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rendere men disagevole la sua posizione, ed avransi
due vantaggi rilevanti.
Questo sarebbe in vero ottimo ripiego per ora;
ma desiderio vivissimo, onde conseguire con sicurez-
za lo scopo si è, che primieramente di maestri quali-
ficati si proveggano le scuole, e fra tanta gioventù,
che fino a certo punto percorre gli studii, v'hanno
pur di tali, che di buon grado vi si presterebbono, e
sono forniti delle necessarie doti intellettuali e fisiche.
Vorrebbesi inoltre che abbracciato il magistero siano
penetrati dell'importante carico loro affidato, e che
vi perseverino, non lasciandosi atterrire da qualche
ostacolo del momento.
Ma trovato abile maestro ed un recinto adattato
all'istruzione, basterà questo solo per dire stabitita la
scuola? Non si risponderebbe acconciamente a tante
premure pel buon andamento delle scuole e dell'i-
struzione, se si lasciassero in balia del loro mal de-
stino, a cui giungerebbero, se negate loro le cure
opportune, dovessero intisichire e sciogliersi, ed il
maestro menar vita tra più duri stenti, men atto al-
l'alacre disimpegno de'suoi doveri.
A chi potrebbersi dunque raccomandare me-
glio e più da presso le scuole di campagna che ai
curati, i quali Dio chiamò e destinò ad essere mae-
stri del popolo, tostochò tutte le parti dell'istruzio-
ne elementare tendono a conseguire la morale e re-
ligiosa educazione della gioventù? Molto si conse-
guirà, nutriam fiducia, degli ispettori locali delle scuo-
le, i quali tra poco verranno scelti all'uopo. Patroci-
natori della scuola, del maestro e de'materiali Suoi
interessi, avranno l'importante missione a far sì che
tutta la gioventù del loro circondario, atta alla scuo-
la, frequenti l'istruzione; che gl'indifferenti e gli o-
stinati abbiano a portare le penalità, che detta la
legge a chi non fa istruire i proprii figliuoli; veglie-
ranno sullo stato del locale, delle suppellettili, e
dei libri gratuitamente distribuiti ai più poveri, e ciò
davvero non sarà poca cosa.
Siano finalmente di efficace sostegno ai mae-
stri, ai curati, agli ispettori e i privati, e i possi-
denti e i sindaci ; tutti indistintamente vi cooperino ;
tutti se ne formino sacro impegno di estendere l'i-
struzione elementare alla dalmata gioventù, di cui due
terzi rimangono privi del beneficio d'una scuola gra-
tuita; nè dall'altare, ne nel foro e nei privati convegni
si ristia dal raccomandare la scuola e l'istruzione,
che fra tanti altri mezzi promuoverebbe, lentamente sì
ma con sicurezza, il tanto sospirato miglioramento
aorario della Dalmazia. B.
Ì1S1Ì4 1$I SUDATO
del prof. ab. Francesco Carrara.
Trieste in 8.° di pag. 158.
È nobile tributo di un cittadino erudito, e al-
levato all' amore de' buoni studi qualunque fatica, o
rammenti le glorie della patria, od aggiunga alla
patria stessa in qualsivoglia modo pregio ed onore.
Sul vetusto altare della chiesa di Spalato, depose
il dotto sacerdote Carrara il libro che annunciamo,
quasi ad arra del suo affetto alla sede, che lo ac-
colse levita, e che dall'ultimo gradino Io sollevava
al decoro del tabernacolo. Devastata nel 639 del-
l'era nostra, dagli Avari Salona, e ridottisi gli
abitanti a Spalato (così detto quia spatiosum ibi
erat palatium) Pp. Martino I., mandava Giovanni
di Ravenna legato Apostolico acciò provedesse al
bene spirituale della città, che veniva di nuovo a
formarsi (649-655). Giovanni arrivato a Spalato,
e veduto che quegli abitanti, mancavano di pastore,
cominciò ad esortarli ad eleggere per la nuova lo-
ro città quell' arcivescovo, che prima elegevasi a
governare la diocesi di Salona. E così fu fatto; e
caduta sovra lo stesso Giovanni la scelta, appro-
vata questa anche dal Pontefice, venne da Salona
a Spalato sino dal sec. VII trasportato il diritto vesco-
vile instituito in Salona da Dojmo o Domino disce-
polo di S. Pietro. Molti scrissero di questa illustre
ed antica chiesa. Andrea Dandolo, Mica Madio,
M.Marulo, A. Pro culiano, il Negri, il Begna, Tube-
rone, Luccari, G. Lucio, ed altri molti, le autorità
de' quali il Carrara nostro chiaramente riporta a
ravvalorare il suo proposito. Ma principalmente se
ne trattò nella grand' opera dell' Illirico Sacro del'
celebre Daniele Furiati, ch'ebbe poi a continuatore
il veneziano Giacomo Coletti, non ha grand'anni
defunto.
Dedusse da questi autori il nòstro scrittore,
come Spalato primaziale della Dalmazia e Croa-
zia vegliasse alla salute di tutte le illiriche chiese;
esercitasse né politici rivolgimenti più che regal po-
testà. Stefano duca dì Dalmazia scoronato da Sia-
vizo qui tenne a rifugio: sulVarca di s. Doimo Pie-
tro Orseolo II. giurò ai Dalmati fede; tra nostri
sudò a non guadagnar signoria• il figlio di Carlo
Martello. A Spalato per la partenza de'suoi arche-
scovi, Andrea d'Ungheria venne ad allestire la sua
crociata. I pirati almissani d'ordine di papa Ono-
rio videro segnato il loro sterminio. Bela IV inse-
guito da' Tartari corse in salvo: Hervoia trovò la
«g» 2S3
IWBBWWBBWWaW
trizii Pasqualino e Duodo, il secondo de'quali peri j
miseramente in quel fatto.
Gli amatori poi delle storiche curiosità sapran
grado all'autore per avere qua e là acconciamen-
te impreziosito di racconti di simil genere il suo li-
bro. Così i suoi cenni Sui Montenegrini a pag. 90;
Sulla nobiltà dalmata pag. 115; Sulla giostra di
Sìgu pag. 154 ecc. ecc. Ed egli avvegnaché scriva !
fn italiano, non si dimenticò della sua lingua slava, •
sia spiegando ove fu opportuno frasi e parole , sia ;
interpretando a pag. 9 un' antica iscrizione, sia ri-
portando in-tefi scritti in quell'idioma quantunque vol-
ta gliene capitò l'occasione.
Qualche errore di stampa forse anche troppo
frequente, non toglie al tipografo il merito di averci
data una buona edizione, perchè nitida e di comoda
lettura. Alf. de Frisia/li.
Ciò molto grato di presentare mia Canzone alla
petrarchesca mila Vergine Assunta in Cielo, che for-
ma parte d'altre canzoni parecchie di simil genere
dello stesso autore, della quale la graziosa venustà
dell' immagini, il sentimento di ammirazione per tut-
to il canto maestrevolmente mantenuto, la lirica e
veramente classica locuzione, e sopra tutto la paté-
tica chiusura, che divozione tanta ed affetto contiene,
faranno accorti i nostri lettori, chi ne sia il poeta.
PER
L'ASSUNZIONE DII.V.
(tìm^nz*
Come da cupa valle
Sorge rimpetto il sole
Nube dorata; o qual le varie piume
Iri spiega del del per l'arduo calle;
0 come ascender suole
La tonda luna coll'argenteo lume
Ridente oltre costume,
0 «ome sul mattin s'alza l'aurora;
E tu così pur ora,
Donna, da questo suolo
Ver l'eterna magion spiegavi il volo.
E quel divino ammanto
Teco saliva al cielo,
Che del mondo al Fattor fu vergin chiostra.
Torva l'aperto avel mira, ed infranto
Il non fallibil telo
Morte col dito a riguardanti mostra.
Frale veduta mostra!
Come i rai del Tuo volto a lei fa» guerra!
Sorgi vedova terra:
E quanto puoi La segui
Col guardo nel salir pria che dilegui.
Cos' è, che a Lei somigli?
Quanto fulgor l'innonda!
Qua! dietro se di ciel lascia fragranza!
Ha stilla fronte delle valli i gigli:
Oro è la chioma bionda,
E i punici rubini il labbro avanza,
D'ostro e di rose stanza
Sono le guancie e di colómba ha gii occhi;
Neve che in Ermon fiocchi
Son le mani a vederle,
Vince il collo in candor l'indiche perle.
A Lei pendici e sponde
Dan gli ultimi saluti
E i rami e le erbe e i fior mandano incenso.
Scherzale intorno l'aura, e fuor dell'onde
Escon co' terghi irsuti
Per vederla i delfini e il cete immenso,
Esce il lion dal denso
Bosco, per dirle addio col suo ruggito;
De' passeri il garrito
Note d'amore inventa,
E l'aquila il suo voi seguir s'attenta.
Sotto i vestigi santi
Vede avvallar le altere
Cime dei monti il sole, e il gran viaggio
Arresta per mirarne i bei sembianti
Attonite le sfere
Chiedon tra se che sia quel nuova raggio,
Ed ecco in suo passaggio,
Per coronarle il crin, fatte più belle,
Muovon ver lei le stelle,
E del celeste viso
All'apparir nell'universo è ira riso.
Ma dall'eterea reggia
Degli angelici cori
Scende il tripudio e il ciel batton con Tale.
D'infiniti splendor l'etra fiammeggia.
• Altri spargono fiori
Volati altri a dar baci al pie immortale,
Altri del tergo scale
Fanno a'suoi passi, e per l'empirò intanto
Un suon d'arpe ed un canto: »
Cessò la pioggia e il verno,
Vieni, vieni, Beata, al seggio eterno.]
IA DALMAZIA.
INTESO AGL' INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì* Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
di porto fiorini Ò, per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dal
proprietario, fuori da tutti gl'ii. rr. uffìcii postali. I\on si accettano gruppi o lettere che franche di posta
e con recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier.
M 50. Giovedì 20 Novembre. f
SOMMARIO.
Vegli effetti dei moderni romanzi (continuazione) —
Navigazione in Dalmazia a' tempi di Augusto (con-
tinuazione1 Biografìa di Papa Giovanni IV. (con-
tinuazione) — Conchiliologia dalmata Economia
rurale*
DEGLI EFFETTI DEI MODERNI ROMANZI PER
Cip' CHE RIGUARDA X>A LETTERATURA. V
(Continuazione).
Quanto all' affettazione, proveniente anch'essa,
eome il difetto dell'unità, dall'intemperanza; certo
è che l'amor del nuovo e dello strano, il quale trae
Io scrittore agli eccessi e lo disvia dal vero, dee
pure allontanarlo da quella semplicità, eh' è il ca-
rattere del vero : quindi deriva l'affettazione cosi nei
pensieri e negli affetti, come nello stile. La natura-
lezza dei pensieri, ossia la parsimonia dei concetti
sentenziosi, astratti o metafisici, è qualità necessa-
ria sopra tutto nelle liriche o epiche composizioni;
perchè 1' elemento della poesia essendo l'illusione,
la semplicità che apparisce nel poeta, fa credere
probabile e verace in esso poeta quell' illusione, e
la comunica all'uditore stesso; laddove la frequente
o soverchia sottilità dei concetti toglie fede alle pa-
role del poeta non meno che alle imagini da lui rap-
presentate; poiché, giusta il detto di quell'antico,
Ars adimit merito tempus in omne fidem.
Quindi la semplicità dello stile conferì non poco
ad ottener fede ai libri sacri; quindi gli antichi po-
poli per là loro semplicità appajono tanto poetici ne'
loro scritti; e tanta poesia si sente nei discorsi delle
donne, dei fanciulli e del volgo: quindi Omero ap-«
parisce per avventura più poeta di Virgilio, e Ario-
sto del Tasso.
j E che diremo poi dell'espression degli affetti,
la quale dev'essere per l'appunto tanto più semplice
quanto l'affetto è più forte? Or nei romanzi e nei
drammi moderni, in cui troppo sovente signoreggiano
estreme passioni, questa semplicità dovrebbe trovar
luogo forse più eh' in ogni altra scrittura. Certo non
è da esigere che un affetto spinto fuor del naturale,
possa essere espresso con naturalezza di stile. Ma
qui parlo soltanto degli affetti che son portati all'e-
stremo, senz'uscir di natura; e dico che l'animo del
poeta tanto più parrà occupato d'un affetto, quanto
parrà men occupato di trasfonderlo con artificio nei
suoi uditori; e allora appunto e'Io. trasfonde più
profondamente nell'animo loro. JVon dee dunque in
quei casi Io scrittore mostrar di riflettere sull'affetto
ch'esprime, vale a dire raziocinare o logicare sovr'
esso; nè amplificarlo o descriverlo, com'usano certi
romanzieri oltremontani, soprattutto tedeschi. L'ana-
lizzare, il definire una passione, e l'esprimerla sono
due cose differentissime, e direi quasi contrarie; poi-
ché per ben definire un affetto fa d'uopo osservarlo
pacatamente in altrui ; per esprimerlo, bisogna sen-
tirlo in se, ossia manifestare quel proprio vivissimo
sentimento, che nasce in noi senza che possiamo a-
verne conoscenza o darcene ragione. Or chi Io de-
finisce, l'osserva: chi lo esprime, lo sente; e il con-
dell'autore venduta all'opinione politica del gior-
nalista , del resto il giornalista non che cosa com-
pra, il romanziere non sa che cosa vende, che se
costoro hanno il vero sentimento del loro valore e
del valore dell'arte, non ponno sinceramente pre-
sumere di scriver cosi su due piedi cose irrepren-
sibili e durévoli ; nè ponno persuadersi di farlo
credere ai sani lettori; salvo che pretendano di
farci credere in se stessi alla scienza infusa e ai
miracoli' Che seppure alcuni sei pensasero, e ci
destro sulla voce con tuono di superiorità magi-
strale, noi potrem sempre contraddir loro con quella
superiorità eh' ha l'uomo libero sopra l'uomo sog-
getto, sopra 1' uomo, il quale colla miglior parte di
aè, cioè col pensiero, serve a coloro che son meno
di lui: potremo dir sempre eh' e' difendono sè stessi
e le dottrine e i loro socj o editori non già per
coscienza letteraria, ma per interesse proprio, o al
$iù per onestà mercantile.
. Nè meno mi si opponga a favore di qualche
mediocre scrittore il suffragio dei dotti che, lo a-
scrivono all'accademia, o di certi mecenati di nuo-
^a speccie che lo stipendiano, cioè pagan caro le
sue cantafavole, accodandole ài gazzettoni ministeria-
li; poiché in tal caso gli uomini publici hanno il
potere bensì di convertire il male in peggio, non
in bene il male, nò in bello il brutto. Non misu-
rando il valor d'un libro dal prezzo, non ci faremo
illudere dal credito e dall' autorità di costoro ; e
certe strampalate novelle, frammischiate ne' fogli
publici colle discussioni diplomatiche o politiche, le
riguarderemo tutt' al più come strumenti usati da
taluni per divertir gli animi dei 20 mila associati;
e le paragoneremo alle fole che si raccontano ai
fanciulli, perchè non facciano chiasso.
Mi resterebbe a dimostrare l'utile che potreb-
be trarsi e che pure alcuni han tratto per l'istru-
zione del popolo dai romanzi o leggende, come vo-
lete chiamarle, o racconti e novelle storiche. Ma
voi e i vostri collaboratori mi par che possiate di-
mostrar ciò coli' esempio assai meglio eh' io non
farei col discorso; e in questo specialmente la To-
scana può dare a tutta l'Italia il miglior esempio
di stile; a ciò vi conforto, mentre mi confermo con
costante stima e attaccamento Salvatore Viale
•v
OPINIONI DEL SIGNOR TOMMASEO
INTORNO LA SUA PATRIA.
Per dimostrare con quale occhio sia uso il S.
Tommaseo a riguardare le cose della sua patria,
recheremo parte di una lettera da lui stampata nel-
l'Antologia di Firenze nel 1828, prima assai che
nel mezzodì della gente slava si destasse questo
nobile affetto alle cose nostrali. Sappiamo da lui che
appunto circa quel tempo avend' egli trovate in uno
scritto di Carlo Nodier, parole onorevoli ai buoni
Morlacchi, le trascrisse con gioia e serba ancora
quel foglio a memoria cara. Queste parole degne
che ogni Dalmata cittadino le ripensi col cuore, di-
cono: Si vous y arrivez n'allezpas plus loin eette
fois - Vous avez trovè la plus douce, la plus bien-
veillante, la plus hospitalièrc, la plus gèneréuse de*
populations. Respirez en paix cette atmosphère <f
innocence et de jeunesse, d'enthousiasme et de
poésie, que le soufflé de la science ria pas altérée. -
Vous ètes chez les Morlaques:
a Dall' ottimo e bravo nostro Marinovich Ella
avrà già ricevuto la copia d'un articolo del Globo,
dove nell' atto d' offrire tradotto un saggio di poe-
sie boeme, si tocca de'lavori riguardanti le nazioni
slave e del carattere particolare di questa grande
famiglia, la cui lingua, sotto varie forme ò parlata
dal mar glaciale all' adriatico. Ella avrà trovato
rettamente accennata quella differenza tra i popoli
d'origine germanica e i popoli d'origine slava nel-
le cui vene scorre un sangue plus vif \ plus chaud,
plus léger. E chi sa quali destini si vengano nel
presenta e ne' venturi secoli maturando a questa
mal nota e avvilita generazione, i cur nomi (l'uno
di nazione, di gloria l'altro 1) dovevano nelle lin-
gue più eulte d'Europa esprimere i malaugurati ti-
toli di servo e di schiavo. Chi sa da qual, parte
volgerà per lei quella che il Foscolo, con tre voca-
boli contraddittorii come il suo sistema, chiamava
l'alterna
Onnipotenza dell'umane sorti.
Certo in alcuni rami di questo grand'albero
incomincia già ad innestarsi il germe fecondo della
civiltà: e la Boemia stessa, giusta i calcoli del ba-
rone Dupin, tse la civiltà si giudicasse dal numero
(i) Serbi, popoli dalle rive del Volga venuti ad
abitar la Dacia, con la nota varietà di pronunzia, detti
poi Servi, Schiavoni, Schiavi, non da slava, gloria, co-
me credevano i più; ma da slo vo, parola, come avverte
V Hireau: come a dire popoli parlanti, per distinguersi
dai popoli vicini, de"1 quali essi non intendevan la lin-
gua, e però chiamavano Nerni o njemci.
308
grande rinnovcllamento dell' umanitä, che si celebra
non ncgli atrii regali o sui campi sanguinosi, ma in
una povera stalla, in mezzo a' pastori,'che primi
ne gioirono, primi 1' attestarono, piü privilegiati de'
sapicnli c dei re. Ed era innoltre tema diletto agli
artisti, perche dava camno a rappresentare tutte le
condizioni e Je eti della vita, la giovane donna
inadre illibata, il pio vecchio felice, il pargolo piii
che umano; e ricche vesti, e seguito pomposo, e
1' asino accanto a' potenti, il bue accanto ai dotti, e
sopra tutti egualmente sirena la luce del cielo.
Nella Villa del Catajo era guida a forestieri
fino a poco fa un vecchio dalmata, che entrato dell'
ottantanove a' servigi degli Obizzi, sopravvisse di
quarantadue anni alla Stirpe de'suoi padroni; e in-
tauto che i visitanti passeggiavano le deserte sale,
o stupidamente animirali o mestamente pensosi, egli
sedeva in silenzio, volgendo forse nell' anima parole
della lingua materna, e correndo colla mente alle
povere montagne natie; rispettabile per la canizie
onorata, e non impronto come quo' guidatori che
assaltano il passaggiero con 1' ignorante cicalio, gli
profanauo il godimento della bellezza, e gli fanno
pagare la noja a contanti.
Del pittore da Vita gioverebbe cercare notizie,
e queste e altre simiii affidare al novello giornale
di Žara, seguendo il commcndevole esempio dato
dal sig. Professore Franceschi. Di notizie storiche,
piii che di critichc disputazioni, lo stato nostro ab-
bisogna, e tanto piii difficile a' Dalmati e questo
lavoro, ch' e' debbono investigare le memorie pro-
prie nelle storie degli altri popoli e andare per lun-
ga e dolorosa via raccogliendo i lacerati avanzi de'
padri e dei fratelli, giacenti senza onor di sepolcro.
Chi mettessc insieme quei fatti, che attestano, come
alle animc dei Dalmati non sia ignoto il senso della
pensata e affettuosa bellezza, ne trarrebbe, io spero,
argomento non di vanti importuni ma di operoln
speranze. Ne tra' presenti sarebbc lecito tacere il
nome, o signore, di Lei, che con lungo amore si e
dedicato a diseguare prima che il tempo minaccioso
ia sfasci, le piii belle parti della nostra cattedrale,
la qual sarebbe nelle piii cospicue cittä di Europa
ragguardevole monumento; di Lei che nel proporre
un nuovo fonte battesimale, seppe farlo ben corri-
spondere al rimanente della fabbrica veneranda; di
Lei che nell' ideare 1' altare di una nuova cappella,
lia rettamente pensato, chemeglio delle forme roma-
ne e greche" s' addicevano a edifizio cristiano quelle
si modestameute liete, che la scuola dei Lombard]
trovö nobile scuola, posta tra Io stile moderno e 1'
antico quasi a reo solido ed elegante. E mi e grato
vedere un Dalmata rendere alla vecchia arcliitettu-
ra italiana quell' onorc che molti Italiani tuttavia le
contendono, mi e grato sentirc mandati a un Dal-
mata dall'ltalia preziosi dipinti di Francesco Fran-
cia, siccome a degno di restaurarli con mano si-
cura ed onesta coscienza. Io parlo di Fran-
cesco Salghetti, uno de'primi in Italia a senlire le
verginali bellezze della scuola toscana; il quäle ha
meritate le lodi del piü arguto giudice di cose d'
arte che or abbia 1' Italia, Pietro Selvatico; e a-
desso ritornerä con fervore agli esereizii della pit—
tura per qualche tempo intermessi.
Che a' Dalmati 1' istinto del bello non manchi,
e prova fra 1'altre quel chierico del rito greco, na-
tivo d' Imoschi, che senza avviamento nessuno, con
un rozzo coltello seppe far balzare dal legno molte
figure minute, e di variate attitudini, con tale bravu-
ra da meritare, che esso Salghetti gli si offra cor-
dialmente maestro. La quäle spontanea [attitudine,
mi richiama alla mente le eure perseveranti cd il
generoso zelo di un nostro concittadino, il siguor
Vidovich, il quäle, primieramente digiuno della scien-
za, e lontano da quelle occasioni, che sogliono de-
starne 1'amore, si mise a raccogliere alghe mari-
ne, e ordinarle, e con lungo osservare e con 1' aiuto
dei libri, mano mano ci si venne addestrando, per
modo da rendere all' illustre professor Meneghini
nelle sue indagini non pochi servigi, e meritare che
egli in riconoscenza alcune piantc marittime col no-
me di lui distinguesse.
Possano questi esempi seuotere gli animi dei
giovani nostri, e fare che non solo al proprio lucro
eglino rivolgano gli studii e le speranze, ma si ad
incremento, della scicnza e dell'arte, a sollievo e
ad onore de' fratelli. Tommaseo.
Pensieri xulla di/ferenza del MARINO
TEOIIICO - PRATICO, a quello che č puramente
PRATI CO.
Sono semplicissimi riflessi: ma pure non do-
vrebbero essere indilFerenli [alla giovenlü dalmata,
che si dedica alla carriera marittima, sia per viste
d'interesse, sia per necessitä, sia per qualunque si
voglia rapporto.
Ebbi moltissime volte occasione di conversare
con capitani mercaatili a lungo corso, e ciö che
—C 30 )-
btica eomodità. In breve tempo è surta una nuo-
va strada spaziosa, amemssima, e tulta nuova per
la lungliezza di circa 10 miglia geografi che. Con
robuste dighe vennero superate le paludi all' intor-
no del fiume Xernovnizza, e coslruito un ponte di
legname a più arcate. Cinque altri minori ponti
di pietra ad un solo arco si éressero sopra diver-
si torrenti, che tagliano la strada: tutti i villaggi
dell' industre Poglizza, racchiusa Ira i fiumi Cetti-
na e Xernovnizza, si videro aperta una sicura via
per Spalato, che prima era incerta e pericolosa, e
non di rado avveniva in passato, che alcuno si'af-
fondasse nelle paludi suddette.
Dopo la torre di Norino per Metcovich, Kleck,
Slano, Ragusa, durante la dominazione francese, si
era eostruita la strada sino a MaWi, e presso Ra-
gusa, ma incompleta in alcuni tratti, e mancante
in un tronco di circa tre miglia tra Malfi ed Oin-
bla. Negli anni decorsi, prima che fosse assunta
in amministrazione dello stato, si è impedito il
deperimento di un si lungo tratto di strada, ma
I' interposizione della lingua di terra turca a Kleck,
ne era ostacolo al passaggio.
Sino dali'anno 1837 si condussero a termi-
ne delle stabili trattative cogli Ottomani, in se-
guito aile quali si distrussero le barriere, che vi
avevano frapposte, si ripristinô la strada primitiva
che vi era quasi perduta, e si è paltuita la futura
stabile conservazione, non che le possibili varia-
zioni di traccia , per rendere meno declivi le più
difettose rampe. Immense fatiche ha costato alla
popolazione dalmata la primitiva coslruzione della
strada dalla Narenta a Ragusa per i grandi osta-
coli, che furono superati: ora essa sorge dalle pa-
ludi, ora è incisa nella nuda roccia: a Kleck ser-
peggia fra gruppi di monti asprissimi: al Plagnak,
a Slano, a Bersecinne , a Cannosa , a Malfi, fra
continui piani ineguali, difficili per roccie, per isco-
scendimenti, ed instabili terre.
Consérvala la primitiva strada dalla torre di
Norino a Malfi, venne in gran parte ora ridotto
il suo piano superficiale con riempimento e nuovo
inghiaio, con ricostruzione di muri e miglioramenli
di scoli: si è rialzata e regolata la prima diga di
terra dalla suddelta torre a Metcovich, lunga cir-
ca quattro miglia. Si allargo ancora Paîtra diga
nella valle di Polloguscu , e costruito un nuovo
ponte sopra il fiume Bilibir a più arcate di le-
gname, che serve ad abbreviare il caramino di due
miglia : altri cinque minori ponti si eressero nuo-
vi nel territorio narenlino, e nel circolo di Ragusa
si è allargata la strada, tagliando la roccia a Ter-
nova, a Slano, e a Malfi.
Nel tronco da Malfi ed Ombla, dove fu ab-
bandonata la vecchia strada, si è eostruita tutta
nuova: qui s'incontrarono le maggiori difFicoltà
che presentava la nuda roccia. La linea vi serpeg-
gia con studiate e non sentite curvature, a secon-
da della natura del terreno ha una dolce incli-
nazione, solidi muri costruiti con tutta diligenza
la sorreggono verso il mare, ed un piano regolare
offre ora comodo e sicuro passaggio. Sopra il tor-
rente Verbizza , che taglia la strada , venne eretto
un ponte ad un solo arco, di pietra, della corda
di piedi 24» i'1 Clli c combinata la solidità coll'e-
leganza. In questo tronco appare l'abilità di chi ha
compilatoil progetto, e di chi ha direlta l'esecuzione.
Del nuovo tratto di strada già ne approfil-
tano gli abitanti di Maicovi, Bersecine, Cannosa,
Valdinoce, ed altri villaggi che preferiscono la via
di terra a quella di mare Qui pure in maggior
grado che altrove, appare l'amenità della strada
litorale. Per lungo tratto l'occhio si spazia in va-
ríate prospettive, ora nell'infinito dell'orizzonte, che
si confonde cogli ultimi confîni del mare, a cui
10 sguardo possa lanciarsi, ora ne i varii gruppi
dell'Elafiti ed altre più lontane isole; ora nella
veduta del porto di Gravosa, sempre passaggio di
schifi e talora di grossi navigli, sempre il sublime
spettacolo o del mare tranquillo, o dell'onda, che
corrucciata batte a' tuoi piedi. E chi volesse recarsi
anche a semplice diporto, non potrebbefar di me-
glio che prescegliere la nuova strada, come quella,
che offre pascolo all'occhio e airimmaginazione.
In breve si altiveranno i ponti volanti sopra
11 fiume Narenta , e sopra il canale di Ombla, e
cosi nella provincia verra aperta una comunicazio-
ne carrozzabile , dal confine della Croazia sino a
Ragusa, per mezzo della strada mediterránea so-
praccennata, dopochè venne radicalmente riattata
e completata nelle parti mancanti , dalla torre di
Norino, alla detta città nell'ora decorso anno. Se
quanto prima si progredirà nella costruzione della
slrada litorale verso Catlaro, cessera del tutto per
la città di Ragusa il suo stato d'isolamento col
resto della Dalmaziá, mentre mancava aífatto di
complete vie di comunicazioni terrestri.
I segnalati vantaggi sinora ottenuti dimo-
strano con quanto zelo vennero poste in esecuzio-
ne le superiori disposizioni da ottimi magistrati
locali, e dagli ingegneri.
Metodo Iiocatelli per la filatura
_ della seta.
CConlimiasíione. V. il N. antead.)
Prosegue poi il sig. Zecchini:
«Tutto 1' insieme della batteria presenta la
Noi 11011 abbiamo ancora una strenna dalma-
ta, quantunque non sia impresa tanto malagevole
di comporla. Mollo piu difficile a nostro avviso
sarebbe il trovare l'editore, e tanti associati, che
bástassero a sostenerla. É vero, in natura non si
da salto, ma si giunge ad una meta a gradi. Si
cominció con buoni lunari, da questi si fece pas-
saggio a qualche. cosa di piíi che non é un sem-
plice repertorio di sapti, delle lunazioni, degli ec-
clissi, delle vigilie e delle feste; di anno in anno
si progredisce in meglio, e speriamo, che da qui
a non molto avremo ancor noi la strenna dalmata.
Un nostro zelante concittadino intanto si pro-
vó sin dal 1844 di portare ad eíFetto una sua
felice idea, e d'adornare il lunario dalmato con
qualche fatto desunió dalla storia patria, collo-
candone piu d'uno a canto dei rispettivi mesi, in
che avennero. II Rcimmentatore ZaratinOj publí-
calo dalla tipografía Battara, ne diede saggi; lo tro-
vammo adorno di preziose memorie, sia del medio
evo, sia de'teinpi a noi piu vicini. Hanvisi cenni
sullo stato delle citta daímate d'allora, di perso-
naggi celebri, che vi diinoravano , d' illustri fore-
stieri che le visitarono, di tratti bellissimi, che'
pongono in cliiaro la religione degli antenati; vi
si fa parola di segnalati avvenimenti, che formq-
no época nella storia patria, vi é infine, quanto
potra a piu di uno servire di erudizion storica,
in cose non ancora publícate colle stampe, e me-
ritevoli che siano rese di diritto publico innanzi
che, come accadde con tantí preziosissimi docu-
menti, con memorie curiosissime, vadano distrat-
te, periscano, o vengano annichilate.
Con quanto aggradimento sia stato giá nel
primo anno accolto il Rammentatore, lo sanno
tutti, ed il favore che incontró, ben poteva ani-
mare glí editori a perseverare e progredire, spe-
cíalmente peí corr. anno 1846, tentato avendo,
e con buon successo, una generosa edizione, che
varea d'assai l'ordinario delle produzioni tipogra-
fiche in Dalmazia.
Ecco dunqne il principio d'una Strenna sto-
rica dalmata. Imprendimenti, qualunque ne sia la
natura, massime se vengono coronati da qualche
vantaggio materiale, o propriamente parlando, re-
cano guadagno, non tardano a trovare imitatori
ed emuli. Vedemmo peí 1846 un altro calenda-
rio : 11 Morlacco, publicato dalla tipografía De-
marchi, ancor esso adorno di molte notizie pa-
trie, non esenti d' interesse storico, con giunta
di precetti agronomici per ogní mese.
Di non minore encomio é meritevole la ti-
pografía Oliveti di Spalato, che quest'anno abbelli
il suo lunario con una distinta alfabética degli
uomini illustri di Spalato, da'tempi rimotissimi
a'giorni nostri, con brevi cenni della vita, delle
opere e dei fatti piu rimarchevolí d'ognuno. An-
che questo é un ¿dlro elemento, onde comporre
una strenna patria. Che il divisamento della tipo-
grafía Oliveti, abbia incontrato Tapprovazione pu-
blica, ne siamo sicuri; che vennero apprezzate
anche fuori quelle succinte memorie, lo possiamo
giudicare dalla Daniza di Zagabria, che le riproduce.
A quanto ci sembra, ponno anche i lunari
contribuiré, che si fortifichi e s'estenda Tamore
alie cos"6 patrie, se a tanto non giungono i gior-
nali od opere d'una certa mole o prezzo. Tros,
tyriusve .... basta che si avanzi, e che l'uti-
lita , cui si puó ricavare dalle scritture in mate-
rie nostrali, non rimanga circoscritta a pochi, che
leggono e comprendono, ma venga estesa piu che
sia possibile anche a coloro, che non sanno, o
non vogliono leggere né Y illiríco, né 1' italiano.
Ma a proposito del lunario di Spalato: pia-
cque al dottissimo sig. P. Niseteo d' inviarci una
rettificazione della biografía di Giorgio Spalatino.
L'autore di que' cenni biograficí, seguendo forse
l'autoritá del Boghetich e del can. Bernardi, di-
ce Giorgio Spalatino di Spalato; ma non lo é, né
é compatriota del celebre Domínís, né della fami-
glia Spalatin di Arbe, come scrisse il Kregliano-
vich, e neppure dalmatino, ma alemanno. Gli stra-
nieri, dice l'emerito professore, se colgono l'occa-
sione di porre in discredito ció che si fa, e ció
che si scrive in Dalmazia, hanno molte volte torio
di parlare a nostro scapito e con tuono magiste-
riale; in qualche caso pero hanno ragione.
«Ecco i cenni biograficí, che di lui rínvenni,
parla quel dotto, nel dizionario degli uomini illustri
publicato da Jocher col titolo: Compendiosas Ge-
lehrten Lexicón etc. Peccato, che lo Spalatino, uomo
di mérito preclaro sia caduto in errore, e nell'errore
del luteranismo síasi acciecato. Dice Jocher, tra-
dotto da me nel nostro volgare: Giorgio Spalati-
no evangélico teologo,il quale viveva ai tempi di
Lutero, aiutó con energía a promulgare Topera
della riformazione. Il suo vero cognome era Bu-
chart, ed assunse quello di Spalatino, derivándolo
da Spelt, sua patria, ove naque l'anno 1482. Fece
la sua scolastica carriera in Erfurt e Wittenberga.
Nel 1507 era paroco e pastore a Hohenlíirchen,
nel 15o8 precettore dei giovani alunni del mona-
stero di Georgenthal; nel 1509 precettore del
principe elettorale di Sassonia, Giovanni Fede-
rico, nel i5ii maggíordomo dei duchi Otto-
ne ed Ernesto di Lüneburg all'universitá di Wit-
tenberga; e poscia predicalore di corte e segre-
tario di Federico il Sapiente. Fu adoperato in
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delle quali parte veni va bruci ata sul rogo appa-
recchiato, e parte, che sarà stata la maggiore, era
consumata in gozzoviglia dai più prossimi devoti
dell'idolo. Canti, balli ed ogni sorta di sconcie
buffonerie accompagnavano la cerimonia. I fuochi
festivi usati alla vigilia del santo protettore di quel
tale o tal altro villaggio, quelli dedicati in onore
di s. Vito, e quelle cataste di legna, che ardono
la notte antecedente alia giornata di s Giovanni
in tutti i punti si puô dire abitati dal popolo
slavo, si puô asserire con verisimiglianza, che sian
un resto dell'antiea solennità, che celebravano in
onore del Dio Svantevid , compita ch'era la messe.
Dice il sig. M tili sen (Gesch. der Wissenschf. in
der Marek Brandenburg), i missionarii di Cristo
lasciarono agli Slavi gli antichi loro costumi, sotto
nome cristiano, dopo averli purificati dalla più
rozza lordura dell' idolatría. Gli antichi Slavi ce-
lebravano pure una festa in onore del Dio Bo-
shizh, consacrata alia pace domestica ed all'ospi-
talità. Le costumanze degli Uscocchi di Segna e
della Dalmazia, úsate perché permesse nelle festi-
vità del SS. Natale descritte dal Valvassor (Ehre
von Krain), danno a vedere gli usi dell'antico ri-
to. Durava la festa pel corso di otto giorni. In
ogni famiglia era riccamente imbandita una men-
sa con cibi e bevande, e con pañi di forma sim-
bólica. La Potiza ed il Poternik dègli Slavi della
Carniola, il Kolazh dei Boemi, lo Strilaz degli
Slavi dalmati, usati all'epoca della nostra festivi-
ta , sono pani simboleggianti che ricordano gli
antichi riti. Dice il prelodato Valvassor, che gli
Uscocchi della Dalmazia destinassero in quest' e-
poca un fanciullo col nome di Gost, per adern-
piere gli uffizii dellJospitalità. Ed un altro fan-
ciullo col nome Badniak, era incombenzato a
mantenere ardente il fuoco simbolico dell'amicizia
costante. Vige tuttora una rimembranza evidente
di questo rito fra il volgo slavo della Dalmazia.
In ogni famiglia con formalità festive e religiose
un grosso tronco di legno, e quanto più grande
tanto più pregiato, portano al focolare col nome
di badniak, ove deve ardere pel corso delle gior-
nate di questa festività. Un sacerdote od il capo
della famiglia con preci lo benedice, ed i fami-
gliari ed amici rispondono aile preci con ispari di
fucile. E vige tuttora nelle dalmatiche contrade
la costumanza di tenere imbandita la mensa per
alcuni giorni, con adornamenti festivi, e d'invitare
l'uno all'altro reciprocamente a bere e mangiare.
Questi cenni che mi fu dato di raccogliere
sulla religione antiea degli Slavi, io non li pre-
sento al publico colla pretensione di aver esaurito
l'argomento, ma coll'intendimento di dar raos-
sa ai nostri eruditi, onde se ne occupino in pió
esteso dettaglio, per far conoscere se vi esistesse
analogia fra la credenza religiosa antica degli Sla-
vi e quella degl'Illirii, della quale faro una breve
esposizione, che bastera peí confronto.
(sara cont.) P. NISETEO.
La »tampa periódica in Dalmazia, paragronata
con la sua popolazione, e con quella delle
altre provincie austriaclie.
Prendendo le mosse, come é ben naturale,
dalla nostra provincia, e considerando quanto si
é fatto appo di noi da varii anni in qua, in pro-
duzioni di questa specie , vi troveremo passi cor-
rispondenti al progresso del tempo, e diremo di
non essere rimasti stazionarii. Sia seinpre cara in-
tanto la memoria di tutti quelli, che col fatto e
col consiglio cercarono d essere giovevoli a que-
sta conlrada, acciocché fra tutte le classi del po-
polo , anche con stampe periodiche, venga estesa la
conoscenza di cose utili a sapersi da ognuno, e
piu agevolmente, che non lo sarebbe con opere di
una certa mole e di prezzo alto.
La Dalmazia, dopo il Regio dalmata (1806
al IBIO1) non aveva nissun foglio periodico suo,
ed appena nel i832 ,perció dopo un'interruzione
di 22 anni, si publicó il primo numero della
Gazzetta di Zara, giornale político, non diverso
dagli altri fogli provinciali di tal fatta, di carat-
tere semi-ufficiale, e destinato a comprendere e
diramare le notificazioni delle autorita centrali in
oggetti politici, giudiziarii ec. Trovat*si pero que-
sta gazzetta in mano or dell'uno, or dell'altro
degli editori, e stesi i suoi articoli politici, let-
terarii, da persone di maggior o minor valentia,
corsé quasi sempre la medesima fortuna, ebbe li-
mitatissimo numero di lettori, e non oltrepassava
i confini, che fossero stati alquanto remoti.
Col principiare del 1844 la luce il fo-
gio letterario in lingua dalmata: Zora dalmatinska,
a spese de'fratelli Battara, e ... tuttora prosegue.
Non é trascorso ancora un' anno, che ha
vita questo giornale: La Dalmazia, che con parco
alimento, ancor esso, regge in piedi come meglio
lo puó, sospirando tempi migliori che non lo fu-
rono finora.
Perché a Spalato non vide la luce il nuovo
giornaletto illirico ed italiano: L'Amico del Con-
tadinoj non siamo ehíamati ad investígame le
cause. Prova novella che le intenzioni sono otti-
II regio dalmata cominció ai 12 di lugliol80G, fin»
al 1.° d'aprile 1810, esciva ogni settimana una volta.