Li DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si puòlica ogni Giovedì. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franca
di porto fiorini S, per semestre fiorini 2 cor. SO. Le associazioni $ ricevono in Zara dal proprietà-
rmt fuori da tutti gt ti. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o;' lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale in ,stamperia Demarchi-Hougier.
JkTSJt- Giovedì 25 Settembre. 1845-
SOMMARIO.
Statuti del 1235. Sulla letteratura romantica* La
marina mercantile alle Bocche di Catturo. Iscrizio-
ni. Economia. Notizie marittime.
II seguente documento del 1235 offertoci tla
illustre e doto personaggio, noi publichiamo tale qual
è per queste stampe. E una traduzione italiana po-
co buona fatta probabilmente due secoli fa dal la-
tino o dall'illirico, e niente meno non alteriamo o
togliamo neaneò un iotta, perchè ci compare rispet-
tabile anche quel rozzo stile avente in se qualche
cosa di antico e di venerabile. Nè infruttuoso cre-
diamo questo documento. Aiuta in qualche modo alla
patria storia, ed oltreché ci discopre l'anno dell'o-
rigine di Kogosnizza, villaggio posto tra Almissa e
Macarsca, ne accenna eziandio alle sette famiglie
nobili che, chi lo sa per quali combinazioni, trapian-
tatesi dall' Ungheria in queste nostre parti, svelsero
fe selve, dissodarono il suolo, e fondarono dimore,
traendo dietro uno stuolo di schiavi e di servi, on-
de provvedere a'lavori delle campagne, al servizio,
delle case. E queste famiglie medesime per varie
vicende a cui soggiacciono gli uomini, tramutaronsi
poi col venir de'secoli in altri luoghi, in altre città,
e talune cangiarono di nome e ne presero un nuo-
vo e da opulenti divennero povere, da nobili ignobili,
stentando una vita clie ne' loro maggiori era do-
minatrice e padrona.
Quindi per questa parte almeno codeste fami-
glie ci sapranno grado, essendo questo documento
sicuro dell'antichità e nobiltà di loro schiatta. DI
più da chi ben vi bada in questo, verrà veduto che
quésto famiglie medésime facendo a sè stesse ed
alla loro comunità un codice politico giudiziario,
tentavano con la gravezza delle pene a tenere in
freno ed in ordine una società, su cui può uni-
camente il terrore ed il castigo, perchè rozza e
schiava; e che in questo codiee dettato dagli ari-
stocrati, son tolti di mira solamente i servi ed i co-
loni, mentre i nobili ed i Maggiorenti sembrano esenti
da ogni legge, eccettuato il caso di tradimento, caso
ehe nuoce parimenti a tutti. — In esso viene pure
promossa la pietà religiosa, ma con quelle pene e
castighi contro i mancatori che son proprie dei se-
coli feroci in cui vivevano. Anzi ogni castigo è ec-
cessivo, e quelli particolarmente che puniscono chi
per fatalità mancò del dovuto rispetto verso taluno
de' nobili. — In virtù poi di quali privilegi e di qua-
li meriti hanno essi ottenuto da Bela IV re d'Un-
gheria allora regnante e patrone della Dalmazia di
trasporrsi dall'Ungheria in Rogosnizza e di occu-
pare tutto quel tratto di paese incolto, stabilendo
statuti e leggi che ritraggono molto dagli statuti, e
dalle leggi delle ungariche comunità, noi indicar non
Io sappiamo. Ma egli è certo che questa piccola co-
lònia col crescere degli anni crebbe ella pure e dila—
LA DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier,
M W. Giovedì 2 Ottobre. 1845-
SOMMARIO/
Delle cagioni e degli effetti morali della moderna
letteratura romanzesca. — Stato dell'industria
serica in Dalmazia nel 1845. — Varietà.
et
DELLE cagioni e degli effetti morali i
DELLA MODERNA LETTERATURA
ROMANZESCA.
(continuazione).
Sul proposito della depravazione morale, eh'è
la quarta cagione della corruzione delle lettere, io
non indagherò per quali cagioni ella siasi tanto pro-
pagata; nè se oggi sia maggiore che ieri, o quale
sia per esser domani. Quando pure volessimo in-
durci a sperare che gli animi stanchi del dubitar
d'ogni cosa, e sazii della stomachevole .ebbrezza
della morale licenza, comincino finalmente a crede-
re al bene, ad amarlo, a cercarlo; non può negar-
si però che finora la fede religiosa, l'amor di patria,
la preferenza del publico al privato interesse, in-
somma quella virtù in cui sta la grandezza morale
e la materia dell'eloquenza, sono stati generalmente,
e son tuttavia sentimenti poco creduti o poco ono-
rati, seppure non talvolta biasimati come atti d'ipo-
crisia. Quindi agli scrittori di retto sentire e di sa-
no giudizio manca l'impulso a bene scrivere, man-
cano gli argomenti; quindi i drammi più spavente-
voli e i racconti delle più infami ribalderie sostituiti
alla buona commedia e alla censura dei vizii. Della
qual buona commedia e della satira morale, ognun
sa che l'essenza, cioè il ridicolo, sta nella novità
0 disconvenienza dei fatti e dei caratteri; e per no-
vità qui s'intende tutto ciò eh'è fuor di certe nor-
me fissate alle cose dall'uso, dalle leggi e dalla sa-
na opinione degli uomini. Il vizio dunque cessa di
esser ridicolo, quando comincia ad esser generale.
Un impiegato prevaricatore, un avvocato bindola,
un ministro corruttore o nipotista, un militare smar-
giasso, un collegiale che fa l'uomo di stato, un de-
putato o un elettore che predica indipendenza per
vendersi più caro, non sono più una singolarità. De-
vo io pagare 50 soldi, dirà più d'uno, per andare
a vedere al teatro ciò che vedo ogni giorno alla
camera, alla banca e nei salotti? così al vizio sciol-
to dal timor della religione e delle figgi, non resta
neppure per freno quel timore eh'è pur sì potente,
massime negli animi francesi, il timor del ridicolo;
e chi credesse di far ridere anche un onesto udito-
rio Colla publica satira di codesti vizii, farebbe ri-
dère di se, ossia della pròpria semplicità o impru-
denza: e sarebbe veramente cosa imprudente e pe-
ricolosa per uno scrittore di commedie il porre in
iscena siffatti vizii; poiché per uno o due viziosi,
ch'egli avesse tolto a modello, mille altri, per non
dire un'intiera condizione, si crederebbero ingiuria-
ti, e griderebbero eh'e'vuol disordinare, sovverti-
re io stato, spargervi il seme dell'anarchia. a Mo-
ESTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
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• .1 ',• I • ùmih. .!!! 1 ' T.—•—
Si publica ogni Giovedì. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
di porto fiorini 5, per semestre fiorini 2 car. 30. Le associazioni si ricevono in Zara dal proprieta-
rio, fuori da tutti gl'ii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere cfìe franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale in stamperia DemarchURougier*
M JM- Giovedì 9 Ottobre. 1845-
SOMMARIO.
Storia della Dalmazia dì Gio. Cattatimeli, voi. 4.
Poesia. Scene della vita. Stato sull'industria se-
rica in Dalmazia nel 1845. Varietà.
MEMORIE degli avvenimenti in Dalmazia dopo la
caduta della repubblica veneta, con un saggio sul-
l'amministrazione publica veneta e del regno d'I-
talia, di Giovanni Cattalinich i. r. maggiore in pen-
sione. Tomo unico. Spalato tip. Piperata 1841 in 8.*
L'autore già conosciuto in Dalmazia per la sua
storia publicata in 4 volumi, volle esporre quasi
ad appendice della suddetta i fasti de'suoi tempi av-
venuti sotto i suoi occhi ed a molti de'quali prese
parte egli stesso. Quando non sia parziale ( e tale
non credo certamente il sig. Cattalinich) un tale sto-
rico è certamente il migliore, è l'unico anzi che possa
dirsi storico nel vero senso della parola.
La storia contemporanea ha una difficoltà mag-
giore in confronto delle altre: quella che nasce dal
dover parlare di cose recenti e di persone delle quali
alcun convive ancora, altre vivono nella ricordanza
dei superstiti, nelle opinioni in parte fallaci, in parte
esagerate. Laonde, chi scrive di ciò,'ha molto che fare
a schermirsi da nimistà e da guai. A queste dificoltà
noi dobbiamo molte delle favole antiche e moderne
che tuttora c'ingombrano gli orecchi* Incominciando
da quel buon Numa Pompilio che scioglieva le pietre
nell'aceto, sino a' tempi più vicini, la storia ridonda
qua e là di alterazioni dovute quasi sempre alla par-
zialità degli scrittori le più volte contemporanei. È
per questo che il libro da noi ora annunciato dal sig.
Cattalinich, il quale ci sembra scrittore abbastanza
franco e libero, merita lode. . .
Premesse alcune nozioni sopra le differenti pò*
polazioni della Dalmazia antiche e moderne, nelle
quali nozioni troviamo curiose notizie di varii abitai
tori che furono in quella regione, dei loro costumi,
del carattere, delle gesta, ci parla degli slavi propria-
mente detti, stabiliti nella Dalmazia nei secoli setti-
mo e quindicesimo ; dei Morlacchi, dei Croati, i quali
vennero nella Dalmazia idolatri, e furono tratti al cri-
stianesimo dal famoso Giovanni di Ravenna arcive-
scovo di Spalato da noi ricordato nell'analisi dell'o-
pera del professore Carrara.
Questo popolo ebbe duchi e re: re idioti che
non sapevano leggere ne scrivere, che nel cortile del-
le loro abitazioni accoglievano ministri, barn, sedai-
ski, supplicanti; e all' ombra d'un albero ed alla spon-
da di un rivo rilasciavano benefica pella città, dota-
vano chiese e monasterii ecc. ecc.
L'anarchia successa in Dalmazia dopo la cadu-
ta della veneta repubblica, occupa Fautore nel se-
guente capitolo. È veramente lacrimevole il quadro
che ci si presenta. Le ruberie, i massacri avvenuti
in que' brevissimi dì, fanno rabbrividire. La tragica
fine del colonnello Matutinovich, dell'arambassè 3ia-
russich, e di altri molti, danno a conoscere comefos-
LA DALHAZIi
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
di porto fiorini per semestre fiorini 2 car. SO. Le associazioni si ricevono in Zara dal proprieta-
rio, fuori da tutti gl'ii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di post fi e con
recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier.
M Giovedì i e Ottobre. 1845-
Andando a spirare coll'ultimo di ottobre eorr. l'ab-
bonamento semestrale o trimestrale al giornale
LA DALMAZIA, l'editore desideroso di unifor-
mare i periodi dell'associazione alle parti dell'an-
no solare, prega tutti que'cortesi Signori, che fiM*'
nora (iella loro firma l'onorarono, a voler itfnno-
vare l'associa»ione presso i rispettivi Ufficii pò^
stali per gli ultimi due mesi dell'anno. Per Zara
il prezzo del giornale è di 40 car., per la pro-
vincia e fuori car. 50. Si rilasceranno quietanze
anche pel 1.° trimestre 1846.
SOMMARIO.
Stato politico e giudiziario delle ec. ec. Stato sul-
l'industria serica in Dalmazia nel i.845. Mi-
' m'era di carbon fossile dì Dubravizza. Noti-zie
marittime.
STATO POLITICO E GIUDIZIARIO delle città
marittime e delle isole dalmate nel medio evo,
desunto dai loro statuti municipali.
Il lavoro, che sotto al suddetto titolo andremo
publieando, è frutto di lunghi studii fatti sopra do-
cumenti e leggi municipali dalmate dal sig. Ales-
sandro di Reutz, fu professore di diritto nell'uni-
versità di Dorpat.
Oggetti di salute Io portavano4 nel 1831 a
passare l'inverno a Venezia. — In onta alle vicen-
de politiche osservò, continuare tal quale collega-
zione d'interessi e di tendenze tra quella città ed
i suoi antichi sudditi slavo-dalmati; vide, che nelle
abitudini, nel temperamento e nel carattere somi-
gliavano àgli sfavi del nord : n' ebbe maggior con-
vincimento di ritorno da un viaggio fatto pér la
Dalmazia fino all'altipiano del Montenegro; s'accin-
se ad investigare sulle condizioni di quel popolo nel
medio evo, ed i tesori delia biblioteca di san Mar*-
co gli porsero tutto l'agio a condurre al termine il
suo assunto, e di presentare un quadro storico di
quei tempi, maestrevolmente trattato.
Tenue forse sarà il merito del giornale ripor-
tando questo lavoro volgarizzato, qua e là ridotto;
l'editore però si terrà pago, se colla sua qualunque
siasi fatica avrà contribuito al vantaggio de'suoi
lettori, di quelli specialmente, che amanti delle sto-
rie patrie, e forse da più cure distratti, non hanno
ne tempo nò mezzi di consultare codici antiehi per
attingervi le cognizioni di usi e di costumi della loro
patria np\ medio evo.
Abitanti primitivi. Invasioni. Lingua del paese.
Non è stata finora impresa da poco Io scio-
gliere con precisione il quesito: a che schiatta di
popoli europei avessero appartenuto i primitivi abi-
tatori dell'filino; però sempre più vanno conver-
gendo i pareri a stabilire, che sin dai primi tempi,
ed innanzi alla dominazione romana vi abitavano
popoli affini alla schiatta presente. Non v'ha dubio,
che gli slavi, prima di quel che le storie ne faces-
sero parola, esistessero, occupata avendo l'Europa
dal nord-est fino alle sue parti meridionali. Sehaffa-
IA DAI
INTESO AGL' INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì. Il prezzo annua per Tiara è dì fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franca
di porto fiorini 6, per semestre fiorini 2 car. 30. Le associazioni si ricevono in Zara dal proprieta-
rie), fuori da tutti gì'ii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta e con
recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarcìù-Rougier.
Giovedì 23 Ottobre. 1845.
Andando a spirare coll'ultimo di ottobre corr. l'ab-
bonamento semestrale o trimestrale, al giornale
LA DALMAZIA, l'editore desideroso di unifor-
mare i periodi dell'associazione alle parti dell'an-
no solare, prega tutti que'cortesi Signori, che fi-
nora della loro firma l'onorarono, a voler rinno-
vare l'associazione presso i rispettivi Ufficii po-
stali per gli ultimi due mesi dell'anno. Per Zara
il prezzo del giornale è di 40 car., per la pro-
vincia e fuori car. 50. Si rilasceranno quietanze
anche pel 1.* trimestre 1-846.
SOMMARIO. Una lezione di tolleranza. —
Delle opere poetiche di Giunto Resti. — Poesia. —
Bibliografia. —Teatri. — Varietà.
DELLA TOLIMM
DEL SIGNOR DOTTORE PETRANOVICH.
Da lungo tempo io proposi meco stesso di non
rispondere agli altrui biasimi, e, se meritati, appro-
fittarne a correggere gli atti e le parole mie; se
immeritati, lasciare la mia difesa ai fatti, alla co-
scienza de' buoni 7 ed al tempo. Ma quando seppi
ebe il sig- dottore Petranovich interpretava sinistra-
meute le mie intenzioni in cosa importante al desti-
no de'popoli slavi, ch'io amo; e dopo alcune lodi
di cerimonia, mi tacciava non solamente di non in-
tendere quel che leggo e di giudicare autori che
non ho letti, ma di suscitare con manifesta ingiu-
stizia idee odiose a discapito dell altrui fama; ere-»
detti debito mio rispondere a quella riprensione e
mettere in chiaro i miei sentimenti.
Parlando con lode di Dositeo Obradovich, be-
nemerito della nazione serbica, e proponendolo co-
me un esempio degli scrittori possenti al rinnovel-
lamento de'popoli, io dissi che non seppe spogliarsi
de'vecchi pregiudizi i c/uali lo facevano avver-
so alla chiesa latina. Il sig. Petranovich non ter-
rebbe questa come accusa data all'Obradovich ; di
fanatismo religiosoy se volesse por mente al valore
delle parole adoperate da me. Non credo necessa-
ria grande conoscenza della lingua italiana ne stu-
di profondi di logica per accorgersi che pregiudì-
zio non è fanatismo.
Che ii buoji Dositeo nella sua giovanezza nu-
trisse siffatti pregiudizi nella candida anima suar ce
lo attesta egli stesso laddove narra che andato in
Zagabria per imparare il latino in un collegio di
Greci, al sentire ch'egli erano Uniti, si spaventò, e
disse seco: "unito non voglio io essere, dovessi non
„ imparare mai nulla „. Narra come incuorato dal pre-
te e da'giovani amorevoli, a non- avere paura, e ri-
manersi a desinare, che poi se n'andrebbe in pace;
egli fuggisse dal loro cospetto con le ginocchia tre-
manti (i).
Vero è che soggiunge: * Ancor pensando a
„ quel caso, considero- con «sgomento che terribile
cosa sia il pregiudizio. Quegli stessi giovanetti
(1) Lettere, dove narra la propria vita. Dopo le
favole pag. 322.
stendevano lungo la Dalmazia orientale, ed occu-
pavano una porzione della Bosnia, avevano lasciato
agl'imperatori greci soltanto alcune città di costa,
come a dire Zara, Traù, Spalato, Ragusa, e le
isole non per anco occupate, che però venivano
sempre più strette e minacciate. Queste medesime
città perfino ^ secondo Porfirogenito, pagavano agli
Slavi e tributo, e prezzo di pace, che altre volte
percepivano i pretori, acconsentendovi l'imperatore
Basilio il Macedone, al quale avevano fatti presenti
i loro bisogni (circa l'anno 867). Più tardi forma-
ronsi pure in qualche luogo delle comunità croate
più grandi, come Zaravecchia e Nona. Procurava-
no le città romane di sostenersi più a lungo col
commercio e colla navigazione; sotto l'ombra del
potere imperiale, più appariscente che altro, gode-
vano tal quale sicurezza contro gli assalti degli
Slavi, ma scemando sempre più l'influsso dei po-
tere dei dominatori di Costantinopoli sull' interna
loro amministrazione, ciò portava di necessità, che il
politico reggimento loro da se si sviluppasse. Vuoisi
che già dell' 827 le città dalmatiche si siano dichia-
chiarate affatto indipendenti dagli imperatori, greci,
per non aver potuto essi porger loro protezione non
che ajuto; difficile però si è il determinare, quan-
to abbia durata una tale indipendenza. Una lega du-
revole tra di sè non potevano stringere, ma invece
individualmente andavansi sviluppando nel reggi-
mento proprio e nella legislazione; e tra le altre
città più decisamente Ragusa. I Croati intanto co-
minciavano a divenir padroni di alcune isole come
a dire della Brazza, di Lesina, di Curzola, di Me-
leda e di qualche scoglio; il celebre stato slavo
dei pirati Narentini (1) cominciava ad infestare
sempre più i mari: il tributo a cui le città verso
que' pirati s? adattarono colla mediazione dell' impe-
ratore Basilio, non era bastevole a procurar loro
pace, e la vigorosa interposizione di Venezia, e
l'ajuto che prestò in una guerra marittima, la qua-
le umiliò i pirati (887), fu 1' origine che i primi
vincoli si stringnessero fra le città litorali dalmati-
che e Venezia, sebbene nissuna dominazione imme-
diata da quest' ultima fosse stata esercitata sulle
medesime. Si furono i Veneti, che difesero anche
Zara contro il principe Slavo Cressimiro (1018).
Almìssanì ed i Cacichì continuavano
ad esercitare la 'pirateria molto tempo dopo la ces-
sazione dello stato narentino. La posizione era fa-
vorevolissima alla pirateria: era quivi facilitata e
ai Saraceni, e agli Uscocchi.
Tace poi la storia, per quali circostanze le Cit-
tà dalmate passassero di nuovo sotto il dominio gre-
co (circa il 1030) e magistrati greci vi s'incon-
trassero, parlando i documenti nel 1042 d'un priore
della città di Zara; nel 1064 d'un priore di Traù,
d'un proconsole, d'un protospatario e stratigo della
Dalmazia (1). Per essere stato soggetto il territorio
nella massima parte alla signoria degli Slavi, sì
comprende la ragione del potere che vi avevano i
re croati^ specialmente nelle investiture e nelle do-
nazioni, che facevano ai conventi. Cressimiro, il
quale riunite alcune zupanie aveva assunto il titolo
di re di Dalmazia, cercava d'indurre i Zaratini
a riconoscere la sua sovranità (1050) ciò però
diede a'Veneti l'occasione d'intraprendere una spe-
dizione guerresca, in seguito alla quale il doge
s'acquistò il titolo di protospatario dell'impero gre-
co. Fra la fine del XI. secolo, ed il principio del
XII. tutta la Dalmazia, e di mano in mano le città
litorali e le isole passarono sotto il dominio ungari-
co, che ne confermò i diritti ed i privilegi. Per tal
modo adunque la costituzione politica andava acqui-
stando basi sempre più salde, e perfezionossi per
le guerre quasi incessanti fra Venezia ed Ungheria,
nelle quali stavano le città or dall'una parte, or
dall'altra» A questo tempo Ragusa conseguì piena
indipendenza. Viemmaggiormente contribuiva allo svi-
luppo della conformazione politica delle città il do-
minio dei bani e dei conti in Dalmazia, in Bosnia,
ecc. i quali spesso mantenevansi indipendenti e dal
re ungheri, bosnesi e serviani. Consolidavasi l'or-
dine politico nell' interno, e guadagnava un carat-
tere più determinato in faccia al potere sovrano del
principe in conseguenza delle guerre intestine e del-
(1) Poche notizie, e queste in oltre oscure si
ponno ricavare da G.Lucio sull'antica conformazione
politica delle città al tempo del dominio bisantino. Il
priore, sembra sia stato il preside del governo con
giunta di alcuni tribuni o giudici. Il priore di Zara
era anche proconsole della Dalmazia. Il priore, il ve-
scovo ed i magistrati inferiori disponeveno delle ren-
dite municipali. 8embraf che in tutti gli affari civili|
ed ecclesiastici vi prendessero parte eguale il clero, i
Aobili ed il popolo, al qual ultimo appartenevano anche
gli schiavi restituiti a libertà. Il reggimento perciò
aveva in sul principio maggior numero di elementi
democratici, di quel che s' incontra più tardi. Il
priore fu creato Comes, e sotto i veneti, quello che
scegUevasi tra i grandi appellavasi rettore o conte.
Non è noto il tempo, in cui la nominazione a questa
carica dal supremo potere è passata a qnello della
elezione Ubera.
277 «Es-
porti difesi da ogni vento amplissimi, e capaci del-
la maggior flotta; che era intersecato in tutte le di-
rezioni da ripide montagne vestite di ogni maniera
di alberi d'alto fusto; che ha frequenti fiumi i quali
mettono in mare; le cui isole, tutte o la massima
parte erano e sono popolate di abitatori numerosi,
che qui pure, come da per tutto, dovevano colla
industria della navigazione procacciarsi, quanto la
scarsità del terreno coltivabile loro negava; un pae-
se, dico, aiutato da simili circostanze doveva occu-
parsi sommamente della navigazione, la quale fino
dai tempi remotissimi fu la fonte principalissinia
delle ricchezze e dell'incivilimento delle nazioni.S'ag-
giunga che la Dalmazia era allora composta di una
parte dell'attuale Albania, dell'Erzegovina tutta,
della Bosnia, di una porzione della Croazia, le quali
Provincie siccome fertili in ogni sorta derrate, sic-
come abbondanti in legnami, in metalli di ogni qua-
lità, siccome doviziosissime di animali, e non aventi
alle marine altro luogo di facile communicazione,
dove recare le loro merci per lo spaccio, dovevano
di necessità calare al mare, ed approfittar di quelle
comodità che offrivano continui porti, e città ampie
ed opulenti, se pur non amavano meglio di affidarsi
ai malagevoli e disastrosi viaggi di terra, che nean-
co lasciavano concepire al trafficante tutte quelle
speranze di lucro, che avevansi dal commercio di
mare.
Tutte queste circostanze contribuivano a far
della Dalmazia una provincia navigatrice, sopra
qualunque altra che si giaceva alle sponde dell'Adria-
tico, essendo che le coste dell' Italia opposte a que-
sta nostra terra erano nella maggior parte prive di
porti, inaccessibili, direi quasi, per rupi continove,
senza difesa di scogli o di vicine isole, salvo il
gruppo delle isolette di Diomede, con pochi seni,
esposte al pieno golfo. Infatti scarsi porti avevano
l'Umbria, il Piceno, la Daunia, la Peucezia che ci
stavano rimpetto, e se si eccettuino, Ancona, Ater-
no, Siponto, Brindisi, pochi porti contavansi in quel-
la vasta estensione.
Gli è quindi, che mentre l'Italia mal prove-
deva alla navigazione per la poco avvantaggiata
sua situazione, e perchè ricca de' propri prodotti ed
occupata continuamente delle guerre, parte intesti-
ne, parte colle altre nazioni; la Dalmazia favorita
dalla natura di felici combinazioni, e che vedeva
nell'arte del navigare ogni propria fortnna, ogni
agiatezza; sì studiò a tutto potere di riuscir ottima,
in quella, come in fatti n'era riuscita, rispetto«
que'tempi. Anzi da epoche primissime ella si di-
stinse mirabilmente. Discacciati dalla Dalmazia i Gre-
ci Pelasgi, vi si condussero dall'Asia i Liburni,
1184 anni anzi Cristo nato, i quali oltre che la Dal-
mazia, che allora per testimonianza di Tommaso ar-
cidiacono promiscuamente anche Liburnia si do-
mandava, occuparono Corlu, Durazzo e molta par-
te delle coste marittime dell'Italia, stringendosi in
amicizia cogli Etruschi, gente fin d'allora per sa-
pere, per arti, per civili istituzioni, per ricchezze
fiorente. Ebbesi quindi unitamente a quella nazione
il dominio del mare Adriatico.
Ma circa l'anno 406 avanti Cristo, Dioni-
sio tiranno di Siracusa, superati (ciocche gli era
facile a conseguire, perchè già prima estrema-
mente indeboliti dai Galli Senoni) gli Etruschi ed i
Liburni, ritolse loro tutto il litorale dell'Italia, ed
occupò Lissa, donde con ingente flotta si rese pa-
drone del mare Adriatico. Quivi stabili una colonia
Siciliana, fabbricando la città collo stesso nome,
e poco stante eresse altra colonia nel dalmatico
continente alla sponda manca del Drilone, costruendo
la forte città di Lisso, ora Alessio, cinta di mura,
con ampio porto, cui soprastava sul monte una roc-
ca, Akrolissos (Tedi Polibio lib. 10 del re Filippo).
Quasi 'contemporaneamente altra colonia, veni-
va fondata dagli abitatori greci di Paro nell'Isola
di Faria, Lesina, aiutati dallo stesso Dionisio sira-
cusano contro agi' indigeni, per la vista di ottenerne
più tranquillo il dominio del mare.
E clie dovessero i Dalmati, e specialmente le
colonie fondate conoscersi molto addentro della co-
struzione navale e della navigazione, che in que-
st'arte fossero progrediti oltre ogni altra nazione,
più de'Macedoni, de'Greci, de'Romani, degli Egi-
zii, ci è arra sicurissima, elite i Dalmati del conti-
nente approntarono una flotta per trasportar 10,000
soldati contro la crescente colonia di Faria, la quale
però valorosamente difendendosi, animata da Deme-
trio Fario prefetto, li fece da quell'isola svignare.
Ora una nazione che può metter in piedi una flotta
da capir 10000 uomini, óltre le flotte che ebbersi
di conseguenza le colonie di Faria, <li Lissa, e della
città di Lissa, le quali dovevano essere numerosis-
sime, viene di conseguenza ch'era d'assai progre-,
dita nell'arte del navigare, e che oltre le navi sud-»
dette, doveva averne buon dato ancora per il com-
mercio, per la piratica, doveva essere ricchissima
di piccoli bastimenti per tragittare da uno in altro
•luogo.-Sappiamo poi che duccnto treat'anni anzi Cri-
287 c^o
articoli nella gazzetta botanica di Ratisbona; Bia-
soletto: viaggio di S. M. il Re di Sassonia; Visiani;
flora dalmatica.
Intanto dunque che parecchi rivolgono i loro
studii alla flora dalmatica, non manca neppur la
fauna di zelanti cultori e dilettanti, in ispecialità in
questi ultimi tempi ; e P amore che vi pongono, Io
zelo, con cui trattano o l'una o 1' altra parte della
medesima; sono coronati dai più felici risultati.
SulP entomologia abbiamo: Vitalian Donati:
Saggio sulla storia naturale marina dell'adriatico;
Germar: Viaggio in Dalmazia nelP anno 1811, Dar.
Dajean, catalogue de Coleoptéres 1831, e G. Dahl,
coleoptera 1824; tutti e quattro perlustrarono
questa nostra provincia ad oggetto de' loro studii.
Meriti segnalati s'acquistò nell' ornitologia, il
barone di Feldeck, che soggiornando in Dalmazia,
formò colle specie di uccelli dalmati, per l'innanzi
non conosciuti, una collezione, che si meritò poi a
buon diritto celebrità europea. Valenti ed instan-
cabili suoi seguaci erano i signori Reinisch e di
Dahlstein, per opera, dei quali molte nuove specie^
e peculiari della provincia nostra furono e raccolte
e diffuse. Occupavansi. dell' ittiologia e dell'entomo-
logia oltre al sullodato di Dahlstein i signori Neu-
mayer, Kratter, ora fisico circolare in Galizia,
Breuer, contabile all' intendenza di finanza qui, G.
B. Sandri del magistrato sanitario; Vidovich depu-
tato sanitario a Capocesto e St. Botteri a Lessìna
e non tenue è il numero delle sperienze e scoper-
te, che la scienza deve alla loro attività. La morte
rapì Feldeck, Dahlstein e Neumayer; alcune loro
scoperte furono rese di publica ragione colle stam-
pe, altre soltanto ad amici partecipate. - Tutto quello
però, che dagli altri venne raccolto, classificato ed
illustrato, meriterebbe che in un modo od altro fos-r
se publicator per dar principio con siffatti elementi
ad una storia naturale della Dalmazia. Nè riguardi
abbiansi a certe difficoltà, che in pratica poi spau-
riscono; nè tema di errare trattenga i nostri dal far
note le loro scoperte, rammentando, non esservi
opera umana, che vada esente di difetti.
La conchiliologia è presentemente il ramo di
storia naturale, che più d'ogni altro chiama a sè
l'attenzione degli studiosi, e che viene in Dalma-
zia da parecchi coltivato. Si e perciò, che non pos-
siamo astenerci di rivolgervi l' attenzione nell'inte-
resse della scienza, ben sicuri, che ogni nostro rag-
guaglio sarebbe forse non indifferentemente accolto
dai naturalisti e domestici e stranieri. Mercè le re-
centi scoperte si ebbe il conviucimento, che la no-
stra provincia è in modo particolare ricca di con-
chiglie terrestri, o vogliasi, che tale ricchezza sia
assoluta e propria alla provincia, o che* la-medesi-
ma in questo riguardo sia stata più delle altre re-
gioni visitata e perlustrata: si potrebbe però av-
venturare l'asserzione, che nissun'altra provincia-
fuor della Dalmazia, considerata la piccola sua su-
perficie, novera tante conosciute varietà di generi e
di specie di molluschi terrestri. In conchiglie d'a-
qua dolce si trovano delle specie interessantissime
o non comuni, o altrove - mancanti affatto, ma le
indagini non offersero risultati tanto considerevoli
come nelle conchiglia |terrestri. E che cosa direb-
besi della grande quantità e di tante specie di con-
chiglie petrefatte per es. al Promina , al Dinara*
al Biocovo ed altrove?.
Primo, che destasse l'attenzione dei natura-
listi sulle conchiglie terrestri dalmate, er& il sig.
Paolo Partsch, che nel 1834 in compagnia del*
professore Ruppi venne mandato in-Dalmazia per
esaminare il fenomeno delle detonazioni di Meleda.
In tale congiuntura, percorrendo varie parti dei cir-
coli meridionali della Dalmazia, ebbe campo di scuo-
prire varie specie e belle, e del tutto nuove, e ne
fece parola. La quale scoperta indusse quindi molti
illustri forestieri a visitare 1 a Dalmazia'; vedemmo
tra noi a suo tempo i signori Ziegler, e Par-
reyss di Vienna; Stentz di JVeusiedl; Kùster di Er-
langen, Giinzing di Muhlhausen ec.
Neumayer intanto e de Dahlstein, quegli a Ra-
gusa, questi, a Cattaro, avevano raccolto diverse
specie-di conchiglie terrestri e fluviali, eon cui ar-
ricchivano* i gabinetti di storia naturale; publici e
privati, e della monarchia e dell' esterno.. Altri per-
sonaggi continuavano a dedicare i momenti di tempo
libero con lodevole profitto allo stuijjo di questa se-
zione della storia naturale, e perchè < a cagione delle
loro prestazioni sono abbastanza noti ai cultori
della storia naturale, ed i loro nomi perpetuati nella
denominazione delle speccie da loro scoperte, non
esitiamo a nominare i signori C.Kutschig, C. Sv...k,
G. B. Sandri, tutti e tre presentemente a Zara, e
fervidi coltivatori della conchiliologia terrestre, e di
altri rami della storia naturale. Non minor lode de-
vesi tribuire ai signori Vidovich di , Capocesto, Bot-
teri é L. Stalio di Lesina.
Se questi studii ed altri alla storia naturale
appartenenti non trovano in Dalmazia quel numero
di cultori, che ragionevolmente si £otx$||p atten-
Il DALMAZIA
INTESO AGL' INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si pubtìca ogni Giovedì. Il prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
; di porto fiorini Ò, per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dal
proprietario} fuori da tutti gl'iL rr. uffidi postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche diposta
e con recapito alla estensione del giornale in. stamperia Demarchi-Rougier.
M 3 i> Clio vedi 2 7 Novembre* f ftfó*
SOMMARIO.
Degli effetti dei moderni romanzi (continuazione e
fine) — Opinioni del S. Tommaseo — Navigazione
. in Dalmazia a' tempi di Augusto (continuazione e
fine) — Biografia di Pma Giovanni IV. (continua-
zione e fine) — Combattimento navale nel 1750 —
Economia rurale—'Notizie marittime.
• DECLI EFFETTI 1MBI MOBEBM ROMANZI PER
CIÒ' CHE RIGUARDA LA LETTERATURA. \
('Continuazione e fine").
In quanto poi allo stile, l'ignobilità proviene
dall'abuso della lingua1 chè Ohfamasi parlata (a):
•• - r, i*r-i 1— :
a} Dice abuso, e dice bene-Perchè se è vero,
com' io penso, e come sarebbe facile dì provare, che la
lingua parlata dev' esser tipo e forma della lingua
scritta (senza di che la scrittura non ha nè forza
nativa, nè grazia, nè carettere proprio); è pur vero
altresì che i modi della lingua parlata sono differenti
secondo la condizione, le occasioni, lo stato d'animo
di chi parla. Altro è il linguaggio del popolo inculto,
altro quello delle persone civili: altrimenti si parla
in una ragguardevole assemblea, che in una intima
brigata ; unapersona tranquilla o allegra, non parla
come una agitata da passioni o addolorata. La lin-
gua nativa ha maniere e sfumature per tutti questi
casi diversi: e chi non le studia, chi non conosce se
non che i solecismi del dialogo domestico, sa ben po-
co; e adoperando ar mal tempo questo linguaggio tri-
viale, cade in un abuso opposto a quello di coloro che
credono poter essi a tavolino inventare la lingua, o
raccoglierla a frantumi da questo e da quel dialetto.-
Bisogna adunque studiar molto la lingua dove sitar-
la: studiar molto la lingua scritta da coloro che la
parlano; e questa lingua sì ricca, sì pieghevole, sì
soprattutto com' è parlata da certi» vili personaggi
introdotti- in alcuni moderni romanzi. E qui io non
parlerò di quel gergo- di convezione e di mo-
da, che fra' popolani di Parigi si cambia og-
ni sei mesi ( 1 ), comè le fatturi dei pan~
taloni e forme dei cappelli; nè tampoco recherò ad
esame quella lingua, furbesca proscritta» nei crocchi
dell' oneste persone, e pure scritta e commentata in
alcuni romanzi francesi; cioè quel parlare in cifra
e sotto cappa condito d'improperi, d' oscenità e di
bestemmie. Nemmeno intendo di contrappormi a co-
loro che credono lo stile dover, ritrarre un po' dalla
lingua parlata, ond' aver evidenza e' vivezza. Dirò
soltanto in genere ohe L'uso* comune é continuo delle
snella saper appropriare al subietto e allò stile; sai-
perla comporre a quella dignità che dee sempre ser-
bare chi scrive per il publico. - Allora non si corre ri*
schio di porre in bocca <f un filòsofo o d\ un eroe gli
strambottoli delle ciane: il che giustamente biasima
qui il mio pregiato dmico. ft. Lambruschini.
fi} Durante un mio viaggio a Parigi, un pic-
colo Dizionario a penna di queste voci faceva parte
del mio bagaglio, e conteneva le frasi di moda eh'
entravano allora in tutti i discorsi, e anche nei
romanzi e nei drammi, come canulant, cancan, chic,
chicard, chicocandard, chicnosof, cràne, cranement,
excentrique, s'exècuter, lion, lion-monstre, lion à
toute crinière, lovelace, mirobolan, monumentai, py-
ramidal, rococò,, e altri simili vocabili, i quali u-
diti o letti cosi fuori de' confini dì Francia, pa-
jono spauracchi; si direbbe un gergo rivoluzionario,
capace di dar ombra agli uffizj di polizia della
frontiera.
ia fermata. Tengono i danzatori intrecciate le brac-
ria or in uno or in un altro modo, ed ora sciolte e
pendenti. Si uniscono frammisti uomini e donne, giovani
e vecchi, terrieri e forestieri. Incominciano la salta-
zione a passi misurati camminando con grave e di-
gnitoso andamento, e poscia con giuoco uniforme e
concorde dei piedi conducono la danza colle pre-
scritte norme, cantando al suono di popolari istro-
menti a due a due alternativamente con moderata
letizia mista di religioso senso questi due versi co-
stantemente :
Skoèi Kolo da skocimo.
Da se Bogu pomolimo;
ai quali rispondono in coro tutti i ballerini: skoci
kolo. E perchè la casa a senso dei dettami della
religione di Cristo è asilo della pace e come tale
benedetta e sacrata dai ministri dell'altare, alle
volte, in luogo di quei due versi cantano questi:
Skoci Kolo da skoèimo
Da se K' àomu poteximo.
e risponde il coro : skoèi kolo.
Pietro Nisiteo. (sarà continuato').
• •j
ALCUNE CIFRE PER SERVIRE
ALLA STATISTICA DELLA DALMAZIA.
L'amor di patria cresce a misura che si ven-
gono a conoscere più minutamente e la patria stessa, e
le sue forze produttive, lo stato suo presente, i di-
fetti, i vantaggi, e quello che potrebbe col concorso
d' ogni aiuto umano divenire in seguito. È nostro
debito di riportare in quella estensione, che i limiti
del giornale permettono, possibilmente tutto quello
che altrove si pubblica intorno alla nostra provincia,
e diamo mano perciò ad un articolo del sig.M. tanto
benemerito della statistica della Dalmazia, inserito
nei nri. 135 e 136 dal giornale tedesco del Lloyd
Austriaco, a rettificazione e compimento dell' opera
del sig. Tegoborsky sulle finanze dell'Impero au-
striaco, in cui M. limita le sue osservazioni alla sola
Dalmazia. Ciò in relazione alle tabelle statistiche
della provincia publicate nei primi numeri del nostro
giornale. La misura delle superficie è in miglia i-
taliane.
Tegoborsky aveva publicato il suo lavoro in
francese a Parigi; a Vienn^ se ne fece la versione
tedesca con considerevoli correzioni e giunte, che
arrivano sino all' anno 1844. Contiene ragguagli
sopra moltissimi rami finanziarii, e sulle circostanza
che li reggono; a lettori intelligenti però dispiace
non poco il trovarvi frammisti varii dati, che T.
attinse a sorgenti men pure, ed il sig. M. li retti-
fica come segue:
La tabella statistica alla pag. 123 volume I.
sfigura la Dalmazia, assegnandole soli 52 p. cento
della superficie di tèrreno produttivo, quindi la metà,
per così dire di terreno sterne; laddove dietro le
misurazioni catastrali e 1' estimazione dei fondi, co-
me si mostrò nel n. 5 della Dalmazia, in 3717 mi-
glia geografiche quadrate italiane di estensione ri-
sultano improduttive solo 100 miglia all'incirca.
Nella stessa tabella le rendite della provincia
sono espresse con fui. 921,000; quando in ve(fe
le sole contribuzioni dirette, i dazii, ed il monopolio
del sale rendono oltre un milione, e tutta là rendita
supera 1 milione di fior.
Rettificata la superficie della Dalmazia, espri-
mendola con 3718 miglia quadrate, e presa la po-
polazione del 1844 di 406,000 anime, risulta la
popolazione per miglio quadrato di 100 anime, e la
rendita di 404 fni., ciò che dà 3 fai. e 42 ear.
per testa.
Dove Tegoborsky dice, che la Dalmazia, oc-
cupando la 52.a parte della superficie dello stato,
e la 91.a della popolazione, comparisce nel budget
delle rendite dello stato soltanto coni {146 dovrebbe
leggersi, che il budget giunse ad 1[90, essendo in
tal modo proporzionato alla popolazione.
Il prospetto tabellare a pag. 135 dovrebbe
esprimere il terreno arativo con jugeri 238,500 ;
il vignato ed olivato con 153,000; i prati e gli orti
con 23,400 ; terreno da pascoli con J,290,200;
boschivo con 461,600; quindi la somma del terreno
produttivo con 2,165,700 jugeri, i quali divisi fra
la popolazione di sopra espressa, danno 533 jugeri
per testa. • 1
E in quanto ai cereali, i prodotti dovrebbero
essere espresi così: frumento metzen 165,000,se-
gala e frumentone 351,000, orzo 500,000, avena,
spelta e miglio 232,000, totale 1,348,000 metzen.
La superficie del terreno arativo importa 400 mi-
glia quadrate; il prodotto del frumento per miglia
quadrato è di 3370 metzeni ossia staja 2490, e
verrebbero per testa sulla popolazione come sopra
3,32 metzeni, ossia jn circa 2 Ij2 staja., Il prodotto
di frumento, di segala e di frumentone è di 516,000
307
i). 320). Questo riputato scrittore discorre in seric
di lutti gli usi e costumi deila naziune slava autica
e nominando il kolo, lo dice ballo degli antichi Uli- j
rici, non conosciuto dagli Slavi, ma adottato all'e-
poca della Ioro venuta fra noi, e lo giudica la corea
dci Greci. Fra i passatempi della nazione slava de-
scrive anche il ballo, osservando che lo amavano
con trasporto, ma che era sorprendentemente sel-
vaggio. Die' egli: il volteggiare, lo strepitoso cal-
pestar de' piedi, losaltare stravagante, 1' alteggiarsi
in guisa stranamente selvaggia e il earattere della
danza slava. Xella Carniola si vedono queste forme
di molto moderate. Quivi il ballo e vivissimo ed ar-
tiüzioso. Sembra che 1' uomo e la donna a vicenda
si fuggano. Ella gira or innanzi or di dietro al suo
compagno con una celeri tä da destar meraviglia. L'
uomo la siegue, calpesta coi piedi, grida di gioja
salta in alto, dimena il corpo e nel momento ch' es-
so la vuole attrappare, ella gli scappa con una in-
nattesa girata. Masovente la piglia e l'alza in tri-
onfo, gridando con gioja. Questo ballo lo si puö
credere una allegorica rappresentazione dell' antico
slavo costume del ratto delle donzelle. La vivissima
descrizione che ne fa il riputato scrittore, la quäle
io dovetti nell'italiano idioma riportare, forse avra
dlscapitator. Ma posso assicurare che tal e la dan-
za carniolina usata comunemente in quelle couitrade,
e dagli Slavi dell'alto Friuli, ove io la vidi ballare
parecchie volte. Ognuno accorderä, che questa danza
quantunque alquanto dirozzata, conserva evidenti
traccie deirindole della nazione slava dei passati tem-
pi; ed ognuno accorderä altresi massimaladifferenza
essere tra questo ballo ed il nostro kolo; e a me-
glio dire, essere queste due danze tutto aflfatto di-
verse fra loro e per le forme e pel significato e per
1' indole del popolo. Lo si deve dire il primo da a
conescere un ballo, un passatempo di gente se non
selvaggia assai poco digrossata; e nel sccondo
vediamo una danza da poter esser usata senza ver-
gognarsene da una nazione la meglio ineivilita. II
primo offre 1' allegria del ratto delle fanciulle, ed il
.secondo ricorda il culto religioso dci tempi i piii
vetusti, il quäle culto abolito dalla Divina grazia
per la nostra redenzione, seppero gli odierni nopoti
usarlo nei loro onesti passatempi senza offendere i
dettami della religione del nostro Salvatore, e poi-
Che e tale, fu loro perniesso ed approvato dai mi-
nistri del santuario.
Una circostanza valevolissima per la storia
del nostro balio kolo ella e il sapere, che esso e N
usato dai popoli dell' alta Albania, i quali certamentj
non sono ne mai furouo Slavi. Devo questa notizia
a Monsignor iVlbertini fu vescovo di Scuttari, ra-
pito intempestivamente dalla morte, a danno delle
scienze e delle lettere. Un' altra circostanza vali-
dissima del pari ella e il poter dire, che il nostro
kolo quantunque noto ai nuovi abitanti Slavi della
Croazia, della Carniola e di altre contrade slave
coutermini e vicine alla Dalmazia, non fu introdotto
ne aggradito da quei popoli, perche possiamo dirlo,
contrario all' indole loro.
Dietro questo esame a me sembra a poter cou-
chiudere, che il nostro ballo kolo non sia di ori-
gine slava, ne che gli Slavi 1' abbiano portato nelle
nostre contrade quando vennero a desolarle, e che
sia circonscritto fra i confmi della Dalmazia e del-
1'Albania. Questa asserzione non la posso esibire
come assolutamente provata; cioe'che questa danza non
sia usata fuori dei coniini or da me accennati. Sono
incerto se sia in costumanza come si dovrebbe pre-
sumere nell' Epiro, nella Grecia, nella Macedonia
nelle due Mesie, nella Tracia, in generale nelle
contrade che sapiamo abitate da remotissimo tempo
dai popoli giunti dall' Oriente e segnatamente dall'
Asia minore; donde i culti religiosi pervennero ad
in^pirare ai nostri vetusti padri gli elementi della
sociale coltura. Ignaro io di questa importante na-
zione, prego i nostri eruditi, se hanno tracce op-
portune allo scopo di aggiungerle a questo mio la-
voro qualunquesiasi anche rettificando il da me giä
detto, e l'avrö in grado; giacche io amo piii il vero
e 1' utile della storia nostra antica, di quello che la
mia lcttcraria riputazione.
Pictro Xüileo.
Del pittore Vita, e di alcuni altri interem
Dalmati
AI sig. Dottore PAOLO BIOXI. .
Nel visitare la villa del Catajo mi venne ve-
duto un affresco portante questa iscrizione: Joseph de
Vita Valmata feeit 1782: dipinto da non pochi a-
vuto in pregio, e che certamente per il tempo in-
felice dell' arte, nella qual fu condotto, merita d'es-
sere riguardato. Gli e un' adorazione de' Magi;
tema diletto agli artisti del tempo migliore, perche
rappresenta le potesta della materia clie s' inchinano
d'inanzi allo spirito; rappresenta la debolezza e
1'ulmita levate sovra la forza e 1'orgoglio monda-
no. Accenaa una graude speranza adempita, ed. un
1A DALMAZIA
INTESO AGL'INTERESSI DELLA PROVINCIA.
Si publica ogni Giovedì, II prezzo annuo per Zara è di fiorini 4, per semestre fiorini 2; per fuori franco
dì porto fiorini 5, per semestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dal
proprietario, fuori da tutti gVii. rr. ufficii postali. Non si accettano gruppi o lettere che franche di posta
e con recapito alla estensione del giornale in stamperia Demarchi-Rougier.
M 34- Giovedì is Decembre. 184&»
SOMMARIO.
Documenti inediti di G. B. Giustiniani. — Gli
Andreis.—Musica sacra. — Alcune utili pratiche
da introdursi da' medici Dalmati.
DOCUMENTI INEDITI
di
GIO. BAT. GIUSTINIAN
riportanti
Il prospetto politico - economico - statistico - geo-
grafico delle comunità dalmatiche nelV anno 1553.
Dando opera nel rinvenire documenti risguar-
danti la patria storia per istudiarne sopra, non ha
guari mi venne fatto di ritrovare nella ricchissima
biblioteca del chiarissimo sig. P. Nisiteo un vetu-
sto manoscritto contenente la relazione di Dalmazia
delli Eccelentissimi signori Sindici Giov. Bat. Giu-
stirdan et Anjolo Diedo „ scritta delio stesso Giov.
Bat. Giustinian (i). Riporta essa relazione la data
del 1553. epoca alquanto remota e di non poca im-
portanza ne' fasti di questa provincia. La cortesia
fi) Fa di mestieri qui <favvertire il lettore
che la Relazione sulla Dalmazia di Antonio Giusti-
nian nell'anno1575, fattadipublica ragione dal sig.
Solitro alla pag. 75 dei suoi Documenti storici, è
del tutto diversa da questa, che anzi la nostra è di
22 anni anteriore a quella. Quanto poi V importanza
della Relazione di Giov. Bat. Giustinian sia mag-
giore di quella della relazione di Ant. Giustinian
per la copia delle notizie, èfacil cosa il comprenderlo,
rileggendo entrambe ed instituendone un confronto.
dell' egregio possessore mi permise di trarne fuori
da cotesto manoscritto alcuni brani, che mi sembra-
rono i più interessanti, e che risguardaao la Dal-
mazia nostra, per farli quindi col mezzo di questo
giornale a giovamento comune di publico diritto,
imperciocché le cose manoscritte e spesse fiate sono
di pochi od a moltiplici pericoli esposte, e perciò se
alla luce non si danno a tempo, vanno smarite. Sali'
utilità, che potrà arrecare la publicazione di co-
testi documenti m' astengo dal farne parola. Il dotto
amatore della patria storia la comprenderà di leg-
geri. Nel publicarli però ho cercato di schivare lo
scoglio, in cui urtano coloro, che volendo ridurre
a fcuona lezione le cronache antiche, raddrizzane
done com' essi dicono lo stile, tolgono loro 1' origi-
nalità. Io dunque seguirò piuttosto il consiglio del
celebre Lod. Ant. Muratori, il quale nella sua 40.a
dissertazione suH' antichità italiane cosi facevasi a
'dire: Credo io essere le regole della vera critica le
seguenti. Cioè nel publicare le memorie antiche
massimamente se tratte da qualche singoiar codice,
meglio essere non discostarsi dalla lezione del ma-
noscritto, eccettochè negli errori grossolani de1 co-
pisti, che ognuno può discernere. Se crede bene V
editore di mutare, cancellare e supplire qualche co-
sa più grave, non deve mai farlo di nascosto ma ne
ha da avvisare il lettore. S. Gliubich.
DOCUMENTO I.
Liesina.
Ali dieciotto di luglio partissimo da Neresi, e
venuti a cavallo al porto (li s. Piero, montassimo
«nde per provedere a così enorme misfatto del 1514
fu mandato a Liesina della Serenissima Signoria il
Clarissimo M. Sebastian Giustiniano, che fu poi pro-
curatore di S. Marco con autorità suprema, il qual
fece morir molti di quei scelerati sediziosi, abbrac-
ciandoli le case, et ponendo gli assenti in esiglio,
non mancando punto di quanto conveniva alla giu-
stizia veneziana et ai demeriti dei si perversi uo-
mini, li quali anco ebbero ardire di far furore nella
propria persona di quel Gentiluomo, la pazzia e la
rabbia dei quali fu poscia conculcata dal valore e dalla
prudenza sua. Ma perchè questo morbo di sedizioni
aveva fondate le radici in fondo del cuor dei su-
detti plebei, alcuni giorni doppo pululò di nuovo
questo morbo, onde fu mandato non molto dopo il
clarissimo M. Vincenzo Capello Capitanio general
da mare con tutta l'armata, il quale usò medesima-
mente severa giustizia contro quei sediziosi casti-
gando molti di coloro con la forca. Ma tutto ciò pa-
re ch'oggidì resti quella mala impressione di sedi-
zione negli animi, di questi popolari, li quali oltra
che portano odio ai nobili, movono spesse fiatte con-
troversie per interomper et intacar la giurisdizione
del consiglio, la quale essi cittadini confessano a-
verla non manco cara, che la propria vita et gli stessi
figliuoli, et che vi spenderiano per difenderla la
robba et il sangue. N' è da dubitar perchè in tutta
la Dalmazia fiorisce un elevata superbia et altez-
za di nobiltà la qual è posta in mezzo dell' igno-
ranza et della povertà, che sono i due estremi di
questa nobiltà Dalmatina (IJl I costumi di questi
orridito dal miracolo e agitato da un' insopportabile
inquietezza per V orror della congiura, che gli stava
tenacemente radicatanelVanimo e nelV intelletto, re-
sto soprapreso da grave delirio, da cui non avendo
potuto sollevarsi per lenitivi apprestatigli o per al-
cun deviamento, la mattina del decimo giorno se ne
morì. Un anno dopo mentre la nobiltà poco avveduta
dei propri pericoli ostentava i suoi privilegi e si op-
poneva alle pretese della plebe per non dar ai faci-
norosi d'innalzar il loro orgoglio contro la pretesa
convocazione di un generale consiglio da intervenirvi
ognuno, andarono altri tramando stragi e semi-
nando sedizioni. Cosi restò dai congiurati per otto
giorni assediata la città ed uniti venti dei nobili, co-
me si rileva dalla loro scrittura in risposta di quella
dei popolari, salvatisi gli altri dal pericolo e dalla
morte con la fuga nelle città circonvicine „. V. Far-
lati tom. 4 pag. 267-270.
(1) Che se in siffatta guisa andavano le cose in
Dalmazia, che mai si dirà de'nobili Veneziani cosi
detti Bernabotti?
Lesegnani sono assai simili agli Italiani, e di gran
lunga più che non sono quelli dell' altre città della
Dalmazia, perchè oltre che mólti degli uomini et
delle donne massimamente le nobili vestono abiti
italiani, gli uomini universalmente parlano lingua
franca speditamente e dimostrano, il che credo a-
venghi dalla continua pratica de' forestieri, lì quaj
fanno scala coni loro navigli, con li quali navigano
in Levante et in Ponente; il perchè quasi tutto il
tempo dell' anno vi fa scala in questo luogo I' ar-
mata Veneziana, non v' è meraviglia se praticandovi
Capitani generali, Proveditori, Capitani di golfo, So-
pracomiti et tanta nobiltà Veneziana, soldati di di-
verse nazioni che sono sopra le galie et altri. Que-
sta città si è fatta civile. Sono in questa città ani-
me 7100 (1) et uomini da fatto 1410, molti de!
quali si danno al traffico, il quale consiste in di-
verse cose, che ponno importar all' anno più di du-
cati 70,000. Il principal è quello delle sardelle,
del quale si cava ducati da 14,000, et si spedisce
questa mercanzia per Levante come per Pónente
gli ogli, formaggi, formenti, carnami, pani et sali.
Di botte e barili tragono più di ducati 6000 ali'
anno (2}, il legname del quale vien tutto da Fiu-
me luogo della Croazia, et con questi bottami et
sardelle sono arrichiti i plebei, I formenti, risi, ogli
vengono da Puglia, i carnami dalla Murlachia. I
vini poi che si vendono oltre le bevise di tutta P
isola passano ducati 15,000 all' anno. Sono poi
altri traffichetti di diversa sorte, che danno utilità
a tutta la terra et massicamente le lane et calze,
le quali sono le mercanzie delle donne. Si compren-
de tutto ciò dalla vendita di diversi dazi della Co-
munità, li quali gli danno di entrada ordinaria ogni
(1) Qui è incorso Un errore di copista. L' au-
tore intende dire, che in tutta la comunità dì Lesina
vi sono anime 7100, ernie l'afferma eziandio An-
giolo Diedoy collega d'esso Giustiniani questo Sin-
dacato nella Dalmazia, mentre nella sua relazione
innedita si fa a dire „ nei quali luoghi tutti ideila
comunità J sono anime 7100, et uomini da fatto
1310 (1410 secondo il Giustiniani)
(2) Casi pure riporta il Diedo scrivendo di
Lesina. "Si fanno nell' isola gran facende di botta-
mi et barilli per V aumento di ducati 6000 all' an-
no per conservar i vini et per saliar le sardelle, che
in gran quantità pigliano per la valuta di ducati
15000 ogni anno, principal sowenimento dei Lese-
gnani, li quali con tutto ciò sono poveri, perchè l'li-
sola non dà biave per un mese dell' anno, ma vini
ottimi in gran coppia, nei quali sono ripospe quelle
poche facoltà che hanno».
-C 12 )-
debito di manifestarle all'oggetto di accennare alia
faísitá di quel che ci narró il Costantini in quanto
si volesse farne l'applicazione a quel Marco Ma-
nilo, cui i Dalmati chiamarono il secondo lume
della Dalmazia, e che morí in considerazione di
uorno santo: e di purgare cosí quest'ultimo da
quelle tacce ignominiose, onde altrimenti verrebbe
iinmeritamente aggravata la memoria di luí, che
appieno forni scevra di colpe, e tntta cristiana la
mortale sua carriera. Per conseguirmi il divisato
proponimento, mi fo qui innanzi tutto a sporre
volgarizzata la biografía del Marulo, stesa per ma-
no del suo contemporáneo Francesco Natali, no-
bile spalatino, uomo nelle letlerature latine molto
versato, e terso, sia che in prosa, sia che in verso
scrivcsse. (sará continúalo). L. SVILLOVICH.
Osservazioni.
Non ut clarescas odio, sed ingenuitate scribe.
Non contento il sig. dott. Michele Solitro di
quanto avea scritto a carico de' medici dalmati in
un artieolo inserto nell'appendice della Gazzetta
privilegiata di Venezia dei 6 marzo 1844> e de-
dicato al sig. dott. Marco Verzan, volle riprodursi,
usando dello stesso linguaggio, nel patrio giornale
La Dalmazia M 34 coll'indirizzare una lettera al sig.
dott. Valentino Trigari, portante il titoio: Di alcu-
ne utili pratiche da introdursi da! medici dalmati
in cui, prendendo di mira i medici addetti agli
ospitali, gl' incolpa de\\'abbandono, com'ei dice, in
cui giace la scienza medica nella nostra provin-
cia^ non ponendo in pratica molti di que' pra-
tici aiuti giá in uso presso tutte le colte nazio-
ni, tacciandoli di astuti ed invidiosi nel tener
lontani dagli ospitali i proprii colleghi m casi
di certa importanza, non istituendo con frequen-
za le sezioni cadaveriche, rifiutando e stornando
i consulti, purche al letto dell'ammalato non si
veggano con de'colleghi che professano massime
diverse dalle loro. La lettura di questo scritto non
mi avrebbe sicuramente mosso á prendere la penna in
difesa dei medici di questa provincia, ed in ispe-
cialitá di quelli addetti agli ospitali, se circolando
questo foglio fuori della stessa, non avessi temu-
to, potesse alcuno de' piu lontani dar valore ai
giudizii del nostro critico, ed averci in conto di
medici poco curanti de' reali progressi della scien-
za. Egli é con tale intendimento, ch' io qual me-
dico primario dello spedale di questa centrale,
che da norma agli altri della provincia, m'istu-
dieró di confutare succinlamente i punti calunniosi
contenuti in quelle scritture.
Ella é cosa veramente umiliante il vedere, co-
me un'arte figlia in gran parte dell'esperienza, e
della prudente e fredda ragione, sia, al diré di Ba-
glivi, fatta spesso serva di ingegni petulanti, cui
piü caro, che il vero interesse degl' infermi, é il
pompeggiare di dottrine minuziöse, astratte e rina-
scenti, che per niun conto addiconsi ad una scienza
ricavata dal criterio saggio dei fatti. ...
Ma il sig. dott. Solitro non dovrebbe pero
ignorare, che le fonti alie quali attinsero ed at-
tingono i loro precetti e le loro dottrine, i medi-
ci dalmati tanto antichi che recenti, sono quelle
ch'erano e sono comuni anche agí' Italiani, e che
mercé la svegliatezza della loro mente, ed il loro
criterio, potendo fácilmente sceverare il buono dal
cattivo, fortificati dallo studio e dalla propria os-
servazione, riuscirono e riescono tuttodi distinti
nell'esercizio pratico della medicina, ed oltremodo
utili alia loro patria. Né tali divennero recando
al letto dell'ammalato idee preventive, occhi allu-
cinati da sistemi, o sposando con troppa creduli-
ta ed entusiasmo le altrui opinioni, persuasi ogno-
ra, che il dubbio filosofico é la migíiore profes-
sione di fede per il medico, che non puó darsi in
medicina un sistema assoluto di cura, e che da
ogni sistema possono benissimo desumersi ottimi
precetti per giovare aH'umanitá soíferente. Egli é
quindi, che da quanti vennero finora immaginati,
essi sanno raccogliere il meglio, dando cosí la
preferenza alia medicina eclettica, siccome quella
che in ogni tempo ha trionfato dei sistemi, for-
mando ne' suoi seguaci i veri ministri della na-
tura. Né ai medici dalmati riescono nuove le teo-
rie proclámate dal sig. dott. Solitro, quelle teorie
cioé, che da parecchi anni oppugnate da molti,
vennero da' dalmati accolte con quella fredda e
spassionata ragione, che regola la prudente medici-
na de' fatti. Né vale qui ricordargli que' reali pro-
gressi , che vi ha fatti la medicina italiana , tro-
vandosi anche in Dalmazia non pochi caldi e veri
estimatori del mérito di que'sommi, che ne furo-
no i promotori. Soltanto gli si deve far osserva-
re, come fra i molti autori da lui citati, v'hanno
di quelli, che si sono anzi opposti al fanatismo, e
seppero prudentemente contenerla entro i limiti
della moderazione.
Discendendo senza piu ai difíetti notati dal
sig. dott. Solitro, ed alie utili pratiche, che con
pió desiderio eg!i vorrebbe veder introdotle per
cura dei medici dalmati in questa provincia, diró
primieramente: che gli ospitali non solo ne' casi
di certa importanza, ma costantemente sono dis*
Anno II« 1§46. I. 3.
F0GL10 LETTERARIO ECONOMICO
lates o agli inter essi de lia Provincia.
m
JT1
La navigazione in Dalmazia ai tempi di Augusto.
(Vedi i Numeri 29, SO, 31, a. p.J
II commercio di navigazione in Dalmazia,
siccome erasi la fonte principale delle ricchezze;
cosí anche contribuiva mirabilmente a promove-
ré e perfezionare 1' industria e le arti tutte,
a sviluppare ed incivilire que'popoli, essendo que-
ste cause ed effetti, che si succedono di necessita.
Píe poteva un commercio siífatto estinguersi age-
volmente. Poc'anzi quando piu ferveva la guerra
ira Cesare e Pompeo, non si distinsero in prin-
(ipalitá tra le loro flotte le liburne (Floro lib.
4-), mercé delle quali C. Ottavio fece prigione vi-
cino all' isola di Veglia *), C. Antonio legato di
Cesare: ed in quell'altra quando Vatinio vinse lo
stesso Ottavio, ond' ei quatto quatto in notte pro-
cellosa con poche navi riusci a fuggirsene verso
la Grecia? (Vedi Jrzio della guerra Alessandri-
na). Almeno la recente memoria di questo fatto
doveva muover Augusto a mantener florida la na-
vigazione in una provincia, che s'era riservata per
sé, c,h'eragli carissima, cui forse fino dai primi
momenti del suo impero aveva destinata in sua
mente, perché sia il suo precipuo arsenale, men-
tre avvolpinava e Marc'Antonio e Lepido, risoluto,
come gli si parí il destro, uno ad uno di perderli
e di occuparne egli solo il comando del mondo
intero. Perció appunto teneva in pronto una flot-
ta a Ravenna, facendo le viste di custodire l'Adria-
') Vedi il nostro N.° 27, pag. 256, in cui con molto di eru-
dizione il nostro dotto collaboratore dott. N. Ostoich, provó non
essere intervenuto altrinienti quel fatto navale presso Ciirzola,
ma
tico, la quale correva da quella citta a Pola, indi
a Jadera, a Salona, ad Epidauro, ma non con al-
tro intendimento, che di opporla alie flotte egizia-
che di Marc'Antonio, che furente d'amore per
Cleopatra, era cieco al pericolo, che soprastavagli
o troppo confidente del suo valore e della sua su-
periorita, non curava le arti deH'artifizioso avver-
sario. Ned altra via scorgeva Augusto per farglisi
contro, che quella di emularlo con una possente
flotta, essendo che T Egitto, dove quello dimora-
va, avevane in piedi una formidabile, ed era a
dovizia fornito d'ogni maniera di navi, intente al
commercio lucrosissimo dell'Arabia, della Persia,
delle Indie; commercio, che aveva quasi esaurita
molta parte dell'oro di Roma, colla mirra, col ga-
rofano, con la cassia, col calamo, col costo, col
cinamomo, colle stofíe della Persia, colle gemme
e le perle delle Indie, delle quali perle Mecenate
medesimo ne aveva scritto un libro, come narra
Seneca nella sua lettera quarantesimasettima. ISfé
altrimenti la cosa procedette. Quando parve tempo
ad Augusto di combattere e di distruggere l'av-
versario, facendo sembiante di voler vendicare la
ripudiata sorella, mosse guerra ai commilitone di
C. Cesare, che piü d' ogni altro avevalo giovato
per salire al trono, ed allesti una flotta di du-
cencinquanta navi leggere, sulle quali trasportó in
Albania ottantainila legionarii, e dodicimila cavalli,
mentre Antonio tragittava dall'Egitto alio stesso
paese centododicimila legionarii, e truppe ausiliari
moltissime sopra 5oo vascelli. E dopo esitato lun-
gamente nelle aque di Corfú, vicino al promonto-
rio d'Azio, se coiresercito di térra o colle armate
navali debb'attaccare battaglia, alia fine Antonio
si appiglió a quest'altimo partito, persuaso piu
da Cleopatra (la quale come avverte Plutarco nella
vita di Antonio, a ció persuadendolo, pensava giá
ad ogní poca resistenza di scior le vele e fuggir-
sene), che dal desiderio deJ soldati o dal proprio
-C D—
viene coníessare, ch' ella é sempre oscura, ed oscu-
rísima vieppiu fassi, dopo la catástrofe barbari-
ca, trapelandovi solo qualche debil raggio, che
rápidamente si nasconde. Yeggiamolo se sotto il
gotico dominio. I Goti, dicevasi, occuparono la
Dalmazia, ma non le coste rnarittime, deducendo-
si ció dal silenzio degli storici. Ma se nulla ri-
maneva alia capacita loro, perché non discendere
al mare, dove l'opulenza era maggiore e ta spe-
ranza del bottino piu certa? come comunicare col-
1'Italia da essi inondata? come prevalersi delle
navi liburniche acconcie al trasporto delle milizie
.e delle vettovaglie? Paolo Diácono riferisce, che
Odoacre passo l'adriatico per puniré gli assassini
delTimperatore Ñipóte, e per lo conquisto delle
piaggie della Dalmazia. Le sconfitte e le vittorie
riportate da Mundo e da Costanzo dovevano sbran-
care i barbari, e trarli spesso alie marine, ove
potevano rinfrancarsi, e forse oltenere soccorsi.
Teodorico diveniva padrone della Rezia, Li-
burnia, Istria e Dalmazia, né fassi eccezione, che
parte alcuna a luí non soggiacesse. Infatti, per di-
scacciare simile genía scendeva quivi qael Belisario
conquistatore de'Persiani, trionfatore di Vitige, 11-
beratore di Roma, l'eroe piu grande de'suoi tem-
pi, che per artificio femminile, e per la volubilita
delle cor ti, soggiacque infine a disavventura. Símil-
mente quel Narsete spregiato per condizione, e
per la sua taglia, m'allro eroe, elie spento Teja,
schiacció la gotica possanza. Questi dice Echard,
Tom. 7 pag prendeva la via dell'Illirio e
della Dalmazia, indi approssimavasi al paese dei
vene ti.
E Gibon parlando di cotesto: Tom. 8 pag.
117, scrive: «Narsete condusse un numeroso e
» valante esercito da Filippopoli a Salona, d onde
35 costeggio il lido orientale, fino ai confini dcl-
39T Italia, ove fu arréstalo il suo ardire.Ció dee
intendersi, onde sgombrare da'Goti questa nostra
térra, a'quali veniva sempre contrastato il domi-
nio dagl'imperatori d'Oriente; mentre soltanto
sotto Teodosio II e Placidia per Valentiniano III,
alio impaimarsi di lui con Eudossia, era stato slac-
cato rillirio occidentale, compresa la Dalmazia
marittima, dall'Italia.
Si conosce inoltre che sotto Teodorico della
casa illustre degli Amali, popolí piu distinti fra
Goti, signoreggiando ei la Dalmazia, manteneva
essa un commercio vivo con TItalia, trasportan-
dovisi legna, lana ed anco grano con i navigli di
lei. Sappiamo pure, ch'egli non sapeva né leggere
né scrivere, ma amava conservare le civili istitu-
zioni e gli edifizii, creando ad effetto una carica
col titolo di Comes nitentium rerum¿ mostrando-
si poi tenero per l'umanita, se la morte di Boe-
zio e di Simmaco non ingenerasse qualche dubbio
sulla sincerita de'suoi sentimenti.
Da tullo ció ci sembra di raccogliere, che i
Goli invadessero tutta la provincia, ma non re-
candovi ruina, portandovi solo que' mal i, che sono
inevitabili in una guerra guerreggiata. Gredtamo
adunque che le citta, di cui favelliamo , non ca-
dessero all'urto di cotesti popoli, poiché non eosi
spietati, come le nazioni succedute, e perché 11011
possedevano con tranquillita queste contrade.
Lo furono per le armi di Ai ti la ? veggiamo-
lo. Sembra non persuaso il signor Nisiteo per lo
silenzio di due riputati autori R. L. M. Miiller e
F. B. Schíitz: dicendosi da'medesimi, che «dopo
averé il terribile conquistatore assoggettata a
3? tributo Costantinopoli, diresse contra le Gallie
r> i suoi guerrieri.«
Ma in istorie simili, e principalmente in
quella del secondo, non avevano tali scrittori il
divisamento di seguir passo passo le mosse di quel
barbaro; né avevano duopo di farlo; e tal narra-
zione, riportando poi sempre stragi e devastazioni
non poteva non divenire uniforme e noiosa.
La battaglia di Chalón, la vittoria di Ezio,
la sconfitta dell' inimico, la liberazione dell' impe-
ro romano, volevano rammentare nella medesima,
e non i minuti particolari, di cui le cronache lo-
cali intrattengonsi.
Noi pero leggiamo: « Attila e Bleda con for-
» te e spaventosissimo esercito gittaronsi sull'llli-
J5 rio, ed i vi per due anni lo disastrarono. Echard
55 Tom. 6, pag. 378.
« Tutta la lunghezza, aggiunge Gibon Tom.
55 6, pag. 378, dell'Europa, che si estende piu di
5? einquecento miglia dallJEusino alTAdriatico, fu
5? dallo slesso invasa; occupata e desoíala da mi-
55 gliaia di barbar!, che Attila condusse in campo. 55
Neirillirio si contenevano tante altre provincie, e
la Dalmazia, che sebbene non nominate, debbono
credersi invade e dislrutte.
11 nostro Zavoreo pero espone: «che l'anno
55 4J2 di nostra Redenzione Alarico re de'Visigoti
con un' armata di dueeentomila uomini afílisse
35 tutto l'Illirio, e di poi sollo l'impero di Maurizio^
» Attila re degli Unni. Desideroso questi da mol-
5? to tempo di assalire 1'Italia, sperando tanto piu
?3 fácilmente impadronirsi dell' impero di tutto il
» mondo, se avesse dómate le forze romane (te-
» mendo che l'impero romano fosse occupato da-
jj gli Ostrogoti, che avevano poco prima invaso
J5 1' Illirio), determinó espugnare le marine del-
» 1'Adriático, acció nell' ingresso in Italia non ve-
;> nisse travagliáto dai Greci, ed a fronte da'Ra-
cuopre plü che suficientemente 11 rninor prodotto
nei grani.
Nel N.° 99 del giornale ledesco del Lloyd
venne dimostrato, che in Dalmazia in termine me-
dio un individuo usa consumare 3 staia di grano
all'anno. L'entrata suespressa di j3o58i staia si
riferisce ad una popolazione di circa 3oo,ooo ani-
me, in conseguenza di che, verrebbero a testa
2 % di staia. In quel medesimo giornale é stato
dimostrato, che il prodotto medio in Dalmazia puó
bastare solamente per 10 mesi, e che la quantita
mancante dev'essere ritratta da fuori. E poiché il
quantitativo di sopra accennato cuopre il bisogno
per 9 3/i ossia per quasi i o mesi; l'anno or de-
corso si puó annoverare in Dalmazia agli anni
di media fertilitá.
II prospetto della produzione dei grani nei
due anni 1844*45 ci guida ad un osservazione
tutta particolare, che inerita maggior riguardo di
quello che le si suoi daré nelle parti settentrio-
nali del nostro stato. Veggiamo cioé, che nel te-
sté decorso anno piovoso, il prodotto dei grani e
dei legumi riuscí di io per cento minore, che
nell'anno precedente; ma vedesi ben anco, che il
frumentone ed i grani minuti diedero Bi per cento
di piú, La cohura del frumentone dunque risulta
viemmaggiormente comaiendevole, in quanto che,
al par dei pomi di térra, rende il terreno piú
suscettibile per i frumenti in conseguenza della
piú frequente zappatura, e colla vegetazione piú
tarda non rende cosí sensibili T influenze atmosfe-
riche delle singóle stagioni su tutta l'economia
rustica, il che puó essere tanto meno soggetto a
dubbio, perché appunto ora in tutti i siti, dove il
frumentone si colliva in maggiore quantita, non si
odono lamenti sulla mancanza di grano.
(J. des Oest. Llojd. 13.) (m.)
Conseguenzc dcH'estirpazioiie dei boschi.
(<lal repert. d'Agricoltura di Torino, Nov. a. pj.
Lo stato naturale di molti paesi troviamo es-
sere ora non poco diverso da quello che gia era,
m modo che essi non han piú quel clima e quella
íertilitá che anticamente avevano. La cagione prin-
cipale di ció si é la estirpazione dei boschi, alia
quale non v'ha piú mezzo di rimediare, massima-
mente sulle vette delle montagne; laonde bisogne-
rebbe almeno fare si che il male non si aumen-
tarse, e perció si dovrebbe impedire il taglio e
l'abbruciamento dei boschi. Imperocché questi so-
no realmente regolatori del clima, mentre attirando
a sé le nubi che si risolvono in pioggia, arresta-
no i venti, mitigano il calore del! estáte come an-
che il freddo del vernó, impediscono la repentina
soluzione delle nevi e cosí gli straripaménti dei fiu-
mi, ecc.
In molte contrade della Norvegia piú volte
accadde che la biada non pervemsse alia maturi-
tà, e Tintera agricoltura andasse in rovina per
essersi spogliate -le montagne di boschi, i quali
prima trattenevano i venti nocevoli.
Jn alcuni contorni della Francia, anticamen-
te folti boschi distendevano le loro ombre; essen-
dosi di poi moltiplicato il popolo, questi vennero
malauguratamente estirpati, massime per daré luo-
go alia coltura delle viti;ma il danno derivatone
superó di gran lunga l'utile che se ne aspettava :
perocché il clima, già assai caldo, con ció di-
venne piú asciutto, le pioggie, che prima, raccol-
te dalle piante, ebbero agio d'insinuarsi nel ter-
reno, ora senza ritegno precipitansi nelle valli tra-
scinando seco la poca terra che copre le rupi e
che prima dalle radici degli alberi era conserva-
ta; di qua venne la nudità delle montagne del
Í>aese e i impossibilità di piú mai rivestirnele. Sul-e montagne di granito, la smania di estirpare i
boschi non ebbe seguaci, circostanza che deve a-
scriversi aH'altezza di queste montagne di prima
formazione ed alia loro distanza dal raare o dai
luoghi molto popolati, perció v' ha ancora abba-
stanza di boschi. Non altrimenti parte deU'Egit-
to e della Soria, dopo che le montagne restarono
spogliate dJ alberi, perdettero quelle loro pioggie
tanto proficue a rendere non solo l'aria piú salu-
bre, ma ancora i campi piú ubertosi. Mehemed-
Ali vedesi ora costretto a piantare nuovi boschi,
onde le pioggie siano maggiori e le malattie me-
no frequenti.
Roma andava peggiorando piú e piú nel suo
clima, come grado a grado sparirono nei suoi
contorni i sacri boschi coi loro germi. Cosicché
finalmente gli uomini si awidero del loro errore,
e probabilmente non passera gran tempo che si
pianteranno dei nuovi boschi. I nostri piú vecchi
si ricordano che prima che le montagne e pianu-
re fossero state spogliate di boschi, le pioggie e-
rano piú abbondanti; oltre che si puó temere a
ragione che il consumo del legname, che va au-
mentandosi, non solo non rincari oltre modo il
prezzo del combustibile nellë fabbriche e sulle stra-
de ferrate, ma in molte contrade, diventando il
clima árido oltre i 1 solito, anche la íertilita si
diminuisca e le malattie si aumentino. Anche la
Dalmazia , la Liburnia e l'Istria, erano una volta
coperte di boschi. San Girolamo parlando della
Dalmazia dice, essere questo un paese coperto di
dense foreste. Sembra che il gran consumo di le-
Anno II« 1 S 4 6. M.
FOGLIO LETTERARIO ECONOMICO
Inteso agli interessi délia Provincia.
mm mm
InvestigazioDi storiche sull' isola Tauris.
Prima di por mano ail' indagine per deter-
minare, quai isola del mare adriatico si appelas-
se dagli antiehi Tauris3 credo ottimo consiglio,
l'accennare alcune storiche notizie pertinent alla
Dalmazia; si per sovvenire i leggitori de'fatti sto-
rici, altra volta rettifieati, e si per collegare que-
sti con ulteriori ricerche, che ho in animo d'in-
traprendere su di altri punti nella storia nostra
controversi. Comincierô dunque con dire, che nel-
l'appendice dei N.i 99 e 100 délia Gazzetta di
Zara anno 1843, io aveva fatto vedere, che nel-
l'anno quarantesimolerzo avanti Cristo, i dalmati
mediterranei erano in possesso délia liberta, e che
la costa marittima délia Dalmazia, stava in pode-
stà del senato romano, xlveva fatto conoscere an-
cora, che Asinio Pollione fin a quell'anno non a-
veva militato nelle dalmate terre, perché all'epoca
délia morte di Cesare; e nel tempo che i Trium-
viri si erano fatti padroni délia somma delle co-
se, egli stanziava nelle Spagne (Cic. lib. 10. Epis t.
3i, 32, 33): che ritornato in Italia, si diede al
partito di Marc'Antonio (Jppian. l. 5. 55.), e che
come legato di lui sedo il tumulto, non de'Parte-
ni epidauritani, come vogliono tal uni, ma deJPar-
tini dirrachiensi ( Fast. capit. — Fast. Barb.)3
perché questi ultimi erano attenenti alia giurisdi«
zione di M. Antonio, al quale nella divisione del-
l'impero era toccato l'oriente tullo, ossia quel
tratto di paese, che si distende da Scodra fino
ali'Eufrate (dppian. I. c.J.
Aveva fatto conoscere di più, che Orazio can-
tando di Pollione, voile nobilitare il trionfo dei
Partini col nome di dalmatico (Annal, deiï In-
stit. Archeol. di Roma T. 2. pag. 295); ed a vea
provato per ultimo, che la notizia tramandataci da
Servio nei commenti all'égloga quarta di Virgilio
era errónea; i.° perché Pollione ebbe il consola lo
nell anno di Roma, quaranta avanti Cristo,
e trionfo de'Partini nell'anno di Roma, tren-
tanove avanti Cristo; 2.0 perché alia spedizione di
Germánico evvi la data dell'anno j5g di Piorna,
sei di Cristo; 3.° perché Salonino era ñipóte non
figlio di Asinio Pollione il Vecchio (Tacit. An.
I. 3. c. 75.). Aveva avvertko poi, che quell'Asi-
nio Pollione, il quale al diré di Floro (lib. 4- c.
10.), multó i dalmati nelle gregge, neil'armi e
ne' campi, era uno de'figli di Asinio Pollione in
discorso, anzi quel dessoj ch'ebbe il consolato
nell'anno 2 3 di Cristo.
Nell'appendice delía stessa gazzetla N.i 5i, 53,
a. 1844, io mi era studiato di mostrare, che la
provincia della Dalmazia, all'época di Augusto, si
apparteneva alia giurisdizione imperiale, deducen-
do questa notizia da due onorarie iscrizioni, una
di Jadera e di Epidauro l'altra (Lúcius de Reg.
Dalm. et Croat. L. 1. c. 3. — Morcell. de Strl.
Inscript. T. 1.)„ le quali nominano P. C. Dola-
bella legato propretore. Aveva in oltre fatto vede-
re contro l'asserzione di alenni scrittori, che Do-
labella non era morto in Epidauro; i.° perché
dalla iscrizione ¡ádrense, e dalla testimonianza di
Paterc. (Lib. 2. c. 124) risulta, che esso gover-
nava la Dalmazia dali'anno i4 di Cristo, fino al-
l'anno 20 dell' impero di Tiberio, 18 di Cristo;
2.0 perché dali'anno 8 e 9 dell'impero di Tibe-
rio, 21 e 22 di Cristo, egli era in Roma (Ta-
cit. an. 3. 4l' 78.); 3.° perché nell'anno 24 di
Cristo, fu spedito in Africa contro Tacfarinate
(id. ibid. lib. 4' a5.); 4-° finalmente perché nel-
l'anno 27 di Cristo era ritornato in Roma, ove
macchinava contro O. Varrone (id. ibid. I. 4• 66.)*,
dalle quali eircostanze io aveva dedotto, essere o>-
spezielta da noi dalmati , come dice uno storico
rammentando il fine sortito dalla biblioteca ma-
nuziana, che sarebbe una íollia , se non fosse un
dilelto, e sovente una necessila, il raccoglierne
(Ginguené Stor. della lett. ital.).
Di lui fa ripetuta menzione 1'ab. Forlis , il
quale prometiendo di daré dellagliate nolizie di
alcuni traurini e d'altri dalmati illustri, dice che
ció avrebbe fatto profittando delle erudite fatiche
di quel dottissimo vescovo , che si occupava nel
raccoglierle, qualora egli, che polea farlo supe-
riormente, non le avesse dale al publico per o-
nore della sua nazione (Viag. in Dalm. T. 2,
p. 6 e 7). Ma nulla nc fece né l'uno né l'altro,
ed anco in questa occasione trioníó quell'avverso
destino, che finora impedí alia Dalmazia di vede-
re insieme raccolte le tante sperperate memorie
degli uomini suoi piu distinti. J1 conté Rados An-
tonio Michieli Vitturi dirizzó a lui con parole ono-
rifiche il proprio Saggio epistolare soprci la re-
pública della Dalmazia3 Venezia 1777, ed altri
puré negli scritti loro a lui resero quel tributo
di lode che bene si meritaVa.
Colpito d'apoplesia, esci di vita nell'ottobre
1786I, compianto dai poveri, slimato dai dolti ,
amato dai buoni, ed onorato da tutta la Dalmazia.
G. F. c.
Critica.
Ci gode l'animo d'annunziare a quelli de' no-
stri lettori, a cu i fosse ignota, un'opera che ot-
tenne le lodi dei dotti d' Italia intitolata: Del pro-
gresso e del secolo decimonono3 parto della di-
stinta penna del chiarissimo padre Luigi Pasquali
de' M. O. L'egregio autore noto gia alia repub-
blica lelteraria per altre sue produzioni e special-
menle pei suoi principii d'estetica3 ch'acquista-
rongli fama e in Italia e fuori, volle viemmag-
giormente segnalarsi con quest'ultima, in cui non
sappiamo se meglio debbasi encomiare o la vasti-
ta o il criterio del suo sapere. Proponsi egli di
dimostrare in che stato trovisi nel secol nostro il
progresso dell'uomo, o diremo dell' umanila sotto
tutti i riguardi di sua natura; e quindi premesse
alcune riflessioni generali sui diversi stadii che
l'uomo deve percorrere per giungere dalla barba-
rie ai piu alti gradi dell'incivilimento, viene a
articolarmente parlare delle arti piu e meno no-
ili, delle istituzioni civili e religiose, delle scien-
ze teoriche ed applicate, e presentando quasi un
gran quadro in molti scompartimenti, ne desume
con fino giudizio le sue deduzioni, e mostra ció
di cui possiamo andar paghi per aver progredito,
quello in cui s' è relrocesso e quello in cui siamo
stazionarii. Ognun vede l'ampiezza della lela da
lui presa a pennelleggiare. Se quindi ad alcuno pa-
resse che questo o queH'argomento non sia svolto
a sufficienza o con tutta profondità, non dee ma-
ravigüarsene, che né questa è cosa da potersi com-
pletare in due piccoli volumi, né l'autor stesso
s'avvisó di farlo, che anzi si protesta di non a-
ver voluto daré che un saggio, riservandosi, quan-
do il cielo glielo permettesse, di occuparsi del tema
stesso in seguito molto piu in grande. Cosí nem-
meno da veruna discreta persona gli verra data
taccia di non aver egli sempre dato nel segno:
ognuno ha il suo modo di vedere e quindi di
giudicare; oltrechè convien ricordarsi sempre del
delto di Orazio: Dum plura nitent in carmine3
non ego paucis offiendar maculis.
11 prender parte a parte- in esame Topera,
non è assunto proprio della brevità d'un arlicolo
da giornale, né noi vantiamo tanta erudizione da
poter farla da critici in un soggetto che presenta
tanla varietà. Fermandoci per allro in qnalche
materia di cui abbiamo un poco di più esercizio
che sull' altre, rimettiamo i lettori agü articoli
sulla poesia, sull'eloquenza, sulle dottrine religio-
se , e ci lusinghiamo che troveranno verità molte
e ben'espresse. Ci congratuliamo pertanto coll'au-
tore che provó cosi luminosamente la molla dot-
trina di cui va fornito, gli auguriamo agi e vita
per daré il saggio maggiore che promette, e ai
nostri giovani speeiaimente ch'intendono a met-
tersi in alcuno deJvarii sentieri de'buoni studii
colla guida d'un retto lume, la lettura di que-
sl' opera vivamente raccomandiamo. p. D. F.
IiUnarl dalmati.
Parum parva decent.
Questo genere di produzioni letterarie acqui-
stó da qualche tempo tale sviluppo in Germania,
in Francia, in Italia ec., che non era possibile
non ne risenlisse qualche influsso anche quest'an-
golo della terra, e ne fosse allratta l'attenzione
sulle moltiplici forme e tendenze. Dai semplice
lunario, alla più elegante slrenna, trovano gli a-
matori nella sólita stagione presso i librai tutte
le gradazioni intermedie, o vogliasi il pregio ester-
no delle ricchissime legature, fregi, pilture, or-
nati d' oro o d'argento, oppure domandisi il me-
ntó intrínseco delle composizioni, tendenti al di-
letto o all utilità.
ghe funti 2925; olio f. ; pelliccerie diverse
f. 4«9; robbia f. 518; arnesi di casa f. 200; a-
grumi 25o; allume di rocca £ 326;. ossa ani-
mali f. 48o; panni lani f. 207; aquavite f. 260;
manifatture di rame f. 90; droghe funti 75; fer-
ro vecchio f. 4o.
Billibrig. Generi introdotti dali' Ottomano dal
di i5 gennaio a tutto 15 febbraio:
Bovi N. 38o; suini i63i; cera funti 1979;
frumento f. 36859; fagiuoli 913; ferro f. 4oo;
noci f. 58o; orzo f. 6o3; prugne f. 1855, poma
f. 33o; spelta 275; tavole d'abete 3134« Estratti
per l'Ottomano; acciaio f. 268; allume f. 94^; a-
grumi f. 2800; baccalari f. 4^3; carta i. 670;
caffé 29203; filati 10,520; manifatture 8466; 0-
lio f. 690; piombo f. 859; panni 229; pallini e
palle 1059; riso f. 11687; r0^3 £ 335; špiri-
ti f. 46o5; sapone 7077; sal ammoniaco f. 5g6;
stagno i. 4^5; endaco f. i54; pepe f. 3io;vino
f. 1706; vetri f. 584; vetriolo f. 90; zucchero f.
6459; generi diversi 9110.
Grab. Dal giorno 2 a tutto il 12 di febbra-
io giunsero al rastello: Bovi 179; pecore 16; ma-
iali 132; frumento f. 33685; formentone f. 54o;
segala 325; orzo f. 220; spelta f. i3o; fagiuoli f.
600; f. legname f. 4^o5; ferro f. 3885; catrame
f. 5835; frutta 460. Furono estratti: vino f. 1000;
aquavite f. 35o; sale 1000; córame crudo f. 28.
VÜÜBIGTA.
Sacrifizio alla scienza. Il célébré astronomo
La-Caille aveva contratta Tabitudine di riservare
un occhio esclusivamente per l'importante uffizio
delle osservazioni astronomiche, adoperando l'allrp
nel leggere e nello scrivere. Una taie abitudine lo
tondusse ad interessanti risultamenti. Cosi p. e.
egli poteva osservare con tutta la facilita l'altezza
delle stelle sull'orizzonte del mare, osservazione,
che va congiunta con moite inesattezze a causa
délia difficoltà di ben discernere l'orizzonte du-
rante la notte.
(Corrispondenza).
Il poter soddisfare a tutte lesigenze de'let-
ton, renderebbe un'opéra od un giornale si este-
so nella circolazione , da poter in qualche modo
far paghi dei loro voti gli autori e gli editori.
Ma questo supera le forze umane in tanta varieta
di gusti e di tendenze. Qui si applaude ad uno
scritto o ad un cenno, altrove lo si biasima. Ció
che passa inosservato da noi, altrove oífre motivo
a ragionevole critica, o a considerazione piü o
men seria.
II numero 5 p. e. del nostro giornale pre-
sentó argomento ad uno de' nostri corrispondenti
di Spalato di fare brevi commenti a qualche no-
stro cenno. Le poche parole p. e. suile stalle e
sugli ovili fecero a piu di uno arricciare il naso;
fu trovato inconseguente, ed un articolo da ovile.
Ma quot capita¿ tot sensus. Per esempio :
Un povero diavolo di cola, che non possiede né
greggie,né terreni, osservó (sea ragione oda torto,
resta a decidersi) che se é tanto disdicevole il ve-
dere il bestiame per 1' incuria dei giacili insu-
cidato, ben piu schifoso riesce lo scorgere i custo-
di bipedi piú sucidi dei quadrupedi; fa voti quin-
di, che tali guide puliscano primieramente sé stes-
se, quindi un po' di cura estendano ai quadrupedi;
o meglio: facciano 1' una cosa e l'altra contempo-
ráneamente.
Lo stesso corrispondente ci trasmise una Cri-
tica senza zucchero j del seguente tenore:
«Nel prospetto dimostrante il consumo dello
zucchero nei varii paesi delf Europa, giusta il
termine medio deH'introduzione e deila popolazio-
ne, é ommessa la Dalmazia e la Turchia.»
«Forse, perché in Dalmazia si ritiene il cli-
ma dolce, non ha essa bisogno di zucchero ? l).
E perché i Turchi bevono il caffé senza zucchero,
dovra credersi, che non ne facciano uso ? ").»
La domanda sa un po'di malizia. Ma a piano, signor
mío, uno alia volta. Se imparta di sapere, quanto zucchero
venga a testa in Dalmazia in un anno, eccone i dati, desunti dalle
tabelle statistiche ufíiciali publícate l'a. scorso a Vienna. Nel 1844,
a tenore dei registri doganali, furono introdotti in Dalma-
zia 406,000 funti di zucchero , tra raffinato ed in fariña. Presa
dunque la popolazione della provincia a 400,000 abitanti, si ve-
de bene, che il quoziente non risulta di certa dolcezza, perché
viene a testa poco piu d'un funto come in Ungheria, salvo Ter-
ror di calcolo.
Cosi ci é risparmiato l'obbligo di dirlo ad altro incontro.
Attenderemo in proposito risposta da Jusuf beg, se pur
ci capita! e cosi soddisferemo al quesito.
Si publica ogni giovedi. II prezzo annuo per Zara e di fior. 4; per semestre fior. 2; per fuori franco di porto fior. 5, per se-
mestre o trimestre in proporzione. Le associazioni si ricevono in Zara dal proprietario, fuori da tutti gl'II. RR. Ufficii postali.
^«"auceschi Ëstensore e Proprietario. Kara tipografia dei Fratelii BI at tara.
-c 69)-
delle quali parte veni va bruci ata sul rogo appa-
recchiato, e parte, che sarà stata la maggiore, era
consumata in gozzoviglia dai più prossimi devoti
dell'idolo. Canti, balli ed ogni sorta di sconcie
buffonerie accompagnavano la cerimonia. I fuochi
festivi usati alla vigilia del santo protettore di quel
tale o tal altro villaggio, quelli dedicati in onore
di s. Vito, e quelle cataste di legna, che ardono
la notte antecedente alia giornata di s Giovanni
in tutti i punti si puô dire abitati dal popolo
slavo, si puô asserire con verisimiglianza, che sian
un resto dell'antiea solennità, che celebravano in
onore del Dio Svantevid , compita ch'era la messe.
Dice il sig. M tili sen (Gesch. der Wissenschf. in
der Marek Brandenburg), i missionarii di Cristo
lasciarono agli Slavi gli antichi loro costumi, sotto
nome cristiano, dopo averli purificati dalla più
rozza lordura dell' idolatría. Gli antichi Slavi ce-
lebravano pure una festa in onore del Dio Bo-
shizh, consacrata alia pace domestica ed all'ospi-
talità. Le costumanze degli Uscocchi di Segna e
della Dalmazia, úsate perché permesse nelle festi-
vità del SS. Natale descritte dal Valvassor (Ehre
von Krain), danno a vedere gli usi dell'antico ri-
to. Durava la festa pel corso di otto giorni. In
ogni famiglia era riccamente imbandita una men-
sa con cibi e bevande, e con pañi di forma sim-
bólica. La Potiza ed il Poternik dègli Slavi della
Carniola, il Kolazh dei Boemi, lo Strilaz degli
Slavi dalmati, usati all'epoca della nostra festivi-
ta , sono pani simboleggianti che ricordano gli
antichi riti. Dice il prelodato Valvassor, che gli
Uscocchi della Dalmazia destinassero in quest' e-
poca un fanciullo col nome di Gost, per adern-
piere gli uffizii dellJospitalità. Ed un altro fan-
ciullo col nome Badniak, era incombenzato a
mantenere ardente il fuoco simbolico dell'amicizia
costante. Vige tuttora una rimembranza evidente
di questo rito fra il volgo slavo della Dalmazia.
In ogni famiglia con formalità festive e religiose
un grosso tronco di legno, e quanto più grande
tanto più pregiato, portano al focolare col nome
di badniak, ove deve ardere pel corso delle gior-
nate di questa festività. Un sacerdote od il capo
della famiglia con preci lo benedice, ed i fami-
gliari ed amici rispondono aile preci con ispari di
fucile. E vige tuttora nelle dalmatiche contrade
la costumanza di tenere imbandita la mensa per
alcuni giorni, con adornamenti festivi, e d'invitare
l'uno all'altro reciprocamente a bere e mangiare.
Questi cenni che mi fu dato di raccogliere
sulla religione antiea degli Slavi, io non li pre-
sento al publico colla pretensione di aver esaurito
l'argomento, ma coll'intendimento di dar raos-
sa ai nostri eruditi, onde se ne occupino in pió
esteso dettaglio, per far conoscere se vi esistesse
analogia fra la credenza religiosa antica degli Sla-
vi e quella degl'Illirii, della quale faro una breve
esposizione, che bastera peí confronto.
(sara cont.) P. NISETEO.
La »tampa periódica in Dalmazia, paragronata
con la sua popolazione, e con quella delle
altre provincie austriaclie.
Prendendo le mosse, come é ben naturale,
dalla nostra provincia, e considerando quanto si
é fatto appo di noi da varii anni in qua, in pro-
duzioni di questa specie , vi troveremo passi cor-
rispondenti al progresso del tempo, e diremo di
non essere rimasti stazionarii. Sia seinpre cara in-
tanto la memoria di tutti quelli, che col fatto e
col consiglio cercarono d essere giovevoli a que-
sta conlrada, acciocché fra tutte le classi del po-
polo , anche con stampe periodiche, venga estesa la
conoscenza di cose utili a sapersi da ognuno, e
piu agevolmente, che non lo sarebbe con opere di
una certa mole e di prezzo alto.
La Dalmazia, dopo il Regio dalmata (1806
al IBIO1) non aveva nissun foglio periodico suo,
ed appena nel i832 ,perció dopo un'interruzione
di 22 anni, si publicó il primo numero della
Gazzetta di Zara, giornale político, non diverso
dagli altri fogli provinciali di tal fatta, di carat-
tere semi-ufficiale, e destinato a comprendere e
diramare le notificazioni delle autorita centrali in
oggetti politici, giudiziarii ec. Trovat*si pero que-
sta gazzetta in mano or dell'uno, or dell'altro
degli editori, e stesi i suoi articoli politici, let-
terarii, da persone di maggior o minor valentia,
corsé quasi sempre la medesima fortuna, ebbe li-
mitatissimo numero di lettori, e non oltrepassava
i confini, che fossero stati alquanto remoti.
Col principiare del 1844 la luce il fo-
gio letterario in lingua dalmata: Zora dalmatinska,
a spese de'fratelli Battara, e ... tuttora prosegue.
Non é trascorso ancora un' anno, che ha
vita questo giornale: La Dalmazia, che con parco
alimento, ancor esso, regge in piedi come meglio
lo puó, sospirando tempi migliori che non lo fu-
rono finora.
Perché a Spalato non vide la luce il nuovo
giornaletto illirico ed italiano: L'Amico del Con-
tadinoj non siamo ehíamati ad investígame le
cause. Prova novella che le intenzioni sono otti-
II regio dalmata cominció ai 12 di lugliol80G, fin»
al 1.° d'aprile 1810, esciva ogni settimana una volta.
-c 78 )-
açcrescere e perfezionare le produzioni nostre na-
tufâiij ćhe con rossore ancora altrove rirtiracciamo.
^La npstra provincia possiede gli elementi per
coftqurci a questa sospirata meta, basta aver l'a-
nimérdi componerli, e di non assonnâre sui mezzi
nnici per pttenerla. In aîlora vedremo sorgere una
prošperita „ permanente , radicale , e non fondata
sui^à incertezza degli eventi.
Ci uniamo pertanto nel desiderio comune,
che il mercato trasferito dai confini terrestri al
mare, mântenuto coi generi degli ottomani, sorta
proficuo i e serva di stimolo non di ritardo al vita-
le progresso della Dalmazia.
Ëcço il nostro sentimento e voto patrio ed
ingie.nuo; éhe fe altrimenti venne interprétalo, si
attribuisca o mancanza per parte nostra, o ad
un gitidizio prematuro per parte allrui. A. FENZI.
BEL SISTEMA- A LEGNO, E DEL SISTEMA A FRUTTO
NELL'ECONOMIA VEGETALE DELLE PIANTE. i:
CContinuais. V. il N. anteced.)
" Ora noi dobbiamo accordare pure, perché
riconpsciute nei Vegetabili l'età dell' infanzia e l'età
della ^liberta. Vediamo che in tutte le piante le-
gnosé ed
erbacee nel corso della loro infanzia,
cioé dalla nascita sino ell'epoca della riproduzio-
ne, voglio dire della pubertà, tutte le funzioni
organiche della chimica vegetale lavorino nell' in-
dividuo colla tendenza única di far progredire, di-
latare e crescere, come negli animali, il composto
orgánico vegetale. Se confrontiamo tra loro gli
accrescimenti degli anni dell'infanzia , troviamo che
i primi sono maggiori nel vegetabile come nel l'a-
nimale; e che diminuiscono gradatamente á mano
a maño, che si avvicina il termine del periodo
dell'infanzia j e si aprossima 1'época della puber-,
ta. Riscontriamo pure nel vegetabile come nell'a-
nimale, che la durata dell' infanzia non sia uni-
forme , ma varia e costante per cadauna specie
di vegetabile coltivato in quel dato clima e terre-
no. ?Giunte le piante all'epoca della pubertà, cioé
alfejpoca di doversi riprodurre, si sviluppano loro
gli 'gjgggini délia riproduzione. Ci mostrano pur
es||y *céme gli animali, e se non tutte, parecchie,
e<TÍ
botanici saranno meco d'accordo, ci mo-
strano dico il bisogno della riproduzione. Se non
meontoagio questa vitale tendenza in tutte le pian-
te, vorrà dire ^ che, per I'insufficienza dei nostri
mezzi *di osservazrone, non siamo capaci di scuo-
prire e d'ifttendefë il linguaggio della famiglia
vegetale ', e non dovremmo dire perció che la teo-
ría non sia vera e generale. Giunta la pianta in
i questo stato, la vita vegetativa loro decresce
in energía, come negli animali, e questa decre-
scenza nella forza organica vitale ci dà segno cer-
to di una nuova tendenza sviluppatasi nella pian-
ta, qual è quella della riproduzione. Un occhio
esercitato ad osservare con questo scopo 1'anda-
mento della vegelazione delle piante, puô ricono-
scere quanto è prossima l'epoca della riproduzio-
ne, senza aver veduto per anco gli erudimenti della
fioritura sui membri vegetali che la porteranno.
Arrivato a questa età il vegetabile, l'accrescimenlo
del suo composlo orgánico di poco si vantaggia.
Non resta inerte per sé, né vi deve restare ; ma
lavora principalmente per la riproduzione , per
condurre ad effetto la nuöva tendenza sviluppata-
si; cioé la vita ríproduttiva. Queste due vite, la
vegetativa e la ríproduttiva , devpno come negli
animali concordare Ira loro ; una non deve pre-
dominare sopra l'allra, se vogliamo ottenere lo
scopo contémplalo nell'agronomia ; cioé un con-
veniente stato nella vegetazione, ed un conveniente
prodot.to nella riproduzione. Fa d'uopo osservare,
che le piante tutte sono nutrite dal loro compo-
sto orgánico , dalla chimica vivente, come gli a-
nimali eolio scopo voluto dalla sapienza creatrice3
di non equilibrarsi tra loro le due vite, la vege-
tativa e la ríproduttiva ; giacché progredendo la
prima con forte energia, passata l'età dali'infan-
zia, non dà luogo alio sviluppo della seconda. E
viceversa sviluppatasi di troppo la seconda., infie-
volisce la prima, e non è raro il caso^ che l'in-
debolimento sia tale da cagionare la morte dell'in-
dividuo vegetale. E del primo e secondo caso ab-
biamo esempii, come dissi, nella famiglia animale.
Quantunque lo scopo della vegetale economía e-
gli sia di mantenere nel necessario equilibrio le
vitali funzioni; pure noi vediamo accader di so-
vente, che il proporzionato equilibrio richiesto(,
ci si mostri altéralo più o meno, ed alie volte
fuor di misura. In questo caso si deve cercare la
causa od in una malinlesa coltura, od in una
vicissitudine atmosférica favprevole troppo o trop-
po contraría all'armonico andamento della vegetale
economía. Le piante non hanno volontà, come un
grande numero di animali. Que' movimenti e
quelle ricerche che riscontriamo nelle parti orga-
niche del vegetabile, non potendo e non doven-
do dirli effetti della volontà; io li giudico effetti
della forza di attrazione reciproca, tra le moleco-
le organiche delle piante, e gli elementi esterni
terrestri, ed atmosferici* donde nasce la loro nu-
trizione. Egli è percio che possiamo in alcuni casi
considerare i vegetabili viventi passivi ; cioé ob-
bligati ad ubbidire alie affinità chimiche a danno
—C 84 3—
Spafflo, che significa palcitium latum sive le-
tumi et quivi dimoro baon , tempo, dileltandosi a
meraviglia della vita rusticale, godendo un beatis-
simo ozio, e vivendo una tranquilissima vita, et
quantunque egli fosse moite volte chiamato dal
Senato a ripigliar 1'imperio, essendo la Repúbli-
ca oppressa da. ¡diverse guerre; nondimeno mai
volse partiré da questo palazzo fabricato nel suolo
patrio da lui moho amato, il quale dopo la di-
struzione di Salona fù guastato et rovinalo d'At-
tila delíe cuLrovine molti Nobili Salonesi, che
fugirono il s»o furore, salvandosi per quei aspri
monti, fabricarono moite case appresso il palazzo,
appoggióndole alie proprie mura d'esso, come so-
no oggidiet dall'ora in poi cominció ad aumen-
tarsi il popolo, et con tempo divenne città, tenendo
iLnóme di Spalato, stando in liberta, e regolan-
tfosi per se stessa, sotto il nome di comunità, rac-
comandata alli re d'Ungaria, sotto la cui divo-
7ÂO00 signoria sfcettero buon tempo essi Spalati-
niî, et poscia si diedero in potere della Serenissi-
ijM,Signoria, con i suoi capitoli confirmatigli del
quattrocento venti, nel quai tempo quasi lutta
la Dalmazia venue alla devozione délia .República.
Questà città ha il porto in Ostro , o più presto
inr Garbin ; la porta di terraferma è in Tramonta-
na; il circuito è di passa trecénto, et la meta
è circondata dalle mura del delto palazzo antico
cominciando dalla porta di terraferma, ch'è in
Tramontana, et venendo alla porta, ch'è in Levante,
solle quali due porte sono Turrioni undeci rosi
alti e larghi, che capivano dentro belissime ca-
mere in fazza del mare, cioè in Ostro e Garbin,
')-E l^possibite ch'Attila abbia distrutto Salona, quando
è provato Che^ Salona non solo esisteva un secolo dopo, al tem-
po, di Giustiniano, ma eziandio nella guerra gótica prestasse ai
s'ttoî dtt§i e massime a Narsete corjsiderabili aiuti contro il co-
1 mane nemico, conservandosi illesa fino al VII secolo, in cui
£ fu veramente rovinata. Il Bonfini, il Biondo ed altri scrittori
^ delle cose tingan'che, cíie ció asseriscono in modo di pura ve-
nta, favoleggjano absolutamente, come hanno fatto in altre sto-
riche particolarità. Tentaron o di giustiíicare l'asserzione con un
passo di Poríirogenito, il quale colloca la distruzione di Salona,
éimpecento anni prima del suo tempo Scriveva quel principe
alia meta del X ; quindi il fatto cadrebbe appunto a! tempo di
Attila, cioè alla meta circa del V secolo. Ma il Lucio, il Ban-
duri, il Fajçlati, e ben altri critici, notarono concordemente una
viîSiatura nella lettera numérica (D) del Porfirogenito, solito ef-
fettô -dêll' imperizia degli amanuensi. Aggiungasi, che in propo-
sittf^ç' fatti d'Attila, debbonsi valutare gli storici piii antichi
Giornfcnde, Prisco, Rctore ed altri, che ne fecero espressa trat-
tazione, Come più prossimi all'epoea di quel tiranno, e cotesti
osserva il nostro Lucio, non dicono mai che Attila seorresse
devastando la Dalmazia. S'egli avesse portato la rovina delle
città nostre marittime, se ne troverebbe memoria eertamente
negli annali.dçl suo |çmpo. Ere. Mem. per la Stor. della Daim.
Vol. I, p. 24Ct, Vedi* eziandio ció che scrisse intorno a questa
snpposta cftlata. d'Attila nella Dalmazia, il chiarissimo sig. Pie-
tro Niseteo nel suo a^ticoló sut municipio de'Riditi, pu-
blicato in puesto foglio al N.° 15 anno passato.
ove sono quaranta fenestroni con le colone mar-
moree tonde d'otto pezzi l'una, alte otto piedi sen-
za il piè di sotto et il capitello di sopra , li qua*
li erano li fenestroni del porlieo del palaz-
zo, il quale era amplissimo e larghissimo; ma
ora sono otturati e servono per mura delle città.
Nel mezzo di questi finestroni è una porta coris-
pondente ad un'altra porta, ch'è in terraferma
verso Tramontana, che si chiama' porta aurea, per
essere di quattro porte del palazzo la più bella ;
nel centro della città dov' è ora la piazza nuova,
et dove terminava il palazzo, sono due porte gran-
di, le quali si chiamano le porte franche, che
sono verso ponente, ove stava la guardia di Dio-
cleziano, nel quai luogo fugendo alcuno, che fos-
se stato micidiale, o che avesse comesso altro de-
litto , era salvo ad immitazione dell'asilo di Ro-
ma. L'altra metà della città dov'è la piazza, il
castello, che è in Ponente, et il resto delle mu-
ra, fù fabricato assai dopo, che si domanda terra
nova, et quella parte, che è girata - dalle mura
del palazzo, è nominata terra vecchia. Il tempio,
il quale ora è la chiesa Catedrale, era nel mezzo
del palazzo, il quale è fabbricato in forma roton-
da a guisa di Moschea, et si chiamava tempio di
Giove, nel mezzo del quale era un idolo conse-
crato alla Dea Cybele, il quale oggidi è riposta
fuori della Chiesa; è di sasso duris&imo pur mar-
moro, ha la testa di donna el con le mani u-
rnane tiene una colonna, sopra la quale stava in
piedi il Dio Giove. La parte di dietro, cioè il
dorso, le gambe et la coda, hanno la forma di
Lione. Il tempio è fabbricato tutto di pietre di
bianco marmore concaténate con ferri et piombo
et con certa mistura tenacissima in luogo di cal-
cina, falta come si crede di chiara d'ovo et altre
composizioni non intese o conosciute a questi tem-
pi, et sono poste dette piere con tal ordine et
con si giusta proporzione , che tante li girano di
sotto quante di sopra, cominciando da terra fin
alla somità. È intorno questo tempio di fuori una
corona di ventiquattro colonne, che parono falte
di certa pasta a mistura mischia pur marmórea,
ma più dura, di modo che non si puô lavorare
col ferro come s' ha fatto manifesta prova. Queste
sono tutte d'un pezzo, alte piedi tredici et mezzo
con alcune cornici, sopra le quali stava appoggia-
to un coperto, sotto il quale si caminava attorno
il tempio. Di questa medesima sorte di marmore
sono nel tempio otto colonne alte piedi sedici e
mezzo, et grosse a proporzione, cioè piedi cinque.
Il piè d'esse, gli archilravi, i capitelli et le cor-i
nici sono superbissime, e di meravigliosa archi-
tettura, alcuni de' quali sono consumati dall'anti-