due anni fa. egli gettava le basi d'una biblioteca
patria, che dovesse raccogliere i monumenti più
0 meno reconditi ed importanti della nostra sto-
ria e letteratura, e non possiamo fare a meno
di tributare i più larghi encomi sì a lui, che ai
^f-enerosi che lo aiutarono nella difficile impresa.
Il recente catalogo delle opere e de' manoscritti
sino ad ora raccolti ed ordinati, dato alla luce
nel Programma del ginnasio di Zara da' signori
Boglich e Danilo, che con intelligente e rara o-
perosità secondarono l'iniziativa del D.r Pullich
nel rintracciare per ogni buco della nostra pro-
vincia tutti gli scritti editi ed inediti, che trat-
tassero di storia e letteratura patria, o ne for-
massero parte, o per qualsiasi guisa vi si rife-
rissero, questo fatto, diciamo, è uno di quei
rarissimi felici sintomi d' un interessamento più
vivo de' Dalmati alle cose del loro paese, di cui
conviene far calcolo, e dal quale si possono
trarre auspicii di più feconda civile operosità.
Ma perchè la fondazione d' una patria bi-
blioteca porti i maggiori frutti di cui sia capace,
conviene si colleghi e conduca allo scopo di
destare l'amore della storia nazionale, e di dif-
fonderne co'mezzi più efficaci la conoscenza. A
quest' uopo non crediamo che nelle presenti con-
dizioni basti il tenerla aperta alla curiosità dei
dotti e degl'indotti, mentre il numero di coloro
che vi possono accedere dovrà essere per ora
necessariamente scarso, sia perchè trattasi ancora
di risvegliare l'assopito interesse alla storia e
letteratura dalmata, sia perchè Zara, posta all'e-
stremo della provincia, con una scarsa popola-
zione non può, coni' è naturale, fornire una classe
numerosa di frequentatori
Tanta è l'inerzia di questo nostro paese
neir adoperarsi per tutto quanto possa avvan-
taggiare la morale e materiale prosperità, che
noi non vogliamo discutere la questione, che ci
sembra di qualche importanza, se attesa la di-
spersione e il frazionamento delle sue forze in-
tellettuali, e la mancanza d'un fuoco di civiltà
Non è la posizione, ne il numero degli abi-
tanti di Zara, che possan rendere scarsa, la
frequentazione della biblioteca ginnasiale (la
quale d'altronde non abbiamo sapido mai che
sia tenuta aperta alla curiosità di tutti), ed
anche^ v aggiungeremo^ dell' altra^ Deramente
publica e ricca, donata al Comune dall' illu-
stre Paravia; ma ciò devesi pur troppo ! at-
tribuire piuttosto a quelle altre cagioni, che
notate vengono dall' egregio autore medesimo^
e che alimentate dalle condizioni dei tempi,
tanto poco propizi ai pacifici stndii, rendereb-
bero egualmente infruttuose tali dotte raccolte
anche in altre città piìi centrali e più popolate.
lia Red.
ove s' appuntino, non sarebbesi forse provedulo
meglio a' suoi bisogni presenti col distribuire i
tesori della nostra letteratura (presa nel più am.
pio significato) fra le più civili e popolate ciità
del regno, onde renderli accessibili al maggior
numero de' colti, anziché raccoglierli in una sola
città così discosta dal resto della provincia, e
non avente per specialità d'istituti scientifici al-
cuna forza d'attrazione sovr'essa Non voghamo,
dicesi, dibattere questo quesito, perchè l'essen-
ziale da noi è che si faccia, o meglio che si
viva : primum vivere, postea philosophare. Ma
appunto per cagione dell' inconveniente da noi
avvertito, e che non si può disconoscere, con-
viene studiare il modo onde il tesoro che va
raccogliendosi nel capoluogo della provincia con
sacrifizio non lieve delle sue singole parti, rie-
sca più 0 meno vantaggioso a tutte. Noi cre-
diamo che i fondatori della patria biblioteca, e
la città che ne gode il benefìzio siensi assunli
naturalmente un compito arduo e nobilissimo nello jj
stabilire tale istituzione. Depositari ed ammini-
stratori di un prezioso capitale intellettuale, a
loro incombe di farlo fruttare il più eh' è pos-
sibile. A tale scopo a noi soccorrono due mezzi
egualmente importanti : l'uno consisterebbe nel
publicare gli scritti inediti, e nel far stampare;*
le opere più rare concernenti la storia e lette-
ratura patria. Questo bisogno fu già avvertito dai
fondatori della biblioteca, i quali già in que-
st' anno publicarono nel Programma di questo
ginnasio un Saggio sopra la città di Naronaèl
Ciccarelli, corredato di note e giunte del profes-
sore Danilo. Se non che a soddisfare questo bi-l
sogno richiedonsi mezzi assai maggiori di quelli '
onde quei valenti possono disporre, e noi ci ri-
serviamo di trattarne quando inviteremo i Dalmati
a studiare con noi un utopia nostra, tendente a
raccogliere e dirigere a certa e nobile meta le sparse
forze economiche e intellettuali del paese ^•'"'j.
E dove lascia l'egregio autore la raccolta rf'
cose patrie, molto più ricca di quella del gin'
nasio di Zara., eh' ereditò il convento dei FrW
cescani di Ragusa dal P. Ciulich? Ed èpos';
sibile che Spalato non ne abbia pure qud'ì
cuna? — Come dunque può dirsi che ttdti i ]
tesori della nostra letteratura siano raccolla.
nella sola Zara^ e, ciò che più monta, co"
sacrifizio non lieve delle altre parti? liaBed.
Con tutto il rispetto per l' egregio scrittor^^,
ci pare che troppo egli esalti i beneficii e
obblighi derivanti alla città di Zara dal^^
la biblioteca d' un istituto regio, che non P^^ i
dirsi publica. Circa poi al suo nobile desidero
di veder publicate le cose nostre inedite o ^^^^
edesiderio altre mite già palesato dall' cfwfó''^
^ 17. Zara-Sabalo 22 Settembre 1860. Anno I.
VOCE DALMATICA
GIORNALE EGONOMIGO-LETTERARIO.
11 Giornale si publica ogni Sabato. — Il prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. Potranno questi essere pagati da Gennaro 1861 per Tannata intera ed anche
per semestre-, e frattanto neir anao corrente, ad evitazion d'imbarazzi, attesa la irregolarità del periodo, si pagheranno
per tutti i sette mesi da Giugno- a Decembre con fior. 3 sol. 15, e rispettivamente fior. 3 sol. 50 V. A. I paga-
menti devono farsi anticipatamente, ed essere inviali franchi per la posta, colP indicazione del nome, cognome, e domicilio
dell'associato. — Lettere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con lettera aperta, senza aflTranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abelich. — Un numero separato vale s. 15.
SOilIìl ARIO. — Sulla necessità della fondazione d'una
cattedra di storia patria, (continuazioue e fine del n. 16).
— L' estremo giudizio; oratorio del maestro Francesco
de Suppè; da Vieìina. — Corriere della Redazione.
Sulla neceisisità della fonda-
zione d'una cattedra di storia
patria
IL
La storia della Dalmazia, propriamente detta,
si trova in gran parte dispersa fra quelle di al-
tri popoli più fortunati, al cui carro trionfale fu
aggiogata. Per raccoglierne 1 brani e ricomporne
F imagine, richiedonsi gli sforzi intelligenti e
concordi di più generazioni. Noi non siamo
tampoco a" principii di tale impresa, e 1' egregio
tentativo fatto nel 1844 da Vincenzo Solitro per
l'accogliere ed annotare i documenti storici sul-
1 Istria e la Dalmazia, doveva necessarinmente
Mire in un tempo, in cui questa raostravasi an-
cora più indilferente che adesso alle severe, ma
fruttuose discipline della patria storia. Nè poteva
, essere altrimenti quando, perchè vi si prenda in-
tei'esse, conviene che la coscienza della nazio-
iiale individualità d'un popolo sia desta, e que-
è in generale fra noi pur troppo ancora as-
sopita.
L'o])biezione pertanto che taluno potrebbe
'are al nostro divisamente di fondare una catte-
di storia patria, che questa cioè dessi an-
! "^"ra comporre prima che possa essere insegna-
^sarebbe insuperabile ove lo scopo dell'isti-
'licione dovesse essere il crearla e l'infonderla
"^pJi uditori, anziché tracciarne il metodo e i-
'^^Pii'arne V amore, e con esso risvegliare quello
^^jla patria. Circoscritto entro questi limiti il fine
"^tr insegnamento, cade per sè l'ostacolo preac-
Infatti, tale è T universale ignoranza della
"^stra storia, che noi ci chiameremmo contenti
^Mualcuno ci potesse assieurare che un decimo
colta dalmata gioventù conosca quella della
Dalmazia propriamente detta nel Cattalinich, e
quella di Ragusa nell'Appendini. Onde se il pri-
mo ed immediato scopo che si andasse a con-
seguire mercè la cattedra di cui discorriamo fosse
quello di rendere familiari questi due autori ai
nostri giovani, varrebbe la pena d'istituirla. Se
anche quindi pel primo tempo non potranno es-
sere dotte, nè nuove le lezioni d'istoria patria,
il professore, a cui toccherà il nobilissimo còm-
pito d'inaugurarle, potrà essere soddisfatto quando
avrà ottenuto che i suoi uditori vi s'interessino,
si coprano di salutare rossore per non averla
ancora conosciuta, e tornati a casa facciano il
forte proponimento di apprenderla.
Noi qui non ci faremo a tracciare il me-
todo, che dovrebbe essere tenuto, onde l'inse-
gnamento riuscisse più che mai fruttuoso, nè sa-
remmo in grado di farlo: soltanto esporremo
alcune nostre idee sull' argomento, perchè il giu-
dizio degl' intelligenti ne tenga quel calcolo che
meritano, le rettifichi, le completi o le rigetti.
Che la nostra storia dovrà essere insegnata
con ampiezza, verità e spassionatezza, che la si
dovrà considerare nelle sue attinenze colla storia
universale e in ispecialità con quella de' popoli
a cui la Dalmazia ha servito, che la storia della
nostra letteratura dovrà sovratutto richiamare
l'attenzione del docente e degli uditori, nessuno
vorrà negarlo. Ove la cattedra dovesse, farsi or-
gano d' un partito italofobo o slavofobo, e co-
stringesse i fatti a servire a' pregiudizi o alle
passioni di chisisia, noi ancora non oseremmo
ripudiarla, perchè non siam di quelli a cui la
luce, come la libertà, faccian paura, e preferiamo
1' errore, che contiene sempre una parte di vero,
e vi conduce, all'ignoranza che lo esclude: ma
certo trarremmo poco felici auspici da cosiffatto
esordire. Se non che abbiamo ancora fede nel
buon senso de' nostri compatrioti, per non te-
mere che ciò possa avvenire. D' altronde mal
accorto sarebbe il professore che si lasciasse
vincere dalla tentazione di servire alle passioni
I 18. Zara-Sabato 29 Settembre 1860. Anno I.
DALMATICA
GIORNALE EGONOMIGO-LETTERARIO.
li Giornale si publica ogni Sabato. — II prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. Potranno questi essere pagali da Gennaro 1861 per Tannata intera ed anche
per semestre; e frattanto nelP anno corrente, ad evitazion d'imbarazzi, attesa la irregolarità del periodo, si pagheranno
per tutti i sette mesi da Giugno a Decembre con fior. 3 sol. 15, e rispettivamente fior. 3 sol. 50 V. A. — I paga-
menti devono farsi anticipatamente, ed essere inviati franchi per la posta, coli'indicazione del nome, cognome, e domicìlio
dell' associato. — Lettere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pieh-o Àbelich. •— Un numero separato vale s. 15.
§0]!IiTIARIO. — Alla patria. — San Gregorio Ma-
gm e la Dalmazia. •— Sul bisogno d' una legge agra-
ria. -— Alla Redazione. — Varietà; del fine d' ogni
perfezione. — Tributo di gratitudine.
Vienna, il 20 settembre.
Le solenni e numerose dimostrazioni d'af-
fetto offertemi, durante la mia breve dimora in
Zara, da' miei generosi concittadini, esigono da
ine un atto di ringraziamento del pari publico e
solenne. Coloro che amano la patria com' io,
sapranno quanto sia grande la gioia, che si pro-
va nel vederla dopo una lunghissima assenza: e
come, neir atto che 1' occhio ricorre a bearsi
della vista degli oggetti da tanto tempo deside-
rati, il cuore si espanda e si senta vivamente
commosso. Che se a tale godimento s' aggiunge
ancor quello di vederci accolti da tutti e festeg-
giati, allora la foga degli affetti è così veemente,
tla gettarci in una specie di perplessità, in cui
alla mente è tolta la riflessione, al labbro 1' ac-
cento. È perciò che agli onori, onde mi ricolma-
rono i gentilissimi zaratini, mi sentii commosso
fino alle lagrime, nè potei rispondere, ma do-
vetti attendere che il mio animo, fortemente a-
g'tato, ritornasse in calma, onde esprimere loro
I ' sensi della mia più viva gratitudine.
Sappiano adunque, che siccome quei dieci
giorni eh' io ho passati fra loro furono i più lieti
^'ella mia vita, cosi la memoria di quelli che
cercarono d' abbellirmeli sarà sempre per me la
più gradita e la più sacra.
Voglia Dio che quel publico attestato reso
^ '"^lla mia pochezza, serva di stimolo e d'inco-
raggiamento alla dalmata gioventù, affinchè con-
sacri le proprie forze a promuovere il benessere
® la felicità d'una terra, che riconosce ne' pro-
M figli non pure le opere, ma perfino il buon
Francesco de S^vppé.
I§an Grreg-orio Magano
e la l^almazia.
Non peranco erano ristorate le nostre con-
trade dalle piaghe sofferte per le contese dog-
matiche della chiesa orientale contro la romana,
che altri guasti originati dai moti popolari in una
parte della provincia, e la mala fede dell' ammi-
nistrazione ecclesiastica, vennero ad aggiungere
nuove afflizioni a questo episcopato; a mitigare
le quali, non da altri, che dalla sede papale,
poteva sperarsi un qualche aiuto. San Gregorio
Magno, esaltato allora al sommo pontificato, v'in-
terpose r opera sua, e arrivò a salvare molte
vittime dal comune flagello, e restituire la prisca
dignità alle chiese minacciate.
Il frastuono di armi che più spesso si u-
diva strepitare in questi anni intorno ai confini
d' infratterra, annunziava la presenza di quei
medesimi Avari, che più volte cacciati da queste
contrade, venivano per ultimo a togliere i pochi
avanzi della civiltà romana, ed inaugurarvi sulle
sue rovine un' era di crude reminiscenze. Ne' re-
soluti loro tentativi trovarono anche questa volta
una gagliarda resistenza in tutta la provincia,
men che nella Prevalide, dove regnavano i ni-
poti degeneri di Radimiro; i quali, sperando molto
da gente, che per antiche simpatie, per comu-
nanza di culto, di tradizioni, di costumi con essi
accordava, le profersero ospitalità generosa, senza
avvedersi che con tale fratellanza mettevano a
mina la propria e l'altrui terra. Nè andò sì a
lungo che i germi della civiltà e del cattolici-
smo poco prima, sotto Giustiniano, innestati, non
v' incontrassero de' novelli Isaurici in que' figli
scellerati. Uno di questi più di altri alla ferocia
inclinato passava, come narra la storia, dal di-
letto de'tornei alla caccia de'venerandi capi di
famiglie cristiane, non disdegnando di macchiare
le mani in quel sangue fra le ebbrezze de' gior-
nalieri conviti; con che diede principio ad un«
AliliA BAIiMAZIA.
Io vi saluto, o patrie
Piaggie, or alpestri or liete,
Che coronate d'isole
Neir onda il piè tergete,
E voi dal calvo vertice
Monti, cui parco il gel,
Sempre sereno e placido
Piove il natal mio ciel.
Ai vostri piè di lauri
S' allegri eterni il piano,
V educhi rose e mammole
Aprile a piena mano, ,
Onde d' eletti balsami
Salga tributo al sol,
E molli ognor dei zeffiri
Spiri profumi il voi.
Ai tuoi vigneti, o dalmata
Terra, sorrida il cielo,
Dai rigogliosi grappoli
Terga il temuto velo,
Nè nuoca alla pacifica
Baca di gel rigor,
0 intemperata e assidua
Sferza d' estivo ardor.
Povera sei, ma fertile
D'ingegni alti e potenti,
E se per te volgessero
Secondi appien gli eventi.
Tutte in te avrian le vergini
Muse frequenti aitar,
E suonerebbe il dalmato
Nome oltre T alpi e il mar.
E si vedria che ai nobili
Trionfi dell' ingegno
Già non saresti T ultima
Dei popoli al convegno:
Chè deir eterna fiaccola
Se poco or splende in te.
Muta la santa e vivida
Favilla pur non è.
Raggio divin, che illumina
L' abisso, è la parola.
Che scuote, atterra e suscita,
Pugna, trionfa ...,. e vola:
Ed è la luce e il rapido
Voi dell' uman pensier
Folgor che in solo un attimo
Misura T orbe intier.
Oh ben per te si lacera
Dunque al futuro il velo,
Se a' figli tuoi quesf incliti
Doni profuse il cielo !....
Mente sovrana, ond' apresi
Largo campo al pensier,
Sciolto e possente eloquio,
Onde s' afforza il ver.
Questo del genio italico
E delle illirie Vile
Gentil portato, o Dalmati,
Deh non teniamo a vile!
Chè n' avverria qual vedesi
Di delicato fior,
Cui sotto ai rai di Sirio
Manchi vitale umor.
Canti, cui dolci numeri
Detta la Musa amica,
E chi in severe indagini
Paziente s' affatica
Sia luce al ver, squarciandone
Con dotta mano il vel...
La luce e il canto annunziano
L' alba che spunta in ciel.
E spunti l'alba, e intuoninle
Inni i poeti, e voli
Per le convalli un cantico
Che r alma ne consoli !
Non senti un suon di gemiti
Figlio di lungo duol?
Non vedi quante bagnino
Lacrime il patrio suol?
Come d' amata vergine
Voce, se prega e spera.
Come armonia d' eolie
Arpe in tranquilla sera,
Dolce nel core il cantico
Del vate scenderà,
Se della patria ai palpiti
La cetra accorderà.
Povera sei, ma vergini
Dormon tue posse ancora.
Ma veggo in ciel sorridere
Una più lieta aurora:
E il mar, che quasi un umile
Schiavo ti lambe i piè,
Ti schiude il seno ai traffici.
Apre il futuro a te.
Ah non è ver che triplice
Quercia ebbe al cor chi il regno
Primo solcò del pelago
Sovra il commesso legno ! —
Ardisci ! all' onde l'impeto
Natio ti chiama, e avran
Perle per te gli oceani
Mai non tentati invan.
Dagli alti propugnacoli
Delle liburne navi
Sorrise la vittoria
Più d' una volta agli avi,
Nè di gloriosa aureola
Nudo per te restò,
Nè teco i suoi dividere
Fasti il Leon sdegnò.
Troppo alla bieca invidia
Sagrificammo, e spunti
Quel giorno alfine, o Dalmati,
Che veggaci congiunti,
attuale improntamento, lo che anche vuol essere
generalmente inteso per tutte cose discusse e
precisate finora; e questo riferibilmente a un più
pratico modo di distribuzione della materia, ed
istruzioni e regole meno sibilline e meno impac-
ciate, e ad una forma più analitica e più dialo-
gica, sopralutto in ciò che risguarda il difficilis-
simo trattato de' verbi, e 1' altro malagevole non
meno che importante del retto uso delle voci e
delle varie relazioni e loro proprietà infinite.
Propongo, per secondo, che i libri di lettura
compilati dietro le norme de' migliori ed auto-
revoli maestri, contengano inoltre qualche brani
di memorie risguardanti la patria storia, e non
radi e succosi schizzi di biografie de'nostri il-
lustri, — illustri, io dico, notoriamente tali, — onde
ridestare nel popolo coli' antica moralità anche la
vigorosa conoscenza di sè e T amore per la glo-
ria d' una terra, che indecorosa fama non copre.
Propongo, per terzo, che lingua d'istruzio-
ne in tutte le popolari sia la dalmato-illirica pretta
e schietta, ma non venga per ciò minimamente
sbandito lo insegnamento dell'italiana, che deve, se-
condo me, anche in seguito essere conservata come
lingua d'istruzione negli istituti mediani, ginnasi e
scuole reali. Antica compagna del dalmata è l'italica
favella, ed anzi delle sue dolcezze ed armonie
adornogli il genio e le fattezze della nativa. Lo
si riconosce, e vuoisi per ciò doverosamente a-
marla; ma preporre 1' amica alla fida e tenera
madre non è per nostra parte nè giustizia nè
decoro; e le difficoltà da vincere sparirebbero al
confronto dell' utile che deriverebbe al popolo.
Propongo, per quarto^ che almeno nei prin-
cipali capi-luoghi di distretto in provincia s'i-
stituisca una elementare maggiore, conciossiachè
ne sia presentissimo il bisogno per la grandis-
sima maggioranza della popolazione, la quale
specialmente ne' villaggi montani è quasi ancora
nello stato di primitiva barbarie, e senza prin-
cipio d'intellettuale sviluppo e di civile avanza-
mento.
Propongo, per ultimo, e quest' è il più in-
focato de' miei desideri, che i maestri delle e-
lementari maggiori, come delle altre popolari,
vengano onorati a ben maggiore salario del pre-
sente, meschinissimo pello stragrande rincarimen-
16 delle prime vittuali bisogne e la oscillazione
ed il deprezzamento della carta monetata, in ma-
niera, dico, che non debbano cotidianamente con-
trastare con un difficile sostentamento e la ten-
tazione di prevaricare ai dettami del dovere e
della coscienza.
Mi so ben io che a mitigare il danno dello
scarsissimo stipendio vennero dalla superiore au-
torità permesse le ripetizioni. Ma queste, oltreché
essere un provento affatto fortuito, sono anche,
a-mio parere, di danno alla morale, alf onore,
ed alla dignità di un uomo sinceramente onesto
Conciossiachè si sappia, che un maestro quaUl)^
bia tenuto lezione per quattro o cinque ore nel
giorno ^— occidit miseros crambe repetita mg.
gistros. Juv. — avrà per fermo assai poca lena
di riapprestare la medesima bràssica allo scolare!
di ripetizione, e per conseguenza o lascierà sba-
dato eh' esso balbetti qualsivoglia cosa dal testo '
di scuola; o, tanto per sdebitarsi come che sia
dell' assuntasi obbligazione, farà che il piìi prg.
vetto, ossia a dire il meno inetto, mettasi cogli
altri compagni a ciangottar vuote è non riverite
parole: e si sappia inoltre che il maestro, affine I
di corrispondere alla fondata aspettazione de'ge-
nitori e tutori, deve le non rade volte perdere
alla fine dei semestri, e specialmente del secon-
do, l'indipendenza della sua volontà, e la forti-
tudine dell' imparziale giustizia.
Vantaggiato poi che sarà convenientemente
il salario de' maestri, porto ferma opinione die
non mancheranno i valenti a presentarne dimanda,
essendo che sia per essere apportatore di co-
moda vita, ed il posto, a cui s'attiene, vantag-
giosamente acconcio per dispiegare in ricca ve-
na la propria bravura.
E per siffatto modo è a sperare, che anclie
appo noi vedrannosi e riferibilmente al popolare
incivilimento, e rapporto alle scuole, e ripardo
agl'istitutori que' belli risultati, onde d'Europa
varie parti ne danno luculente prove, a
d'imitazione e ad insegnamento d'operosa
Stefano ravlovicli-liucicli.
Co^e patrie.
Pettinata del pr. Giuseppe Cappelletti ad un co-
tale, che censurò il suo opuscolo: La ehìesn
di s. Simeone profeta, mlgo il grande, à'
scritta ed illustrata ecc. 1860.
Con questo titolo ci giunse alle mani u"
foglietto volante, stampato in Venezia dall'An-
tonelli, intorno al quale non possiamo rest^J
silenziosi, poiché oltre all' essere un Dalmata (p
cotale che nel medesimo venne preso di mira, i'"
oggetto risguarda troppo caro alla Dalmazia lut'^" !
ed alla città di Zara segnatamente, perché no»
si debba da noi prender parte a quanto vien^,
da altri sopra di esso pensato e scritto. E qu^"'
tunque la sola prima parola del titolo riporta^
bastar potesse a farci comprendere ciò che p®^
tevamo aspettarci nel resto, pure dobbiamo con
fessare che col progredire nella lettura semp^
più ne restò superata 1' aspettanza nostra, in
do da rimanere altamente scandolezzati, non
del nuovo genere d'inurbanità con cui ve
gli statuti di Zara e delle altre principali città
dalmate, parte stampati e parte manoscritti, i
quali contengono leggi civili, politiche, marittime
e comunali, ed altre fatte dalle città stesse in
varie epoche, e che cessarono d' aver vigore
coir attivazione del codice francese in Dalmazia:
ma che pure influiscono ancora su quei contratti,
che furono conclusi all' epoca che quelle vige-
vano.
Trovatasi Zara in facoltà di continuar a go-
vernarsi con leggi proprie, cambiò dal nero in
roseo tutto 1' aspetto delle sue vicende politiche,
e quelle dello stesso veneto governo riguardo
ad essa ed alla Dalmazia tutta. Il governo da
quel momento ebbe poco meno di quattrocento
anni continui del più pacifico, solido e tranquillo
possesso: fu circondato dall' amore del popolo,
che con lui divise tutte le sue glorie e tutte le
sue sventure; e mentre in Oriente 1' uno dopo
r altro esso perdeva i regni, in Dalmazia, assi-
stito dall' affetto e dal valore del popolo, estese
le sue conquiste contro l' ottomano.
Il lungo lido ed isolano orientale adriatico,
che forma il piccolo regno attuale di Dalmazia,
il cui antico corpo si trova nella prossima Tur-
chia, non conta che circa 415000 abitanti, ma
ad onta della sua piccolezza esso possiede tanta
intelligenza, da coprir tutte le sue cattedre d'i-
struzione primaria, media ed inferiore, e moltis-
sime in altre provincie, di offrire tutto il perso-
nale necessario ai numerosissimi uffici provinciali
locali, e darne qualcuno alla centrale e ad altri
governi anche in posti elevati; esso olire distinti
nomi air esercito imperiale ed alla imperiale ma-
rina; esso diede in ogni tempo e dà tuttoggi chia-
rissimi letterati all' Italia, nonché alla Slavia me-
ridionale. Questo piccolo regno dà cinque distinti
professori all'università di Padova, ed un sesto,
figlio d' un dalmata, benché nato altrove, nonché
uno in Gratz ed uno a quella di Vienna.
Non ricordo l'intelligenza di Ragusa, perchè
a tutti nota, che conservò il suo piccolo stato in-
dipendente per tanti secoli, lo fregiò d' una sto-
ria che potrebbe onorare qualunque piìi grande
nazione, e si distinse sempre in lettere e scienze.
La Dalmazia colle isole del Quarnero, por-
tate all' impero colla sua corona, forma la parte
maggiore della marina mercantile austriaca, la
cui intelligenza non v' ha mare al mondo che
solcare non giunga, nè terra che raggiungere non
sappia, e vedere cogli occhi propri ogni grado
di civiltà e specie di nazionalità e di governo.
E poiché il discorso cade spontaneo sulla
brava marina mercantile austriaca, che con tanta
Straordinaria capacità e coraggio, onestà spec-
chiata, sobrietà lodevole, porla la bandiera au-
striaca con onore veramente distinto in tutti i
lidi del mondo, per cui non può dirsi a nesshna
seconda, io devo da questo posto additarla a
tutto r impero come veramente degna della lode
e della gratitudine di tutti i popoli dell' Austria
In Dalmazia si rispetta la nascita, si dà
pregio alla ricchezza, ma quella che occupa il
primo posto sociale é sempre l'intelligenza; per
cui non solo il regno tutto, ma ciascuno dei
suoi maggiori municipi potrebbe offrire tutta l'in-
telligenza necessaria pel regno intero, capace
ad accogliere immediatamente qualsiasi forma di
retto governo, quantunque una stabile rappresen-
tanza del regno da epoche remote non vi sia stata.
Nego assolutamente che alcuno abbia diritti
di sorla sulla corona del regno di Dalmazia.
Essa libera d' ogni vincolo e dovere verso chi
si sia, appartiene esclusivamente all' augusta im-
periale dinastia regnante.
La storia ritrovò la prima volta la corona
di questo regno, unita a quella dell' Illirio, sul
capo della regina Theuta, e da Genzio essa passò
alla republica, indi all' impero romano. L'ebbe
poscia Carlo Magno, poi di nuovo l'Impero 0-
rientale, quindi in proprio nome Zvonimiro, po-
scia Ladislavo e Colomano, che vi fu coronato,
ed i suoi successori fino a Maria e Sigismondo
d' Ungheria, al tempo dei quali in Zara fu co-
ronato re di Dalmazia Ladislavo di Napoli.
E|li con atto scritto 4 giugno 1409 la ce-
dette aifi; veneta republica, la quale, abdicata la
sua sovranità, non lasciò erede veruno dei suoi
diritti sulle provincie oltremare, per cui la Dal-
mazia ritornò padrona della sua corona.
Per tale motivo, la nobiltà, il clero ed il
popolo in più città della Dalmazia, in solenne
adunanza e dietro formale, discussione, decisero
di porla sul capo dell'Imperatore romano Fran-
cesco II, poi I dell'Austria, d'imperitura memo-
ria, per sé e successori.
Deputazioni formate di rappresentanti della
nobiltà, del clero e del popolo dalmate, anda-
rono fare la solenne dedizione, e ad invitare le
armi austriache ad occupar il nuovo regno. E
quando queste arrivarono, dietro formale ricerca
del loro condottiero, nelle rispettive chiese le
popolazioni delle città si dichiararono peli' annes-
sione spontanea, e prestarono publico popolare
giuramento.
Libera d' ogni vincolo la corona dalmatica
in questa forma noi 1' abbiamo consegnata all'au-
gusta Imperiale e Reale. Famiglia, e per ciò de-
votamente imploriamo che libera d' ogni vincolo
sia conservata ; per cui senza il consenso del
popolo dalmato, da cui fu tanto lealmente offerta,
non sia aggravata da verun nuovo legame, e e
sia mantenuta intatta quella preziosa aulonomi^i
che abbiamo sempre goduto.
S. 23. Zara-Sabato 3 Novembre 1860. Anno I.
VOCE DALMATICA
GIORNALE EGONOMICO-LETTERARIO.
Il Giornale si publica ogni Sabato. — II prezzo d'associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel resto
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 V. A. Potranno questi essere pagati da Gennaro 1861 per Pannata intera ed anche
per semestre; e frattanto nell'anno corrente, ad evitazion d'imbarazzi, attesa la irregolarità del periodo, si pag-heranno
per tutti i sette mesi da Giugno a Decembre con fior. 3 sol. 15, e rispettivamente fior. 3 sol. 50 V. A. I paga-
menti devono farsi anticipatamente, ed essere inviati franchi per la posta, coli'indicazione del nome, cognome, e domicilio
deir associato. — Lettere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con lettera aperta, senza affranca-
lione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abeiich. — Un numero separato vale s. 15.
§0]W[M[AilIO. — Sul bisogno che abbiamo di studiare
meglio i linguaggi nostrali. — Della coltura italiana
nelle isole Ionie, di Tommaseo. — Proseguimento del-
l' esame sul progetto di un regolamento colonico in Dal-
mazia, e proposte intorno al medesimo ; (continuazione
del num. 2i). — Corrispondenze; Vienna, Almissa. —
Cose patrie. — Varietà. — Annunzio.
Sul bisogno che abbiamo di studiare meglio
i linguaggi nostraìi.
Il prevalere che og^i fanno gli studi natu-
rali, economici e d' erudizione in genere da una
parte, la burocrazia ') ed il giornalismo, special-
mente politico, dall' altra, non sono certo le ca-
gioni ultime, per le quali 1' arte importantissima
dello scrivere non sia comunemente da noi quanto
converrebbesi coltivata. Ma siano quali si vo-
gliano tali motivi, non è certo necessario appar-
tenere alla classe di coloro pei quali la parola sem-
Ijra essere il fine e non già il semplice mezzo del-
'} Sono ben lungi però dall' associarmi alla sen-
tenza del eh. sig. conte Pozza, il quale in iin
suo articolo che si legge nel recentissimo, gior-
nale di Zagabria il Pozor non dubila rf' as-
serire, aver la burocrazia fra noi a tale ba-
bilonica (sic) italianità ridotto ormai il puro
italico idioma, che un italia 'O al solo sentirlo
SI farebbe le croci. Io crederà invece che i
l)ureaux del bel paese si picchino di purità di
lingua poco meglio di quelli della nostra Dal-
niazia. Ma forse Dersaca in errore.
Ei^ autore*
Lo stile cancelleresco non fu mai un giu-
sto livello per misurare la coltura d' una lin-
gua presso d' un popolo, come dai risultati
dell' insegnamento di certe scuole non si pos-
sono giudicare le disposizioni linguistiche di
le frequenta. .
Red.
r arte dello scrìvere, onde riconoscere un tale
fatto, non poco pregiudizievole al vero progresso
ed all' efficacia delle dottrine che vogiionsi pro-
pagare. Non sarà per ciò fuor di proposito che
un giorn-ale, non solo economico, ma anche let-
terario, com' è appunto il nostro, notando un tale
difetto, accenni al bisogno di ripararvi.
Quelli fra noi che scrivono in italiano, per
cominciare da essi, non dovrebbero dimenticare
eh' essi hanno non pochi motivi a studiar l'ita-
liano pili ancora degli italiani istessi. Imperocché,
prima di tutto, essi non scrivono per essere letti
anche dal popolo, il quale da noi si serve ordi-
nariamente dell' idioma illirico, ma scrivono quasi
soltanto pel ceto colto ed addottrinato. Nè vale
il dire che, essendo la naturalezza, la chiarezza
e la semplicità doti comuni a qualsivoglia dettalo;
tanto valga il saper rendersi scrivendo accetto
al popolo, quanto al fiore istesso degli ingegni i
più culti. Giacché, salve la naturalezza, la ctiìa-
rezza e la semplicità, doli eterne ed essenzialis-
sime d' ogni fatta di scrillure, con ben altra tor-
ma ed atteggiamento convien sapere presentarsi
V. g. ad un gentiluomo o ad una dama, che non
ad un semplice artiere o ad una umile contadi-
ne Ila,
Ma v' ha piìl ancora. Qual è il dalmata che
aspirando alla gloria letteraria, o a quella, ben
più desiderabile, di riuscire mercè i suoi scritti
utile alla società, voglia appagar le sue nobili
brame col render il proprio nome e le proprie
dottrine popolari entro 1' angusta cerchia soltanto
della sua patria, e non slanci le sue mire almeno
oltre l'Adriatico? Ora, se noi veggiamo che ai
di là di questo mare opere anche insigni non
[rovino talfiata tanta nominanza e tanto spaccio,
quanto farebbe d'uopo a compensare i loro au-
tori delle veglie e degli spendii per esse durati;
come mai sperar esito più fortunato a certi la-
vori nostri, se ad altre difficoltà quella s'aggiun-
ga della troppa facilità e leggerezza con cui
I 27. Zara-Sabato i Decembrc 18(»fl. Anoo I.
DALMATICA
GIORNALE EGONOMIGO-LETTERARIO
Il Giornale si publica ogni Sabato. — Il prezzo d' associazione per Zara è di fior. 5 sol. 40 V. A.; pel reslo
della Dalmazia e fuori, di fior. 6 Y. A. Potranno questi essere pag--a[i da Gennaro 1861 per Tannala intera ed anche
per semestre; e frattanto nell'anno corrente, ad evitazion d'imbarazzi, attesa la irregolarità del periodo, si pagheranno
per tutti i sette mesi da Giugno a Decembre con fior. 3 sol. 15, e rispettivamente fior. 3 sol. 50 V. A. I paga-
menti devono farsi anticipatamente, ed essere inviati franchi per la posta, coir indicazione del nome, cognome, e domiciliai
deir associato. — Lettere, libri, articoli, devono affrancarsi. — I reclami si mandano con, lettera aperta, senza affranca-
zione. — In Zara le associazioni si ricevono anche al negozio librario del sig. Pietro Abelich. — Un numero separato vale s. 15.
Prossimo essendo a compirsi l'alliiale periodo d'associazione a queslo giornale,
la Redazione:
pregare que'pochi de'suoi signori Associali che trovansi ancora in rilardo del pa-
gamento pei selle mesi da giugno a lulto decembre 1860, di volerne avere me-
moria ;
invitare alla nuova associazione per fanno 1861, nella misura degl'importi so-
praindicati, cioè di fior. 5 s. 40 v. a. per Zara, e fior. 6 v. a. per fuori, pagabili
0 per l'intera annata, o per semestre anticipato; prevenendo che saranno ritenuti
quali Associali anche per lutto l'anno venturo tulli quegli attuali, che prima del
prossimo gennaro non avessero dato avviso contrario.
deve
1.
2.
— Una speranza in fiore. — I Tem-
plari e gli Ospitalieri in Dalmazia^ frammenti storici
(continuazione del n. 26). —Corrispondenza, di Ragusa.
•—• Legislazione. Sintesi generale della scienza e delia
legislazione di finanza; cenni preliminari. — Teatro di
Zara. — Supplemento.
Una spcri?.iiza in fiore.
Se io non temessi di vedermi saltar su tanti
e tanti, i quali mi darebbero sulla voce, questa
volta vorrei fare un magnifico elogio alla spe-
ranza, e dire di lei sì belle cose, che in parte
la compenserebbero del molto male che dei fatto
suo si dice pel mondo.
Perchè quella che di presente sorride a me,
e a coloro che non per anco torsero gli occhi
dall' avvenire, è sì bella, sì aiiguriosa, che par-
lili impossibile non sia per attenerci una pro-
messa solenne eh' ella ci fe'.
Si tratta, nientemeno, che d'una legge a-
paria, la quale garantisca i proprietari contro
i danni campestri, rivendichi l'onore del nostro
distretto, al quale infmo ad ora si affibbiava, e
"on a torto, il non invidiabile qualificativo di
barbaro.
Io stimo che, come non vi può essere de-
siderio più vivo, più ragionevole di queslo in
lutti coloro che possiedono qualche palmo di
terra, da cui hanno il dovere e il diritto di ri-
cavare il massimo utile; così del paro non v'ab-
bia speranza meglio fondata di vedere attivate
di ener^riche misure in proposito, le quali assi-
curino quesf utile, tutelandolo rimpetto all' invete-
rata prepotenza di certi usi, o meglio abusi, i
quali si stabilirono e organizzarono sotto T egida
della ragion del più forte, e di quella dell' im-
punità.
Ogni troppo rompe il groppo, e bisogna fi-
nirla una volta.
Ritengo che la camera di commercio, die-
tro mozione del si^. Pietro Abelich [O.^serimtore
Dalmata n. 119, Voce Dalmatica n. 11), il quale
senza ambagi, senza tergiversare, mise in ri-
lievo l'urgenza di queslo bisogno, chiamandovi
sopra r attenzione degli altri membri, si sarà
occupata intorno a questo punto come il più
principale; e già a quest'ora anche da parte sua
qualcosa dovrebbe venir fuori.
Quello però su cui non vo' errato si è, che
il sig. avv. D.r Ghiglianovich estese un progetto
in proposito, il quale da un mese a questa parte
circola fra le persone più ragguardevoli della no-
stra città; e bendi' esso tardi di soverchio al
nostro desiderio di vederlo alla publica luce per
salutarlo e fargli de' buoni augurii, non andrà
tale (nominando il derubato), e dirgli che nella
tal notte si rechi nel tale luogo, portando seco
pel riscatto de' suoi animali tanto denaro, vino,
pane, tabacco, polvere e palle da fucile, ecc.
minacciandolo gravemente se non vi andasse. Il
mandatario non solo è costretto di obbedire, ma
se anche riconosce il ladro, gli è necessità, onde
a lui non avvenga il simile, di fare la gatta di
Masino, che chiudea gli occhi per non veder
passare i topi. Il povero derubato, che fino al-
lora sudò invano ed alse per rinvenire 1 suoi
ammali, a quell' annunzio che gli porta il man-
datario, prova un misto di gioia e dolore; gioia
per essere in grado di riavere gli animali ruba-
tigli, e d' altra parte dolore di dover esborsare
pel riscatto dei medesimi una somma troppo e-
sorbitante. — E perchè mai il derubato, non di
rado, paga molto più del valore degli animali
riscattati? — Non la par vera, ma pure fatto
sta, eh' egli dopo aver ricevuto il triste avviso,
per poter raggranellare la somma prefissagli, ven-
de, fra le altre cose, perfino quel poco di grano,
che serve di sostentamento alla sua povera fa-
miglia, oppur si dà vittima agli acuti artigli de-
gli spietati usurai, impegnando o vendendo i mi-
gliori suoi terreni olivati e vignati, o prendendo
da questi denaro, al modico censo del 60 per
100. — Oh miseri! e non sapete che questi
serpenti a sonagli non vi adescano mai colle
loro venefiche lingue, se non per ingoiarvi per
sempre ? Oh come vi si adattano bene le parole
del re profeta: Ahyssus abyssum invocati
Il derubato adunque si parte, portando seco tutto
quello che il mandatario gli aveva detto, e giunto
sul luogo stabilito, che trova? — Nessuno! —
Allora gli conviene fare un piccolo fuoco per
avvertire i furatori della sua venuta, e zitto zitto
si sta per vedere o sentire da lontano un se-
gnale corrispondente. Dopo un' ora o due circa,
ecco finalmente eh' ode una voce aspra e gut-
turale chiamarlo, con epiteto ignominioso, do-
mandandogli se avesse portato tutto quello che
gli era stato prescritto? — Udita una risposta
soddisfacente, tornano ad indicare al derubato
un altro punto, ove debba deporre tutto ciò che
pel riscatto avesse portato, indi retrocedere al-
meno cento passi da quel sito. I furatori allora
cauti si avvicinano per esaminare e riscontrare
minutamente la roba lasciata^ e trovandola in tutto
a lor modo, se la dividono, facendo cenno al
derubato di seguirli. Dopo un cammino di cinque
o sei miglia, per monti e per valli, lo condu-
cono finalmente nel luogo ove si trovano i suoi
animali, sfiniti dalla stanchezza e dalla fame, e
senz'altro parole che di oltraggio e di scherno,
si allontanano, lasciando il derubato co' suoi a-
nimali, fra le tenebre della notte, in un terreno
sconosciuto e deserto. q, santini.
Camera di Commercio di Zara.
E tanto invalso fra noi il costume di con-
cepire dei progetti che restano negli spazi itna-
ginari, che se taluno esercita una qualche azione
10 fa all' ombra del mistero quasi per tema di
singolarizzarsi.
La nostra camera di commerc/o diede il suo
primo segno di vita nel mese di luglio, allor-
quando nel n. 119 dell' Ossermlore Dalmata fe
mostra di mettersi sopra una nuova strada, e di
invadere forse anche il campo delle altrui attri-
buzioni. Dopo d' allora fu vista una bre\e rela-
zione nel n. MVOssermtore^ a complemen-
to di cui si publicò nello scorso numero di que-
sto giornale un rapporto diretto al Ministero delle
finanze, il quale fu, a dir vero, dato in luce un
po' tardi.
Non voglio apporre a colpa di chi che sia
tale ritardo, quantunque creda che dicendo un
po' di male della camera, o con questo pretesto
0 con un' altro, darei nel genio di taluno. Ma
prima di tutto, questo stile non mi va a sangue,
e poi, chi ha interesse di farlo prenda la penna
e scriva, che la stampa è libera per questo. Mi
farò lecito soltanto di domandare perché la ca-
mera, quando fa qualche cosa non la rende di
publica ragione? il suo silenzio è effetto di ti-
midezza 0 d'intolleranza?
Comunque sia, poiché mi accadde di leggere
11 processo verbale della seduta tenutasi alla ca-
mera nel giorno 9 dello scorso mese, ne dirò
qualche cosa.
Farmi anzitutto che sarebbe bene publicare
questi processi verbali per esteso in apposito fo-
glio, come credo si costumi nel Veneto e nell'I-
stria. In tale publicazione dovrebbero indicarsi i
nomi dei membri che intervennero alla seduta,
ad onore di quelli che corrispondono alla fiducia
dei propri concittadini, ed affinchè i tiepidi sia-
no animati all' adempimento del loro dovere dal-
l'esempio 0 dal biasimo.
Se queste 'parole riuscissero dure a quei
tali che non istimano un dovere 1' adempiere il
mandato loro conferito dai propri cpncittadini,
perchè lo disimpegnano gratuitamente, si ricor-
dino che le rappresentanze civiche resteranno
sempre una nullità, finché quelli che le compon-
gono non abbiano colla coscienza dei loro do-
veri rispetto ai loro rappresentati anche quella
dei loro diritti in faccia agli altri. — Ma chi
non ha 1' animo di comprendere che gì' incom-
bono dei doveri verso persone che non lo pf"
gano, non potrà comprendere giammai ehe gli
spettano dei diritti verso gente che paga, quan-
tunque aritmeticamente parlando dovrebbe essere
il contrario.
Intanto si sappia che mentre la camera e
slavi posteriormente comparvero (v. Cattalinich,
t I, lib. I, cap. IV e V).
Lo slavo adunque e l'italiano essendo gli
elementi preponderanti nella Dalmazia, la slava
e la italiane, sono pure le lingue che più este-
samente vi dominano, e che, senza punto nuo-
cere l'una all'altra, indifferentemente si parlano.
— Fin dall' età più remote la Dalmazia fu sem-
pre bilingue, sendo che in essa nè le conquiste
romane, introducendovi l'idioma del Lazio, val-
sero mai a soppiantare l'indigena lingua trova-
tavi, nè le invasioni slave sbandeggiare poterono
la latina, con cui anzi gli slavi stessi addimesti-
caronsi, nella guisa medesima che d'altri usi del
vivèr civile, Ira noi rinvenuti, si vantaggiarono. Al
latino poi succedette per diritto di figliuolanza le-
gittima l'italiano, che le relazioni continove della
patria nostra col bel paese cui sta dirimpetto,
sempre più propagarono, e larga fonte hanno
reso di civiltà e gentilezza. Per moltissimi quindi
tra noi, 1' unica lingua col materno latte succhiata
è la dolce lingua del sì; dolce lingua ma po-
tentissima, siccome quella con cui Dante fulmi-
nava nelle sul bolge i soperchiatori dei deboli,
gli adulatori dei fortunati^ i traditori della patria,
e gì' ipocriti. E dessa inoltre da secoli la lingua
del foro e del pulpito, dei commerci marittimi,
delle scuole, e di tutti i ceti colti, nelle città del
pari, che in varie delle più popolose borgate. Ma la
slava lingua, la lingua delle Vile e dei Bardi, per cui
la Dalmazia non è da meno della Toscana fra
le sue consorelle un orizzonte più vasto si-
gnoreggia, siccome quella che d' un maggior
numero della popolazione è la propria, e che
nelle campagne non solo, ma nelle città mede-
sime sempre fu coltivata molto più di quanto si
crede. Pruova ne sono (senza parlar di Ragusa,
che tiene in questo proposito un bel primato) e
gli scrittori di merito in essa lingua usciti da
tutti gli altri punti della Dalmazia, ed un' acca-
demia esistita per la diffusione, col mezzo suo,
dell' intellettuale coltura fra il popolo, e due se-
minarli fondati per la istruzione del clero slavo.
— E tutto ciò sotto gli occhi ed all' ombra di
queir italiano governo a cui fu la Dalmazia per
quattro secoli sottoposta, e che ben lungi dal-
0 Omnibus caeteris slavonicae linguai idiomatibus
dahnaticum praelulerim; ea causa est, quod In-
ter rehquos purissimum [sit, quemadmodum
inter italica hetruscum. Così Fausto Veranzio
nella prefazione al suo Dictionarium quinque
nobilissimarum Europee linguarum, Venezia^
1595; col quale concorda un'' illusfre linguista
straniero dell' età nostra, il Mezzofanti^ a cui
giudizio il dialetto dalmato ed il bosnese sono
i pié puri ed i più originali d' ogn' altro del-
l' illirica lingmi.
r avversare la nazionalità de' suoi prodi schia-
voni, come taluni pretendono, dettava ad essi
neir idioma loro le proprie leggi, ed in essi tro-
vava, come dice Tommasèo, quel po' d' ugna ri-
masta al Leone^ che perduto aveva già da gran
tempo la ricca criniera, e i denti, e gli artio;H.
—^ Nò schiavoni tutti si erano que' valenti che
della slava lingua facevansi allora coltivatori, e
cogli scritti loro giovavano la slavo-dalmata let-
teratura, ma quanti d' essi non furono d' origine
e di nome italiano ? Lo che ben dimostra quanto
sia falsa ed ingiusta V accusa da certuni ora mossa a
coloro che stranieri addomandano '), d'aver fra
noi soffocati i germi della slava nazionalità, abituan-
doci all'odio ed al separatismo, quando eglino
invece facendosi illirici di lingua e di cuore, co-
me di taluno fu detto, s'adoprarono anzi perchè
quei germi si sviluppassero più fiorenti al vivifico
raggio dell' italica civiltà, ed a rassodare contri-
buirono que' legami di buona araionia e di frat-
tellevole convivenza che d' italo-dalmati e di
dalmato-slavi, di nazionali e nazionalizzati, hanno
sempre fatto un popolo solo, popolo sventurato
ma forte, povero ma generoso, sventurato e po-
vero, ma non per sua colpa.
Per sangue dunque e per lingua cosa dire si
dovrà questo popolo? ''Se i miei conterranei
(risponderò col soprallodato Capor) se i miei
conterranei annunciarsi volessero per ciò che
sono, andrà bene che dicano, come mi sovviene
averlo sentito qualche volta: Mi jesmo Slavni
Narod! (Noi. siamo nazione slaca^ ossia glorio-
sa l)^ oppure che si enuncino Dalmati a dirit-
tura^ e Dalmati di quella progenie, di cui il ro-
mano oratore scriveva a Vatinio, che semper ha-
biti sunt bellicosi!,, (I. c. 152). — Ma slavi o
dalmati che si dicano, sacro ad essi lia sem-
pre il diritto della propria autonomia. — La Dal-
mazia soggetta al dominio di più nazioni, lace-
rata, sovversa, desolata, negletta, soffrì abbastan-
za le vicende delle umane contraddizioni, per lo
che il pontefice Pio II parlando d' essa e de'suoi
confini ebbe ragione a dire: confusi sunt ad-
modum fìnes^ ut nec expedire nooa facile, nec
quis velustissima possit absolcere. Il suo nome
però sussistette sempre, e sia che a più o meno
ampio tratto di paese lo si estendesse, sia che
lo portassero i re e bani, congiunto ad altri, per
r esercizio d' un effettivo potere, o che, cessato
questo, ambissero di conservarlo come una o-
norata memoria, la Dalmazia fu sempre consi-
Diciamo stranieri per usare del piìi gentile
fra i nomi con cui designati nengono da qual-
che tempo i dalmati d' origine italiana,
che se di tutti gli altri mlessimo tener conto-,
dovremmo arrossire talmlta noi stessi della
trimalità di certi scrittori.