quello scrittore de'nostri, aiuterà possentemente a
risvegliare emularne, di cui per fatalità man-
chiamo in Dalmazia, siccome in paese povero, e
dall'emulazione ne proverranno que' frutti, che pur
troppo scarseggiano tra noi, fatta in proporzione
ragione all'acutezza di mente, all'impegno robusto
ond'è dotato il dalmata.
Quante cose poi in Dalmazia non devonsi co-
minciare, quante continuare o condurre a perfe-
zionamento, quante proporre, quante togliere, o
correggere? E della Dalmazia nella massima parte
del nostro lavoro noi ci occuperemo, discorrendo
ad ora ad óra tutto che rispetto all' intellettuale,
al .morale al fisico le appartiene. Nè qui v' ha al-
cufta^ehe non veda quanto vasto e vario ed impor-
tante argomento egli sia, du cui può venirne non
piccola utilità.
In letterature coltivava e coltiva la Dalma-
zia la latina, l'italiana, l'illirica, e con prò fìtto
spesse volte anche la greca: ebbe scrittori di ogni
maniera, de' quali taluni quasi affatto ignorati: ebbe
storie proprie parecchie, ma incomplete: ebbe ed ha
monumenti, resti di sua antica floridezza, seminati
per tutto quanto è vasto il suo suolo, i più sco-
perti ed illustrati, molti da scoprirsi ed illustrarmi
ebbesi uomini illustri in ogni genere di virtù. Ora
ciascuno di questi oggetti ci apre vasto campo a
studi letterarii storici, biograficiarcheologici, i quali
noi verremo inserendo in queste pagine. Nè solo di
ciò; ma ubertoso lavoro ci daranno eziandio le abi-
tudini, le pratiche, scene domestiche, le virtù, i vi-
%ii di questo nostro popolo dalmata, i cui costumi,
perchè originali, e debolmente altrove conosciuti,
riescono tanto più. curiosi e gradevoli, e de'quali
taluni vogliono essere emendati, altri conservati
scrupolosamente in loro vergine purezza, altri tem-
perati a maniere più sobrie o più gentili.
Che se, poi alla parte economica volgiamo lo
sguardo, e quanto "mai' non ci. resta e a dire e a
fare? Quali tesori per l'industria nazionale non
offrono i tre regni della natura? Quante ricche mi-
niere non stanno ascose e sconosciute nelle viscere
della nostra terra, di cui ci accaderà spesso di far
parola? L'agricoltura, che, quantunque in alcuni
luoghi progredita, in altri è abbandonata e neglet-
ta, ci chiamerà spesso a favellare su questa prima
delle arti, tenuta ora dall'unanime consenso degli
economisti', precipua fonte di ricchezza in ogni pae-
se. Quindi della coltivazione de'piani, de'colli, dei
monti: quindi della propagazione de'boschi, de'prati
artificiali, dell architettura agricola: quindi della
pastorizia, dell'aumento e del miglioramento delle
razze negli animali. E le arti poi qiumt' uopo non
> hanno esse di perfezionamenti; quante non resta-
no ancora ad introdursi? Eppure in Dalmazia vi
ha la materia prima per ognuna quasi, ma la scar-
sezza di artefici, obbliga il dalmata a lasciarsela
uscire della provincia, per indi ricomperarla ma-
nufatta a prezzo altissimo e gravata di balzelli.
Molto ancora ci rimarrà a parlare della no-
stra marina mercantile, e del commercio maritti-
mo, molto de'mercati, de' bazan, delle carovane
che tra breve sperasi, saranno attuate.
Nè la Dalmazia sola sarà sempre lo scopo di
nostre fatiche. Parleremo tratto tratto eziandio
della condizione e del progresso letterario e scien-
tifico degU altri paesi, per derivarne da quelli ove
ffida in acconcio, utili confronti, applicazioni, in-
segnamenti alla nostra letteratura*
E se il cielo ne aiuti e l'umano favore dé no-
stri cortesi lettori, da oggi ci metteremo per la via
fin -qui brevemente tracciata, trattenendoci ora di
uno ora di un' altro de' soggetti discorsi. Ogni con-
tesa, ogni guerra letteraria per noi si eviterà in
quanto ci sarà dato, amando meglio di passarsela
leggermente sugli attacchi altrui, comunque acerbi,
che di nuocere al nostro proponimento, riempiendo
le pagine d'inutili e vuote difese. Amore di patria
soltanto al lavoro c'indusse, e l'amore di patria ci
darà lena di continuarlo, e ci rinoverà vigore, ove
stanchi a mezzo il cammino ristessimo.
Queste poche considerazioni abbiamo fatto an-
dar innanzi e 'per divisare in qualche modo la tela
di tutto il lavoro, e per far avvertiti i nostri so-
scrittori dell' importante argomento, che si andrà
sviluppando.
UZZO DI PROGRESSO.
Jofb e peuioao v più, SeòCttt campi ^
iwtóutauòo <x paiìi tatcH e letUt.
PETK.
Quantunque la facoltà di pensare sia un'attri-
buto essenziale dello spirito, da eui Cartesio traeva
la nozione della "nostra esistenza, pure veggiamo
taluni spesso farne sì poco uso, che giunti alla ca-
nizie, sembrano quasi stranieri nel mondo: tanto
gli avvenimenti discorrevano rapidi ai loro sguardi
senza lasciarvi orma. Invano perciò la gioventù lu-
singasi dagli stessi ricevere consigli, anzi più fiate
il loro esempio, fatto autorevole per l'età, non
puote servir di specchio, nè di guida alla crescen-
te generazione.
A cotesti non favelliamo ; ma bensì a coloro,
che seppero fino dai primi loro giorni, procacciarsi
IA DALMAZIA
INTESO AGI/ INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì II prezzo annuo per Zara è di fiorini 4> per semestre fiorini 2; per fuori franco
di porto fiorini 5, per semestre fiorini 2 car. 30. Le associazioni si ricevono in Tiara dal proprietà-
fuori da tutti gì'ii. rr. uffìcii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier.
no
M Giovedì 1 s Maggio. 1848»
SOMMARIO.
Studii storici sulla Dalmazia. Introduzione. Cenni
geografici. Importanza.— Storia naturale. Nuova
classificazione degli animali. — Letteratura. Cen-
no d'alcune poesie di Pietro Canavelli. — Eco-
nomia rurale. Coltura dello zafferano — Statistica.
Circolo di Spalato.
APPENDICE.
STUDII STORICI
INTRODUZIONE.
Chiunque si mette a cercare nelle patrie sto-
rie , ei Io fa o per il desiderio d'informarsi util-
mente di quanto nella patria fino all'epoche più re-
mote era accaduto, o per iscuoprire l'antichità , la
nobiltà, la grandezza di que' luoghi dove le prime
aure di vita e'respirava, o per la brama d'impa-
rare a conoscere gli uomini ed il cuore umano, per-
suaso alla sentenza di Cicerone, essere la storia
face de'tempi, luce della verità, maestra della vita,
oppure anche per il nobile e generoso intendimen-
to di porre sempre più in chiaro le memorie e le
gesta de'tempi passati, frugando diligentemente nel-
le cronache, ne'documenti, nelle polverose istorie.
E qualunque siasi il fine onde è condotto a tale stu-
dio, pure a lui ne deriva merito e lode, tanta es-
sendone l'importanza della cosa, e tale la patria
carità, che il fine medesimo meno virtuoso e puro
vien essere nobilitato. Io però per tutti codesti su-
accennati motivi non mi recai a studiare nelle pa-
trie storie, ma lo feci coli'unica intenzione, scor-
gendo la floridezza, la ricchezza, il ben'essere della
dalmata provincia ne'tempi antichi, d'investigare per
quanto mi è dato le cause, che quella floridezza ed
abondanza producevano, e così derivarne alcuna
pratica utilità per il tempo presente. Nè paia stra-
no eh' io volga l'attenzione a' tempi remotissimi, e
da quelli domandi un rimedio per questi giorni in
cui viviamo, giorni di progresso, come dicono, di
lumi, di scienze, ne' quali lo spirito indagatore sem-
bra non poter oltre progredire, tanto si è spinto
innanzi. Ma da qualunque parte ci venga l'utile e
proficua cognizione,e noi la dobbiamo raccorre,nè
per quanto il presente secolo sia inoltrato nelle
scienze economiche, si avrà a male, se io dall'anti-
chità derivi alcune verità ed alcune istruzioni non
per il comune, ma per il solo , vantaggio della mia
patria. D'altra parte fu sempre^di frutto il confron-
tare tra loro le pratiche, i costumi, le istituzioni, i
ritrovati, le leggi de' popoli antichi con quelli dei
viventi, essendo che dal confronto si rivelano le
differenze, si discuoprono le idoneità maggiori o mi-
nori delle disposizioni, si scorge quali avvantaggi-
no sulle altre?* quindi si tirano le conclusioni, e da
quelle le correzioni, se pur necessarie.
E vorrei che le storie patrie, le cronache, i
documenti di ogni maniera s' intrattenessero più di
IA DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier.
jfè 4. Giovedì 22 Maggio*
SOMMARIO.
Documentò onorìfico al Canavelli—Biografia di
Minucio Minuti arcivescovo di Zara — Quadro
mineralogico geognostico del circolo di Cattaro —
Per santa Anastasia Inno — Rivista di due opere
relative alla penisola greco slava — Economia ru-
rale — Varietà.
DOCUMENTO ONORIFICO.
Di Pietro Canavelli parlando, più d'uno ricor-
da, ma non produce, la lettera a lui diretta dal re
Giovanni di Polonia per alcune sue belle poesie il-
liriche Sulla liberazione di Vienna. Onorevol tor-
nando al dalmata nostro una tale dimostrazione di
aggradimento, vergata da quella prode mano, che
una eguale ne inviò al Filicaja per le sue canzoni
sopra il soggetto medesimo, non sia discaro il ve-
derla qui riportata, in aggiunta del cenno che in-
torno al valent'uomo si lesse nel numero precedente.
G.F.C.
Illustrissimo S&gnore!
Il principe Lubomirski gran-maresciallo dì
questo Nostro Regno, al suo ritorno d'Italia, ci
ha. fatto pervenire diverse composizioni poetiche per
parte di V. S., da Noi gradite al segno maggiore,
anzi ammirate per l'eleganza dello stile, e per i
concetti sublimi con i quali le adorna. Sii intanto
V. S. sicura che non poteva farci maggior favo-
re, dandoci il modo della conoscenza di un virtuo-
1843-i
so suo pari, al quale corrisponderemo sempre ed
in ogni congiuntura di sua soddisfazione, anzi vi
contribuiremo con tutto lo spirito, sempre e quan-
do da lei ce ne saranno somministrati i mezzi. In-
tanto nostro Signore la conservi.
Savorova 16» maggio 1687.
Giovanni Re.
Al sig. Pietro Canavelli — Curzola»
MINUCIO DE MINUCI
Arcivescovo di Zara.
Da nobile famiglia di Serravalle della Mar-
ca Trivigiana nacque Minucio l'anno 1551. Per-
corsa la via de'primi studi in patria, venne col-
l'arcivescovo Andrea suo zio a Zara, ove attese
alla rettorica e filosofia, a Padova al diritto. Fu su-
bito secretario di lettere a Bartolommeo de Purli-
liis, nuncio apostolico in Germania, e all' eminentis-
simo Lodovico Madruccio, vescovo di Trento, cui se-
guì nello stesso ufficio ai Comizii di Augusta. Man-
dato a Roma a dar parte delle cose là conchiuse,
piaque sommamente il suo parlare a' Cardinali, che
tentarono ogni mezzo, perchè tra loro si rimanesse.
— Gregorio decimoterzo si valse della sua legazio-
ne per ricondurre alla fede cattolica Everardo ar-
civescovo di Colonia, il quale prevaricando, aveva
svelto dal suo seno molti e riputati credenti. Ne
avendo potuto riuscire con persuasioni, fu di nuov0
•S* 88 «33).
ECONOMIA.
Come si possa conseguire generale miglioramento
dell'olio in Dalmazia — come produrre in mag-
gior quantità olii fini da tavola, e specialmente
la qualità finissima a ma' di Luca.
Tutte le volte, che accada di far parola del-
l'industria, e specialmente dell'agricola, e venga
suggerito o qualche nuovo metodo, o qualche per-
fezionamento; vi è fra lettori, chi le probabili utili-
tà coi dispendii connessi diligentemente bilancia, e
per poco che i risultati del calcolo allettino, vi si
accigne; altri all'incontro i più sicuri vantaggi non
{scuoterebbero dall'indifferenza per le cose migliori.
I metodi vecchi, il rimaner saldamente attaccati alle
pratiche viziose ereditate, in onta alle suggestioni,
agli ammaestramenti, ed agli esempi non rari di me-
todi più facili, razionali ; sono cause, per cui nella
generalità degli agricoltori dalmati non si scorge
che ben tenue progresso in tanti rami di economia
rurale. Ha per sospetto il campagnuolo ogni suggeri-
mento datogli, o dal proprietario del fondo, o da
altra persona intelligente, che vedrebbe volentieri un
avanzamento delle cose rurali; sotto il peso di pre-
giudizi!, che contrastano colla generale svegliatez-
za d'ingegno del rustico dalmata, egli va perfino
pensando, poter essere le suggestioni tal qual ten-
tativo d'inganno, e mirar là, a diminuire certi pro-
dotti, a danneggiare i suoi interessi; mentre invece
nell' erroneo pensiero di voler ricavare molto da un
determinato prodotto, perde di vista il miglioramen-
to della qualità, ed in luogo di avantaggiare se stes-
so ed il padrone, guasta, il più delle volte la mer-
ce sua, e l'altrui.
Si applichino queste osservazioni generali ad
una delle più rilevanti produzioni della Dalmazia,
all'olio^ e sorpassando quel che già tutti sanno e
del difettoso trattamento dell'ulivo in alcuni distretti,
e della conservazione del frutto, e dell'espressione
del liquido ecc., ci sia permesso di rinnovare alcu-
ne poche e succinte regole per migliorare l'olio, de-
sunte dalla pratica nel Toscano e nel Lucchese. Le
quali essendo di facile applicazione, non consisten-
do in rilevanti dispendii preliminari, e riducendosi
per Io più alla maggior cura, che vi si dovrebbe met-
tere, potranno, poste ad effetto, procurare già al
venturo raccolto dell'olio e bontà e finezza, e con
esse sicuro maggior guadagno.
Chi scorre il prezzo corrente di Trieste, si
compiace nel trovarvi gli olii di Ragusa e di molti
distretti dalmati, godere il prezzo di 2 a 4 fiorini
sopra gli olii comuni napoletani e levantini, ciò che
deve incontrastabilmente ascriversi alla diligenza qua
e là usata nel trattamento dell'albero, del frutto e
della attenzione alle macchine necessarie alla fattu-
ra dell'olio. Evvi segnato inoltre l'olio fino da ta-
vola con 22 fino a 28 fiorini per orna, e quello di
Genova e di Lucca con 33 a 35 fiorini. Ora, come
potrebbesi riuscire in Dalmazia a produrre in gran-
de quantità l'olio fino e finissimo, e venderne l'orna
a 25—35 fiorini? È l'uliva dalmata in generale at-
ta a dare liquido tanto perfetto? I nostri lettori san-
no, che dell' olio fino da tavola si fa anche da noi,
' però poco se ne esporta, e, quanto basta, si riserva
per uso delle famiglie producenti più agiate : dell'o-
lio finissimo ci è pure qualche barile ; e questi saggi
c' incoraggiano a rispondere affermativamente ai que-
siti, e prove di fatto se n'avranno, qualora le mire de*
singoli proprietarii di ulivi, di quelli che tengono
macchine da olio per se, e le fanno muovere per far
l'olio d'un villaggio o d'un intero comune, saranno
dirette in principalità, affinchè per traseuranza, per
erronei metodi, non vada guasto un prezioso liquido,
non mai soggetto a que' forti ribassi di prezzo, co-
me le altre entrate, e quel cattivo odore non contrag-
ga alle volte, da poterlo appena impiegare per ardere,
od al più venderlo a prezzi bassi per usi di fabbrica.
È meritevole dell'attenzione de'lettori il fatto,
che da qualche tempo cominciano a giungere a Li-
vorno dal regno di Napoli olii mangiabili, non punto
inferiori a quelli che si ottengono in alcune parti del-
la Toscana. Più recentemente ancora vi fu spedito da
Tripoli di Barbaria dell'olio da tavola, che giudici
eompetentissimi, ai quali fu taciuta la vera prove-
nienza, presero per olii di Provenza. Eppure gli olii
di Napoli, di Sicilia e di Barberia non erano finora
adoperati che per la fabbricazione di sapone. Se dun-
que quegli olii poterono essere migliorati, e con sole
due o tre avvertenze, perchè non lo faremo ancor
noi ? La differenza fra la quantità dell'olio fino otte-
nuto da una determinata quantità di ulive, e quella
dell'olio comune o mediocre importa da 2 a 3 per 100.
Ammettasi anche il 5 per 100. Ora chi in luogo di
produrre 100 barili a fiorini 20 cs fior. 2000, ne
ricavasse soli 95 a fior. 30 ss 2850; non dovreb-
be questo solo guadagno di 850 fiorini allettare a
mettervi maggior attenzione, onde affinarne la qualità?
Per far ottimo olio, vuoisi, che l'uliva non sia
molto polposa, che proporzionatamente alla carno-
sità, l'olio diventa più o men grasso. Più piccola è
IA DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
- . . " , —
Si publica ogni GiovecR. Il prezzo annuo per Zara è di fiórini 4, per semestre fiorini 2; per'fuori fraine*
di porto fiorini 3, per semestre fiorini Z car. SO. Ile associazioni si ricevono in Zara dal proprietà-
rio, fuori da tutti gl'ii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale m stamperia Demarchi-Rougier
M12. Giovedì 17 Luglio. 18415
SOMMARIO.
Btoria. Rotine di Salona. —* Topografia e statisti-
-':ì'èa. Territorio della Najretita. Biografia M. C(M»
Uni, arciv. di Zara. -^Letteratura. Sùssidii do-
tali. — Varietà.
• iti , : - j i "il — , ,. i 1—
• Rovine di Salona, £ imperatore Diocleziano ed
. ) avanzi del suo palazzo: a Spulato.
: Quando Ròm& la dominatrici^ dell'universo eb-
be in se accumulate le Hcchezze ed i vizii di tanto
mondo, questi la reìeto uri nido di'deliranti per cor-
pompere ogni vigtìria fisica e mb^ìef ed in allora
giuria a decrepitezza, fu al suo tramonto.1 La smania
della éonquista fu1 In essa la cagióne principale della
caduta della republica, Siccome appunto nelle sbri-
ciale passioni si riconosce 'la causa della perdizio-*
ne dell'individuo. Il senato foménto le guerre che
per cinque secoli angustiarono le generazioni, con-
siderate come distrazioni utili a render meno insi-
stenti i reclami della plebe contro il dispotismo dei
patrizii; ma dal seno di questo caos repubEcane
sorse finalmente la monarchia* C9i eserciti inviati ad
assalire provincie lontane quattrocento e più leghe
dalla capitale, assuefatti per molti anni ad essere
meno devoti a Roma, che alle persone de'loro gene-
rali, ritornavano in Italia come stranieri , immemori
del senato e de'cittadini, desiderosi di non ricevere
il comando, ma di darlo, e quello eleggevano a lo-
ro imperatore che più era prodigo di doni e di oro.
Ad una di queste rivoluzioni alla fine del terzo'se-
colo, un dalmata per nome Diocleziano, dovette il
primo scettro del mondo e domìno- pef Molti anni
qual potente e tèmuto sovrano» Numeriano successo
nell'impero a Caro suo padre era stato uccìso dàlia
manò. stessaì, ckè suvea spento il genitore. Apro Ar
rio prefetto del pretorio e suocero a quest'ultimo
per soddisfare all'ambizione di regnare, che lo si-
gnoreggiava, fece perire furtivamente anche fi figli»?
che in fili aveva riposta, tutta la sua. confidenza* Que~
sto giovine principe era per le bellissime sue doti
prediletto a' soldati i quali appena vennero in co-
gnizione dell'autore del delitto Io arrestarono, ed o-
diando, e disprdzzando i vizi! di Carino, fratello al-
l'ultimò regnante, giudicarono di aver bisogno -di un
novellò imperatore, sì a punire Carino, che per ven-
dicare Numeriano. Tutti i suffragi si unirono in fa-
vore di Diocleziano, soldato venturiere, il quale sen-
za veruna raccomandazione dal canto della nascita^
era salito pe1 suoi meriti, e comandava allora la
guardia imperiale. Il primo nome di Diocleziano fu
Diocle ; questo tiome vuoisi a lui venuto dalla città,
ot' era nato, Dioclet o Doaclea, vicino a Narona in
Dalmazia, sebbene molti il vogliano nato nelle vici-
nanze di Salona. Quando pervenne all' imperio volle
dare al suo nome una forma romana, e lo allungò
facendosi chiamare Diocleziano. Non appena Diocle-
ziano fu eletto> chiamando in testimonio il sole che
lo illuminava, giurò che non aveva avuto alcuna par-
te alla morte di JVumeriano, e, sfoderando la spada,
fattosi condurre Apro lo trafisse. Non era già la ven-
detta pefr la morte di questo giovine principe, che in
quel punto spingesse Diocleziano a commettere una
sanguinaria esecuzione, che ben poteva addossate a
qualche soldato, ma egli fu mosso dalla superStizio-
Da fam j^ilna studena vodica*
Ja ili znala gdi bi izvirala:
Jzvirala b'dragu pod pen.Teroa
Gdi se dragi sviaci i oblaci;
Ne bi 1' ine se dragi a a poj io,
Ne bi li me na seree nosio.
II desideri® della vergine^ s'intitola Tanatram-
tica, di cui io ne do la prosa in traduzione parola
a parola,
Se io fossi, infelice, una fredda atjua
Io saprei dove scaturirei^
Scaturirei del caro sotto la finestra
Bove il caro spogliasi e si veste;
jPerehè accada che di me il caro beva,
Perchè accada che nel seno mi porti.
Lascierò di qui esaminare le singole bellezze
^ questo breve canto, bastandomi soltanto di av-
vertire a vantaggio de' miei lettori il dolce suono
che hanno in sè stessi codesti versi, le cui parole
sono disposte, secondo la pik naturale costruzione.
G. Franceschi.
CORAGGIO NEI PERICOLI.
Un giorno del passato giugno dense e nere nu-
bi dalla parte dei monti situati al nord minacciavano
di orrida tempesta il villaggio di Ubli, distretto di
Cattaro. Lampi e tuoni si succedevano a brevissimi
intervalli; ed i vortici, in cui quelle nubi si ravvo-
glievano, accrescevan lo spavento. Poco stante a
quello sconvoglimento dell'atmosfera succedeva sui
monti una pioggia dirottissima, un diluvio, anzi di
più, che grossa grandine cadeva nello stesso tempo, e
non solo guastava ogni speranza del rustico, ma uc-
cideva ancora colla sua forza e grossezza perfino il
bestiame domestico minuto. Intanto precipitavano dal
monte rapidissimi torrenti, e d'una casa non lascia-
vano vestigi, mentre un'altra veniva atterrata, ed
era di Teodoro Giancich. Sfuggito a mala pena al
la morte, mentre deplorava la propria sventura, u-
diva che da una terza casa uscivano lamenti, ed un
canto ne era già crollato per l'urto delle, aque. Vi
fi precipita, e trova la porta ingombra di sassi. Si
approssima alle rovine, e vede per entro due fan-
ciulli, uno di tre, l'altro di quattr'anni, che sopra
un pezzo di tavola galleggiavano. Nell'istante me-
desimo, scorge un terzo di dieci anni, coli'aqua si-
no alla gola. I genitori di questi infelici fratelli era-'
no altrove. Giancich in mezzo a tanto pericolo pe-.
netra nella capanna, afferra pel braccio uno dei fan-,
ciulli, mentre l'altro gli si avviticchia al collo ; ten-
ta il liberatore di uscirne, ma la porta ingombra
gliele vieta, nè col peso de' fanciulli era tanto agi-
le a ritornare per l'apertura, énde.tì'uh salto era
penetrato nel casolare. Il torrente rovina un' altra
parte della casa, Giancich percosso e caduto nell'a-
bulia onta delle contusioni, si fa superiore-a. tanto
^disastro, getta di peso il fanciullo minore là dove
crédeva sarebbe stato più salvo. Alleviato cosi,Ra-
duna tutte le forze, e tenta di salvare gli altri due
fanciulli; ma una nuova massa di pietre gli cadde
addosso^ e per la seconda volta è immerso nelle a-
que. Grazie al suo coraggio ed alla presenza di spi-
rito, si rimette, getta in salvo anche il secondo. Il
minor de'fanciulli per tante offese era già tramorti-
to, ma il secondo ebbe bastante forza e destrezza a
trascinarlo, e toglierlo via da un luogo nel quale già la
piena delle aque minacciava di soffocarlo. I Giancich
intanto ha la fortuna di togliersi al pericolo col ter-
zo maggior fratello, e giunto all'aperto li pose in
sicuro ; poco stante la casa era già in rovine.
I fanciulli strappati a morte inevitabile, bene-
dicono colla propria salvezza la magnanimità d'una
persona, che nè da affinità stretta con i parenti di
chi salvò, nè mosso da ricompensa, che nessuna po-
teva sperare da quella povera famiglia, si espose a
gravissimo pericolo. È questo un novello esempio del
carattere generoso del dalmata. V. Gelcich.
SULLE FABBRICHE DEI CUOI IN CATTARO.
Durante il governo dei veneti in queste con-
trade, e prima ancora, quando la nostra città reg-
geasi a comune, non era il setificio soltanto, com' è
oggidì, ii principale e dirò quasi l'unico ramo d'in-
dustria di questo paese ; da poiché le fabbriche del-
le schiavine, delle rascie e dei bigelli o pannilani
grossi e villaneschi, quelle delle candele sebacee,
e le altre de'cuoi esercitavano non poche braccia
con somma utilità del paese stesso. Bi tutte le più
importanti eran quelle de' cuoi, come raccogliesi dal-
la matricola o libro dell'arte, che incomincia col 20
marzo 1509 èva fino al 1780. Imperciocché i po-
poli della città nostra eran divisi in tante classi,
quante eran le arti, le quali poi si eressero in se-
parate corporazioni, nè alcuno che a queste corpo-
razioni non fosse ascritto, o lavorar poteva in quel-
l'arte, od aspirare al godimento di quelle franchigie
che alle medesime si concedevano nell'intento di fa-
vorirle. E siccome cadauna di queste unioni, po-
neasi,sotto la protezione di un qualche tutelare, per-
ciò vediam l'arte di cui parliamo eleggersi a patro-
no l'apostolo Bartolomeo, con qualche allusione al
genere di morte da lui incontrata, a! quale fu al-
nella Bucovizza, a destra del fiume Tedanio (Zer- |
magna), tra le campagne di Xegar ed Ervenik, ove ;
tutt ora si scorgono delle rovine da me vedute d'una !
città distrutta: ma questi pure molto si allontanano
dal vero, perchè questa Sidrona sarebbe di troppo
vicina al mare, contro il detto del santo medesimo.
Vi sono ancora non pochi Pannoni, che san
Girolamo vorrebbono suo, perchè nato nelle loro
terre, cioè a Sdrino in Slavonia. Però anche questi
non men degli altri si allontanano dal vero a moti-
vo del confine, cui chiaramente fissava san Girola-
mo, dicendo nel libro De viris iUustribus, esser lui
nato precisamente in Dalmazia, e non in Slavonia,
vale addire nel castello di Stridone, già distrutto
dalla ferocia de'Goti, fin dove arrivava il confine
della Dalmazia e della Pannonia: Stridone opido,
quod a Gothis eversimi, Dalmalice quondam et Pan-
nonia? confinium. Questa precisa dichiarazione di
Girolamo serve di base a tutti gli scrittori del mon-
do, appunto per rilevare l'antico confine fra la Dal-
mazia e la Pannonia, alla quale apparteneva allora
pure la Slavonia, Risulta ciò eziandio dalla carta
geografica dell'impero romano, sotto il cui dominio
viveva il santo, carta descritta dal celebre M. Ma-
rulo, mercè cui convinceva della dalmata naziona-
lità del santo tutti coloro che non dalmata propria-
mente lo volevano»
Quelli poi, che più si accostano al vero an-
che a mio avviso, sono que'dessi che tengono per
patria di san Girolamo le rovine di Stridonia, da
me stesso veduta mesi fa, e> la pongono presso il
fiumicello chiamato Strisna, da cui Stridonia, che
sgorga dalle ripide falde del monte Pastirevo, ramo
del grande Velebich, e scorrendo verso Costainiza,
si vuota nel fiume Unna. ,
La posizione delle menzionate rovine di Stri-
donia porge tutta la probabilità allo storico essere
elleno, dove poggiava il castello, patria di san Gi— j
rolamo, sì perchè vicino agli antichi confini della
Pannonia e della Dalmazia, stabiliti dai Pannoni,
come Io stesso santo ci assicura, e si perchè lon-
tano dal mare.
Questa probabilità viene avvalorata dalle trac-
ce che oggi pure si scorgono d'una strada romana,
la quale lungo le falde del Pastirevo dall'Italia con-
duceva nel Sirmio, e la quale oggi pure si chiama
da que' rustici rimska, romana, strada riconosciuta ,
ancora dal governo delle provincie illiriche, dietro
alle tracce delia quale aveva costruita una nuova
da Costainiza, dove aveva aperto l'accesso alle ca-
rovane turche, e quindi attivato il commercio fra la
Turchia e le sue provincie illiriche sino a Carlstadt,
indi a Lubiana.
La stessa probabilità porgerebbe ragione a
supporre, che essendo stata la patria di san Giro-
lamo tanto vicina al confine della Pannonia, sia star
ta la prima a piangere le sue rovine per un' orda
di Goti, usciti appunto dalla Pannonia, e che di-
strutto quel castello si dirigessero lungo questa stra-
da antica, verso l'Italia, lasciando per ogni dove
tracce della loro barbarie.
È vero, che il regno della Dalmazia soffrì in
seguito delle divisioni politiche, per cui una porzio-
ne è soggetta al dominio ungarico, molta parte è
sotto il giogo turco (tutto il ducato di santo Saba,
chiamato Erzegovina), ed una terza era posseduta
dai veneti, ora sotto lo scettro dell'Augustissima
Casa d'Austria; ma è vero altresì che siffatte divi-
sioni politiche nè possono nè deggiono togliere la
nazionalità dalmata del gran dottore san Girolamo.
Mentre regnava Zvonimiro, ultimo re della Dalma-
zia, il suo regno comprendeva tutta la Croazia. Ciò
risulta dal congresso nazionale, cui aveva nell'11.*
secolo convocato Zvonimiro [nella vasta pianura di
Konjsko, ora in gran parte posseduta dalla nobile
famiglia Tartaglia di Spalato, dove dai proceri Croati
venne ucciso l'infelice Zvonimiro, il qual orribile
fatto, tra tanti altri nazionali scrittori, ci lasciò de-
scritto il chiarissimo Dom. Zavoreo. Per punire un
tanto delitto, la potenza ungarica mosse con forte
armata contro la Dalmazia, e l'occupò tutta. Risulta
pure che l'arcivescovo di Salona, sino agli ultimi
tempi s'intitolava anche primate della Croazia, ed
i vescovi pure di quelle parti concorrevano ai con-
cilii nazionali tenutisi più fiate a Salona; si è per-
ciò che la giurisdizione di questo primate si esten-
deva sino dove giungeva il dominio del regno della
Dalmazia.
Col sin qui esposto io non intendeva di entra-
re in polemiche cogli scrittori, che l'uno o l'altro
degli assunti difendevano, volli, come dissi esporre
al publico queste mie osservazioni, perchè ove me*-
ritevoli fossero trovate, servano di soggetto ad una
illustrazione di più, e novella prova, che san Giro-
lamo era dalmata, jP. Costantino Boxich*
BEI GIUDIZI! DI SANGUE
NEL CIRCOLO DI C&TTARO.
Parecchi scrittori e nazionali e stranieri ci rap-
presentarono la vendetta qual passione predominante
desiderio, figlio dell'inclinaeione/quantochè a quei
tempi lo stato militare con incredibile celerità apri-
va la strada a posti fhu minanti ed onorifici. Per
tal modo il conte Giovanni ^ittò di mano il brevia-
rio per impugnare la spada.
Nell'anno t$OT entrò ofcme cadetto nel corpo
dei panduri, ed agli 11 di giugno fu nominato dal
provveditor generale della Dalmazia eonte Dandolo
aiutante di seconda classe. In tale qualità, ma ad-
detto con particolare servizio al generale Delzons,
fece pel cqrpo dell' armata Dalmata stante sotto gì
ordini di Marmont la campagna del Ì809 contr
l'Austria, e prese parte in tutti i combattimenti che
ebbero luogo in Croazia nel corso di questa cam-
pagna, nonché nella battaglia di Wagram.
Al termine della guerra, Napoleone personal-
j^ente lo nominò tenente nel, reggimento reale dal-
lato, e poco dopo avendo Marmont qual governa-
tore generale delle Provincie illiriche organizzato i
reggimenti croati, fu promosso il 1* maggio 1810
a capitano aiutante maggiore nel terzo reggimento
dei cacciatori dell' Illirio. Di questo rapido avanza-
mento dovette saper grado alv particolare impegno
del generale Delzons, che avendo scoperto in lui,
giunto appena all'età d'anni 18, un valore spinto
fino all'ardire, e manifesti contrassegni di uno straor-
dinario ggnio militare, voleva scioglierlo dalle pa-
stoie d'un posto subordinato, e porlo in situazione
dj spiegare tutta intiera la forza del suo spirito, e
d'influire alla gloria delle armi francesi.
Nell'anno 1811 entrò il conte come capitan®
in ua reggimento d'infanteria leggiera formatosi a
Gorizia, col quale fece nel 1812. la campagna con-
tro la Russia. Questo reggimento, che apparteneva
al terzo corpo della grande at-mata, restósa Kovno,
ed in seguito non s'avanzò oltre Smolensko. Duran-
te la fatale ritirata dei francesi, il Simonich cade
prigioniero nelle mani dei Russi, e fu tradotto pri-
ima Orel, e poscia a Kasan.
Balzato Bonaparte dal trono, cambiò il servi-
zio francese col russo, e li 11 settembre 1816
entrò acorne? capitano nel reggimento Kremenschuk.
Li 16 aprile 1818 fu nominato maggiore nel 42
reggimento de'^cacciatori, che nell'anno successivo
fu spedito in Gioigi|i per prendere parte nella guer-
ra contro gli»abitanti delle montagne.
Li 10 ottobre 1819 trovossi per la prima vol-
ta In un affare sanguinoso contro i Circassi, e pel
valore ond'ebbesi, a segnalare, ottenne subito dopo
la battaglia l'ordine di san Wladimiro della quarta
classe col nastro. Li 31 dicembre dello stesso anno
prese parte in un fatto d'armi contro i montanari di
Akuha, ed in tale circostanza ébbe morto il caval-
lo che montava. E poco tempo appresso, facendo di
lui la più onorifica menzione i rapporti uffiziosi, fu
promosso a tenente-colonnello.
Alla fine dell'anno 1820 fu trasferito nel reg-
gimento dei granatieri delta Giorgia, alla testa del
quale li 15 marzo 1822 s'impossessò delle trin-
ciere erette nelle gole di Kapidora del dominio di
UÉLDjari-Belakari, dopo disperata difesa da parte degli
jPassaliti. Rimase allora gravemente ferito in un brac-
cio, ma in premio del dimostrato valore gli fu confe-
rito l'ordine di sant'Anna della seconda classe.
Li 16 ottobre dello stesso anno il conte Si-
monich s'unì in matrimonio colla principessa Anna
Amilakwaroff vedova dèi colonnello principe Orbe-
lianoff, molto rinomata per istraordinaria bellezza, è
che anche al presente ne serba le tracce per modo
da giustificare l'idea che si ha della bellezza dellp .
circasse. Li 26 ottobre fu nominato comandante del
reggimento dei granatieri della Georgia, che sotto i
suoi ordini riportò innumerevoli vittorie contro gli
abitanti delle montagne, i quali facevano continue in- '
cursioni in Cachelia, ov' era di guarnigione negli an-
ni 1824—25, ed al principio del 1826.
Allorquando poi nei primi di luglio 1826 Far- *
mata persiana sotto il supremo comando d'Abbas
Mirza, oltrepassati i confini russi, cominciava, deso-»
lare le limitrofe provincie, il Simonich con un debo-
le distaccamento fu spedito da Tiflis alla volta di
Elisabethpol, per inquietare il nemico nelle, sue im-
prese, e tenere in freno la popolazione munsulman^ •
soggetta al dominio russo lungo questa strada. II di-
staccamento comandato dal conte venne successiva-
mente accresciuto di diverse altre divisioni, e perciò
fu posto sotto gli ordini del generale prìncipe Man-
dato ff. E nella, prima battaglia appiccatasi tra i Rus~ .
si ed i Persiani li 15 settembre presso Schamkor|
alla distanza di 30 verste da Elisabethpol, il Simo-
nich comandava l'avanguardia % p mercè i suoi at*
tacchi ben calcolati, ed il valore J de' suoi granatieri,
valore che col proprio esempip fece salire al più $1-
to grado, contribuì non j^co «alla completa vittoria
riportata sopra i Persiani. Stavano questi sotto ili/
comando del principe Mohamed Mirza, quello stes-
so che in progresso di tempo per rimarchevole giuo-
co del,destino fu dall'interposizione del conte, pre»
scelto a Schach ed innalzato al trono della Persia..
Ai 22 dello stesso mese,giunse all'armata con dei