo ; e l'Italia ? — partorì
il suo Achille, e la sua ferita or vien curata pen-
mis herbis. E la Slavia del mezzogiorno ? —La
tracotante ignoranza, falsa imitatrice della vera
civiltà, la vestì da meretrice ; ma verrà il dì, in
cui ricomparirà nel suo bel velo.
Gran tempo passerà di salutare espiazione, che
or succede dopo 1' antico rassegnato silenzio; con-
vien che da gran disordine risulti un grande or-
dine riparatore della bastardaggine ; che succedano
uomini nuovi ai vecchi ebbri di rovinosa rigene-
razione; e sopra tutto che si fissi nnmutabihiiente
cosa è Hèrvafslia, cosa Serhska ; se le fortissime
nostre legioni debbano chiamarsi croate o serbe;
se i memori del feroce bulgaro Samuele, armati
dello stendardo di San Pietro, riconosceranno i
frantumi dell' effimero impero di Bussano ; e se la
corona di Zvonimiro si riposerà sui suoi influenti
e versanti; infine, se tutte queste razze discor-
danti si uniranno in fraterno amplesso. Ai posteri
l'ardua sentenza; ma verrà quel dì in cui mo-
strerà giocondo il suo bruno sembiante la vezzosa
Slavia.
Ora il primo punto della gran questione con-
siste nel diciferare a traverso di mille contrasti
se la Croazia debba essere serva a Serbia; se i
Set'O» svi i -wuila e i s^-e Uhvati, svuda //òrvuti,
implicano contraddizione; se si debba la Serbia ri-
dar entro i suoi confini naturali, onde rispettosa-
mente porga la destra a Croazia, oppur si rivolga
alla rimota Russia, che or ha ben da fare coi de-
voti Polacchi. Son fandonie queste? — E io dico
e sostengo che la or vantata unione nella Slavia
nostra è grandemente affine all' amicizia fra Erode
e Pilato.
Sì, Dalmazia farà da sè; e i Croati e croatiz-
zanti, e i Serbi e serbizzanti, e quel pugno di
sedicenti Serbi, che la voglion ingozzare con una
lingua che non è la sua, dorranno rinculare di-
nanzi all' intelhgenza dalmata ; e contro alla lo-
comotiva del mascherato Fausto si tirerà a mi-
traglia.
La dottrina di Dositeo è contraddetta da quella
di Kacich; i professori in cappa magna slava a
Zagabria si prostreranno alla sapienza di Bel-
grado? Kacich ben conosciamo; or vediamo chi
•fo Di>siteo.
Dositeo Obradovich , nel secolo Demetrio, ex
Calogero, nato fra i Valacchi a Ćakovo nel Ba-
nato di Teniesvar, è il principe dei moderni filo-
sofi e letterati serbi ; primo fu che vide la ne-
cessità d' istruire il popolo serbo in lingua vol-
gare, e lasciò la calogerica al clero ; si ingegnò
di scrivere per ciò delle opere, in cui la lingua
da lui chiamata volgxre serba, è corrotta da una
moltitudine di barbarismi, da errori di granmia-
tica, da vocaboli liturgici ; però vi riluce il suo
beli' ingegno, che fu un prodigio in mezzo a quella
zotica gente. Kacich scrisse meglio di lui ; ma egli
comprese meglio la pratica applicazione dello spi-
rito nazionale.
Egli fu il principale promotore dell' idea serba,
non solo in Serbia, ma ben anche fra i suoi cor-
rehgionari in Dalmazia, ove visse cauto parecchi
anni, perchè allora dominava il veneto Leone, che
non voleva nazionalità se non nelle legioni. In
una canonica vicino alla fortezza di Knin fu mae-
stro tre anni ; insegnò e predicò anche a Zara,
Plavno, Scardona, ecc. ; venne a Spalato con cento
zecchini da lui degnamente guadagnati, ove im-
barcò per il Levante ; vi^se da noi come un rab-
bino nella sua comunità; lodò ampiamente tutti
coloro che lo beneficaronò ; modestamente si la-
gn^ di coloro che lo bisitrattaromo ; predicò tol-
leranza religiosa con cautehi; si pentì di aver ab-
borito gli Uniotti ; non fece torto a Fozio dicendo,
che la Chiesa dovrebbe chiamarsi cristiana, non
greca, non latina; Telemaco fu il suo mentore;
fu di temperamento sensibile melanconico, talvolta
piagnucoloso; vide la grand'età di Giorgio il Nero;
vi cooperò ; ma vi introdusse anche delle pratiche
straniere non confacenti all' indole del nostro po-
polo, e in Dalmazia, sul sepolcro di un suo be-
nefattore, invece deU' opijefo arringò da Demostene;
avvenimento questo semiserio in mezzo alla gaia
semplicità del hofua nije ila kruha ne jide, a nama,
bra/'o, zdravlje i veselje.
Ebbe un successore in Zelich da Xegar in Buc-
covizza, archimandrita e vicario generale alle Boc-
che di Cattare, che imparò teologia sinodale in
Russia, e si meravigliò della semplicità del patri-
arca costantinopolitano, che viveva alla turca ; par-
vegli che la chiesa greca in Dalmazia debba ri-
formarsi, e trincierarsi dagli assalti della latina;
con laudabile sincerità espose il miserando barbaro
stato del suo clero; si mostrò perciò intrapren-
dente, faticante; e se non avesse troppo urtati i
confini della prudenza, e non dato di cozzo in al-
cuni pregiudizii, e mostrata minore ambizione, sa-
sebbe stato degno dell'episcopato, che venne da
Napoleone dato ad altro di minor merito del suo,
ma più arrendevole di lui. Fu benefattore, buon
scrittore, se quella sua Vita fu scritta da lui; finì mi-
seramente in esilio. Monsignor Kraljevich, che fu
prefeiìto nell' episcopato, a Venezia mi pai-lò senza
rancore di Zelich, il quale gli disse : ja sam zeca
tražio, ulovio ga, natakà na razanj^ is^tecù ; pa
ga sad vi jedete. Del resto monsignor Kraljevich,
che io vidi ultra nonagenario, era di venerando
aspetto, sempre amico ai Dalmati, spregiudicato,
affabile oltre ogni dire, assennato, e amorosamente
si ricordava del suo gregge.
Ho voluto ricordare due fonti di serbismo in
Dalmazia, prima ignoto, o non praticato ; poscia
diffuso in un paese, ove T Uèrvalska. e Vhh'uatshi j
erano gli unici storici titoli di nostra nazionalità, j
che dalla sola boria serbica, può venir contrasta?- i
ta; boria che crebbe e si diffuse fra noi per 1'
nerzia dei nostri, e per la dappocaggine croatai;
e infine giunse a tanto, da imporci una lingua ba-
starda, propagata coi loro organi: il Clasnik l)a_lr>
matinski, l'appendice del la Matica ^o.
ecc. che noi assolutamente dobbiamo ripudiare^ is^
non altro come alteranti la nostra lingua
dalmata.
In Serbia sursero molti imitatori di DosUeo»,
che lo superarono in quanto a lingua, non ne^
mente. Dopo di lui scrissero vari, e particol^^vi
mente Vuk StefanovichKaradzich, diesi devecl^i^-.
mare il padre della volgare letteratura; uomo di
poca levatura, ma profondo conoscitore di nostra
lingua ; peccato che scrisse nel suo dialetto ^le-.
ridionale stracarico di sdolcinature e schiacciature^
le quali quando venissero toUe, ne risulterebbe
vera lingua slavo-dalmata. È però scrittore cor-!,
rettissimo, ma assai monotono per la scarsez'^Si
dei materiali, che egli avrebbe potuto rinvenirci'
in più copia da noi; quindi giudico, che lingua
serba volgare e lingua slavo-dalmata sia tutto uno,
ridotta che fosse al giusto mezzo, di cui già più
volte parlai; e per conseguenza che Serbia e /AV-
vatska sia una istessa istessissima nazione, deno-
minata in quelle due -maniere come distinzione di
famiglia che or la prepotenza vuole una sola, con
lingua inventata, che si deve riformare, e non cosi
ciecamente accettare correndo dietro àcj un«
unione.
L'intelligenza dalmata però non deve rimanera
indifferente spettatrice della lutta fra Serbi e Croa-
ti, fra croatizzanti e serbizzanti ; ma deve spa-
gliar la nostra Slavia dalle meretricio vesti, quindi
darsi allo studio della hngua vera non adulterata i
e frattanto il più bello e nobile passo ch3 por»
trebbe fare, si è quello di ristampare la prosa
del Kacich, non quella guastata dai Croati, ma
quella da noi conservata; però con lettere latine
piane non rostrate; quindi distribuirla gratis, §
introdurla nelle scuole ; e fatto questo, si avpi^
tempo di passare gradatamente, non precipitpsa^
mente, ad altri mezzi di diffusione pura slava.
Viva la lingua italiana, da usarsi sempre in
Dalmazia; ma che non si trascuri la slavà, cl^t^
un di dovrà surrogarla negli atti pubblici, e neU
r istruzione pubblica ; e a voi or viventi non riu-;
scirà discaro il pensiero, se i vostri nipoti o pro^
nipoti saranno i rappresentanti della vera civiltà,
infusa nella mente slava.
Slavi si ma Croati nò, fu il grido escito
forte e sapiente petto autonomo ; e io qui voglio
illustrarlo con un brano di storia patria:
Gli Slavo-dalmati dopo la pace fatta (vedi Cat^
tahnich) tra Cresimiro loro re, e Pietro Orseolo
doge di Venezia, si avvicinarono sempre più ai
Dalmati antichi, e col progi'esso di tempo ferma-
rono di due popoli un solo.
Morto senza discendenti maschi il nostro r^
Zvonimiro (in latino Svinimir). scoppiò la guerra
civile per l'ambizione dei grandi del regno ; e
Dalmazia, stata sempre più sapiente di Croazia, vi
riparò coir eleggere Stefano Secondo di sangue
reale, riconosciuto da san Giovanni Ursino vescovo
di Traù, e da Lorenzo arcivescovo di Spalato,
e da altri principali. Ma i nostri fratelli di oltre^
monte non lo vollero l'iconoscere, e finalmente
per trovar pace si diedero a Ladislao re d'Un-
gheria , e così ebbe principio 1' unione ungliero-
croatji. Golonj^tjo suo succe,sg9re volle aocbe Duìr
ed altre regole gramiiiaticali da quelli disdegnate;
e la Dalmazia cosa fa? — ubbidisce ai capricci
dei croatizzanti e dei serblzzanti. Sarà ella serba
0 croata, o serbo-croata? Dipenderà tutto dal fa-
moso concorso delle circostanze; ma per ora si
può dire che la sua autonomia, non è autonomia;
perciocché a che essa vale, quando si va facendo
schiava di una hngua che non è la sua? Sono gli
anne^ionisti che gliela impongono, ed ella ancora
non sa rigettarla; e ne è una prova, che i libri
croati vanno invadendo le nostre pubbliche scuole.
Ecco a che meta condusse l'indifferenza o la tra-
scuranza della lingua di questo popolo; e or l'in-
telligenza dalmata avvertita deve ricorrere ad un
rimedio radicale : o itahanizzare tutto, oppure sla^
vizzare dalmaticamente. Il primo è impossibile; il
secondo è l'unico rimedio possibile ; sostenere due
nazionaUtà, dove una è grandemente e numerica-
mente preponderante, e sempre più progrediente,
non l'ugge; regge benissimo sostenere la civiltà;
sostenere la lingua italiana infino a che la slava
jion divenga degna di assidersi sul destinatole seg-
gio; ma in mezzo a tanta confusione linguistica,
ben è ragionevole, che Dalmazia faccia da sè, e
non si mostri cieca serva dell' altrui dottrina.
Frattanto è necessario che sorgano fra noi de-
gli autonomi a difendere e proteggere la nostra
letteratura, e non lasciar me solo esposto in tanta
lotta; e la nostra Dieta che fra pochi dì si ra-
dunerà, dovrà decidersi ; e io già indicai il primo
salutare passo; il quale consiste liel rigettare tutto
ciò che è croato, ed approvare quello che è dal-
mate puro; e lo abbiamo nel nostro immortale
Kacich, che fu in occasione del suo secolare anni-
versario celebrato dall' orbe slavo.
Fra Croati e Serbi certamente che l'intelligenza
dalmata dovrebbe preferire i Serbi, pei'ciocchè que-
sti, in quanto a hngua puramente volgare, diedero
j più bei saggi di bello scrivere, con proprietà
e buon gusto di nostra hngua. Ma il male è, che
pur essi corruppero e vanno corrompendo nostra
lingua coir entrare nel campo delle scienze, semi-
nandovi senza necessità dei vocaboli tratti dalla
loro liturgia, e dalle opere russe, e alterando il
pensiero slavo, quindi anche gli affetti; e in quanto
a questi vi rimarcai in molti luoghi una servile
imitazione del ^enio francese; per cui la Slavia
comparisce degenere e imbastardita alla mente di
coloro che sentono e amano la sua primitiva o-
riginalità. E questo sentimento non si può spie-
gare a parole; esso è ineffabile.
Cotale degenerazione più o meno subirono le
colossali sorelle della nostra Slavia : la Russa, la
Polacca, la Ceha e Morava; e noi che vediamo
un popolo ancor non viziato dalla straniera male
applicata civiltà in quanto alla sua lingua, per cui
€sso in mezzo a tutti i popoli europei presenta
una stupenda originalità ; dobbiamo cercare di
conservarla senza impedire il giusto progresso
che gli si compete. La stessa storia della lette-
ratura itahana, ci offre una gran prova come in
ogni tempo uomini insigni si ingegnarono di sal-
varla dalla corruttela; e anclie oggidì gi grida
contro il franceseggiare; e Platone filosofo richie-
deva rispetto per gli Iddii, e segregamento dagli
stranieri per la conservazione dei costumi. Forse
che io non mi so spiegare; ma io sento ben dif«
ferentemente dalla maggior parte dei nostri let-
terati : io vorrei che si studiasse megho la lingua
del nostro popolo, conversando con lui; che non
si precipitasse nello scrivere ; che si formasse una
Crusca, una vera censura; perciocché le cose vanno
da noi di trotto in tal modo, che se si continuerà
così, non solo guasteremo la nostra lingua, ma
anche l'indole nostra.
Intanto i Serbi colla loro boria voglion tutto
serbizzare. È noto il loro ritornello: Sh'/ri svi i
svuda; cui contrapposi il mio grammatico: Sve
nervati; spuda Ilòrvati. Eglino già fecero i loro
conti : in primis et aiife omnia tutti quanti i Mor-
lacchi son Serbi di sangue puro; croati Porfiro-
genitani quei pochi isolani, confusi ,coi Serbi, o-
riginari dell'antica Pagania, o repubblica Naren-
tina, che diè ben da fare ai Veneti ; quindi il no-
vero dei Dalmatolatini superiore al loro. Serbi
tutti quelli del principato indipendente, del Mon-
tenegro, della Bossina, Ercegovina, Croazia mih-
tare, Slavonia, Sirniio, Vojvodina, etc.: in somma
la Slavia meridionale è tutta quanta serba, salve
poche sottrazioni; e Croazia vi comparisce un pic-
colo cantone nella regione dei così detti rekavci.
Onde combattere questa ventosa presunzione io
devo cominciare ab ovo ; però mi limiterò sola-
mente ai fatti principali, che la sarebbe ben lunga
tessere tutta la storia nostra benché frammentaria.
E perchè si creda alla brevissima narrazione che-
produrrò, e che solo potrebbe interrompersi a ca-
gion della mia mal ferma salute, dico, che ho
alla mano gh storici Bizantini, come Procopio, A-
gathias, etc. ; Lucio, Tommaso arcidiacono , Ka-
tancich, Safarik, CattaHnich, e tanti altri che scris-
sero intorno alle cose slave; dai quah colla do-
vuta critica ho estratto dei fatti, cui non si può
contraddire.
Gli storici della Slavi'a ritengono, che essa com-
parisce sotto questo nome alcuni secoH dopo la
nascita di Cristo; e che prima non ci fu vestigio
del nome Slavo; ma io leggendo la vita di Fi-
lopemene scritta da Plutarco, vi trovai un passo
d'oro di molto anteriore alla nostra era, che trovo
a proposito di qui riportare, tratto dalla nuova
traduzione di Marcello Adriani :
"Ma quando il re Antigono venne al soccorso
"degli Achei contra Cleomene, il quale avea presi
"i monti intorno a Sellasia e'passi, egh schierò
"a vista le sue genti con pensiero di divenire alle
"mani e cacciamelo per forza, Filopemene aveva
"la posta fra cavaheri della sua città a lato agh
"Schiavoni, fanteria numerosa e di valore, i quali
"chiudevano la coda dell'.ordinanza tutta; e fu
"imposto loro, che stesser queti infino a che dal-
"l'altro corno fusse dal re levata in alto in punta
"della picca una sopravesta vermiglia spiegata.
"Ora essendo i capitani degli Schiavoni senza at-
" tendere il segno andati a' monti per forzare i
"Lacedemoni, e gli Achei fermi stando alle lor
"poste, Euclida fratello di Cleomene, intesa que-
"sta separazione de'nimici, tosto mandò i più spe-
" diti fra' suoi a dare alla coda a questi Schia-
"voni e disordinarli, pòi che erano sfasciati di ca-
«valleria. Ciò fatto, avendo questi armati alla leg-
"glera messo in disordine e travaglio gli Schia-
"voni, Filopemene comprese esser agevole il rom-
"pere costoro e principalmente chiamandonelo l'oc-
"casione; e scoperse in prima alle genti del re la
«sua intenzione. Ma quando vide non gli esser
"creduto, anzi esser tenuto per matto e però di-
" sprezzato, non essendosi ancora tanto di riputa-
"zione acquistata nella milizia, che ben potesse
«menare a buon fine un tale stratagemma, gli as-
" saltò egh seco tirando i suoi cittadini
E i qui nominati Schiavoni erano realmente Slavi?
Si deve ritenere di sì, perciocché mai alcun altro
popolo non fu con quel nome designato; e molti
degli uomini posteriori così appunto chiamarono le
nostre genti; e io le trovo nominate: Sciavi. Scla-
veni, Sclavim, Sflavani, Schwones , Sclmanisei ,
Slaveni', e ancora Spor«, Venedi Winidi, Winedi,
Gwinidi, Anti; ecc. ecc. Chrouati, Chrobati^ Sopori,
Serbi, che ricordati da Plinio, i primi probabilmente
sotto il nome di Ariuafes, e i secondi sotto quello
di Sirhiq, si fecero conoscere neh' impero Romano
d' Oriente nella prima metà del settimo secolo. Ma
di questi parlerò a suo luogo.
Donde deriva il nome Slavi nessuno può sta-
bilire ; però non è così che noi slavicamente ci
chiamiamo; ma Slavjani, che all'italiana si traduce
in Slavi. E noi pure non abbiamo buona ragione
di chiamarci S/nv/aM?, perciocché é più probabile
che in antico tempo il vero vocabolo fosse Slo-
veni, 0 Slovinri, quindi slovenski, o slovinsbi na-
rod, anziché Slavjani e slavjanski narod; essen-
doché, come bene osserva Safarik, la o primitiva
di quel nome si tramutò in a ; e di ciò mi per-
suado, perciocché moltissime delle nostre voci pre-
sentano tale tramutazione, come si osserva non solo
ne gliantichi nostri scritti, ma ben anche nel dialetto
dei nostri isolani, specialniénte di quelli vicini a
Zara, i mighori conservatori dell'antica lingua slava,
confrontata col dialetto dominante nella terraferma.
Per esempio, F isolano di Preko fa sentire, se-
condo la proprietà di sua lingua, la o anche in
molte parole di origine straniera: KorontO:ì invece
di liarantan, ecc. Ora ammettendo che il vero
titolo nazionale sia Sloveni o Slovittci, patente-
mente risulta, che quello non deriva da Slava, glo-
ria, ma da Slovo, parola, verbo. Inutile é sostenere
0 r una 0 l'altra derivazione etimologica ; e io ri-
tengo che le nazioni barbare da sé un nome di-
stintivo si imposero, ma che una fu denominata
dall'altra probabilmente per un particolare inter-
calare. Così per esempio il man dei Tedeschi, che
sovente sarà stato ripetuto, poteva aver dato o-
rigine alla voce Germania ; e così slovo, o slava
dai nostri sovente usato, a tutte le loro desinenze
surrifei'ite colle quah furono dagli altri popoli
chiamati; e io non sono persuaso che gli Slavi,'
nei tempi antichi, la terra da loro abitata chia-
massero Slovenska, o Slovenia. È certò però, che
questo fu il nome più generale che avesse la no-
stra nazione, la quale poi secondo le differenti
tribù aveva dei nomi particolari e molti. È le molte
volte una vanità il voler trovar il significato spe-
zialmente dei nomi propri dei paesi, e dei popoh ;
e il dire p, e, che Frigia viene da Brig, colle,
vale lo stesso che far derivare Milano da milo ;
e la madre Eva da evo me, e Adam d'à hod'amo.
Del resto succedette che i popoli usciti dallo
stato barbaro ricusassero i nuovi nomi che lor
venivano imposti, e così p. e. i Serbi rifiutarono
e tuttor rifiutano il titolo di lìaei, con cui h chia-
mano gli Ungheresi, e quello di Vlasi, con cui li
chiamano i Turchi bosnesi ed ercegovesi; mentre
1 Morlacchi, che ancora non studiarono la scienza
pratica, affermano se esser Vlasi, e i Serbi li vo-
glion Serbi ; e li distinguono dai Cincari, ossia
dai pseudo Vlasi, o Valacchi ; e così pure la gran
nazione alemanna rifiutò l'abbietto nome Nemci
(Nimci) lor regalato dagli Slavi ,che significa i
Muli. E toccato così delle denominazioni univer-
sali nazionali fra genti rudi, non intesi di com-
prendere nella stessa classe quelle che comincia-
rono la loro esistenza dai semidei, o dai gran
fondatori, di cui conservarono il nome e se lo
applicarono.
Spalato, li 15 dicembre 18G2
prof. A. KUZ3IANICM. »«
Seduta pubblica del Consiglio Comunale di Zara
il giorno 6 del corrente.
Il sig. Podestà apre la seduta alle ere 11
a. m. e prima d'ogni altra cosa ringrazia il 1."
assessore sig. Dr. Antonio nob. de Stermich per
essersi compiaciuto d'assumere la gerenza e rap-
presentanza del Municipio durante la di lui as-
senza e ne fà i meritati elogi.
Deplora quindi la perdita che il Municipio fece
colla morte dell' altro assessore nella pei sona del
defunto conte Marco Cernizza, alla cui memoria
si crede di essere dispensato d'intessere una ghir-
landa, avendone già il sig. Ferrari Cupilli in un
articolo necrologico della Voce Dalmatica fatta
amphssima lode.
Aggiunge poscia come sarebbe stata sua inten-
zione di riassumere brevemente 1* operato di questo
primo anno di sua gestione, ma come ei stimava
meglio passarvi sopra, non avendo avuto il con-
forto di riuscire che in cose di poco momento, ma
che ei si riservava però di farlo allorché fosse per
deporre la sua carica al momento delle nuove e-
lezioni, in seguito alla legge comunale, che si spera
di sentir discussa e vedere attivata fra poco; od
almeno all' avverarsi di qualche fortunata occa-
sione, in cui fosse per divenire realtà taluno di
quei progetti che formano da alcuni anni il sog-
getto dei suoi sogni dorati peli' avvenire di que-
sta città, e per alcuno dei quah egli ha fatto qual-
che primo tentativo ed avventurato qualche primo
passo.
Istruito quindi il Consiglio sul primo argomento
dell' ordine del giorno, come 1' asta tenutasi pel-
l'illuminazione della città nei giorni 13, 14 e 15
novembre p. p. andasse deserta per mancanza
d'offerenti, e come fossero poi state presentate nei
giorni successivi quattro differenti offerte, le quali
tutte in più 0 in meno si staccavano dalle con-
dizioni volute nella polizza d'incanto, fattq, let«
spazio minore di tempo, cioè in due - mesi, offrire
i bramati risultati, Trattandosi poi che tutti i di-
Btretti non sono in pari condizioni topografiche
e perciò non eguahnente soggetti alla trista condi-
spione di sopportare il peso della malvivenza, jo repu-
terei, che come già venne riconosciuta la necessità, ed
ammesso anche il principio di localizzare le co-
lonne, le stesse, aumentate ad otto, cosi si ripar-
tissero :
2 Nel distretto di Knin
2 Nel distretto di Ohbrovazzo
1 Nei distretti di Sebenico e Dernis
1 Nei distretti di Scardona e Kistagne
1 Nel distretto di Bencovaz
1 Nel distretto di Zara.
Tale aumento di forze non apporterebbe spese
maggiori, e diverrebbe quella stessa da eseguirsi
in due anzicchè in quattro. Si avrebbe poi, se non
la matematica certezza, almeno la persunzione che
perseguitati con raddoppiate forze i malviventi, do-
vrebbero cadere in mano della forza, e così ri-
torneremmo alla desiata tranquilUtà ed al tanto
bramato giorno di veder repristinata, se non in
tutto, almeno da questo lato, la pubblica sicurezza.
Occorrerebbero ancora altre indispensabili mi-
sure, Sarebbe cioè necessario che alla direzione
delle colonne, in generale, fosse messo a capo un
impiegato superiore, come altrettanto era stato
fatto in altri tempi di eguale sventura, quando li
signori D.r Paulovich, D.r Mary, e Giurich diri-
gevano le loro mosse, e come altra volta in questo
giornale era stata tenuta parola, indicando il Pre-
tore di Obbrovazzo quale persona cui sarebbe da
affidarsi questo incarico.
Importerebbe poi sommamente che a capi delle
rispettive colonne fossero prescelti uomini di fi-
diìcia^ che, in eguaU servizii, diedero indubbie prove
di buon servire, perfettamente conoscitori sia dei
liioghi che delle persone, che non sieno costretti
procurarsi queste indispensabilissime qualifiche ora
dirigendo le colonne. La scelta sarebbe facile a
farsi, e importerebbe cadesse sopra persone for-
nite di conoscenze locali e personali|, e che die-
dero prove indubbie di buon volere in proposito.
A maggiore incitamento, importerebbe che tutti
i prescelti dirigenti di colonna fossero notiziati
dell' intendimento superiore di voler distrutta la
malvivenza, e quindi assicurati che le loro pre-
stazioni sarebbero condegnamente rimeritate dalla
J]ccelsa I, R, Luogotenenza con corrispondenti gui-
derdoni per quelli chi si distinguessero; assicu-
randoli che in casi di evenibili infortunii, le fa-
miglie di quelh che vi fossero colpiti sarebbero
con riguardi alla circostanza, in via eccezionale,
trattate, e ciò tantoppiù che la mercede loro con-
cessa di fior, 3, se si considera le gravi priva-
jgioni cui sono soggetti ed i patimenti a cui va
congiunta 1' opera loro, non è che assai meschi-
nissimamente retribuita. Eguali intimazioni sarebbe
necessità pure di fare a tutti i componenti le
colonne, i quah, pagati col tenue importo di soldi
50 per giorno, espongono se stessi, le loro fami-
glie, e le sostanze, per il pubblico bene. Ogni ri-'
tardo esser può dannoso,
La stagione propizia ci è, ed altro non resta che
disporre § sollecitamente.
Notizie politicli0,
GJEEMANIA,
Berlino^ 23 dicembre. Nell'assemblea dei mem-
bri del comitato dei quattro distretti elettorali di
Berlino fu consegnato dagli elettori della Capitale
nn indirizzo di ringraziamenlo e fiducia coperto
da 40,000 firme alla Camera dei deputati.
Altra del 23, Talleyrand ha rimesso le sue let-
tere credenziali. Nei loro discorsi, il re e Talley-
rand si felicitarono per V accrescimento delle re-
I?,zioni amichevoli delle due nazioni,
ITALIA.
S^nvono da Torino alla Perseveranza',
La Fronce accennava stamane, sulla fede di
so quale corrispondenza o dispaccio da To-
II VI F.J -
rino, a disaccordi fra taluni membri del Ministe-
ro ; Io stesso giornale e qualche altro accennavano
altresì a voci d' imminenti modificazioni ministe-
riali. Posso smentire ricisamemte entrambi queste
notizie.
Avrete visto che 1' Opinione mantiene, a di-
spetto della smentita del Costitutionnel, quanto
aveva asserito circa ai colloqui tra il conte di
Sartiges il cav. Farini, e le dichiarazioni di que-
st' ultimo a riguardo di Roma. Io credo che tutti
e due i giornah abbiano in qualche modo ragione.
Ritengo che nè il Farini aJ Sartiges, nè il Nigra
al ministro degli esteri francesi abbiano fatto di-
chiarazione esplicita che il governo italiano vuol
lasciare per ora, a riguardo di Roma, le cose come
si trovano, stante 1' attitudine poco favorevole a
una soluzione presa da qualche tempo dal Go-
verno imperiale.
Ma d'altro canto lo stesso programma politico
esposto dal cav. Farini alla Camera esprimevasi
a questo proposito in modo abbastanza chiaro.
Può darsi quindi benissimo che nei colloqui se-
guiti tra il conte di Sartiges e il conte Passolini
e tra il primo e il cav. Farini, questo concetto
sia stato posto in maggior luce, senza che per
altro i ministri italiani abbiano fatto formali di-
chiarazioni. Tale è l'interpretazione che si dà co-
munemente a Torino a questo fatto, e lo ripeto,
parmi che, ove lo si consideri sotto questo punto
di vista, se r Opinione non ha torto, anche il Cott-
stitutìoml ha ragione.
Le voci secondo le quali il partito garibaldino
tornerebbe ad agitarsi continuano a correre nei
crocchi politici e ad essere accolte da alcuni pe-
riodici. Da informazioni recenti, attinte a fontt
sicura, mi risulta che queste voci non sono sol-
tanto esagerate: esse sono prive di fondamento
Giungono dalle Provincie napolitano numeros
rapporti i quah lodano il contegno patriotico er
energico della guaj'dia nazionale a fronte del bri-
gantaggio. Molti cittadini appartenenti a quest;
arma sonosi segnalati in parecchi combattimenti co
briganti, e a costoro spetta di diritto un segno d
distinzione. Ma, come vi facevo notare l'altro
giorno, la Commissione incaricata di assegnare que-
ste ricompense avrà un bel da fare prima di sod-
disfare le giuste esigenze del paese. Questa Com
missione siede ora regolarmente : ma è da notare
che, da sei mesi a questa parte, prima che il nuo-
vo Ministero non ve la incitasse, essa non si era
più riunita.
Oggi era corsa voce che il Lamarmora avesse
rassegnato le sue demissioni : era una notizia del
tutto priva di fondamento.
Voi sapete che una delle cause principali del
brigantaggio sta in questo, che in alcuni paesi le
autorità locaU sono tutt'altro che nemiche dei
briganti, I membri del Consiglio comunale di S. Vi-
taliano (provincia di Terra di Lavoro) non bril-
lavano, a quanto sembra, nè per ispecchiatezza, nè
per patriottismo, nè per fedeltà al re e alle leg-
gi : e il governo, il quale sembra deciso di tron-
care il male dalla radice, sciolse, con decreto del
14 corrente, quel Consiglio, e nominò a reggere
interinalmente 1' amministrazione il consighere pro-
vinciale Vincenzo Barone.
FRANCIA.
Parigi^ 23 dicembre. La France dice, che mons.
Chigi comunicherà prossimamente a Parigi la li-
sta delle riforme realizzate a Roma e di quelle
decise a compiersi. De Merode e Montebello si
sono riconcihati, L'autorità militare francese pren-
derà a Roma le misure da lungo tempo reclamate
dalla Santa Sede.
Secondo la Patrie, Lincoln,, dietro i reclami
della Spagna, privò il capitano del ^lontogomery
del suo comando, e promise di accordare le in-
dennità necessarie.
Altra del 23. La Patrie dice che l'Inghilterra
subordinerebbe la cessione delle Isole Ionie alla
condizione che la Grecia mantenga la forma mo-
narchica e rispetti i trattati che hanno fin qui
regolato l'esistenza del regno greco.
Parigi 26 dicembre. La France assicura die
due delle grandi potenze si mostrano contrarie
che l'Inghilterra ceda le isole Ionie.
SPAGNA.
Madrid, 22 dicembre. Le voci di crisi ministe-
riali sono false. La Gazzetta annunzia 1' abolizione
di tutti i passaporti.
Nel Senato, il generale Chonca combatte la po>
litica di Prim e Collantes, e critica gli atti dei
plenipotenziari alleati al Messico. Crede la mo-
narchia necessaria, ma la scelta di un principe
spagnuolo pericolosa.
RUSSIA.
Pietroburgo 24 dicembre. Il giornale di Pie-
troburgo d' oggi porta una circolare del ministro
russo agli affari esteri in data 14 corr. Dopo a-
ver dilucidato le anteriori trattative, dice la me-
desima: "I rappresentanti la Russia in Parigi e
Londra ricevettero, li 30 novembre, 1' ordine, di
dichiarare, che noi non abbiamo mai proposto la
candidatura del duca di Leuchtemberg. Questa can-
didatura non esisteva giammai per noi politica-
mente, ad onta che qualsiasi spiegazione avesse po-
tuto ottenere il trattato in via giuridica. Dopoché
il governo inglese si era appagato di questa di-
chiarazione, propose il nostro ambasciatore, di for-
mulare un accordo comune. Delle note scritte in
tal senso furono firmate li 4 corr. e scambiate
fra lord Russell ed il barone Brunnow. Esse ri-
cordano il trattato il quale esclude le tre grandi
potenze dal trono greco, e riguardano quale una
30sa naturale, che 1' elezione del principe Alfredo
;onie quella del duca di Leuchtemberg venga cal-
colata come non successa, se si eleggesse l'uno
•) l'altro di quelli. Il giornale suddetto smentisce
' asserzione del Mord, il quaie disse, che le tre
potenze avessero richiesto l'abolizione dell'articolo
iella costituzione greca, la quaie obbliga il re-
gnante di appartenere alla Chiesa greca.
IH' trohurgo 25 dicembre. L' odierno Journal
^e St Pe'ers'ioarg scrive: Se l'Inghilterra è li-
bera di cedere le Isole Ionie, allora non può de-
cidere che l'Europa intorno alla loro sorte avvenire.
Varsaida, 24 dicembre. Ieri scoperse la polizia
la t pografia delle stampe segrete. I partecipanti
furono colti sul fatto mentre componevano il de-
cimo numero di questa pubblicazione.
AMERICA.
Nuova York 13 dicembre. La maggior parte
dell' armata di Burnside passò il Rappatrannok.
Sigei si congiunse con Barnside. I confederati si
concentrarono dietro due batterie a tergo di Fre-
deriksburg. È imminente una battaglia. Il Con-
gresso ripetè la risoluzione, la quale condanna il
proclama di emancipazione.
Altra del \ 5. Sigei ha raggiunto Burnside.
I separatisti hanno costruiti due linee di bat-
terie dietro Fredericksbourg.
La battaglia è incominciata.
(Articolo comunicato)
Ad alcuni passeggieri del Bosforo (??.••)
(vedi n. 82 del Na%ionule')
Quando, con la proterva impudenza ddla pro-
stitute, non vi fate scrupolo d'invertire il senso,
d' altronde chiarissimo, dell' articolo indirizzatovi
nel n. 55 della V. D., crederei esser tempo spre-
cato l'occuparmi piiì oltre di voi e del vostro protetto.
Trovo necessario soltanto l'avvisarvi, ove l'i-
gnoraste, che una corrispondenza da Spalato nel
n. 85 del Nazionale accenna a parecchie man-
canze verso noi Dalmati da parte della società del
Lloyd e di alcuni capitani addetti al suo servizio.
Che quel lagno sia giustissimo , e che il bisogno
d'una riforma apparisca necessario, credo nessun
Dalmata oserebbe negarlo.
Ma voi Paladini del secolo XIX che ne dite
in proposito ?
^ 'l'ipp^r^ìfk Fratelli BATTAJI^, YMOENZO DUPLANOICH Redattoi'G responsabile.
Anzi, se il gabinetto di lord Palmerston potrà
sostenersi, ciò sai'à dovuto alla tacita tregua in
cui si trovano i partiti circa alle questioni interne,
all' essere, com'egli stesso ebbe occasione di dirlo
una volta, la politica esterna dell'attuale gabinetto
ull'unissono colla opinione del paese.
Abbiamo detto, che negli Stati Uniti l'Inghil-
terra si mantiene fedele alla massima del non-in-
tervento. Nel Messico forse lord Palmerston gode
di lasciare tutti gl'imbarazzi alla Francia e di ve-
dere anche la Spagna dissenziente con essa. Non
lo dissimulano oltre la Manica: se la Francia ha
sulle braccia un affare spinoso al di là dell'At-
lantico, non vagheggierà altri mutamenti sul Con-
tinente europeo.
È qa^o forse il motivo por cui la politi-
ca inglese da qualche tempo riprese un' ardita
iniziativa nell'Oriente. Al Montenegro e nella Serbia
vinse la sua influenza; a Costantinopoli essa do-
mina il Sultano ed il suo governo coi consigli, coi
servigi, coi prestiti agevolati. Ora la stampa in-
glese pare tutta intenta a magnificare le ricchezze
dell'Impero ottomano, le quali, a suo dire, po-
tranno essere utilizzate grandemente, riformando
r amministrazione, regolandola mediante il nuovo
pi-estito di sei milioni di lire sterline, istituendo
£0i capitali inglesi una banca. Così un poco alla
volta r industria ed il capitale inglese si verranno
impadronendo di queste fonti di ricchezza; ed in
certi casi l'Inghilterra saprà assicurare con qualche
pegno conveniente gli averi de' suoi sudditi.
Non occorre tornare sulla politica abilissima,
con cui r Inghilterra si guadagna i Greci, promet-
tendo di cedere loro le Isole Jonie, al solo patto
di mantenere gli ordini costituzionali e gì' impegni
presi coi trattati, come lo disse pubblicamente il
signor Layard in un ultimo suo discorso. L' oppo-
sizione che si fa da alcune potenze contro la ces-
sione delle Isole Jonie alla Grecia, torna anche
essa a vantaggio dell' Inghilterra, la quale si trova
così pienamente giustificata dai suoi medesimi ri-
vah di non averla fatta prima. Le potenze oppo-
sitrici giustificherebbero così fino il suo pentirsi,
se fosse poco saggia da voler ritirare la sua of-
ferta, Gli errori degli avversarli accrescono l'in-
fluenza dell'Inghilterra in Oriente; e Layard fu
così destro nel suo ultimo discorso da mettere in
rilievo la nuova politica della Francia a Roma
col riptere i fiduciosi augurii, che quella città sia
"data finalmente alla nazione itahana, di cui parlò
con molta simpatia.
Ei parlò anche della Cina, dove l'Inghilterra
adesso aiuta l'imperatore e disciplina le sue truppe
contro i taipinghs. Ma tanto nella Cina, come nel
Giappone, l'intervento europeo è immaturo. Le
potenze che s' immischiano nelle lotte interne di
quei paesi, saranno avviluppate in esse e costrette
a procedere ogni giorno innanzi, come fece un dì
la Compagnia delle Indie, Colà però si potrebbero
trovare popoli pivi forti di carattere e più atti a
resistere agli Europei, dopo essere stati da loro
istrutti. L' Europa ha bisogno di terminare le sue
quistioni interne, di stabilire F equilibrio naturale
sulle libere nazionalità, di prender piede nel più
prossimo Oriente, prima di arrischiarsi in quelle
lontanissime regioni asiatiche La quistione del
Mediterraneo, che implica la libertà dei popoli che
attorniano questo mare comune delle nazioni eu-
ropee, dovrà precedere quella del Mar Giallo; e
nella soluzione di essa c'entra per molta parte
l'unità e l'indipendenza dell'Italia. {Pers.)
Le Vile sono anch' esse qualche cosa di slavo :
non sono visioni della fantasia, come si può dire
dell' ombra di Banco e dello spettro di Amleto, ben-
ché quest' ultimo non apparisca e non parli ad un
solo, ma a tre. Le Vile sono esseri fantastici, ma
obbiettivi, secondo la credenza dei Serbi, un quid
medium fra VOrmde greca e V Amjelo cu<tode
cattolico. I Serbi le dicono SimMe i>i Dìo, cioè
creature di Dio. Vi sono alcmd passi da cui si
ritrae^he le donne generose e mfelici spente anzi
tempo, passano un certo periodo della? loro vita
'fra cielo e terra, proteggendo ed ispirando i loro
cari, e assumendo aspetti diversi, onde mettersi
in comunicazioni con essi,
_ La Perseveranza ha già notato codesto, annun-
mnAo la recita del mio dramma; ma voi siete
incaricato di scrivere per quel giornale, non di
leggere ciò che altri vi scrive. Così mi avete offerto
unaJ)uona occasione per ritornare sull'argomento,
e per mettere in maggior luce codesta graziosa
credenza dei popoli slavi.
La Vila slava è molto più poetica delle Ninfe
antiche, delle Silfidi e Ondine moderne. Ella tocca
alla terra come le Apsare degli indiani. Sacùntala
come sapete^ ora nata d'un Apsara e d'un Bramino.
Letteratura slava.
xnL
L'egregio amico mio Giuseppe Ferrari Cupilli,
un dì mio condiscepolo nel Liceo di Zara, per
soavità di costumi e bibliografia patria preclaro,
pubbHcò, nel n. 63 della Voce Dalmatica, uno scritto,
a me diretto, con cui mi avverte, che quel da me
detto passo d' oro, scoperto nella vita di Filope-
mene, tradotta dall'Adriani, gli parve basato su
di un arbitrio del traduttore; e reca l'autorità di
Dacier e Pompei insigni, che, in quel punto, fe-
deli al testo del biografo di Cheronea, intesero
HUrii non Sc/iiavoni. E quando lessi quell' avver-
timento mi venne tosto in capo di riscontrare se
di cotali arbitrii non ve ne fossero in qualche altra
biografia ; e mi ricordai di Genzio, re degli lllirìi,
che si trovò in relazione con Perseo re dei Ma-
cedoni, vinto da Paolo Emilio; quindi mi misi a
leggere la vita di quest' ultimo, e sono stato così
fortunato che, alla pag. 165 del voi. II, trovai quel
che segue: "Sollecitò (Perseo) ancora alcuni Galli,
abitanti intorno al Danubio, nominati Bastami,
ge^te valorosa a cavallo, e guerriera; e, per o-
perà del Genthio, aveva confortati gli Schiavoni
ed entrare a parte di questa guerra,,, —• E alla
pag. 169: Perchè non solo mancò della parola
a' Galli chiamati al suo soldo, ma di più, avendo,
con la promessa di trecento talenti, indotto Gen-
thio, re degli Sfiiavoni, ad entrare seco in questa
guerra, mise innanzi i danari per contare e metter
ne' sacchetti a' mandati da Genthio per ricevergli.
"Adunque quattro volte vengono indicati gli5c/i?'«-
voni in Grecia nella vita di Filopemene; e ora, in
quella di Paolo Emilio, due volte, e nell' Illiria ;
e tutti noi sappiamo dalla storia che Genzio fu
re dell'Illirio ; e come or qui comparisce re degli
Shiavoni ; o era nello stesso tempo re degli uni
e degli altri, oppure era la stessa nazione sotto
due nomi. Davvero che questo dovrebbe essere un
singolare arbitrio del traduttore italiano, e, per
verificarlo, certamente che converebbe consultare
il testo, e quale ? So intanto questo, che Plutarco
chiama Volunnia la madre di Coriolano, e Virgilia
la moglie ; e Dionigi di Alicarnasso e Tito Livio
dissero Veturia la prima e Volunnia la seconda;
eppur non manca qualche manoscritto di Plutarco
conforme a quei due storici. Il che vuol dire che
Marco combatte talora colle Ville, come Giacob-
be coli' Angelo. Talora le ama come sorelle, e si
sente forte della lor protezione.
La Vila, benché prenda talora diverso aspetto,
quando apparisce nelle sue vere sembianze, è vesti-
ta di bianco, come suona il suo nome, ha le chio-
me sciolte, e cavalca un cervo, emblema di agilità.
Ci siamo avvezzati a j)oco a poco alle streghe
di Macbeth ed a quelle di Goethe. Perchè ne-
gheremo r ospitalità della scena alle povere Vile,
che bussano alla porta della nostra letteratura?
Credette voi che si possa impunemente cac-
ciare dal mondo gU esseri dell' immaginazione,
che personificano, pi^r così dire, le forze della
natura e gli istinti misteriosi dell'anima umana? Noi
ammettiamo le allegorie, le astrazioni che non hanno
vita se non nel cervello : io preferisco le Najadi
antiche, le Ondine moderne, gli Angeli custodi e
e le Vile; intendo «sempre come complemento del
quadro che si pone sopra la scena. Rappresen-
tando il mondo slavo, credo avere altrettanto di-
ritto a popolarlo di Vile quanto Shakspeare ad
evocare le streghe scandinave nel Macbeth. Non
si tratta" di sapere se noi crediamo alla loro e-
sistenza, ma se ci credevano i personaggi che noi
non tutti i manoscritti greci portiino gli stessi noniT:
e se a caso si trovasse nel testo greco quei nomi
che corrispondono a Schiavoni; come si potrebbe
sostenere che quello fosse stato falsato? Ma qui
che devo meglio spiegarmi, onde non si creda co,,
leggerezza avessi prestata la mia credenza; perciò:
chè prima bene esaminai la novella edizione, in cui
rimarcai le seguenti circostanze che qui riporto-
E, anzitutto, mi comparì il volgarizzatore come
un celebre scrittore toscano; imperocché gli edi-
tori Francesco Cerreti e Giuseppe Cugnoni, ad-
detti alla Biblioteca corsiana in Roma, così ne
scrivono : "Nel pubblicare che noi facciamo il vol-
garizzamento delle vite di Plutarco, opera di Mar-
cello Adriani il giovane, è giusto che primamente
rendiamo, e con noi rendano tutti i buoni cultori
delle lettere, le dovute lodi a colui che ne fu sco-
pritore: sendoché con tale scoperta, egli abbia ar-
ricchita d'un prezioso gioiello la corona di gloria
che han tessuta immortale al nostro bel paese
tanti uomini dotti co' loro scritti. Ella si deve,
siccome già è noto, al chiarissimo professor don
Luigi Rezzi, accademico corrispondente della Cru-
sca e bibliotecario corsiniano, tolto ai vivi il 23
di gennaio dell'anno passato (1856).,, — L'au-
tografo di siffatto volgarizzamento si trova fra i
manoscritti della Biblioteca corsiniana, e il Rezzi
ne dice: "Messomi a leggere le Vite di Plutarco
tradotte dall' Adriani, io le trovai di stile sì pre-
gevole e vago chè mi dolse forte della mala for-
tuna ingiustamente toccata loro d' essere, per due
secoli e mezzo, rimaste dimenticate al tutto ed i-
gnote.j, Gli editori aggiungono: di aver adoperata
la maggior diligenza che fosse loro possibile sì
nel raffronto della copia coli' autografo , e sì di
questo col testo greco ; e mettono fuor d' ogni
dubbio che, dopo i sommi ed antichi maestri pochi
ha che pareggino 1' Adriani, il quale ha, più che
ogni altro traduttore accarnato l'intendimento del
greco biografo ; e ritengono che il testo da lui
adoperato sia lo stefaniaiio del 1572, il quale
presenta alcune differenze da quello che, nelle più
recenti edizioni, corre oggidì per le mani dei dotti;
e il riscontro del volgarizzamento essi fecero col
testo greco della edizione di Lipsia 1774-1782,
con alla mano le versioni di Dacier, Pompei ed
altri ; e infine dimostrano di essere dotti, percioc-
ché in fine di moltissime pagine, vi apposero la
propria critica, e le correzioni, le quali si esten-
dono fino a notare se in alcuni nomi manca una
sillaba, o una lettera, come si può rilevare dai
seguenti esempi:
Nella vita di Romulo, voi, I p. 58 gli editori
rimarcarono che si debba leggere Pomero, non
Pomerio; a p. 80 Ss^plempagio, non SeptiauKiio ;
a p. 81 agli Albani non sC Sabini ; —» in quella
di Licurgo p. 97 Deatic/ride, non Eatidiide; p. 100
Creoftlo non Cleofilo; a p. 133 le parole di bel
mezzogiorno non sono nel greco; — in quella
di Numa, p. 165 le parole da ikos etc. sono una
facciamo pariare ed agire. Il più grande de' miei
torti, 0 piuttosto la mia maggior disgrazia consi-
ste nella soverchia novità del soggetto. Di ciò
non mi difendo né scuso. È più facile impresa
ricantare le viete storie e rianimarie di nuova
vita, che dissotterrar nuovi nomi e dipingere
costumi insoliti e ignoti alla comune degli uditori.
Ma ognuno, ha come sapete, i suoi gusti: v'è
chi preferisce il facile iiivenlis a<id"fe\ c'è chi
si avventura per nuovi sentieri, a rischio di fiac-
carsi il collo. La natura e la fortuna mi han po-
sto fra queUi che credono non disutile impresa
rompere il ghiacchio. Lo ho rotto un tempo col
mio Fornaretto, che, buono o tristo, fu detto il
primo tentativo di dramma italiano. L'ho rotto
coli' Usca, una delle prime ballate, anch' essa più
dalmata che italiana, che corressero per le stampe
e fin sulle scene. L' ho rotto colla mia Veronica
Cibo, tragedia di un atto, che il Salvini va rap-
presentado da un anno con esito soddisfacente.
Credo che il nostro teatro, come la poUtica e
1' economia itahana, si trovi in quello stato d' 6-
bollizione, in cui ai vecchi elementi si mescono
i nuovi, e sorgono nuovi rapporti e nuove combina--
zioni, non tutte inutih, né tutte destinate a peiire.