inane vincolo generoso delf amor del
hene e deìr umanità.
Quando a simili braccia sì commet-
tono gP interessi vitali di una Provincia,
essi non possono mancare di un felice
risultato^
Qui però non possiamo omettere un'
inchièsta 5 un nostro desiderio ed una
speranza. Forse vi sarà a cui sappian
male le nostre porole, che ci trarranno
addosso severa censura. Ma le diremo
francamente, perchè è 1" amore del ben-
essere generale della nostra Provincia
che <fee ie suggerisce. ^ '
Nella futura sistemazione organica
dellè scuole reali e smto-reaìi quali sorti
S4)no riservate alla lingua slava, alla
lingua parlata dalla immensa maggio-
Tanza della popolazione dalmata, intesa
da tutti, eccettuato ^iiccolo numero di
forestieri, ièlla massima irafortanza?
^ • Vorremmo che nelP esame di questo
ijnpòrtante quesito s'aveÌs*e sempre agli
occhi innanzi la nostra geografica po-
sizione, i popoli limitrofi, e specialmente
quelli della Turchia, con cui, mercè le
assidue cure ed i negoziati dell'i.r. Go-
vèrno si vanno sempre più avvivando e
distendendo le relazioni di buon intèlli-
geni^a è le commerciali ; ove F avanza-
tesi luce del progresso va apparecchian-
do un vasto campo air industria austria-
ca, una probabilità, che sa di. molta
certézza, di geniale e ben lucrosa occu-
pazione a molti nostri giovani allievi
delle scuole reali e sotto-reali.
. . Fino ad ora la lingua italiana oc-
cupò sola tutto intero il seggio in tutte
le cose, ove si appalesa vita e movi-
inento nazionale, nulla lasciando alla sua
sorella maggiore, la slava, anzi questa
in luogo di .vile schiava tenendo. E con
rivalità, più formidabile perchè meno
palese, mascherata d'indeferentismo e
spesso giunta al plebea disprezzo 'in-
ceppò ogni avanzamento di quella, tac^
ciandola: di misera pezzente, incapace
àgli affari di rilievo, alle idee astrate,
da èsser lasciata air idiota volgo. Ma
il tempo, come ad ogni altro preg'u^ì'^
zio^ che'timnegglò la società, a questo
pure fiaccò la lena; ed i figli di questa
terra anche nella classe colla non più
vergognano far sentir sulle loro labbra
il soave accento materno, e Tapprez-
zano e n' han piacere.
Noi non negheremo alla lingua ita-
liana il primato nelle scuole in Dalmazia, e
ci faremo, incauti novatori, predi-
care la sostituzione a lei della slava:
essa ha messe troppo profonde radici,
ed è benemerita troppo di noi.
Ma desideriamo che la slava, acuì
nessuno ardirà negare nè forza , nè nu"
mero, nè armonia, nè, quello che giova
molto più nelle questioni economiche ^
maggiore attitudine della prima ad esser
vincolo di unione e di amit^izia con nii-
meiosi popoli circostante, non gran fatto
proceduti nella via del perfezionamento
in qualunque senso lo si prenda, desi-
deriam, lo diciamo di nuovo, che non la
sia negletta con apatìa dannosa, e nella
organizzazione delle scuole la sia pa-
reggiata a quella.
Non v' ebbe forse altro ostacolo cosi
potente, che ritardò fin qni l'avanzamento
generale della Provincia, quanto il suo
dualismo fatale nella lingua: barnera
che dal povero mai potè osser sormon-
tata, e mai lo potrà.
Non vVha guari un giornale, par-
lando di altra Provincia come noi con-
dizionata in questo "Sproposito , sostenne
dover la massa ignorante apparar la
lingua della poca classe colta. Mai
questione più goffa fu sostenuta con mi-
nor senno. E per mostrarne F erronei*!
basterebbe dire all'autore di quello scrit-
to : arrivatemi una stella, Signore, »
datemela ch'io me l'abbia.... Tanto
rebbe impossibile al'popolo nostro intera
far apprender la lingua italiana. - *
Non è che si deve pretendere dal popdf
lo , lascialo alle deboli ed esigue sueiof"'
ze, ch'esso col loro loro semplice sussi-
dio si elevi al livello della classe, colt%
nò: ella deve questa scendere al.lw®^®
Afillo II.
mèi
Zfira 1f I>eeeitibro li. 93
# (yh. .•!
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ì'I . i
rAGRONOHO RilCCOfiLITORI
Economia rurale, intento a promuovere in via istruttiva popolare il progresso
* dell'agricoltura ed altri oggetti economici di patrio interesse.
^ Quiesto foglioi,y.ien« reddito e publicalo sotto gli auspici della Società agronomica centrale di Zara
PreiEO d'Associazione; Per Zara, un anno F. 4; per fuori F. 5:16; sei mesi metà dell'innporto..
- ' Igiene. - Sul morso della Vipera. ^ Eco-
nomia rurale. - Sull'impiego dell'orina come
ingrasso nella coltura^ def frumento. - Enologia.
(Continuazione)
-i': 1
Il Molto Reverendo Padre Costan-
^tìno Bozic ci ha favorito li presente, ar-*
tìcòlo., a cui diamo di buon grado luo-
^'i^o nelle nostre pagine, ringraziandone
^sómmamente P esimio autore. ^ Red.)
" / ' Non già per vana voglia di spander
soyr'altri, e mólto meno per hassa
mira di primeggiare, lo che a me non
si addice; ma per puro ed onesto spirilo
^ J^.imitare il comendevole esempio iii tanli
bravi miei nazionali^ i quali di frequente
^ offrono al pubblico degli studiali ed istru-
: tivi arìicoli, che veramente onorano la
nostra dalmata nazione, e precisamente
animano V indefesso e zelante signor Re-
datore dell'utilissimo nostro Giornale Ar
grommo Raccoglitore'^ divolamente pre-
sento io pure un articolo sopra ì\ morso
della Vipera^ che potrebbe essere utile
alla nostra Provincia, doye di frequente
pascono dei casi fatali di tali morsicaliufP
tanto nelle persone, quanto nelle bestie.
Nè solo per fare ciò, che tant' altri chiari
scrittori fecero lodevolmente ; ma com-
metlo alla luce questo articoletto , por-
tando fiducia, che non sarà del tutto
disaggradev(|le, e che ismentìrà la nera
calunnia di un certo tale scrittore biz-
zaro, che senza riserbo sparla a tutto
danno dei poveri cenobili, tacciandoli
come sedenlarj, e dediti all'ozio, e quin-
di inutili alla società, alle scienze, alle
lettere, alle arti .... quando il mondo
saggio ed onesto tutto al contrario, la
Dio mercè, di esso loro e tiene e pro-
testa altamente. Tairto basta ai divoti ce-
nobili. Del resto io non ambisco per
questo mio lavorio altro premio, che di
Sessione straordinaria del giorno
6 aprile,
I. Preso in discusione 1' argomento del
censo fondiario, particolarmente in rap-
porto agli errori corsi nell'esecuzione
dei relativi lavori, e ritenuto che in-
tanto il censimento debba ritenersi in
vigore a norma del prescritto.fu deciso
di supplicare :
а) Che in quanto all'estimo sieno riam-
messi i reclami delle deputazioni co-
munali formate dai maggiori censiti e-
tetti dalle rispettive Comuni censuarie;
б) Che sia prolungato di altri sei mesi
pei circolo di Zara il tempo utile ai
reclami individuali;
c) Che sieno incaricate Commissioni ad
'< assumere nei rispettivi Comuni censua-
ri i reclami invividuali, assistile queste
Commissioni da due ée'maggiori cen-
siti eletti dal Comune;
d) Che in vista al ritardo di 6 mesi o-
ramai avveratosi nell' intimazione dei
libretti di debito censuario, e potendo
questo rilardo ancora prolungarsi, sia
supplicato onde l'imposta arretrata non
sia riscossa "in una sol volta . ma in
ratazioni mensili nel giro di un'anno.
0. Presa ispizione di un campione d'ac-
quavite eslratta dai fichi freschi dal So-
cio Signor Berciò, fu stabilito come
nella seduta precedente sul concluso
111, facendo a nome della Società un
atto di ringraziamento al distinto Chi-
mico che l'offerse.
della marina Mercantile austr o-dalmata*
In un' articolo dell' Austria , riportato
nel N. 3 dell' Adriatico, giornale che re-
centemente ha principiato pubblicarsi a
Venezia, ed importantissimo per la gravità
de'suoi argomenti, ebbimo a veder asse-
rito, che la Dalmazia manca del tutto di
bastimenti a lungo corso.
Pel mondo commerciale, nel
- 114 -
la nostra marina mercantile è ben cono-
sciuta sia per la valentia ed onoratezza
specchiata e proverbiale dei suoi capitani,
come pella bravura delle sue ciurme, tor-
nerebbe affatto inutile il correggere questa
erronea indicazione.Ma lo faremo, onde non
ci venga gittata incontro, da chi nei fogli
impara a conoscere le provincie ed i po-
poli con tutte le cose loro relative, la
taccia d'infingardi, avendo un'elemento
cosi lucroso a nostra disposizione. Se non
che nè in Provincia, nè nella stessa Trie-
ste, ove a bella posta ci rivolgemmo a
persona amica, ci fu dato attingere il
numero preciso dei bastimenti dalmati a
lungo corso, e molto meno la loro por-
tata. Tutto quello che potemmo ottenere
sta nei seguenti dati, dai quali apparisce
che il Circolo di Cattaro ha N. 31 di
detti bastimenti completamente armali da
capitalisti nostri nazionali, mentre pel N.
di 8 altri hanno concorso in ragione di
2[3 3[4 lj2 1[3 dell'azioni. Il Circolo di
Raglisi esso pure ne ha il N. di 22 ap-
partenenti ad armatori del tutto dalmati,
e N. 5 di armali in società con esteri
Del resto, ciò che ci consola e lu-
singa di una ottima influenza tanto sullo4
stato economico quanto sulla condizione
morale del nostro paese, la nostra mari-
neria da qualche tempo è in sentito ac-
crescimento: lo che proverebbe che non
tutti i doni offertici dalla provvidenza éo-
no da noi negligentati. E se la procede
di questo passo ; se alle nostre relazioni
commerciali verrà concessa un'estesa mag-
giore 5 non dubbitiamo che non l'attenda
un'epoca gloriosa, come quella di cui ora
abbiamo i soli monumenti istorici. È vero
che la navigazione dei vapori sarà un*
fortissimo ostacolo in ciò; ma chi sa che
un giorno non finiscano le nostre tenden-
ze separatiste, disgregatrici ; che non su-
bentri loro un principio armonico di u-
nione delle jforze 'singole nelP interesse
comune, elemento essenziale alla buona
riuscita ia ogni maniera di impresa: chi
sa che anche in Dalmazia non si for-
mi col tempo una società colla mira di
Anno I. ZARA, Sabbato 42 Ottobre >1867.
CO.-SDIZIO-SI n-ASSOC.
l'i-r Zara nnnui fior. <5 w le Provincie » 7 Il Scnicsti'e ed il tri-iiic.stre iu proporzione. Un numero separalo foldi fi. Gii abbonamenti per Zara si ricevono dal librajo \Vodìlziia.
Esce il Mercoledì ed il Sabbato
%. Gl'importi Vdi dona-
to, gruppi od asse(;ni.
/si ricevono direttaiuc-n-
te dalla Redazione del
giornale.
Le lettere non oITran-
cate saranno respinte.
I manoscritti non .«i
restituiscono.
jtk
i:
mm\ MIEI GOLE^'DÌSSni!.
La Trappola non e più!
Il Dalmata ve lo ha dello, ma è necessario ch'io
ve lo ripeta: la Trappola non è più!
Il mio povero arnese fu fallo in cento pezzi.
E se di ciò non piangi, di che pianger suoli?. . .
Ma io anziché abbandonarmi alia disperazione, al sui-
cidio, mi armai di santa pazienza e mi feci loslo ad
ispezionare ben bene i rimasugli di lanla rovina, per
vedere se vi era modo di riparare al guasto; mi per-
suasi di sii poiché fra i rollami trovai il laccio inlallo
e fumante ancora dell" ignobile sangue di due grossi
sorcioni, vulgo Panlsgane, le quali, nella frella e furia
deli" arabatlarsi per fuggire d«illa Trappola, hanno la-
scialo. una la coda variopinta de'colori che segnano
le fasi della sua vila; e 1" allra, il famoso crine che
cangia anch'esso a seconda delle stagioni e dei venti.
Le furbone hanno tradito chi dà loro da man-
giare?.... hanno voluto corbellarsi di me?.... si
sono ribellate al loro padrone? ... Ah si!? ... . ed il
laccio, povere le mie beslioline, non lo calcolate per
nulla?
Ma lasciamole ire in pace fin che possono, e par-
liamo di noi.
lo vi avverto adunque, padroni miei colendissimi,
che d" ora innanzi funzionerà il solo laccio, servitene
fmo a che avrò riasertata la mia macchina, i di cui rotta-
mi ho già raccolti e spediti ad un accreditato fabbricatore
moderno, il quale impiega pochissimo tempo nel ri-
|)arare i guasti,;e vi caccia certi chiodi, che vi pro-
niello io, non basterà la forza dì 300 Pantagane per
salvarsi una volta che saranno prese.
Eppur ve lo giuro sulla mia fè,
Che sol chi li vuole, ha i lacci per se.
U FIOR DI LETIEMIf i MODERll
Pregali, inseriamo la seguente lettera originale,
scritta da un Possidente ad una ragazza.
Carissimo mio e Irinseco amore.'
Ti do notizia che di salute mi trovo bene cosi tengo per fermo c sicuro lo slesso sarà di te mio dolce e viscerato amore. Sappi pure e perdonerai n un tuo amante se io non ti averti che andai al Teatro col mio amico, perchè era una cosa inpensala ed io pure non ero certo, ed non ebbi a nissuno chi li do-vesse averlire; ma con tulio ciò credo che non si prenderai |)er male. Sebbene molto mi fu dolente il non aver polulo favellare teco con ciò conobbi il pedi-mento laqui. So peraltro fossi qualche strallagoma av-verliinelo pure a ciò che io mi regali; perchè a me piace in tulle le cose al vero e non il nascondiglio come sempre ti comisi. Spero che d'ora in poi farai quel che io li dico che tulle le cose così anderanno a dovere.
Viscerato amor mio io li scriverei più a lungo ma le circostanze non me lo permelono, con tulio bramo a sapere il tuo sialo di salale mediante due righe di riscontro acciò che il mio cuore resli con-solalo. Ti prego di far il mio dovere appresso i tuoi si-gnori, e specialmente di riverir mollo la lua signora, la quale ti ama tanto e gode e si compiace della lua compagnia verso i suoi bambini. Così mio caro e con-solalo amore ti dò niile e poi mite bacci d" amore e li siringo nel seno mio. Attendo una pronta risposta Addio Addio Addio è dalo dal cuor mio non abbando-narmi giammai, e non dimenticarle di chi li ama il ciel li dia ogni bene e tulio eiò che desideri Addi» Addio unico del cuor mio non abbandonarmi.
n tuo fedel amante F B
sino alla tomba.
«cugini e nepoti per questo titolo salgono a quattro
uì gradini della gran sala burocratica^ mentre certi
«poveri diavoli che non sono . . .
«Zucconi^ mellofti^» continuò il venditore,
«fortunati di esser cugini o nepoti, saigono la scala a
«volo di lumaca, e rimangono inchiodati negli ultimi
«posti! Peraltro qui da noi in Dalmazia le cose non
«le succedono mica così... Noi abbiamo delle ....
«Zucche,» gridò il venditore,
«persone che sanno quel che si fanno e .. >.
«Zucche! zucche! zucche! belle zucche!» uscì fuori
il venditore con tale una nota da caprone, che mi
ruppe quasi il timpano.
Al diavolo le zucche ed i melloni, gridai. Non la-
sciano neppur che si sfoghi nn idea filosofica.
I JliSSIOilRI,
Rataplan,. rataplan, rataplan il tamburino
suona a raccolta dei dispersi membri per consigliarsi
sulla sofferta sconfitta. Accorre don Zanetlo sul mulo
dell' Apocalisse, e passeggia la piazza di Gurzola in
aria dottorale con don Fulmine, battendo entrambi il
tacco ferrato, ed al rumore che fanno sembrano due
caporali di quel bel paese. Si unisce ad essi d r Zuc-
chetta^ Spaleta dairocchio ilerico-, il P. Scarcavallo del
pello irsuto, e l'imbecille sdrucciola p La con-
grega è completa. Volta, e rivolta i numeri 76: 77 e
79 del Dalmata^ il capo complotto pronunziò la gran
sentenza^ cari miei, Meneghin, don Gofiìone e d r Zuc-
chetta furono molto imprudenti, le dissero grosse, dis-
gustarono il fiore dell' intelligenza ^ la pubblica rappre-
sentanza^ r intiero paese. La nostra sconfitta è grande,
ci siamo attirata l'esecrazione di tutti: convien battere
ritirata verso la campagna. Ci resta sempre il co-
raggio^ la sfacciataggine-, la facilità d'inventare:; il viso
foderato di poppio damerino a vernice^ siamo tulli ec-
cellenti minatori: all'opera dunque la nomina del d ...
forese e prossima. Qui non c"è allro che proclamarsi
diffensori dei contadini, è facile il dar loro ad inten-
dere i Don .... Don .... Don sono potenti presso i
contadini.
Avanti dunque!... Rataplan! rataplan! rataplan!
.... il taoìburino precede la banda ma per
dove? .... Per i villaggi dì Lombarda, e Zerrova.
Il Don per primo atto, raccoglie i poveri villani
e li consiglia di separarsi dalla comune di Gurzola, e
di chiedere la propria indipendenza dichiarando di
far guerra alla citlà. E don Fulmine salita, la bigoncia
proclamò la libertà, Teguaglianza-, e disse: I cittadini
sono vostri nemici, ma voi sarete illustrissitni al par
dei cittadini, se farete come noi vi consigliamo.
Uno di voi sarà l illustrissimo sior podestà; ed
altri quattro gì" illustrissimi siori assessori. I beni della
comune di Gurzola vi sono comuni, e li dividerete . ..
comunismo ! . . . .
Alla promessa di tante belle cose i poveri villani
accettarono la grande proposta; e presentarono ieri
alla comune il grande alto di emancipazione ... E le
spese chi le pagherà ? I cittadini sono possessori della
metà delle terre; essi pagheranno le spese; risposero
quei furbi. Poveri commedianti .... e dico poco!
Don Z . . . . chiuse la seduta coli' assicurare i vil-
lani che la Santa; la trojedna \i farà pienamente fe-
lici Infelici ! Il lavoro ed il non lasciarsi min-
chionare sia la vostra meta e tutto andrà bene.
I Don Basili ritornarono mutoli, mutoli in città.
UN MODESTO.
Sulla balaustrata della chiesa di San Biagio a Ra-
gusa fu trovato affisso il seguente appello ai cittadini,
fatto da certo Leopoldo Czàppik per essere nominato
nelle nuove elezioni a consigliere comunale.
Prostratevi nella polve voi tutti, o miserabili fac-
chini e massere, che per ore ed ore del giorno state
con diletto ascollando i racconti delle mie avventure e
delle mie prodezze: inchinatevi ed umiliatevi a me
dinanzi, voi tutti che en passant vi compiacete dei
miei eterni diverbi coi poliziotti e delie gherminelle
che fo a Gate Primavera ed alle brenesi : giù i capelli,
vi dico, e le berrette; alfa, bassa, e minuta gente; tri-
butatemi gli onori ora che ascendo la tribuna.
Io sono il Puldo, il gran Poldo per inconcusso di-
ritto di nascita e domicilio concittadino e comunista vo-
stro. Se noi credete ve lo provo. Guardate il mio Na-
tional: alla rubrica ^'gebiirlig,, non vi leggete "aus Ra-
gusa?,, — ergo io sono Raguseo: ed all'altra rubrica
non vi leggete "-aus Dalmatien,, ? — ergo son Dalmata.
In qualità quindi di Raguseo e di Dalmata, o come fu
già deciso in via fcicH da una certa assemblea e da voi
altri pure in qualilà di Raguseo Groato posso ben pren-
per parte a tutti i pubblici affari: e molto più in oggi
che, oltre d'essere in pieno possesso di tulli i diritti po-
litici, sono anche maggiore censito, per essere divenuto
r erede dei cenci e dei fiaschi di spirito di Vica Anižina,
e per essermi stata fatta (come già successe anni fà per
altri onde comprenderli nei censiti) per formale con-
tratto di vendita — senza ch'io però mettessi fuori quat-
trini — la cessione d'una porzione dei beni che una
volta appartenevano ai defunti Marco de Bosch ed a
Giove Befferà, (che Iddio li abbia in gloria!)
Quando voi pertanto, o miei luslrissimi gospari e
untuosissimi messeri, nelle nuove elezioni agitando, per
fas e per nefas supplanferete 1' attuale consiglio, non
mancate, veh! di mettermi in capite nelle liste dei candi-
dati d' uno dei due primi collegi elettorali.
Io, se sarò, come non dubito, eletto, vi prometto alla
prima radunanza di arringare colla mia facondia oratoria,
i miei onorevoli colleghi per persuaderli di scegliere a
podestà persona che noi potremo menare pel naso come
meglio vorremo.
Appena installato il podestà proporrò ad asses-
sori quei gospari e messeri che sapranno fare lut-
to quello che loro tornerà più grado, riservandomi ben
inteso il diritto di essere del bel numer uno nella
carica di sopraiiifendente all'annona, nella qual carica
saprò |)restare per ine e per voi i più zelanti e proficui
servigi. Visiterò almeno dieci volte al giorno tutte le
bettole e le barche di vino, e se assaggiandolo non lo
troverò purissimo ed a buon prezzo, lo sequestrerò senza
remissione e lo depositerò nella mia cantina, fintantoché
sìa rabFevialivo dì qualche Maddalena, è il più irre-
quieto e disaltenlo della scuola ^ brusa 1' ore, corre per
le piazie a veder ballar i cani e a giuncar a slippe
coi ragazzi, getla i caranlani e compera il sugo di Li-
querizia e le frillole dal Jose, e cominelle mille im-
pertinenze con lullo il mondo. Ah 1 assicuro che non
c'è niente da sperar di buono, o 6e/o, da questo disu-
tìlaccio.« E non vi pare che quel »Sacerdote ragionasse
bene, e" profetizzasse meglio? Adesso cari amici, quelle
mirabili potenze dell'anima non sono tré, ma cento e
tré; e la Frenologia v'insegnerà che c'è l'organo
della fìlogenittira^ P organo della venerazione^ P organo
della procreazione^ l'organo della santa e salutare pa-
ura del demonio ecc. ecc.
A birbo di dottore ! e P aquisiviià notata tra le
prime nel trattato di frenesia perché «laliziosamente
sorpassarla? perchè tacere delforgano il più perico-
loso nel cervello d'un dotto, abbisognevole d' essere
ben bene sorvegliato, se no svilupandosi un pò più, fi-
niremmo noi poveri ignoranti ad esser tirati fuori dal
letto in camicia e resteremo nudi.
Insomma, caro dottore de miei . . . stivali una volta
c'erano pochi dotti e poche o nessuna accademia, nes-
suna Matiza e nessuna Čitaonica, e fiorivano i grandi
medici, i luminari della giurisprudenza, gli Astronomi
famosi, gli oratori, i poeti e gli artisti immortali.
Adesso cogli elementi a centinaia, con le facollà
dell'anima a migliaia, coi dotti in numero infinito che
imperversano fra tutte queste bestialità, con la frane*
fica chimica, con la statistica delirante, con T ener-
gumena politica, con le cento e una filosofie, sì è in-
trodotta la confusione di Babele in tutto lo scibile, ed
ogni mascalzone vanta le proprie vedute scientifiche e po-
litiche, e parla e scrive spropositi da cavalli; e spropositif"
da cavalli ci regalerai tu stesso nell'apoteosi dei tuoi il-
lustri, collo scopo scellerato forse di mettersi nella via del-
l'imitazione; ma noi che abbiamo il senso pratico del
mondo, di quel mondo che costantemente cammina nello
stesso modo, e non alterò mai le proprie stagioni, e
abbondò sempre di pecora e lupi, di furbi e di gonzi,
di savii e di matti, e dove i cani sempre continueranno
a fiutarsi a vicenda; noi anziché infuriarci contro le
novità perniciose e matte ci accontentiamo di deridere,
perchè diffatti e un bel divertimento il vedere come lo
scienziato del giorno si mostri tutto ingenuo, sponta-
neo, inconsapevole di se stesso a guisa dì certe virtù
primigenie, la verecondia e l'innocenza, è corroborato
dall'altra virtù istintiva e naturale, la presunzione, franco
e sicuro si mostra nell'arduo camimno.
(ContinnaJ
ME PAROLE SUL SERIO AI MIEI SIGNORI ABBONATI.
Signori abbonati carissimi che non pagate, io
scommetto che avete presi per una satira, per una fa-
cezia, tutti gì' inviti che vi ho fatti fino ad' ora per ÌQ-
durvi a pagarmi l'abbonamento? Ma io vi avverto, e
sul serio, che ho parlato seriamente, e che le facezie
e le satire vengono poi.
Scusate se parlo chiaro, ma al terzo mese dell'ab-
bonamento, mi pare, che ciò mi sia un tantino per-
messo.
PRESI il LACCIO.
Anche Matcovich c'è caduto questa volta; e arri-
vato anche per lui il suo turno; bene gli slà! preso
al laccio dal Nazionale, e da un Frate di Sign! Im-
pari il Matcovich che per esser buon cristiano, il suo
giornale non deve pubblicare gF innocenti diffellucci
di qualche singolo prete o frate, e molto meno incul-
car loro di seguire l'esempio, e di obbedire agli or-
dini di rispettabili Vescovi e Provinciali,
E per il dovuto rispetto, che il suo giornale pro-
fesso mai sempre verso la Chiesa e verso i capi, Mat-
covich, redattore del Dalmata, fa credere di essere
miglior cristiano che non Io sia stato il collaboratore
del Giornale per tutti.
Questo è già un passo avanti. Matcovich vada a
Sign, si ponga sotto la direzione del Padre Griibcovich
e consorti, non disprezzi le untuose loro ammoni-
zioni, che così fra breve lo vedremo in coccola, zoc-
coli e saio a frequentare tutte le fiere, cantando canzo-
nette, offrendo il braccio alle bettoliere •. . insegnando
a ballare il Kolo alle giovani citladine, pagando Pa-
quavita a giovani spose e serve; lo vedremo frequen-
tare misterioso le contrade Pod Quaterim, Pod Gian-
covam Glavizon^ U Borlčevaz^ U Kalu Ferličkii^ ,
Krixanovoi Kući^ e finalmente lo sentire intuonar in
lingua russa nella chiesa parocchiale le litanie Gospo-
din pomjeluj.
* *
Nella casa del nobile signore N. IN. a S. ... mal-
grado le proibizioni della setta, pur si continua a leg-
gere il Dalmata, e per non contrarre il contaggio, toc-
candolo con le dita, il nobile pater familiae lo ag-
guanta con una tanaglia ad hoc^ madama e madami-
gelle colle cesoje.
Per evitare tanta molesta formalità, non sarebbe
egli meglio profumare quelP appestato giornale con
granelli di ginepro di cui vi è tanta abbondanza alle
Castella?
SCIARADA.
Dormo, e mi sente ognuno nel primiero;
Legar, cucir e intorcer col secondo
Posso, e ciascun mi grida nell'intiero:
Bestia di te peggior non v'ha nel mondo.
Spiegazione della sciarada precedente
DA — NILO.
Tipografia di S. Anich. VALENTE DEFRANCESGHI proprietario e redattore responsabile.
vesse veduto, non avrebbe polido « meno di conCessdre, €he Tra quella ligura e gli <«-si vi j'osstì una gt'ailde analo}?ia. Ma ora che lo conoscete, proseguiamo. Chi siete? Che cosa Volete da me? dissidio, Chi sono? Un vostro bene l'atto rei. .Ohe cosa voglio? Il vostro bene I . . ^ Spiegatevi meglio caro mìo, poiché io non vi com-prendo. — Ebbene, mi comprenderete quando avrò fallo la vo-^ta Ibrtuna ... — Ed in qual modo volete voi fare la mia fortuna, se voi stesso siete tanto povero da non avere di che coprirvi ? — L'abito non fà il monaco, la mìa denna. Io, io solo posso darvi tanto da larvi felice ab eterno. — Ho capito, siete un povero pazzo. Andate ali" 0-spedale 1 . . . — lo pazzo ? . . . Oh, che diavolo mi tocca a sentire? ... Pazza voi, se non mi darete ascolto!... — Oh insomma, compare dal muso di bestia! volete farmi il grande piacere di non rompermi più le sca-tole, e di andarvene in Isanta pace!? ... — Me ne anderò solo allora quando vi vedrò com-presa delle mie buone disposizioni per voi-, poiché io vi amo come una sorella. — 0 sudicissima figura! E chi è cne ti vorrebbe es-sere fratello? — ISon insultare, e pensa che da mè tutto ti può ve-nire^ tanto il bene quanto il male ^ essendo io solo i" arbitro de' tuoi destini. — Dimmi, la durerà ancora un pezzo questa storia. — A queste parole e' mi venne più d" appresso, e con una voce melata che era in contradizione coli'orrida sua figurr soggiunse: Vuoi tu esser ricca? — lo m'hò quanto basta, e non desidero di più. — gli risposi. Vuoi tu il benessere de' tuoi figli ? — E che puoi tu su i miei figli? — (Io aveva dei figli^ guardate mò quali stravaganze si riscontrano ne' sogni.) lo posso educarli, farli ricchi, potenti, utili al loro paese ^ posso in una parola, fare tutto per loro ^ purché essi vogliano seguirmi. — Che? Dovrebbero convivere teco? Nò, mai! — Pensa al brillante avvenire ch'io loro preparo!?— iNò, ti ripeto!... lo non lascierò certamente i miei padroni. — Ma chi ti dice di dover lasciare i tuoi padroni? Tu potrai rimanertene sempre in santa pace qui con essi^ ed avrai qui ancora i tuoi figli. Io non sarò che il vostro protettore. — Senti caro il mio bel muso da . . . Va via di qua colle tue promesse, colle tue protezioni, altrimenti fi-nirai per farmi perdere quel po' di pazienza, che è stata sempre la mia virtù.... — Sicché^ lù rifiuti? — Ma certamente? — E perche ? — Vuoi proprio chete la dica? Perchè m'hai l'aria d"un pitocco imbecille! — Bada!? ... Io son da tanto da farti sparire la ter-ra sotto ai piedi!? . . — Eh via^ babbeo d'un pecoraio! — Non ebbi appena pronunciale queste parole, che al di fuori dell'uscio si fece intendere un rimbombo
come quello di un lontano cannone, ed una immensa nugola di fumo venne ad invadere d un tratto la stanza. Il fumo si diradò a poco a poco, finché scom-parve del tutto. Allora mi vidi d'innanzi un signore Vestito air ultima moda. Un belT ometto se vogliamo; ed il suo fare grave e dignitoso, un gingillo che gli lùcicava sulla marsina, ed altre cose ancora, palesa-vano in lui un signore d' alto affare, un gran dignita-rio. 0 che so io. 10 naturalmente era attonita per l'accaduto, e non sapeva più cosa dire ne fare, molto meglio perchè non mi vedeva più d'innanzi quella brutta bestia che momenti prima ancora si studiava di tediarmi. 11 signore finalmente s' avvanzò con passo grave fino a mè ^ alzò una mano all' aria, e la posò sulla mi« spalla, dicendomi : Così va bene ! ... Sono molto content o di voi !. Lavoro e pazienza, che tempo e paglia non manca! — GrazieJ Balbettai io allora guardandolo come i-stupidila. Chi era, chi non era, io non Io sapeva; 'ma sco-statosi d' alcuni passi da me, la manovra della nugola ricominciò, e di mano in mano che il fumo cresceva il signore cangiava di fisonomia, e dietro alle mie spalle una voce mi diceva. Prega quel signore, affine il tuo padrone abbi» a ricordarsi di te; Egl' è il suo nuovo segretano.... — A tale intimazione io cadi in.ginocchio e pregai; ma non sapendo più che cosa mi facessi, anziché pre-gare quel signore, balbettava una preghiera al mio Dio perchè mi solevasse da tanto guajo. Stetti in quella positura per non sò quanto tempo, quando rialzando pian pianino il capo vidi che il fumo riprendeva il noto esercizio, ma questa volta di mano in mano chc si dilattava, prendeva figura di nugolette d' oro e d' argento. Indovinate mò che cosa ho veduto in mezzo a questo apparato di maliarderie? Un Santo! Sissignori; ed era proprio quel povero diavolo di Santo che fu lapi-dato. Il fatto è che il santo stava in atto di salire al cielo, ma guardava al basso, e coli'indice della mano destra segnava una figura che gli stava a' piedi. E sapete chi era la figura? Il mio povero pecora-jo, che legato ad una colonna e colle mani giunte chiedeva pietà al santo. Le grida di quel disgraziato erano sì strazianti, e mi ferirono talmente il timpano, che mi svegliai tuUo impaurito; né mi rassicurai, che quando vidi l'Anniza che mi portava il caflié. r. D,
Affisso agli angoli della città di Macarsca fu tro-
vato il seguente manifesto:
HI MIEI FEDELI SUDDITI JUNKER DELLE CITTÀ ^
SORELLE DI ALMISSA E MiCiRSCA.
Con Nostra grave sorpresa abbiamo letto nel N.
67. del periodico-Il Dalmata- come: alcuni inprudenti,
che ritengo senza fallo autonomi, abbiano avuto l'ardire
di denunziare al pubblico le stordistezze commesse dai
Nostri sudditi Junker di Macarsca, senza che in pre-
Ecco la situazione.
Uno stomachevole servilore vuole maritarsi, ma
«cmbra che ia sua bella sosjtirat<i, ed i p»i(lroni della
bella abbiano in quel servizio un tal malrimouiu.
I fondi sono in ribasso.
I fondi sono in rialzo.
I fondi degi' impiegali sono in ribasso assoluto in
causa del libretto del prestinaio, del salsamentario e
del macellaio.
' Questo afiafe mette in seria apprensione, poiché
minàccia di compromeltere il... . credito pubblico.
Si attende con qualche ansietà la nolizia^ che un
certo tale spiantalo abbia guadagnalo il terno che sta
aspellando da un pezzo per. .. . soddisfare una volta
almeno, al famoso ^ pagherò domani,,.
La moda abolisce le code e prescrive, che d" ora
innanzi le forme sieno decentemenle visibili.
La vita del possidente è una vita invidiabile.
La vita del giornalista è una vita da cane.
Ecco la situazione!
Jlla redazione del Dalmata comunichiaì-no la seguente
PROTESTA.
^'oi due illetlerali Toni e Piero, figli di due onesti
sebbene poveri quondam osiamo elevare una prolesta
niente meno che contro un ricercatissimo patrio giornale.
Lunedì passato ritornavano molli signori dalla
fiera di Salona, e tra le altre cose portavano seco dei
fischieiti che avevano acquistati colà al prezzo di due
soldi l'uno, e che qui in Sign vendettero a Ire.
Noi due pure avevamo fatio acquisto di uno di
tali fischieiti. La sera del giorno stesso ci venne il
ticchio di provarli, nelle nostie case, ma le nostre
signore Mamme dichiararono di avere rintronate le o-
recchie a sufticienza e ci cacciarono di casa consi-
gliandoci di fare a cielo aperto i nostri musicati
esperimenti.
hi sulla piazza e nelle contrade di Sign trovammo
che molli altri ragazzi possessori, come n(»i, di simili
fischietli e contrariali, come noi, dalle proprie famiglie,
dilettavansi nel esercizio dei preliminari studi musi-
cali. Incoraggiali dal numero noi seguifrwno il loro
esempio, e da [)iazza in contrada, da cantone in can-
tone allegramente fischiettavamo senza prevedere la di-
sgrazia che slava per coglierci. Ad un tratto ecco la
forza armala di lucile e baionetta interrompere il no-
bile esercizio e affidarci rispeltosamenle alle paterne
cure di questo ctislode carcerario, al quale noi rin-
graziamo rafleltuosa sorveglianza delle nosire persone
])el corso di trentasei ore, trascorse le (piali oggi alle
due ore p. m. fuuuuo gentilmente licenziati da questa
Inclita l K. Pretura.
IN<»n appena che ci fu concesso di respirare P ària
libera domandammo al terzo, ed al quarto quale nòstro
trascorso abbia dato motivo ad usarci una tale pre-
ferenza mentre non sappiamo che esista una legge
che punisce il fischiare, nè un. avviso di una pubblica
autorità che vietasse il comercio e l'uso di tali fi-
schietti. Dal carcere abbiamo poi saputo, che la fi-
schiettante musica si è ripetuta ieri a sera malgrado
le opposizioni dell' autorità e della gendarmeria, non
solo dai ragazzi popolani come siamo noi due, ma
pure da persone del ceto civile, perfino da signore e
damigelle elegantemente vestite.
Fummo assicurali che P articolo pubblicalo nel
Dalmata del 7 settembre datato Sign, Ti agosto sia.
stato il motivo del nostro arresto, che quel articolo
abbia fallo menzione dei cinque nostri preparandi
maestri, che la fischiettata armonia sia stata inlerpre-
tata quale una dimostrazione in disdoro di queste
perdute patrie speranze; e che tale fatto sia stalo qua-
lificato con tutto quel rigore che merita T ollesa alia
moderna nazionalità.
Noi due poveri popolani assicuriamo il collo pub-
blico e le Inclite Autorità di non avere letto tieuimeno
l'articolo del Dalmata, per il semplice motivo che non
sappia.'uo leggere, di non nutrire il minimo rancore
verso i cin jue signori preparati maestri, tanto meno
che ci consoliamo veder C(Mne costoro nel corso d un
anno mutartnio le loro popolane berrette e le loro na-
zionali giacchette, in cappelli e soprabbili che costu-
mano portare le persone di sano criterio.
Innocenti quinili come siamo per il fatto, ed es-
sendo la sola redazione del Dalmata causa delle nostre
soli'erenze, contro di essa sola protestiamo e lucro ces-
sante e danno emergente, cioè:
Per Irentasei ore d'arresto ciascuno, ad un
sol io r ora . . . . s. 72
Per paura soii'ert:» lutti e due, a soldi dieci
ciascuno 20
Per due fischieiti che ci furono sequestrali. „ 6
Totale „ m
I q^iali soldi 98 noi ripetiamo dalla spettabile
redazione dei giornale il Dalmata nel termine di giorni
14, trascorsi, i quali senza effetto noi pronietliamo di
insinuare a quesla I. R. Pretura *) regolare petizione
stesa e firmata dalirincomparabile d.r IVleliiluo in punto
di pagamento di soldi 98, oltre a ciò dei censi al
corso njercantile del nostro sor Stipe, e finalmeale
delle spese di lite come lo vorrà specificare 1 esimio
sior Kosto.
Sign, ii setlembre i8G7.
Toìii e Piero.
CERTIFICATI ALLA TRAPPOLA.
Da San Pietro dolici lirazza ci pervenne il seguente
atto di ringraziauìeiito coperto da 1G7 firme, nonché
1 altro del Comune di Dernis:
Spettabile Bedazione!
Il Dalmata non poteva farci dono più gradito, che
regalandoci nel suo uro 71 del 4 corrente il vostro
*) Si prevengono i .signori Toni e Piero che all'uopo dovranno in-
sinuarsi iioa gi:i «lui, ma all' 1. R. Pretura Urbana di Zar», foro coinpr-
teute delia redizioae dei" "Dalm<»ta„ da impctirsi.
Noia della redazione.
Anno I. ZARA, Sabbato 21 Sottembre ^867. N». 4
eOjNlHZIOM D'ASSOC.
Per Zara annui fior. 6
le Provincie » 7
l! Semestre ed il tri-
mestre in proporzione.
Un numero separato
soldi 6.
Gli abbonamenti per
Zara si ricevono dal
librajo Poletti.
Esce il Mercoledì ed il Sabbato
Gì' importi di déBa-
ro, gruppi od assei^ni.
si ricevono dii-ettameii-
te dalla Redazione d.'l
giornale.
Le ieltere non affran-
cate saranno respinte.
I manoscritti non si
restituiscono.
I PMFEÌ! DEiiliA CClflGii BifiW.
É scherzo od è follia
Che da quel labbro uscia :
IHa come fa da i-idere
La lor credulità !
La sera del 8 corr: un padre inquisitore in com-
pagnia di un professore (sic) dell'Università di Rlenuk,
che andrà in altivilà col futuro regno della Jugoslavia,
arrivarono in Vergoraz per inquirire contro quel bir-
bone di corrispondente del Dalaiala, che ardì di pub-
blicare il contenuto di un certo programma, facendo
perdere cosi la ciarlatanesca influenza dei popi.
Discesi al palazzo, furono introdotti nelle sale di ri-
cevimento dalla zolla Borovkusa, ove si fecero loro gli
onori.
Furono serviti di calìe dalla profetessa vecchia
Malussa, colla quale il beverendo aveva impegnalo un
discorso in materia di profezie. Giunse allora la pa-
drona di casa, vedova passata in seconde nozze, e ve-
dova da quattro anni del secondo marito vivente; dessa
era accompagnata dalla sua prima damigella, una se-
conda Borovkusa, madre di un bambino che non co-
nosce il padre. Dopo scambiati i complimenti d'uso
si rinnovarano le domande alla vecchia Matussa sulle
future elezioni, sulla distruzione dalla faccia color di
terra del suddetto corrispondente del Dalmata, e sulla
prolificazione della consorte del professore: La vecchia
profetizzò essere moralmente impossibile che D. Mio,
riesca a deputato, e che meglio sarebbe per lui di
uon impacciarsene più affallo^ che egualmente diffìcile
sarà di distruggere il corrispondente del '^Dalmata,,
mentre contro quel demonio non valgono nè esorcismi
nè verghe magiche, perchè porta sempre nel seno di
quella certa erba che Marte diede ad Ulisse nell'isola di
fata Alcina, erba che aveva la virtù di rendere impotenti
il veleno e la verga magica di quella fata contro il Re
d'Itaca e suoi compagni, motivo per cui da quel mo-
inenlo la fata Alcina cadde in disgrazia. In quanto poi
alla prolificazione, rispose che invece di esorcismi
sarebbe meglio rivolgersi a qualche fabbrica Inglese
e provedersi d' un buon stantuffo da macchina a va-
pore.
Indignato T inquisitore e la padrona di casa di tale
infame profezia, cacciarono la maga fuori della sala.
Ecco infraltanto che si vedono comparire dinanzi
quattro dotforoni gobbi, o vamipri della compagnia
Bella con alcuni seguaci; riconosciuto il numero legale,
furono chiuse le porte e dopo breve discussione sulle
teorie di Marco e Tadia, detto e fatto fu deliberato il
bando contro il suddetto corrispondente. Ma siccome
non vi era presente il Dittatore, che doveva contrasse-
gnare la sentenza in prospettiva, così fù prorogata
l'intimazione del bando.
Abbiamo dato ordine, che allorquando sarà intima-
to ci spediscano una copia per pubblicarvela subito,
lettori dilettissimi, affine conosciate voi pure il nome
di questi terribili Attila che tengono sospesa sul nostro
capo la spada di quel buon diavolo di Damocle.
I mmi.
Dimmi il tuo nome ed io ti dirò la patria tua.
Hugo.
Nel meraviglioso congegno che costituisce la mac-
china sociale ben poche ruote esercitano tanto neces-
saria e visibile azione, quanto la grande ruota che
rappresenta la fama dei diritti e dei doveri ereditari.
llEll E m ÀLTRO.
Ci si comunica da Spalato un fatto colà avvenuto
giorni or sono al caffè Trocoli.
I fratelli T di Sign, figli dell'ex fischialo,
in unione a certo Niccolò C , pure di Sign, si
trasferirono a Spalato per diporto, o ctie so io.
II Niccolò G. .. . è quel tale che dal Dalmata fu
battezzato col nome di Krsni Nicco^ o Liepi Nicco^
perchè l'anno scorso l'individuo in questione appose
la sua firma in un ricorso contro il proprio zio ex.
podestà B. . .. nei seguenti termini : Nicco K
sviedok na krjezu, il che tradotto ad literarn nel nostro
idioma significa: Niccolò G.. . . testimonio sulla croce;
e così da quel momento tutti lo chiamano il crocifisso
Niccola.
Questa circostanza poi non c'entra nel fallo che
esponiamo al lettore, e se lo abbiamo esposto fù uni-
camente per fargli conoscere l'individuo di cui si parla.
I tre amici sedevano ad un tavolo del caflè Tro-
coli ed appiccarono discorso con un tale nostro amico
che stava loro vicino, ma che noi non nominiamo per
rispetto a lui e ad altri motivi.
Passavano in quel mentre per di là tre membri
della commissione sanitaria, ed il nostro amico ce-
liando e conoscendo il colore di que'tali si lasciò scap-
pace: Se tutti i membri di questo mondo ecc. al che
il terribile Niccola crocifisso credendosi provocato dalle
parole e dallo sguardo del nostro amico, saltò sù gri-
dando: se lutti gli annessionisti fossero un'annessio-
nista solo, oh che grande annessionista da sputarvi a
lutti in sulla faccia. Non avesse egli mai pronunziate
queste parole, che quel rinomalo umorino del nostro
amico gliene disse tante, ma tante, da far perdere Tapetito
a quel povero diavolo per almeno un annof, la frase
mulo di qualche croato era l'apostrofe d'ogni nuovo di-
luvio, e fu proprio un miracolo che il nostro amico,
forte ed impetuoso com'egli è, si sia Iratlenuto dal
gettarlo nel mare. Uno dei T che volle intro-
met ersi nella facenda s'ebbe e'pure la parte sua.
Allora il povero Niccola crocifisso, pieno di paura,
confessò d'essersi lasciato correre la lingua nella suppo-
sizione che Io si avesse voluto insultare nei suoi sen-
timenti; alla quale dichiarazione saltò sù il nostro a-
mico dicendogli: da quando la diedi a Bàlia non la
vidi più maij poscia rivolgendosi a lutti gli astanti
chiese loro ad uno ad uno: conosce Ella questa bestia
di annessionista ? ed Ella signore ? ... . ed ella ? ....
ed ella?... e quando tutti ebbero risposto negativa-
mente si rivolse al povero Niccola che tremava più
che foglia al vento, e gli disse:
''La prego di togliersi dalla mia presenza altrimenti
non rispondo più di me,,.
II crocifisso non se lo fece ripetere una seconda
volta e fuggì precipitosamente nella vicina Citaonica.
La lezione fu buona, ma poteva essere migliore,
per insegnare una buona volta a queste lepri sfidatrici
come noi siamo intenzionati di pagare chi mena troppo
la lingua.
iiiiimo D'i cow.
Largo fate a madamigelle la Moda, che superba
vuol ovunque spaziare, e pretende che bon .0 mal gre
ognuno le faccia un inchino. Vispa e capriciosetta con
labile cervellino presentasi essa al rispettabile pubblico,
e se la scienza di Lavater delinearla non seppe, uè le
frenelogiche dottrine di Gali e Sputzheim riusciron a
rinvenire la sede nel cranio umano, pur questa pas-
sione potente si estolle in natura, e caro mi è de'ca-
pricci suoi parlare.
Potenti più che mai sono le sue leggi, nè bisogno
hanno di cannoni e baionetle per sostenerle, che anzi
tutti indistintamente si affollano a sollomellersi a'strfì-
vaganti suoi precelti. Guardate un pò che baldoria fa
subire a' nostri vestiti, ed in ispecie poi a quelli del
bel sesso ; — or strettolini ed aderenti, or succinti 0
lunghi, ed or larghi ed ombrelliferi vi compariscono.
Misericordia ! Mirate ora come le nostre belle son di-
venute magre e secche da ampie e larghe che erano
a mezzo delle indispensabili loro crinoline. E così va
bene, giacché le misere soffrir dovevano, sia collo im-
perversar de'tempi, ssa col privarsi d'avvicinare chi
loro più aggradiva, e sia per non isconciarle; eppure
ad onta di tutto ciò, belle 0 brutte, vecchie 0 giovani
le volevano, ed anzi andavano a gara qua! più larga
doveva essere.
Geliate ora uno sguardo retrospettivo, ed in ogni
tempo scorgerete che sovrana influenza esercitò mai
sempre su di noi la moda guastando e rimpastando
i nostri gusti; Morale, commercio, industria, musica e
che so io . . , tulio andava a lei soggetto! Tirate in-
nanzi, giungete a tempi presenti, e troverete che sem-
pre più co! pazzo suo impero vi affascinava, ed in i-
specie poi nel ramo musicale eh' è la mia passione, e
del quale solo voglio in questo mio articolo intrat-
tenervi.
Vivadio ! c' è da ridere e da piangere a pensarci
un pochino sull'influsso che sopra ognuno esercita la
moda e dal quale io pure non ne vo' esente, ed ec-
comi al mio debole.
Quando le melodiose armonie di Rossini, Bellini,
Donizetti ed altri, inebbriavano i cuori e le anime, la
Moda pure vi prese seggio, e delitto era chi non can-
trchiava qualche aria, 0 chi non suonava qualche i-
strumento per far echeggiare l'aere de'concetti su-
blimi di que' valenii. Ebbene ella prese me pure per
Io ciuffo ed obbligommi suonare il corno. Poveri vi-
cini e passanti ! ! quali sfornature ! quali ranchi Dò non
emetteva il mio corno ! !. .. E quante volte mi udiva
piombar sul mio povero corno la maledizione di As-
modeo ? Ma forte, duro, ed impassibile tirava innanzi,
nè altro io vedeva, all' infuori del mio corno. Pervenni,
oh ineffabile beatitudine, a fare da secondo nell' a-
rieta del Barbiere, di Rossini!:.. Tutti mi vogliono
ecc.- e già parevami di essere divenuto l'eroe della
moda, ne tardò molto che terzetti, quartetti e concer-
tini erano nonnulla per mè Vi dirò anzi, senz' offendere
la modestia, che bravino mi dicevano, ne posso na-
scondervi, che tal quale orgaglietto mi solleticava il
cuore. In progresso di tempo poi ardilo lion divenni,
e già ne'musicali crocchi ammansate vidi molte pan-
fere, quando in ispecie il mio corno negli a solo dol-
cemente facevasi sentire.
Ma all'epoca in cui vi parlo, le maggiori orchestre