che godiamo della nostra gentile ospitalità, ma
quanto poteva e può ancora essere un preo-io.
non deve ora cambiarsi in difetto colpevole, ed
in un manifesto attentato del primo e più essen-
ziale dovere d' ogni vero e buon cittadino, quello
della concordia fra i propri.
Con quanta generosità poi qui si tratti an-
che chi si mostra poco amico e poco cortese
verso la nostra città, lo abbiamo provato in un
precedente nostro numero; ma anche ogni virtù
ha il suo confine, e lasciando pure che ognuno
agisca in casa propria come meglio crede e può,
potrebbe nascere il desiderio che questi signori
riducendosi ai luoghi natii, nelle loro città, borgate
0 villaggi, imprendessero a predicare la conqui-
sta della terra promessa ed essere forse creduti,
- - Ma cionondimeno fi non curandoci degli e-
saltati, ci rivolgiamo a quegli eletti ingegni ed a
quelle anime oneste che pur dovrebbero esercitare
una grande influenza swl pariiio^ e li esorliamo a
fare in modo che la suscetibilità dei nostri cittadini
non si trovi offesa da questa ingerenza presa da
altri nei loro affari, ed ìr onta ai medesimi; che
essi si guarderebbero bene dalFadoperare nelle al-
tre città; a fare in guisa che a Zara sia lasciala
la piena libertà di regolarsi nel modo che me-
glio le aggrada circa 1' attuale questione, e la-
sciare ai zaratini dirigere come vogliono ciò che
a loro compete; che dei vantaggi se ve ne fos-
sero, essi certo li divideranno senza gelosìa,
mentre dei danni essi soli saranno a patirne, nò
è da credere che altri si sbraccierebbe per vo-
lare in loro soccorso. Questo non è municipali-
smo, ma desiderio vivo ed immutabile che appunto
le libertà municipali a cui tutti aspirano, di cui
gli altri per il fatto sono tanto gelosi, e che con
tutta coscienza abbiam rispettato, sieno anche
per noi cosa sacra ed intangibile, e chi non si
associa alle idee della città, senta almeno il do-
vere di non farvi contro. Ma qui facciam sosta
per non uscire da quella sfera di mitezza che al-
cuni fatterelli recenti potre,bbe,ra nostro malgrado
farci oltrepassare. iì . .. .
Elettori della città e Distretto elettorale
Dietro incarico di questo Consiglio Municipale, e di molti elet-
tori di tutte le classi della città, ottenuta V autorizzazione luogote-
nenziale, i sottoscritti SI sono costituiti in Comitato provvisorio per
agevolare le operazioni elettorali, dalle quali usciranno i deputati,
che nella prossima Dieta Dalmata avranno a decidere dei nostri fu-
turi destini. — Bramosi di tutto quanto al vero bene della Patria
può condurre, e quindi di un ampio sviluppo delle libertà costitu-
zionali, affezionati al glorioso nome della Dalmazia, essi invitano tutti
gli aventi diritto d'elezione ad una prima radunanza, che verrà te-
nuta domani alle 7 p. m. nella sala della Biblioteca Comunale^ ove
verrà trattato sulla nomina dello stabile Comitato eleltorale, costi-
tuito di 12 persone, con raccomandazione che la scelta rappresenti le
diverse classi della popolazione; e sopra altre misure che ncIP ar-
gomento si trovassero opportune.
Si fa avvertenza, che a termini di legge gli elettori, che inten-
dono prendere parte a tali adunanze debbono munirsi di un certificato,
che comprovi tale loro qualità, da ottenersi dal Mimicipio, con cui
il Comitato prese gli opportuni concerti.
Mossi dal desiderio che la radunanza sia quanto più numerosa è
possibile, essi raccomandano ad ogni avente diritto d'intervenirvi,
assicurandosi a tempo che il suo nome sia compreso nelle liste e-
/
venti, voi sarete pur sempre l'avanguardia della
civiltà latina verso l'oriente. Questo posto voi
dovete gelosamente custodire. La civiltà vien
sulle navi: e voi mostrate da che parte viene.
Chi vi parla del vostro slavismo ignora dunque
che ogni nazione è fatta sovra altre nazioni, e
che Berlino sorge in mezzo alle antiche terre
dei Vendi ? Voi siete sì slavi, come F Alsazia è
oggi tedesca, anzi infinitamente meno ancora,,.
Operazioni elcÉtoraii
di %ara.
Elettori della città e distretto elettorale
(li Zara!
Nell'adunanza di iersera, cui presero parte
269 dei signori Elettori, si compirono le opera-
zioni seguenti:
1 Usciti spontaneamente dal Comitato cinque
de' signori che vi appartenevano, fu preso di ri-
stringere il medesimo da dieciotlo a qiiallordici
membri, e per completare questo numero, ai tre-
dici rimasti fu aggiunto per acclaniazlofle il signor
Duplancich Vincenzo.
2. Si fece la votazione perla proposta di tre
candidati, quali Deputati alla Rappresentanza pro-
vinciale, uno di questi pella città capitale di
Zara, e gli altri due pel distretto elettorale di
Zara, Arbe e Pago; ed ì risultati ne furono:
Per Zara, il sig. Borelli Conte Francesco,
con voti 191.
Pel distretto, il sig. Ghiglianovich Dr. Gia-
como, con voti 164, ed il sig. Filippi Dr. Natale,
con voti 161.
Elettori! La conformità nelle opinioni e la
concordia nei sentimenti, da cui fu guidata la
mente vostra e la vostra mano in tal sperimento,
'^sianvi ognora di scorta fino all' istante di quella
solenne manifestazione della scelta vostra cui per
diritto siete chiamati ; edalla santa causa dell'au-
tonomia e libertà di questa Dalmata Patria non
potrà fallire la soluzione da noi tutti desiderata.
Zara, 19 Marzo 1861.
Il Comitato elettorale
Betloschi GìoYanni. - Bianchi Canonico Carlo Fede-
rico. - BoleoYich Giorgio. - Duplancich Vincenzo. -
Fabbrovich Francesco.'- Fanfogna Conte Giovanni. -
' Ferrari Cupilli Giuseppe. - fardello Pietro. - l\o-
yflsselich Bartolomeo. - Perlini Giuseppe. - Trigari
'Nicolò.
Eccepitisi dalla firma i tre Candidati.
Come consonasse l'effetto alle raccomanda-
zioni del Comitato, l'abbiam già veduto. Resta
soltanto che ci congratuliamo coli' esimio sig. Du-
plancich per quanto d'esso nel riportato annunzio
ci venne letto.
Tale solenne manifestazione della publica
stima e fiducia verso quest' onestissimo e va-
lentissimo nostro concittadino risponde pienamen-
te agli insensati attacchi mossi contro di lui dal
Glasnik Dalmatinski e compagni; e vi risponde
con assai maggiore forza e chiarezza di quel
che potrebbero tutte le parole della Voce Dal-
matica^ la quale ben fa il detto giornale ad ap-
pellare cognata., mentre ad essa ripugnerebbe una
più stretta parentela con tali, che per infiorare
le petulanti lor scipitaggini, cercando vanno le
inspirazioni e le frasi nel galateo degli Aiduhi
e tra i belliconi delle taverne.
Marcantonio Ticlovicli
ANTONIO DAMIANOVICH
L
CANZONE
Il Dolore e la Speranza
A me canta, o Fratel mio;
Il Dolor che al buono Iddio
Risolleva i nostri cor:
La Speranza che amorosa
Ne conforta in questa guerra,
Additando un Ben che serra
In sè innumeri tesor.
Canta a me, Fratel, pur anco
Di Natura le bellezze
E le vive, sante ebbrezze
Dell'amore del Signor.
Al mio cor, dolce Fratello,
Grato assai sarà il tuo canto;
Al mio cor che allieti tanto
Del tuo caldo e schietto amor*
mp, Demarclii-RoBgìer. Đ.r COSIMO BEGNA DI POSSIDARIA e GIUSEPPE FERRARI CUPIllI, Redattiri responsabtil*
limare, per quanto è da noi, alla scelta dei Vostri
rappresentanti nella prima dieta provinciale e
mediatamente nel consiglio dell' Impero.
Onde meglio rispondere alla fidanza in noi
riposta, diviene per noi doverosa la sincera ma-
nifestazione a Voi stessi del nostro pensiero sulle
doti richieste nei deputati della nazione. Eccole:
Antecedenti intemerati, amore della giusti-
zia per tutti, liberali sentimenti tradotti nella pa-
rola e nei fatti, mente illuminata, energia d' a-
zione, cuore caldo di patria carità, pronto ad im-
molarsi al comun Lene.
Fu detto la stabile possidenza essere il ce-
mento, la pietra angolare della degli Stati.
Ma senza libere istituzioni non mmno le civili
società; esse vegetano in quiete sepolcrale, cui
manca il raggio vivificatore, lo spiro balsamico
dell' aere.
Le franchigie costituzionali concesse dalla
sovrana saviezza a tutte le provincie del vasto
Impero diverrebbero per noi crudeli ironie, se
sopra Dalmazia nostra pesar dovesse il predo-
minio d' altro paese. E predominio vi ha sempre,
quando 1 destini di un popolo si fanno dipendere
da una straniera maggioranza. Sacra fia dunque
pei Vostri mandatari la nostra autonomia, sacra
la dieta dalmata, espressione e palladio di quella.
L'affratellamento dei popoli, il progresso
della nazione, l' uso più esteso e lo sviluppo della
lingua e letteratura slava, il ravvicinamento delle
classi civili alle men colte, formeranno oggetto delle
assidue e coscienziose cure dei deputati degli alti
censiti, i quali sanno che la intelligenza del colono
feconda il campo non meno della rugiada del
mattino e dei sudori della sua fronte. Ma per
conseguire questi scopi basta Dalmazia a sè stessa,
e non ha bisogno di stranei maestri e tutori. Per
riuscire a questa meta non hanno d'uopo i di lei
figli di consegnare ad altri quel sacro deposito
di glorie e di sventure che immacolato veniva
ad essi tramandato dai padri; non hanno d'uopo
di chiudere per sempre il libro della storia dalmata,
i codici dei dalmati municipi, per aprirne di nuovi
in cui invano si cercherebbe il nome di dalmata,
che suona riverito ed amato ovunque giunsero le
sue navi, ovunque tennero stanza i suoi figli,
occupati nei commerci e negli studi, ovunque
fu sparso il sangue de' suoi soldati sempre fe-
deli, sempre valorosi; non hanno d' uopo di di-
videre con altri quel mare che lambe scher-
zando i suoi piedi, e in cui si specchia quel
vivido raggio di sole che fa così bello il suo
cielo, quel suolo che racchiude le tombe dei loro
maggiori; non hanno d'uopo di schiantare bru-
talmente la civiltà nutrice e sorella, che diede
alla Dalmazia, fra gli altri cento, un Paravia, un
Tommasèo. Piccola, ma non meno splendida ed
ambita gemina della corona, gotto il suo re co-
stituzionale, ed air ombra delle sapienti sue leggi
fondamentali^ e di quelle che, di concerto con
esso, saprà dare a sè stessa, non ha finalmente
d'uopo la Dalmazia, per raggiungere i premessi
fini, di perdere la sua capitale, i suoi dicasteri
provinciali, di subire organamenti eccezionali ed
antiquati d'altri luoghi, e d'altri costumi dai suoi
affatto diversi.
L' avvenire è figlio del presente. Col suici-
dio dell' oggi, male s'inizia la felicità del dimani.
Cittadini Altocensiti ! S' egli è pur vero che
una malaugurata quistione, gittata fra noi, che ci
ammorba crudelmente le prime aure di libertà,
ne abbia per un istante divisi, ci riunisca in-
dissolubilmente il santo affetto, il legittimo or-
goglio del paese nativo; stendiamo 1' un ver l'al-
tro la destra, e giuriamci concordia ed amicizia,
come gli eroi dei nostri monti, sugli innocenti
pargoli, nostre speranze, e sul seno delle loro
tenere madri.
Con questa lusinga, ci onoriamo invitarvi
tutti alla consueta elezione d' assaggio, che avrà
luogo il 28 corrente alle ore 3 pomeridiane nel-
r edifizio ad uso di biblioteca comunale in piazza
dei Signori.
Zara, 25 marzo 1861.
Begna di Possidaria D.r Cosimo - Ceriiizza di
Krunevir Marco - Duplancich Yiaceiizo. - de
Ponte Yalerio - Smirich D.r AiUoaio.
Il risultato della votazione di prova, venne
al publico reso noto col seguente annuncio :
Onorevoli Elettori Maggiori Censiti !
Il comitato da Voi istituito onorasi publi-
care, che nell' adunanza oggi tenutasi in questa
città furon prescelti a maggioranza assoluta, so-
pra 83 votanti, quali candidati da proporsi per
Deputati alla Dieta dalmata i signori
D.r Antonio Smirich .... con voti 74
D.r littorio Rioni „ 62
D.r Cosimo de Begna di Possidaria „ 52
Vincenzo Duplancich .... „ 51
Indubbio essendo il loro patrio amore, e il
loro coraggio civile, e primeggiando per eleva-
tezza di mente, quella concordia ed unità di sen-
timento che a presceglierli valse nell' adunanza
odierna, prevalga eziandio a confermarli nell'e-
lezione definitiva, e così avremo la sorte. Ono-
revoli Elettori, di aver appoggiato la nostra causa
a benemeriti cittadini, che sapranno apprezzare la
gloria che ad essi vien concessa di poter, Viril-
Dieta provinciale, indipendenza assoluta de' giu-
dici, legislazione consentanea al progresso dei
tempi, la massima parsimonia nelle spese della
publica amministrazione, scelta d'individui capaci,
operosi ed onesti nei vari incarichi nazionali,
bando sincero ad ogni gretto municipalismo, a-
more indefesso anche ai fratelli slavi, che vi-
vono oltre ai nostri confini, eccovi, onorevolis-
simi Elettori, i sentimenti che si crede in obbligo
di manifestarvi il neoelelto vostro deputato alla
Dieta Provinciale della Dalmazia, deputato che
con dolore bensì, ma senza rimorsi, saprà de-
porre volonteroso nelle vostre mani il suo man-
dato, ogni qualvolta potrà accorgersi o che sia
per venirgli meno la vostra fiducia, o che le
sue forze non sieno per rispondere alla purità
dell' incarico.
Zaro, 27 marzo.
Oirolamo Vusio
neoeletlo Deputalo alla Dieta
Provinciale della Dalmazia.
CORRISPOKDEAZA.
Un egregio nostro Dalmata domiciliato in
Germania in una sua lettera del 29 passato ad
un suo amico di qui, risguardante l'argomento
vitale dell' annessione alla Croazia, parla d'una
vile accusa che l'altrui malizia viene astutamente
contro noi seminando, nel modo seguente: "Si
crede che non vogliamo essere Croati, perchè
vogliamo essere Italiani. Non si vuole ancor ca-
pire che Dalmata è anche il nome di un popolo
misto sì, ma pur sui generis distinto dagli altri.
Così fu da secoli. Cercai e a Vienna e qui di
correggere questa falsa opinione con articoli; ma
non vogliono stamparmeli o stampar soli: accetta-
no articoli croati, ma i nostri assai difficilmente.
Di tante cose che scrissi, una o due furono
stampate. Quanto si scrisse in Dalmazia, e nes-
suno ancora pensò che la lingua italiana non è
merce introdotta, ma indigena. Si parlava latino,
e, questo degenerato, divenne italiano. Così na-
que lo spagnuolo, così il francese, così il ve-
neziano col nostro. Non è forse Lissa colonia
siciliana? Traìi ed Epezio, colonia Lissana? eb-
bene : che lingua parlavano i Siciliani ? non par-
lavano forse allora il greco? E monumenti e
monete greche non si trovano a Lissa ed a Le-
sina; ed il nome Trogos o Trogilos non è forse
greco ? Ed ora si parla slavo. Si ha da dire che
slavo vi si parlasse sempre? Fiabe! In ventitre
secoli si poteva ben cambiare la lingua! La Ma-
gna Grecia che cosa conserva ora di greco,
tranne la memoria ? nulla ! Si dirà forse che non
vi si parlasse il greco?
In quanto all' origine della lingua italiana
in Dalmazia, fuvvi già chi altre volte il pensiero
medesimo espresse dell' egregio scrittore. Nella
Hw/sla Dalmata n. 37 del 1859 a fac. 318,
col. 2, si legge : "L' uso dell' italiano in Dalma-
zia fu di molto anteriore al reggimento veneto,
chè ben più antiche furono le relazioni nostre
col bel paese., e quando in esso 1' idioma latino
si venne trasformando nella favella del sì, la
metamorfosi stessa dev' esser anche sulle sponde
nostre contemporaneamente avvenuta. I rapporti
successivi r hanno di poi sempre conservalo ed
esteso„. — E nella Voce Dalmatica n. 30 del
1860, a fac. 246, col. 1, dopo aver detto che
le invasioni slave sbandeggiar non poterono dalla
Dalmazia la lingua latina, con cui anzi gli slavi
stessi addimesticaronsi, nella guisa medesima che
d' altri usi del viver civile, fra noi rinvenuti, si
vantaggiarono, s' aggiungeva : "Al latino poi suc-
cedette per diritto di figliuolanza legittima l'ita-
liano, che le relazioni continove della patria no-
stra col bel paese cui sta dirimpetto, sempre più
propagarono, e larga fonte hanno reso di civiltà
e gentilezza,,. —
Biog^ralìa.
Della Dita e delle gesta del giurisprudente Tri-
fone Wrachien, segretario della neneta repu-
blica^ e consultore in giure e di Stalo,
La cognizione della verità, e 1' amore e la
pratica delle virtù distinguono principalmente gli
uomini. Vi sono in ogni parte della terra anime
0 vili 0 mediocri; ma per conforto del genere
umano vi si veggono altresì dei grandi perso-
naggi, e ciascun secolo ne fa nascere in tutte
le condizioni della vita. Sembra che di tempo in
tempo la natura esaurita, dirò così, dalla diver-
sità quasi infinita delle sue opere, raduni tutte
le sue forze per arricchire uno stesso soggetto,
e fornirgli tutti suoi doni.
Quegli, che io ho determinato di ricordare,
fu uno di tali uomini straordinari, nato non solo
per illustrare la sua patria e la nazione, ma per
apportare anche segnalali benefizi alla società.
L'insigne giurisprudente Trifone Wrachien
naque in Cattaro nel 1696 dall' illustre famiglia
del sue cognome. Non terrei gran conto della
nobiltà dei natali, se gli avesse mancato il re-
taggio delle virtù avite, e se egli non si fosse
creduto di farne tesoro. Ignoro quella parte del-
l' educazione, che precedette la sua partenza allo
studio di Padova. Quivi fu mandato a spese di uh
governo tanto illuminalo nel discernere gli inge-
gni, quanto sollecito nel premiare gli sforzi e
dirigerne 1'attività, il quale provvido, soleva be-
dell'ulil comune posponendo qualunque proprio
riguardo, non esitò ad accogliere nelle sue co-
lonne qualche scritto di lui, come ne fa prova
l'articolo puWicalo nei num. 5 e 6, benché con-
trario in qualche parte ad un altro in esse pri-
ma inserito. Ma dopo che il nostro abate s' at-^
tegg-iava da Rodomonte per sostenere la sua o-
pinione senza saper ancora quali sarebbero le
altrui obbiezioni; dopo ch'egli, salita la cattedra,
faceasi a trinciare magistrali giudizi di persone
e di cose, di comuni e governi, di popoli e stirpi,
con quella franchezza che, a dir suo, è propria
forse dello iSlavo soltanfo^ e quindi naiuralmente
non può essere intesa da chi per natura opera
sempre per ambagi e con artifizio; dopo queste
ed altre simili piacevolezze, qual prò sperare da
una polemica disappassionata ed onesta ? D' al-
tronde, ponendo F abate anche il povero nostro
giornaletto nel mazzo di que' fogliacci dei quali
fa egli parola, noi crederemmo di profanar trop-
po il di lui nome illustre coli'occuparci di cose
sue. Vero è che questo fogliaccio prese un gior-
no spontaneamente a difendere 1' abate Gliubich
contro le impertinenze dell' altro abate Cappellet^
di Venezia; vero è che avendolo a nominare,4p
fece sempre col dovuto riguardo, e che parlando
del di lui Dizionario biografico degli uomini il-
lustri della Dalmazia ,(il quale solo basterebbe
a mostrare quanto sia vero ciò eh' egli ora dice
che di coltura intellettuale in Dalmazia fitto alla
seconda metà del secolo scorso almeno^ non
4?' ebbe quasi neanco ombra Ira noi')^ vi fu chi
ue parlò molto meno severamente di quel che
giustizia avrebbe voluto. E della moderatezza e
sponteneità nostra il buon abate ci sapea grado;
ma egli era in allora l'abate Simeone Gliubich
Dalmata, ed ora è l'abate Simeone Ljubić Dal-
jnata-Slavo. Tale cangiamento però non avrebbe
dovuto punto influire su quei sentimenti che pro-
pri son di chiunque civilmente sia nato, e di cui
tanti altri Dalmati-Slavi si pregiano. Ma che in-
vece anche in questi avvenisse nel nostro abate
una rivoluzione tale, da fargli scordare ogni re-
gola d'urbanità e gentilezza, fra i cento altri
luoghi dell' opuscolo suo che Io provano, quello
specialmente risalta dov' egli abbandona la qui-
stion principale, per farsi a parlare dell' Annua-
rio Dalmatico di Spalato, del quale dice che
quest^ anno uscì sconcio sì per forma esterna ed
interna, da esser merce da bisca e da gel lo. —
Vogliamo credere che di mal umore mettesser il
nostro abate contro l'Annuario e contro la città
di Spalato il giudizio dato in brevi parole dal
primo, nell'anno scorso, del suo Dizionario bìo^
grafico^ e le ragioni particolari che non resero
un giorno troppo a lui confacente l'aria della
seconda; ma ciò nondimeno a lui Dalmata-Slavo
doveva interessare di trovar in tale operetta e
queir articolo sul futuro indirizzo in Dalmazia
della classe colta, a cui vorrà certamente an-
ch'ei pertenere, e quello squarcio non dispre-
gevole di letteratura serba, e quelle notizie d' uno
scrittore illirico di cui egli nel suo Dizionario
non avea fatto che un cenno magrissimo, e quelle
altre d' un' Accademia illirica, della quale s' egli
fece parola nel Dizionario medesimo, col personifi-
care tra gli uomini illustri le accademie nostre, lo
fece, al solito, copiando ciò che altri prima ne
aveva scritto. Cose tali, per quanto meschine po-
tesser parere a taluno, doveano, il dicemmo, in
un Dalmata-Slavo destare qualche interesse (co-
me in tutti destava una giustissima indignazione
qualche altra pagina di quell'Annuario); ma in-
vece r abate nostro, facendo d' ogni erba un fa-
scio, le proclamava tutte cose da bisca e da getto^
lordezze e brutture. Ed in tale brago non du-
bitava di sepellire con tutti gli altri anche il no-
me di Tommasèo !
E poi dirà il nostro abate che certi scritti
non sono altro che sfoghi inveleniti di partito^
lamenterà che oce fra noi sbucca un qualche
rPggioiify Juce^ debile s«, che gli splendenti sono
^ipfe accalcano tosto per gittar-
gli§i addosso e spegnerlo col pestifero ^«/o, ar-
dirà d'affermare che quest'andazzo da molli anni
s'affratella colla così detta nostra civiltà italia-
na., rinfaccerà al Duplancich di darne larga pro-
va neir opuscolo suo ? Temeraria e bugiarda mor-
dacità! Confortiamci però che grazie al Sommo
Giove 0. J/., come dice con frase archeologica
10 stesso egregio abate, a questo tempo il buon
senso è proprietà comune., ed esso ha già sen-
tenziato fra il sig. Duplancich ed i contradditori
suoi, i quali siam certi eh' egli non degnerà di
risposta, rispondendo per lui quanto basta la voce
della pubhca opinione, che seduto il voleva nel-
r illustre Consesso, a cui Dalmazia commise fi-
duciosa e concorde le proprie sorti.
Errata corride.
Rettifichiamo alcuni errori corsi nel primo
articolo del n. precedente, pella fretta nel det-
tare quei cenni. — Sul numero dei voti leggasi
invece: il D.r Antonio Smirich ottenne voti 108;
11 D.r Vittorio Rioni voti 82; il D.r Regna di Pos-
sidaria voti 78; il sig. Vincenzo Duplancich voti 68.
Si aggiunga che il D.r Smirich, ivi pre-
sente, con calde e belle parole ringraziò gli
elettori che di tanta fiducia lo avevano onorato.
La nomina del cav. Petrovich, quale rap-
presentante la camera di commercio, successe il
giorno 26 marzo p. p., e non il giorno 30; fi-
nalmente alla linea 23 leggasi dissuadere in luogo
di discendere.^ come avvenne per errore di stampa.
"Tip. Deniarchi-Rou?;ier. D.r COSIMO mm DI PUSSIDAIUA « GIUSEPPE mmM CliPlLLI, Redaltai-i respunsubili
i quali divenne barbaro e avvilito, fanno colpa
della sua miseria ai Dalmati, che dalla sua mi-
seria e dal suo abbandono lo hanno generosa-
mente sollevato. E invero non erano i Dalmati,
che dalle dalmate riviere respingessero i mor-
lacclii, come orde inquiete e moleste, dopo d'a-
verli ridotti alla condizione di muto e cieco be-
stiame non erano i Dalmati, che dallo scu-
discio baronale e dall'aulica rapina li get-
tassero anima e corpo sotto la fiera barbarie ot-
tomana come d'altronde non erano i Croati,
gitur Slavi Illyricum occupaverint, Romanosque
inibi incolentes in servitutem redegerint, in-
clituni illud nomen Romanorum apud Slavos
servile evasit, et Vlah servum significare, quod
deinde ad ejusdem SlavicsB quoque gentis pa-
storitiae, infimjeque conditionis homines exten-
sum fuit. Vlachi igitur apud Slavos ex lingua
homines Romanos, Latinos, vel Italos signifi-
cat, ex conditione pastores montana incolentes.
Vlachos autem per montes Rasciae, RosnsB et
Croatise degentes etiamsi multi Romanorum esse
progeniem arbitrantur, et tempore occupatse a
Slavis Dalmatiae in montes secessisse cum pre-
sbytero Diocleate autumant; tainen cum nullam
romanae linguaB vestigium retinent nomenque
ipsorum innoluerit eo tempore quo Vlahorum
nomen cum ipsis Slavis jam confusum repe-
riebatur et pastorem nomine censitos fuisse,
prout et nunc verosimile est. Hos Itali Mor-
laccos dicunt, de cujus nominis significata Pre-
sbyter Diocleas, qui ante annum 1200 scripsit,
Bulgarorum gesta describens alt : "Igitur impu-
''gnantes Sylloduxiam, expugnaverunt eam, in-
"de debellando ceperunt totam Macedoniam ;
"post haec totam Provinciam Latinorum qui ilio
^tempore Romani vocabantur, modo vero Mo-
'^rovlachi, hoc est, nigri Latini,,.
PaL dì N. Gara Bano ai Traurini. 25 mar.
i362, doc. in Lucio, Mem. pag. 280., dove si
legge:.. licet ipsa particula gentis morlachorum
ab hujusmodi alienorum territorljs excludi et
depelli per nos immediate debuerint. — E nella
pat. di Ervoje 13 mag. 1402, doc. ivi pag.
'Ò76: Quod nullus Vlachus in territorio et di-
strictu d. civit. nianere neque pasculari possit
sub pena due. 200 auri applic. centum domi-
no Vlachorum, et totidem Communi Tr. Civit.
La Pat. di Ladislao. 27 agosto 1403 in
Lucio., im.^pag. 513.) fìssa alcuni tributi., che
i villani doveano ai loro signori: in tribus
dumtaxat stariis biadi, uno scil. furmenti, uno
ordei, et uno avene, 40 sol. prò Marturinis
tria exenia consueta, et prò vino sol. 20 prò
unaquaq. ut dicium est residentiarum, cioè per
ogni casa!
V. la noia 181 al seg. § 22 del sommario.
che dal brutale servaggio li avessero col pro-
prio sangue redenti, e alla patria antica liberi
restituiti
I morlacchi, progenie dalmata romana, con
gli usi aveano assunta eziandio la lingua degli
Slavi, e la recarono in Dalmazia. Però questa
lingua non era estranea ai Dalmati romani su-
perstiti, i quali dal tempo dell' invasione, coi rap-
porti intimi e continui della vicinanza, la videro
insinuarsi, e a poco a poco diffondersi per le
marine nell'umile carattere di un dialetto volgare
e aquistar nuovo e più esteso incremento
quando i morlacchi nomadi, indisciplinati e ri-
trosi poterono raccogliersi in stabili dimore
Allora si è reso manifesto quanto possano alcuni
uomini deboli pel numero, ma forti per 1' ener-
gica virtìi de' propri ordini civili, e pel conscio
V. il seg. § 22, dove si accenna alle con-
quiste fatte dai Veneti in Dalma<2ia; e il § 23.
Lucio. Mem. pag. 202, 205, 204: ''ma...
''anco la lingua slava era detta volgare in
"Dalmatìa... E questa volgare slava dev'es-
"sersi cominciata por in ma dal bel principio.)
"che li Slavi occuparono il paese circonuicino
"per la necessità^ c'hauranno haute li Dal-
"matini di praticar con loro., e susseqnente-
mente si sarà accresciuta sempre più ser-
"vendosi di loro li Dalmatini ne servittij bassi^
"coltura delle terre e nauigatione, comprandoli
"(non vendendoli, come adesso ha scoperto
"Ante Kuzmanich nei palinsesti banali), o vero
"salariandoli,... e dilatati poi li territori] con
"le concessioni delli Duchi., e Re di Croatia,
"e d' Ongaria, tanto maggiormente sarà an-
"data insinuandosi nelle città dalli Slavi, che
"per la campagna sparsi habitando la lauo-
"rauano.) e portando li terratici praticavano
"nelle città-, molfi dei quali col progresso del
"tempo venendo ad habitar nelle medesime
"città., e isole con le famiglie portavano seco
"anco la lingua slava; onde questa divenuta
"seconda volgare^ praticata più delle due la-
"/me, diventò col tempo più volgare dell' altra
"latina corrotta., e dalli medesimi Dal-
"malini., non meno che dall' italiani vien detta
"col nome generale Schiaua o Schiauona,,.
Bisogna notare che il maggior numero de-
gli Slavi esistenti in Dalmazia non deriva dai
primi Croati, che occuparono le regioni tra-
montane, ma piuttosto dai Morlacchi., i quali
in gran parte nel 1454 per ordine del Se-
nato veneto si ritirarono nei luoghi muniti
dinanzi i Turchi incorrenti. Cosi furono po-
polate., tra le altre., la isola Bua, le Zirone,
e Solta, e la riviera delle Castella. V. Lucio
Mem. pag. 459, 460; e Andreis Stor. ined.
di Traù.
giungersi. Diversità inconciliabile d'interessi, di-
sparità d'indole nel popolo, differenza enorme di
coltura e di civiltà, contrarietà di religioni, man-
canza diuturna di ogni sorta di reciproche relazioni,
renderebbero in esso sempre, e piìi che mai in
avvenire, difficilissimo ogni accordo spontaneo
ogni naturale armonia, e impossibile infine la
unione durevole che non fosse mantenuta, come
ora è^ dalla forza.
Ragione poi suprema della difficoltà di creare
un nuovo stato potente e prospero, che attui e
realizzi quei sogni di pubblica felicità e di sociale
avanzamento che sono l'ultima meta e Io scopo
supremo d'ogni nostro operare, è la rozzezza
primitiva, la ignoranza, la barbarie della più gran
parte del popolo che abita quelle regioni. La
storia ci offre ad ogni pagina esempi continui
della necessità di una progredita civiltà a con-
seguire grandi intenti, ci offre continui esempi di
preparazione lunga ed assidua, perchè i popoli
possano conquistare la nazionale indipendenza.
Nè basta che i nobili principii, e i generosi sen-
timenti e il senno politico sieno nelle menti e
negli animi dei primi ordini sociali, in quelle
più 0 meno numerose classi colle che stanno a
capo della società, o meno in quegli eletti indi-
vidui che, con isforzi singolari, si sono forniti di
istruzione e coltura eccellenti; è necessario che
siffatti principii e sentimenti sieno discesi, e si-
gnoreggino gli animi del popolo degli ultimi
ordini sociali, che sieno diffusi nelle masse, e
che perciò precedentemente sia stato impartita
ad esso la necessaria istruzione e siano fornite
di quella coltura senza la quale non sarebbero
mai state capaci di comprenderli. Senza di ciò
il popolo non potrebbe essere in mano di chi ha
l'indirizzo supremo, che uno strumento imperfetto
ed incerto, pronto ad abbandonarlo ad ogni lu-
singa che fosse per venirgli d' altra parte, facile
a spezzarsi e rivolgersegli contro quando avesse
ad animarlo ispirazione contraria. L'Italia ci o fi re
un esempio troppo chiaro e prossimo di questo
fatto e una incontrastabile prova di questa verità.
Paese maestro di civiltà per ben due volte al-
l'Europa, pure di quanti sforzi non ebbe mestieri
prima di raggiungere il supremo intento della
nazionale indipendenza ? Quanti secoli di operosità
assidua, di lotte, di sofi'erenze, prima di conse-
guire il suo scopo?
Da tuttociò, non intenda io menomamente
dedurre che le speranze degli Slavi abbiano ad
essere durevolmente illusorie, che essi non pos-
sano mai pervenire alla meta agognata, che gli
ostacoli annoverati sieno insuperabili, e gli sforzi
per vincerli non sieno degni di lode anzi di
ammirazione; ma dico che a riuscire è mestieri
di sagrifici lunghi e penosi, è mestieri di tempo
più lungo che per avventura non paia, non di
pochi anni, ma forse di secoli: dico che non
v' ha nessuna ragione che la Dalmazia nostra, pel
trionfo di questo principio, abbia a farsi incontrò
a' disordini inevitabili, che, per vagheggiare un
sogno così lontano, abbia ad attirare sopra di sè
tutti i mali che dalla dissoluzione dello stato pre-
sente ne verrebbero per apparecchiare un beno
incerto e remoto, di cui nessuno potrebbe preve-
dere chi avrà in fine a fruire, imporre a chi sa
quante generazioni sagrifici importabili. Dico che
nessun dovere di fraterno aiuto può a ciò co-
stringerla; dacché nel piccolo soccorso dei po-
veri Dalmati, avrebbero gli Slavi un tributo di
sangue fraterno non utile alla loro causa, o che
almeno non avrebbe decisiva influenza sul con-
seguimento degli alti intenti a che aspirano, e la
cui mancanza non potrebbe fare a questi il me-
nomo impedimento. Che se poi si considera la
Dalmazia in sè medesima e riguardo al popolo
da cui è abitata ; io non veggo, esaminando co-
scienziosamente e giudicando spassionatamente, che
il principio della nazionalità debba trovare tra
noi applicazione, nè che l'unione alla. Croazia e
alle Provincie slave sia il modo unico di farlo pre-
valere. Dicesi che la grande maggi<)ranza della
popolazione dalmata è di razza slava, d'indole
e costumi slavi e parla lingua slava. La maggio-
ranza numerica sì ; ma in quale società mai il
supremo indirizzo sociale, il maneggio della cosa
pubblica, la educazione e istruzione popolare è
affidata al maggior numero? Nessuno credo in
questa Dieta professa principii più democratici dei
miei; nessuno ha in maggiore disprezzo quella
ridicola preminenza che dà la società ai natali
ed al sangue, per la sola ragione del sangue e
dei natali, a individui ne' quali le doti dell' animo
e della mente non sono egualmente eccellenti ;
ma nessuno pure che stimi di più l'aristocrazia
dell'ingegno dirò così e del cuore, che non ri-
conosca che il sapere è la coltura sono suprema-
mente necessarie a chi sta a capo della società.
Ora, le doti dell'animo e dell'ingegno, non dirò
naturali ma acquistate, la coltura cioè, il sapere
la civiltà non sono nella parte slava del popolo
dalmate, ma sono nella italiana, sia tale per
sangue ed origine, sia per educazione. E questa
una verità evidentissima, alla quale non è pos-
sibile ragionevole contrasto. Qualunque slavo
dalmata, che abbia, sia in passato, sia recente-
mente abbandonata la marra, e tutti credo F ab-
biano fatto, fu necessitalo a fornirsi di lingua e
coltura italiana; a educare l'animo e il pensiero
italianamente ; qualunque slavo, nessuno eccettuato.
Non questo perchè la stirpe italiana, o i reggitori
italiani, glielo abbiano imposto; non perchè in
paese ci abitassero italiani; ma perchè la lingua
e la letteratura slava per sè medesime non a-
vrebbero bastato a dargli la benché menoma
Austria con dieciotto, e con cinquantaquattro mi-
lioni la Russia. Sono tutti una nazione, sono tutti,
e sentono di essere in corpo ed in anima Slavi:
perchè dunque i fratelli Croati non pensano ad
altri, ma a noi soltanto; a noi Dalmati, de' quali
il numero non è che la ducentesima parte del-
l'intera nazione slava? Perchè non pensano a
tutta la grande famiglia che occupa ventisei gradi
geografici in lunghezza, e trentacinque in lar-
ghezza? Perchè non pensano almeno a tutti i
Slavi dell' Austria ? .... A questi perchè inter-
rogativi, potrebbero opporsi in maggior numero
àe' perché responsivi; ma li lascio a' lettori in-
telligenti ed onesti.
Dopo ciò potrei domandare a' Croati, ed a
loro partigiani, i vantaggi che avrebbe la Dal-
mazia da questa unione, su cui tanto clamore si
elevò, giacché ognuno vede che le due accen-
nate ragioni poste in iscena da' nostri fratelli sono
un pretesto, sono inverosimili.
E certo, e lo notiamo, che alla Slavonia di
noi poco importa, perchè mai ci disse parola;
che in Croazia il numero de' professanti il rito
orientale è tanto preponderante sul cattolico, quanto
questo è preponderante su quello in Dalmazia;
che i cattolici hanno a Roma il loro Dimin-di-
reghi '), e che i greci F hanno a Pietroburgo; che
i più caldi peli' annessione sono quelli che so-
gnano non la nazionalità slava, ma il ristabili-
mento dell' impero di Oriente.
S'imputano i Dalmati d'ispirazioni italiche,
e di poca coltura della lingua slava. Alla prima,
come calunnia, sarebbe umiliazione il rispondere;
la seconda è un fatto, fatto troppo doloroso, e
di cui non è punto dei Dalmati la colpa. In Dal-
mazia si studia italiano, latino, greco, tedesco,
e tutto per obbligo. Dello slavo mai un libro,
eccettuata la recentissima ed umile Čitanka.
Nell'anno 1820, e precisamente il giorno
22 ottobre, d'ordine del governo a Zara si riu-
niva nel già seminario illirico la più eletta parte
de' cultori dello slavo : Appendini, Dobrow skii,
Michelevich, Budrovich, Miossich, professori del-
l' istituto medesimo, dove s'insegnava pure co'
caratteri gerolimiani, per fissare 1' alfabeto, e l'or-
tografia slava co' caratteri latini. E 1' aveano fis-
sata; ma dopo non se ne parlò più. Però dei
tanti allievi che celebravano la liturgia in islavo
pochi ci restano, ed è deplorabile che alcuni ot-
tennero da' vescovi di scambiarla col Ialino. Non
so se maggiore era il torto in chi domandava
il cambio, od in chi 1' accordava; ma il certo si
è che questi preli intendevano assai meno la
lingua di Tullio, che la loro materna. Svanì pure
con essi quell' ortografia, e si tentò sostituirla
con r altra che Zagabria ideò, e volle imporre
anche a' Dalmati; ma essa è un frutto troppo e-
sotico pel palato de' nostri., se ne togli una ben
meschina parte, diretta dall' orgoglio della novità.,
dalla boria di singolarizzarsi, dal desiderio di lodi
estranee, e forse di qualche onorificenza, se non
si vuol dire per alcuno, dallo spirilo di fazione.
L'insorta dilTerenza disanimò i calmi, i tranquilli,
e furono i più schivi a sostenere una lizza con
impari. È molto se si conservò pura fra i Dal-
mati la parola slava, e la si conserva veramente
pura, di quella purezza di cui l'unico giornale
slavo in Dalmazia non ci ha dato ancora un solo
saggio. Dicesi eh' egli sia scritto per essere be-
nignamente accolto in Servia ed in Russia.
Nessun Dalmata rinunzierà alla nazionalità
slava, come nessuno, se anche non conosce l'i-
taliano, disprezzerà una lingua ed una nazione u
cui dobbiamo tutta la nostra cultura, la nostra
civilizzazione, i nostri grandi uomini e passati e
presenti; nazione, a cui è dovuta la nostra gra-
titudine. Il Dalmata non sa essere ingrato. 0-
ra ognuno gioisce alla nuova vita a cui l'intro-
ducono le concessioni sovrane; ognuno spera in
un prossimo avvenire meglio coltivata la sua lin-
gua per poterne far uso in tutti i negozi, e privati
e publici; spera negli uomini della sua fiducia, e
nella propria indipendente autonomia; spera di
restare, quale fu, suddito immediato della gloriosa
Austria, e non annesso nè mediatizzato ; spera
che il suo cavaleresco imperatore continuerà
chiamarlo leale e fedele Dalmata^ come lo chia-
mava il di lui avo Francesco I, di eterna me-
moria; spera che al Croato ed al ' Slavone, al
Cecco ed al Boemo, al Polacco ed al Bulgaro,
al Moldavo ed al Valacco, al Bosnese od al-
l'Erzegovese, al Serbo ed al Russo potrà sten-
dere la mano amica da fratello, ma non mai da
vassallo de' Croati; spera infine che non diventerà
la Dalmazia per la Croazia ciò che è 1' Irlanda
per l'Inghilterra.
Da' confini verso V Erzegovina^ alla metà di aprile,
IJn dalmata.
0 Colonna della fede, così i Turchi chiamano
il Papa.
Promemoria
della Camera di commercio in Zara.
Neil' opuscolo Vri voto per V unione dell'av-
vocalo Costantino Vojnovich parlandosi a fac.
41 della tariffa daziaria 1856, viene» resa una
giusta lode agli studi ed aW atticità indefessa
delle Camere di commercio di Spalato, e di lìa-
(jusa e Cattavo, senza fare alcuna mejizione di
quella di Zara, quasi che allora non esislesse.
E sì che anche la medesima, come in tutti gli
altri oggetti, così pure nel sopraccennalo, non
mancò di prestarsi a ciò che spettavate, quanto
mazia ha fatto sul campo della libertà e ugua-
glianza civile dalla fine del passato secolo in
poi Le operazioni che sono qui saviamente
accennate, ognun vede che dovrebbero prece-
dere r unione politica de' due popoli; e che così
richiede il buon senso e vuole la necessità delle
cose.
Come si fa a introdurre a poco a poco le
istituzioni politiche della Croazia, e assoggettar-
Yisi a un tratto? Come si fa a ricevere istitu-
zioni antiquate non più conformi all' indole dei
tempi, e riceverle per questa ragione che la
Dalmazia deve da esse aspettare giovanezza e
bellezza novella ?
Domandasi se non sarebbe il meglio lasciare
che Croazia, co^ medicamenti che crede più va-
levoli, purghi sè stessa di quegli elementi, prima
di prenderli in corpo noi, per il gusto di poi
purgarcene agiatamente con essa.
Domandasi se la libertà e uguaglianza civile,
che è il primo fondamento d'ogni franchigia po-
litica, e senza cui le franchigie politiche sono
privilegi tiranni e iniquità consacrate, se la li-
bertà e r uguaglianza civile, essendo già ai Dal-
mati assicurata a qualche modo meglio che ai
Croati, i Dalmati, che da parecchi loro compa-
trioti ci si figurano come Iloti, non siano per
ora a condizione men trista, e se debbano pre-
cipitosamente scambiare la causa del sociale be-
nessere coir effetto, e le basi dell' edifizio coi
cornicioni.
Domandasi se cotesta impresa dell' assicu-
rare ài Croati la libertà e T uguaglianza civile,
-e del pareggiare V indole di due popoli tanto di-
versi, sia cosà da spacciarsene con qualche decreto
d'una Dieta, o col regalo ai Dalmati d'un Vice-
bano.
Dice r egregio autore che 1' ordinamento
de* Comitati, una cioè delle parti essenziali dello
Statuto croatico, la Dalmazia non lo dovrebbe
senza variazioni accettare qui cade subito
di rispondere: Se variazioni ci ha a essere in
cosa di tanta importanza; se il materiale aggua-
^lianiento delle istituzioni non è quello che forma
l'unità de'popoli vera; permettete dunque che
altre Varietà meno essenziali rimangano per ora;
che i due popoli, concordi negl' intendimenti e
disposti a sempre meglio concordare, deliberino
in due distinte Diete. Questo consegue dalle pre-
messe: giacché la varietà nella costituzione dei
Comitati porta necessariamente varietà nelle Diete
provinciali; e quindi nella generale altresì.
^Un Yice-bano (propone l'autore) e una
sezione del Consiglio banale siederebbe in Dal-
mazia, per tutto quel tempo di transizione, du-
'3 Paff. 66,
Pag, 55,
rante il quale s' opererebbe 1' unione de'tre regni
mediante la comunanza d'istituzioni politiche
lo non dirò che cotesta Vicebanalità colloche-
rebbe la Dalmazia in una condizione interiore; e
che il suo frammento delia Tavola banale croata,
la quale Tavola banale croata non è ancora fer-
mato con che chiodi sarà commessa alia Tavola
magiara, nè qual posto terranno le due Tavole
nella gran barca del Regno austriaco, la quale
anch' essa sta dentro all' alira maggiore barca
dell' Impero; che cotesto frammento non è sicuro
che ci salvi dalle imminenti procelle, e in caso
di naufragio si lasci all'errare amicamente, anzi-
ché venirci coli' onde a percuotere il petto.
Dirò solamente che, al modo ideato, l'unione ,
rimarrebbe da farsi tuttavia, giacché transizione
non è unione; e ancora meno di quel meschino
statu quo, che alla povera Dalmazia è rinfacciato^
come se lo avesse fatto lei, o lo amasse tene-
ramente.
Dirò che, al modo ideato, la Dalmazia, per-
dendo qualcosa (e anco i Croati dicono che
qualcosa la ci perderebbe}, non ci guadagna nulla
di slabile, nulla di determinato nè anche; ch'ella
avrebbe per ora i danni e i risichi dell' aggiun-
zione, con sola la speranza della possibilità dei
vantaggi.
'^Starà sempre in potere de' Dalmati di sti-
pulare r autonomia nazionale e amministrativa
del Triregno, come condizione sine qua non Mh
loro unione alla Croazia "^J,,. Qui pare che tutte ;
le condizioni essenziali alla validità del contratto
debbano essere note e stabilite prima ancora di
stringerlo. E parrebbe giusto; e la parola condì"
zioni note qui suona tremenda. E quando 1' au-
tore lamenta ne' popoli F inconsapemlezm dei
propri diritti lo riconosce anch' egli, assen-
nato com'è. Se non che in questo caso avreb-
besi fino l'inconsapevolezza delle proprie spe-
ranze: tanto incerte sono le idee di quel che il
trino regno^ non dico, sarà, ma, deve essere;
incerte negli stessi Croati: chè, quanto alla mag- |
giore e, secondo me, miglior parte del popolo
dalmata, egli è confessato inconsapevole d' ogni
cosa.
Ma che s' ha egli a intendere per aidonomid.
nazionale? Se la Dalmazia è nazione da sè, na- (
zione autonoma, il Vice-bano e quel pezzo di '
Tavola come c' entra ?
E la condizione sine qua non, come gua"
rentirla, cioè come intenderla ? giacché condì- '
zione abbandonala all' altrui volere o alla balìa .
de' casi, condizione non è. Se F autonomia, non j
dico la nazionale, ma Famministrativa, in quel lem^
') Pag. 69.
Pag. 62.
Pag. 73.