-c Í80 )—
del matrimonio , il senso morale cite del restante
egli ha retío, gli la fallo; e non dubila di consi-
gliare alia moglie da parecchi anni abbandonata
un nuovo malrimonio senza più; e se il primo
marito ritorna, il rimedio e facile3 si pigli un'
ait ra moglie, e meglio la guardi >). -- Perche
la donna ha ella a stare oziosa? L'uomo di
senno non tiene per tanto tempo infeconda pe-
cora o copra. Or come la moglie ?
Nobile concetto aveva egli in vero del matri-
monio, ch'è pure, a delto suo, de'sacerdozii il
più santo!
Tommaseo.
]BMIt®¡a 3PÜD31ÍS tDMálSD
(cvit razlika mirisa duhovnoga)
II Babich eolio scrivere e raccorre prose e
poesie parlanti della religione, intese di daré un
manuale di vasta erudizione a'campagnuoü istrutti
ne'pritni rudimenti, chiamare i cuori alia medita-
zione di veri là più sublimi: fine santissimo che
gli mérito gloria nazionale. -- Delle Ire parti nelle
quali va diviso il volume della raccolla, la pri-
ma tratta dell' iniziamento nella religione cristia-
na salle tracce del catechismo romano, ove a ogni
tratto segué copiosa erudizione de' padri , esposta
con parlare piano, preciso, naturale; alcuni sal-
mi tradotti con fedeltà.e forza di espressione. La
seconda parte si ha : i cenni istorici delle chiese
occidentale e orientale , estesi in dieci capitoli dal
padre Slefano Badrich : quatlro ragionamenti mo-
rali del padre Gregorio di Várese vescoxo di Bos-
sina, a'quali aggiunge cento e sei proverbi tolti
da Agustino e Guíbaldo. .Nell'ultima vengono inni,
leggende in verso per tutti i giorni solenni del-
I'anno; la passione di Gesucristo, il pianto di
Maria del padre Knexevich, il casto Giuseppe in
quatlro canti del sacerdote Vuletich.
Proposlomi a dire alcuna cosa inlorno a que-
slo pregiato libro, dovetli pure nominar partita-
mente gli autori che fan parte dell'opera, e la
materia ch' abbraccia ; e ció appunto per far co-
noscere a chi non è al giorno de'concelti illirici,
che la più pretta lingua brilla in quesli più che
ne' profani argomenti. Le pagine che leggiamo di
simil falta furono scritte in lingua tratta dal seno
del popolo, la quale ne He parti lontane dal mare
') Fav. 375.
r) Iv. 377.
é ancor vergine, perché non ancor contamínala
dal soffio slraniero;è potente e forte al paro dei
petti che la parlarlo non ancor snervali dal con-
tagio del mondo incivilito.
II Babich che appartiene alia nazione bossi-
niaca, vissuto mollo tempo in Dalmazia , donó a
questa più che a'suoi gli scritti che tocchiaino.
Essi dal momento che furono conosciuti passaro-
no di mano in mano come leggenda popolare e
nelle città e ne'villaggi, e tale desiderio destaro-
no, che se ne fecero più edizioni ; l'ultima del ven-
tinove dal Marteechini a Ragusa. Gl' inni citati
v' è consuetudine cantarsi dal popolo durante il
sacrifizio della messa, come le vite de'santi pro-
teltori, delle quali non c' è villaggio che manchi :
la quale consuetudine s'introdusse poi anche ia
alcune chiese delle principali città marittime. L'el-
felto de' ricordati canti è 1' istruzione e la com-
mozione del popolo. II pensiero del baon campa-
gnuolo s'informa a quelle narrazioni sacre, ama
rammentarle alia prole, a' famigli come argine al
mal operare. E fossevi frequenza e dignità a trat-
tare questi prediletti argomenti del popolo, che
la morale guadagnerebbe, più ferma sarebbe la
morale pubblica.
E qui anche appare corrte gli ordini clau-
strali chiamati al sostenimento della religione e
a diffondere la civiltà e l'economia campestre, eb-
bero d'ordinario a muovere il primo passo, collo
studiare il popolo, 1'índole sua, le sue costuman-
ze, dielro le quali poterono seguiré vie più aile
conducenti alio sviluppo loro morale. Da questo
saggio intendimento pariendo il nostro autore,
offri alla Dalmazia la raccolta di cui parliamo, e
alla falica risposero i frutti nella gente di cam-
pagna, la quale per simil guisa si va da sè edu-
cando.
Se quesl'aureo libro si consideri con animo
ingenuo, avverrà certamente di tenerlo in moho
pregio, né minore di quello tribútalo al Kacich,
la cui attività spense dalla memoria del popolo
strofe invereconde, Ira si sudicie, per cui correva
pericolo il suo costume ancora semplice e vergine,
e diedegli de' canli narrativi ne'quali , traltando
delle sue glorie, fácilmente a quelli fecegli volgere
l attenzione. C' è dovere a ricordarlo : sono figli
di quell ordine, che olIre memorabili servigi, pro-
curó alla Dalmazia biblioteche di lingue peregrine,
pitture de' più riputati pennelli, adornamenti ar-
chitetlonici tuttodi esposti aH'osservazione dell'oc-
chio intelligente: essi sono soiTerti sacrifici , reli-
qnie parlauti di non simulato affetto.
D. Fabîanich.
Da Ragusa usci un Gotaugli, che compose
¡1 primo libro sul cummercio, stanipato a Vene-
zia; un Menze , che intessé la prima tragedia re-
golare, stampala pure a Venezía nel i5oo; un
(ihetaldi, che pubblicö la prima applicazinne del-
V algebra alia geometría; un Boskovich, grande
astro nomo ; Banduri, istorico; Baglivi, medico; sen-
za noverare tantí altri filosofi, scrittori valenti,
meccanici e mnsici, autori in molti rami delle
scienze e dell' arti.¿£sé tra questi sara mai obliato
Giovanni Gunduliph, poeta epjcoi a cui tra nos tri
non V ha^ secondo, ch'io mi creda , daLCarpazio
al Montenegro, ma la sua divina musa, piú che
la Slavía , ha vinggiato 1' anticq^Lazio__e_ liL
dcrna Italia, per il che i forti sentímenti di _Iei
e gli elevati pensieri non appaiono sempre vestiti
secondo la natura e il costume proprio di nostra
língua e nazione : difetto del secolo in cui vi vea
quel grande; e mi si perdoní, se per questo rap-
porto io preferisco un nostro canto popolare ad
un cjmto doir Osm^ideT^
I glövani, che sono i concittadíni di tanti
sommi , calpesteranno essi forse la gloria di tanle
loro corone? Con tali lumínari dinanzi agli oc-
chi, le discipline filosofiche per certo non li ren-
deranno vani, dubitalisti"* e sofistici; com^spesso
avviene a' nostri tempi : ma davvero studiosi di
sólidamente progredire, dietro si chiari esempli,
nella religíone e nelle scienze, che piú giovano ai
bisogní tanti della patria, di cui non v'ha cosa
piíi dolce; poiché vero sapiente sara quegli, che
sapra trovare i mezzi atli per conseguiré il fine
piú sacro, che é quello di rendere prospero il
suo paese. E sa ciascuno, che specialmente la
agricoltnra, la navigazione cd J1 cominercio, lo
studio dell' istoria e della liugua nazionale, aven-
do a guida la provvida e sana filosofía, potranno
migliorare lo slato di Ragusa e in generale di
tutta la Dalmazia, E il dotto, il filántropo, e
I'operoso vescovo monsignor Jederlinich, che gia
si fece distinto onore stille cnttedre e in Germa-
nia ed in Italia, sapra ben egli volgere tutto ad
un punto desiderato. U. D.
tu
BIOGRAFIA DEL CARDINALE
GIORGIO DR.ISKOVICH
DALMATA
Rinnalvare i pensieri alie dimenticate
glorie de' maggiori gli è come ac~
cendere una ¡iaccola ed accostarla
ad un viso gentile sepolto neliombra;
gli è come uggiungere una corda alia
lira dell'anima umana, una ghirlanda
alla tomba, che copre tante ceneri sa-
cre, un illustre concittadino alia pa-
tria delle intelligence, un compagno
amico e soccorrevole nella mesta via
della vita. Tommaseo.
Giorgio, uomo grande, e per moite sue vir-
per gli onori , per la gloría , che s' era pro-
cacciata mentre visse, insigne, nacque a Biline,
cas tel lo nel circondario di Zara, l'anno I5I5 ai
5 di febraio , da antíchissima e nobilisâima fami-
glia Draskovich, ed a quel tempo di già fregiala
del litólo de'conli, la quale fin dall* n.° secolo
erasi resa celebre per le rícchezze, per gli onori
e per le nobili imprese 1). Molli fra gli scritlori
porlano opinione, doversi ripetere la primitiva ori-
gine della famiglia Draskovich dalla Dalmazia2),
riportando a sostegno di questo vero, che i mag-
giori di leí, per le molte ed egregie virlu loro
praticate inverso lo stato, furono dai re d'Unghe-
na investiti del possesso di due comitati, di Cet-
tina cioè e di Knin nella jadíense provincia , ed
oltre a ció attribuiscono loro il principato di Udi-
ne nella Slavonia.
Ma poiché non basta a rendere allrui chia-
ro 1'accontentarsi della luce de' passati , essendo
la nobiltà come un ricco manto, il quale sempre
raccorcia, e rientra si, che se altri con l'azioni
proprie non vi appone di giorno in giorno mate-
ria di fama, presto diviene in maniera corto, che
que' che vengono, non si possono rícoprire inlie-
racnenle con la sua onorevolezza (Dante c. 16.);
per la ragione istessa a Giorgio non basto di es-
sere nato di stirpe tanto chíara, chè si diede
con le azioni proprie ad acerescerle nuova fama
e riputazione. Ebbe esso a padre Bartolomeo, uomo
celeberrimo, a madre Anna Martinusia, donna dis-
tinlissima, ed a fratelli Gasparo e Giovanni. Bar-
tolomeo , perduto avendo per le sempre maggiori
conquiste ' de' Turchi quanto in Dalmazia vi pos-
sedeva, passo in Croazia, e presevi stanza nella
terricciuola, che Svarsa s'addiinanda. Giorgio Mar-
tinusio fratello d'Anna , vescovo di Varasdino, e
II capostipite della famiglia, che le procuró la nobiltà e
!e prime possessioni in Dalmazia mori a Ziny (Sinj) nel 1113
[Arch. della fam 3.
2) Ncll'archivio di famiglia si tonservano oggi ancora molti
documenti, che comproyano l'origine dalmatica de'Draskovich.
-c 215 )—
tori sono scarsissimi, l'obolo all'inconlro non tan-
to. Più oboli, più forze congiunte, darebbero ri-
sultati di non tenue rilievo. Una città sorella, non
moho da noi discosía , ci puó dare saggio prati-
co in quel che esponghiamo.
Che a Zara perseverando in misure tendenti
a publica ulilità, si possa raggiungere lo scopo,
lo provano tre stabilimenti, chiamati a vita da po-
chi aiuii. Chi avrebbe delto qualche tempo addie-
tro , che noi avremo un monte di pietà , una cassa
di risparmio, ed un asilo di carita por l'infanzia?
F.ppure queste istituzioni, che in sulle prime si
credevano dovessero intisichire, sussislono, pro-
sperarlo. Una íes ta da bailo, una tombola, un'a-
cademia , una rapprescntazione teatrale, mescendo
l'utile al dolce, porgon mezzi, per cui, in giunta
alia privata carita, ed altri amminicoli, l'istituto
infantile particolarmente, prospera, come avremo
occasione di mostrarlo.
Or bene; una cosa non regge senz'altra. Fi-
lantropi rivolsero il pensiero ai prossimi bisogni
del la cilla; tolsero gl'indigenti di momento alie
ugne dell'usuraio; aprirono via aH'uomo parco e
frugale di meltcre al sicuro il centesimo del suo
risparmio, strapparono all'abbandono, ai pericoli,
air ignoranza tanti pargoletti, che speriamo , non
ci prcsenteranno da qui a qualche anno quel ra-
gazzume scioperato, ignorante, vizioso, bestem-
miatore, insolente, di faccia rot ta ad ogni scon-
cezza. - Abbiamo qui un discreto numero di
giovani studenti, ai quali occorrono libri, nè tutti
possiedono mezzi di acquistarseli, od averli in
prestito; havvi buon numero di quelli, che volon-
tieri passerebbono un paio d'ore alia giornata col-
la lettura istruttiva: ma non possono soddisfare
a questo loro desiderio , e si devorio cercare altri
passatempi men proficui. E non sono i giovani so-
lamente, che sentono il bisogno d'una librería pu-
blica, e di collezioni di oggetti scientifici in ogni
ramo. Auguriamo dunque, che all'uno o all'altro
dei zelantissimi promotori del bene di questa cilla ¡
riesca di gettar base ad una publica biblioteca. II
bisogno è stringer.te. Ed i mezzi a farlo? L'ab-
biam accennati di sopra.
Il nuovo foglio di Vienna, la Gegenwart N. 8o
di quest'anno, in un suo articolello parlava del le
biblioteche esislenti a Zara. Ma nel 1846 per tro-
varle lutte ci vorrebbe ben altro che la lanterna
di Diogene. Esso novera le seguenti sei; i.° la
biblioteca dell'antica società economica , custodiia
al convitto; 2.0 la biblioteca dol vescovo Stratico, !
ricca di 1600 volumi. (Non se ne trova più Irac-
cia. Qualche tempo prima , che il canonico Boni- J
celli passasse al riposo de' giusti, i libri da lui '
custoditi furono divisi fra gli eredi, e non eredi
dello Stratico. Piu d'un volume poi di opere im-
perfette é stato analizzato da'pizzicaguoli, dove per
ordinario lerminavano ne' tempi passati i sudori
letterarii di piu d'un ¡Ilustre scrittore nazionale ed
estero); 3.° la raccolta di libri, lasciati al convitto
dal dofunlo Devecchi; 4-° la biblioteca del ginna-
sio (di 1200 volumi circa); 5.° una librería cir-
colante di poca fortuna; e 6.° la biblioteca del
seminario arcivescovile (alie quali si puó aggiun-
gere quella del convento di san Francesco, che
conta all' incirca un migliaio di volumi).
Tulle queste raccohe pero, sono di ragione,
per dir cosí, privata; e Tuso loro limitato a po-
chi individui, che v'hanno diritto; in modo dun-
que che il publico non ne puó trarre u ti lita di
sor le.
Potrebbero mai riunirsi in un corpo solo al-
men alcune di lali raccolle ? Ogni ricerca de'rno-
di sarebbe per ora , a parer noslro, precoce;
pero non possiamo tralasciare di riportar le
parole con cui si chiude l'articoletto della Ge-
genwart: « Facciamo voti che abbia luogo sif-
» falta istituzione, per aver un centro opporlu-
» no alio scambio ed alia comunicazione e propa-
« gazione di conoscenze utili in una provincia iso-
» lata, mancante di Irattenimenti intelletluali. Se
» Zara possiede tanle biblioteche (!) non é gia,
» che sia di giovamenlo il tesoro del sapere rin-
» chiuso negli armadii , sibbene il libero accesso
" alie sorgenti di cultura publica. Un gabinelto
» di leltura sarebbe istituzione tnolto acconcía; vo-
» glia il cielo, che vi si giunga !
C0MMERC10.
Dietro la Sovrana risoluzione per la riammis-
sione delle carovane turche al raslello di Risano
con gencrí insuscettibili, por cui ¡ Risanotli con-
serveranno eterna riconoscenza, fu scelto un luo-
go adatlato alia marina, e si fecero gli opportuni
ristauri ad un vasto edificio capace di ricetlare
un buon numero di persone, come il suo lato
corlile, un gran numero di cavalli. Si fece erige-
re un bel casello, inlerrare in forma di rombo
un tratto di riva che forma un comodo piazzale
avanti all'edifizio; si costruirono strade con molto
dispendio, insomma per parte dell'erario non si
badó a spese, aílfine di promuovere 1'incremento
del commercio a maggior vantaggio dei sudditi
austriaci; ed in fine venne dall'auloritá superiore
publica fconomia, piü ora conosciuti da noi, Men-
ootti e Sismondi. Cosí il primo « la primaria
ricchezza di una nazione non é riposta nella co-
pia dell'argento e dell'oro, come dai piu si crede,
ina in una gran massa di prodotti proprii, che
sempre rinascono e sempre si riproducono, e che
possono essere consumati e disposti senza nuocere
alia loro riproduzione ed abbondanza » (pag. 5).
11 secondo " prima vogliono le attenzioni del-
l'economista e del legislalore quelle ricchezze, che
provengono dalla térra. Deriva da questa e il vi-
ver nostro, ed i materiali ad ogni umana indu-
stria (Tom. I., pag. 181).
Ci compiaciamo, che il sig. Nicolich puré
siane penetrato, dicendo ei che l'agricoltura
puó offrire a lungo andaré dei beni non passag-
giori, e meuo esposti a vicende, conciliando in
eotiseguenza speranze di maggior agiatezza. Risa-
leudo infatti col pensiero ai prischi tempi, quan-
do i popoli, lasciata la vila errante e nómade, al
viver insieme consenlirono, heñíoslo dieronsi alia
collivazione de' campi , onde Irar da essi tutto ció
ch'era occorrente alie loro bisogna. Siccome poi
precede in natura la sussistenza ai comodi ed al
lusso, cos\ 1'industria , che la procura, sara an-
teriore necessariamente a qualunque allra, e la
coltura ed il miglioramento dei terreni le prime
cose da ricercarsi. II solo prodolto della campa-
gna , superiore alia sussistenza, é quello che for-
ma la cosidetla ricchezza reale Erroneo era
perció quel principio gittalo, sembraci a caso nel-
la Gazzetta di Zara, al 28 di quest'anno,
che fa il commercio essere l'única fonte di ric-
(hezza e di prosperitá onde sperar puó una na-
z'one il sao risorgimento.
Si questa térra appunto pe'costanli suoi be-
nefizii fu nella infanzia de' tempi adórala col no-
mo d' Iside in Egilto , di Cibele in Frigia ed in
f reta, e simboh ggiavasi l'abbondanza per essa
derivante nella figura , coi geroglifici, e nelle mo-
note rcc., offrendosele sagrifizii , e celebrandosi
festivo cerimonie.
Se dunque i beni territorial! sono i piu ap-
prez?abili, certi e necessarii; se anco le ricchezze
mobili, al diré di Smith, di rápido consumo sono
vLsibilmente produzioni del suolo, che le fa ri-
pullulare ogni armo in ragione del consumo; se
per quelle foggiale dall'arte, non ve no ha alcuna
( he alia materia prima dei tre rrgni dolía natura
') Smith, sulle rtcchet&e.
non appartenga o direttamente o índirettamente,
non sara dunque necessario rivolgere la propria
solerzia in precedenza al coltivamento di queste!
ma si dirá come Virgilio:
Nec vero terree ferre omnes omnia possunt,
né sempre anco possono affrancarsi tutti gli osla-
coli frapposti sovvente ai favori di lei. É vero la
situazione, l'estensione del paese ci deve determi-
nare, secondo anco Filangieri, al genere d'indu-
stria d'adottarsi: quindi o l'agraria , o la mani-
fattrice, quando il commercio di proprieta, quan-
do di economia. Trattandosi di questa nostra fe-
lice regione pero, non potremmo ottenere la
maggior parte , e forse tutti que' prodotti, che per-
vengonci dalla Turchia, e da varié altre parti an-
cora, o almeno queili che giá possediamo, vederli
migliorati ? La serenita del nostro cielo, l'abboc-
camento spesso cogli illuminati stranieri, l'educa-
zione nostra resa piu accorta dalle circostanze, le
cure speciali di chi l'amministrazione publica di-
rige, non contvibuiscono agevoli mezzi? non dancr
salutari impulsi? perché dunque costituirci per-
petuamente commissionarii tra i produltori ed i
consurnatori, quando possiamo essere tra primi ?
perché assonnare sui veri nostri interessi, perché
abbagliarci con isperanze sempre vacillanti ?
Siamo ancor noi del parere dello economista
Say, che le utilila ricavate da tali interposizioni
possono riuscire di stimolo alia industria interna
mal grado alia ristrettezza dei mezzi. Ma si con-
verra eziandio , che le medesime impiegar si deb-
hono per farla nascere o perfezionare, onde si
ottenga la riproduzione di quelle cose, che pro-
cacciano una permanente nazionale prosperitá.
Ma non inganniamo sé stessi; fecesi cosí
per lo passato? in questi ultimi trent'anni, che
si mantenne la medesima natura di commercio
coi confinarii, operossi cosí per cogliere qnesto
fine? Certa industria in alcuni non mancó, ma
ridondava la stessa ad utilita individúale, non ge-
nerale. Ed infatti da questo vantato spirito d' in-
dustria e di speculazione manifestatosi in grado
eminente fra gli oltomani ed i nostri , quali n-
sultamenli miriamo? innalzaronsi utili edificii, fon-
daronsi nuovi stabilimonti, i lavori campestri mi-
glioraronsi , si videro )e arti, le produzioni accre-
scitite, aperti nuovi sentieri alia concorrenza. alio
smercio?se fassi consistere tale spirito di altivita
nol transito degli animali per 1'Italia; ben altro
era por lo passato (nelfoglio venturo ilfine). A.FENZI.
Si publica OGNI giovedi. II prezzo anrino per Zara é di fior 4; per semestre Cor. 2; per ftiori franco di porto fior. 5, per PC-nifsrre o trimestre in proporcione. Le assooiationi si riccvor.o in Zara dal proprietario. fuori da tutti gl' II. RR. Uffieii postali-
í«. rrancetchi Eitenfore e Proprietario. Sara, íip. dei FratelH Battara.
Anno II« 1 8 4 6. I. 31.
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Inteso agli interessi della Provincia.
COMTE METRO DI CiOKSS.
Volgel'anno quarantesimosecondo da che, sendo
in sulie mosse di partiré da Zara S. E. il sig.
conte Pietro di Goess, allora Consigliere áulico e
Ciarnbellano di S. ¡VJ. I. R. A. Francesco II, di
gloriosa memoria , Suo Commissario e Preside del-
1 i. r. Governo della Dalmazia, il corpo nobile
della cîttà stessa , per mezzo de'suoi consiglieri e
•capi sigg. conti Giulio Parma di Lavezzola , Fran-
cesco Sanfermo e Giambattista Stratico, ad un
ufficio adempiva di gratiludine rispeltosa , presen-
tando l'E. S. d una medaglia grande d'oro, coniata
in suo onore, avente per diritto: un seno del lito-
rale dalmato, con in vista diversi navigli, e sulla
riva un uomo alia nazionale, che porta scolpito
sul petto F. II., e tiene alzato lo sguardo ad un'
aquila, che verso di lui poggia, spargendo da un
cornucopia i doni dell'abbondanza , coll'epigrafe :
DALMATIA FELIX RECEPTO CJESARE: e ncl rovescio,
in corona mezza d'alloro e mezza di quercia : PRE-
SIDE AULICO PETRO COMITE DE GOËSS VERE EVER-
GKTE HUIC NOBILES JADERTINL ETERNA DEV0T10N1S
M. D. ANNO MDCCCIV ').
Tale offerta inoltre veniva accompagnata da
alcune pagine d'indirizzo, allora colle stampe pub-
hlicato, nol quale si noveravano gli speciosi bene-
ficii ch'ebbe la Dalmazia, e Zara segnatamenle,
dalle filantropiche premure del Conte, aggregalo
percio coi fratelli ali'ordine patrizio della cîttà me-
desima. E questo indirizzo appunto, cortesemente
romnnicatoci da uno de'noslri amici, ora qui ri-
portiamo, credendo di non poter meglio esprimere
i sentimenti dei Dalmati verso di quel Benemerito.
Pochissimi esomplari ne furono coniati in oro. Quci <li
Wwnze sana rari anzi che ao,
ECCELLENTISSIMO EGREGIO SIGNORE Í
«Gli n 1 ti vostri destini vi chiamano altrove, e
per Sovrana venerabile disposizione Voi siete per
allontanarvi dalla Dalmazia, onde assumere nella
fortúnala Vostra patria l'esercizio di quelle subli-
mi ispezioni, che aííidate vi furono dalla grandez-
za dell'AuGusTissiMo CESARE.
«Voi ci abbandonate, ma con la dolce soddis-
fazione di non aver opéralo, che il bene; Voi
partite, ma accompagnato dalle vive lagrime, che
la riconoscenza strappa agli occhi di lutli i buoni.
«Eterna sará fra noi, ECCELLENTISSIMO SIGNORE,
la vostra rimembranza; eterna sara la fama de' vo*
stri meriti, e del vos tro Governo, e tanti sono gli
al tari, che le profuse beneficenze vi eressero, quanti
sono i cuori dei leali, e fedeli Dalmati.
«Noi non offenderemo certamente quella deli*
cata vostra modestia , che fa vieppiü risplendere
la candida virtu dcII'animo, con l'enumerazione di
quelle doti personali, che vi distinguono, e che
vi caltivarono l'amore di tutti, vogliam diré di
quell'affabilita di maniere, di quella maturita di
consiglio, e di quella costante intensitá a solleva*
re 1'indigentes e l'afflilto nei bisogni, e nelle de-
solazioni. Non vi parleremo dei sommiVoslri talenti,
e del Vostro spirito di penelrazione, qualitá cosi
essenziali ad un Magistrato, e che Voi spiegasle con
tanto lustro nella ventilazione de'piü astrusi affari»
«Noi non tributererno in questo momento col
fasto dell'eloquenza oinaggi di laude ai natali, ed
al potere, né ricorreremo alie gesta degli anlenali
\oslri per attingere a quella vastissima fonte elo-
gi a Voi; ma nel momento appunto in cui vi al-
lontanate da noi, col linguaggio nudo della veri-
ta; organi fedeli de' nostri ciltadini, noi dob«
biamo soltanto assicurarvi, che perpetui, e peren»
ni ci restaño i monumenti eretti dal benefico Vo-
stro genio per mantener sempre viva anche nella
memoria de'posteri la nostra riconoscenza per Voi,
ira poco. II coro non comprende le sue parole,
raa esse divengono ogni momento piu chiare: ella
piange vedendo non essere vénula in Argo, che
per moriré, e come un'usignuolo, presa da divina
mania intuona a sé stessa la lúgubre canzone. Do-
po avere spiegali tulti i segreti degli Atridi, e rac-
conlata con prodigiosa minutezza la cena di Tieste,
dimanda se la credono forse una falsa indovina,
la aoale vada ballendo alie porte degli allri, e sve-
la d'aver ricevuto da Apollo il dono di profetare.
Poi d' improvviso la spaventano i figli di Tieste
che sedenti sulla regia come larve di sogni, spor-
gono le mani piene delle proprie carni e del le
proprie viscere, delle cjuali ha gústalo il loro pa-
dre. Vede un'imbelle leone domestico (Egislo),
rivolgersi nel letlo uiarilale e macchinar vendetta
sopra Agamennone; sa di dover anch'essa moriré
e si spoglia di tullí gli ornamenti che portava
ancora, accusando Apollo d'averla condolía a tal
sorte. II pensiero d' Oresle scelto dal Falo per
eseguire la vendetta sugli assassini suoi, la conso-
la negli ultimi momenti e null'allro le resta piu
a dimandare agli Dei se uon un colpo ben líbra-
lo , il quale alia vita senza lunghi dolori la tol-
ga. Questa scena risplende della poesía piü ani-
mata e 1' immaginazíone rarricchisce di tutti i suoi
colori in Eschilo slesso, non le sí possono forse
contrapporre che le tre prime delle Eumenidi,
le quali se piu sublimi e fantasliche, non sono alte
senza dubbio ad insinuare nell'animo una cora-
passíone cosí teñera, e sono meno delícate.
(si dará il fine), N. DE GRADI.
Giovanni Hicolo Vuinovicli Hachich.
(Vedi il N. preced.)
Per legge siffatta ancora si cangiô la loro
qualità di proprietarii in quella di semplici e mi-
serí coloni, specialmente là, ove per ristretlezza
di pascoli, attual risorsa principale dei morlacchi,
manca loro il mezzo di mantener il numero ne-
cessario d'animali bovini o lanuti. La premura,
l'adesione de'morlacchi per prestarsi in quella
occasione, cioé nei lavori della slrada da Knin a
Sebenico, a quanlo dai loro capi si ricercava, fa-
ceva ben vedere, sebben si voglian essi da taluno
aemiselvaggi ed oppositori a tullo ció ch'è utile
e bene, esser vivo invece in loro il gertne di ge-
nerosi senlimenti per modo, che anche senza 1'im-
pero di un comando rigoroso o minaecevole, ma
ÍOJO dietro le voci, ed i consigli di que'che slima-
üo ed ouorano, sanno prestarsi, e con lor disca-
pilo e peso, a facilitar le imprese che riconosco-
no ulili, sopralutto se tali voci e consigli sieno
queglino della persuasione, e, che ridestino il sen-
limenlo in lor comune della suddita ubbidienza,
della gloria ed onor nazionale.
La slrada da Knin a Sebenico, cominciata
nel 1799, era già nel 1802 prossima al suo fine,
cioé raggiungeva il confine di Sebenico, ma nella
sua esecuzione fu obligato il Nachich a loltar
con frequenti oslacoli, ed in piíi circostanze lar-
te si fe' talor di necessità serva delle convenienze
e de' riguardi.
Era pero mestieri che fosse intrapresa an-
che dalla parte di Sebenico, altrimenti l'opéra
non sarebbe slata compiula che nella parte mino-
re; ma il progetto, sebben umversalmente deside-
rato da que'di Sebenico, ebbe sulle prime delle
difficoltà per certe collisioni emerse tra la supe-
riorilà e quella comunità, Recatosi quindi appo-
sitamenle a Sebenico il commissario áulico ple-
nipotenziario bar. Carnea Sleffaneo, egli, con quel-
la premura, che tanto l'animava dove riconosce-
va imprese utili alia provincia, riunendo con ef-
íicaci insinuazioni gli animi discordi, non nella
soslanza, ma nelle modalità, sciolse ogni ostacolo,
e stabili le basi del buon esilo dell' impresa, che
in fat ti venue assunta nel 1802 a tutle spese di
quella comunità, cittadini e lerriloriaü, e che fu
quindi condotta e compiula sollo la direzione del
suddello Zavoreo.
Volgendo il 1802, il detto commissario áulico
bar. Carnea Sleffaneo, nella sua visita dcH'Islria,
non avea trovato cosa più intéressante le sue vi-
ste, quanto lo slato di disordine, e sommo peri-
colo di deperimentó della valle Sezziche di Pira-
no, di quello stabilimento salífero cioé, il più
grande cnesista lungo le spiagge delTAdriatico.
Conobb'egli quanto era necessario di regolar
il corso del torrente Dragogna, oggetlo di parti-
colari cure anche del governo veneto, che aveva
perció incaricato di osservazioni e travagli celebri
idraulici, fra quali Zendrini e Ferracina, e perció,
dietro sua diligente relazione, l'augusto e genero-
so Monarca si degnó d'incaricare il Nachich a
dover lasciar la Dalmazia, ed a prestarsi a'ripari
provvisionali, ed alia produzioue di un piano ge«
nerale, valevole a garantiré con sodi e proficui
lavori la delta valle ed i terreni superiori dalle
devastazioni del detto tórrenle.
Onorato il Nachich di tal comando abban-
donó la patria, nel mentre appunlo si occupava
a Knin per istabilire con gravi studii un molino
pensile sulle aque del Kerka, sotto i) paese, e l'a-
bandonava coll' idea di compirlo in altro momen-
0 igw (
Sig. Estensore.
Ho letto gli articoli sul commercio di Spa-
lato colla Turcbia inserid "nel di lei pregiato
giornale, la Dalmezia; quélli štampati nella Gaz>
zetta di Zara, cui mi fo lecito di aggiungere
le seguenti osservazioni :
Che le carovane di Spalato sieno state fio-
renti in corte epoche della veneta dominazione;
che la loro abolrzione nçgli anni 1812-13 sino
il i8i5 abbia recato del grave scapíto al com-
mercio; che il torso delle stesse si avvió in altra
direzione lungi da noi; che questo cielo tenuto
dalle medesime per la decorrenza di 33 an-
ni circa sia difficile di immutare; che il punto
di Spalato per più motivi mostrisi per il tra-
fico della Turchia limitrofa col litorale adria-
tico il più adatto e profittevole,; che le vicen-
de politiche avvilirono 1' industria e il commer-
cio nella Dalmazia'j che T affare del sale bian-;
co al prezzo di favore pegli ottomani servireb-
be di stimolo potente alla concorrenza.... sono
veritá trite, incontrastate , incontrastabili. ,
Ma nel generale avvilimento in cui trovan-
si i rapporti commerciali nella provincia, man-
cante di industria nazionale, schiava invece di
altri paesi, cui paga somme enormi per procac-
ciarsi più generi di necessitá, di lusso, oime
troppo difuso fra noi, qualunque via si dischiu-j
da a rinvigorire questo ogonizzante commercio,
dovrà dalla nazione tutta, giaccho uno con Y al- i
tro gli interessi si annodano, apprezzarsi, col-
livarsi. 1
Nelle riforme commerciali i principii sono ;
sempre lenti, ardui contrastati, il più delle
volte passivi che atlivi, eđ in ogni caso poi!
non possono avvantaggiare che la pluralité. Esem-
pii di cio ne abbiamo del continovo in altre1
provi 11 cié e stali.
Quello poi che non puó perdonarsi a cer-
ti articolisti sulle carovane, si è il non voler sov~
venirsi che la nuova istituzîone non fu altuata ;
che li 21 novembre poco dopo seî lustri e più j
di soppressione ; che 1' esperimento deve conti-
nuare per due anni almeno; che oltre l'impos-
sibilité di poterie vedere frequentate tutto ad
un tralto, perché aperte, ripelo da soli 11 me-
si in quà, vi ha di mezzo il malumore di cer-
tiduni a quali spiace il non clandestino, il le*
gale passaggio delle merci e persone dall' otto*
mano a Spalato, vincolato soltanto da alcune
poche discipline politico-sanilarie, vi ha il livo^
re per parte di altri piü fíate senza motivo qual-
siasi, da cui ne ^scattiriscono la maldicenza, i
cavilli, le «vessaaioni, -e E>io tosa altro di
Non ísgomentiamoci pero di tutto cío: w
ha chi vigila attentamente per noi; diamo tenr-
po, non soífochiamo nel suo nascere le cou-
cepite speranze , probabilmente si muteranno ift
meglio le nostre Telazioni commerciali coíla
Turchia, e tanto j?rima se le strade carreggisr-
bili da Spalato a Livno, Travnik, Sarajevo po-
tranno realizzarsi come dovrebbe avvenire ; ab-
biasi considerazione alia Tcondizione infelice in
cui trovasi la pubblica amministrazione nelle
provincie soggette al vessillo hmare, ed alie con-
seguenze che da questa ne derivano; attendia-
mo con pazienza la fine delle trattative sul
proposito del sale intavolate da chi ci presiede;
militano, é vero, ,grandi e possenti ragioni a
pro nostro abbastanza chiaramente sviluppate dal
giornale tedesco del Lloyd
n.° 97. 4 o5. 4o6
sul!' argomento del sale ; non •entriamo in certe
polemiche che sanno di provincialismo non
solo, rna pei frizzi di cui sono condite promuo-
vono la disistima , il peccato della vecchia leg-
ge, e per il loro tenore Timbarazzo, lo scor*
raggiamento; rassegnamoci peí nostro migliore
essere a cominciare col fare piuttostoche col
criticare, chi fa; siamo coerenti nel credere
non esistervi per noi altra strada piu certa al*
1' incremento dell' economía , che nell' industria
agrícola, in rstato pressoché d' infanzia special*
mente nel mediterráneo; si propongano piatii
facili per la pubblica istruzione del produttore,
ossía del contadino di gtá fornito di singolare
suscettivitá di apprendere; si stampino succosi
arlrccli di agricoltura e scienze ausiliarie re*
lativi alia provincia senza lordure di cittati
che non allettano che i pedanti; non límitiamo
le nostre occupazioni nello studio delle scienzé
elévate, che sebbene lodevolíssime, ció tuttavia,
ci costano troppi sagrifizii, né oífrono il vero
mezzo di sopperife alie nostre calamita, di
Supplire alie pubbliche gravezze, di ingentiüré
la condizione fisico-intellettuale del popolo, dal
quale invece ci tengono lontani anzichenó. Un
-( ^86 )-
I dalmati specialmente non solo per gua-
rentire e mantenere incontaminata la purezza
deir italiana favella, onde e nel commun con-
versare e nelle corrispondeose vicendevoli e nè
pubblicó offizj lanno uso continuo, debbono
al par degl' italiani metiere assiduo studio nei
elassici latini ; ma a far ció hanno altresi pe-
culiari motivi. A chi, in vero, fra i Dalmati
è ignoto , che alla lingua popolare, la quale con
quai che fervore ora felicemente coltivasi, sono
dal fonte latino derivati tanti fregi ed órna-
me n ti ? Quanti detti sentenziosi, quante formó-
le , quanti svariati modi di esprimersi tutto gior-
no si odono dalla bocca del volgo, provenuti
da libri latini usati tanto ne' recinti scolastici
quanto ne' sacri tempi ? E qual fra gl' illirici
scrittori ci fu mai di qualche nome, che non sia
stato in pari tempo versatissimo nella lettera-
lura latina? Di tanto ci fan fede i Vetrani, i
Maruli, gli Hettorovich, i Ragnina, i Zlata-
rich, i Giorgi, i Cacich, i Yitaglich , i Pau-
lovich e cento altri, i quali colle immortali lo-
ro opere recarono tanto lustro alia volgare fa-
vella. INe ció accadde senza ragione ; poichè
fra la lingua latina ed illirica a giudizio de' fi-
lologi passa affinité grandissima. Entrambi so-
no prive di articoli : i casi nell* inflessione de'
nomi serba no In entrambi le proprie loro (lé-
siné nze : entrambi perciô senza punto perder
di chiarezza si adattano a taie trasposizione e
collocamento di parole, onde più grato ail" udi-
to ne riesce il suono. Che maraviglia quindi se
gl' illirici più degli altri sembrano disposti ad
apparare il latino idioma, a penetrare 1' Índole
e la forza, a scriverlo con eleganza e leggia-
dria e a darne ai periodi quel torno armonio-
so che più piacevolmente molce le orecchie ?
Testimonj, di quanto io asserisco, sono pa-
recchi Dalmati precipuamente délia città di Ra-
gusi, i quali appunto perché insieme ben istrui-
ti nella patria lingua tramandavano alla posté-
rité celebratissime latine produzioni. Dali' aitro
lato queglino fra gli illirici, i quali più addeli-
tro si avanzarono nello studio de' classici latini,
come fatto avevano i già citati scrittori, lascia-
rono dopo di se lodatissime opere illiriche che
formano tuttora 1' ammirazione e la gloria dél-
ié slave nazioni. Perciô chi non vuol compari-
re gretto e strisciante ne' suoi componimenti ;
il che sembra aflfettar taluno col vano pretesto
di attenersi cosi meglio al parlar popolare, il
quale suol per lo più esser in fine incolto e
rozzo ; fa d'uopo che si appigli ai latini, ed
indi colla scorta de' più rinomati maestri del
ben parlare senza tema di alterarne il nativo
candore, apprenda, come arricchire, nobilitare
e perfezionare la lingua nazionale, e come pro-
cacciarle quella scorrevolezza, maestà ed armo-
nía, quella regolarità e connes.sione d'idee , che
insieme persuade, colpisce e diletta.
JNè i latini autori insegnano solamente a
pensar bene, a ben parlare ed elegantemente
scrivere, ma altri vantaggi arrecano ancora a
chi per tempo si applica ad apprenderne la
lingua. Diffatti non solo questa costituisce il
fondamento délia maggior parte delle lingue
Europee, delle quali alcune ne sono figlie im-
médiate, altre accrebbero il proprio patrimo-
nio, adottandone varj vocaboli; ma come i Ro-
mani molto Ion ta no portato avevano le loro ar-
mi vittoriose, cosi da pertutto lasciarono trac-
ce délia loro lingua. Questa si legge nelle me-
daglie, nelle iscrizioni sepolcrali, nei pubblici
trattati di pace, nè monumenti di data vecchia
e recente, che sono iutesi non pur ad ¡ilustrare
1' antica storia, le origini e le relazioni di moi-
te città vétusté che altrimenti giacerebbero se-
polte in un perfetto oblio ; ma a perpetuare
ancora la memoria di tanti chiarissimi perso-
naggi, i quali colle loro magnanime gesta si
resero benemeriti délia patria e delT umano
consorzio. Sicchè chi non iscorge quindi che
senza esser ben versato nella lingua del Lazio,
niuno puô essere in diritto di fregiarsi dell' ono-
revole titolo di vero letterato, di dotto antiqua-
rio, di critico grave, e saputo ?
Venerabile inoltre presso tutti i popoli fu
ognora l'antichità, considérala se non sotto
altro aspetto almeno quai maestra delle susse-
guenti generazioni. Chi brama di non ismarrir-
si per ignoto sentiero e di provveder solida-
mente alla perfezione délia società, che risulta
dalla nessuna perd ¡ta délia sperienza de' passati,
dalla continua aggiunta di quella de' presenti
e de' sorvegnenti ; forza è che si accosti a quei
i quali calcarono felicemente la stessa strada ,
per cui esso s* incamina, e ne consulti saggia-
mente i tentativi , i sussidj avuti, gli ostacoli
incontrati e le osservazioni de' predeoessori.
Ora a quai segni rappresentativi furono per
-C 14 )-
IN COSA POSSONO TRA LORO DIFFERIKE
LE LETTERATURE.
(Cont. e fine vedi il N. 62 a. p.)
Io fin qui dunque sono andato pro-
vando che , siccome ogni nazione è col-
locata fra diverse combinazioni di luo-
ghi, di climi , di tempi, di abitudini ,
di leggi, e per comprendere tutto in
un vocabolo , di educazione; cosi cia-
scuna ha il suo peculiare modo di sen-
tire e concepire il vero, il buono, il
bello, e di creare quelT ideale che vien
altuato nella poesia e nell' eloquenza le
quali cosliluiscono la letleratura. E que-
sta differenza dissi succedere per la dif-
ferenza dell'imitato e dell'imitante , e
mentre non vi sono due nazioni sitúate fra
uguali circostanze perfettamente, non vi
possono nè pure esser due eguali lettera-
ture. Ma a voler stabilire e fissare in qua-
li particolarità propriamente queste diffe-
renze consistano, ciô è difficilissimd£,
perché siccom' esse constituiscono |a
letteratura propria d'ogni gente, conç-
sciuta col nome di nazionale, cosi per
poterie conoscere e determinare sareb-
be necessario prima di conoscere e per-
fettamente in tutte le sue circostanze
una nazione. Si puô pero dare alcune
generiche classihcazioni, e dalT inclina-
zione e dalla circostanza predominante
di un popolo si puô anche determinare
I' Índole ed il carattere principale délia
sua letleratura. Cosi a modo d'esempio,
giudicando dalla qualita del popolo del
settentrione, diciamo che il carattere
délia loro letteratura è melanconico e
meditativo ; dalla gaiezza e dalla facili-
ta de' greci ; diciamo che la loro è ri-
dente ed imaginosa ; grave e maeslosa
la romana; férvida ed iperbolica Torien-
tale; ampollosa la spagnuola.
Nè solo ciô, ma ciascuna anche
propenderá nel dipingere e rappresen-
tare certo genere di oggelti, che nelle
altre incontreranno di raro, essendo
quegli oggetti più propri e più relativi
a que'luoghi, climi, costumanze, tem-
pi , persone ; essendo quegli oggetti fat-
ti più belli, più utili, più buoni per la
forza dell'abitudine e dell'educazione.
Giova pero avvertire, che mentre
assevero che una letteratura propende
molto più d' un altra a certo genere
d* imagini e di bellezza, non percio in-
leudo escluso da quella tutti quegli altri
generi del bello che son più propri del-
le altre nazioni. È impossibile che una
letteratura la quale vuol essere Y inter-
prete fedele délia propria nazione, e la
dipintrice della natura, si sviluppi in-
teramente riproducendo un genere solo
d' immagini, trascurando tutti gli altri.
Volendolo anche fare per istudio T ar-
tista , lo scienziato, nol potrebbe, es-
sendo che le une confinano colle altre,
le une sono graduazioni delF altre, sono
talvolta correlativi, servono di reciproco
sostegno ed appoggio, compongono quel-
r immensa caleña di esseri che natura
si appella. E natura è varia , massima-
mente dove dispiega oggetti gentili, gra-
ziosi, ameni, ancorché presentí uniformi-
té , durata, continuazione negli oggetti
grandi e sublimi, le cui dimensioni ec-
cessive sembrano per poco allontanare
la varietà. Lo scrittore il più tetro ed
il più truce , non puô fare che non ti
rappresenti qua e la delle imagini e del-
le scene liete e piacevoli , come lo scrit-
tore più gaio e più solazzevole v' intro-
durá degli oggetti tristi e melanconici.
G. FRANCESCHI.
Sull' tmportanza che potrebbe
acquistare il territorio della
Marenta.
ISon vi é punto in Dalmazia, dove,
tolti i tra11 i slerili e sassosi, non si of-
fra all' eéonomo vasto campo di specu-
lazione onde trarre il maggior possibrle
frutto dal suolo, de'suoi doni particola-
ri, impiegando varié maniere di coltura
de' campi, e gettandovi le opportune se-
—C 115 )-
di governo , di religione. La greca che fioriva
molto lempo innanzi, e el/era ricca e pieria
di splendore e di bellezza , doveva necessaria-
merile esercitare grandísima forza sulla nazione
latina, la quale possedeva una lingua figlia
della greca , e non erasi per anco sperimenlata
in opere d' ingegno e di menle. In lanía po-
Yertá leüeraria quindi, era nalurale che i ro-
mani rozzi ancora , e guerrieri, meglio che
torsi I' astrusa cura di creare una propria e
nazionale lelleralura, perfezionando i gretti
tentalivi di qualcun suo scrillore, ch' erasi pro-
valo di dar fuori alcuna opera, come Livio
Andronico, Gn. INevio; Etmio da Rudia,
Fabio pittore; si lasciassero anclare all' imita-
zione de' bellissimi e quasi perfetti modelli greci,
e per conseguenza siudiandoli assiduamenle ed
informandosi su quelli, componessero una let-
teratura che di poco difíeriva dal modello,
ritraendo da quella il tipo delle proprie crea-
zioni non solo, ma ben anco i concelti , le
imagini, 1'elocuzione , il torno de' periodi,
delle frasi. E se pur la loro letteratura alcun
poco si allontanava dalla greca, 1' era per quella
varietá che le dava la lingua, ed il caratlere
piü austero e piü crudo de' latini; ma 1' im-
pronta del genio nazionale, ma 1'origin^litá
era in gran parte smarrita, abbenché , come
lio promesso, fossero due popoli attrovanlisi
fra le medesime circostanze. INé poteva succe-
dere altrimenti; imperciocché a tale era con-
dolía la letteratura greca, che niente di piü
perfetlo presentavano le nazioni tutte. Era essa
T immagine e lo specchio di una nazione, in
cui con felicissima armonía si vedevano svilup-
pate tutte le facollá sue, in cui lutto ció che
al viver coito e felice era necessario si ritrova-
va; che di nulla cosa piü si compiaceva che
de' piaceri d* una vita clíe aveva termine col
corso moríale, ma che nuil' oslante lasciava
anche dopo morte grande splendore di se nella
memoria de' posteri, quando di vero mérito e
di vera gloria si adornava; che non intorbídava
il proprio cuore, non rattristava il suo animo
per i continovi rimbrotli d' un interno giudizio
che rimproveravala del mal falto, perciocché
aveva divinítá che perfino i piü sconci peccati
proteggevano, e le idee sulla vita avvenire
troppo vaghe ed incerte correvano; che final-
mente tutto misurava col piacere presente,
coll' interesse e colla gloria , ed il publico be-
ne gagliardamente difendeva , esponeodosi ani-
mosamente, perché contemporáneamente tute-
lava la propria liberta, i suoi beni privali, e
le gioie e le delizie di una vita che godeva
delle piü care impressioni, e stava tulta ap-
poggiata ad un equabile temperamento. Una
tale letteratura non poteva non avere in se
una pienezza, un molo, una finitezza meravi-
giiosa , non poteva non contenere le piü gaie
e piü ridenti imagini, conseguendo quella per-
fezione di dílelto, il quale era íl primo mo-
vente della nazione, che il suo massimo per-
fezionameto riponeva nella massima soddisfa-
zione de' suoi fisici, intelleltuali e morali bisogni,
ed oltre ció poco o nulla scorgeva.
Qnesta letteratura dunque, ch' era allora
la migliore, determino il genio e Y Índole della
romana; cosicché, sebben le riguardi, esse due
non vengono costiluire che una sola per 1'in-
fera rassomiglianza che hanno fra se. E la
greca per conseguenza n' era slimata la migliore
anzi il tipo sopra di cui 1' altre tutte si dove-
va no model la re.
Diseminatasi col progresso de' tempi la
religione cristiana fra le varié nazioni che com-
ponevano gli stati greci ed il grande colosso
del romano impero; nate vic^nde che non solo
sconvolsero i sistemi social i de' primieri tempi,
ma scompaginarono, anzi consumarono i piü
grandi popoli ; discesero dal settentrione e dal
centro del!' Asia orde infinite di nomadi che
andavano in traccia di una patria e d* una sede
piü agiata e piü tranquilla, e che a guisa di
torrente indomabile innonclarono quasi 1' Europa
tutta, dislruggendo e i monumenti e gli ordini
anlichi; successo il bisogno fra si contrarí ele-
menti, di star sempre sulla difesa, sulle rep-
pressaglie, di aíFortificarsi tra rocche e mura,
dal che ne derivavano i piccoli tirranni tutti
¡ntesi alie proprie passioni ed interessi , e per
conseguenza ostacolo invincibile al publico be-
ne ; diffusasi in mezzo mondo quasi come elet-
trica scintilla, la religione di Maometto e la
forza invincibile allora delle suearmi, i popoli
smenibrati, divisi, angariati, fra continué ven-
dette e paure, lasciarono cader in ob'io le
antiche discipline, le apprese scienze ed arti,
che non ebbero né lempo, né agio fra tanto
trambusto di occuparsene, e quindi il mondo
ricadde in una ignoranza, in una barbarie
propriamenle deplorabile, e spaventosa.
(jará cont^j G. FiuNCESCHr.